CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 27 aprile 2011
472.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO
Pag. 122

ALLEGATO 1

Documento di economia e finanza 2011 (Doc. LVII, n. 4).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VIII Commissione,
esaminato il Documento di economia e finanza 2011 (Doc. LVII, n. 4), con i relativi Allegati, riguardanti le infrastrutture strategiche (Allegato III) e lo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra (Allegato IV), ai sensi dell'articolo 10, commi 8 e 9, della legge n. 196 del 2009, come modificati dalla legge 7 aprile 2011, n. 39;
premesso che nell'ambito della III sezione del DEF, che reca il Programma nazionale di riforma (PNR), sono comprese le riforme strutturali già avviate e quelle programmate dal Governo per il raggiungimento degli obiettivi nazionali fissati dalla Strategia Europa 2020;
rilevato che:
per quanto riguarda le opere pubbliche, il Governo individua, tra le priorità, rispetto a quanto esposto analiticamente nel PNR, l'introduzione di percentuali fisse predeterminate sia per le cosiddette «riserve» che per le cosiddette «opere compensative», allo scopo di evitare un allungamento dei tempi e una lievitazione dei costi della realizzazione delle opere pubbliche in Italia;
il Governo intende far confluire le indicazioni di alcune politiche di strategica importanza per il PNR, quali l'evoluzione delle reti Ten-T e l'avanzamento del Piano per il Sud, nella Nota di aggiornamento del DEF, prevista dall'articolo 10-bis della legge n. 196 del 2009 inserito dalla legge n. 39/2011, che sarà presentata alle Camere nel mese di settembre 2011, anche per tenere conto della fase di aggiornamento delle Intese Generali Quadro con le regioni e di quanto previsto dagli artt. 16 e 22 della L. 42/2009, compresa l'individuazione di indicatori infrastrutturali e di servizio connessi al Programma infrastrutture strategiche;
considerato che:
appare necessario l'inserimento nella «legge obiettivo» di ulteriori opere di carattere strategico;
assume un ruolo di particolare importanza il completamento degli assi europei di collegamento del Paese con l'Europa centrale;
l'Allegato sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra elenca alcune misure che sono attualmente in corso di revisione, come ad esempio quelle riguardanti gli incentivi al settore fotovoltaico, e pertanto è necessario acquisire informazioni aggiornate circa la portata di tali nuovi interventi per valutarne l'efficacia nel perseguimento dell'obiettivo di Kyoto, eventualmente nell'ambito della presentazione della Nota di aggiornamento del DEF;
tra le misure prospettate dal Governo per il perseguimento degli obiettivi della Strategia Europa 2020, per un'economia eco-efficiente, è opportuno che si prevedano interventi riguardanti la valutazione e la certificazione della qualità dell'edilizia residenziale in coerenza con quanto previsto dalla proposta di legge attualmente all'esame della Commissione sul sistema casa-qualità,

Pag. 123

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
si impegni il Governo, in coerenza con quanto enunciato nel 9o Allegato infrastrutture strategiche, ad aggiornare lo stesso in occasione della presentazione della Nota di aggiornamento del DEF, che il Governo presenterà alle Camere nel mese di settembre 2011, alla luce degli sviluppi della politica europea sul sistema delle reti TEN-T, della fase di aggiornamento delle Intese Generali Quadro con le regioni, nonché delle politiche nazionali in ordine all'utilizzo dei fondi comunitari;
sia inserita tra le opere della legge obiettivo la Variante SS47-Valsugana (VI-PD): Collegamento tra Pedemontana (a Casello Bassano Ovest) e Limena;
si preveda un adeguato cofinanziamento statale per la realizzazione della Strada Mediana: Collegamento tra l'Autostrada A22 «del Brennero» a Nogarole Rocca e l'Autostrada A4 «Brescia-Verona-Vicenza Padova» a Soave S Bonifacio;
sia inserita tra le opere della legge obiettivo la variante della Tremezzina (SS 340 «Regina»), arteria stradale di collegamento internazionale, prioritaria rispetto al miglioramento della mobilità e alla messa in sicurezza di tratti ad elevato rischio di dissesto idrogeologico;
si impegni il Governo ad aggiornare l'Allegato sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, in occasione della Nota di aggiornamento del DEF, al fine di valutare l'efficacia di talune misure attualmente in corso di revisione nel raggiungimento degli obiettivi di Kyoto e di fornire un dato aggiornato concernente il gap annuale medio nel periodo 2008-2012;
si impegni il Governo a rivedere il Piano di azione nazionale (PAN) per le energie rinnovabili, anche al fine di ridefinire gli obiettivi riguardanti i settori fotovoltaico ed eolico, rivedendo in particolare il limite degli 8.000 MW relativamente al fotovoltaico;
si introduca nella parte di competenza del PNR un esplicito riferimento alle misure riguardanti la valutazione e la certificazione della qualità dell'edilizia residenziale nell'ambito di un «sistema casa-qualità», secondo quanto previsto dalla relativa proposta di legge C. 1952 di iniziativa parlamentare.

