CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 2 agosto 2011
520.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
ALLEGATO
Pag. 155

ALLEGATO 1

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO PRESENTATO DAI DEPUTATI GHIZZONI, TOCCI, NICOLAIS, MAZZARELLA, BACHELET, COSCIA, DE BIASI, DE PASQUALE, DE TORRE, LEVI, LOLLI, PES, ROSSA, RUSSO, SIRAGUSA

La VII Commissione,
presa visione, con preoccupazione, dello schema di decreto legislativo recante la disciplina del dissesto finanziario delle università e del commissariamento degli atenei in attuazione della delega prevista dall'articolo 5, comma 1, lettera b) della legge 30 dicembre 2010, n. 240 e secondo i principi e i criteri direttivi stabiliti dall'articolo 5, comma 4, lettere g), h), i) della legge 30 dicembre 2010, n. 240,
premesso che:
a salvaguardia delle attività didattiche e di ricerca, dei diritti degli studenti e dei docenti nonché dei finanziamenti statali, entro il quadro costituzionalmente garantito di autonomia delle università, è auspicabile l'approntamento di una disciplina organica sugli atenei che versano in gravi difficoltà finanziarie - eventualità verificatisi peraltro in modo molto limitato e sporadico - per i quali manca la necessaria normativa di riferimento;
valutato che:
il tema del dissesto finanziario di un'università e dell'eventuale successivo commissariamento appare particolarmente delicato per le seguente ragioni:
l'Università è un ente pubblico a finanza sostanzialmente derivata, ove la parte preminente delle spese fisse - quelle per stipendi o indennità varie - è determinata dallo Stato, così come dallo Stato dipende anche la maggior parte delle entrate, ed è chiaro che l'insolvenza potrebbe derivare proprio dalla diminuzione della contribuzione attesa o dall'aumento delle spese in conseguenza di interventi politici esterni ed estranei alla responsabilità delle università;
le università svolgono attività di natura peculiarmente strategica (tali sono sia la didattica che la ricerca universitarie) per produrre essenzialmente beni di natura non materiale (l'alta formazione e le nuove conoscenze) a vantaggio dell'intero Paese se non dell'intera umanità, per cui non possono essere ricondotte dal punto di vista economico a mere agenzie formative o di prestazione di servizi il cui stato finanziario possa essere ridotto all'equilibrio tra costi e ricavi o tra attività e passività, anche perché lo stesso concetto di ricavo è estraneo alla natura delle università, almeno quelle statali;
l'autonomia delle università e la libertà di insegnamento e di ricerca dei docenti sono capisaldi costituzionali e storici che vanno coniugati con estrema attenzione con il dovuto controllo da parte dello Stato o delle autorità preposte e con l'extrema ratio del commissariamento, istituto estraneo alla tradizione universitaria non solo italiana;
sussiste il problema, che può sembrare marginale ma non lo è, dei finanziamenti di ricerca ottenuti da singoli docenti universitari e gruppi di ricerca, quasi sempre in seguito a competizioni nazionali e internazionali, il cui uso libero e tempestivo da parte dei ricercatori coinvolti è fondamentale per il rispetto delle condizioni poste dall'ente finanziatore e per il successo della ricerca per cui è necessario contemperare quest'aspetto con

