CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 20 luglio 2011
514.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO

TESTO AGGIORNATO AL 26 LUGLIO 2011

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ALLEGATO 1

5-05136 Favia e Zazzera: Mancata nomina del prefetto di Bari.

TESTO DELLA RISPOSTA

La non ancora avvenuta nomina del responsabile della sede non è assolutamente da attribuire ad una sottovalutazione dei problemi esistenti in quella provincia; al contrario, proprio l'esigenza di individuare la professionalità più adeguata a ricoprire quell'incarico ha richiesto un'attenta opera di valutazione e di riflessione soprattutto se si considera il ruolo attribuito al Prefetto di un capoluogo regionale, non solo il titolare di un ufficio periferico del Ministero dell'interno ma soprattutto rappresentante generale del Governo e dello Stato sul territorio.
Al Prefetto del capoluogo regionale sono inoltre attribuite direttamente dalla legge significative funzioni in materia di coordinamento delle attività delle autorità provinciali di pubblica sicurezza, di coordinamento e di raccordo con le amministrazioni regionali provinciali e locali e di coordinamento impulso e sollecitazione di tutte le amministrazioni periferiche dello Stato sul territorio.
Il primo profilo di competenze, nasce, come è noto, dalla vecchia normativa che disciplinava i poteri dell'Alto commissario per il coordinamento della lotta contro la criminalità mafiosa, normativa che, poi abrogata, oggi vive attraverso un rafforzamento dei poteri generali di coordinamento attribuiti ai Prefetti dei capoluoghi regionali.
Essi consistono nelle attività di coordinamento di tutte le autorità provinciali di Pubblica sicurezza nella regione, nell'assicurare unità di indirizzo dei compiti e delle attività delle forze di Polizia, nell'adottare infine i conseguenti provvedimenti sovraintendendo all'attuazione delle direttive emanate in materia.
Si colloca in questo amplissimo spettro di responsabilità anche il potere di convocare le conferenze regionali delle autorità di pubblica sicurezza che si muovono su un livello più alto ma anche più vincolante di quello che sono i compiti dei Comitati provinciali dell'ordine e della sicurezza pubblica.
In una direttrice completamente diversa ma densa di proiezioni istituzionali si colloca invece il potere di coordinamento e di raccordo con le Amministrazioni regionali e provinciali attribuite al Prefetto del capoluogo regionale dell'articolo 10 della legge 5 giugno 2003 n. 131 (cosiddetto legge La Loggia).
Tali compiti sono estremamente rilevanti e delicati in quanto si tratta di tessere una fitta tela di rapporti e collegamenti con il Presidente della Regione, gli assessori regionali, con i Presidenti delle Province e con i Sindaci.
Basta questo aspetto a far pensare quanto sia difficile e complessa la scelta della personalità ritenuta idonea a svolgere tale funzione nella quale vengono a riflettersi esperienze professionali maturate sul territorio ovvero in incarichi ministeriali che devono essere attentamente vagliate per assumere una decisione perfettamente calibrata.
Le stesse considerazioni valgono per quanto riguarda i poteri attribuiti ai Prefetti dei capoluoghi regionali e provinciali dal vigente ordinamento delle Prefetture