Pag. 124

ALLEGATO 2

Documento di economia e finanza 2011 (Doc. LVII, n. 4).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO DEL GRUPPO ITALIA DEI VALORI

L'VIII Commissione,
esaminato il Documento di economia e finanza 2011;
considerato che:
il dibattito sul DEF italiano va inquadrato nella cornice europea dopo la sostituzione del Patto di, stabilità (e crescita) siglato a Maastricht nel 1991 con uno strumento molto più stringente: il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) da approvare a giugno da parte del Consiglio europeo. Questo dovrebbe prevedere, tra, l'altro, interventi automatici di un Fondo europeo dotato di risorse pari a 500 miliardi di euro in cambio di cure drastiche. Il primo passo in questa direzione è già stato compiuto nel Consiglio europeo del 24-25 marzo con l'accordo sul Patto Euro Plus (PEP);
le economie più in difficoltà del Continente saranno messe sotto amministrazione controllata da parte della Banca centrale europea secondo i principi di un nuovo Frankfurt consensus;
l'interesse a stabilizzare i sistemi finanziari di alcuni paesi europei è così forte perché, stando agli ultimi dati della Banca dei regolamenti internazionali (giugno 2010), il sistema bancario tedesco è esposto sulla Grecia per 65,4 miliardi, sull'Irlanda per 186,4, sul Portogallo per 44,3 e sulla Spagna per 216,6, e che solo prestiti internazionali possono salvare le banche tedesche per le quali un crack finanziario dei propri debitori avrebbe effetti devastanti;
si sta in pratica edificando, come da tempo chiedevano i più illuminati fra, gli economisti, un governo dell'economia europeo che si affiancherà alla moneta unica;
l'obiettivo non è più quello di un indebitamento annualmente non superiore al 3 per cento del Pil, ma è ora il pareggio annuale. E il 2015 non sarà l'anno di avvio per l'applicazione delle nuove regole, ma l'anno in cui si comincerà a verificare come le si è applicate nel triennio precedente, e quindi a partire dal 2012;
sarà introdotta la regola che qualunque entrata ulteriore a quelle poste in bilancio dovrà andare a riduzione del disavanzo, mai a copertura di nuove o maggiori spese;
c'è anche l'impegno ad introdurre in Costituzione il vincolo della disciplina di bilancio;
rileviamo un paradosso: i debiti pubblici sono fortemente cresciuti durante la crisi più che altro per gli interventi di salvataggio delle banche e di sostegno ai mercati finanziari. In sostanza, i debiti privati sono stati scaricati sugli Stati e i debiti privati sono dunque diventati debito pubblico. I mercati finanziari si rivolgono oggi proprio contro i governi che li hanno salvati (a spese dei contribuenti) perché oberati da troppi debiti. Oltretutto i Paesi in difficoltà (con l'eccezione della Grecia) erano Paesi con i conti pubblici in ordine secondo i dettami del Trattato di Maastricht;
la soluzione che viene proposta è semplice: tagliare la spesa pubblica a partire

