CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 aprile 2012
640.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

RELAZIONE SULLA MISSIONE SVOLTA A TUNISI DA UNA DELEGAZIONE DEL COMITATO (18 E 19 GENNAIO 2012)

Mercoledì 18 e giovedì 19 gennaio 2012 una delegazione del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia d'immigrazione, guidata dalla Presidente Margherita Boniver (PdL) e composta dal Vicepresidente Ivano Strizzolo (PD), dalla senatrice Diana De Feo (PdL) e dal senatore Massimo Livi Bacci (PD), si è recata in missione a Tunisi, per incontrare i massimi rappresentanti delle autorità locali e del nuovo Governo tunisino, risultante dalle elezioni per l'Assemblea Nazionale Costituente del 23 ottobre 2011.
Nel corso della visita la delegazione del Comitato ha incontrato il Segretario di Stato agli Affari Esteri della Repubblica tunisina Touhami Abdouli; il Ministro degli Esteri, Rafik Abdessalem; il Sottosegretario agli Affari Sociali e Emigrazione, Hassine Jaziri; il Ministro dei Diritti umani, Giustizia transitoria e Portavoce del Governo della Repubblica tunisina, Samir Dilou; infine il Ministro degli Interni, Ali Laaridh.
La missione rispondeva all'interesse primario del Comitato di stabilire un primo e tempestivo contatto con i rappresentanti del nuovo Governo tunisino nato dagli esiti di quella che i media hanno chiamato la «rivoluzione dei gelsomini», i moti di protesta iniziati alla fine del 2010 che in pochi mesi hanno completamente trasformato il volto politico del Paese.
A seguito della rapida evoluzione della protesta di carattere inizialmente socio-economico, ma successivamente estesasi a tutto il Paese in forma di rivendicazioni anche politiche, il Presidente tunisino Ben Ali ha abbandonato il territorio tunisino il 14 gennaio 2011, dopo aver tentato inutilmente di riprendere il controllo del Paese. Successivamente alla formazione di un Governo di unità nazionale sotto la guida del Primo Ministro uscente Gannouchi, la situazione politica del Paese ha subito ulteriori rivolgimenti, che hanno progressivamente condotto all'accantonamento di tutte le personalità politiche connesse al vecchio regime di Ben Ali e all'affermazione del Governo di Caid Essersi, garante della transizione del Paese verso le elezioni dell'Assemblea Nazionale svoltesi il 23 ottobre del 2011. Da queste elezioni, caratterizzate da una notevole parcellizzazione del voto, è emerso maggioritario il partito di ispirazione islamica moderata Ennhada, di cui è espressione il Primo Ministro Hamadi Jebali.
La delegazione del Comitato nel corso degli incontri ha avuto l'opportunità di incontrare i massimi rappresentanti delle nuove istituzioni tunisine emerse dai rivolgimenti politici e sociali del 2011, espressione in particolare del partito emergente e maggioritario di Ennhada. La tempestività della visita (la seconda visita istituzionale italiana in ordine di tempo a partire dalla formazione del nuovo Governo tunisino) ha garantito il massimo interesse e una grande visibilità degli incontri svolti, consentendo alla delegazione del Comitato di svolgere una significativa funzione di trait d'union in rappresentanza dell'Italia nei confronti di un Paese che necessita di legittimazione internazionale e di stabilizzazione, anche sul fronte estero oltre che sul piano interno.
Il processo di transizione verso nuove elezioni ha visto prolungati momenti di criticità economica in un quadro di sicurezza

