CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 22 giugno 2011
500.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-04544 Motta: Sulla revisione delle piante organiche del Corpo forestale dello Stato, con riferimento alle carenze di personale nella regione Emilia Romagna e in particolare nella provincia di Parma.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'interrogazione in oggetto riguarda la carenza di personale in cui versa il Corpo forestale dello Stato e, in particolare, il relativo comando provinciale di Parma.
Al riguardo, vorrei anzitutto far presente che il Corpo forestale dello Stato nel corso degli ultimi anni ha emanato appositi provvedimenti che hanno stabilito le relative piante organiche per garantire un'equilibrata distribuzione territoriale del personale (successivamente rimodulate a seguito delle proposte dei comandanti regionali) e dettato i criteri per la valutazione delle domande di trasferimento.
Tali disposizioni prevedono, peraltro, una revisione biennale dell'allocazione del personale, in considerazione delle esigenze di servizio nonché della razionalizzazione, anche a fini economici, delle strutture territoriali e centrali del Corpo.
In proposito, tengo a precisare che la riunione del tavolo tecnico cui l'interrogante si riferisce, altro non è che la prosecuzione di lavori avviati nel 2007 relativamente alla revisione in parola, con il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali rappresentative.
La carenza di organico determinatasi negli ultimi anni, stante il modesto turn over dovuto all'esiguità delle dotazioni organiche di ruolo stabilite per legge potrà, tuttavia, essere colmata con gradualità nel corso dei prossimi tempi. Per iniziare, segnalo l'imminente assegnazione di 90 agenti di nuova nomina (che termineranno il corso il prossimo mese di luglio), la cui distribuzione sul territorio avverrà in considerazione delle maggiori carenze di personale riscontrate nelle varie Regioni.
Per quanto riguarda l'Emilia-Romagna, informo che l'appello nazionale per i trasferimenti a domanda per l'anno 2011 prevede una mobilità in entrata pari a 153 posti, di cui, 5 funzionari del ruolo direttivo, 57 ispettori, 43 sovrintendenti, 39 assistenti e agenti, 5 periti e 4 revisori.
In particolare, per la provincia di Parma, sono previsti 31 posti, di cui, 12 ispettori, 8 sovrintendenti, 10 assistenti e agenti e 1 revisore.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-04490 Delfino: Sulle iniziative per promuovere un accordo sul prezzo del pomodoro da industria.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'interrogazione in oggetto riguarda la promozione di un tavolo di confronto con le parti interessate al fine di definire l'accordo sul prezzo del pomodoro da industria.
Al riguardo, vorrei precisare che lo scorso mese di marzo si è tenuta una riunione con tutte le parti interessate (organizzazioni professionali, centrali cooperative, unioni nazionali di produttori ortofrutticoli, organizzazione interprofessionale del settore ortofrutticolo, rappresentanze delle industrie di trasformazione) per sollecitare la definizione dell'accordo interprofessionale nazionale del settore pomodoro da industria.
La filiera sta attualmente valutando la possibilità di stipulare, per il tramite dell'organismo interprofessionale riconosciuto per il settore ortofrutticolo (ORTOFRUTTA ITALIA), un'intesa di filiera ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 102 del 2005, al fine di definire i contenuti dell'accordo nazionale del pomodoro da industria.
A breve, sarà convocato un ulteriore tavolo di confronto con la filiera del settore per verificare l'effettiva volontà delle parti ad addivenire alla stipula della relativa intesa.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-01000 Siragusa: Sui danni alle aziende agricole provocati dal maltempo che ha colpito la Sicilia nel 2008-2009 e sulla crisi dell'agricoltura siciliana.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'interrogazione in oggetto riguarda gli eventi calamitosi che, negli anni 2008 e 2009, hanno causato danni alle strutture aziendali nella regione Sicilia.
Al riguardo, faccio presente che il Ministero che rappresento, in accoglimento delle proposte pervenute da parte della regione Siciliana, ha riconosciuto l'eccezionalità degli eventi calamitosi segnalati dall'interrogante, ai fini dell'attivazione delle provvidenze del fondo di solidarietà nazionale nelle aree delimitate.
In particolare, con il decreto ministeriale 18 febbraio 2009 è stata riconosciuta l'eccezionalità dell'evento calamitoso relativo alle gelate verificatesi nel febbraio 2009 nelle Province di Enna, Siracusa e Catania. Con successivo decreto di riparto del 4 settembre 2009, è stata assegnata ed erogata alla Regione Sicilia, per questo e per altri eventi riconosciuti eccezionali nel corso dell'anno 2008 e nel primo semestre dell'anno 2009, la somma di euro 6.606.000.
Per quanto riguarda, invece, le piogge alluvionali verificatesi tra l'autunno 2008 e l'inverno 2009 nelle province di Agrigento, Trapani, Catania, Palermo, Ragusa, Enna, Messina, con il decreto ministeriale 3 agosto 2010 è stato riconosciuto lo stato di calamità naturale, mentre per la provincia di Caltanissetta si è provveduto con successivo decreto ministeriale 18 ottobre 2010.
Informo, inoltre, che sono state avviate le procedure ai fini della ripartizione delle somme assegnate al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, da parte della Protezione civile, per gli interventi compensativi a valere sul Fondo per la protezione civile, tra le quali sono comprese anche quelle della Regione Siciliana riguardanti l'evento in questione ed altri eventi riconosciuti eccezionali nel periodo di riferimento del piano di riparto stesso.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-04683 Nastri: Sulle conseguenze sulla filiera risicola italiana dell'eventuale introduzione di un regime di pagamenti PAC «disaccoppiati».