Pag. 125

dagli sprechi e dalle spese inutili. Andranno naturalmente valutati l'impatto sulla crescita, garantendo comunque la spesa sociale insopprimibile;
serve dunque una riflessione più approfondita. La crisi attuale è figlia sia dell'incapacità delle politiche keynesiane sia di quelle liberiste ad affrontare i problemi posti dalla globalizzazione dell'economia;
valutato che:
il Governo sostiene che non ci sarà bisogno di manovre correttive né quest'anno né per il prossimo: in questo biennio si farà soltanto manutenzione contabile ordinaria. La Banca d'Italia ha calcolato che se si ritiene di concentrare la manovra per raggiungere il pareggio di bilancio tra il 2013 ed il 2014, questa non potrà essere inferiore ai 35 miliardi di euro nel biennio;
infatti, fra il 2010 e il 2014 la spesa pubblica al netto degli interessi dovrà scendere di 5,5 punti di Pil. Di questi 3,2 punti stanno già (secondo il Governo) nel quadro tendenziale della seconda sezione del DEF. Altri 2,3 punti deriveranno da ulteriori manovre sul 2013-2014 basate su ulteriori tagli alla spesa pubblica;
una riduzione così drastica della spesa, nonché del disavanzo al netto degli interessi, non sarà facilmente realizzabile anche in relazione al tasso di crescita previsto, di poco superiore all'1 per cento;
non è vero che l'aggiustamento è tutto rinviato ad un futuro lontano. Infatti, nel 2011 e nel 2012 la spesa al netto degli interessi dovrebbe rimanere pressoché invariata, a prezzi correnti, il che ne comporta una notevole riduzione in termini reali. In gran parte i tagli sono già stati inseriti nelle tabelle approvate dal Parlamento con la legge di stabilità 2011 (legge 13 dicembre 2010, n. 220), ma quelle per ora sono scritture contabili. Sarà quindi necessario valutare chi sarà colpito e quale sarà l'impatto sull'intera economia;
i tagli non sembrano accompagnati da misure capaci di incidere sui meccanismi di spesa ed è dunque ben concreto il rischio che essi si traducano in rinvii di spese necessarie - si pensi alla spese di manutenzione degli edifici pubblici o dei beni culturali -, o in debiti sommersi verso i fornitori;
il migliore indicatore dell'azione governativa è il saldo di bilancio primario aggiustato per il ciclo economico, cioè il saldo di bilancio al netto degli interessi sul debito (il cui livello dipende solo minimamente dal Governo attuale, e soprattutto dallo stock di debito accumulato in precedenza) e depurato dagli effetti del ciclo economico (il saldo peggiora automaticamente se l'economia è in recessione, senza colpa del Governo;
il Governo prevede un miglioramento costante di tale saldo, di circa tre punti percentuali da qui al 2014, in gran parte dovuto a riduzioni di spesa. Ma questo dato è da prendere con molta cautela, perché si basa su stime ottimistiche, ed è frutto in gran parte di misure saltuarie o non specificate, non di cambiamenti strutturali alla dinamica della spesa;
prendendo il 2012 come esempio, il Governo stima che i provvedimenti presi nel 2010 ridurranno il disavanzo di circa 25 miliardi, oltre 1,7 punti di Pil. Ma gran parte degli effetti sono imputati a due misure, la lotta all'evasione e il patto di stabilità con gli enti locali, entrambe basate su assunzioni da verificare;
un'altra fonte di risparmi riguarda i salari pubblici, frutto del blocco del turnover, che non può essere ripetuto all'infinito. la Governo continua a prevedere cospicui risparmi su questa voce fino al 2014. ma non è chiaro su che base concreta;
tutto questo rende il miglioramento del saldo primario estremamente aleatorio. Ma se anche si realizzasse, poco o niente in queste misure ha la natura di una riforma strutturale che riduca finalmente il peso della spesa pubblica;

