CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 29 febbraio 2012
614.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e XI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri concernente la definizione del limite massimo riferito al trattamento economico annuo onnicomprensivo per i pubblici dipendenti indicati nell'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Atto n. 439).

NUOVA PROPOSTA DI PARERE DEI RELATORI

Le Commissioni riunite I e XI,
esaminato lo schema in oggetto;
premesso che la finalità generale delle disposizioni di cui all'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011risponde all'esigenza ineludibile di attuare una revisione dei trattamenti retributivi erogati dalle pubbliche amministrazioni nell'ambito di rapporti di lavoro autonomo o dipendente e che tale finalità, nel rispetto dei principi costituzionali, deve essere realizzata con tempestività, anche al fine di rispondere ad una razionale riduzione dei costi relativi agli apparati pubblici e più in generale dei costi derivanti da attività poste a carico della finanza pubblica;
considerato, quanto all'ambito di applicazione della disciplina e alle categorie di destinatari, che:
in materia di limitazione di trattamenti economici risultano in vigore disposizioni riconducibili a fonti di diverso rango (legge, decreto-legge, regolamento di delegificazione) che danno luogo ad un assetto normativo composito e caratterizzato da sovrapposizioni di regimi e di assetti normativi differenziati;
risulta inclusa solo una parte delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001; tale circostanza potrebbe dare luogo ad una disparità di trattamento tra soggetti chiamati a svolgere prestazioni simili, in assenza di una ragionevole giustificazione del trattamento differenziato;
lo schema in oggetto, all'articolo 1 include indistintamente tutte le Autorità amministrative indipendenti nel novero dei soggetti destinatari delle disposizioni da esso recate, mentre l'articolo 23-ter sembra far riferimento solamente ad alcune di esse;
l'articolo 23-bis del citato decreto-legge n. 201 del 2011 rinvia all'adozione di un decreto del Ministro dell'economia, da emanare - a seguito delle modifiche apportate dal decreto legge di proroga di termini n. 216 del 2011 - entro il 31 maggio 2012, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, l'individuazione di fasce alle quali riportare le società non quotate, direttamente controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile, con determinazione per ogni fascia del compenso massimo al quale i consigli di amministrazione di dette società devono fare riferimento, per la determinazione degli emolumenti da corrispondere, ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile;
tale sfasamento temporale - oltre che la differenziata geometria della platea dei destinatari - rende difficile definire un quadro complessivo omogeneo e coerente con riferimento a tutti gli emolumenti che

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nei diversi ambiti e all'interno di distinti regimi vengono erogati a coloro che sono chiamati a svolgere attività al servizio di pubbliche amministrazioni, enti o società a carico della finanza pubblica;
tutti i profili di incertezza esposti non possono considerarsi risolti alla luce della documentazione presentata dal Governo alle Commissioni riunite, che appare - per un verso - incompleta sotto il profilo delle amministrazioni interessate e che - per altro verso - include talune delle posizioni sopra richiamate, senza chiarire in base a quale disposizione di legge esse possano considerarsi inserite nella platea dei destinatari; la predetta documentazione, inoltre, non sembra tenere conto di tutti gli emolumenti corrisposti, a qualsiasi titolo, alle posizioni interessate e, in particolare, non sembra in alcun modo in grado di fare chiarezza sul tema del cumulo di più incarichi (e delle correlative retribuzioni percepite), con ciò rischiando di porre sul medesimo piano figure professionali la cui retribuzione - in tal caso, da ritenersi senza dubbio onnicomprensiva - è legata allo svolgimento, in via esclusiva e assorbente, di un unico incarico di responsabilità con quelle figure professionali che, invece, assommano una pluralità di emolumenti legati a una pluralità di incarichi;
appare necessario rivedere l'indicazione, contenuta nell'articolo 23-ter, relativa al trattamento economico del Primo Presidente della Corte di cassazione, in quanto, come emerso nel corso dell'esame, esso è suscettibile di oscillazioni, anche di significativa entità, legate al maturato economico della persona fisica che di volta in volta ricopre il predetto incarico; tale circostanza incide negativamente sulla stabilità dell'intera disciplina; appare inoltre necessario chiarire se il trattamento economico del Primo Presidente della Corte di Cassazione non debba ricomprendere tutti gli emolumenti percepiti in ragione della carica ricoperta;
è da ritenersi, pertanto, necessario un intervento correttivo della disciplina recata dall'articolo 23-ter, per definire, al fine di evitare ingiustificate disparità di trattamento, un ambito di applicazione il più coerente possibile, disponendo, altresì, che la disciplina medesima costituisca un indirizzo al quale le Regioni devono conformare il proprio ordinamento, ferma restando l'esigenza che il Governo proceda sin d'ora all'emanazione del decreto;