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(decreto del Presidente della Repubblica 3 aprile 2006, n. 180) di presiedere le conferenze provinciali permanenti.
Sono questi «organi di compensazione» molto importanti ai quali peraltro il Ministero dell'interno attribuisce significativo rilievo come volano del funzionamento del sistema istituzionale della Repubblica conseguente alla riforma del titolo V della Costituzione. E ciò per assicurare la leale collaborazione delle Amministrazioni statali con i diversi livelli di governo territoriali, al fine di favorire e promuovere l'attuazione delle misure di coordinamento nei rapporti tra Stato e il sistema delle autonomie, che trovano il loro punto di forza nella garanzia della rispondenza dell'azione amministrativa all'interesse generale, nel miglioramento della qualità dei servizi resi al cittadino e nell'agevolazione del rapporto con il sistema delle autonomie.
Delineati, in questi tratti salienti, le responsabilità istituzionali attribuite al Prefetto è di per sé evidente come, nel momento in cui la sede di una Prefettura capoluogo di regione diventa vacante, la scelta del funzionario più idoneo rappresenti, per le ragioni già dette, un momento di attenta valutazione da parte dell'Amministrazione. Non si tratta, infatti, di riempire una casella vuota, non di dare corso a un movimento che per varie ragioni, come nel caso di specie può appalesarsi di ampia portata.
Va riconsiderato, a livello regionale, l'intero equilibrio dei rapporti istituzionali che i Prefetti svolgono proprio perché la scelta del Prefetto del capoluogo di regione non deve determinare contraccolpi sia nei confronti delle altre autorità delle regioni sia, soprattutto, nei rapporti con prefetti delle altre province con i quali deve affermarsi, certo, un rapporto di sovra-ordinazione e coordinamento che richiede una intensa e convinta collaborazione.
Entrano in campo in questo preciso momento tutta una serie di valutazioni nei confronti di funzionari da proporre a quell'incarico, soprattutto di Prefetti che svolgono incarichi in altre sedi.
La procedura che porta alla nomina del titolare di una Prefettura è quindi estremamente delicata e complessa, trattandosi di un atto di alta amministrazione che richiede la deliberazione del Consiglio dei ministri sulla proposta di nomina avanzata dal Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale.
Esigenze di buona amministrazione impongono, quindi, estrema cautela e riservatezza, evitando qualsiasi forma di pubblicità sul nome o sui nomi dei potenziali aspiranti alla titolarità di sedi di Prefettura di capoluogo di regione.
In definitiva, se questi sono gli aspetti che entrano nella vicenda appare a mio avviso destituito di qualsiasi fondamento il rilievo che si è voluto muovere al Governo di sottovalutazione delle esigenze della provincia di Bari, alle quali comunque si provvederà - unitamente ad altre province - sottoponendo nel corrente mese al Consiglio dei Ministri un ampio movimento di Prefetti.

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ALLEGATO 2

5-05134 Tassone: Situazione del Commissariato di Lamezia Terme.

TESTO DELLA RISPOSTA

Va sottolineata la gravità della situazione criminale nel territorio di Lamezia Terme, e tale aggressione non può essere affrontata facendo riferimento esclusivo ai dati numerici delle unità di personale ivi operanti (peraltro attinenti a organici individuati molti anni fa), ma esige interventi di qualità, che sono all'attenzione del Ministero dell'interno. Quanto ai dati, tuttavia, attualmente il personale in servizio conta su una forza effettiva di 94 unità, rispetto ad una previsione organica di 93 e da 2 appartenenti ai ruoli tecnici.
Negli Uffici delle Specialità (Stradale, Ferroviaria e di Frontiera) prestano, altresì, servizio 129 operatori a fronte di una previsione organica di 73 unità, con un sovraorganico di 56 unità.
Nelle attività di controllo del territorio, accanto al personale della Polizia di Stato, operano 103 militari dell'Arma dei carabinieri e 164 della Guardia di finanza, per un totale complessivo di 490 operatori delle Forze dell'ordine con un sovraorganico di 26 unità.
Il Governo sta, comunque, intervenendo, compatibilmente con i noti limiti di contenimento della spesa pubblica, mediante progressive assunzioni a tempo indeterminato: assunzioni ancora in corso per il 2010 pari a 2033 unità, mentre per il 2011 sono previsti ulteriori 2900 operatori.
Sulla segnalata insufficienza delle dotazioni di straordinario, il relativo monte ore viene ripartito dalla Questura di Catanzaro sulla base delle esigenze di servizio e con criteri di priorità tra i vari Uffici presenti sul territorio provinciale.
In particolare, il monte ore per il 2011 non ha subito riduzioni, essendo rimasti invariati, rispetto al 2010, i limiti mensili, che per il Commissariato di Lamezia Terme sono pari a 1.100 ore. Nel corrente esercizio finanziario, inoltre, sono state autorizzate le liquidazioni di tutte le prestazioni rese nel 2010, anche in esubero rispetto al monte ore mensile.
Per quanto riguarda, infine, le dotazioni di mezzi, risultano assegnate alla Questura di Catanzaro 32 autovetture di servizio per il controllo del territorio (a fronte dei 15 veicoli previsti); 18 autovetture in colore di istituto per attività ordinarie (rispetto alle 20 previste) e 38 autovetture in colore di serie (rispetto alle 30 previste).

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ALLEGATO 3

5-05135 Bressa e Rubinato: Situazione della Questura di Treviso.

