CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 13 ottobre 2011
546.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Comunicazioni del Presidente sulla missione a Varsavia del 19 settembre 2011 per la Conferenza dei Presidenti delle Commissioni bilancio e finanze dei Parlamenti dell'Unione europea e sulla missione a Bruxelles del 6 ottobre 2011 per la riunione interparlamentare sul tema «Il futuro della politica di coesione alla luce delle nuove proposte legislative».

RELAZIONE DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI SULLA MISSIONE A BRUXELLES DEL 6 OTTOBRE 2011 PER LA RIUNIONE INTERPARLAMENTARE SUL TEMA «IL FUTURO DELLA POLITICA DI COESIONE ALLA LUCE DELLE NUOVE PROPOSTE LEGISLATIVE»

1. Oggetto della missione.

Il 6 ottobre scorso mi sono recato in missione a Bruxelles con l'onorevole Lino Duilio per partecipare all'incontro interparlamentare promosso dalla Commissione per lo sviluppo regionale del PE: «Il futuro della politica di coesione alla luce delle nuove proposte legislative».
L'incontro aveva lo scopo di illustrare in anteprima ai parlamentari europei e nazionali le proposte legislative in materia di riforma delle politiche di coesione predisposte dalla Commissione europea e di avviare la discussione in merito. Premetto come, dopo il Trattato di Lisbona, gli incontri tra esponenti della Commissione e rappresentanti del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, anche in considerazione del ruolo di codecisore attribuito in via ordinaria al Parlamento europeo nel processo legislativo, siano divenuti sempre più pregnanti ed intensi e consentano di misurarsi con i problemi al centro dei diversi negoziati.
Nella fattispecie, discutere delle politiche di coesione significava anche affrontare in buona misura il tema del bilancio europeo e del nuovo quadro finanziario 2014-2020. Le politiche di coesione rappresentano una delle politiche centrali dell'Unione europea e, perseguendo l'obiettivo di ridurre le disparità economiche, sociali e territoriali tra le diverse regioni, costituiscono anche lo strumento idoneo ad esprimere al più alto livello lo spirito solidaristico proprio della costruzione europea. Tale centralità non è apertamente messa in discussione, ma si rischia in concreto, soprattutto se i negoziati dovessero assumere un determinato orientamento, di ridimensionare la portata, la specificità e quindi gli effetti delle politiche di coesione, con conseguenze certamente non positive per il nostro Paese e, in particolare, per alcune regioni meridionali.

2. Le relazioni introduttive.

L'incontro è stato aperto da una relazione di Johannes Hahn, Commissario per la politica regionale, che ha illustrato le proposte legislative della Commissione. L'esposizione si è nel complesso mantenuta ad un livello molto generale, limitando l'approfondimento soprattutto dei punti più controversi. Il Commissario ha sottolineato l'ampio processo di consultazione che ha preceduto l'adozione delle proposte ed i successi della politica di coesione, ricordando tra l'altro come, nel prossimo ciclo di programmazione, le regioni comprese nell'obiettivo convergenza

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si ridurranno da 84 a 68 e ciò denoti come 34 milioni di cittadini europei abbiamo migliorato il loro tenore di vita. Ha quindi evidenziato la necessità di una forte politica di coesione orientata ai risultati per centrare gli obiettivi della strategia Europa 2020. Il Commissario ha inoltre osservato come si concentri ancora sulle regioni povere il 71,5 per cento delle risorse, evidenziando inoltre il tentativo di semplificare e di armonizzare le disposizioni comuni sul controllo della gestione, estendendole a tutti i fondi e definendo un unico regolamento generale. La politica di coesione deve a suo avviso mirare a fare crescere il PIL e l'occupazione, riducendo la disoccupazione giovanile, e tutte le regioni dovrebbero concentrarsi sulla liberazione del potenziale per una crescita intelligente ed esclusiva. La nuova strategia si baserà su un numero limitato di priorità, in linea con la strategia Europa 2020, ma riconoscendo tuttavia alle regioni un margine di flessibilità adeguato in modo da poter considerare le specificità delle singole realtà territoriali. Verrà definito un quadro strategico comune per i cinque fondi in modo da consentire una programmazione integrata e di dare agli Stati membri la possibilità di definire programmi «multi fondi». Ha inoltre sottolineato la necessità che gli Stati definiscano ad inizio programmazione i target sulla base dei quali valutare i progressi con regolarità. La condizionalità ex ante sarà volta ad assicurare che i fondi siano spesi nel giusto contesto e previa verifica in piena trasparenza della sussistenza delle condizioni tematiche generali, che dovranno essere valutate prima dell'approvazione dei relativi programmi. Il Commissario ha evidenziato che saranno inoltre premiati i programmi che funzionano meglio, destinando a tal fine il 5 per cento degli stanziamenti quale riserva da distribuire nel 2019. Il Commissario Hahn ha tuttavia ammesso che tale ulteriore proposta non è condivisa da molti Stati membri, aggiungendo che la Commissione intende stabilire un forte legame tra coesione e politica economica, prevedendo anche la sospensione di finanziamenti quale extrema ratio nel caso di situazioni economiche critiche. Il Commissario ha anche accennato a misure concrete di semplificazione, come l'armonizzazione delle norme di ammissibilità, l'introduzione della nozione di chiusura annuale dei programmi e l'accelerazione dei pagamenti, attraverso l'introduzione di pagamenti anticipati. Ha quindi ricordato come per molti Stati il Fondo europeo per la solidarietà debba operare solo per le catastrofi naturali ma con effetti a cascata sulle catastrofi industriali derivanti dalle prime. Ha, infine, affermato che gli Stati membri devono introdurre forme di condizionalità, prevedendo pagamenti a rate secondo i piani di avanzamento.
È quindi intervenuta Elzbieta Bienkowska, Ministro per lo sviluppo regionale della Repubblica di Polonia, Presidente di turno dell'Unione europea, in modo sostanzialmente adesivo alle considerazioni del Commissario, osservando come le proposte della Commissione rappresentino una buona base di partenza e la politica di coesione vada applicata all'insegna dell'efficacia, dell'integrazione, dell'attenzione ai risultati e debba divenire uno strumento fondamentale per l'attuazione della strategia Europa 2020. Ha quindi giudicato necessario un grande sforzo legislativo, ritenendo che i negoziati possano risultare non troppo lunghi e concludersi entro la prossima presidenza. Ha dichiarato di condividere le misure in tema di condizionalità, da intendersi non come castigo ma come incentivo, e la riserva premiale del 5 per cento. Ha tuttavia osservato come su alcuni temi siano necessarie ulteriore analisi e discussioni, menzionando in particolare i nuovi strumenti di sostegno dei fondi di coesione (regioni in transizione).

