CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 gennaio 2012
590.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO

ALLEGATO

Sulla missione svolta a Durban dal 6 al 9 dicembre 2011.

  Una delegazione parlamentare delle Commissioni Ambiente di Camera e Senato ha preso parte, su invito del Ministro dell'Ambiente, alla XVII Sessione della Conferenza delle Parti (COP17) relativa alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici (UNFCCC), che ha avuto luogo a Durban, in Sud Africa, dal 28 novembre al 9 dicembre 2011.
  Per il Senato sono stati designati a far parte della delegazione italiana, in qualità di osservatori, i senatori Cesarino Monti (LNP), Vicepresidente della Commissione Ambiente, e Pasquale Nessa (PDL), componente della medesima Commissione. Per la Camera hanno partecipato il Presidente della Commissione Ambiente Angelo Alessandri (LNP) e gli onorevoli Salvatore Margiotta (PD), Vicepresidente della Commissione Ambiente ed Agostino Ghiglia (PDL), componente della medesima Commissione
  L'impegno parlamentare è iniziato lunedì 5 dicembre, giorno in cui si è svolta la giornata parlamentare organizzata dall'Unione Interparlamentare. La delegazione ha altresì preso parte, sempre nella giornata di lunedì 5 dicembre, ad un incontro con Globe International, la rete parlamentare internazionale il cui obiettivo è di sensibilizzare i legislatori a dare risposte legislative comuni alle maggiori sfide ambientali.
  Il 6 dicembre si sono aperti i lavori dell’high level segment della COP17, durante il quale hanno avuto luogo gli interventi dei Ministri competenti.
  Si ricorda che la prossima Conferenza sui cambiamenti climatici COP18 avrà luogo in Qatar dal 26 novembre al 7 dicembre 2012, con la collaborazione della Repubblica di Corea, che ospiterà un incontro ministeriale preliminare ai negoziati.

GIORNATA PARLAMENTARE

  I lavori si sono aperti presso lo stadio Moses Mabhida di Durban lunedì 5 dicembre con il discorso introduttivo di Theo Ben Gurirab, Presidente dell'Unione Interparlamentare nonché Presidente dell'Assemblea Nazionale della Namibia, il quale ha sottolineato come la giornata parlamentare abbia la finalità di incoraggiare i Parlamenti nazionali ad affrontare il problema del cambiamento climatico.
  È poi intervenuto Max Vuyusile Sisulu, Presidente dell'Assemblea Nazionale del Sudafrica, il quale ha auspicato che i governi si impegnino per corrispondere alle aspettative di milioni di persone in tutto il mondo la cui sopravvivenza dipende dai progressi che si faranno nelle negoziazioni sui cambiamenti climatici. Ha inoltre dichiarato che dalla COP17 di Durban emergerà la reale volontà dei leader mondiali di andare oltre gli interessi strettamente nazionali e di breve termine.
  Margareta Wahlström, rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per la riduzione dei rischi derivanti dalle Pag. 286calamità, si è soffermata sugli altissimi costi in termini di vite umane nelle aree soggette a catastrofi naturali ed ha sottolineato la necessità di aumentare gli investimenti per la sicurezza, che devono raggiungere le comunità locali.
  In rappresentanza di Helen Clark, Presidente della United Nations Development Programme, il principale organismo di coordinamento e programmazione delle attività di cooperazione allo sviluppo del sistema delle Nazioni Unite, è poi intervenuto Agostinho Zacarias, coordinatore per il Sudafrica. Egli ha ricordato come il settimo fra gli obiettivi di sviluppo per il Millennio sia proprio quello di assicurare la sostenibilità ambientale. Ha inoltre dichiarato come il ruolo dei legislatori non possa essere isolato, sottolineando altresì la necessità di garantire budget adeguati per monitorare i cambiamenti climatici ed informare i cittadini e le amministrazioni locali in ordine alle attività di prevenzione necessarie per salvare le vite umane.
  Al termine del dibattito è stato adottato un documento conclusivo nel quale, tra l'altro, si afferma che quella dei cambiamenti climatici è una delle più grandi sfide del nostro tempo, perché comporta impatti sulle foreste, degrado del suolo, diminuzione delle risorse alimentari, rischi per la sicurezza energetica ed idrica, per la salute umana ed animale, così come crescenti rischi di inondazione, siccità e altre calamità naturali.
   Nel documento si invitano inoltre le parti a lavorare insieme per affrontare i cambiamenti climatici in modo da assicurare uno sviluppo sostenibile di lungo termine, basandosi sul presupposto che ciascuna azione concordata multilateralmente debba fondarsi sul principio delle comuni ma differenziate responsabilità e delle rispettive capacità.
  Nel sollecitare le parti a trovare soluzioni durevoli ed a stabilire un accordo equo, ampio e legalmente vincolante, nonché a creare una efficace struttura internazionale cui partecipino tutte le maggiori economie, si sottolinea, tra l'altro, la necessità di assicurare supporto ai paesi in via di sviluppo nell'attuazione dei loro piani di adattamento.

