CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 13 luglio 2011
510.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani. (Testo unificato C. 3465 Cosenza e C. 4290 Governo, approvato dal Senato).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La XIII Commissione,
esaminato, per le parti di competenza, il testo unificato dei progetti di legge C. 3465 Cosenza e C. 4290 Governo, approvato dal Senato, recante: «Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani»,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente osservazione:

si segnala l'opportunità di integrare la normativa sulla tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, di cui all'articolo 7, in modo da estenderla anche agli alberi secolari tipici del nostro Paese, come, ad esempio, gli ulivi e gli alberi di agrumi.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-05047 Delfino: Iniziative per la conferma degli stanziamenti destinati all'Italia nell'ambito della Politica agricola comune (PAC).

TESTO DELLA RISPOSTA

L'interrogazone presentata dall'onorevole Delfino concerne l'eventuale riduzione del budget agricolo nazionale, derivante dai finanziamenti della politica agricola comune (PAC).
Al riguardo, devo anzitutto premettere che la Commissione ha presentato la proposta riguardante le prospettive finanziarie dell'UE per il periodo 2014/2020.
Da quanto emerge dalla relativa Comunicazione, sarebbe prevista una contrazione complessiva delle risorse destinate alla Rubrica 2 (risorse naturali) che, con riferimento ai prezzi correnti, è stata stimata, dalla Commissione medesima, in ragione di circa il 9,1 per cento, rispetto al precedente periodo di programmazione (2007/2013).
Parimenti, a livello di Unione europea, anche le risorse destinate agli «aiuti diretti» ed alle «misure di mercato» subiranno una diminuzione dell'ordine del 12 per cento circa, rispetto al periodo di programmazione precedente (2007/2013).
Ciò premesso, ritengo doveroso far presente che la mia Amministrazione sta costantemente e attivamente seguendo gli sviluppi del negoziato che, rammento, è ancora in fase preliminare e di competenza del Ministero degli affari esteri.
Mi preme inoltre far presente che, da oltre un anno, il Ministero che rappresento si è attivato sulla problematica della riduzione del budget per la PAC, nonché sulla ben nota tematica della redistribuzione degli aiuti diretti, non solo con interventi presso il Commissario all'agricoltura ma anche sensibilizzando gli altri Ministeri competenti (affari esteri ed economia e finanze).
Al riguardo, evidenzio che il Ministero ha già prodotto materiali di studio e di analisi sulla tematica, divulgati alle altre amministrazioni ed alle organizzazioni agricole.
In ogni caso, rassicuro l'onorevole interrogante che la questione delle prospettive finanziarie 2014/2020 è seguita con la massima attenzione, in collaborazione con le altre Amministrazioni centrali competenti.
Per quanto concerne inoltre la redistribuzione degli aiuti diretti vorrei far presente che l'obiettivo principale perseguito dal Ministero è quello di evitare una cospicua erosione di risorse nell'ambito del budget dei pagamenti diretti assegnato all'Italia.
Al tal fine, stiamo procedendo ad un'approfondita analisi sugli effetti di un'ipotetica redistribuzione dei predetti aiuti che può essere utilizzata anche nell'ambito del difficile negoziato sulle prospettive finanziarie.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-04426 Cenni: Sulla procedura per il riconoscimento del pane toscano quale prodotto a denominazione di origine protetta (DOP).