Pag. 156

quello del bilancio di un ateneo che fosse dichiarato in dissesto;
considerato che:
lo schema di decreto legislativo proposto è emblematico della configurazione di un rapporto tra governo e atenei che umilia del tutto il ruolo di questi ultimi quali primarie istituzioni di formazione e ricerca, la cui autonomia è sancita dall'articolo 33 della Costituzione. Le università sono assimilate ad aziende di servizi in cui rilevano soprattutto parametri finanziari predeterminati e astratti da qualsiasi specifica valutazione di merito della loro attività. I modi in cui si esplica il controllo sui risultati finanziari della gestione e i risultati che esso comporta testimoniano dunque un approccio ragionieristico al funzionamento del sistema universitario, che ne trascura il valore e ne lede irreparabilmente i caratteri di autonomia degli Atenei. Col rischio, oltretutto, che tali meccanismi introducano un intollerabile controllo diretto e indiretto della politica sull'amministrazione e persino sugli orientamenti scientifici e didattici degli atenei;
le condizioni di dissesto sono accertate da un collegio dei revisori dei conti, di pura nomina ministeriale, il che ne ostacola la caratteristica di terzietà. L'accertamento, da parte dei revisori, della sussistenza di alcuni parametri negativi, comporta la declaratoria di dissesto che è dichiarata, senza alcun contraddittorio, dal Consiglio di Amministrazione che, senza poter esprimere le proprie considerazioni in merito, non può approvare il bilancio. Dichiarato il dissesto, il Ministero diffida il rettore a predisporre un piano di rientro entro 180 giorni: peraltro von si comprende la ragione e l'utilità della diffida dal momento che è lo stesso consiglio di amministrazione, nel quale in ogni caso siede il rettore, che adotta la dichiarazione;
il piano di rientro dovrà essere redatto secondo linee guida che saranno emanate dal MIUR e dal Ministero dell'Economia e delle Finanze; l'impianto della procedura, allo stato attuale, risulta vago, indeterminato e consente al governo di procedere al commissariamento senza interlocuzione alcuna con la comunità accademica e con gli organi di governo dell'ateneo medesimo. In particolare, la gamma degli interventi di definizione e gestione del piano svela le reali intenzioni del governo, tese alla mera riduzione dei costi, alla penalizzazione del personale - soprattutto quello amministrativo - e alla liquidazione del patrimonio, senza interesse alcuno per il rilancio dell'ateneo;
il piano di rientro è controllato annualmente dai revisori che ne riferiscono ai Ministeri, e se il giudizio non è positivo, si ha il commissariamento dell'ateneo, con la conseguente designazione da uno a tre commissari in relazione alle sue dimensioni. Questi ultimi sono dirigenti o funzionari dei due ministeri o commercialisti e revisori contabili iscritti all'albo: è assai improbabile poter affermare l'effettiva indipendenza dei commissari rispetto alle autorità che li hanno nominati e, soprattutto, la loro capacità professionale di gestire la complessità amministrativa, culturale e scientifica di un ateneo, soprattutto in considerazione che l'organo commissariale ha la responsabilità di tutta la gestione del dissesto e della formulazione o revisione del piano di rientro. Infatti, il Consiglio di Amministrazione decade e i commissari assumono il controllo anche delle funzioni strategiche dell'Ateneo: non solo del suo assetto contingente, dunque, ma anche delle sue prospettive future;
al termine del periodo commissariale, lo schema di decreto dispone che la gestione ritorni in capo al medesimo Rettore che aveva guidato l'ateneo nel periodo che ha portato verso il dissesto finanziario;
ritenuto che:
la sequenza prevista dallo schema di decreto in parola - dichiarazione di dissesto quando non vengono rispettati alcuni parametri economico-contabili, cui segue un Piano di rientro che in caso di fallimento sfocia nel commissariamento - non ha alcun senso logico, poiché l'annunciato

