CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 20 dicembre 2011
584.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-04738 Codurelli: Su presunte violazioni del diritto al lavoro delle persone con disabilità.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogazione che passo ad illustrare concerne la mancata assunzione dei disabili da parte delle imprese operanti nelle provincia di Milano e dell'ante Provincia di Cuneo.
  La conoscibilità da parte dell'Amministrazione che rappresento sullo stato di attuazione della legge n. 68 del 1999 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) avviene con la predisposizione della relazione ex articolo 21 della citata legge 68, che ogni due anni il Ministro del lavoro e delle politiche sociali è tenuto a presentare al Parlamento.
  Faccio presente che, ai fini della rilevazione dei dati e delle informazioni riguardanti la VI relazione al Parlamento, relativa all'annualità 2010, il Ministero del lavoro e della politiche sociali ha, come già avvenuto per gli anni precedenti, attivato il sistema di rilevazione on line per l'acquisizione dei dati mediante questionari ad auto compilazione.
  Ciò premesso, passo ad illustrare alcuni elementi di conoscenza forniti dalle province di Milano e di Cuneo.
  Preliminarmente è opportuno precisare che la provincia di Milano ha stimato in 22.000 i disabili iscritti nell'elenco delle categorie protette; di questi, quelli effettivamente, ma anche giuridicamente, disponibili al lavoro sono circa 5.800.
  La provincia di Milano ha evidenziato:
   di aver avviato al lavoro 2.591 disabili, di cui 1.135 tramite le convenzioni stipulate ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 68 del 1999 (nonostante l'aumento delle aziende che nell'anno 2009 hanno ottenuto il riconoscimento dello stato di crisi a seguito del quale vengono sospesi gli obblighi di assunzione a norma dell'articolo 3, comma 5, della legge citata);
   di aver attivato una serie di strumenti di politiche attive e tu incentivi all'occupazione per favorire e incentivare l'assunzione di disabili da parte delle aziende, anche tramite l'adeguamento delle postazioni lavorative, tramite il Fondo regionale di cui all'articolo 13 della citata legge n. 68;
   di aver attivato le convenzioni quadro su base territoriale ex articolo 14 del decreto legislativo n. 276 del 2003, al fine di consentire l'inserimento lavorativo dei lavoratori disabili psichici e fisici con una disabilità superiore al 75 per cento.