SECONDO RAPPORTO DI GLOBE IN MATERIA DI LEGISLAZIONE SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI IN 17 PAESI

  Il 5 dicembre ha avuto luogo presso the Old Court House a Durban, alla presenza di Christiana Figueres, Segretario esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, la presentazione da parte del presidente di Globe International, Lord Deben, ex segretario di Stato all'ambiente del Parlamento britannico, del secondo rapporto di Globe sulla legislazione in materia di cambiamenti climatici.
  Dallo studio compiuto su 17 paesi si evince che 10 di essi (Australia, Brasile, Cina, Unione Europea, Germania, Indonesia, Messico, Sudafrica, Corea del Sud e Regno Unito) hanno compiuto significativi progressi nel 2011, nonostante il contesto economico difficile (vedi allegato). Ciò dimostra che gli Stati non considerano più la sfida dei cambiamenti climatici come la condivisione di un carico Pag. 287globale, in presenza di governi che tentano di minimizzare il loro ruolo, ma che ritengono la legislazione sul cambiamento climatico come un interesse fortemente nazionale.
  Nel documento si afferma che la legislazione nazionale non si sostituisce a un'azione concertata a livello internazionale, ma può facilitare il cammino verso un accordo internazionale. L'azione legislativa a livello nazionale è un prerequisito fondamentale per il raggiungimento dell'obiettivo finale della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ovvero la stabilizzazione della concentrazione dei gas ad effetto serra nell'atmosfera a un livello tale da poter prevenire una pericolosa interferenza antropica con il sistema climatico. La legislazione nazionale crea il quadro giuridico per misurare, riferire, verificare e gestire le emissioni di carbonio, contribuisce all'evoluzione delle posizioni nazionali e funge inoltre da piattaforma per una più ampia collaborazione internazionale. Nessun trattato internazionale sarebbe possibile, o credibile, senza una commisurata azione legalmente vincolante a livello nazionale.
  Si riporta di seguito un abstract relativo ai progressi compiuti nel 2011 – nei paesi presi in esame dallo studio di Globe – dal punto di vista delle misure per fronteggiare i cambiamenti climatici.