3. La discussione tra parlamentari nazionali e parlamentari europei.

Alle due relazioni ha fatto quindi seguito un dibattito molto ampio che ha coinvolto una trentina di parlamentari nazionali ed europei che mi limiterò a riassumere per punti ponendo l'accento su

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quegli aspetti delle proposte legislative della Commissione che non coincidono con la posizione negoziale italiana, illustrata alla Commissione bilancio nei suoi aspetti fondamentali dal Ministro Raffaele Fitto e dalla dottoressa Silvana Amadori della Ragioneria generale dello Stato nel corso di due recenti audizioni. Premetto che all'incontro erano presenti i Parlamenti di 13 dei 27 Paesi membri, sia pure rappresentativi nell'insieme delle diverse sensibilità della Unione europea. L'impressione è che ci troviamo dinanzi a un negoziato assai complesso e sotto più profili ancora estremamente aperto. La stessa Commissione, per ammissione del Commissario Hahn, ha compiuto alcune forzature, sciogliendo dei nodi in modo discordante rispetto all'impostazione di numerosi Stati membri.
Dalla discussione è sostanzialmente emersa una conferma della centralità delle politiche di coesione, sia pure nella consapevolezza che le risorse ad esse destinate risulteranno comunque ridotte. Un'analoga convergenza credo di poter registrare riguardo alla validità dell'attuale impianto delle politiche di coesione, al quale è riconosciuto il merito di aver recato benefici significativi ai Paesi membri, uniformando le condizioni di vita dei cittadini europei. Questo vale in particolare per quanto riguarda la necessità di continuare a privilegiare le regioni con maggiore difficoltà (in tal senso si sono espressi, in particolare, i rappresentanti tedeschi e ungheresi), alle quali i rappresentanti del Parlamento tedesco hanno ritenuto che debba essere destinato il 75 per cento delle risorse.
È risultata invece piuttosto controversa la nuova categoria, presente nella proposta della Commissione, delle «regioni in transizione» che alcuni dei parlamentari europei presenti hanno giudicato non necessaria (Erminia Mazzoni, Partito popolare europeo - Italia) o meritevole di approfondimento (Seàn Kelly, Partito popolare europeo - Irlanda) ed in merito alla quale il Governo italiano ha espresso forti perplessità, anche per l'indeterminatezza con la quale è stata sino ad oggi tratteggiata. In senso critico si sono espressi anche i rappresentanti parlamentari tedeschi, che pure hanno rilevato come vadano garantite risorse adeguate a chi, uscito dall'obiettivo Convergenza, deve affrontare il phasing out. Vi è stato inoltre chi ha ritenuto accettabile l'introduzione di tale nuovo ambito, purché non vengano pregiudicati gli interessi chi già riceve aiuti (rappresentanti dell'Assembleia da Repùblica portoghese, Maria Helena André e Pedro Saraiva). L'onorevole Duilio ha contestato la fondatezza di tale nuova categoria, rilevando come essa riguarderebbe nove regioni con 72 milioni di abitanti appartenenti a solo cinque Stati membri, con il rischio, tra l'altro, di ridurre la politica di coesione a una politica redistributiva, privandola della sua originaria natura di strumento di sviluppo dei territori.
Altra questione controversa riguarda la previsione di una riserva del 5 per cento degli stanziamenti da distribuire ai Paesi che realizzino le migliori iniziative in materia di coesione. A riguardo il rappresentante tedesco ha espresso un avviso favorevole, osservando tuttavia come occorra evitare di concentrarsi su progetti tradizionali che garantiscono tassi di successo elevati trascurando quelli di carattere più innovativo. La posizione del governo italiana è contraria e in questo senso si sono espressi altri tra gli intervenuti (rappresentante dell'Assembleia da Repùblica portoghese, Pedro Saraiva), ritenendo che l'erogazione di fondi con criteri di premialità dovrebbe essere riconosciuta a livello nazionale in modo da tenere conto delle specificità dei singoli contesti. Favorevole si è anche dichiarata la parlamentare europea Ramona Nicole Manescu (Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa - Romania).
Un favore piuttosto diffuso sembra avere incontrato la proposta di coordinare le politiche di coesione con la strategia Europa 2020 e questo con riferimento sia alle regioni meno sviluppate che a quelle più forti. In tal senso si sono espressi, in particolare, i parlamentari tedeschi e sloveni, nonché Erminia Mazzoni (Partito