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interna permanentemente instabile: tali condizioni, all'origine del sensibile incremento dei flussi migratori verso Lampedusa già dalla primavera del 2011, hanno ulteriormente consigliato lo svolgimento di una visita tempestiva della delegazione del Comitato, non solo per acquisire elementi di conoscenza nello specifico ambito di competenza sull'immigrazione, ma anche per rafforzare e incoraggiare le autorità tunisine preposte al controllo delle coste e instaurare quanto prima proficui rapporti di collaborazione su questo versante, anche in vista del prossimo futuro.
Gli incontri svolti dalla delegazione del Comitato hanno evidenziato una perdurante condizione di criticità dell'economia, caratterizzata da un forte tasso di disoccupazione, un significativo calo del PIL e delle principali fonti di reddito del Paese (principalmente legate al turismo), un preoccupante deterioramento delle condizioni di sicurezza interna.
Il quadro politico economico tunisino è caratterizzato da un sensibile calo del turismo (solo verso l'Italia nell'ordine del 67 per cento), un calo generale del 7 per cento del PIL, 800.000 disoccupati (di cui 200.000 laureati) su una forza lavoro di 3.700.000 persone. A ciò si aggiungono alcuni problemi di sicurezza e microcriminalità, in precedenza sconosciuti alla Tunisia, dovuti anche ad un insufficiente controllo del territorio da parte delle autorità di polizia tunisine, oltre che probabilmente alla volontà - da parte del nuovo governo - di accreditarsi come espressione di democrazia e non come strumento di repressione, in rapporto di evidente discontinuità rispetto all'ancien régime. Non mancano in questo contesto alcuni rigurgiti di matrice salafita, soprattutto nelle scuole e nelle università, che tuttavia restano ai margini di un quadro politico dominato dalla matrice islamica moderata e tollerante di Ennhada, sulla quale gli interlocutori tunisini hanno più volte posto l'accento.
In tutti gli incontri del Comitato sono emerse chiaramente le tre priorità individuate dal Governo tunisino come base per la propria azione: stabilizzazione della situazione politica, rilancio dell'economia e miglioramento della sicurezza interna. Al primo obiettivo gli interlocutori tunisini hanno sin dall'inizio attribuito grande importanza, chiarendo come il rafforzamento e la conferma dei rapporti bilaterali esistenti (particolarmente con l'Italia) rientrino nel quadro della stabilizzazione politica, attraverso il recupero della credibilità del Paese a livello internazionale, e costituiscano anche la premessa essenziale per il ristabilimento dell'equilibrio economico e della sicurezza.
Nell'incontro con il Sottosegretario agli Affari esteri Touhami Abdouli, la Presidente Boniver ha invitato la controparte tunisina a formulare gli auspici del governo in materia di cooperazione bilaterale finalizzata al controllo dei flussi migratori: in questa sede è emerso che il governo tunisino auspica la conclusione di accordi di cooperazione allo sviluppo finalizzati ad alleviare il forte tasso di disoccupazione (particolarmente giovanile) delle regioni più disagiate della Tunisia, da cui proviene la gran parte dei flussi migratori verso l'Italia, con l'obiettivo di una gestione concordata del fenomeno migratorio.
Sul fronte del controllo dei flussi migratori i tunisini hanno sottolineato che il loro concetto di politica migratoria poggia su tre pilastri: lotta contro l'immigrazione clandestina, gestione coordinata dell'immigrazione regolare e cooperazione economica con l'estero. Il Sottosegretario ha evidenziato che i danni del precedente regime sono ancora visibili nell'alto tasso di corruzione della vita pubblica e nella presenza di forti masse di giovani disoccupati, per troppo tempo trascurati dal regime. Il governo attuale è dunque concentrato sulla necessità di attirare gli investimenti stranieri, di favorire processi di migrazione «circolare», riducendo quanto prima il tasso di disoccupazione, e di controllare i flussi migratori evitando tuttavia che la Tunisia si trasformi nel «poliziotto» del Maghreb.
Il Sottosegretario ha anche ventilato l'ipotesi che la Tunisia possa essere con