TESTO DELLA RISPOSTA

L'interrogazione rivolta dall'onorevole Cenni concerne i motivi per cui il Ministero non ha ritenuto completa e idonea la documentazione presentata dal Consorzio di promozione e tutela pane toscano a lievitazione naturale per ottenere l'inserimento del loro prodotto nella categoria delle Denominazioni di origine protetta (DOP).
Al riguardo va chiarito che, affinché una denominazione possa essere registrata come DOP, è necessario dimostrare in che modo tutti i fattori legati all'ambiente che caratterizzano la zona di produzione (suolo, ciclo climatico, fattori umani) intrattengono un rapporto esclusivo con le qualità e le caratteristiche del prodotto stesso.
Occorre, quindi, giustificare la delimitazione della zona geografica, l'omogeneità produttiva della stessa e il nesso di causalità tra le caratteristiche della zona geografica delimitata e il prodotto finale.
In altre parole, bisogna fornire una giustificazione obiettiva e fattuale da cui si possa desumere come le caratteristiche della zona determinano le qualità o le caratteristiche specifiche del prodotto.
Nella fattispecie in esame, la documentazione trasmessa dal predetto consorzio non ha dimostrato il necessario nesso di causalità tra qualità e caratteristiche del prodotto e la zona geografica.
Infatti dalla relazione prodotta, elaborata dalla facoltà di agraria di Firenze, si evidenzia solo che la coltivazione dei cereali in Toscana presenta talune caratteristiche che le rendono «relativamente diverse» da quelle prodotte in altre regioni italiane e che tali caratteristiche «potrebbero» risultare importanti nel determinare le proprietà qualitative del pane toscano.
Pertanto, considerato che la documentazione inoltrata a suo tempo risultava priva delle informazioni necessarie al riconoscimento in parola e che il consorzio non aveva provveduto, come più volte richiesto dall'Ufficio competente, all'adempimento di quanto richiesto, si è proceduto ad archiviare la domanda di registrazione, dandone opportuna comunicazione al soggetto richiedente lo scorso mese di febbraio.
Informo, tuttavia, che la Regione Toscana ha recentemente rappresentato l'avvenuta attivazione, da parte del consorzio, delle istituzioni universitarie per garantire una risposta puntuale alle obiezioni sollevate. Pertanto, non appena sarà trasmessa la nuova documentazione, gli Uffici preposti esamineranno tempestivamente gli elementi portati a sostegno della richiesta di registrazione.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-04513 Nastri: Rafforzamento dell'attività di contrasto alla contraffazione dei prodotti agroalimentari di qualità nella regione Piemonte.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'interrogazione proposta riguarda la contraffazione di prodotti agroalimentari di eccellenza del Made in Italy riscontrata, nel 2010, soprattutto nella regione Piemonte nonché l'opportunità di intensificare i relativi controlli.
Al riguardo, si ribadisce ancora una volta come la qualità dei prodotti agroalimentari italiani rappresenti un valore economico di eccellenza che, tuttavia, si presta ad essere utilizzato da coloro che intendono lucrare guadagni illeciti consistenti, a fronte di «rischi» rappresentati da norme sanzionatone ancora di lieve entità.
La regione Piemonte, in particolare, rappresenta un territorio di elezione nel sistema produttivo nazionale agroalimentare, ricoprendo un ruolo di assoluto rilievo in relazione alla qualità e quantità delle produzioni.
Ciò premesso, fermo restando il ruolo di fondamentale importanza del Corpo Forestale dello Stato che, attraverso l'attività svolta in materia di sicurezza agro-ambientale e agroalimentare, ha fatto emergere in questi anni le criticità presenti nelle principali filiere di produzione, si fa presente che, nell'ambito del Ministero, operano anche altri Organi di controllo che svolgono un'efficace attività di contrasto alla contraffazione dei prodotti alimentari.
In proposito si ricorda che il Regolamento n. 882/2004 impone agli Stati membri di programmare le proprie attività di controllo nell'ambito di un Piano nazionale integrato (PNI), che include tutti i controlli previsti a tutela della salute dei consumatori, del benessere degli animali, della sanità delle piante e a garanzia di pratiche commerciali leali in materia.
In tale ottica operano, per il Ministero, l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), il Comando Carabinieri Politiche Agricole (NAC), lo stesso corpo Forestale dello Stato, nonché il Comando generale del Corpo delle Capitanerie di Porto e l'AGEA (per taluni aspetti specifici in materia di pesca e erogazione di aiuti).
In particolare l'Ispettarato, da solo, svolge oltre il 40 per cento dei controlli di settore e circa l'84 per cento dei controlli realizzati da tutti gli Organi del Dicastero che rappresento, dedicando oltre un terzo dei controlli alle produzioni di qualità regolamentata (vini a DOGC, DOC e IGT, prodotti a DOP e IGP, produzioni da agricoltura biologica, eccetera) in considerazione della rilevanza strategica per l'intero comparto.
Il predetto Organo ha il compito di prevenire e reprimere gli illeciti nei vari settori del comparto agroalimentare attraverso un'attività istituzionalmente improntata alla verifica della qualità merceologica degli alimenti e dei mezzi tecnici di produzione nonché all'accertamento della conformità delle produzioni agroalimentari alle disposizioni normative vigenti.
Per quanto riguarda, nello specifico, la regione Piemonte, l'Ufficio ispettivo dirigenziale dell'ICQRF competente per territorio è quello di Torino che, solo nei primi

