CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 8 settembre 2011
528.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

DL 138/11: Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. C. 4612 Governo, approvato dal Senato.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL PD

La II Commissione,
riunita in sede consultiva per l'espressione del parere sull'A.C. 4612, «Conversione in legge del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria»,
premesso che,
il decreto-legge in conversione rappresenta l'ultimo provvedimento del Governo in materia di stabilizzazione finanziaria, reso necessario dalle forti turbolenze sui mercati finanziari internazionali e dalla perdurante e strutturale debolezza del Paese, che il Governo non ha saputo affrontare nonostante i richiami e le sollecitazioni più volte avanzate dalla Commissione europea e dai Consigli europei dei Ministri;
anche con l'attuale manovra, le scelte adottate dal Governo, nel complesso, pur considerando necessario il raggiungimento degli obiettivi del pareggio di bilancio - confermato negli atti predisposti in sede comunitaria e nella lettera riservata della BCE al Governo, più volte citata e di cui il Parlamento non ha potuto prendere visione - sono ampiamente inadeguate, non rispondono alle reali esigenze del Paese e alle specifiche indicazioni e raccomandazioni espresse dall'UE in tema di stabilità e sviluppo, prefigurano un andamento recessivo per la nostra economia e soprattutto sono del tutto inique sul piano sociale;
la manovra correttiva in esame, di importo pari a 3,1 milioni di euro per l'anno 2011, a 18.335,4 milioni di euro per l'anno 2012, a 25.460 milioni di euro per il 2013 e a 7.433 milioni di euro per l'anno 2014, integra e corregge le disposizioni del decreto legge n. 98 del 6 luglio 2011, a sua volta di importo pari a 2.108,3 milioni di euro per l'anno 2011, di 5.577,5 milioni di euro per l'anno 2012, di 24.405,7 milioni di euro per l'anno 2013 e di 47.972,6 milioni di euro per l'anno 2014;
nel complesso, l'impatto delle due manovre correttive è pari a 2.139,8 milioni di euro per l'anno 2011, a 23.932,9 milioni di euro per l'anno 2012, a 49.865,7 milioni di euro per l'anno 2013 e a 55.405,6 milioni di euro per l'anno 2014;
per una corretta valutazione economica e politica, dunque, il decreto del Governo va collocato nella scia delle manovre precedenti, in particolare della manovra di metà luglio scorso e della manovra dell'autunno 2010, e solo in questa maniera è possibile cogliere la portata insostenibile degli interventi prospettati;
la manovra correttiva di luglio e quella in esame si basano, contrariamente a quanto più volte annunciato dal Governo, su nuove entrate, la maggior parte delle quali rivenienti dalla iniqua misura del fissato bollato sui depositi, che colpisce pesantemente il piccolo risparmio, dal contributo di solidarietà, dalla Robin Hood Tax e dal nuovo incremento delle accise su benzina e giochi, e dalla delega sulla riforma del fisco e dell'assistenza, ovvero con tagli di corrispondente importo sulle detrazioni, deduzioni e sulle misure di protezione sociale, che si aggiunge ai tagli