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qualche formula associata al Trattato di Schengen, come soluzione strategica per tamponare i flussi migratori incontrollati provenienti dall'Africa sub sahariana; ha sottolineato la priorità della stabilizzazione politica del Paese da raggiungere anche attraverso il ristabilimento dei rapporti bilaterali pregressi; ha infine espressamente chiesto che il Governo italiano consideri l'opportunità di rinnovare i permessi di soggiorno degli 11.000 tunisini attualmente presenti sul nostro territorio per alleviare la tensione interna della disoccupazione giovanile.
Il Comitato ha avuto poi l'opportunità di incontrare fuori programma il neo Ministro degli Esteri Rafik Abdessalem, con il quale la Presidente Boniver ha potuto congratularsi per il modello di cambiamento politico ed epocale che la Tunisia ormai incarna nei confronti di tutto il Maghreb dall'inizio della primavera araba. Il Ministro per parte sua ha ribadito più volte la priorità di stabilizzare il Paese sul fronte interno, rafforzando la sua immagine all'estero, in modo da ripristinare le condizioni per l'afflusso dei capitali stranieri e per una ripresa immediata del turismo, fonte essenziale di reddito per il Paese.
L'incontro con il Sottosegretario agli Affari Sociali e Emigrazione, Hassine Jaziri, si è incentrato prevalentemente sulle cause economiche dei grandi flussi migratori, menzionando anche la questione dei centinaia tunisini scomparsi nel canale di Sicilia, questione che nell'opinione pubblica locale è fortemente sentita. La delegazione del Comitato ha assicurato anche in questo frangente l'impegno italiano a sostenere il processo di transizione della Tunisia verso la democrazia e la stabilizzazione politica, anche attraverso il rafforzamento dei rapporti economici bilaterali.
In particolare la Presidente Boniver ha sottolineato la necessità di affrontare l'agenda dell'immigrazione clandestina in modo diverso a causa della crisi economica globale, affiancando al controllo di questi flussi un adeguato aiuto allo sviluppo diretto verso i Paesi di origine dei migranti. Il Senatore Livi Bacci ha invece avanzato l'ipotesi che i tunisini predispongano strutture adeguate affinché i migranti provenienti dall'Africa sub sahariana possano presentare domanda di asilo in territorio tunisino invece di affrontare la rischiosa traversata del Mediterraneo, che ha visto più di 1500 perdite di vite umane nei soli primi sei mesi del 2011.
I tunisini hanno auspicato il potenziamento degli strumenti di cooperazione con l'OIM, Frontex e l'UNHCR, applicando concretamente gli strumenti internazionali esistenti per la gestione dei flussi migratori e il controllo delle frontiere marittime. È stato messo in rilievo anche il grave problema relativo alla presenza di più di 4000 immigrati libici nei centri di raccolta ai confini con la Libia, che non possono essere rinviati nel loro Paese, né istradati verso l'Unione europea.
Il Ministro dei Diritti umani, Giustizia transitoria e Portavoce del Governo Samir Dilou ha assicurato che il risultato delle urne in Tunisia non può in alcun modo alimentare il timore - diffuso all'estero - di una possibile deriva politica verso l'integralismo islamico. Ha anche ammesso che la situazione economica e sociale è ancora estremamente fragile, così come deve essere ancora avviato il processo di radicamento di una nuova cultura dei diritti umani e civili, da estendere anche ai settori della sicurezza pubblica e del trattamento carcerario.
Particolarmente denso di contenuti politici e umani è stato l'incontro con il Ministro degli interni Ali Laaridh, il quale ha definito la condizione in cui attualmente versa la Tunisia come un immenso cantiere economico, sociale e politico, cui occorre mettere mano quanto prima.
Da ex militante oppositore di Ben Ali (detenuto per 15 anni nelle carceri del regime) e alla luce delle umiliazioni e delle violazioni subite in quella veste, il Ministro si è detto consapevole della cruciale importanza del Ministero degli interni per la vita politica del Paese, dichiarando il suo impegno a trasformarlo in un punto di riferimento amato dalla popolazione, anziché identificato (come invece avveniva in precedenza), con la longa manus di uno