TESTO DELLA RISPOSTA

Il personale in servizio presso la Questura ed il Commissariato di Conegliano Veneto è di 262 unità, mentre l'organico previsto è pari a 287. Risulta, pertanto, un deficit di 25 unità, che tuttavia si riduce, sotto il profilo operativo, in considerazione della presenza di altrettanti appartenenti al ruolo tecnico-scientifico della Polizia di Stato (25 addetti) che, seppur impiegati in peculiari settori, contribuiscono comunque ad assicurare la funzionalità della struttura nel suo complesso. In sintesi, la carenza di personale è quindi dell'8,7 per cento, inferiore alla media nazionale che è del 10 per cento.
Il Ministero dell'interno è, comunque, intervenuto, compatibilmente con i noti limiti di contenimento della spesa pubblica, assumendo a tempo indeterminato 2.033 unità per l'anno 2010 (la cui procedura è ancora in corso), mentre per l'anno 2011 sono previsti ulteriori 2.900 operatori.
Dal prossimo 28 luglio saranno assegnate per le esigenze della provincia di Treviso 4 unità, di cui 3 destinate al Commissariato di pubblica sicurezza di Conegliano Veneto.
In attesa di ulteriori rinforzi, la Questura, d'intesa con le organizzazioni sindacali, ha adottato un più efficiente assetto organizzativo interno, al fine di ottimizzare l'impiego delle risorse disponibili, provvedendo, ad esempio, all'unificazione delle strutture con competenze omogenee.
All'attività di controllo del territorio, inoltre, sono normalmente assegnati almeno due equipaggi per turno; mentre il servizio di corpo di guardia presso la nuova sede della Questura, grazie all'elevato livello tecnologico delle misure di vigilanza, può essere assicurato da un solo operatore.
Per quanto concerne la remunerazione delle prestazioni di lavoro straordinario rese nel 2010, sono stati rispettati i limiti del monte ore assegnato e tutte le prestazioni sono state pagate. Relativamente al corrente anno, poi, sono già state chieste integrazioni straordinarie di fondi.
In riferimento alla funzionalità dell'Ufficio Immigrazione, la struttura dispone di un organico di 44 dipendenti, di cui 31 appartenenti alla Polizia di Stato e 13 all'Amministrazione Civile dell'Interno, inoltre, l'attività di rilascio e rinnovo dei titoli di soggiorno registra ottimi risultati: sono definite oltre l'89 per cento delle istanze, a fronte del 60 per cento e dell'80 per cento registrati, rispettivamente, negli anni 2009 e 2010. Ciò anche grazie all'invio di personale in missione temporanea e alla fornitura di nuove apparecchiature informatiche.
Per quanto attiene alla sicurezza presso l'aeroporto «Antonio Canova» di Treviso, va evidenziato che, pur in assenza di totale attività operativa dell'aerostazione, gli specifici compiti istituzionali della Polizia di Frontiera sono disimpegnati da una congrua aliquota di personale.
Per completezza d'informazione, soggiungo inoltre che, dal mese di giugno, in provincia operano ulteriori 209 operatori della Polizia di Stato in forza alla Specialità Stradale, Ferroviaria e di Frontiera e che il presidio delle Forze di polizia territoriali è altresì costituito da 587 militari

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dell'Arma dei Carabinieri e da 106 appartenenti alla Guardia di Finanza.
Inoltre, in sede di programmazione di controlli straordinari, il dispositivo territoriale è supportato da unità specializzate provenienti sia dai Reparti Prevenzione Crimine della Polizia di Stato, sia dalle Compagnie di Intervento Operativo dell'Arma dei Carabinieri.
L'attività complessivamente disimpegnata, anche attraverso mirati dispositivi di controllo del territorio, ha fatto registrare - nei primi quattro mesi del corrente anno - una diminuzione dei delitti (-1,4 per cento) rispetto all'analogo periodo del 2010, in un contesto territoriale tra i più dinamici sotto il profilo economico e sociale.

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ALLEGATO 4

Schema di decreto legislativo recante meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni (Atto n. 365).