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già pesantissimi a Comuni e Regioni, e per la sanità;
perdura in questa manovra l'assenza di una visione e strategia per la crescita, con pregiudizio della credibilità dell'insieme delle azioni preventivate, proprio a causa di questo evidente limite e debolezza dell'impianto, basato fondamentalmente su maggiori entrate, tagli e nessuna riforma strutturale;
considerato che:
i tagli prospettati nella manovra, che si aggiungono a quelli operati con il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, colpiranno indiscriminatamente tutti i Ministeri. Particolarmente gravi appaiono quelli relativi al Ministero della Giustizia, perché operanti su una spesa complessiva già fortemente ridotta dalla manovra economica del dicembre 2010. Le riduzioni sono significative, e suscettibili di determinare un ulteriore forte decremento dello standard qualitativo dell'amministrazione della giustizia, rischiando di provocarne addirittura la paralisi;
il buon funzionamento del sistema giudiziario, oltre ad essere la risposta primaria alla domanda di giustizia dei cittadini, costituisce indispensabile condizione di promozione e garanzia del funzionamento del sistema economico e sociale nel suo complesso. La scarsa efficienza della giustizia civile impedisce lo sviluppo dei mercati finanziari, distorce il mercato del credito e dei prodotti, inibisce la nascita di imprese o ne compromette la crescita, rende poco attrattivi gli investimenti esteri. Più in generale l'inefficienza della giustizia civile, indebolendo la minaccia dell'applicazione di sanzioni tempestive, costituisce un incentivo a porre in essere comportamenti opportunistici da parte dei debitori, e finisce per influenzare la qualità del credito in termini di rigidità nei prodotti bancari, aumento dei costi di intermediazione, minore redditività degli intermediari finanziari, richiesta di maggiori garanzie ai debitori;
le forti riduzioni di spesa previste al Ministero della giustizia, unitamente all'aggravio dei costi (aumento del contributo unificato, sanzioni pecuniarie a carico della parte che non partecipa al tentativo di conciliazione obbligatoria), ostacoleranno in misura significativa la piena attuazione delle politiche per la sicurezza e il contrasto alla criminalità, impedendo il celere ed effettivo accertamento dei reati e l'identificazione dei colpevoli, nonché la prevenzione dei delitti, in palese contraddizione con quanto asserito dagli esponenti del Governo e della stessa maggioranza non solo in sede parlamentare o in contesti istituzionali, ma anche nell'ambito di dichiarazioni rese alla stampa;
rilevato che:
il decreto-legge in esame, nonostante esso rappresentasse una utile occasione, così come appare altresì dai richiami della Banca d'Italia sulla necessità di una giustizia efficiente, non prevede misure specifiche per l'amministrazione della giustizia. Manca una proposta, seppure parziale, che faccia intravedere ai cittadini così come al personale del comparto giustizia che il Governo ha un concreto indirizzo politico per il miglioramento della sicurezza pubblica e per la risoluzione delle gravi inefficienze che ancora caratterizzano l'amministrazione della giustizia nel nostro Paese;
a compensazione dei drastici tagli subiti dal comparto giustizia negli ultimi tre anni si sarebbe dovuto procedere, come promesso dal Governo in più sedi, all'incremento e alla finalizzazione delle risorse che confluiscono nel Fondo Unico Giustizia (FUG) per assicurare il funzionamento e il potenziamento degli uffici giudiziari. Al contrario, non solo mancano tali previsioni, ma le «fantomatiche» risorse del FUG non sono ancora a disposizione;
non sono presenti interventi volti a colmare le carenze strutturali e di risorse umane del settore, anche considerando che gli organici del personale giustizia sono stati drammaticamente ridotti nel corso dell'ultimo periodo. A compensare tale grave condizione non è sufficiente l'esclusione

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del personale amministrativo operante presso gli uffici giudiziari, del Corpo di polizia penitenziaria e dei magistrati, dalla previsione contenuta all'articolo 1, commi 3 e 4, di una ulteriore riduzione degli uffici dirigenziali di livello non generale e delle relative dotazioni organiche, nonché di riduzione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale. Sarebbe necessario invece prevedere tra l'altro un piano straordinario di copertura degli organici del personale dei ruoli delle cancellerie e segreterie giudiziarie, anche attivando un sistema di mobilità;
il maxiemendamento, sostituendo l'articolo 1 del disegno di legge di conversione ha inserito nella legge di una delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, con il proposito di modificare la geografia giudiziaria. Sicuramente è da rilevare una genesi improvvisata delle disposizioni in questione, che non ha consentito un adeguato dibattito parlamentare in merito ai criteri della delega, in particolare è criticabile la scelta di ancorare il permanere delle sedi giudiziarie alle attuali realtà provinciali, prescindendo dalle caratteristiche dei tribunali presenti (soprattutto in realtà di recente istituzione) e di garantire comunque la presenza di tre sedi in ogni distretto, compresi i distretti piccolissimi, nonché la scelta di delegare al Governo la possibilità di abbandonare la corrispondenza fra procure della Repubblica e tribunali, con la creazione di inediti uffici di procura che servirebbero più uffici giudicanti: una soluzione, quest'ultima, che è assolutamente poco sensata una volta che si riduca il numero dei tribunali, poco chiara nelle sue giustificazioni, priva di criteri direttivi e tale da attribuire al Governo una discrezionalità inaccettabile in materia di ordinamento giudiziari. In merito alla necessaria revisione delle circoscrizioni giudiziarie, il Gruppo del PD ha presentato numerose proposte di legge, delle quali ha più volte chiesto la calendarizzazione e avrebbero dovuto essere discusse nelle commissione di merito (PDL legge A.C. 1234 « Delega al Governo per l'istituzione dell'ufficio per il processo, l'organizzazione e le funzioni del personale dell'Amministrazione giudiziaria, il riordino delle circoscrizioni degli uffici giudiziari, l'informatizzazione dei procedimenti, la notificazione e l'esecuzione degli atti e la registrazione telematica dei provvedimenti giudiziari, nonché disposizioni in materia di depositi giudiziari, per promuovere l'efficienza dei servizi della giustizia» e l'A. C. 4497, Delega al Governo in materia di riordino delle circoscrizioni degli uffici giudiziari, della quale riportiamo di seguito, al fine di sottolineare la sostanziale differenza di impostazione, l'articolato:

