CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 29 marzo 2012
631.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per il regolamento
ALLEGATO
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ALLEGATO

Comunicazioni del Presidente sulle prospettive di riforma del Regolamento della Camera

Questa riunione è dedicata a verificare gli orientamenti dei Gruppi in ordine ad un possibile percorso di modifiche regolamentari. Si tratta cioè di accertare la volontà dei Gruppi a questo riguardo e definire le eventuali materie su cui intervenire, per poi procedere ai necessari approfondimenti ed all'elaborazione dei testi.
Questa verifica si svolge nella consapevolezza che, logicamente, un percorso di modifica dei regolamenti parlamentari non può procedere autonomamente rispetto alle prospettive di revisione costituzionale aventi ad oggetto il Parlamento attualmente all'attenzione delle forze politiche.
Pur tuttavia va considerato che il compito dei regolamenti parlamentari, e dei relativi procedimenti di modifica, per la flessibilità che caratterizza tale strumento normativo, è quello di accompagnare sul piano della organizzazione e del funzionamento delle Camere i processi evolutivi che investono il ruolo del Parlamento nelle diverse fasi di vita dell'ordinamento. In questo contesto, a fronte di eventuali fenomeni di alterazione nei rapporti tra le Camere e gli altri organi dello Stato, lo strumento regolamentare appare - anche sulla base dell'esperienza storica - il più idoneo e il più rapido ad essere utilizzato come elemento di riequilibrio del sistema, al fine di restituire al Parlamento la sua piena capacità di intervento e con essa la capacità di assicurare il carattere democratico dei processi decisionali e la loro riconduzione ad unità pur in un quadro di policentrismo normativo e funzionale.
A questo riguardo va considerato che il ruolo delle Camere - indipendentemente dalle riforme costituzionali che potranno essere attuate - appare già oggi significativamente mutato, non solo rispetto al 1971, quando furono approvati nel loro impianto fondamentale gli attuali regolamenti, ma anche rispetto al 1997, quando fu definito alla Camera un corpus organico di modifiche aventi ad oggetto molteplici aspetti di quel Regolamento.
Da allora, infatti, il Parlamento è venuto operando in maniera sempre più avvertita in un sistema di produzione normativa non più basato essenzialmente sull'asse Parlamento-Governo, bensì caratterizzato da un assetto di tipo policentrico che, accanto a quella degli organi dello Stato, ha visto sempre più affermarsi la presenza dell'Unione europea, delle organizzazioni internazionali, delle regioni, del sistema delle autonomie territoriali, delle authorities, delle autonomie private.
Ma anche sul piano dei rapporti con il Governo si è registrato un progressivo sbilanciamento dei ruoli rispetto alle fasi precedenti dal momento che:
a) Il Governo è venuto assumendo il sostanziale monopolio dell'iniziativa legislativa disponendo del controllo pressoché esclusivo del quadro delle compatibilità economico-finanziarie (il fenomeno non è peraltro solo italiano, ma interessa anche gli altri grandi paesi membri dell'Unione Europea).
b) Il ricorso ai decreti-legge si è dilatato in maniera sistematica anche al di là delle previsioni istituzionali, utilizzandosi tale strumento nella definizione di profondi ed articolati interventi di riforma in tutti i settori della vita civile, economica e sociale. La situazione che ne consegue vede il Parlamento in evidente affanno, dati i limiti temporali e i ristretti margini

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di intervento del procedimento di conversione.
c) È diventato sempre più esteso il ricorso alla delega legislativa. Ciò che ha dato vita ad una accentuata modifica nel livello di intervento delle Camere sul piano legislativo, passandosi per molti aspetti dalla «decisione» alla «codecisione».