TESTO DELLA RISPOSTA

L'interrogazione proposta riguarda l'entrata in vigore, dal 2012, del regime dei pagamenti "disaccoppiati" e le temute ripercussioni nel settore della risicoltura.
Al riguardo, vorrei anzitutto ricordare che il disaccoppiamento totale e l'integrazione nel regime di pagamento unico di tutti i pagamenti che ancora sono rimasti accoppiati è stato deciso con il Regolamento (CE) n. 73/2009.
In particolare, il meccanismo per l'integrazione dei sostegni accoppiati nel regime di pagamento unico prevede la possibilità di attribuire gli importi specifici agli agricoltori che hanno ricevuto un sostegno nel settore nel corso di uno o più anni del periodo 2005-2008.
Pertanto, per il riso, l'aiuto specifico rimarrà accoppiato per l'anno in corso mentre, dal prossimo anno, sarà integrato nel regime di pagamento unico.
A partire dal 2012, quindi, l'attuale massimale finanziario destinato all'aiuto specifico per il riso (pari a 99,473 milioni di euro) sarà attribuito ai risicoltori sotto forma di titoli all'aiuto del regime di pagamento unico comportando, per gli stessi risicoltori, un incremento del valore del proprio portafoglio titoli.
Per quanto riguarda, invece, le iniziative per salvaguardare l'intera filiera risicola italiana, vorrei rassicurare l'onorevole interrogante che l'Amministrazione che rappresento, nell'ambito del negoziato sulla nuova politica agricola comune (PAC), è già impegnata a proporre soluzioni idonee a salvaguardare i relativi investimenti produttivi che, oltre ad avere una tradizione secolare ed un considerevole valore culturale, paesaggistico ed ambientale, rappresentano una delle forme più evolute di agricoltura del nostro Paese e contribuiscono all'affermazione del Made in Italy attraverso la produzione di varietà uniche al mondo.

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ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-04386 Brandolini: Sulla revisione delle piante organiche del Corpo forestale dello Stato, con riferimento alle carenze di personale nella regione Emilia Romagna.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'interrogazione in oggetto riguarda la revisione delle piante organiche del Corpo Forestale dello Stato.
Al riguardo, vorrei anzitutto evidenziare che il Corpo forestale dello Stato, sebbene posto alle dirette dipendenze del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, si avvale di organizzazione e organico distinti da quelli del relativo Ministero.
Ciò premesso evidenzio che, in linea con quanto stabilito dalla legge n. 36 del 2004, con decreto 20 dicembre 2007 del capo del Corpo forestale dello Stato, sono state stabilite le relative piante organiche per garantire un'equilibrata distribuzione territoriale del personale, successivamente rimodulate con decreto del 15 luglio 2009 a seguito delle proposte dei comandanti regionali.
La norma prevede, tra l'altro, una revisione biennale che tenga conto di nuove esigenze di servizio e della riduzione o incremento delle strutture territoriali e centrali del Corpo.
Per quanto riguarda la riunione tenutasi il 31 gennaio scorso presso l'ispettorato generale, cui l'interrogante fa riferimento, vorrei precisare che si è trattato solo di un proseguimento di lavori del tavolo tecnico avviati nel 2007 con il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali rappresentative.
Allo stato attuale, il suddetto gruppo di lavoro non ha ancora formalizzato alcuna proposta che peraltro, dopo l'esame in ambito sindacale, sarà sottoposta alle determinazioni che l'ispettorato generale vorrà assumere.