Pag. 126

il punto più dolente è rappresentato dalla bassa crescita prevista ad un livello che si attesta a poco più o poco meno di un punto percentuale: la metà di quel due per cento che il Governatore Draghi ha indicato come il livello minimo per potere interrompere ed invertire la corsa all'aumento del debito pubblico, e nel contempo assorbire almeno in parte una disoccupazione sempre crescente;
la disoccupazione in Italia, se viene calcolata correttamente (computando anche una grossa fetta dei cassaintegrati), supera il 10 per cento e non vi sono prospettive realistiche di un recupero. In Italia, peraltro non ci sono state crisi bancarie e necessità di salvataggi, eppure il nostro debito pubblico ha raggiunto di nuovo i livelli massimi della prima metà degli anni '90 (120 per cento del Pil rispetto ad una media europea dell'84 per cento). Il Pil pro-capite italiano a parità di potere d'acquisto è ritornato sostanzialmente ai livelli del 1999. Abbiamo perso 10 anni, e se il nostro tasso di crescita resterà inchiodato all'1 per cento, ci vorranno 6 anni per ritornare al punto di partenza;
la «scossa» all'economia che il Governo aveva promesso non c'è propria stata e il surplus di crescita necessario non può essere assicurato da un documento in cui non c'è un impegno preciso, una data, ed in cui si ritirano fuori le grandi opere infrastrutturali bloccate da questo stesso Governo e per le quali si riducono drasticamente le risorse;
le oltre 160 pagine del Piano nazionale delle riforme (PNR) indicano le misure programmatiche del Governo da qui alla fine della legislatura. Delle quattordici misure elencate come programmatiche, cioè ancora da realizzare da qui alla fine della legislatura, alcune sono semplici piani (il piano triennale del lavoro, il programma di inclusione delle donne, etc). Altre misure sono titoli vuoti come la promozione delle energie rinnovabili;
manca qualsiasi indicazione operative (e come tale controvertibile) a quelle generiche enunciazioni, vaghe e sommarie anche sul tema della riforma tributaria;
la bassa crescita non ha impedito che nel 2010 l'indebitamento delle pubbliche amministrazioni fosse più basso del previsto, grazie al contenimento delle spese;
negli anni a venire si prevede un ulteriore contenimento della spesa rispetto al Pil: dopo un collasso di oltre il 16 per cento nel 2010, gli investimenti fissi pubblici continueranno a cadere, anche in termini assoluti (con buona pace delle imprese di costruzione); si ridurranno in quota i redditi dei dipendenti. La pressione tributaria e quella fiscale (che include i contributi) resterà invariata al notevole livello del 42 e mezzo per cento del prodotto;
secondo gli esponenti del Governo, il testo del PNR contiene interventi organici in funzione della crescita. Con due direttrici principali: la grande riforma fiscale e una pervasiva revisione dell'impianto regolatorio dall'altra. Ma la riforma fiscale è una delega senza copertura finanziaria rinviata alle cure del prossimo taverna nel 2013, ripetendo il trucco che lo stesso Ministro dell'economia e delle finanze fece nel 2003 (legge n. 80 del 2003 - Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale); l'unica misura per la crescita rimane dunque la deregolamentazione di appalti, la costituzione di aree a «burocrazia zero» nel Sud e di distretti turistico-balneari attraverso una non ben definita intenzione di ridefinire il demanio marittimo;
prosegue dunque l'unica politica «per lo sviluppo» di questo Governo: una spinta verso il lassismo. Corna le misure adottate in precedenza: abolizione del falso in bilancio. Condoni, finanza creativa, tassazione dei redditi da capitale più bassa di quelli da lavoro;
il problema del perpetuarsi dell'uno virgola di crescita resta dunque irrisolto: la vaghezza del PNR pone la sordina a una seria discussione di riforme