Le cause di questa situazione sono varie, legate oggi più che in passato anche a ragioni di sistema, connesse all'urgenza dei tempi della decisione e all'esigenza di organicità degli interventi. Ma tra le cause principali che sono state individuate nel dibattito politico-parlamentare vi è anche la considerazione di una scarsa agibilità del procedimento legislativo ordinario, che non riesce ad affermarsi come la via normale, per tempi e modalità, cui fare ricorso per l'attuazione del programma del Governo.
Significativi appaiono poi i crescenti spazi occupati dagli altri soggetti dotati di potestà di produzione normativa, in particolare l'Unione europea e le Regioni, che chiamano le Assemblee parlamentari allo svolgimento di nuove - e per certi versi inedite - forme di controllo e di indirizzo, come anche di funzioni di coordinamento generale con riguardo all'attivazione e allo svolgimento delle competenze normative attribuite ad altri organi. Le Camere risultano infatti coinvolte, assieme ai soggetti sopra citati (Governo, Unione europea, regioni, autonomie), nella partecipazione ad una complessa e variegata modalità di formazione delle politiche pubbliche nei diversi settori che, per essere efficacemente svolta, ha bisogno di un adeguato ed aggiornato supporto procedurale.
La perdita del monopolio della legislazione, secondo quanto sopra evidenziato, ha spostato, specie nelle ultime legislature, il baricentro dell'attività parlamentare (in Commissione, ma anche in Aula) sulle funzioni di controllo e di indirizzo, che importanti leggi di recente approvate (federalismo fiscale, riforma della contabilità) hanno arricchito di nuovi contenuti e prospettive.
Del pari sono profondamente mutate in questi anni le esigenze di informazionedegli organi delle Camere, non più riferite a singoli interventi o a singoli aspetti, ma orientate alla conoscenza di politiche pubbliche complesse, articolate e di lunga durata.
Alla luce di tutte queste considerazioni può dunque ritenersi che vi siano effettivamente possibili aree d'intervento per una riforma dei regolamenti parlamentari che, anche tenendo conto delle proposte di modifica presentate all'inizio della legislatura e prescindendo dai contenuti delle possibili riforme costituzionali sulla forma di governo e sul bicameralismo, potrebbero essere comunque analizzate al fine di una revisione delle procedure.

Un primo livello di intervento potrebbe consistere in quella che oggi comunemente si chiama «manutenzione» dei testi normativi ed avrebbe lo scopo di ammodernare il nostro Regolamento nelle parti non più attuali perché superate o integrate da prassi consolidate o dalle pronunce della Giunta per il Regolamento.
A mero titolo esemplificativo, si richiamano le procedure di esame delle mozioni e risoluzioni; le modalità di computo del numero legale e la disciplina delle missioni; le sanzioni disciplinari; la disciplina dell'attività del Comitato per la legislazione e dei pareri della Commissione affari costituzionali; la disciplina dei sistemi di votazione in Assemblea; le modalità di esame del processo verbale; le procedure di raccordo tra la Camera e le Istituzioni europee.

In questo ambito possono trovare posto anche gli interventi volti a sopprimere norme desuete o superate.
Come, ad esempio, quelle sulla formazione dell'ordine del giorno della seduta; quelle su alcuni superati sistemi di votazione in Assemblea; le disposizioni riguardanti gli statuti delle regioni ad autonomia ordinaria.

Un secondo livello di intervento potrebbe avere ad oggetto norme e istituti

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che, senza collegarsi direttamente con la forma di governo e con la sua possibile evoluzione, incidono sull'efficacia dell'azione del Parlamento sia nell'esercizio della funzione legislativa sia nello svolgimento delle funzioni di indirizzo e controllo. A questo riguardo si potrebbero valutare alcune modifiche volte a conseguire i cinque obiettivi di seguito indicati.

1. Razionalizzare lo svolgimento del procedimento legislativo in Commissione ed in Assemblea. Un rilievo ricorrente mosso alla disciplina regolamentare in materia riguarda il fatto che le procedure appaiono sovente complesse e lente, di ostacolo ad uno sviluppo razionale e ordinato del procedimento legislativo.
Vi è dunque lo spazio per interventi di riforma, anche a prescindere dall'eventuale introduzione di corsie preferenziali per le iniziative del Governo, di cui si dirà successivamente.
In questo ambito potrebbero rientrare le proposte finalizzate a:
contenere i tempi di intervento e modificare la disciplina delle fasi meramente oratorie (discussione generale, complesso degli emendamenti, illustrazione degli ordini del giorno), al fine di economizzare il tempo parlamentare ed avvicinare le fasi di dibattito a quelle di votazione;
rivedere la disciplina delle fasi di emendabilità, valorizzando il ruolo istruttorio delle Commissioni.
Ad esempio, si potrebbe valutare se estendere a tutti i progetti di legge il regime previsto attualmente per la sessione di bilancio (possibilità di presentazione in Aula dei soli emendamenti già presentati in Commissione, salvo che non siano riferiti a parti modificate del testo). Tale limite, da applicare anche al Governo, mirerebbe a localizzare in Commissione l'impegno nell'elaborazione dei testi e a riqualificare il dibattito in Assemblea concentrandolo sui temi più rilevanti ed evitando l'introduzione direttamente in Aula di questioni, anche pertinenti al testo, ma non previamente approfondite in sede referente.
prevedere una procedura che consenta un effettivo esame, da parte dell'Assemblea, delle proposte di legge d'iniziativa popolare;
prevedere il rafforzamento delle garanzie delle opposizioni nel procedimento legislativo, in particolare al fine di assicurare un effettivo esame in Assemblea degli argomenti iscritti in calendario nell'ambito delle quote ad esse riservate.