considerato, quanto alla fissazione del parametro massimo di riferimento per gli emolumenti e le retribuzioni a carico della finanza pubblica, che:
è condivisibile che lo schema di decreto abbia compiuto la scelta di definire il parametro come limite massimo retributivo;
l'articolo 3 dello schema in oggetto, nel determinare il predetto limite massimo retributivo, stabilisce che il trattamento economico annuo onnicomprensivo dei soggetti destinatari delle disposizioni del decreto, qualora superiore al limite stesso, «si riduce al predetto limite»;
tale disposizione pone l'esigenza di verificare un aspetto problematico, complesso e rilevante che riguarda l'applicazione dell'articolo 23-ter e del decreto in esame e che si riferisce alla decorrenza della disciplina, anche alla luce del principio di divieto di reformatio in peius dei trattamenti retributivi;
in particolare le Commissioni prendono atto di quanto dichiarato dal Governo durante il dibattito, in ordine al fatto che non vi sarebbero ostacoli ad una immediata applicazione, in quanto, in presenza di inderogabili esigenze di contenimento della spesa, si potrebbe legittimamente incidere, senza alcuna gradualità e senza operare alcuna differenziazione in ordine alla natura delle retribuzioni erogate, su trattamenti retributivi in corso; ritengono, in ogni caso, che vada evitato il rischio che un intervento immediato determini un contenzioso di tale ampiezza, per l'entità delle somme in questione, che potrebbe generare un costo così elevato da

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contraddire o vanificare l'obiettivo di razionalizzazione e di contenimento della spesa cui mira la disciplina in esame;
andrebbero in particolare valutate con attenzione le attività lavorative stabili, esclusive e continuative, fondate sull'incardinamento del personale nell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni e, dunque, su livelli retributivi tabellari e di base;
diverso appare, invece, il caso di cumulo di compensi erogati in ragione di attività aggiuntive rispetto al trattamento di base, caso in relazione al quale la retroattività della disciplina non pone problemi con riguardo ai principi generali dell'ordinamento;