«Art. 1.
(Delega al Governo in materia di riordino degli ambiti territoriali degli uffici giudiziari).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l'osservanza dei princìpi e criteri direttivi di cui al comma 2, uno o più decreti legislativi in materia di riordino degli ambiti territoriali degli uffici giudiziari.
2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) riordinare e razionalizzare le circoscrizioni territoriali dei tribunali mediante:
1) l'ampliamento della competenza territoriale e la riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie con trasferimento di porzioni di territorio dai tribunali di più grandi dimensioni a quelli più piccoli, sul modello seguito per la costituzione dei tribunali metropolitani;
2) l'accorpamento delle sedi più piccole, tra loro o all'ufficio territorialmente contiguo, dei tribunali non aventi sede presso il capoluogo di provincia, tenuto conto del bacino di utenza, del carico di lavoro e della presenza sul territorio di particolari fenomeni di criminalità organizzata, nonché della distanza chilometrica tra le sedi interessate, da

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valutare in base alle infrastrutture esistenti e al complessivo sistema di trasporto e di mobilità pubblico e privato;
3) l'accorpamento delle sezioni distaccate di tribunale tra loro o alla sede centrale, mediante la ridefinizione del numero e della distribuzione sul territorio e lo scorporo di territori, tenuto conto del carico di lavoro e della distanza chilometrica tra le sedi interessate, da valutare in base alle infrastrutture esistenti e al complessivo sistema di trasporto e di mobilità pubblico e privato;
b) tenere conto, ai fini indicati dalla lettera a), anche dei dati relativi alle sopravvenienze pro capite civili e penali totali e per magistrato in pianta organica rispetto al dato medio nazionale e del rapporto con la popolazione residente secondo l'ultimo censimento;
c) finalizzare gli interventi di cui alle lettere a) e b) alla realizzazione di un'equa distribuzione del carico di lavoro e di una adeguata funzionalità degli uffici giudiziari, anche avuto riguardo ad esigenze di tendenziale specializzazione delle funzioni giurisdizionali civili e penali;
d) prevedere, nel caso di accorpamento di uffici giudiziari diversi, la possibilità che l'ufficio accorpato possa essere trasformato in sezione distaccata dell'ufficio accorpante, tenuto conto di quanto previsto alla lettera b) e rispettate le finalità di cui alla lettera c);
e) prevedere nei tribunali e negli uffici del giudice di pace limitrofi, ove necessario per realizzare le finalità di cui alla lettera c), la creazione di un organico unico del personale di magistratura, dei giudici onorari di pace e amministrativo;
f) prevedere la razionalizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici del giudice di pace con un carico di lavoro inferiore alla capacità di smaltimento di un solo giudice, mediante lo scorporo di territori e la realizzazione di un efficace raccordo con l'assetto fissato per i tribunali, nonché la ridefinizione del numero e della distribuzione sul territorio, tenuto conto del carico di lavoro e della distanza chilometrica tra le sedi interessate, da valutare in base alle infrastrutture esistenti e al complessivo sistema di trasporto e di mobilità pubblico e privato; prevedere, in decorso a quanto disposto dal comma 3 dell'articolo 2 della legge 21 novembre 1991, n. 374, che due o più uffici contigui del giudice di pace possono essere costituiti in un unico ufficio con il limite che la popolazione complessiva risultante dall'accorpamento non superi i 75.000 abitanti;
g) abolire la competenza relativa ai commissari per la liquidazione degli usi civici, trasferendola definitivamente al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti entro sessanta giorni dalla trasmissione. Decorso tale termine per l'espressione dei pareri, i decreti possono essere comunque adottati. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le proprie osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Decorsi trenta giorni dalla data della nuova trasmissione, i decreti possono comunque essere adottati in via definitiva dal Governo»;
sarebbe necessario, altresì, prevedere un Piano straordinario di programmazione del lavoro giudiziario per la gestione del contenzioso civile: il perseguimento di tale finalità presuppone necessariamente, in primo luogo, l'adozione di un nuovo metodo di organizzazione del lavoro del personale dell'Amministrazione giudiziaria, tale da introdurre modelli orientati all'efficienza del servizio e da valorizzare la professionalità degli operatori, favorendo il ricorso a strumenti che consentano una migliore programmazione e una più razionale gestione dell'attività