2. Valorizzare il ruolo delle Commissioni permanenti, sì da farne la sede effettiva dell'istruttoria e dell'elaborazione legislativa e lo strumento normale di azione per le nuove funzioni di controllo: questo obiettivo appare strettamente funzionale alla crescita di efficacia dell'azione del Parlamento, atteso che tali organi, ove dotati di adeguata strumentazione procedurale, rappresentano le sedi migliori e più flessibili per l'esercizio di alcuni compiti oggi di fatto esercitati - senza una chiara distinzione di ruoli - a seconda dei casi dall'Assemblea o dalle Commissioni.
Si avverte innanzitutto l'esigenza di procedere ad una revisione del sistema delle Commissioni, riducendone il numero complessivo ed operando un generale riequilibrio nella ripartizione delle competenze. In questo quadro si potrebbe procedere all'accorpamento di alcune Commissioni (ad esempio quelle competenti in materia di politica estera e difesa / di bilancio e finanze / di welfare / di ambiente, infrastrutture e trasporti), come anche all'individuazione di nuovi settori da far emergere a livello parlamentare (ad esempio quello della sicurezza).
In tal modo si otterrebbe una razionalizzazione nel riparto degli ambiti materiali assegnati a ciascun collegio e si verrebbe incontro all'esigenza di operare non già secondo una logica legata all'individuazione di singoli oggetti di disciplina, ma sulla base di politiche pubbliche generali (ciò che oggi determina il frequente ricorso alle Commissioni riunite).
Tale intervento consentirebbe - anche attraverso il conseguente ampliamento dei componenti di ciascun collegio - di accrescerne

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la rappresentatività, qualificandone la funzione istruttoria nel procedimento legislativo quali sedi esclusive di approfondimento delle questioni e di analisi degli emendamenti, con riflessi altresì sull'efficacia della funzione di controllo sul Governo.
In parallelo con la crescita del ruolo delle Commissioni, andrebbe prevista una maggiore conoscibilità all'esterno delle attività da esse svolte attraverso un ampliamento delle forme di pubblicità immediata delle sedute (come la web tv e il canale satellitare).

3. In un'ottica di razionalizzazione e di economia procedurale, prevedere lo svolgimento congiunto con il Senato di alcune attività di competenza delle Commissioni a livello conoscitivo, di controllo e, in generale, istruttorio, nel rispetto dell'attuale principio di bicameralismo, ad esempio per quanto riguarda le audizioni e le comunicazioni del Governo e le attività istruttorie e conoscitive relative all'esame degli schemi di atti del Governo e alle proposte di nomina trasmessi per il parere (ferma restando la separazione delle fasi deliberative).