  La provincia di Milano, da ultimo, ha sostanzialmente confermato anche per l'anno 2010 il dato degli esoneri parziali dagli obblighi occupazionali – previsto dall'articolo 5, comma 3, della legge n. 68 del 1999 – fornito per l'anno 2009, pari a 447 esoneri.
  Con riferimento alla posizione dell'ente Provincia di Cuneo in materia di obblighi assuntivi di cui alla legge n. 68 del 1999, l'Amministrazione ha fatto presente di aver rinnovato, nell'anno 2009, una convenzione per l'inserimento lavorativo di disabili ai sensi e per gli effetti dell'articolo 11 della legge n. 68 del 1999. In virtù di tale convenzione la provincia ha effettuato una specifica selezione con cui sono stati individuati 6 candidati idonei per tirocini.
  Nel corso del 2010, sono stati avviati a tirocinio i primi due candidati (per la durata di un anno) mentre gli altri 4 non Pag. 114sono stati attivati in ottemperanza alla deliberazione di Giunta n. 217 del 2010 che disponeva un blocco totale delle assunzioni e in generale di molte altre voci di spesa corrente (tale direttiva interna è stata assunta in diretta conseguenza della manovra estiva del 2010).
  Con la deliberazione di Giunta n. 75 del 2011 è stata definita una nuova dotazione organica (riducendo di ben 152 posti la previsione precedente), un nuovo quadro dei profili professionali e una nuova programmazione del fabbisogno di personale, che viene assolutamente ridotta per l'anno 2011 ad una sola unità, comunque inserita in parziale assolvimento dell'obbligo della legge n. 68 del 1999.
  La volontà della provincia di Cuneo di assolvere gli obblighi della legge n. 68 del 1999 (fino al 31 dicembre 2011 coperti con la convenzione ex articolo 11 della citata legge) è confermata dall'Ordine del Giorno del Consiglio Provinciale Deliberazione n. 58 del 2011 che ribadisce l'intenzione dell'Ente nelle future programmazioni di assolvere all'obbligo della legge n. 68, senza entrare nel merito delle singole procedure o definire precise scadenze.
  La provincia di Cuneo, in particolare, ritiene che il relativo assolvimento debba essere adeguato al mutato contesto nazionale e locale di finanza pubblica e, ancor di più, al mutando contesto istituzionale (ovvero la possibilità che venga soppresso l'ente provincia in ossequio ai disegni di legge costituzionale attualmente all'esame del Senato della Repubblica).
  Tale situazione di incertezza, viene riferito dalla provincia di Cuneo, induce l'Ente a soprassedere, cautelativamente, ad ogni decisione immediata avente una portata pluriennale in termini di spesa non giustificata da effettive necessità organizzative.
  Da ultimo, comunico i dati forniti dalla provincia di Cuneo con riferimento agli obblighi assuntivi:
   base di computo (Dotazione organica): 646 unità;
   spettanza (7 per cento): 45 disabili;
   scoperture: 18 disabili;
   Significa che ne sono stati assunti 27 disabili;
   spettanza articolo 18, comma 2, legge n. 68 del 1999 (1 per cento): 6;
   scoperture articolo 18, comma 2, legge n. 68 del 1999 (1 per cento) orfani/assimilati: 2;
   scopertura attuale articolo 18.2: 2
   Significa che ai sensi dell'articolo 18, comma 2 della legge n. 68 del 1999 ne sono stati assunti 2;
   convenzioni ex articolo 11: 19;
   scoperture ex articolo 11: 17 (dopo attivazione tirocini);
   Significa che ne sono stati assunti 2.

  N.B.: Con spettanza si fa riferimento a quello che si dovrebbe assumere. Scopertura il personale non assunto ai sensi della normativa in questione.

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ALLEGATO 2

5-04907 Gnecchi: Copertura previdenziale dei lavoratori con incarichi pubblici a chiamata esterna.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'onorevole Gnecchi – con il presente atto parlamentare – richiama l'attenzione sulla questione relativa alla mancata copertura previdenziale di quei lavoratori che svolgono funzioni pubbliche tramite chiamata «esterna», con particolare riguardo alla figura del Garante per l'infanzia e l'adolescenza istituita dalla regione Marche, con apposita legge regionale.
  Preliminarmente, tengo subito a precisare che la risposta all'atto parlamentare, di cui l'Onorevole interrogante lamenta la mancata risposta, inerente la mancata copertura previdenziale – per tutta la durata del mandato – di quei lavoratori pubblici, non eletti consiglieri, chiamati a svolgere le funzioni di assessore regionale, risulta essere, allo stato, demandata ad un'Amministrazione diversa da quella che rappresento.
  In ogni caso, e demandando al Ministero competente ogni determinazione conclusiva sul punto, faccio presente che sulla questione è comunque intervenuto il Ministero del lavoro e delle politiche sociali che – nel condividere le osservazioni formulate al riguardo dall'INPDAP – ha ritenuto non applicabile a tale fattispecie l'articolo 31 della legge n. 300 del 1970 che consente a chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive di chiedere che i periodi di aspettativa non retribuita siano considerati utili ai fini del riconoscimento del diritto e della determinazione della misura della pensione.
  In primo luogo, infatti, l'interpretazione autentica dell'articolo 31 della legge n. 300 del 1970 – resa dall'articolo 22, comma 39, della legge n. 724 del 1994 – chiarisce che l'accreditamento figurativo dei contributi ivi previsto si applica esclusivamente ai dipendenti pubblici eletti:
   a) nel Parlamento nazionale;
   b) nel Parlamento europeo;
   c) nei consigli regionali.