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degli uffici giudiziari, finalità che sarebbero facilmente perseguibili dando attuazione dell'Ufficio del giudice civile, mediante la creazione di una nuova figura, l'Assistente di studio, con borsa di studio e contratto di formazione professionale annuale e rinnovabile, selezionato tra giovani laureati meritevoli, con il compito di coadiuvare il giudice civile secondo analoghe fortunate esperienze estere; tale soluzione rappresenterebbe una fondamentale occasione formativa, una vera e propria palestra per futuri giovani operatori del diritto, magistrati, avvocati, e, al contempo, una soluzione efficace non più emergenziale, della gestione dell'arretrato civile e della sua eliminazione progressiva e della gestione dell'ordinario flusso di contenzioso;
dovrebbe essere inoltre configurata una road map, che partendo dall'estensione a tutta Italia del decreto ingiuntivo telematico e dalla diffusione delle notifiche telematiche in tutti gli uffici, arrivi nel giro di tre - quattro anni all'obbligatorietà del passaggio al processo telematico;
il Governo, infine, non propone una politica vera ed efficace contro l'evasione fiscale, che costa all'Italia ogni anno circa 300 miliardi di euro di imponibile sottratte all'erario: di queste, l'evasione di imposte dirette è 115 miliardi di euro, l'economia sommersa sottrae 105 miliardi, la criminalità organizzata 40 miliardi e 25 miliardi chi ha il secondo e terzo lavoro. A questo si aggiunge il costo della corruzione: altri 70 miliardi (dati della Corte dei Conti). Sommando tutte le voci si giunge ad oltre 350 miliardi di euro, sottratti ogni anno dalle casse dello Stato, che attinge quasi unicamente dai dipendenti a reddito fisso e dai pensionati (gli unici rimasti a pagare veramente le tasse in Italia): le norme penali contro i grandi evasori introdotte dalla manovra sono ambigue, inefficaci e prive di qualsiasi forza deterrente;
sarebbero al riguardo necessarie misure quali la tracciabilità, a fini anti-riciclaggio, dei pagamenti superiori a 1.000 euro, mentre sono del tutto assenti, nonostante la loro drammatica attualità, norme contro il falso in bilancio e l'autoriciclaggio, la frode fiscale e la corruzione;
non sono infine presenti una serie di misure che sarebbero utili al recupero di risorse pubbliche e alla riduzione dei costi e allo stesso tempo finalizzate alla trasparenza dell'attività amministrativa e giudiziaria, nonché alla tutela della concorrenza, quali:
il divieto di accordo bonario e il divieto di arbitrato per i contratti relativi a concessioni ed appalti pubblici di opere servizi e forniture;
l'esclusione dei grandi eventi e degli eventi prevedibili dall'applicazione delle ordinanze di protezione civile, nonché il ripristino del controllo della Corte dei Conti sulle medesime ordinanze;
il divieto di assumere incarichi di arbitrato ed altri incarichi extra-istituzionali per i magistrati ordinari (già peraltro esclusi per legge dagli arbitrati), amministrativi, contabili e militari, nonché avvocati e procuratori dello Stato;
il divieto per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari di cumulo di rilevanti compensi qualora assumano incarichi extra-istituzionali.
il divieto per i dirigenti pubblici di ricoprire altri incarichi di natura gestionale o funzione di revisione, di controllo e consulenza se non in rappresentanza dell'amministrazione di appartenenza, con limiti per l'incremento della retribuzione;
la soppressione delle norme introdotte nel decreto-legge 98 del 2011 sull'innalzamento delle soglie relative alle procedure di evidenza pubblica in materia di appalti;
per tutti questi motivi,
esprime

PARERE CONTRARIO.