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  L’Australia, dopo un lungo e acceso dibattito politico, ha completato nel novembre 2011 l'approvazione in Senato del Clean Energy Act. Il provvedimento è finalizzato all'obiettivo di lungo termine dell'Australia di ridurre le emissioni nette di gas serra dell'80 per cento rispetto ai livelli del 2000 entro il 2050, aumentando il prezzo del carbonio, inizialmente attraverso una ecotassa fissa (2012-2015) e successivamente attraverso un sistema di scambio di emissioni (simile all'Emission Trading Scheme – ETS).
  In Brasile il progresso più significativo è stato l'attuazione di una legge che crea la Green Allowance, un sistema di incentivi per servizi ecocompatibili finalizzati a combattere la povertà ed a incentivare nel contempo la conservazione ambientale. Questo riflette un consenso emergente in Brasile su un nuovo modello di sviluppo che cerca di allineare la crescita economica con la conservazione ambientale, attraverso la promozione di una produzione sostenibile, lo sviluppo infrastrutturale, la protezione ambientale e l'inclusione sociale.
  La Cina ha continuato a rendere pubbliche misure più dettagliate al fine di raggiungere l'obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio nel suo dodicesimo piano quinquennale pubblicato nel marzo 2011. Il Consiglio di Stato ha approvato un pacchetto dettagliato di misure finalizzate a conseguire il 16 per cento di riduzione dell'intensità energetica (ovvero l'unità di energia per unità di prodotto interno lordo) e il 17 per cento della riduzione dell'intensità di carbonio per il periodo 2011-2015, in linea con l'impegno di ridurre l'intensità di carbonio per unità di PIL del 40-45 per cento rispetto ai livelli del 2005, entro il 2020. Il pacchetto prevede stanziamenti a livello provinciale e municipale per il raggiungimento di tali obiettivi.
  Nell’Unione Europea la legislazione ha disciplinato le emissioni dei nuovi veicoli commerciali leggeri. È stata altresì proposta una nuova direttiva sull'efficienza energetica, che ora è all'esame del Consiglio e del Parlamento Europeo e che dovrebbe essere adottata nella primavera 2012.
  A seguito della catastrofe di Fukushima, in Giappone, in Germania il governo ha deciso di anticipare la chiusura delle sue centrali nucleari e ha fissato il 2022 come termine ultimo per la chiusura dell'ultima centrale. La legge sull'energia atomica sarà emendata per rispondere a quest'obiettivo e la diffusione delle energie rinnovabili sarà accelerata grazie alla legge sulle fonti di energia rinnovabile. Il governo tedesco ha rafforzato il proprio impegno fissandosi come obiettivo la produzione mediante le energie rinnovabili del 35 per cento dell'elettricità consumata in Germania entro il 2020.
  Nel maggio 2011, l’Indonesia ha compiuto un passo in avanti nel suo impegno per la riduzione di emissioni derivanti dalla deforestazione e il degrado forestale (REDD+); il presidente Yudhoyono ha infatti firmato una moratoria di due anni sulle nuove richieste di concessioni sulle foreste naturali primarie e sulle foreste torbiere, secondo quanto previsto dalla lettera di intenti per un miliardo di dollari, firmata da Norvegia e Indonesia nel maggio 2010.
  In Messico sono stati proposti nel Congresso nuovi progetti di legge in materia di mutamenti climatici. La legge generale sulla Pag. 289sostenibilità e i mutamenti climatici è stata proposta dal Partito Laburista nel giugno 2011, mentre la legge generale sui mutamenti climatici e lo sviluppo sostenibile è stata proposta dal Partito Istituzionale Rivoluzionario (PIR) nell'ottobre 2011. Tali progetti si sommano alla legge generale sui mutamenti climatici avanzata dal Partito di Azione Nazionale (PAN) nel marzo 2010, e alla legge generale sull'adattamento e la mitigazione proposta dal Partito Rivoluzionario Democratico (PRD) nel novembre 2010. GLOBE Messico ha operato per unire i principali partiti attorno ad un'unica legge che contenga i migliori elementi di ogni progetto e in seguito alla visita di Lord John Prescott nell'ottobre 2011, è stato raggiunto un accordo con i proponenti dei diversi progetti di legge per la stesura di un unico testo di legge, con l'obiettivo di portarlo al voto prima della fine del 2011.
  Ad ottobre, il Sud Africa ha pubblicato il Libro bianco dal titolo Risposta nazionale ai mutamenti climatici. Tale documento presenta la visione del governo sudafricano per una risposta efficace ai mutamenti climatici, nonché per una transizione equa e a lungo termine verso un'economia e una società a basso tenore di carbonio e resilienti ai mutamenti climatici. Le audizioni pubbliche si sono tenute nell'ottobre e nel novembre 2011 e a breve ci sarà il voto in seno all'Assemblea nazionale.
  La Corea del Sud nell'aprile 2011 ha reso nota una bozza della sua legge sul sistema di scambio di quote di emissioni; il progetto di legge sta seguendo l'iter parlamentare, in previsione di un'approvazione entro la fine di quest'anno. La normativa prevede che il sistema di scambio di quote di emissioni sia vincolante a partire dal 2015 e riguarderà le strutture che producono più di 25.000 tonnellate di CO2 l'anno.
  In linea con quanto previsto dalla legge sui mutamenti climatici del 2008, il Regno Unito nel giugno 2011 ha approvato una normativa derivata riguardante il suo ultimo «bilancio del carbonio». Il quarto bilancio del carbonio copre il quinquennio 2023-2027 ed è basato sui tre bilanci precedenti, fissati per i periodi 2008- 2012, 2013- 2017 e 2018- 2022. Il quarto bilancio del carbonio si pone come obiettivo la riduzione, entro il 2027, del 50 per cento dei gas ad effetto serra rispetto ai livelli del 1990, in linea con l'obiettivo di una riduzione dell'80 per cento entro il 2050. Nel 2011 sono state proposte diverse strategie volte all'attuazione di tali obiettivi.
  Nonostante siano stati registrati alcuni progressi, in Canada, Francia, India, Italia, Giappone e Russia il processo legislativo in materia è rimasto sostanzialmente inalterato.
  Negli Stati Uniti, il sostegno a una legislazione più esaustiva sui mutamenti climatici è svanito. Al momento è alquanto improbabile che venga proposta una legislazione esauriente sui mutamenti climatici in questa legislatura (112o Congresso). In seguito ai duri tagli alla spesa federale previsti in bilancio, sono stati cancellati i finanziamenti destinati al servizio climatico statunitense NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration – Amministrazione Nazionale per gli Oceani e l'Atmosfera) e alla posizione di consigliere del presidente per l'energia e il clima. Inoltre, sono stati ridotti gli impegni già assunti Pag. 290in materia di finanziamenti relativi ai mutamenti climatici. Tuttavia, l'Agenzia per la protezione ambientale ha registrato progressi per quanto riguarda la regolamentazione della CO2, secondo quanto previsto dalla Legge sull'aria pulita, e sono in atto miglioramenti a livello di singoli stati (ad esempio per quel che riguarda lo scambio delle quote di emissioni in California).