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ALLEGATO 6

Risoluzioni n. 7-00588 Oliverio e n. 7-00596 Paolo Russo: Interventi per sostenere e valorizzare la castanicoltura.

PROPOSTA DI TESTO UNIFICATO DELLE RISOLUZIONI

La XIII Commissione,
premesso che:
l'Italia è tra i principali produttori ed esportatori mondiali di castagne. In particolare, è il primo esportatore mondiale per valori degli scambi e il secondo per quantità scambiate, dopo la Cina;
è da tutti riconosciuto l'elevato valore nutrizionale e organolettico della produzione castanicola italiana;
la produzione italiana, in termini di quota sulla produzione mondiale, è tuttavia passata dall'11 per cento al 4 per cento a causa dell'aumento della produzione cinese;
tale andamento si riflette inevitabilmente ed è anche concausa della drastica riduzione sia del numero delle aziende agricole, sia della superficie investita. Nel giro di circa 30 anni, le aziende si sono ridotte del 75 per cento e la superficie investita in castagneto da frutto del 62 per cento;
in particolare, tra il 2000 e il 2003 vi è stata una drastica ristrutturazione dei castagneti coltivati che ha portato alla riduzione del 50 per cento del numero delle aziende e del 30 per cento delle superfici;
secondo dati ISTAT del 2007, la superficie coltivata a castagneti è concentrata soprattutto nelle regioni centro-meridionali e, in particolare, in Campania, Calabria, Toscana e Lazio, mentre le regioni del nord maggiormente interessate dalla castanicoltura sono il Piemonte e l'Emilia-Romagna;
i terreni vocati alla produzione castanicola ricadono in zone altamente disagiate dal punto di vista infrastrutturale, tanto da rendere difficoltoso finanche l'utilizzo di mezzi meccanici per le operazioni di coltura e raccolta e, in generale, per le operazioni necessarie allo sviluppo del ciclo biologico della castagna;
da ciò consegue la necessità di fare ricorso al lavoro prevalentemente manuale, sia per le operazioni colturali, sia per il trasporto dei prodotti stessi. Si è così verificato un imponente processo di abbandono da parte dei sempre meno numerosi e, al tempo stesso, più anziani coltivatori, che trovano antieconomica tale attività, continuando a praticarla solo per amore della terra;
tale abbandono determina il degrado del tessuto sociale degli insediamenti umani, con la perdita di attività e di forme di lavoro che erano diventate con il tempo una parte fondamentale della cultura di questi territori, nonché una progressiva alterazione del paesaggio con la crescente e vistosa presenza di zone incolte o, meglio, abbandonate a sé stesse;
il fenomeno produce inoltre gravi danni all'assetto del territorio che, privato della costante manutenzione da parte degli agricoltori, risulta più vulnerabile agli incendi e al dissesto idrogeologico. Infatti, considerata la funzione che i terreni curati o lavorati svolgono nell'opera di regimentazione

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delle acque e di imbrigliamento delle stesse, si comprende come il loro degrado finisca per causare l'inaridimento dei suoli e un crescente rischio idrogeologico;
oltre ai fattori di criticità sopra evidenziati, la coltivazione di castagne sta vivendo anche un'altra, gravissima, emergenza legata all'attacco del cinipide del castagno, un parassita originario della Cina che sta mettendo a rischio centinaia di ettari di castagneti,

impegna il Governo:

a sostenere e valorizzare la castanicoltura, adottando tutte le iniziative necessarie ed opportune, anche attraverso la predisposizione di misure di carattere fiscale o indennitario ovvero consistenti in contributi per il recupero, la manutenzione e la salvaguardia dei castagneti o per il ripristino dei castagneti abbandonati;
ad attivarsi affinché le predette iniziative e misure di sostegno possano essere applicate con urgenza, provvedendo tempestivamente all'individuazione, d'intesa con le regioni, dei territori interessati e alla definizione delle modalità e delle procedure di applicazione, anche con riferimento alle competenze dei diversi livelli di governo interessati;
a prevedere che ogni misura a sostegno delle colture castanicole sia prioritariamente rivolta ai castagneti infestati dal cinipide del castagno;
a promuovere iniziative di ricerca e sperimentazione, anche sostenendo i progetti già attivati.
«Paolo Russo, Oliverio, Beccalossi, Callegari, Delfino, Di Giuseppe, Agostini, Brandolini, Carella, Marco Carra, Cenni, De Camillis, Dima, Faenzi, Fiorio, Gottardo, Nastri, Negro, Mario Pepe (PD), Rainieri, Romele, Servodio, Sposetti, Zucchi».