Ferranti.

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ALLEGATO 2

DL 138/11: Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. C. 4612 Governo, approvato dal Senato.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DELL'IDV

La commissione Giustizia,
esaminato il testo dell'AC 4612, conversione in legge del decreto-legge n. 138 del 2011,
premesso che:
la manovra correttiva al nostro esame non affronta in maniera strutturale le cause che sottostanno alla crisi della finanzia pubblica nel nostro Paese, non prevede reali misure di rilancio dell'economia e dell'occupazione, intacca seriamente i diritti dei lavoratori, è particolarmente iniqua in quanto fa pagare i tagli ai servizi e gli aumenti delle entrate tributarie alla classe media ed ai ceti meno abbienti, ed in particolare alle donne;
secondo il governo, saranno proprio le misure del decreto-legge in esame riferite alle liberalizzazioni e alla produttività del lavoro a sostenere l'economia, ma è proprio qui che si nasconde il maggior difetto di questa manovra: sulla scarsità di interventi a favore della crescita. Manca a questo decreto-legge l'ambizione e il coraggio di trasformare un provvedimento correttivo d'emergenza in un provvedimento in grado di dare fiducia a una crescita economica che per l'Italia continua a restare un sogno irrealizzabile;
peraltro molti dei tagli di spesa non sono credibili. Infatti, sui ministeri non esiste ancora l'indicazione di quali siano le spese e i comparti su cui i tagli saranno operati; sull'assistenza non vi è ancora alcuna indicazione di merito, se non l'impegno generico alla riduzione delle spese; sugli enti locali e Regioni saranno proprio questi ultimi a dover tradurre i tagli in realtà. Assistiamo ad una indeterminatezza che può essere pericolosa ed indebolire la credibilità della manovra stessa. Inoltre oltre ai tagli, il governo avrebbe dovuto prevedere misure adeguate a favorire la crescita economica, mentre poco o nulla è stato fatto per favorire la ricerca, l'università, le liberalizzazioni e la trasparenza della pubblica amministrazione. Un paese senza crescita è un paese senza futuro;
la manovra è stata «riscritta» quattro volte. Con le ultime modifiche (IVA al 21 per cento; anticipo per l'età pensionabile delle lavoratrici del settore privato; mini-contributo di solidarietà per i redditi superiori ai 300 mila euro - 34.000 contribuenti!) il rispetto dei saldi è più sicuro, ma la manovra, se possibile è ancora più squilibrata ed iniqua. Il provvedimento vale - sulla carta - per il 2013, l'anno in cui è fissato il pareggio di bilancio, 54.265 milioni di euro (dai 49,8 milioni del decreto-legge 138 nella sua stesura originaria), come impatto sull'indebitamento netto. Tale somma sale a circa 70 miliardi per l'anno 2014 da 55,4 miliardi come era all'inizio previsto dal decreto-legge n. 138;
il ricorso alla leva fiscale sale ancora e raggiunge il 65 per cento della manovra. Si aumentano le tasse per tutti colpendo di più i redditi più bassi. Non si toccano i redditi più alti e soprattutto non si toccano i grandi patrimoni. Si fa pagare

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alle donne il risanamento dei conti pubblici senza una visione organica di riforma previdenziale;
il testo del decreto-legge 138 prevedeva un incremento del gettito tributario di 7,9 miliardi nel 2012 e di 17,7 miliardi nel 2013; con il maxiemendamento il contributo delle maggiori entrate sale a 36 miliardi (14 miliardi nel 2012 e 22 miliardi nel 2013). I tagli alla spesa sono rimasti praticamente invariati: 18,1 miliardi nel biennio. La pressione fiscale già con il testo originario del DL avrebbe raggiunto il livello record del 44,5 per cento del Pil nel 2014 (stime di Bankitalia);
queste cifre non saranno sufficienti ad azzerare il deficit nel 2014. Oltre all'incertezza di risparmi ed entrate relativamente ad alcuni voci (le misure contro l'evasione tra tutte), peseranno i dati sull'andamento complessivo della nostra economia;
al riguardo le ultime previsioni del FMI sono molto diverse da quelle del nostro Governo:
PIL 2011 2012
Governo Italiano + 1,1% + 1,3%
FMI + 0,8% + 0,5%