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stato poliziesco responsabile di gravi violenze e sistematiche violazioni di diritti umani. La sensibilità e l'attenzione al rispetto della dignità della persona e dei diritti umani, con l'obiettivo di evitare i gravi errori del passato, sono stati perciò da lui individuati come il cardine fondamentale nella conduzione del Ministero e nella costruzione della nuova democrazia tunisina.
Il Ministro ha evidenziato la necessità di un cambiamento della mentalità nel Paese sotto il profilo politico, culturale: nel tempo necessario a questo salto qualitativo la Tunisia potrà diventare un Paese nel quale gli oppositori di altri Paesi potranno trovare rifugio.
Ricordando che il Paese è passato da un regime sostanzialmente dittatoriale ad una nuova realtà politica fondata su libere elezioni e sulla manifestazione del dissenso, il Ministro ha fatto intendere che il Governo è molto attento a mantenere un giusto equilibrio fra ordine pubblico e libertà di manifestazione anche nelle piazze, nella consapevolezza che alle origini del malcontento sociale e popolare - così come dell'immigrazione di massa verso l'estero - vi sono sempre ragioni economiche su cui è necessario intervenire adeguatamente. Nonostante ciò il Ministro ha voluto sottolineare che in questa fase storica la Tunisia necessita prioritariamente di una radicale riforma a livello politico generale, prima di procedere ad un altrettanto ampio programma di riforme economico-sociali.
Il Ministro ha dichiarato che, contrariamente alle notizie diffuse dai mass media all'estero, la Tunisia intende aprirsi al mondo esterno - europeo e non europeo - non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello culturale. Esiste la ferma volontà di consolidare e rafforzare i rapporti con i Paesi dell'Unione europea, che stanno accompagnando la Tunisia nel percorso di democratizzazione; è necessario snellire la burocrazia e affrontare quanto prima le ripercussioni che l'attuale congiuntura mondiale avrà sull'economia del Paese, ripristinando al più presto la piena funzionalità dell'industria turistica.
In replica alla senatrice Diana De Feo, che poneva alcuni quesiti sulla sicurezza interna della Tunisia e sull'opportunità di estendere i permessi di soggiorno per lavoro stagionale, i tunisini hanno assicurato che i siti turistici tunisini in particolare non sono mai stati a rischio criminalità o terrorismo e che il flusso di lavoro stagionale verso l'Italia non è sufficiente ad alleviare il problema della disoccupazione interna.
Per quanto concerne il controllo delle frontiere marittime verso l'Italia, è stata ribadita la volontà del nuovo governo tunisino di mantenere e rafforzare gli impegni presi nell'ambito dell'accordo bilaterale con l'Italia, stipulato con il Ministro Maroni il 5 aprile 2011.
Esponenti dello staff del Ministro hanno confermato la volontà nel perseguire la lotta all'immigrazione irregolare, a partire dalla terraferma, specificando che i rimpatri finora effettuati sono stati 4.000, al ritmo di due voli a settimana. I tunisini hanno confermato la necessità che gli aiuti promessi dall'Italia nell'ambito dell'accordo del 2011 siano erogati con tempestività, essendo essenziali al controllo dell'immigrazione irregolare già sul suolo tunisino.
Sul fronte della gestione dei flussi migratori provenienti dall'esterno della Tunisia e diretti verso l'Italia, invece il Ministro ha messo in evidenza il grave impegno rappresentato per le forze di polizia tunisine dal controllo degli oltre 500 km di frontiera con la Libia, da cui continua a provenire una forte pressione migratoria, mentre è stata indicata come comparativamente più agevole la gestione della frontiera con l'Algeria.
Su questo punto, l'Ambasciatore Pietro Benassi ha ricordato che l'Italia ha contribuito alla lotta all'azione di controllo delle frontiere con 4 motovedette, 14 pezzi di ricambio delle stesse, 600 vetture terrestri e materiale informatico.
Il Vicepresidente Ivano Strizzolo ha sottolineato il comune interesse italo-tunisino ad una efficiente gestione del fenomeno migratorio nel rispetto dei diritti umani, della legalità e della trasparenza,

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assicurando che l'Italia apprezza la nuova fase politica della Tunisia ed ha interesse a rafforzare il percorso di transizione democratica in atto, come modello per gli altri Paesi nordafricani.
Il Ministro, nel ringraziare l'Italia per l'assistenza sinora prestata alla Tunisia anche in virtù degli speciali legami tra i Paesi, ha poi espresso una precisa richiesta affinché il nostro Paese riservi agli immigrati tunisini un trattamento rispettoso dei loro diritti, poiché sono pervenute lamentele da cittadini tunisini ospitati nei centri di accoglienza italiani. Su questo punto la Presidente Boniver ha dato ampie assicurazioni, respingendo ogni ipotesi di violenza sugli immigrati tunisini o di violazione dei loro diritti all'interno dei CIE: ha chiarito con fermezza che le delegazioni del Comitato, che hanno più volte visitato i Centri per immigrati sparsi sul territorio italiano nell'ultimo anno, hanno spesso riscontrato carenze di spazi e di risorse, ma mai violazioni di diritti umani o trattamenti degradanti a danno degli immigrati ospitati.