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ALLEGATO 7

Risoluzioni n. 7-00588 Oliverio e n. 7-00596 Paolo Russo: Interventi per sostenere e valorizzare la castanicoltura.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La XIII Commissione,
premesso che:
l'Italia è tra i principali produttori ed esportatori mondiali di castagne. In particolare, è il primo esportatore mondiale per valori degli scambi e il secondo per quantità scambiate, dopo la Cina;
è da tutti riconosciuto l'elevato valore nutrizionale e organolettico della produzione castanicola italiana;
la produzione italiana, in termini di quota sulla produzione mondiale, è tuttavia passata dall'11 per cento al 4 per cento a causa dell'aumento della produzione cinese;
tale andamento si riflette inevitabilmente ed è anche concausa della drastica riduzione sia del numero delle aziende agricole, sia della superficie investita. Nel giro di circa 30 anni, le aziende si sono ridotte del 75 per cento e la superficie investita in castagneto da frutto del 62 per cento;
in particolare, tra il 2000 e il 2003 vi è stata una drastica ristrutturazione dei castagneti coltivati, che ha portato alla riduzione del 50 per cento del numero delle aziende e del 30 per cento delle superfici;
secondo dati ISTAT del 2007, la superficie coltivata a castagneti è concentrata soprattutto nelle regioni centro-meridionali e, in particolare, in Campania, Calabria, Toscana e Lazio, mentre le regioni del nord maggiormente interessate dalla castanicoltura sono il Piemonte e l'Emilia-Romagna;
i terreni vocati alla produzione castanicola ricadono in zone altamente disagiate dal punto di vista infrastrutturale, tanto da rendere difficoltoso finanche l'utilizzo di mezzi meccanici per le operazioni di coltura e raccolta e, in generale, per le operazioni necessarie allo sviluppo del ciclo biologico della castagna;
da ciò consegue la necessità di fare ricorso al lavoro prevalentemente manuale, sia per le operazioni colturali, sia per il trasporto dei prodotti stessi. Si è così verificato un imponente processo di abbandono da parte dei sempre meno numerosi e, al tempo stesso, più anziani coltivatori, che trovano antieconomica tale attività, continuando a praticarla solo per amore della terra;
tale abbandono determina il degrado del tessuto sociale degli insediamenti umani, con la perdita di attività e di forme di lavoro che erano diventate con il tempo una parte fondamentale della cultura di questi territori, nonché una progressiva alterazione del paesaggio con la crescente e vistosa presenza di zone incolte o, meglio, abbandonate a sé stesse;
il fenomeno produce inoltre gravi danni all'assetto del territorio che, privato della costante manutenzione da parte degli agricoltori, risulta più vulnerabile agli incendi e al dissesto idrogeologico. Infatti, considerata la funzione che i terreni curati o lavorati svolgono nell'opera di regimentazione

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delle acque e di imbrigliamento delle stesse, si comprende come il loro degrado finisca per causare l'inaridimento dei suoli e un crescente rischio idrogeologico;
oltre ai fattori di criticità sopra evidenziati, la coltivazione di castagne sta vivendo anche un'altra gravissima emergenza legata all'attacco del cinipide del castagno, un parassita originario della Cina che sta mettendo a rischio centinaia di ettari di castagneti,

impegna il Governo:

a sostenere e valorizzare la castanicoltura, adottando tutte le iniziative necessarie ed opportune, anche attraverso la predisposizione di misure di carattere fiscale o indennitario ovvero consistenti in contributi per il recupero, la manutenzione e la salvaguardia dei castagneti o per il ripristino dei castagneti abbandonati;
ad attivarsi affinché le predette iniziative e misure di sostegno possano essere applicate con urgenza, provvedendo tempestivamente all'individuazione, d'intesa con le regioni, dei territori interessati e alla definizione delle modalità e delle procedure di applicazione, anche con riferimento alle competenze dei diversi livelli di governo interessati;
a prevedere che ogni misura a sostegno delle colture castanicole sia prioritariamente rivolta ai castagneti infestati dal cinipide del castagno;
a promuovere forme di coordinamento presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali tra le università e gli enti di ricerca e sperimentazione, anche sostenendo i progetti già attivati.
(8-00128)
«Paolo Russo, Oliverio, Beccalossi, Callegari, Delfino, Di Giuseppe, Agostini, Brandolini, Carella, Marco Carra, Cenni, De Camillis, Dima, Faenzi, Fiorio, Gottardo, Nastri, Negro, Mario Pepe (PD), Rainieri, Romele, Servodio, Sposetti, Zucchi».