PROPOSTA DI RILIEVI DEL RELATORE

La I Commissione Affari costituzionali,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, sul quale peraltro non è stata raggiunta l'intesa in sede di Conferenza unificata;
constatato che lo schema di decreto mira a consentire l'imputazione precisa delle responsabilità, a garanzia della responsabilizzazione e della trasparenza ed effettività del controllo democratico da parte degli elettori, nei confronti degli eletti nei livelli di governo comunale, provinciale e regionale, secondo i principi stabiliti dall'articolo 1 della legge di delega e in base ad un sistema di premi e sanzioni che trova il suo fondamento nelle previsioni della stessa legge di delega, contenute nell'articolo 2, comma 2, lettere b), d) e z), nonché negli articolo 17, comma 1 lettera e), 25 e 26, comma 1, lettera b),
evidenziato che:
il medesimo schema disciplina taluni istituti con riferimento solo al dissesto finanziario riferito al disavanzo sanitario e, quindi, solo alle regioni sottoposte a piano di rientro, mentre le responsabilità considerate dalla legge di delega all'articolo 17 comma 1, lettera e), ultimo periodo riguardano il dissesto finanziario in generale;
inoltre, alcune disposizioni dello schema in oggetto, come quelle di cui al comma 4 dell'articolo 2 e al comma 2 dell' articolo 5, appaiono meritevoli di un approfondimento dal lato della conformità ai criteri di delega: quanto alla prima disposizione, infatti, l'articolo 17 comma 1, lettera e), non richiama la sanzione della decurtazione del rimborso delle spese elettorali, né individua quali soggetti passivi di eventuali sanzioni i partiti, le liste o le coalizioni elettorali, sembrando riferirsi solo agli amministratori degli enti locali, mentre non risulta se l'interdizione dalle cariche in enti vigilati o partecipati da enti pubblici sia limitata agli amministratori degli enti locali o si applichi anche agli amministratori regionali; con particolare riguardo alla seconda disposizione che attiene alla verifica sulla gestione amministrativo-contabile, va osservato che la materia è oggetto di un altro schema di decreto legislativo (Atto n. 368), adottato in base all'articolo 49 della legge n. 196 del 2009;
rilevato l'apprezzabile obiettivo di trasparenza delle responsabilità, ai fini del controllo da parte degli elettori, cui si ispirano gli istituti dell'inventario di fine legislatura e dell'inventario di fine mandato previsti, rispettivamente, a livello regionale dall'articolo 1 e, a livello comunale e provinciale, dall'articolo 4;
ritenuto che la disciplina di tali istituti va confrontata con la cronologia dei procedimenti elettorali cui fanno riferimento, per valutarne la coerenza temporale: infatti, poiché i tempi di esame dell'inventario di fine legislatura possono