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popolare europeo - Italia). È stato tuttavia raccomandato alla Commissione di non ostacolare la flessibilità nell'impiego dei fondi (rappresentante della National Assembly ungherese, Làszlò Habis), evitando di introdurre un numero eccessivo di criteri e di condizioni mentre occorre puntare a definire regole chiare e comprensibili in un'ottica di semplificazione (rappresentante della National Assembly slovena, Vili Trofenik) L'onorevole Duilio ha a sua volta osservato come la realizzazione degli obiettivi propri della strategia Europa 2020 non possa essere affidata alla politica di coesione. Analogamente è stato rilevato come la strategia Europa 2020 non debba snaturare la politica di coesione (rappresentante dell'Assembleia da Repùblica portoghese, Pedro Saraiva).
A questo riguardo è stato da più parti sottolineato come un'eccessiva centralizzazione del sistema possa condurre alla paralisi dello stesso. Questo vale soprattutto per il tema della condizionalità, ex ante ed ex post, che, nei termini in cui è stato affrontato dalla Commissione, non coincide per numerosi aspetti con la posizione italiana. La condizionalità ex ante può svolgere una funzione utile se, ad esempio, intende orientare le politiche di coesione in direzione della strategia Europa 2020, rispettando tuttavia le specificità dei territori e ponendo buone condizioni istituzionali e una buona collaborazione (rappresentante della National Assembly slovena, Vili Trofenik). Può tuttavia divenire, e la proposta della Commissione è a tale riguardo troppo generica e non se ne comprende la portata, una camicia di Nesso in grado di imbrigliare la politica di coesione in una trama di lacci e laccioli, paralizzando di fatto l'erogazione dei finanziamenti. La condizionalità è già tra l'altro applicata e andrebbe valutato se non mantenere l'impostazione attuale che privilegia i criteri di ripartizione adottati a livello nazionale dopo un negoziato nell'ambito dell'Unione europea. Preoccupazioni di questo tenore sono state espresse dal rappresentante della National Assembly slovena, Vili Trofenik e da Erminia Mazzoni (Partito popolare europeo - Italia).
Criticità quasi generalizzate e assai puntuali sono state inoltre evidenziate in merito alla proposta della Commissione di introdurre una condizionalità ex post che associ alla valutazione delle politiche di coesione quella dei risultati di carattere macroeconomico legati al rispetto degli impegni assunti nell'ambito del Patto di stabilità e crescita. Come è stato da più parti sottolineato, in questo modo si mescolerebbero due logiche diverse, finendo per penalizzare ulteriormente le regioni in difficoltà e che non rispondono tra l'altro in sede europea del rispetto del Patto stesso (rappresentante del Nationalrat austriaco, Konrad Steindl, rappresentante della National Assembly slovena, Vili Trofenik, Georgios Stravakakis, Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo e Fran ois Alfonsi, Gruppo Verde/Alleanza libera europea - Francia). A favore della proposta si è invece espressa la parlamentare europea Ramona Nicole Manescu (Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa - Romania). Lo stesso onorevole Duilio ha rilevato come una simile scelta sia suscettibile di avere effetti negativi sul piano politico ed economico, poiché graverebbe su Paesi già impegnati in manovre onerose, penalizzando ulteriormente la crescita e trasformando la nuova governance economica in una sorta di amministrazione controllata, tutta protesa alla stabilità ma che ignora la questione dello sviluppo.
Ampiamente condiviso è stato inoltre l'obiettivo di garantire un oculato impiego delle risorse attraverso un accurato monitoraggio degli interventi, la stipula di accordi di partenariato (come proposto dalla Commissione) da tradurre in programmi operativi soggetti a verifica annuale, l'interazione tra programmi europei e nazionali, l'accoglimento di un'impostazione più legata ai risultati. In tal senso si sono, in particolare, espressi i rappresentanti del Parlamento tedesco e ungherese. Su questi aspetti la posizione del Governo