Pag. 157

dissesto colpirebbe la reputazione dell'ateneo con conseguenze facilmente prevedibili (gli studenti non si iscriveranno, i migliori professori se ne andranno, i partner nell'attività di ricerca si ritireranno, le imprese non investiranno, gli enti locali faranno mancare il proprio sostegno), in grado di generare una pericolosa spirale verso il collasso la struttura accademica. Sarebbe pertanto opportuno ribaltare la sequenza prevista, iniziando con una procedura di warning che vincola l'ateneo in crisi al rispetto di un programma di risanamento, senza però distruggerne la credibilità scientifica e didattica. Nei controlli successivi si dovrebbero verificare eventuali miglioramenti o peggioramenti e solo in caso negativo procedere ai passaggi successivi;
lo schema di decreto riduce la declaratoria di dissesto finanziario ad una mera verifica di parametri contabili introdotti dallo stesso schema di decreto e al realizzarsi di semplicistici automatismi quantitativi, con l'esclusione di qualunque analisi reale e strategica delle ragioni profonde delle difficoltà finanziarie, che potrebbero risalire anche agli stessi Ministeri interessati, nonché della situazione dell'ateneo e della qualità delle sue attività didattiche e scientifiche, delle sue prospettive di sviluppo e del suo ruolo nell'ambito del sistema sociale del territorio;
rispetto alla dichiarazione di dissesto e al relativo commissariamento, non è previsto alcun regime transitorio in fase di prima applicazione della legge per quegli Atenei che trovandosi in condizioni di criticità finanziaria hanno già predisposto specifici piani di risanamento, tali da garantire risultati certificati rispetto alla situazione debitoria e da non compromettere l'offerta formativa e l'attività di ricerca, e che con il decreto governativo si troverebbero immediatamente in dissesto, vanificando gli sforzi già compiuti. A tale proposito, la procedura di warning precedentemente richiamata potrebbe funzionare anche come norma transitoria per codesti atenei;
per il piano di rientro lo schema di decreto stabilisce una serie minuta di condizioni e adempimenti, indipendente da ogni analisi della situazione specifica del singolo ateneo in dissesto finanziario, quasi in segno di sfiducia preventiva nei confronti del consiglio di amministrazione che comunque è chiamato a gestire la fase di attuazione del piano di rientro;
peraltro, il procedimento per l'approvazione o meno del piano di rientro non è disciplinato, così da consentire ai Ministeri decisioni unilaterali e prive di qualsiasi consultazione o accordo preventivi, sui suoi contenuti e sulle prospettive di realizzazione, né con la comunità accademica, né con il consiglio di amministrazione e con gli altri organi di governo, né, tantomeno, con soggetti terzi indipendenti, in chiara violazione dei principio costituzionale di autonomia delle università (articolo 33 della Costituzione) e di responsabilità del consiglio di amministrazione;
nel caso di mancata stesura o attuazione del piano di rientro, lo schema di decreto prevede il commissariamento dell'ateneo ma ne restringe la possibile efficacia sia con nuovi automatismi numerici per quanto riguarda il numero dei commissari, sia restringendo la rosa delle persone che possono essere chiamate a questo difficile e importante incarico a dirigenti ministeriali o a dottori commercialisti revisori dei conti, quando invece una maggiore conoscenza interna del funzionamento delle università sarebbe senz'altro auspicabile, così come una loro autonomia dall'autorità che provvede alla nomina;
incredibilmente, si dispone che il rettore eventualmente corresponsabile del dissesto sia ricollocato, alla fine del procedimento di commissariamento, nella sua funzione con tutti gli onori;
nulla è previsto nelle fasi del piano di rientro e dell'eventuale commissariamento in merito alle attività di ricerca dei docenti finanziate da enti esterni all'università e affidate alla responsabilità dei docenti medesimi;

Pag. 158

lo schema di decreto prevede l'emanazione di ulteriori decreti specificativi, in particolare quello sull'esatto calcolo dei parametri per verificare lo stato di dissesto (articolo 2, comma 2) e quello sulle linee guida per la redazione dei piani di rientro (articolo 3, comma 1): tale rinvio ad altri decreti ministeriali rende impossibile esprimere un parere di merito definitivo sulla natura delle norme delegate e sul loro effettivo impatto sul sistema universitario, altresì conferma la volontà del MIUR e del MEF di assumere potenti strumenti di controllo indiretto e diretto sulle scelte degli atenei in aperta violazione del principio costituzionale di autonomia;
tutto ciò premesso e considerato,
esprime

PARERE CONTRARIO.

Pag. 159

ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante la disciplina del dissesto finanziario delle università e del commissariamento degli atenei in attuazione della delega prevista dall'articolo 5, comma 1, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e secondo i principi e i criteri direttivi stabiliti dall'articolo 5, comma 4, lettere g), h) ed i), della legge 30 dicembre 2010, n. 240. (atto n. 377)