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arrivare ad un massimo di 80 giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni e la relativa pubblicazione sul sito istituzionale deve avvenire almeno 10 giorni prima delle elezioni, tale cronologia andrebbe valutata in base ai tempi stabiliti dalle leggi regionali e, ove non emanate, dalla legge n. 108 del 1968 per il rinnovo degli organi regionali; quest'ultima, all'articolo 3, prevede che i consigli regionali esercitino le loro funzioni fino al 46o giorno antecedente la data delle elezioni per il loro rinnovo e che tali elezioni possono aver luogo a decorrere dalla quarta domenica precedente il compimento del suddetto periodo, dando notizia 45 giorni prima della convocazione dei comizi elettorali. Quanto ai tempi di esame dell'inventario di fine mandato provinciale e comunale (che possono arrivare ad un massimo di 80 giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni) che deve essere pubblicato sul sito istituzionale almeno 10 giorni prima delle elezioni, ne andrebbe valutata la coerenza con il complessivo periodo di tempo che può intercorrere tra il decreto di indizione delle elezioni degli enti locali e la data di svolgimento delle elezioni medesime, non superiore a 55 giorni (articolo 18, decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570; articolo 3, comma 1, legge 7 giugno 1991, n. 182);
notato che l'istituto denominato fallimento politico disciplinato dall'articolo 2 - che trova riscontro a livello provinciale e comunale nelle disposizioni dell'articolo 6 - si iscrive nella prospettiva dell'articolo 126 Cost., come previsto dall'articolo 17, comma 1, lettera e), ultimo periodo della legge n. 42 del 2009;
considerato che, tuttavia, il citato articolo 2 non dispone in merito sia agli effetti della rimozione sugli altri organi della regione, delineati dal terzo comma del citato articolo 126 per il Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, sia all' esigenza che si garantisca comunque, una volta applicato l'istituto, la continuità delle funzioni regionali;
valutato che l'esigenza di garanzia di cui alla precedente considerazione potrebbe essere esaminata nel quadro delle previsioni del secondo comma dell'articolo 120 Cost., che si pongono come principi di riferimento ai fini della materia oggetto del provvedimento;
considerato che all'articolo 2, comma 4, sembra delinearsi una sorta di disincentivo alla candidatura che fa leva sulla decurtazione dei rimborsi per le spese elettorali;
valutato che la decadenza prevista all'articolo 3, con rinvio a quanto disposto dall'articolo 2, comma 70, della legge n. 191 del 2009, non sembra avere carattere automatico implicando una previa verifica di responsabilità;
notato che l'articolo 7 - che disciplina i meccanismi sanzionatori da applicare nei confronti delle regioni e degli enti locali nelle ipotesi di mancato rispetto del patto di stabilità interno, a decorrere dall'anno 2014 - va letto alla luce della giurisprudenza costituzionale relativa agli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, con particolare riguardo al principio fondamentale di «coordinamento della finanza pubblica»; in merito, tra le altre, appare significativa la sentenza n. 52 del 2010 secondo la quale «il legislatore statale può, dunque, legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l'equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari (sentenza n. 237 del 2009). Questa Corte, inoltre, pur affermando che le misure statali non devono prevedere in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi (sentenza n. 289 del 2008), ha chiarito che possono essere ricondotti nell'ambito dei principio di coordinamento della finanza pubblica «norme puntuali adottate dal legislatore per realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario, che per sua natura eccede le possibilità di intervento dei livelli territoriali

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sub-statali» (sentenza n. 237 del 2009 e già sentenza n. 417 del 2005)». In particolare, poi, il comma 1, lettera e), dell'articolo 7, nella parte in cui prevede che la regione o la provincia autonoma inadempiente nei confronti delle prescrizioni relative al patto di stabilità «è tenuta a rideterminare le indennità di funzione ed i gettoni di presenza del Presidente e dei componenti della giunta con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010», andrebbe valutato alla luce di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 157 del 2007 che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 1, comma 54, della legge n. 266 del 2005, che disponeva la riduzione del dieci per cento della indennità di funzione e ogni altro emolumento spettante ai sindaci, ai presidenti delle province e delle regioni (...), ai componenti degli organi esecutivi e degli uffici di presidenza dei consigli degli enti stessi, nella parte in cui «prevede la riduzione percentuale delle indennità corrisposte ai titolari degli organi politici regionali»,

DELIBERA DI ESPRIMERE I SEGUENTI RILIEVI:

nel preambolo dello schema di decreto legislativo, si valuti l'opportunità di inserire il riferimento anche all'articolo 25 della legge di delega - che fissa i principi e i criteri direttivi relativi alla gestione dei tributi e delle compartecipazioni - cui l'articolo 11, comma 1, sembra dare attuazione;
all'articolo 1 e all'articolo 4, si valuti la congruità tempi del procedimento che si conclude con la pubblicazione dell'inventario, da un lato in relazione a quelli stabiliti per il procedimento elettorale regionale e dall'altro, in relazione alla la tempistica del periodo massimo intercorrente tra indizione delle elezioni provinciali o comunali ed elezioni medesime (55 giorni);
al medesimo articolo 1 si valuti l'opportunità di stabilire un termine di conclusione della verifica - che si inserisce nel complessivo iter dell'inventario - da parte dei Tavoli tecnici deputati alla verifica dell'attuazione dei Piani di rientro sanitario, come previsto per l'attività di verifica del Tavolo tecnico interistituzionale, mentre, all'articolo 4, si chiarisca il dies a quo del periodo di valutazione da parte del Tavolo tecnico ivi previsto;
ai medesimi articoli 1, comma 4, e 4, comma 4, ove si demanda ad un atto di natura non regolamentare l'adozione dello schema tipo per la redazione dell'inventario di fine legislatura regionale e dello schema tipo per la redazione dell'inventario di fine mandato provinciale e comunale, si consideri che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, con riferimento a decreto ministeriale di natura non regolamentare ha utilizzato la qualificazione di «atto statale dalla indefinibile natura giuridica»; in relazione alle medesime disposizioni si valuti l'opportunità di prevedere che l'atto ivi previsto sia adottato d'intesa - anziché sentita - la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;
agli stessi articoli 1 e 4 si valuti l'opportunità di denominare «relazione» gli istituti ivi previsti, alla luce del contenuto dell'atto ivi disciplinato che non sembra tecnicamente ascrivibile a quello dell'inventario;
ai suddetti articoli 1 e 4 si valuti l'opportunità di prevedere disposizioni specifiche per l'ipotesi di cessazione anticipata degli organi consiliari, nonché per la prima applicazione degli istituti ivi previsti;
all'articolo 2 e all'articolo 6 ove l'imputazione di responsabilità per grave dissesto finanziario è denominata fallimento politico, si consideri l'opportunità di ricorrere ad altra denominazione dell'istituto, sia per la valenza tecnica della denominazione prescelta, sia perché l'effetto del fallimento politico è ricondotto allo svolgimento di un'attività amministrativa;