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sei mesi di quest'anno, ha eseguito 1348 ispezioni; controllato 1133 operatori (di cui, il 16,4 per cento sono risultati non in regola) e 2870 prodotti (dei quali l'11,9 per cento sono risultati irregolari). Sono stati altresì effettuati 8 sequestri, inoltrate 5 notizie di reato all'autorità giudiziaria competente ed elevate 267 contestazioni amministrative.
Vorrei inoltre evidenziare che, per rendere più efficace l'attività di controllo e assicurare il coordinamento fra le diverse strutture operanti in campo alimentare, presso l'Ispettorato è operativo il Comitato tecnico Ispettorato-altri organi di controllo che riunisce i rappresentanti del Comando Carabinieri Salute (NAS), dei Nuclei di polizia tributaria della Guardia di Finanza, del Corpo Forestale dello Stato, della Polizia di Stato, del Comando Carabinieri Politiche Agricole, del Comando generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, dell'Agenzia delle Dogane e dell'AGEA.
L'Ispettorato, peraltro, in collaborazione con l'Agenzia delle Dogane e le Capitanerie di Porto, ha implementato anche l'attività di monitoraggio dei flussi d'introduzione dei prodotti agroalimentari provenienti da Paesi terzi, proprio al fine di evitare fraudolente commercializzazioni di falsi alimenti made in Italy sul territorio nazionale.
In tale contesto, i controlli sono indirizzati all'accertamento della rispondenza dell'origine dichiarata sui documenti doganali all'atto dell'importazione, rispetto a quella riportata sulle confezioni di prodotti alimentari preconfezionati all'origine, ovvero, per il prodotto acquistato allo stato sfuso, alla veridicità delle indicazioni riportate sui documenti commerciali e sulla successiva etichettatura.

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ALLEGATO 5

Risoluzioni 7-00619 Agostini, 7-00626 Callegari e 7-00627 Dima: Provvedimenti per l'attuazione del fermo biologico della pesca per il 2011.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La XIII Commissione,
premesso che:
il 2011 si caratterizza, per la pesca italiana, per un andamento fortemente negativo, sia per quanto riguarda il consistente calo del pescato sia per quanto riguarda il rialzo dei costi energetici e di produzione, fattori che, combinati insieme, stanno determinando un grave calo dei ricavi;
è ormai un dato acquisito - denunciato unanimemente dai produttori, dalla ricerca e dagli ambientalisti - che la maggior parte degli stock ittici soffre di sfruttamento eccessivo, ovvero superiore alla loro capacità di ricostituzione;
la crescente consapevolezza del ruolo cruciale svolto dai nostri mari e la necessità sempre più pressante di preservarli e di garantirne lo sfruttamento razionale hanno fatto della sostenibilità ecologica nel medio e lungo periodo un aspetto fondamentale delle politiche della pesca a livello europeo e globale;
lo sfruttamento sostenibile delle risorse acquatiche viventi e dell'acquacoltura è uno degli obiettivi principali della politica comune della pesca che, a tal fine, impegna gli Stati membri alla realizzazione di azioni volte alla salvaguardia degli ambienti marini e degli stock ittici;
come evidenziato da recenti studi internazionali, l'80 per cento di tutte le specie presenti nelle acque dell'Unione europea è sovrasfruttato e il numero di pescherecci è troppo elevato rispetto alla quantità di pesce che può essere prelevato;
con riferimento al nostro Paese, si rileva ormai un continuo calo del potenziale di sfruttamento degli stock ittici e un aumento dello stock classificato come ipersfruttato o esaurito, specialmente in alcune aree, quali il bacino adriatico centro-settentrionale dove, per alcune specie marine, il prelievo è arrivato a coincidere con il massimo della loro riproduttività biologica;
l'impoverimento dei nostri mari, oltre a compromettere l'ecosistema e le prospettive di sviluppo sostenibile, danneggia gravemente l'intero comparto ittico, con una crescente contrazione della domanda e un considerevole aumento delle importazioni, incrementate rispetto agli ultimi anni di circa il 37 per cento, da zone dove i costi della pesca sono molto minori e le risorse ittiche più ampie;
secondo il rapporto diramato dalla New Economics Foundation (Nef), l'Europa ha consumato la propria produzione ittica entro il 2 luglio 2011, giorno in cui è scattata la dipendenza dagli altri mercati; per l'Italia, il «Fish Dependence Day» è invece scattato il 30 aprile, giorno nel quale il nostro Paese ha esaurito la quota 2011 e ha iniziato a dipendere dal pescato proveniente da altri mari;
il fermo temporaneo di pesca è uno strumento ecobiologico di grande valenza ambientale, finalizzato al ripopolamento degli stock e alla salvaguardia della biodiversità, che viene applicato da circa un ventennio;
questa misura coinvolge circa 2.600 motopescherecci abilitati ai sistemi a strascico