  In secondo luogo, l'articolo 3 del decreto legislativo n. 564 del 1996 – nel completare la disciplina dell'articolo 31 della legge n. 300 del 1970 – ha confermato che i destinatari dell'intervento sono esclusivamente i lavoratori chiamati a ricoprire funzioni pubbliche elettive.

  Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha altresì escluso la possibilità di un'estensione, in via analogica, dell'articolo 86 del decreto legislativo n. 267 del 2000 – concernente gli assessori comunali – tale da consentire anche agli assessori regionali, non eletti consiglieri, una copertura previdenziale attraverso il versamento – da parte dell'Amministrazione regionale – degli oneri assistenziali e previdenziali per tutta la durata del mandato.
  Anche in tale ipotesi, infatti, la rigorosa classificazione dei beneficiari non consente che la predetta norma sia estensivamente applicabile, in via analogica, agli assessori regionali.
  Infine, il Ministero ha ritenuto non praticabile una soluzione alla problematica di che trattasi mediante l'applicazione dell'articolo 38, commi 1, 2 e 3, della legge n. 488 del 1999 che dispone, tra l'altro, che i lavoratori dipendenti pubblici e privati – in aspettativa non retribuita in Pag. 116quanto eletti o nominati a ricoprire funzioni pubbliche – qualora, in ragione della nomina, maturino un diritto ad un vitalizio – sono tenuti a corrispondere l'equivalente dei contribuiti pensionistici per la quota a carico del lavoratore.
  Presupposto per tale versamento è infatti la presentazione, da parte del beneficiario, della domanda di accredito della contribuzione figurativa per aspettativa non retribuita di cui all'articolo 31 della legge n. 300 del 1970 che – come già precisato – non si applica agli assessori regionali.
  Tanto premesso in termini generali e ricognitivi dei precedenti, con specifico riferimento a quanto evidenziato nel presente atto parlamentare in ordine alla valorizzazione, ai fini pensionistici, dell'istituto dell'aspettativa non retribuita per l'espletamento dell'incarico di Garante per l'infanzia e l'adolescenza nella regione Marche – peraltro figura prevista da disposizioni regionali – faccio presente che, anche in tale ipotesi, il Ministero del lavoro e della politiche sociali ha ritenuto non applicabile l'articolo 31 della legge n. 300 del 1970, così come interpretato autenticamente dall'articolo 22, comma 39, della legge n. 724 del 1994.
  Ciò, in considerazione della tassatività delle figure istituzionali ivi individuate, successivamente confermata dall'articolo 68 del decreto legislativo n. 165 del 2001 che ha espressamente ribadito il numero chiuso, dei destinatari del beneficio.
  L'Amministrazione che rappresento – come evidenziato dall'interrogante – ha altresì escluso quell'interpretazione amministrativa, proposta dall'INPDAP che, nell'equiparare alle Autorità Nazionali Indipendenti la figura del Garante per l'infanzia e l'adolescenza, consentirebbe anche a quest'ultimo una copertura previdenziale mediante un'estensione della applicazione dell'articolo 39 della legge n. 488 del 1999.
  La predetta disposizione, in particolare, dispone che il trattamento economico comunque corrisposto ai componenti delle Autorità Indipendenti, nonché a quelli degli organismi i cui trattamenti sono equiparati o riferiti a quelli delle autorità indipendenti, costituisce base contributiva e pensionabile.
  Al riguardo, si osserva infatti che l'interpretazione offerta dall'INPDAP non tiene conto del carattere tipicamente statuale della figura delle Autorità Amministrative Indipendenti, per come enucleate nell'esperienza giuridico istituzionale italiana.
  Pertanto, non potendosi ammettere la richiamata assimilazione e, in assenza di una specifica disposizione normativa volta a ricomprendere tra i soggetti destinatari della tutela previdenziale anche il Garante per l'infanzia e l'adolescenza, non risulta possibile, alla stato, riconoscere ai dipendenti pubblici, chiamati a ricoprire tale carica e collocati in aspettativa non retribuita, la copertura previdenziale per l'intera durata del mandato.
  In conclusione, a fronte di una lacuna normativa non colmabile, in via interpretativa, attraverso letture di carattere asistematico – non posso che concordare con l'Onorevole interrogante in ordine al fatto che lo soluzione al problema evidenziato, richiederebbe un intervento normativo il quale, tuttavia non può prescindere da una valutazione di compatibilità in ordine agli attuali vincoli finanziari e di bilancio.