considerato, con riferimento al contenuto degli articoli 3 e 4, che:
pur non essendo espressamente previsto dallo schema di decreto, l'articolo 3, che si riferisce al trattamento economico annuo omnicomprensivo, non può che interpretarsi nel senso che tale trattamento deve riferirsi al totale dei compensi complessivamente percepiti dal dipendente, a qualsiasi titolo, e conseguentemente non può comprendere anche l'ammontare dei contributi versati dallo stesso, i quali - come risulta del tutto evidente - non rientrano neanche nella base imponibile ai fini della determinazione del reddito della singola persona fisica;
qualora si ritenesse la disposizione di cui all'articolo 3, comma 3, applicabile esclusivamente al «personale» dipendente di pubbliche amministrazioni statali chiamato a rivestire la carica di presidente o di componente di una Autorità amministrativa indipendente, si darebbe luogo ad una violazione del principio di parità di trattamento tra soggetti chiamati a svolgere identiche funzioni;
occorrerebbe, con riferimento alle disposizioni contenute nell'articolo 4 dello schema, modificare - in occasione dell'intervento legislativo correttivo sopra auspicato - il comma 2 del citato articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, il quale - nel prevedere che il personale chiamato all'esercizio di funzioni direttive, anche in posizione di fuori ruolo o aspettativa, presso Ministeri o enti pubblici nazionali, comprese le autorità amministrative indipendenti, ove conservi il trattamento economico riconosciuto dall'amministrazione di appartenenza, non può ricevere, a titolo di retribuzione o di indennità per l'incarico ricoperto, o anche soltanto per il rimborso delle spese, più del 25 per cento dell'ammontare complessivo del trattamento economico percepito - non tiene conto delle posizioni oggettivamente diverse che è dato riscontrare nelle posizioni apicali delle amministrazioni e negli uffici di diretta collaborazione all'interno dei quali si rinvengono forme di collaborazione differenziate, sia sotto il profilo della quantità di apporto lavorativo (in quanto alcune sono svolte in forma continuativa, altre in forma discontinua e talora saltuaria), sia sotto il profilo dell'assunzione di responsabilità (dovendosi distinguere tra incarichi di consulenza e incarichi apicali);
occorrerebbe pertanto prevedere un'opportuna differenziazione tra queste posizioni mediante una graduazione dei diversi trattamenti che tenga conto del carattere continuativo o meno della collaborazione e della natura della stessa anche sotto il profilo dell'assunzione diretta di responsabilità; per conseguire efficacemente tale obiettivo si potrebbero prevedere in via normativa percentuali differenziate, nel rispetto delle quali la graduazione dei singoli trattamenti potrebbe essere affidata ad un decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione che tenga conto, anche in ossequio all'articolo 36 della Costituzione, dei diversi apporti lavorativi e della loro natura; la norma, inoltre, dovrebbe essere volta ad evitare che, quando i titolari degli uffici di diretta collaborazione sono dipendenti interni, l'applicazione della disciplina comporti per essi retribuzioni inferiori a quelle normalmente percepite;

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considerato, con riguardo all'articolo 5, che:
esso introduce una disposizione relativa al personale dirigenziale al quale non si applica il limite massimo di cui all'articolo 3, stabilendo che «le pubbliche amministrazioni valutano se provvedere o meno, in occasione del rinnovo del contratto individuale, alla ridefinizione del relativo trattamento economico»;
essendo stata posta, da più deputati nel corso del dibattito, la questione del valore giuridico e sostanziale dell'articolo in esame, occorre precisare che questa disposizione non appare lesiva dell'autonomia negoziale delle parti del rapporto di lavoro pubblico, se si interpreta nel senso che essa non viola la competenza contrattuale alla definizione dei trattamenti economici, ma anzi chiarisce, proprio nel rispetto di tale competenza, che l'eventuale revisione dei trattamenti medesimi è possibile solo in occasione del rinnovo del contratto; è evidente, dunque, che la norma in questione mira unicamente a precisare che la predetta revisione (da compiersi in sede di rinegoziazione contrattuale) potrebbe avvenire solo al di sotto del limite massimo retributivo;

considerato, infine, con riferimento ad eventuali deroghe alla disciplina in esame, che:
sebbene consentito dalla norma primaria (articolo 23-ter, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011), il Governo non ha inteso, allo stato, prevedere deroghe motivate per le posizioni apicali delle pubbliche amministrazioni;
in proposito deve riconoscersi che la previsione o meno di tali deroghe costituisce esercizio di una facoltà del Governo, il quale può legittimamente provvedere in tal senso purché dia atto, con rigorosa motivazione, delle ragioni giustificative della deroga;
ove il Governo intendesse esercitare tale facoltà, la deroga potrebbe riguardare unicamente le «posizioni di più alto livello di responsabilità», con esclusione degli uffici di diretta collaborazione ministeriale, conformemente alla disciplina già contenuta nell'articolo 3, comma 44, della 24 dicembre 2007, n. 244;
in particolare le deroghe per alcune posizioni apicali potrebbero comprendere quegli incarichi di altissimo rilievo istituzionale e di straordinario impegno amministrativo, commisurato anche alla quantità e qualità delle risorse umane, materiali e finanziarie sottoposte alla direzione delle stesse posizioni apicali;
preso atto, infine, dei rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario espressi, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 2, del Regolamento, dalla V Commissione (Bilancio), ai quali si fa espresso rinvio;
con le valutazioni e le segnalazioni di cui in premessa,
esprimono

PARERE FAVOREVOLE

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ALLEGATO 2

Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri concernente la definizione del limite massimo riferito al trattamento economico annuo onnicomprensivo per i pubblici dipendenti indicati nell'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Atto n. 439).