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italiano è estremamente chiara: siamo favorevoli a semplificare le procedure amministrative soprattutto quando privilegiano la regolarità formale rispetto al conseguimento degli obiettivi e siamo decisamente favorevoli a rafforzare l'orientamento ai risultati sostenuto dalla previa definizione di target e di indicatori misurabili.
Da più parti la Commissione è stata sollecitata ad attribuire un adeguato rilievo alle strategie di sostegno delle PMI che creano un numero di posti di lavoro superiore rispetto alle grandi imprese. Il tema è stato approfondito dal senatore Garavaglia, vicepresidente della Commissione bilancio del Senato, che ha evidenziato come il principale problema delle PMI sia rappresentato dall'accesso al credito, ulteriormente complicatosi con l'accordo Basilea 3. A riguardo il senatore Garavaglia ha chiesto se sia ipotizzabile l'impiego delle risorse per la coesione al fine di creare fondi di garanzia per l'accesso al credito delle PMI, nonché se sia ipotizzabile l'impiego delle risorse per le politiche di coesione al fine di detassare le nuove assunzioni.
È stato anche evidenziato il rischio di penalizzare le isole, le zone di montagna e le regioni ultraperiferiche (Fran ois Alfonsi, Gruppo Verde/Alleanza libera europea - Francia). Non sono mancati interventi che hanno definito la politica di coesione espressione dei poteri forti e fonte di arricchimento per pochi a scapito dei lavoratori (Charalampos Angourakis, Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica - Grecia).

4. Conclusioni.

Nel complesso la discussione ha evidenziato come con la presentazione delle proposte legislative della Commissione sia entrato nel vivo un negoziato complesso che si preannuncia con ogni probabilità non breve. Le riserve espresse dalla parte italiana sembrano condivise da un numero non trascurabile di Stati membri e, soprattutto, appare generalizzata la convinzione che molti punti delle proposte meritino in ogni caso un adeguato approfondimento e debbano essere integrate da elementi di dettaglio in grado di consentire una precisa valutazione del relativo impatto sull'attuale assetto delle politiche di coesione. In questo quadro, la prosecuzione del dialogo tra Parlamenti nazionali e Parlamento europeo che Danuta Hubner, Presidente della Commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento europeo, si è impegnato a garantire risulterà utile e fecondo.
Su un piano generale, ritengo che la partecipazione del nostro Parlamento a questo genere di assise vada valorizzata e rafforzata anche attraverso un confronto più sistematico e strutturato tra parlamentari nazionali, parlamentari europei eletti in Italia, rappresentanti politici e uffici del Governo. A tal fine ritengo che una funzione preziosa di collegamento possa essere svolta dalla Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea, la cui funzione naturale è quella di fare da tessuto connettivo e da collettore delle diverse istanze e dei diversi interessi, pubblici, collettivi e privati, coinvolti nelle politiche europee. In altri termini, per contare di più come Paese e, per quanto riguarda il Parlamento, per esprimere posizioni qualificate e puntuali, abbiamo la necessità di fare sistema a livello nazionale.

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ALLEGATO 2

Comunicazioni del Presidente sulla missione a Varsavia del 19 settembre 2011 per la Conferenza dei Presidenti delle Commissioni bilancio e finanze dei Parlamenti dell'Unione europea e sulla missione a Bruxelles del 6 ottobre 2011 per la riunione interparlamentare sul tema «Il futuro della politica di coesione alla luce delle nuove proposte legislative».

RELAZIONE DELL'ONOREVOLE REMIGIO CERONI SULLA MISSIONE A VARSAVIA DEL 19 SETTEMBRE 2011 PER LA CONFERENZA DEI PRESIDENTI DELLE COMMISSIONI BILANCIO E FINANZE DEI PARLAMENTI DELL'UNIONE EUROPEA

1. Premessa.

Il 19 settembre 2011, ho preso parte, in rappresentanza della Commissione della Camera, alla Conferenza dei Presidenti delle Commissioni bilancio e finanze dei Parlamenti dell'Unione europea, svoltasi a Varsavia.
Alla riunione, che si è tenuta nel quadro delle iniziative assunte dalla Polonia nell'ambito del semestre di presidenza dell'Unione europea, hanno preso parte parlamentari di ventitre Stati membri, in rappresentanza di ventisette assemblee parlamentari, rappresentanti dei parlamenti di tre Paesi candidati all'ingresso nell'Unione europea (Croazia, Montenegro e Turchia), nonché rappresentanze del Parlamento europeo e della Banca Mondiale.
La Conferenza, che si è svolta in una fase estremamente delicata per l'economia e la finanza degli Stati membri dell'Unione europea e, in particolare, per quelle dei Paesi dell'area dell'euro si è articolata in tre sessioni. Le prime due sessioni, che hanno affrontato, rispettivamente, il tema delle prospettive della governance economica europea e l'analisi delle possibili fonti per promuovere e sostenere la crescita economica nell'Unione europea, hanno esaminato questioni da tempo al centro del dibattito nell'ambito della Commissione bilancio, che ha avuto modo di esprimere il proprio orientamento in numerosi atti di indirizzo e documenti conclusivi approvati, spesso congiuntamente alla XIV Commissione, al termine dell'esame di atti normativi dell'Unione europea. La terza sessione, che ha avuto ad oggetto i temi relativi ai controlli sulle istituzioni finanziarie e agli insegnamenti che possono trarsi dalle recenti crisi, è invece riconducibile alla competenza della Commissione finanze.