COP 17 – HIGH LEVEL SEGMENT

  L’High level segment, riservato ai Capi di Stato e di Governo, ai ministri e ad altri capi di delegazioni è stato inaugurato nel pomeriggio di martedì 6 dicembre presso l'International Convention Centre.
  Christiana Figueres, Segretario Esecutivo dell'UNFCCC, si è soffermata sulla necessità di dare una risposta alle questioni politiche ancora irrisolte dopo la COP16 di Cancun, a fronte di una continua crescita delle emissioni di gas serra. Ha ricordato che la scelta di svolgere la COP17 in Sudafrica è dovuta al fatto che il continente africano, dove è minacciata la sopravvivenza di un numero sempre crescente di vite umane, è particolarmente vulnerabile rispetto all'impatto del cambiamento climatico: per questo la decisione di assumere iniziative comuni non è più differibile.
  Ban Ki-moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite, ha dichiarato che i problemi economici non dovrebbero distrarre dall'obiettivo finale di un accordo complessivo vincolante, aggiungendo che, sebbene questo obiettivo appaia al momento non ottenibile, le parti devono continuare a focalizzarsi su di esso e continuare a lavorare in previsione della prossima Conferenza in Qatar.
  Il Presidente del Sud Africa, Jacob Zuma, ha spiegato che le parti, in considerazione dell'ipotesi di un secondo periodo di impegno, hanno bisogno di sapere con certezza che gli altri saranno disposti a mettere in atto un regime legalmente vincolante in un prossimo futuro e a condividere le responsabilità. Ha aggiunto che le parti necessitano altresì di finanziamenti a lungo termine. Ha auspicato infine un accordo sulla formalizzazione e l'attuazione delle promesse di riduzione delle emissioni da parte dei paesi sviluppati.
  Tra le dichiarazioni della giornata del 6 dicembre, quella di Connie Hedegaard, Commissario europeo per il clima, la quale ha detto che l'Unione Europea è pronta ad aderire ad una seconda fase di impegno sotto il protocollo di Kyoto, che rappresenti una sorta di ponte verso il futuro, a condizione che anche gli altri paesi emettitori siano disposti a condividere nuovi accordi globali legalmente vincolanti.
  Il 7 dicembre è intervenuto, tra gli altri, Xie Zhenhua, Vicepresidente della commissione per lo sviluppo della Repubblica popolare cinese, il quale ha dichiarato che dopo il 2020 potrà essere negoziato un documento legalmente vincolante con cinque condizioni che, tra l'altro, includono ulteriori riduzione delle emissioni di carbonio da parte delle nazioni sviluppate nella seconda fase di applicazione del protocollo di Kyoto. Complessivamente la Cina ha mantenuto posizioni Pag. 291di ambiguità, forse per l'esistenza di un dibattito interno non ancora pienamente risolto e per la necessità di verificare i risultati del proprio impegno nel settore delle energie rinnovabili.
  Per l'India è intervenuta il Ministro dell'ambiente e delle foreste Jayanthi Natarajan, la quale ha affermato che sussiste un divario tra il livello ambizioso richiesto dall'Unione Europea e da altri paesi sviluppati e i livelli di attuazione richiesti dai paesi in via di sviluppo. Ha aggiunto che i paesi BASIC – Brasile, Sudafrica, India e Cina – si stanno impegnando a fondo. Ha inoltre sottolineato che l'India chiede spazio per lo sviluppo del proprio popolo e l'eradicazione della povertà. Ricordando le parole di Indira Gandhi, secondo cui la povertà è la più grande fonte di inquinamento e lo sviluppo il più grande guaritore, ha invitato ad impostare i negoziati sul clima sul principio di equità. In definitiva l'India ha mantenuto posizioni intransigenti, ostacolando in particolare la definizione di un accordo sul tipo di strumento legale che dovrà assumere il nuovo sistema di regole che entrerà in vigore dopo il 2020.
  L'8 dicembre ha preso la parola il Ministro dell'Ambiente Corrado Clini, il quale ha affermato che:
  «La Conferenza sta volgendo al termine e sebbene tutti noi condividiamo pienamente che i cambiamenti climatici costituiscono una minaccia urgente e potenzialmente irreversibile per il genere umano e per il pianeta, noi non siamo stati in grado fino ad ora di utilizzare questa comune consapevolezza per giungere ad un risultato sufficientemente ambizioso.
  È ora di andare oltre, superare la discussione sul futuro del Protocollo di Kyoto e usare questa Conferenza per assicurare una solida base per la definizione di un regime per la lotta ai cambiamenti climatici che sia equo, equilibrato e credibile.
  Non è intenzione del mio Paese mettere a rischio la sopravvivenza del Protocollo di Kyoto. L'Italia è pronta a fare la propria parte nell'ambito del Protocollo di Kyoto poiché riconosciamo pienamente la necessità che i Paesi sviluppati assumano la leadership. Tuttavia il solo Protocollo di Kyoto non è sufficiente a perseguire l'obiettivo dei 2oC.
  A tale riguardo il mio Paese ha una chiara idea in merito al futuro del Protocollo di Kyoto: esso deve rappresentare una transizione verso un quadro di riferimento che ci permetta di rafforzare e ampliare la cooperazione per le riduzioni delle emissioni e per accelerare la transizione verso un'economia verde che, in aggiunta alla protezione del clima, promuova lo sviluppo sostenibile e contribuisca allo sradicamento della povertà nel mondo. Tale cooperazione deve essere strutturata in maniera tale da offrire opportunità a tutti i Paesi indipendentemente dalla struttura della loro economia e del loro livello di sviluppo.
  In tale prospettiva l'Italia è impegnata a continuare e rafforzare la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, in particolare con le piccole isole del Pacifico, i programmi multilaterali con le Agenzie delle Nazioni Unite, nonché i progetti congiunti sull'innovazione tecnologica nelle energie pulite con Cina, Brasile, Messico, Marocco, Tunisia.Pag. 292
  Non possiamo rimanere intrappolati in un sistema globale non sicuro, inefficiente ed ad alto contenuto di carbonio. Al contrario abbiamo bisogno di una strategia per assicurare l'innovazione tecnologica nel lungo periodo cosicché la riduzione delle emissioni non si focalizzi solo sulle tecnologie esistenti, ma sulla promozione delle nuove tecnologie allo scopo di giungere alla de-carbonizzazione delle nostre economie.
  Tutto ciò deve andare di pari passo con la promozione dell'adattamento nei Paesi in via di sviluppo.
  Per fare ciò in modo efficace sono necessarie regole comuni e certe, nonché procedure di attuazione al fine di indirizzare gli investimenti verso una crescita a basso contenuto di carbonio e in grado di adattarsi al cambiamento climatico.
  Per tale ragione la transizione dovrebbe concludersi con un quadro di riferimento legalmente vincolante, che include impegni di mitigazione – in particolare per tutte le maggiori economie – coerentemente con il principio delle responsabilità comuni, ma differenziate e le rispettive capacità.
  Sappiamo che al momento il contesto politico rappresenta una seria difficoltà per il raggiungimento di tale obiettivo, tuttavia in uno scenario in evoluzione dobbiamo essere pronti e disporre degli strumenti appropriati per cogliere i progressi.
  A nostro parere una roadmap che conduca verso un quadro di riferimento legalmente vincolante rappresenta lo strumento per non perderci lungo il cammino.
  La roadmap deve essere chiara e robusta e dovrebbe includere uno scadenzario per i lavori comprensivo di una data finale.
  Non ci sono scuse per non approvare tale roadmap qui a Durban.
  Noi siamo pronti a fare la nostra parte e siamo fiduciosi che a Durban si possa fare un ulteriore passo in avanti nella nostra comune lotta contro i cambiamenti climatici.»
  È altresì intervenuto, a nome del Dipartimento di Stato americano, Todd Stern, il quale ha dichiarato che gli Stati Uniti stanno lavorando per ridurre le emissioni entro il 2020 attraverso impegni a livello nazionale ed investimenti nell'ambito dell'energia pulita.