Pag. 127

mirate e non costose. «Tenere i conti» è necessario, ma non basta; alla lunga, se non riparte la crescita, non si risolve neanche il problema del debito;
non c'è solo la disoccupazione, né c'è solo la maldistribuzione delle risorse di cui il Paese dispone per finalità primarie come gli investimenti, la formazione e la ricerca. C'è la questione stessa del debito pubblico, che in assenza di crescita può finire per avvitarsi su se stessa. Se non cresciamo, il debito totale non scende neppure con un indebitamento annuo pari a zero. Mentre con un indebitamento annuo sotto controllo e un Pil che cresce di più, tutto il portato della crescita si traduce in riduzione percentuale del debito totale;
valutato, per quanto riguarda le parti di competenza dell'VIII Commissione, che:
delle misure di interesse della Commissione, elencate dal Governo nel Documento di Economia e Finanza 2011 come programmatiche, cioè ancora da realizzare da qui alla fine della legislatura, la gran parte sono poco più che «scatole vuote» e buoni propositi per i prossimi due anni di legislatura;
1) per quanto concerne le energie rinnovabili e il risparmio energetico:
l'esecutivo ne promette la promozione ma nulla di concreto si dice su cosa si voglia fare in proposito;
nell'elencazione delle misure finora adottate e tuttora vigenti in materia, non si può non constatare come la gran parte delle disposizioni indicate nel Programma nazionale di Riforma (PNR) in esame, sono state approvate nella scorsa legislatura dal Governo Prodi, e infatti:
a) il Governo indica tra le misure approvate e operative in tema di risparmio energetico, quelle relative alla riqualificazione energetica degli edifici pubblici e privati. L'attuale esecutivo non ha però introdotto sostanzialmente nulla di nuovo, e praticamente tutti gli interventi in materia di efficienza, e risparmio energetico sono stati introdotti dal precedente Governo. Anzi, anziché favorire maggiormente gli incentivi previsti per la riqualificazione energetica degli edifici, sono stati «annacquati» i benefici per i cittadini, facendo passare la prevista rateizzazione da 5 a 10 anni; e solo dopo aver tentato di affossare definitivamente l'ecobonus. Tra l'altro la detrazione del 55 per cento, vale solo fino alla fine del 2011, in quanto il Governo si è di fatto sempre opposto alle richieste di una sua messa a regime definitiva. Nonostante ciò, nel testo del Programma nazionale di Riforma (PNR), viene sottolineato come le detrazioni fiscali del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici, «si siano rivelate di particolare efficacia non solo in termini di risparmio energetico ma anche in termini di emersione del lavoro e di maggiori entrate tributarie»;
b) il Governo riporta tra le misure già approvate e operative, quelle dirette alla riduzione delle emissioni di gas serra e alla promozione della promozione di energia solare. Anche in questo caso, il Governo non ha di fatto prodotto nulla di nuovo, in quanto le suddette misure sono sostanzialmente attuative di quanto già previsto dall'articolo 2, comma 322, dell'ultima Finanziaria del Governo Prodi, che aveva istituito il Fondo per la promozione delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica;
c) nel Programma nazionale di Riforma (PNR), si ribadisce la volontà di procedere con l'attuazione del «Piano d'azione dell'efficienza energetica 2007», per il raggiungimento degli obiettivi di miglioramento dell'efficienza energetica e dei servizi energetici. Ancora una volta, si fa riferimento a una decisione e a un provvedimento varato dal precedente Governo;
in pratica l'unico provvedimento di rilievo di questa legislatura che ha riguardato le energie alternative, è stato il recente decreto legislativo 28/2011 di attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. Un provvedimento che, per