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e volante, per un totale di circa 7.500 marittimi imbarcati;
nei piani di gestione per GSA (Geographical sub-areas) per il sistema a strascico, presentati dall'Italia alla Commissione europea, è prevista una sospensione dell'attività di pesca fino a 45 giorni indicati prevalentemente nei mesi estivi;
occorre tuttavia prevedere ulteriori misure straordinarie per garantire la riproduzione e l'accrescimento necessari a pervenire ad un equilibrio sostenibile tra risorse acquatiche e loro corretto sfruttamento e a fronteggiare la situazione di emergenza in cui versa l'intero comparto ittico;
le misure da adottare dovranno necessariamente essere accompagnate da misure compensative in favore delle imprese di pesca, che consentano di fronteggiare la grave crisi in atto, con ciò assicurando la sopravvivenza stessa della pesca italiana,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative volte a disporre un tempo di fermo biologico di almeno 60 giorni per tutte le imbarcazioni abilitate alla pesca a strascico e/o volante da attuarsi nell'immediato periodo estivo e a definire modalità di attivazione di eventuali periodi di arresto temporaneo supplementare per specifiche esigenze biologiche;
a prevedere congrue risorse a favore degli operatori del settore, necessarie a compensare l'alleggerimento dello sforzo di pesca e il relativo mancato reddito;
ad attivarsi per l'applicazione della misura della cassa integrazione in deroga per i lavoratori del comparto, estendendola anche ai lavoratori marittimi imbarcati su pescherecci di cui sono proprietari.
(8-00133)
«Agostini, Callegari, Dima, Beccalossi, Delfino, Di Giuseppe, Oliverio, Paolo Russo, Biava, Brandolini, Marco Carra, Catanoso Genoese, Cenni, Cuomo, Dal Moro, De Camillis, Di Caterina, D'Ippolito Vitale, Fiorio, Gottardo, Nastri, Mario Pepe (PD), Romele, Sani, Servodio, Trappolino, Zucchi».