ADOZIONE DELLA DURBAN PLATFORM

  L'accordo è stato raggiunto nelle prime ore di domenica 11 dicembre e costituisce una sorta di road map che verte su quattro punti principali.
  Per quanto riguarda il protocollo di Kyoto è stato deciso un secondo periodo d'impegno, a partire dal 1o gennaio 2013, che avrà una funzione di «ponte» verso il nuovo trattato. La decisione è stata adottata da Unione Europea, Norvegia, Croazia, Bielorussia, Ucraina, Svizzera, Islanda, Kazakistan, Liechtenstein e Principato di Monaco, oltre a tutti gli altri paesi firmatari del protocollo. Gli impegni saranno trasformati in obiettivi e sarà stabilita la loro durata (5 oppure 8 anni) nell'ambito della prossima COP18-CMP8. È stato altresì fissato per l'Unione Europea un taglio delle emissioni fra il 20 e il 30 per cento Pag. 293da realizzarsi entro il 2020. L'elemento debole di tale decisione è che restano fuori dall'accordo Stati Uniti, Canada, Russia, Giappone, Australia e Nuova Zelanda, i quali hanno scelto per il momento, con varie sfumature, di non rinnovare il proprio impegno dopo il 2012.
  È stato inoltre deciso che l'azione cooperativa di lungo termine (LCA), organismo sussidiario della Convenzione Onu sul clima, realizzerà gli accordi di Cancun. Saranno inoltre creati un nuovo meccanismo di mercato con modalità da definire, un registro per facilitare le azioni di mitigazione ed i finanziamenti ed un forum sulle response measures. Tra le decisioni di carattere tecnico vi è inoltre l'istituzione di un comitato di indirizzo sui temi dell'adattamento (Adaptation Committee).
  È stato altresì dato il via libera al Fondo Verde (Green Climate Fund), che era già stato lanciato dalla Conferenza di Copenaghen per aiutare i paesi in via di sviluppo nelle azioni contro il riscaldamento globale. Il fondo rappresenterà il meccanismo finanziario della Convenzione Onu sul clima e sarà finanziato prevalentemente dai paesi industrializzati. Le risorse saranno finalizzate in maniera bilanciata alla mitigazione dei cambiamenti climatici ed ai relativi progetti per adattarvisi.
  Nell'ottica di un nuovo accordo mondiale sul clima è stata infine approvata la Durban Platform, sulla base della quale un gruppo di lavoro appositamente costituito inizierà a lavorare da quest'anno fino al 2015 per mettere a punto un nuovo trattato globale, che entrerà in vigore dal 2020 e sarà legalmente vincolante anche per i paesi più inquinanti come Cina e India.
  Complessivamente l'esito della COP17 rappresenta un passo avanti in direzione del nuovo sistema internazionale sul clima auspicato dall'Unione europea la quale, forte dell'alleanza con i paesi più vulnerabili al cambiamento climatico e del sostegno della maggioranza dei paesi parte della Convenzione, è riuscita ad avere un suo ruolo a fronte delle contraddizioni di Stati Uniti e Cina e dalle variegate posizioni dei paesi BASIC.

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