in due anni, il PIL del nostro Paese, rispetto alle stime del Governo, avrà secondo il FMI una mancata crescita dello 1,1 per cento; di conseguenza le entrate nel biennio 2011-2012 caleranno rispetto alle previsioni di circa 8 miliardi di euro. Una somma che si deve dunque sottrarre ai saldi complessivi della manovra correttiva, o recuperare in un'altra maniera;
questo decreto-legge è il terzo nell'arco di pochi mesi e non si esclude l'emanazione di un quarto decreto in parallelo con l'esame della delega per la riforma fiscale e dell'assistenza (AC 4566), con il quale affrontare il tema dei tagli alla previdenza con riguardo all'anticipazione della parificazione dell'età pensionabile tra uomini e donne anche nel settore privato, ed un forte ridimensionamento delle pensioni di anzianità;
secondo il Ministro per lo sviluppo economico, l'importo complessivo delle manovre del 2011, tra minori spese e maggiori entrate per il periodo 2011-2014, è di 131 miliardi di euro. Con quali effetti depressivi sul nostro sistema economico è facile prevedere;
e, considerato che, per quanto concerne le materie di competenza della Commissione:
il provvedimento al nostro esame, all'articolo 1 del disegno di legge di conversione, prevede una delega al Governo (12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge) per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza;
nella succitata disposizione, nell'ambito dei principi e criteri direttivi da osservare, è prevista la possibilità di accorpare più uffici di procura indipendentemente dall'eventuale accorpamento dei rispettivi tribunali, prevedendo, in tali casi, che l'ufficio di procura accorpante possa svolgere le funzioni requirenti in più tribunali;
nella disposizione non è indicato nessun criterio oggettivo di riferimento per la realizzazione di tali accorpamenti;
gli uffici di procura sono cosiddetti bifasici, ossia hanno una fase inquirente ed una fase requirente: la fase inquirente è quella dell'acquisizione della notizia di reato e delle indagini; la fase requirente è quella in cui, dalla raccolta delle indagini, si formano le proposte per il giudice, si richiede il processo e così via; pertanto, gli accorpamenti di procure per più tribunali diminuirà il controllo di legalità sul territorio, cioè quella possibilità di acquisire notizie di reato da parte del procuratore del Repubblica, degli uffici di procura a livello circondariale, e quell'indispensabile rapporto stretto con la polizia giudiziaria;

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inoltre, la contrazione del numero delle procure rispetto al numero dei tribunali oltre ad incidere sulla funzionalità delle stesse, renderà meno democratica la gestione degli uffici giudiziari;
l'efficienza degli uffici di procura è lo strumento principale attraverso il quale si attua il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale previsto dall'art 112 della Costituzione, pertanto tale disposizione, incidendo negativamente su tale esercizio, appare improntata alla ormai acclarata volontà del Governo e della maggioranza che lo sostiene di realizzare il massimo possibile controllo sull'attività giudiziaria;
considerato inoltre che:
la norma cosiddetta «manette agli evasori», rispetto alla versione originaria che prevedeva che «qualora l'imposta evasa non versata sia superiore a tre milioni di euro non trova applicazione l'istituto della sospensione condizionale della pena»; successivamente però, con la presentazione del maxiemendamento, la norma è stata così modificata: «per i delitti previsti (...) l'istituto della sospensione condizionata della pena non trova applicazione nei casi in cui ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore al trenta per cento del volume d'affari; b) l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore a tre milioni di euro». Ossia, è stato aggiunto il trenta per cento del volume di affari»;
la modifica introdotta rappresenta un mero flatus vocis, in quanto incide assai debolmente sulla realtà dei grandi possessori di patrimoni e di percettori di grandi redditi, tanto da costituire un apporto di minimo peso alla manovra complessiva. Inoltre, essa favorisce facili elusioni della norma stessa, finendo di fatto per premiare i grandi evasori. Infine né questa disposizione, né la manovra nel suo complesso incidono sullo spaventoso fenomeno dell'evasione, che rappresenta la vera piaga contro la quale questa maggioranza nulla vuol fare,
esprime

PARERE CONTRARIO.

Palomba, Di Pietro.