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ALLEGATO 2

RELAZIONE SULLA MISSIONE SVOLTA IN BULGARIA DA UNA DELEGAZIONE DEL COMITATO (14 E 15 MARZO 2012)

Mercoledì 14 e giovedì 15 marzo 2012 una delegazione del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia d'immigrazione, guidata dalla Presidente Margherita Boniver (PdL) e composta dal Vicepresidente Ivano Strizzolo (PD), dall'onorevole Teresio Delfino (UdC) e dal senatore Massimo Livi Bacci (PD), si è recata in missione a Sofia in Bulgaria, per incontrare i rappresentanti delle istituzioni e delle autorità locali, con l'obiettivo di approfondire la questione del prossimo ingresso della Bulgaria nell'area Schengen e verificare sul posto lo stato di preparazione del Paese sul fronte del controllo delle frontiere.
Nel corso della visita, la delegazione ha incontrato la Presidente dell'Assemblea Nazionale Tsetska Tsacheva; il Vice Presidente dell'Assemblea Nazionale e Presidente della Commissione per la sicurezza interna e l'ordine pubblico Anastas Anastasov; il Ministro della Giustizia Diana Kovacheva; il Vice Ministro degli Interni Dimitar Georgiev; il Vice Ministro degli Esteri Konstantin Dimitrov; i Presidenti ed alcuni membri delle Commissioni del parlamento bulgaro competenti per gli affari interni, l'immigrazione, gli affari esteri ed europei, la sicurezza; la Signora Megleva Kuneva, ex Ministro degli Affari europei ed ex Commissario europeo per la tutela dei consumatori.
La visita aveva un preminente carattere di studio, volto ad approfondire la concreta situazione della Bulgaria in vista del suo prossimo ingresso nell'area di libera circolazione di Schengen, confermando contestualmente la posizione dell'Italia che ha sempre manifestato il suo aperto sostegno alla Bulgaria in tal senso (a differenza di alcuni partner europei, come i Paesi Bassi, che si oppongono all'accesso di Sofia). Da parte bulgara tuttavia, l'accoglienza riservata alla delegazione, con la predisposizione di un programma molto fitto e di minuziose presentazioni tecniche, ha lasciato intendere la preoccupazione delle autorità bulgare di accreditare presso il Comitato e il Parlamento italiano in generale l'immagine di una Bulgaria perfettamente pronta, sotto ogni profilo politico e tecnico, a sostenere il ruolo di custode delle frontiere esterne dell'Unione europea, una volta entrata a pieno titolo nell'area Schengen.
Nell'incontro con la Presidente dell'Assemblea Nazionale Tsetska Tsacheva sono stati immediatamente affrontati i nodi politici del ritardato ingresso della Bulgaria nell'area Schengen, che a giudizio della parte bulgara dipenderebbero principalmente da problemi di politica interna di alcuni Paesi aderenti all'Accordo che si oppongono attualmente all'ingresso di Romania e Bulgaria (in particolare i Paesi Bassi). Su questo punto la Presidente Tsacheva ha criticato apertamente la commistione di criteri tecnici e politici nella valutazione del grado di preparazione della Bulgaria a questo ingresso e il moltiplicarsi di richieste che l'Unione europea avanza al Governo bulgaro per accordare ai cittadini bulgari la libera circolazione in Europa.
La posizione bulgara in particolare insiste sul fatto che la valutazione del soddisfacimento dei criteri tecnici fissati per l'ingresso della Bulgaria nell'area di libera circolazione a livello europeo si sovrappone,