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VII Commissione (Cultura, scienza ed istruzione),
esaminato lo schema di decreto legislativo recante la disciplina del dissesto finanziario delle università e del commissariamento degli atenei in attuazione della delega prevista dall'articolo 5, comma 1, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e secondo i principi e i criteri direttivi stabiliti dall'articolo 5, comma 4, lettere g), h) ed i), della legge 30 dicembre 2010, n. 240;
preso altresì atto di quanto esposto dai soggetti auditi il 20 e 21 luglio 2011;
tenuto conto del parere favorevole approvato dalla Commissione V (Bilancio, tesoro e programmazione) nella seduta del 21 luglio 2011;
considerato che tutte le procedure concorsuali, dalle quali la procedura in esame, come già era accaduto per gli enti locali, mutua l'attenzione per il profilo finanziario della crisi - in quanto già nella denominazione si parla di dissesto finanziario, poi l'articolo 2 dello schema individua tra i presupposti l'incapacità di far fronte ai debiti liquidi ed esigibili verso i terzi - hanno un substrato funzionale comune rappresentato dal soddisfacimento dell'interesse dei creditori, con crescente valorizzazione nel tempo di tecniche di intervento volte al risanamento e alla conservazione delle entità produttive, la paventata disciplina del dissesto delle università pare strutturata in modo eccessivamente rigido e penalizzante per gli interessi dei veri creditori dell'ente cioè gli studenti, visti come utenti immediati dei servizi didattici, e più in generale la società civile, vista come destinataria finale della missione di alta formazione culturale ai sensi dell'articolo 33 della Costituzione;
ritenuto necessario prevedere una scansione più articolata della regolamentazione inerente agli atenei in stato di crisi finanziaria, che analizzi i risultati degli atenei in termini dinamici, focalizzandosi sull'evoluzione in corso nei risultati contabili, e fornisca adeguata considerazione all'attuazione di un efficace piano di rientro;
considerata l'opportunità, a tal fine, di riservare il rigoroso regime del dissesto previsto dallo schema di decreto in esame per gli enti che non hanno ancora introdotto gli strumenti di risanamento previsti nel decreto stesso e, invece, di prevedere, per chi sta fornendo chiari segnali di miglioramento e si sia già dotato di un adeguato piano di risanamento, di una sorta di amministrazione di sostegno che, con adeguate forme di vigilanza, accompagni e certifichi per un certo periodo la concreta presenza di un risanamento in corso,

Pag. 160

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1. si preveda un regime di vigilanza - sulla base di un piano quinquennale di rientro validato dal Ministero dell'istruzione, università e ricerca e dal Ministero dell'economia e delle finanze, con verifica annuale da parte di detti ministeri sull'efficacia delle misure di risanamento messe in atto -, per quelle università che abbiano già adottato gli interventi previsti dall'articolo 4 dello schema di regolamento, le cui risultanze di bilancio degli ultimi due anni evidenzino una tendenza al miglioramento nei parametri di riferimento per la dichiarazione di dissesto e risultati in termini di ricerca e didattica, così come calcolati ai fini del conferimento del Fondo di finanziamento ordinario (FFO), introducendo inoltre, a tal fine, accanto a dei valori deficitari, dei valori critici dei parametri presi in considerazione nell'ambito dei criteri previsti all'articolo 2 utilizzati per verificare la situazione patrimoniale e finanziaria degli atenei, in modo da riservare la dichiarazione di dissesto finanziario esclusivamente ai casi più gravi di superamento dei valori deficitari dei parametri valutati anche con riferimento agli ultimi due esercizi finanziari;
2. con riferimento alla condizione n. 1, si stabilisca altresì che, nel caso in cui il Ministero dell'istruzione, università e ricerca scientifica e il Ministero dell'economia e delle finanze rilevino ritardi o mancanze nell'attuazione del piano quinquennale di rientro, l'università viene senz'altro dichiarata in stato di dissesto qualora permangano le condizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 2, considerato che il superamento dei parametri deficitari di cui alla condizione n. 1, anche tenuto conto del loro andamento relativo agli ultimi due esercizi finanziari, conduce, infatti, alla constatazione che non si sono realizzati gli obiettivi previsti nel regime di vigilanza o che comunque la gravità della situazione è tale per cui la dichiarazione di dissesto risulta inevitabile;
3. con riguardo all'articolo 4, comma 1, lettera b), n. 5, venga specificato che la revisione e la razionalizzazione dei corsi universitari e delle sedi universitarie decentrate può essere attuata anche attraverso processi di razionalizzazione degli insegnamenti previsti nell'offerta formativa dell'ateneo, con pieno utilizzo del personale docente e ricercatore in servizio e senza oneri aggiuntivi rispetto al normale trattamento stipendiale, limitando altresì l'attribuzione di contratti di insegnamento a titolo retribuito a personale non appartenente ai ruoli dell'ateneo ai soli casi essenziali per il regolare svolgimento delle attività didattiche;
4. con riguardo all'articolo 4, comma 1, lettera b), n. 2, venga affidata al commissario la valutazione inerente la corresponsione dei compensi di produttività al personale non dirigenziale;
5. con riguardo all'articolo 8, comma 1, vengano previste competenze più elevate in ambito normativo, economico, gestionale e scientifico-culturale in capo ai soggetti che possono essere designati quali commissari, da individuare, fra l'altro, non solo tra i dipendenti del Ministero dell'istruzione, università e ricerca scientifica e del Ministero dell'economia e delle finanze, bensì tra tutti i dirigenti e i funzionari della pubblica amministrazione, degli organi costituzionali e della magistratura amministrativa e contabile, con esperienza nel settore;
6. venga riconosciuto in capo all'Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario della Ricerca (ANVUR) la competenza a proporre al Ministero dell'istruzione, università e ricerca scientifica, anche su richiesta dello stesso, la valutazione di possibili ipotesi di fusione o federazione dell'ateneo commissariato con altri atenei o eventuali sue sedi distaccate;
7. si preveda che la stima dei beni delle università possa essere affidata alla competente Agenzia del territorio;
8. venga previsto che la disciplina in esame non si applica alle università non statali, in coerenza con il dettato normativo e autorizzatorio di tali università;