2. Sfide e prospettive della governance economica europea.

Nell'ambito della prima sessione della Conferenza, la relazione introduttiva è stata svolta dal Ministro delle finanze della Repubblica polacca Jan Vincent - Rostowski, che ha tracciato un quadro estremamente efficace e circostanziato delle decisioni assunte a livello dell'Unione europea per adeguare la governance economica alle sfide poste dalla crisi mondiale manifestatasi nel 2008, che si è progressivamente tramutata in una crisi delle finanze pubbliche di alcuni Stati membri dell'Unione. Nel complesso, il Ministro delle finanze polacco ha espresso un giudizio positivo sulle decisioni assunte a livello europeo, che hanno in primo luogo condotto, sul versante del controllo delle

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istituzioni finanziarie, alla costituzione del Comitato europeo per il rischio sistemico e alla creazione di tre nuove autorità, che compongono il Sistema europeo delle autorità di vigilanza finanziaria. Nel segnalare come le innovazioni introdotte abbiano prodotto benefici effetti per il sistema bancario europeo, testimoniato dai buoni risultati degli stress test recentemente condotti sulle banche, che hanno confermato la solidità delle istituzioni bancarie europee. Per altro verso, il relatore ha espresso un giudizio ampiamente favorevole anche sul pacchetto di sei proposte di atti normativi dell'Unione europea (il cosiddetto six pack), rispetto al quale proprio la presidenza polacca ha in questi giorni condotto un'opera di mediazione che dovrebbe consentire la sua adozione definitiva entro termini temporali molto ristretti. Nel sottolineare l'importanza e l'utilità di regole certe volte a limitare l'andamento delle spese e a contenere l'indebitamento, il Ministro Rostowski ha richiamato le disposizioni vigenti in materia nell'ordinamento polacco. Parimenti positivo è il giudizio espresso sul semestre europeo, attuato già nel 2011, che ha inteso consentire una valutazione preventiva dell'andamento delle finanze pubbliche degli Stati membri e delle necessarie manovre correttive da parte delle Istituzioni europee e degli altri Paesi dell'Unione. In particolare, esprime apprezzamento per la scelta, ritenuta senza precedenti, di porre l'accento sulle riforme strutturali, dal momento che il mero raggiungimento dei risultati richiesti in termini di debito e di indebitamento non garantisce di per sé l'equilibrio economico e finanziario di un Paese. È inoltre valutata con favore la maggiore attenzione rivolta ai temi connessi alla crescita dell'economia, anche in relazione al rilievo che l'andamento dell'economia assume ai fini del miglioramento dei rapporti tra debito, indebitamento e prodotto interno lordo. Si tratta, tuttavia, di riforme che sono suscettibili di determinare effetti positivi solo nel medio e lungo termine; per quanto riguarda l'attuale congiuntura, il relatore ha sottolineato l'esigenza di un rapido recepimento a livello nazionale degli accordi conclusi il 21 luglio scorso, volti a potenziare i dispositivi di salvaguardia finanziaria attivabili nelle fasi di crisi, con la creazione - a partire dal 2013 - di un meccanismo europeo di stabilità. Su un piano più generale, il Ministro polacco ha posto l'accento sulla necessità di garantire un adeguato livello di solidarietà tra gli Stati, richiamando anche gli studi che testimoniano come un eventuale abbandono dell'euro creerebbe conseguenze finanziarie particolarmente pesanti anche per gli Stati che attualmente godono di maggiore stabilità. Si tratta, ovviamente, di una solidarietà che dovrà essere compensata da atteggiamenti responsabili da parte degli Stati attualmente in difficoltà. Nell'evidenziare come la stabilità dell'euro sia un problema di carattere globale, come dimostrato dalla presenza all'ultima riunione Ecofin del Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Timothy Geithner, ha richiamato le iniziative assunte di recente dalle banche centrali al fine di garantirsi un sostegno vicendevole, sottolineando l'esigenza di una maggiore fiducia tra gli Stati che compongono l'Unione europea. In questo contesto, il Ministro Rostowski ha espresso apprezzamento per l'operato della Banca centrale europea, sottolineando come la scelta di acquistare titoli del debito pubblico di Italia e Spagna non solo sia pienamente giustificata dal contesto economico e corretta dal punto di vista legale, ma anche abbia consentito di salvare l'euro e l'economia mondiale da una crisi di enorme portata. Nell'auspicare una maggiore integrazione tra i Paesi della zona dell'euro e gli altri Stati membri, in particolare la Polonia e il Regno unito, ha ribadito che nei periodi di crisi la politica economica e monetaria non può assumere come unico obiettivo la stabilità dei prezzi, in quanto si richiedono interventi straordinari e tempestivi.
Il dibattito sulla relazione ha testimoniato come nel complesso nei parlamenti nazionali sia viva la consapevolezza della delicatezza dell'attuale congiuntura. In questo senso, significativo è stato l'intervento del presidente della Commissione