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ALLEGATO 3

5-04911 Fedriga: Interpretazione della normativa in materia di contrasto al lavoro nero.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogazione che passo ad illustrare concerne il campo di applicazione della cosiddetta maxisanzione per l'impiego di forme di lavoro sommerso alla luce delle modifiche introdotte dalla legge n. 183 del 2010.
  Com’è noto, nell'ottica di confermare l'impegno per il contrasto al lavoro irregolare, l'articolo 4 della legge n. 183 del 2010 (cosiddetto Collegato lavoro) apporta una profonda modifica alle previsioni di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 12 del 2002 introducendo rilevanti novità in tema di maxisanzione per il lavoro sommerso.
  In particolare la riforma dell'istituto, di notevole impatto ai fini dello svolgimento dell'attività di vigilanza, incide profondamente sulla previgente disciplina, ridefinendone:
   a) l'ambito di applicazione;
   b) i soggetti titolari del potere di contestazione dell'illecito;
   c) le modalità procedurali di adozione del provvedimento e di irrogazione della sanzione;
   d) nonché il relativo regime sanzionatorio.

  Al fine di garantire l'uniformità di comportamento di tutto il personale ispettivo, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha adottato la circolare n. 38 del 12 novembre 2010 con la quale ha delineato un quadro unitario delle modifiche legislative intervenute in materia ed ha fornita indicazioni per una piena e corretta applicazione della disciplina.
  Alla luce del nuovo impianto normativo, viene confermata la natura di misura sanzionatoria aggiuntiva della maxisanzione, in quanto la stessa non si sostituisce, ma va a sommarsi a tutte le altre sanzioni previste dall'ordinamento nei casi di irregolare costituzione del rapporto di lavoro (mancata consegna al lavoratore del documento contenente le informazioni relative alla instaurazione del rapporto di lavoro, omesse registrazioni sul libro unico del lavoro eccetera).
  Ciò premesso va dunque precisato che la maxisanzione trova applicazione con riferimento a prestazioni di natura subordinata non formalizzate attraverso la comunicazione al Centro per l'impiego. Tuttavia, qualora il personale ispettivo riscontri l'impiego di lavoratori subordinati in assenza della preventiva comunicazione obbligatoria, l'unica documentazione che il legislatore ritiene idonea ad escludere l'applicazione della maxisanzione e quella comprovante l'assolvimento degli obblighi di natura contributiva (DM10, EMENS, UNIEMENS) (ai sensi del comma 4 del citato articolo 3).
  Voglio precisare, inoltre, che l'attuale formulazione normativa prevede due distinte ipotesi sanzionatorie, in luogo dell'unica originariamente disciplinata dall'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002.
  La prima contempla la tipica ipotesi di cosiddetto lavoro nero, ricorrente nel caso in cui vengano impiegati lavoratori subordinati senza la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro.
  Questa ipotesi che comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa da Pag. 118euro 1.500 ad euro 12.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo.
  La seconda, in linea con il principio di proporzionalità delle sanzioni, delinea una fattispecie sanzionatoria attenuata che ricorre nel caso in cui il datore di lavoro abbia regolarizzato il rapporto di lavoro solo successivamente rispetto all'effettiva instaurazione e soltanto in parte, ovvero quando il datore di lavoro abbia fatto svolgere al lavoratore un periodo parzialmente «in nero», pur a fronte di un successivo periodo di regolare occupazione.
  In tale ipotesi è prevista una sanzione amministrativa da euro 1.000 ad euro 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare.
  Considerata l'intenzione del legislatore di sollecitare, quanto più possibile, il trasgressore verso la regolarizzazione, in entrambe le ipotesi di illecito il personale ispettivo ammetterà il trasgressore al pagamento della sanzione in misura ridotta nella misura del doppio del minimo (ai sensi dell'articolo 16 della legge n. 689 del 1981), pertanto la sanzione irrogabile sarà pari, rispettivamente, a euro 3000 per lavoratore oltre a euro 50 di maggiorazione giornaliera e a euro 2.000 per lavoratore oltre a euro 10 di maggiorazione giornaliera.
  Rispetto alla precedente formulazione normativa, ulteriore elemento di novità concerne l'ampliamento della platea dei soggetti legittimati ad irrogare la maxisanzione.
  La competenza ad adottare tale provvedimento, prerogativa in passato del solo personale ispettivo delle Direzioni Territoriali del lavoro (già Direzioni provinciali del lavoro), viene ora attribuita a tutti gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza (INPS, INAIL, Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane, Guardia di finanza eccetera).
  Occorre precisare, inoltre, che a seguito della modifica apportata dalla legge n. 183 del 2010 al comma 7-bis dell'articolo 36-bis del decreto-legge n. 223 del 2006, la competenza in materia di maxisanzione non è più riferita al momento della «constatazione della violazione» da parte degli organi di vigilanza, bensì al momento della «commissione dell'illecito». Viene quindi valorizzato, ai fini sanzionatori, il carattere permanente dell'illecito che in quanto si intende consumato sino al momento della cessazione della condotta posti in essere.
  Pertanto:
   per le violazioni commesse prima del 12 agosto 2006, ossia la cui condotta illecita sia cessata spontaneamente o a seguito di intervento ispettivo antecedentemente a tale data, la competenza ad irrogare il provvedimento rimane in capo all'Agenzia delle Entrate;
   diversamente, con riferimento alle condotte illecite cessate anteriormente al 24 novembre 2010 (data di entrata in vigore del Collegato lavoro), iniziate anche prima del 12 agosto 2006 (entrata in vigore del decreto-legge n. 223 del 2006), anche se accertate successivamente dagli organi di vigilanza, è competente ad adottare la maxisanzione esclusivamente il personale ispettivo del Ministero del lavoro;
   infine, laddove l'illecito sia cominciato prima del 12 agosto 2006 o prima del 24 novembre 2010, ma sia proseguito oltre tale ultima data, la competenza alla irrogazione della maxisanzione, secondo i nuovi parametri normativi e sanzionatori, spetta a tutti gli organismi di vigilanza anzidetti.