Pag. 161

9. si colleghino le forme di mobilità dei docenti, di cui all'articolo 3 della legge n. 240 del 2010, al miglioramento dell'offerta formativa, valutata in un'ottica di sviluppo di sistema, sentita l'Agenzia di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR);
10. con riguardo all'articolo 7, comma 1, si chiarisca l'inciso «al massimo», poiché la Commissione può essere composta da un numero minimo di 2 e un numero massimo di 3 membri;
11. con riguardo all'articolo 13, si specifichi che la relazione predisposta dall'organo commissariale sostituisce anche la relazione predisposta dal consiglio di amministrazione, ai sensi dell'articolo 4, comma 3;
12. con riguardo all'articolo 13, comma 1, si chiarisca a quale termine si intende fare riferimento,
e con le seguenti osservazioni:
a) si valuti l'opportunità di prevedere l'istituzione di un fondo di rotazione, a sostegno delle situazioni di dissesto, che offra prestiti a tasso agevolato per far fronte a temporanee carenze di liquidità dell'ateneo in difficoltà, da restituirsi nel termine massimo di dieci anni;
b) si valuti l'opportunità, all'articolo 4, comma 1, lettera b), punto 1, di utilizzare l'espressione «procedure concorsuali e di valutazione comparativa», che non sembrerebbe più attuale alla luce dell'articolo 18 della legge n. 240 del 2010, nonché, alla lettera e), punto 1, di utilizzare il termine «facoltà», in quanto l'articolo 2, comma 2, della legge 240 del 2010 ha previsto l'attribuzione ai dipartimenti sia delle funzioni di didattica che di quelle di ricerca, disponendo che gli atenei possono istituire fra più dipartimenti strutture di raccordo, «comunque denominate», e di far riferimento anche ai corsi di laurea magistrale;
c) si valuti l'opportunità, con riguardo all'articolo 12, di indicare i termini per lo svolgimento delle relative attività;
d) si valuti l'opportunità, con riguardo all'articolo 15, che disciplina la chiusura del commissariamento, che è disposta con decreto del Ministero dell'istruzione, università e ricerca e del Ministero dell'economia e delle finanze entro 60 giorni dal ricevimento della relazione finale e, comunque, non prima di aver ricevuto il rendiconto della gestione commissariale, di chiarire tale ultima specifica, lasciando infatti intendere l'articolo 14 che la relazione finale e il rendiconto della gestione commissariale sono inviati contestualmente;
e) si valuti l'opportunità di prevedere specifiche disposizioni con riferimento a eventuali responsabilità derivanti da omessa vigilanza sulla situazione finanziaria e patrimoniale dell'ateneo da parte dei componenti del collegio dei revisori dei conti in carica nel periodo in cui si sono determinate le condizioni che hanno condotto alla suddetta situazione;
f) si valuti l'opportunità di prevedere compensi adeguati a remunerare il lavoro dei commissari, considerata l'attuale previsione secondo cui gli oneri derivanti dalla gestione commissariale sono a carico dell'università nell'ambito delle risorse destinate al funzionamento dei decaduti organi di gestione.