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finanze del Nationalrat austriaco, che ha sottolineato i rischi che deriverebbero anche per un Paese economicamente stabile come l'Austria dal venir meno della moneta comune, invitando altresì a prestare particolare attenzione alle strategie di comunicazione su questi temi, al fine di evitare il prodursi di turbolenze immotivate nei mercati. Nel complesso, oltre ad un apprezzamento per le riforme in via di adozione in materia di governance europea, è emerso un sostanziale consenso sulla necessità di garantire maggiore solidarietà tra gli Stati a fronte di una precisa assunzione di responsabilità da parte degli Stati che presentano maggiori squilibri. In questo contesto, alcuni parlamentari hanno sottolineato l'opportunità di individuare meccanismi di coordinamento più avanzati in materia di politiche economiche degli Stati membri, che - secondo il presidente della Commissione finanze del Senato Baldassarri - dovrebbero spingersi fino alla costituzione di veri e propri Stati uniti d'Europa. Parzialmente dissonante è parsa l'opinione del presidente della Commissione finanze del parlamento finlandese, che - pur condividendo il pacchetto di proposte di riforma della governance economica - ha sottolineato come l'attuale crisi sia dovuta essenzialmente al fatto che le regole vigenti non sono state rispettate.

3. Fonti di crescita nell'Unione europea.

La seconda sessione ha affrontato il tema della crescita economica ed è stata introdotta dalle relazioni di due esperti, il professor Witold Orlowski, componente del Consiglio economico del primo ministro, un organismo consuntivo incaricato di fornire pareri obiettivi e indipendenti sulle attività del Governo in materia economica, e Dariusz Rosati, professore di economia presso la Warsaw School of Economics.
Il professor Orlowski ha svolto preliminarmente un'analisi retrospettiva sull'andamento dei tassi di crescita in Europa, evidenziando come, a partire dalla fine degli anni '70 del secolo scorso, la crescita economica nel nostro continente abbia subito un rallentamento, non proseguendo nella tendenza alla riduzione delle disparità rispetto agli Stati uniti d'America. Nel sottolineare come i tassi di crescita registrati nell'Unione europea negli ultimi 20-25 siano complessivamente insoddisfacenti, ha inoltre rilevato come il baricentro economico si sia in questi ultimi anni spostato dal Nord Atlantico all'area del Sud Pacifico, dove si registra una crescita assai rapida, e come il peso relativo dell'Europa rispetto ai Paesi emergenti (i cosiddetti BRICS) sia destinato a diminuire sensibilmente in un lasso di tempo relativamente breve. Tale situazione, che nel 2050 vedrà una ampia superiorità dei BRICS rispetto agli Stati Uniti, al Giappone e ai Paesi dell'Unione europea, non indica tuttavia un declino dell'Europa, ma una crescita più veloce di Cina e India. Quanto all'attuale situazione di crisi, il professor Orlowski ne individua le cause nella crescita del mercato finanziario, la cui misura si è progressivamente accresciuta fino a perdere contatto con l'andamento dell'economia reale, che è progredita seguendo un andamento relativamente più lento. Nel segnalare come tale sbilanciamento sussista ancora, il professore ha pronosticato che anche i prossimi anni saranno caratterizzati da una bassa crescita, osservando che al momento non sussiste alcuna strategia di uscita dalla crisi, che ha un carattere fortemente strutturale, anche perché difficilmente la ripresa potrà essere trainata come in passato dall'economia statunitense, a sua volta coinvolta in una crisi di difficile soluzione. A questo proposito, il relatore ha stigmatizzato la mancanza di decisione dei governi e del sistema imprenditoriale degli Stati membri, sottolineando come la recente esperienza debba essere messa a frutto e condurre l'Unione sulla strada di una più profonda integrazione, che superi anche i limiti del semplice governo dell'economia. In questo contesto, il professor Orlowski ha segnalato l'esigenza di riforme strutturali nel campo del controllo della finanza, nonché l'individuazione di un nuovo modello di sviluppo che superi quello seguito negli ultimi anni e valorizzi