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quando non si confonde, con i rapporti di monitoraggio (interim report) che la Commissione europea pubblica (dal gennaio 2007, a seguito dell'adesione del Paese all'UE) nel quadro del Meccanismo di Cooperazione e Verifica e che nulla dovrebbero avere a che fare con la capacità tecnica delle autorità bulgare di garantire la tenuta delle frontiere. La Presidente Boniver in questa occasione ha ribadito la posizione fin all'inizio apertamente favorevole dell'Italia rispetto al processo di adesione della Bulgaria prima all'Unione europea ed ora all'area Schengen, specificando che l'Italia ha appena proceduto (gennaio 2012) ad abolire il regime transitorio in precedenza previsto per la circolazione dei lavoratori bulgari nei territori di alcuni Stati membri di Schengen. Ha tuttavia suggerito di contestualizzare il processo di ingresso di Bulgaria e Romania nell'area Schengen in presenza di significativi fattori geopolitici, come la recente insorgenza di eccezionali flussi migratori provenienti dal Medioriente che in questo momento inducono a riconsiderare attentamente la fissazione di nuovi confini esterni dell'Unione europea.
Gli incontri con i rappresentanti delle principali Commissioni dell'Assemblea Nazionale bulgara competenti per i temi dell'immigrazione, degli affari europei e della sicurezza hanno confermato i timori dei bulgari di essere oggetto di un monitoraggio politico troppo penetrante da parte dell'Unione europea e la loro diffidenza nei confronti della progressiva moltiplicazione dei criteri da soddisfare in vista dell'entrata nello Spazio Schengen. Tale moltiplicazione non si spiega a loro avviso con l'esigenza, asseritamente tecnica, di verificare l'effettiva capacità del Paese di tutelare adeguatamente le proprie frontiere - capacità a giudizio dei bulgari ampiamente accertata - ma piuttosto con un atteggiamento diffidente, se non apertamente sfavorevole verso il Paese, che va superato attraverso l'applicazione imparziale dei criteri tecnici già stabiliti a questo scopo in sede europea. Per questo la Bulgaria si aspetta che nella riunione del Consiglio Giustizia e Affari interni prevista per settembre 2012 sia deliberato definitivamente il suo ingresso in Schengen, senza ulteriori condizionalità.
In risposta ai bulgari, i quali ponevano l'accento sul fatto che «solo» all'interno di Schengen la Bulgaria potrà pienamente ed efficacemente assolvere al compito di tutelare le frontiere europee verso l'Asia minore (in particolare sulla linea di confine con la Turchia) e sull'opportunità di favorire l'adesione all'Unione europea di tutti i Paesi balcanici, l'onorevole Strizzolo è intervenuto per manifestare la convinzione che la Bulgaria, opportunamente sostenuta in questo processo di inclusione nell'area Schengen, potrà costituire un potente elemento di stabilizzazione dell'area balcanica, contribuendo al rafforzamento delle frontiere esterne dell'Unione europea, piuttosto che al loro indebolimento. L'onorevole Delfino ha invece posto l'accento sulla necessità di fare pressione sull'Unione europea, con la collaborazione di Sofia e di Tirana, per accelerare la realizzazione dei corridoi paneuropei, in particolare del Corridoio 8. Il senatore Livi Bacci ha infine concluso manifestando la sua solidarietà per le preoccupazioni bulgare, ma sottolineando che anche il processo di adesione dell'Italia all'area Schengen non è stato né breve né agevole e che proprio per questo occorre avere pazienza e resistere ai rigurgiti di nazionalismo e xenofobia che in alcuni Paesi europei rischiano di mettere in pericolo la preziosa conquista di civiltà rappresentata dall'Accordo di Schengen.
Nell'incontro con il Ministro della Giustizia Diana Kovacheva, i colloqui si sono incentrati quasi esclusivamente sui contenuti del disegno di legge sul sequestro dei beni di provenienza illecita che l'Assemblea Nazionale bulgara dovrebbe approvare entro la fine di marzo, per ottemperare a quanto richiesto nell'ultimo rapporto di monitoraggio periodico effettuato dalla Commissione europea, che insiste sulla necessità che la Bulgaria acceleri il processo di revisione della legislazione in materia di lotta contro la corruzione e il riciclaggio.