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ALLEGATO 6

Risoluzioni 7-00519 Fiorio, 7-00620 Callegari, 7-00622 Beccalossi e 7-00632 Delfino: Sulle iniziative a tutela del comparto vitivinicolo in vista della liberalizzazione dei diritti di impianto.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La XIII Commissione,
premesso che:
il vino italiano è una fonte importante di ricchezza e di cultura e rappresenta un prestigioso biglietto da visita per il nostro Paese, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo per la sua qualità;
in ragione delle riconosciute particolarità del vino, ovvero della sua specifica natura di prodotto trasformato, oltre che estremamente differenziato in termini di qualità, valore commerciale e mercato di riferimento, l'intento esplicito perseguito dall'Oranizzazione comune di mercato del vino (OCM vino), recepito nel decreto-legislativo n. 61 del 2010, era quello di preservare alcune specificità settoriali; a ciò si aggiungeva la convinzione che in relazione ai prodotti vitivinicoli fosse necessario concentrare lo sforzo finanziario comunitario non tanto sul sostegno del mercato, quanto piuttosto sullo sviluppo di misure di ristrutturazione e di consolidamento del comparto, tese a favorire l'ammodernamento di tutta la filiera. La sfida della competitività, posta come obiettivo prioritario della riforma, richiedeva quindi una politica specifica, complessa e differenziata;
lo strumento efficace di cui si è avvalso finora il settore vitivinicolo per gestire le produzioni è quello dei diritti di impianto; il principio-base è che nuovi vigneti possano essere impiantati solo se supportati da diritti di impianto in mano al viticoltore; qualora emergano particolari esigenze di mercato, è possibile richiedere nuovi impianti, attingendo alle riserve regionali; tale strumento consente indirettamente di controllare la produzione attraverso la gestione del vigneto con l'obiettivo di stabilizzare i prezzi e contrastare le crisi di sovrapproduzione;
l'approvazione della nuova OCM, nonostante le intenzioni iniziali della Commissione, orientata a realizzare una completa liberalizzazione delle superfici vitate dopo i primi tre anni di avvio della riforma, ha mantenuto in vigore il divieto ad impiantare nuovi vigneti fino alla data del 31 dicembre 2015 (articolo 90 del regolamento (CE) n. 479/2008), lasciando facoltà ai Paesi membri di estendere tale data fino al termine del 2018, per tutto o parte del proprio territorio, tramite una decisione da comunicare alla Commissione entro il 1o marzo 2015. Quindi, in base al nuovo regolamento quadro, non oltre l'inizio del 2019 si realizzerà la completa liberalizzazione delle superfici vitate; le motivazioni addotte nella nuova impostazione sono di consentire ai produttori più competitivi di operare all'interno di un sistema in cui sarà possibile reagire con maggiore flessibilità ai processi di aggiustamento della domanda;
fino alla sussistenza del divieto all'impianto di nuovi vigneti, resta in vigore la gestione del potenziale di produzione tramite la costituzione, facoltativa, di una riserva nazionale o di più riserve regionali, alle quali sono assegnati i diritti di nuovo impianto, di reimpianto e i diritti concessi a partire dalla riserva, non utilizzati da parte dei beneficiari

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entro i periodi di tempo prefissati. Alla riserva possono essere conferiti, anche dietro pagamento di un corrispettivo proveniente da risorse nazionali, diritti appartenenti a produttori che non intendono impiegarli; i diritti presenti all'interno di una riserva che restano non assegnati entro il termine delle cinque campagne successive a quella di conferimento alla riserva si estinguono; nel caso esistano più riserve all'interno di un Paese membro è possibile regolamentare il trasferimento di diritti tra riserve;
la possibilità di realizzare un nuovo vigneto, pertanto, resta limitata a tre casi:
a) la concessione di un diritto di nuovo impianto (articolo 91 del regolamento (CE) n. 479/2008) da parte di un Paese membro, limitata ai soli casi già previsti (operazioni di ricomposizione fondiaria, sperimentazione, coltura di piante madri per marze, consumo familiare), con scadenza entro la seconda campagna da quella di concessione; i prodotti ottenuti dalle superfici destinate alla sperimentazione e al consumo familiare non possono in nessun caso essere posti in commercio; i vigneti per il consumo familiare, la sperimentazione e la coltura di piante madri, una volta esaurita la loro funzione originaria, possono essere posti in produzione solo a seguito dell'acquisizione di un idoneo diritto;
b) la concessione di un diritto di reimpianto (articolo 92 del regolamento (CE) n. 479/2008) ai produttori che hanno estirpato una superficie vitata o che si siano impegnati ad estirparla, dietro costituzione di una cauzione, entro la fine del terzo anno successivo a quello in cui è avvenuto il nuovo impianto, qualora non dispongano di diritti in portafoglio sufficienti; i reimpianti possono essere realizzati solo nell'azienda per la quale sono stati concessi, salvo diversa decisione da parte dei Paesi membri che possono consentire il trasferimento, limitatamente ad alcuni casi (trasferimento dell'azienda stessa, destinazione delle superfici alla produzione di vini DOP o IGP o piante madri per marze), assicurando che il trasferimento non determini un aumento del potenziale di produzione, soprattutto nel caso di diritto di impianto esercitato su superfici irrigue, se del caso applicando dei coefficienti di riduzione;
c) la concessione di un diritto di impianto a partire dalla riserva (articolo 93 del regolamento (CE) n. 479/2008), a titolo gratuito ai giovani produttori (con meno di 40 anni) che per la prima volta si insediano a capo di un'azienda, o dietro pagamento di un corrispettivo limitatamente agli impianti destinati a produrre vini con sicuri sbocchi di mercato, da realizzare entro le due campagne successive a quella di assegnazione;
allo Stato membro è fatto obbligo di tenere una registrazione, in taluni casi, di fornire comunicazioni alla Commissione sulla concessione dei diritti di nuovo impianto, di reimpianto anticipato, di trasferimento tra aziende, oltre che sulla gestione dei diritti all'interno della riserva (o riserve);
i diritti hanno raggiunto quotazioni anche rilevanti: per salvaguardare alcune aree e prevenire i rischi di possibili travasi di diritti da una regione all'altra o da aree dove vi era più facile disponibilità di acquisto ad aree più chiuse, progressivamente alla disciplina europea e nazionale si sono andati ad affiancare anche numerosi provvedimenti regionali che hanno reso ancora più rigida la normativa;
nell'attuale crisi economica, l'offerta di vino prevale sulla domanda e la produzione dei Paesi «storici» si rileva superiore alla capacità di assorbimento; la liberalizzazione dei diritti di impianto del settore vitivinicolo, da attuarsi tra il 2015 e il 2018, proposta dal Regolamento (CE) n. 479/2008 - riforma dell'Organizzazione comune del mercato del vino - rischia di destabilizzare ulteriormente l'intero comparto a livello nazionale e comunitario;
poiché i tempi del settore vitivinicolo sono, ai fini degli investimenti, non di