PARERE APPROVATO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Le Commissioni riunite I e XI,
esaminato lo schema in oggetto;
premesso che la finalità generale delle disposizioni di cui all'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011risponde all'esigenza ineludibile di attuare una revisione dei trattamenti retributivi erogati dalle pubbliche amministrazioni nell'ambito di rapporti di lavoro autonomo o dipendente e che tale finalità, nel rispetto dei principi costituzionali, deve essere realizzata con tempestività, anche al fine di rispondere ad una razionale riduzione dei costi relativi agli apparati pubblici e più in generale dei costi derivanti da attività poste a carico della finanza pubblica;
considerato, quanto all'ambito di applicazione della disciplina e alle categorie di destinatari, che:
in materia di limitazione di trattamenti economici risultano in vigore disposizioni riconducibili a fonti di diverso rango (legge, decreto-legge, regolamento di delegificazione) che danno luogo ad un assetto normativo composito e caratterizzato da sovrapposizioni di regimi e di assetti normativi differenziati;
risulta inclusa solo una parte delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001; tale circostanza potrebbe dare luogo ad una disparità di trattamento tra soggetti chiamati a svolgere prestazioni simili, in assenza di una ragionevole giustificazione del trattamento differenziato;
lo schema in oggetto, all'articolo 1 include indistintamente tutte le Autorità amministrative indipendenti nel novero dei soggetti destinatari delle disposizioni da esso recate, mentre l'articolo 23-ter sembra far riferimento solamente ad alcune di esse;
l'articolo 23-bis del citato decreto-legge n. 201 del 2011 rinvia all'adozione di un decreto del Ministro dell'economia, da emanare - a seguito delle modifiche apportate dal decreto legge di proroga di termini n. 216 del 2011 - entro il 31 maggio 2012, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, l'individuazione di fasce alle quali riportare le società non quotate, direttamente controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile, con determinazione per ogni fascia del compenso massimo al quale i consigli di amministrazione di dette società devono fare riferimento, per la determinazione degli emolumenti da corrispondere, ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile;
tale sfasamento temporale - oltre che la differenziata geometria della platea dei destinatari - rende difficile definire un quadro complessivo omogeneo e coerente con riferimento a tutti gli emolumenti che

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nei diversi ambiti e all'interno di distinti regimi vengono erogati a coloro che sono chiamati a svolgere attività al servizio di pubbliche amministrazioni, enti o società a carico della finanza pubblica;
tutti i profili di incertezza esposti non possono considerarsi risolti alla luce della documentazione presentata dal Governo alle Commissioni riunite, che appare - per un verso - incompleta sotto il profilo delle amministrazioni interessate e che - per altro verso - include talune delle posizioni sopra richiamate, senza chiarire in base a quale disposizione di legge esse possano considerarsi inserite nella platea dei destinatari; la predetta documentazione, inoltre, non sembra tenere conto di tutti gli emolumenti corrisposti, a qualsiasi titolo, alle posizioni interessate e, in particolare, non sembra in alcun modo in grado di fare chiarezza sul tema del cumulo di più incarichi (e delle correlative retribuzioni percepite), con ciò rischiando di porre sul medesimo piano figure professionali la cui retribuzione - in tal caso, da ritenersi senza dubbio onnicomprensiva - è legata allo svolgimento, in via esclusiva e assorbente, di un unico incarico di responsabilità con quelle figure professionali che, invece, assommano una pluralità di emolumenti legati a una pluralità di incarichi;
appare necessario rivedere l'indicazione, contenuta nell'articolo 23-ter, relativa al trattamento economico del Primo Presidente della Corte di cassazione, in quanto, come emerso nel corso dell'esame, esso è suscettibile di oscillazioni, anche di significativa entità, legate al maturato economico della persona fisica che di volta in volta ricopre il predetto incarico; tale circostanza incide negativamente sulla stabilità dell'intera disciplina; appare inoltre necessario chiarire se il trattamento economico del Primo Presidente della Corte di Cassazione non debba ricomprendere tutti gli emolumenti percepiti in ragione della carica ricoperta;
è da ritenersi, pertanto, necessario un intervento correttivo della disciplina recata dall'articolo 23-ter, per definire, al fine di evitare ingiustificate disparità di trattamento, un ambito di applicazione il più coerente possibile, disponendo, altresì, che la disciplina medesima costituisca un indirizzo al quale le Regioni devono conformare il proprio ordinamento, ferma restando l'esigenza che il Governo proceda sin d'ora all'emanazione del decreto;