  Va, inoltre, aggiunto che in linea con le finalità di promuovere la regolarizzazione dei rapporti di lavoro nonché di comporre i contenziosi in essere, l'attuale previsione normativa non esclude più, come avveniva invece nel testo previgente, l'applicazione dell'istituto della diffida obbligatoria alla maxisanzione per lavoro nero. Ne consegue che qualora il personale ispettivo riscontri ipotesi di lavoro nero alle quali è applicabile la maxisanzione, lo stesso «diffiderà», Pag. 119ex articolo 13 del decreto legislativo n. 124 del 2004, il trasgressore e gli eventuali obbligati in solido a regolarizzare sotto il profilo contributivo, retributivo e lavoristico la posizione dei lavoratori coinvolti. Perciò, in caso di ottemperanza alla diffida i predetti soggetti sono ammessi al pagamento della maxisanzione nella misura minima edittale per l'importo stabilito in misura variabile e nella misura di un quarto della maggiorazione giornaliera prevista in misura fissa. In ipotesi di lavoro totalmente in nero, pertanto, sarà comminata la somma di euro 1.500 a cui andrà aggiunta la somma di euro 37,50 per ciascuna giornata di lavoro irregolare. In caso di lavoro parzialmente in nero, invece, sarà irrogata la somma di euro 1.000 a cui andrà aggiunta la somma di euro 7,50 per ciascuna giornata di lavoro irregolare. Da tale ultima disposizione si evince in maniera chiara ed incontrovertibile la volontà del legislatore di reprimere e sanzionare il «lavoro nero» cercando, però, nel contempo di non assumere un atteggiamento vessatorio e persecutorio nei confronti dei datori di lavoro.
  Per quanto riguarda l'ambito temporale di applicazione della nuova maxisanzione data la natura permanente dell'illecito, alfine di stabilire la disciplina applicabile, il personale ispettivo dovrà individuare il momento consumativo dell'illecito.
  Ossia verificherà se la condotta posta in essere dal datore di lavoro sia cessata sotto la vigenza della vecchia disciplina ovvero di quella riformulata dalla legge n. 183 del 2010, applicando il relativo regime sanzionatorio.
  Pertanto:
   a) per le condotte illecite che si sono esaurite prima dell'entrata in vigore del cosiddetto «Collegato lavoro» si dovrà applicare la previgente disciplina sanzionatoria.
  Tuttavia, la citata circolare precisa che, stante la natura procedurale della disposizione, deve estendersi anche a tutti gli accertamenti in corso al momento dell'entrata in vigore della legge n. 183 del 2010, non ancora conclusi con verbale di accertamento e notificazione, la possibilità di adottare la diffida ex articolo 13 del decreto legislativo n. 124 del 2004, nonché le nuove modalità di calcolo della sanzione in misura ridotta (articolo 16 della legge n. 689 del 1981).
  Analogamente le nuove modalità di calcolo della sanzione in misura ridotta andranno applicate ai procedimenti sanzionatori che hanno già formato oggetto di rapporto al Direttore (ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 689 del 1981) in sede di determinazione della sanzione ai fini dell'adozione della relativa ordinanza-ingiunzione (ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 689 del 1981);
   b) nel caso, invece, in cui si accerti che l'illecito punibile con la maxisanzione si sia consumato successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 183 del 2010, l'organo di vigilanza dovrà applicare all'intero periodo oggetto di accertamento la nuova disciplina, anche se la condotta sia iniziata in epoca antecedente all'introduzione della stessa, proprio in considerazione della prevalenza del momento consumativo dell'illecito (di carattere permanente) ai fini della corretta identificazione del regime sanzionatorio.