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breve ambito, è chiaro che il settore vitivinicolo europeo, ma fondamentalmente i grandi Paesi produttori, stanno cercando di anticipare il dibattito del 2015 per sapere come intendono muoversi le istituzioni europee; il Presidente della Repubblica francese, Nikolas Sarkozy, e il Governo francese hanno già dimostrato di avere a cuore la questione, che rischia di compromettere il comparto vitivinicolo francese; anche il Governo tedesco si è pronunciato a favore del mantenimento dei diritti di impianto;
al fine di realizzare gli obiettivi di tutela del valore aggiunto e salvaguardare l'eccellenza del prodotto e il lavoro di produttori storici che detengono il patrimonio di conoscenze e capacità, è necessario mantenere le attuali licenze produttive a garanzia di un equilibrato rapporto tra produzione e mercato e tra superfici vitate e sviluppo delle varie denominazioni,

impegna il Governo:

a valutare come combinare gli orientamenti di fondo della riforma, volta all'abbandono di superati e dispendiosi mezzi di gestione del settore e del mercato e all'incentivazione della competitività della produzione europea, con la tutela del patrimonio vitivinicolo nazionale e a verificare come regolare gli investimenti di giovani imprenditori, senza determinare fenomeni di inflazione del mercato;
ad intervenire, in sede comunitaria, al fine di pervenire ad una revisione delle disposizioni previste dal regolamento (CE) 479/2008, che stabiliscono, a partire dal 1o gennaio 2016, la liberalizzazione dei diritti di impianto, i cui effetti negativi e penalizzanti esposti in premessa rischiano di determinare evidenti danni economici sull'intera filiera vitivinicola italiana, con innegabili ripercussioni sul piano occupazionale del comparto interessato;
a perseguire con la massima determinazione strumenti alternativi di regolazione della produzione che possono essere attuati per garantire il controllo e la gestione delle produzioni europee, con particolare riguardo ai vini italiani DOCG, DOC e IG.
(8-00134)
«Fiorio, Callegari, Beccalossi, Delfino, Di Giuseppe, Oliverio, Paolo Russo, Agostini, Biava, Brandolini, Marco Carra, Catanoso Genoese, Cenni, Dal Moro, De Camillis, De Girolamo, Di Caterina, Dima, D'Ippolito Vitale, Faenzi, Fogliato, Gottardo, Marrocu, Nastri, Romele, Sani, Servodio, Trappolino, Zucchi».