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ALLEGATO 8

Risoluzioni n. 7-00548 Oliverio e n. 7-00610 Di Giuseppe: Provvedimenti per fronteggiare la batteriosi che sta colpendo le coltivazioni di kiwi.

PROPOSTA DI TESTO UNIFICATO DELLE RISOLUZIONI

La XIII Commissione,
premesso che:
il kiwi è coltivato in Italia su una superficie pari a circa 29.000 ettari, concentrati per l'86 per cento in cinque regioni (Lazio 32 per cento; Piemonte 21 per cento; Emilia-Romagna 14 per cento; Veneto 13 per cento; Calabria 6 per cento), la cui produzione è esportata per oltre il 70 per cento del suo potenziale (più di 360.000 tonnellate esportate nel 2009, pari al 76 per cento dell'offerta nazionale). La produzione di kiwi in Italia si attesta sulle 460.000 tonnellate di prodotto commercializzabile, cui si può attribuire un valore commerciale medio pari a circa 800/900 euro a tonnellata, con un valore economico stimabile in circa 400 milioni di euro;
fino a poco tempo fa, l'Italia era il primo produttore mondiale di kiwi, coltura che ha rappresentato in regioni come il Lazio e l'Emilia Romagna un forte elemento di sviluppo economico per i territori. Tale produzione da alcuni anni è soggetta all'attacco di una grave patologia che sta causando molti problemi e danni;
i primi focolai della malattia si sono registrati nel 2007; nel Lazio vi sono state le prime segnalazioni di problematiche patologiche a carico delle piante di actinidia, riconducibili all'agente del «cancro batterico dell'actinidia»;
il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha finanziato, nell'anno 2010, un progetto biennale per debellare la più terribile delle malattie dell'actinidia, il cancro batterico causato da Pseudomonas syringae pv. Actinidiae; nel progetto era prevista l'attività di esperti scientifici di consolidata esperienza del CRA-Centro di ricerca per la patologia vegetale, con il supporto del servizio fitosanitario centrale e dei servizi fitosanitari regionali;
i risultati delle indagini avrebbero dovuto consentire l'elaborazione di linee guida di monitoraggio e prevenzione della batteriosi, grazie anche al finanziamento stanziato dalla regione Lazio e dalla regione Emilia Romagna;
in considerazione del rischio fitosanitario associato a detto batterio e alla sua pericolosità per gli impianti di actinidia doveva essere predisposto uno studio del Comitato fitosanitario nazionale per formulare un provvedimento che prevedesse misure d'emergenza da applicare all'attività vivaistica e alla movimentazione del materiale di moltiplicazione delle piante di actinidia;
in realtà ci si di trova di fronte ad un disastro che ha colpito in modo irrecuperabile migliaia di ettari di coltivazione di actinidia presenti in tutta Italia;
i fondi stanziati sono serviti solo a finanziare studi e ricerche che in due anni non hanno prodotto alcun esito né sono stati in grado di trovare soluzioni per fronteggiare la gravissima situazione in cui versano moltissime aziende agricole;