4. Rafforzare le funzioni di indirizzo e controllo, sia in Assemblea, sia nelle Commissioni, attraverso una revisione della relativa strumentazione procedurale al fine di rendere centrale l'esercizio di tali funzioni nell'ambito dell'attività parlamentare, esaltandone per intero le potenzialità di monitoraggio sull'azione complessiva dei pubblici poteri e di collegamento con la società civile. Vengono qui in rilievo:
la semplificazione degli strumenti di sindacato ispettivo, la cui tipologia appare oggi eccessivamente ampia rispetto alle esigenze di un'interlocuzione rapida ed efficace con il Governo (si potrebbe immaginare di concentrare lo svolgimento in Aula e in Commissione dei soli strumenti urgenti e prevedere per il resto la forma dell'interrogazione a risposta scritta);
la rivitalizzazione del question time;
la disciplina delle informative del Governo in Assemblea, senza votazioni, che potrebbero essere organizzate, su base convenzionale, secondo un criterio di tendenziale alternanza fra Camera e Senato al fine di evitare duplicazioni di dibattiti;
l'ampliamento dell'ambito delle audizioni formali in Commissione nel senso di estendere la platea dei soggetti audibili in modo formale a tutti coloro cui sono attribuite funzioni pubbliche, superando un dettato regolamentare molto restrittivo, in quanto calibrato su un modello di organizzazione dello Stato e delle sue funzioni ormai superato;
la strutturazione del procedimento di espressione del parere sulle nomine governative, prevedendo ad esempio, come fase necessaria del procedimento, l'audizione dei candidati da parte delle Commissioni della Camera e del Senato, congiuntamente;
la definizione della funzione di controllo sulla finanza pubblica, sia nel senso di apportare i necessari adeguamenti a seguito della (prossima) approvazione definitiva della legge di riforma dell'articolo 81 Cost., sia per sviluppare linee di tendenza già contenute nella legge di riforma della contabilità. Quest'ultima ha infatti delineato un modello di integrazione tra funzioni parlamentari di decisione legislativa, di indirizzo e di controllo in tema di coordinamento della finanza pubblica, la cui chiave di volta è costituita da un'architettura procedurale che poggia non solo sul tradizionale strumento legislativo (legge di stabilità), ma anche sull'attivazione di banche dati comuni (con Governo e regioni) e di flussi informativi costanti, nonché sulla predisposizione di strumenti di programmazione, da produrre in sede europea e nazionale, con il significativo coinvolgimento parlamentare nella fase di elaborazione.

5. Verificare l'attualità degli strumenti di pubblicità dei lavori previsti dal Regolamento ai fini di un loro eventuale aggiornamento, nonché delle forme di pubblicazione

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degli atti parlamentari, tenendo anche conto dell'estensione degli strumenti di conoscenza determinata dallo sviluppo delle nuove tecnologie, ampiamente utilizzate alla Camera (ad esempio: sito internet, web tv, canale satellitare).

Infine è da prendere in considerazione un terzo livello di intervento, che appare peraltro strettamente connesso con le riforme costituzionali in corso. Esso riguarda le modifiche del Regolamento collegate ad una ridefinizione della posizione del Governo in Parlamento, all'evoluzione del rapporto fra Esecutivo e Camere ed all'uso delle diverse fonti normative in relazione alle procedure parlamentari: in tale cornice si inseriscono le modifiche regolamentari in tema di procedimento legislativo - da più parti proposte - volte a rafforzare il ruolo del Governo in Parlamento. In particolare è stata prospettata l'esigenza di:
prevedere la possibilità di fissare tempi certi di conclusione dell'esame di un provvedimento, in particolare per quelle iniziative legislative cui il Governo annetta specifica importanza: si tratterebbe, in particolare, di introdurre la possibilità di fissare, su richiesta del Governo, il termine per la deliberazione conclusiva dell'Assemblea (con conseguenti effetti anche sul lavoro istruttorio della Commissione).
Al riguardo è noto che i rilievi più frequentemente mossi alla disciplina regolamentare in materia attengono al fatto che essa non consente tempi certi di decisione e - come già detto - disegna procedure ritenute troppo complesse e lente, che sono di ostacolo ad uno sviluppo razionale e ordinato del procedimento legislativo e non contribuiscono a favorire un rapporto equilibrato, nella produzione legislativa primaria, fra Governo e Parlamento. Ciò naturalmente senza sottovalutare che in molte occasioni la dispersione procedimentale e la lunghezza dei tempi sono dipesi anche dalle difficoltà dei soggetti istituzionali nel mettere correttamente e pienamente in opera gli strumenti regolamentari in tutto il loro potenziale strategico; in particolare è spesso difettato, nelle ultime legislature, un esercizio coordinato delle prerogative parlamentari del Governo e dei gruppi di maggioranza in tutte le sedi nelle quali si organizzano e si programmano i lavori, a cominciare dalle riunioni della Conferenza dei presidenti di gruppo e degli Uffici di presidenza delle singole Commissioni parlamentari.
valutare l'opportunità di una revisione della disciplina della questione di fiducia (in particolare negli aspetti del c.d. Lodo Iotti e del termine delle 24 ore). Al contempo valutare la proposta di introdurre il c.d. voto bloccato o anticipato, nonché di sancire l'inammissibilità dei maxiemendamenti in rapporto alle previsioni dell'articolo 72 Cost.