considerato, quanto alla fissazione del parametro massimo di riferimento per gli emolumenti e le retribuzioni a carico della finanza pubblica, che:
è condivisibile che lo schema di decreto abbia compiuto la scelta di definire il parametro come limite massimo retributivo;
l'articolo 3 dello schema in oggetto, nel determinare il predetto limite massimo retributivo, stabilisce che il trattamento economico annuo onnicomprensivo dei soggetti destinatari delle disposizioni del decreto, qualora superiore al limite stesso, «si riduce al predetto limite»;
tale disposizione pone l'esigenza di verificare un aspetto problematico, complesso e rilevante che riguarda l'applicazione dell'articolo 23-ter e del decreto in esame e che si riferisce alla decorrenza della disciplina, anche alla luce del principio di divieto di reformatio in peius dei trattamenti retributivi;
in particolare le Commissioni prendono atto di quanto dichiarato dal Governo durante il dibattito, in ordine al fatto che non vi sarebbero ostacoli ad una immediata applicazione, in quanto, in presenza di inderogabili esigenze di contenimento della spesa, si potrebbe legittimamente incidere, senza alcuna gradualità e senza operare alcuna differenziazione in ordine alla natura delle retribuzioni erogate, su trattamenti retributivi in corso; ritengono, in ogni caso, che vada evitato il rischio che un intervento immediato determini un contenzioso di tale ampiezza, per l'entità delle somme in questione, che potrebbe generare un costo così elevato da contraddire o vanificare l'obiettivo di razionalizzazione

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e di contenimento della spesa cui mira la disciplina in esame;
andrebbero in particolare valutate con attenzione le attività lavorative stabili, esclusive e continuative, fondate sull'incardinamento del personale nell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni e, dunque, su livelli retributivi tabellari e di base;
diverso appare, invece, il caso di cumulo di compensi erogati in ragione di attività aggiuntive rispetto al trattamento di base, caso in relazione al quale la retroattività della disciplina non pone problemi con riguardo ai principi generali dell'ordinamento;