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Questo disegno di legge contiene norme particolarmente stringenti volte al sequestro di beni probabile frutto di attività illecite o di reati come associazione a delinquere, corruzione, appalti truccati, reati tributari, contrabbando o riciclaggio. Poiché nel progetto si prevede che la confisca del bene avvenga con procedimento civile, indipendentemente da una sentenza penale passata in giudicato, sulla base dell'indagine condotta da un'apposita Commissione (di nomina sostanzialmente politica), sono stati posti seri dubbi di legittimità costituzionale all'interno delle stesse forze politiche bulgare, soprattutto per quanto concerne la tutela dei diritti individuali e della proprietà privata. Sul piano della politica europea, che qui interessa, è stata rilevata anche dalla delegazione del Comitato la delicatezza di un intervento legislativo dettato dall'esterno (nella fattispecie dalla Commissione europea), che rischia di comprimere i diritti costituzionalmente garantiti dei cittadini bulgari, sotto la minaccia virtuale di escludere il Paese dai benefici dell'appartenenza all'Unione europea e all'area Schengen. Si tratta di un vulnus alla sovranità nazionale che non solo pone seri interrogativi sulla legittimità democratica di tali imperativi europei, ma rischia anche di sollevare nelle forze politiche e nell'opinione pubblica bulgare (come già in altri Paesi europei) spinte fortemente antieuropee o derive nazionaliste, di cui è opportuno che le istituzioni europee tengano debitamente conto.
Alcune serie critiche a questo disegno di legge sono state avanzate, nel corso dell'incontro avuto con la delegazione del Comitato, anche dalla Signora Megleva Kuneva, personalità emergente nel quadro politico interno bulgaro, che raccoglie la vecchia opposizione al regime comunista rappresentata dal partito dell'ex-sovrano ed ex Premier Simeone II e che sta per formare un proprio raggruppamento politico in vista delle prossime elezioni previste per il 2013.
L'incontro con la Signora Kuneva ha evidenziato davanti al Comitato le diverse sfaccettature del panorama politico bulgaro, dominato dall'agenda dei temi europei (di cui l'attuale Governo fa un punto di onore), ma in realtà assillato dai molti problemi derivanti da un apparato giudiziario ancora scarsamente indipendente, da un tessuto economico relativamente fragile e da una debole coesione sociale. Il colloquio non ufficiale con Megleva Kuneva ha indirettamente posto il luce - ancora una volta - il potenziale conflitto esistente in alcuni Paesi membri dell'Unione europea fra obiettivi di armonizzazione dettati da un'agenda esterna europea (spesso frettolosamente realizzati dai Governi nazionali sotto pena di essere esclusi dal nucleo qualificante dell'Unione stessa) e più urgenti esigenze democratiche di Paesi - come la Bulgaria - che ancora attraversano una difficile fase di transizione politica ed economica.
Il Vice Ministro degli Interni Dimitar Georgiev ha concentrato l'attenzione del Comitato sulla presentazione tecnica dell'attività e delle strutture del Ministero dell'Interno, volta ad illustrare diffusamente lo stato dei progressi compiuti dalla Bulgaria nella predisposizione di tutte le misure atte a garantire l'assoluta impermeabilità dei suoi confini esterni, in ottemperanza a quanto richiesto per la sua entrata nello Spazio Schengen. Sono anche emersi tuttavia, su richiesta specifica della delegazione, alcuni problemi irrisolti relativi alla criminalità organizzata, nonché una situazione ancora embrionale per quanto riguarda la gestione e l'organizzazione dei Centri di accoglienza per gli immigrati e i richiedenti asilo, che evidentemente rappresentano ancora numeri troppo limitati per consentire di valutare la reale capacità delle autorità di frontiera bulgare di gestire efficacemente eventuali emergenze migratorie.
Delle condizionalità che sono ancora al centro del sofferto processo di avvicinamento della Bulgaria all'area Schengen (lotta alla corruzione, riforma della giustizia e rafforzamento dei controlli alle frontiere), l'incontro con il Vice Ministro si è incentrato quasi esclusivamente sullo stato di avanzamento dei controlli tecnici e delle procedure di identificazione dei