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all'articolo 2, si valuti, alla luce del riferimento generale al dissesto finanziario contenuto nell'articolo 17 della legge n. 42 del 2009, di prevedere che la fattispecie sanzionatoria sia estesa a settori di attività regionali diversi dalla sanità se, dopo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nonché dei relativi costi standard e la definizione degli obiettivi di servizio: le Regioni non provvedono alla attuazione dei citati livelli e al raggiungimento degli obiettivi di servizio nei tempi e modi prescritti; il Presidente della Giunta regionale, già nominato commissario ad acta ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, per l'esercizio dei poteri sostitutivi, non abbia rimosso le cause straordinarie che hanno determinato l'attivazione del potere sostitutivo;
all'articolo 2, comma 1, si verifichi la realizzabilità del requisito del verificarsi congiunto delle tre condizioni stabilite al comma 1, verifica che rileva anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 3: infatti, mentre la condizione di cui alla lettera a) presuppone espressamente la nomina del commissario ad acta, le fattispecie cui le altre due condizioni si riferiscono riguardano fasi in cui non si è ancora giunti a tale nomina. Inoltre, mentre le condizioni delle lettere b) e c) presuppongono l'esistenza di un piano di rientro, la condizione della lettera a) si fonda (anche) sull'inadempimento totale o parziale dell'obbligo di redazione del piano,
all'articolo 2, comma 4, si valuti:
che la riduzione dei rimborsi elettorali del 30 per cento prevista per i partiti politici, liste o coalizioni che presentino la candidatura, a «qualsiasi altra carica pubblica elettiva», del presidente rimosso prima che siano trascorsi 10 anni dalla rimozione appare circoscritta, con l'avverbio «nuovamente», a partiti, liste o coalizioni che abbiano già candidato il soggetto rimosso e potrebbe non comprendere, come invece sembrerebbe opportuno, partiti, liste o coalizioni nei quali lo stesso soggetto non è mai risultato candidato;
che il riferimento alle coalizioni appare incongruo, almeno nell'attuale sistema, in quanto esse non sono destinatarie dei contributi ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 43 del 1995;
l'opportunità di specificare le cariche cui intende far riferimento la locuzione «qualsiasi altra carica pubblica elettiva», considerato che tale locuzione potrebbe indurre ad escludere proprio le cariche di presidente e consigliere regionali dal novero di quelle la cui candidatura è sanzionata; in connessione con tale specificazione si valuti l'opportunità di comporre una sorta di incongruenza che può rilevarsi all'interno del comma, tra il riferimento a tutti i tipi di elezione (con il rinvio ad ogni altra carica pubblica elettiva) e la comminatoria di una sanzione che riguarda esclusivamente i rimborsi per le elezioni regionali: infatti - a parte le cariche «regionali» per cui, in caso di presentazione alle elezioni regionali della candidatura del presidente rimosso, il partito «presentante» avrebbe decurtato il rimborso per quella stessa elezione senza dubbi sull'identità tra il partito appunto «presentante» e quello cui applicare la sanzione - nel caso di altre cariche, cioè di presentazione della candidatura in competizione elettorale diversa dalle regionali, si potrebbe porre il problema di identificare il partito corrispondente nel consiglio regionale cui applicare la sanzione perché, modificata la denominazione o il simbolo della lista che presenta la candidatura di un ex-presidente regionale, sarebbe in dubbio la legittimità della sanzione. Ancora, sarebbe, invece, impossibile applicare la sanzione qualora il partito che presenti la candidatura non sia presente nel consiglio regionale;
l'esigenza di chiarire a quale legislatura regionale si applica la decurtazione dei rimborsi, in quanto, essendo erogati in tranches annuali, la riduzione potrebbe applicarsi o alla legislatura in corso, o alla legislatura immediatamente successiva alla elezione nella quale si presenta l'ex presidente, oppure ad entrambe (per la parte residua della legislatura in corso e per parte della nuova legislatura fino alla