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adeguatamente i fattori di competitività rappresentati dal capitale umano, dalla conoscenza e da infrastrutture moderne. Si rende, a suo avviso, necessaria, a tal fine, una politica economica unitaria a livello europeo, che affronti questioni a lungo tempo rinviate, quali la ricostruzione su nuove basi dello Stato sociale.
Anche l'analisi del professor Rosati ha preso le mosse dal rallentamento della crescita economica registrato negli ultimi decenni, sottolineando come la principale ragione di tale perdita di competitività sia individuabile nel modello economico tradizionale europeo, caratterizzato dalla forte presenza del settore pubblico, da un'elevata tassazione e da servizi universali per tutti i cittadini, a prescindere dal reddito. Tale modello, a suo avviso, si è dimostrato inadeguato a far fronte alle sfide poste, sul versante internazionale, dalla globalizzazione e dalla rapida evoluzione tecnologica e, su quello interno, dall'invecchiamento della popolazione e si rendono, pertanto, necessarie riforme strutturali che consentano di rafforzare la crescita potenziale e la competitività. In questa ottica, gli elementi strategici per sostenere la crescita sono considerati:

una più rapida crescita della produttività, attraverso una maggiore qualificazione dei lavoratori, investimenti in ricerca e sviluppo e innovazioni nei processi produttivi;

un incremento della partecipazione al mercato del lavoro, anche in considerazione della maggiore longevità, delle migliori condizioni sanitarie e dell'accresciuto equilibrio tra i generi;

lo sviluppo dello spirito imprenditoriale, attraverso una migliore regolazione, una maggiore flessibilità dei mercati e minori oneri burocratici, specialmente per le piccole e medie imprese.

A questo riguardo, il professor Rosati ha osservato come si tratti di direttrici di intervento già note, individuate sin dal momento dell'adozione della strategia di Lisbona. Tale strategia ha invece rappresentato un sostanziale fallimento e, allo stato, non sembra che ci si possa attendere molto di più dalla strategia Europa 2020, dal momento che essa mostra gli stessi punti deboli della precedente strategia per la crescita: affidamento degli interventi prevalentemente a politiche di competenza nazionale, debole supporto politico e sociale alla strategia e mancanza di volontà politica rispetto a misure che spesso comportano scelte dolorose, specialmente nel breve periodo. Il professor Rosati ha quindi indicato la necessità di una diversa strategia per la crescita, che - anche senza la pretesa di sistematicità delle strategie di Lisbona ed Europa 2020 - si ponga obiettivi ambiziosi, ma realistici, specialmente in un contesto di risorse scarse. In questo quadro, le misure da adottare sarebbero, in particolare:

il completamento del mercato interno, con una piena liberalizzazione del settore dei servizi, la costruzione di reti di imprese, la realizzazione di un mercato unico nell'economia digitale, il completamento della rete infrastrutturale TEN, la rimozione di barriere e limiti all'attività economica e la realizzazione di riforme fiscali;

il rafforzamento della stabilità macroeconomica, attraverso l'adozione definitiva del pacchetto di riforma della governance, l'implementazione del meccanismo di gestione delle crisi e la revisione dei criteri di convergenza per l'ingresso nell'area dell'euro;

la realizzazione di riforme strutturali, in particolare nel campo della previdenza, del mercato del lavoro, dell'istruzione e della formazione dei lavoratori, nonché attraverso lo snellimento della regolazione e la riallocazione in termini più efficienti della spesa pubblica;

il completamento della riforma del settore finanziario.

Quanto alle risposte di breve periodo, a giudizio del relatore, le scelte adottate

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dall'Unione europea e dai suoi Stati sono state troppo deboli e tardive e hanno portato ad una crisi di fiducia che ha portato ad un attacco a Stati pienamente solvibili come la Spagna e l'Italia. A questo punto, ritiene che sia quindi necessario trovare una soluzione per la situazione della Grecia, che presenta parametri economici e finanziari difficilmente sostenibili, per poi consentire alla Banca centrale europea di garantire la solvibilità degli altri Stati, eventualmente condizionando l'aiuto all'adozione di specifici programmi di riforma. Il professor Rosati ha, invece, espresso dubbi sull'efficacia di eventuali misure di stimolo fiscale, osservando che esse difficilmente producono risultati positivi in presenza di tassi di cambio variabili.
Il dibattito ha evidenziato un sostanziale consenso rispetto alle analisi e alle valutazioni dei relatori, con interventi che hanno posto l'accento su uno o più degli aspetti trattati nelle relazioni introduttive. Il rappresentante della Commissione finanze del Bundesrat tedesco Walter-Borjans ha, ad esempio, convenuto sull'approccio eccessivamente passivo dell'Unione europea rispetto alla crisi, sottolineando la sproporzione tra l'economia reale e quella finanziaria e dichiarandosi quindi favorevole alla tassazione delle transazioni finanziarie. Il rappresentante della Commissione finanze del parlamento svedese Pettersson ha, invece, sottolineato l'esigenza di un approccio più favorevole alla concorrenza, proponendo in questa ottica più investimenti in ricerca e sviluppo e meno nei settori più tradizionali. Mentre il presidente Baldassarri ha ribadito l'esigenza di un salto nella direzione di una maggiore integrazione delle politiche economiche, anche al fine di supportare un più incisiva agenda per la crescita, il vicepresidente della Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo ha evidenziato il ruolo delle imprese nel campo della competitività, segnalando come esse non debbano essere penalizzate da normative, anche ambientali, troppo onerose rispetto a quelle internazionali e beneficiare, nel quadro della nuova programmazione del bilancio dell'Unione europea, di risorse finalizzate al sostegno della crescita. In questo contesto, ha espresso la propria contrarietà all'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie e il proprio favore rispetto all'emissione di project bond finalizzati al finanziamento di infrastrutture strategiche.