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è da rilevare che le prescrizioni previste sul tutto il territorio nazionale dal Comitato fitosanitario nazionale e dalla Conferenza Stato-regioni non hanno ottenuto alcun risultato di fronte all'emergenza creatasi;
la regione Piemonte e la regione Emilia Romagna hanno stanziato indennizzi a favore delle aziende colpite che ammonterebbero a venti euro a pianta o diecimila euro a ettaro, che pur essendo un piccolo aiuto, non potranno mai coprire il danno subito dalle aziende agricole interessate, che per gli investimenti già fatti e per l'aspettativa di un raccolto che non ci sarà soffriranno un danno economico di circa settantamila euro a ettaro;
la regione Lazio non ha attuato i controlli necessari nelle aziende produttrici di actinidia e risulta che non abbia ancora emesso nessun provvedimento di risarcimento per le aziende colpite;
fino ad ora gli interventi specifici sono stati richiesti solo a carico delle aziende agricole colpite dalla batteriosi, che non solo dovranno fronteggiare la perdita del prodotto per almeno sei anni, due di quarantena del terreno e quattro in attesa che le nuove piante possano di nuovo entrare in produzione, ma si dovrebbero fare anche carico della spesa della distruzione delle piante infette che dovranno essere estirpate e distrutte mediante incenerimento o interramento profondo in loco; tali prescrizioni richiedono un enorme lavoro e determinano un considerevole inquinamento atmosferico visto che le piante malate, ma ancora verdi, per essere bruciate devono essere cosparse di carburante;
tramite un provvedimento annunciato dal dirigente dell'area servizi tecnici e scientifici, servizio fitosanitario regionale del Lazio, sembra si voglia indicare come infetto il terreno dove vengono riscontrate anche solo due piante malate, senza tener conto che il frutto del kiwi non può essere prodotto qualora la pianta sia malata. In questo modo non si permetterebbe la vendita e commercializzazione del prodotto sano, penalizzando le aziende agricole in maniera ancora più incisiva;
la situazione è talmente grave che sicuramente, se non verrà affrontata nei modi e nei tempi necessari, nel giro di due anni non ci sarà più una coltivazione di kiwi su tutto il territorio nazionale. Già nel Lazio su dodicimila ettari di actinidia sono andati distrutti circa ottomila ettari; il cosiddetto kiwi giallo è sparito e anche il 30 per cento del kiwi verde è stato attaccato; la situazione sta peggiorando giorno per giorno con il procedere della stagione;
migliaia di agricoltori che fino ad oggi hanno potuto sopravvivere grazie a questa coltivazione si troveranno senza un reddito e senza la prospettiva di ottenere un'altra fonte di reddito in breve tempo per sopperire alle prevedibili gravissime perdite e si troveranno anche a non poter far fronte ai debiti con le banche, frutto degli investimenti fatti per impiantare le coltivazioni di actinidia;

impegna il Governo:

vista l'importanza socio-economica di tale produzione, ad adottare misure urgenti a fine di contrastare, efficacemente, nei modi e nei tempi utili, tale fenomeno e a stroncarne la diffusione in Italia;
ad intervenire per verificare le ragioni del ritardo nell'individuazione di strumenti concreti atti a sconfiggere la batteriosi del kiwi e a chiarire se e in quali tempi sia possibile avere risposte scientifiche concrete, a tal fine promuovendo:
a) la costituzione di una task force scientifica in grado di fornire tutte le informazioni sul patogeno, sulle modalità di propagazione e quant'altro sia utile per debellarlo;
b) la costituzione di una task force tecnica in grado di raccogliere tutte le informazioni utili alla creazione di una linea guida tecnica per la prevenzione del rischio di diffusione del patogeno;

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c) la costituzione di un catasto degli impianti di kiwi dove iscrivere e schedare tutti gli impianti con l'indicazione dei dati relativi alla presenza della batteriosi (assumendo iniziative volte a condizionare gli indennizzi alla iscrizione al catasto e a prevedere una sanzione amministrativa per la mancata iscrizione);
d) il controllo sanitario delle piante dei vivai con l'eliminazione di quelle infette;
e) l'avvio di un adeguato progetto di ricerca finalizzato allo sviluppo di soluzioni tecniche innovative della coltivazione, a partire dal miglioramento genetico, per creare resistenze alle principali patologie e piante a minor fabbisogno di elementi nutritivi;
a sostenere le aziende colpite dalla situazione di crisi esposta in premessa mediante aiuti diretti, anche decretando lo stato di crisi del comparto agricolo di riferimento, per evitare la definitiva scomparsa di un numero considerevole di aziende agricole e il crollo economico dell'indotto che ruota intorno alla commercializzazione di questo prodotto che fino ad oggi ha visto l'Italia come primo produttore mondiale;
a portare il problema della batteriosi all'attenzione degli organismi dell'Unione europea al fine di ottenere la messa a disposizione delle risorse necessarie per contrastare la diffusione del patogeno in altre aree, ancora oggi con basso livello di infezione, per tutelare la produzione europea e per evitare massicce importazioni di kiwi da Paesi terzi;
a predisporre un'apposita campagna di informazione e di promozione del kiwi, al fine di evitare che comunicazioni ingannevoli possano ulteriormente penalizzare il comparto;
a prevedere, decretando anche lo stato di crisi del comparto agricolo di riferimento, aiuti diretti ai produttori che intervengono sui focolai di infezione, con la distruzione delle piante infette e la successiva sostituzione con piante sane.
«Oliverio, Di Giuseppe, Albonetti, Amici, Brandolini, Marco Carra, Carella, Cuomo, Dal Moro, Delfino, Messina, Mario Pepe (PD), Rota e Zucchi».