considerato, con riferimento al contenuto degli articoli 3 e 4, che:
pur non essendo espressamente previsto dallo schema di decreto, l'articolo 3, che si riferisce al trattamento economico annuo omnicomprensivo, non può che interpretarsi nel senso che tale trattamento deve riferirsi al totale dei compensi complessivamente percepiti dal dipendente, a qualsiasi titolo;
qualora si ritenesse la disposizione di cui all'articolo 3, comma 3, applicabile esclusivamente al «personale» dipendente di pubbliche amministrazioni statali chiamato a rivestire la carica di presidente o di componente di una Autorità amministrativa indipendente, si darebbe luogo ad una violazione del principio di parità di trattamento tra soggetti chiamati a svolgere identiche funzioni;
occorrerebbe, con riferimento alle disposizioni contenute nell'articolo 4 dello schema, modificare - in occasione dell'intervento legislativo correttivo sopra auspicato - il comma 2 del citato articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, il quale - nel prevedere che il personale chiamato all'esercizio di funzioni direttive, anche in posizione di fuori ruolo o aspettativa, presso Ministeri o enti pubblici nazionali, comprese le autorità amministrative indipendenti, ove conservi il trattamento economico riconosciuto dall'amministrazione di appartenenza, non può ricevere, a titolo di retribuzione o di indennità per l'incarico ricoperto, o anche soltanto per il rimborso delle spese, più del 25 per cento dell'ammontare complessivo del trattamento economico percepito - non tiene conto delle posizioni oggettivamente diverse che è dato riscontrare nelle posizioni apicali delle amministrazioni e negli uffici di diretta collaborazione all'interno dei quali si rinvengono forme di collaborazione differenziate, sia sotto il profilo della quantità di apporto lavorativo (in quanto alcune sono svolte in forma continuativa, altre in forma discontinua e talora saltuaria), sia sotto il profilo dell'assunzione di responsabilità (dovendosi distinguere tra incarichi di consulenza e incarichi apicali);
occorrerebbe pertanto prevedere un'opportuna differenziazione tra queste posizioni mediante una graduazione dei diversi trattamenti che tenga conto del carattere continuativo o meno della collaborazione e della natura della stessa anche sotto il profilo dell'assunzione diretta di responsabilità; per conseguire efficacemente tale obiettivo si potrebbero prevedere in via normativa percentuali differenziate, nel rispetto delle quali la graduazione dei singoli trattamenti potrebbe essere affidata ad un decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione che tenga conto, anche in ossequio all'articolo 36 della Costituzione, dei diversi apporti lavorativi e della loro natura; la norma, inoltre, dovrebbe essere volta ad evitare che, quando i titolari degli uffici di diretta collaborazione sono dipendenti interni, l'applicazione della disciplina comporti per essi retribuzioni inferiori a quelle normalmente percepite;

considerato, con riguardo all'articolo 5, che:
esso introduce una disposizione relativa al personale dirigenziale al quale non si applica il limite massimo di cui all'articolo 3, stabilendo che «le pubbliche amministrazioni valutano se provvedere o

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meno, in occasione del rinnovo del contratto individuale, alla ridefinizione del relativo trattamento economico»;
essendo stata posta, da più deputati nel corso del dibattito, la questione del valore giuridico e sostanziale dell'articolo in esame, occorre precisare che questa disposizione non appare lesiva dell'autonomia negoziale delle parti del rapporto di lavoro pubblico, se si interpreta nel senso che essa non viola la competenza contrattuale alla definizione dei trattamenti economici, ma anzi chiarisce, proprio nel rispetto di tale competenza, che l'eventuale revisione dei trattamenti medesimi è possibile solo in occasione del rinnovo del contratto; è evidente, dunque, che la norma in questione mira unicamente a precisare che la predetta revisione (da compiersi in sede di rinegoziazione contrattuale) potrebbe avvenire solo al di sotto del limite massimo retributivo;

considerato, infine, con riferimento ad eventuali deroghe alla disciplina in esame, che:
sebbene consentito dalla norma primaria (articolo 23-ter, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011), il Governo non ha inteso, allo stato, prevedere deroghe motivate per le posizioni apicali delle pubbliche amministrazioni;
in proposito deve riconoscersi che la previsione o meno di tali deroghe costituisce esercizio di una facoltà del Governo, il quale può legittimamente provvedere in tal senso purché dia atto, con rigorosa motivazione, delle ragioni giustificative della deroga;
ove il Governo intendesse esercitare tale facoltà, la deroga potrebbe riguardare unicamente le «posizioni di più alto livello di responsabilità», con esclusione degli uffici di diretta collaborazione ministeriale, conformemente alla disciplina già contenuta nell'articolo 3, comma 44, della 24 dicembre 2007, n. 244;
in particolare le deroghe per alcune posizioni apicali potrebbero comprendere quegli incarichi di altissimo rilievo istituzionale e di straordinario impegno amministrativo, commisurato anche alla quantità e qualità delle risorse umane, materiali e finanziarie sottoposte alla direzione delle stesse posizioni apicali;
preso atto, infine, dei rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario espressi, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 2, del Regolamento, dalla V Commissione (Bilancio), ai quali si fa espresso rinvio;
con le valutazioni e le segnalazioni di cui in premessa,
esprimono

PARERE FAVOREVOLE