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concorrenza dei 5 anni di durata della legislatura regionale);
l'opportunità di specificare espressamente che la sanzione non si applica esclusivamente alla presentazione di candidature per cariche elettive, ma anche alla nomina in organi esecutivi;
allo stesso articolo 2, comma 5, si consideri l'esigenza di disporre in merito agli effetti della rimozione sugli altri organi della regione, anche prevedendo le opportune garanzie affinché, una volta applicato l'istituto, sia assicurata la continuità delle funzioni regionali; ciò anche sulla scorta della giurisprudenza costituzionale che, ritenuto che, in caso o di rimozione, «esiste, dunque, la necessità di un immediato allontanamento dalla carica di chi si sia reso responsabile di gravi illeciti o risulti pericoloso per la sicurezza nazionale» (sentenza n. 12 del 2006), afferma che, «trattandosi di un intervento repressivo statale (non più previsto per la semplice impossibilità di funzionamento, come accadeva nel vecchio testo dell'articolo 126 Cost., ma solo a seguito di violazioni della Costituzione o delle leggi, o per ragioni di sicurezza nazionale), è logico che le conseguenze, anche in ordine all'esercizio delle funzioni fino all'elezione dei nuovi organi, siano disciplinate dalla legge statale, cui si deve ritenere che l'articolo 126, primo comma, della Costituzione implicitamente rinvii nonostante l'avvenuta soppressione del vecchio articolo 126, quinto comma: non potendosi supporre che resti nella disponibilità della Regione disporre la proroga dei poteri di organi sciolti o dimessi a seguito di gravi illeciti, o la cui permanenza in carica rappresenti un pericolo per la sicurezza nazionale.» Pertanto, «in tema di disciplina dell'esercizio dei poteri degli organi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o rimozione, o dopo l'annullamento della elezione, la legge regionale è priva di competenza, almeno fino a quando lo statuto, o rispettivamente la legge statale, abbiano fissato i principi e le regole fondamentali» (sentenza n. 196 del 2003);
al medesimo articolo 2, comma 6, a fini di coordinamento formale, appare opportuno inserire il rinvio al decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario, nel frattempo approvato;
all'articolo 3, ove si prevede la decadenza dei direttori generali, amministrativi e sanitari degli enti del servizio sanitario regionale, nonché dell'assessorato regionale competente, previa verifica delle rispettive responsabilità del dissesto, si valuti l'esigenza di specificare il soggetto competente ad adottare il provvedimento di decadenza e ad effettuare la preliminare verifica;
al medesimo articolo 3, si esamini l'opportunità di allargare il quadro di responsabilità da prendere in considerazione, richiamando tutte le posizioni apicali delle aziende sanitarie;
all'articolo 5, comma 2, si stabilisca il termine per l'emanazione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ivi previsto;
all'articolo 6, comma 1, appare opportuno specificare quale sia la decorrenza del periodo di dieci anni ivi previsto e quale sia l'atto che la disponga, nonché i criteri sia per la determinazione in concreto delle responsabilità definite «gravi» sia per l'individuazione degli «organismi agli stessi riconducibili», ivi menzionati; anche in riferimento alle ipotesi di incompatibilità già previste dall'articolo 236 del TUEL.
all'articolo 7, comma 3, e all'articolo 8, comma 3, che dispongono, rispettivamente che le sanzioni e gli indicatori della virtuosità dell'ente locale «possono essere ridefiniti con legge sulla base delle proposte avanzate dalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica» appare opportuno un approfondimento in merito alla portata delle relative previsioni dalle quali non può derivare l'attribuzione di un effetto vincolante delle suddette proposte per il Parlamento.