  Per quanto riguarda, infine, le sanzioni civili previdenziali connesse all'evasione di contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare, si evidenzia che l'importo delle stesse, nella vigente formulazione, e aumentato del 50 per cento, e, perciò, venuto meno il tetto minimo dei 3.000 euro.
  Alla luce della modifica citata, il calcolo delle sanzioni civili viene effettuato sulla base della disciplina dettata dall'articolo 116 della legge n. 388 del 2000 ed il risultante importo aumentato del 50 per cento. In proposito è bene precisare che tali sanzioni civili, sia nell'attuale formulazione sia in quella previgente, si aggiungono alla cosiddetta maxisanzione (amministrativa) e trovano applicazione esclusivamente nei casi in cui siano scaduti, al momento dell'accertamento ispettivo, i termini per il pagamento dei contributi e dei Pag. 120premi con riferimento al periodo di lavoro irregolare accertato. Considerata la natura risarcitoria delle sanzioni civili in esame va precisato che le nuove modalità di calcolo degli importi trovano applicazione con riferimento agli accertamenti iniziati successivamente alla data di entrata in vigore del cosiddetto «Collegato lavoro», anche se le predette omissioni si riferiscono a periodi di lavoro irregolare antecedenti alla riformulazione della norma.
  Per le ragioni appena esposte, posso affermare che, nel caso evidenziato dall'Onorevole interrogante, la misura della sanzione irrogata dagli organi ispettivi risulta correttamente determinata, alla luce del pertinente quadro normativo.
  Da ultimo voglio evidenziare come anche in quest'ultima ipotesi in cui, come dicevo, e venuto meno il tetto minimo dei 3.000 euro, ma del resto nel sistema complessivo che si è delineato a seguita dell'approvazione del cosiddetto «Collegato lavoro», è ravvisabile la volontà del legislatore di Contrastare il «lavoro nero» cercando, però, di non assumere un atteggiamento vessatorio e persecutorio nei confronti dei datori di lavoro.