4. Conclusioni.

Nel loro complesso, le due sessioni della Conferenza di interesse della Commissione si sono dimostrate particolarmente interessanti, anche in considerazione dell'estrema attualità dei temi affrontati, da tempo oggetto di analisi e di approfondimento nell'ambito della Commissione, e della validità delle relazioni, che hanno offerto una lettura problematica e non meramente ricognitiva della difficile situazione economica e finanziaria. Il dibattito svoltosi ha mostrato come i parlamenti nazionali stiano seguendo le evoluzioni, a volte drammatiche, della crisi con grande consapevolezza e maturità e siano tendenzialmente aperti - pur con diverse accentuazioni - all'analisi di proposte volte ad innovare ulteriormente la disciplina delle decisioni in materia economica e finanziaria a livello europeo.
Per quanto riguarda più specificamente i temi dell'incontro, la sessione relativa alla governance ha confermato molte delle analisi svolte in passato nell'ambito della Commissione, che - sin dall'inizio del processo di riforma - ha avuto modo di rilevare come esso presenti talune lacune e, in alcuni casi, proponga soluzioni non sufficientemente ambiziose. Si tratta, del resto, di un limite che ha caratterizzato anche gli interventi europei nella fase acuta della crisi finanziaria, che spesso sono arrivati troppo tardi e in misura non sufficiente a far fronte alle reali esigenze dei Paesi in difficoltà. In questo contesto, si moltiplicano quindi le voci che sollecitano un cambio di passo, volto a garantire una piena e concreta solidarietà tra gli Stati membri attraverso l'intervento di istituzioni in grado di assumere al livello

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dell'Unione europea decisioni tempestive ed efficaci. Questo avanzamento nella direzione di una maggiore integrazione delle politiche economiche, che comporterebbe necessariamente la devoluzione a livello europeo di una quota di potere decisionale nazionale in materia economica e finanziaria, rappresenta senza dubbio un tema meritevole di opportuno approfondimento, in ragione delle sue rilevantissime implicazioni sistematiche.
Sotto il profilo della crescita, la Conferenza ha confermato una certa disillusione rispetto alle potenzialità della strategia Europa 2020, che pure cerca di superare i limiti della strategia di Lisbona. Per quanto attiene alle misure a sostegno della crescita, l'attenzione si concentra, ovviamente, su quelle che possano essere realizzate a «costo zero», dal momento che interventi di sostegno alla domanda o altre agevolazioni necessariamente comporterebbero nuovi oneri e, quindi, rischierebbero di rallentare il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica. In questo senso, si pone quindi - giustamente - l'accento sui temi della concorrenza e della liberalizzazione dei mercati, in linea con quanto previsto dall'atto per il mercato unico, sul miglior funzionamento del mercato del lavoro, sulla riduzione degli oneri amministrativi e sulla maggiore efficienza della pubblica amministrazione. Sono tutti temi su cui in Italia si è lavorato negli ultimi mesi e su cui si tornerà a intervenire presto, con un nuovo provvedimento del Governo che recherà ulteriori misure a sostegno della crescita. Come evidenziato anche nella relazione del professor Rosati, si rende necessaria anche una risposta di breve periodo, per sostenere la crescita anche nell'attuale fase, che nel nostro Paese ha portato all'adozione di manovre correttive di importo significativo. In questo quadro, ferma l'esigenza preliminare di una stabilizzazione dei mercati finanziari, sarebbe utile che alla linea del rigore di bilancio fin qui perseguita fosse associato un ruolo più attivo dell'Unione europea e del suo bilancio nella promozione della crescita degli Stati membri. Potrebbero inoltre valutarsi interventi volti a incentivare l'integrale utilizzo dei fondi strutturali, riducendo in questa fase la percentuale di cofinanziamento nazionale, avviando altresì una riflessione sul ruolo che la Banca centrale europea può svolgere per contrastare gli effetti della crisi. In questa ottica, potrebbe in particolare verificarsi se sia possibile una revisione - almeno parziale - della politica monetaria seguita dalla Banca centrale, con la fissazione di tassi di interesse inferiori rispetto agli attuali.