In tale ambito, potrebbe essere anche considerata la questione dei decreti-legge.
La (vera o presunta) farraginosità delle procedure ordinarie è, infatti, solitamente posta alla base - nel dibattito politico - del massiccio utilizzo da parte del Governo della decretazione d'urgenza. Rispetto a tale più generale questione appare peraltro insufficiente l'ipotesi di interventi che - attraverso una razionalizzazione di tempi e procedure parlamentari - eliminino il continuo ricorso, da parte del Governo, alla decretazione d'urgenza: infatti l'uso di tale fonte dipende anche dalla indubbia necessità, avvertita dall'Esecutivo, specie nei settori economici e finanziari, di rendere immediatamente operative le misure adottate. Talché l'unica via per arginare in maniera effettiva il ricorso alla decretazione d'urgenza appare quella di una riforma costituzionale che ne ridefinisca i presupposti.
Ciò non esclude tuttavia l'eventualità di agire sul piano dei regolamenti parlamentari al fine di trovare un punto di equilibrio tra esigenze del Governo e garanzie di efficace intervento delle Camere.
Come è noto, tale punto di equilibrio è stato finora individuato alla Camera, ancora nella legislatura in corso, nella sottrazione del procedimento di conversione dei decreti-legge al contingentamento, proprio

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al fine di evitare condizioni di eccessivo favore nei riguardi di una forma straordinaria di esercizio della potestà normativa del Governo, suscettibili di determinare un impiego abnorme del decreto-legge e uno stravolgimento del rapporto Governo-Parlamento.
Preoccupazione questa, peraltro, ben presente al legislatore regolamentare che, all'articolo 24, comma 3 (introdotto nel 1997), ha addirittura previsto che, nell'ambito di ciascun calendario, all'esame dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge sia destinata non più della metà del tempo complessivamente disponibile, fissando in tal modo un tetto al numero massimo di decreti-legge esaminabili dall'Assemblea (in realtà tale norma è rimasta sostanzialmente sulla carta nell'impossibilità pratica di quantificare il tempo necessario per l'esame dei decreti-legge a causa del loro mancato contingentamento). Nella medesima ottica, va considerata la norma che, alla Camera, esclude l'ammissibilità degli emendamenti ai decreti-legge che non siano «strettamente» attinenti alla materia trattata dal decreto, ad evitare un indebito ampliamento del contenuto dei provvedimenti d'urgenza in sede parlamentare.
Se probabilmente tale preoccupazione non può dirsi superata neppure nella peculiare ed eccezionale situazione politica attuale, anche in una logica di equilibrio dei rapporti fra maggioranza ed opposizioni, si tratta di verificare se non sia comunque opportuno introdurre nel Regolamento forme di razionalizzazione della procedura di esame dei decreti-legge, tenendo conto della natura di tali atti e del ravvicinato termine di scadenza per la loro conversione in legge.
In sostanza si tratterebbe di verificare se:
disciplinare nel Regolamento il meccanismo della c.d. ghigliottina, la cui possibilità di applicazione è stata più volte sottolineata dalla Presidenza della Camera per consentirle, in prossimità della scadenza del termine costituzionale di conversione o in funzione dell'esame del provvedimento da parte del Senato, di porre direttamente in votazione l'approvazione del disegno di legge;
prevedere una significativa riduzione del numero degli emendamenti da esaminare in Assemblea, al fine di consentire all'Aula un esame effettivo del provvedimento senza creare le condizioni per il ricorso alla questione di fiducia da parte del Governo.

Ove si ponesse mano a riforme regolamentari in materia di esame dei decreti-legge si potrebbero valutare anche le considerazioni svolte nel dibattito politico in ordine alla necessità di garantire comunque al Parlamento gli strumenti per modificare i decreti-legge presentati dal Governo.

Infine, ricordo che fin dall'inizio della legislatura sono state presentate numerose proposte di modifica al Regolamento sulla disciplina dei Gruppi parlamentari in particolare al fine di rafforzarne il collegamento con i partiti o le coalizioni presentatisi alle elezioni. Alla luce della prassi delle ultime legislature, è opportuno intervenire anche sulla disciplina delle componenti politiche del Gruppo misto, al fine di ridefinirne i criteri di formazione e di denominazione, nonché i poteri.