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migranti alle frontiere (marittime e terrestri), piuttosto che su una esposizione politica degli altri profili rilevanti per il Consiglio Giustizia e Affari Interni del prossimo settembre (che dovrebbe deliberare sull'idoneità della Bulgaria ad entrare in Schengen). In questo incontro, ulteriormente supportato dalle successive presentazioni tecniche illustrate al Comitato dagli organi della polizia di frontiera, è emersa ancora una volta la preminente preoccupazione dei bulgari di accreditare un'immagine efficiente e affidabile anzitutto sul piano burocratico e tecnico, ancor prima che politico, nella convinzione che la delegazione del Comitato svolgesse una attività di verifica per conto delle istituzioni europee piuttosto che di studio per la propria funzione parlamentare di indirizzo.
Le dettagliate presentazioni tecniche che la Polizia di frontiera bulgara ha svolto davanti al Comitato per illustrare le modalità del monitoraggio tecnico sui confini di terra e di mare (in particolare sul confine con la Turchia) hanno evidenziato una preparazione tecnica presumibilmente adeguata ad affrontare un prevedibile aumento dei flussi migratori provenienti dall'Asia minore, una volta che la Bulgaria sarà entrata nell'area Schengen.
I dati acquisiti dalla delegazione in questi incontri parlano di 1170 ingressi sul territorio bulgaro nel corso del 2011, provenienti in ordine decrescente da Iraq, Turchia, Siria, Palestina, Marocco ed altri Paesi. Dal novembre 2010 la polizia di frontiera bulgara utilizza il sistema SIS e nelle procedure di identificazione opera secondo le best practices già in uso presso gli altri Stati membri di Schengen.
Il Vice Ministro degli Esteri Konstantin Dimitrov è ritornato sul punto politico più qualificante, già emerso negli altri incontri svolti dalla delegazione, cioè sulla necessità di non sovrapporre la valutazione meramente tecnica del soddisfacimento dei requisiti per l'ingresso della Bulgaria nello Spazio Schengen con il rapporto di monitoraggio che la Commissione redige nel quadro del Meccanismo di Cooperazione e Verifica, di carattere squisitamente politico, che coinvolge profili più ampi di politica europea e di armonizzazione delle legislazioni. Se sotto quest'ultimo profilo la Bulgaria deve ancora percorrere una parte della strada che la separa dalla piena integrazione europea, il profilo relativo alla sua idoneità a far parte dell'area Schengen è - almeno a giudizio della parte bulgara - pienamente acclarato.

Conclusioni

La delegazione del Comitato Schengen si reputa soddisfatta del bagaglio di informazioni acquisite nel corso della missione di studio a Sofia, prendendo atto che per le istituzioni bulgare l'ingresso della Bulgaria a pieno titolo nell'area Schengen rappresenta un punto di onore, che l'Unione europea non può trascurare senza urtare la sensibilità di un Paese che molto ha fatto (e ancora farà) per venire incontro alle difficili condizioni di volta in volta poste per la sua adesione.
Permangono tuttavia alcune perplessità che riguardano una possibile sottovalutazione da parte della Bulgaria del carico di responsabilità e di oneri materiali che potrebbe verosimilmente comportare lo slittamento dei confini esterni dell'Unione europea sulla frontiera turco-bulgara. Questo slittamento potrebbe a sua volta indurre un aumento della pressione migratoria proveniente dall'Asia e far emergere complicati problemi di gestione di masse di migranti all'interno dei pochi centri di accoglienza bulgari, con le connesse difficoltà relative all'eventuale respingimento o espulsione di molti di essi e soprattutto - punto non sufficientemente chiarito nel corso dei colloqui - all'espletamento delle procedure di identificazione dei richiedenti asilo.
La delegazione del Comitato si è trovata altresì d'accordo sulla funzione politicamente stabilizzante e di controllo che la Bulgaria potrebbe svolgere sull'intera area balcanica, una volta ammessa nello Spazio Schengen, considerato che nei Balcani operano attualmente le più grandi

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reti della criminalità transnazionale impegnate nel traffico di droga e di persone, sulle quali sarebbe perciò opportuno stabilire un'adeguata attività di contenimento.
Infine, la delegazione ha rilevato la necessità di procedere quanto più speditamente possibile nel percorso di armonizzazione legislativa fra i vari Stati membri dell'Unione europea, evitando tuttavia l'effetto perverso in base al quale i Governi dei Paesi maggiormente svantaggiati - come Bulgaria e Romania - rischiano di comprimere i diritti dei loro cittadini, se non addirittura lo stesso interesse nazionale, nello sforzo di corrispondere a richieste onerose in termini di adeguamento della legislazione interna e di rispetto del Patto di stabilità, avanzate dalle istituzioni europee.