Pag. 128

come formulato, bloccherà lo sviluppo del settore delle rinnovabili che producono energia elettrica, e che per tali ragioni e riuscito a raccogliere una serie di forti critiche sia dal mondo imprenditoriale del settore che dalla totalità delle associazioni ambientaliste, tanto che il Governo in queste ore sta provvedendo a varare un decreto interministeriale parzialmente correttivo del decreto legislativo 28/2011. Peraltro la lettura della bozza del suddetto decreto correttivo, ha già provocato le prime critiche da parte delle principali associazioni di categoria operanti nel settore delle rinnovabili, che lo ritengono del tutto insoddisfacente;
tutta questa incertezza e totale improvvisazione, non può che ripercuotersi negativamente sugli investimenti in un settore strategico e «anticiclico» quale è appunto quello delle energie pulite, che avrebbe invece bisogno di certezze e di un quadro normativo chiaro e non in continua modificazione. La stessa associazione delle banche estere (Aibe) che operano in Italia, in una lettera al Governo di qualche settimana fa, aveva sollecitato «regole certe», confermando il «rischio di inaffidabilità del legislatore italiano»;
di fatto, sulle fonti energetiche rinnovabili il Governo non ha investito praticamente nulla, ma, al contrario, ha scelto di porre al centro delle strategie energetiche di questi primi tre anni di legislatura, il ritorno al nucleare;
questa scelta scellerata del nucleare imposta dal Governo fin dalla prima ora, e che solo adesso - seppure in forma molto ambigua - l'esecutivo sembrerebbe «rimangiarsi» in parte, ha di fatto impedito di puntare fin da subito su una politica energetica che avesse al centro lo sviluppo delle energie alternative, «affossando» di fatto quanto di importante aveva fatto per il decollo di questo settore, il precedente Governo di centro-sinistra;
2) per quanto concerne le politiche di contrasto ai cambiamenti climatici:
il capitolo relativo alla lotta ai gas serra, contenuto nel Programma nazionale di riforma, al pari dei capitoli dedicati all'efficienza e al risparmio energetico e allo sviluppo delle energie alternative, mostra una totale assenza di iniziativa legislativa da parte dell'esecutivo in questo ambito;
praticamente tutte le misure illustrate nel PNR, sono state ancora una volta proposte e approvate dal precedente Governo Prodi. Al massimo questo governo ha provveduto a rifinanziarne alcune. Per il resto nulla;
gli strumenti adottati a seguito della ratifica del protocollo di Kyoto, finalizzati a ridurre del 6,5 per cento le emissioni di gas serra rispetto al 1990, sono stati:
1) il Fondo rotativo per il finanziamento delle misure finalizzate all'attuazione del Protocollo di Kyoto (Fondo istituito con la legge Finanziaria per il 2007 del Governo Prodi);
2) il Fondo per la promozione delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica (Fondo istituito con la legge Finanziaria per il 2008 del Governo Prodi);
3) il Fondo per la mobilità sostenibile (Fondo istituito con la legge Finanziaria per il 2007 del Governo Prodi) per il potenziamento del trasporto pubblico e il miglioramento della qualità dell'aria nelle aree urbane;
relativamente alle suddette politiche di potenziamento del trasporto pubblico e il miglioramento della qualità dell'aria, va ricordato che grazie a questo Governo, da quest'anno non è più possibile detrarre il 19 per cento delle spese sostenute per abbonamenti al trasporto pubblico, che è stata una misura importante voluta dal governo di centro-sinistra per incentivare l'uso dei mezzi pubblici e scoraggiare il ricorso al trasporto privato;
sempre a proposito della totale assenza di politiche ambientali, e in particolare per la lotta all'inquinamento atmosferico

Pag. 129

nelle aree urbane, il Governo, non potendo elencare quello che ha finora fatto, si limita a promettere un pacchetto di misure per la riduzione delle emissioni inquinanti e del PM10 (misure chiaramente non ancora operative in quanto - come sottolinea il PNR - «è ancora in fase di definizione la relativa copertura finanziaria»;
in questo ambito, è bene ricordare che la Commissione Europea da due anni ammonisce il nostro Governo per farci rispettare i limiti imposti dalla normativa comunitaria già dal 2005. Al punto che nel novembre scorso è arrivata la definitiva comunicazione della Commissione sul deferimento del nostro paese alla Corte di Giustizia per il non rispetto della Direttiva Europea sulla qualità dell'aria in particolare rispetto ai limiti del PM10, «In Italia sono ancora troppi i luoghi dove per ogni 10mila abitanti, più di 15 persone muoiono prematuramente solo a causa delle particelle sottili», denunciava a maggio scorso, Janez Potocnik, Commissario europeo per l'ambiente;
3) relativamente alle iniziative volte alla tutela dell'ambiente:
su questo aspetto nel Documento di Economia e Finanzia 2011, c'è poco più che un vago riferimento agli investimenti in servizi ambientali (risorse idriche e rifiuti), alla prevenzione dei rischi e al recupero dei siti inquinati e alla valorizzazione delle risorse naturali. Il Governo, tra l'altro, promette di far «diventare le aree naturali (...) un punto di forza su cui investire per lo sviluppo economico sostenibile»;
affermazioni e impegni presi senza alcuna credibilità, se è vero che le risorse del Ministero dell'Ambiente in questa legislatura sono state falcidiate, come non era mai successo prima;
in questi ultimi tre anni, abbiamo assistito infatti a una costante e pesantissima riduzione di risorse assegnate dalle ultime leggi finanziarie al Ministero dell'Ambiente. Parliamo di un taglio secco in tre anni di circa 1 miliardo di euro della dotazione complessiva per il Ministero guidato dalla Prestigiacomo;
l'ultima legge di Bilancio per il 2011 approvata a fine 2010, ha stanziato per il Programma «Tutela e conservazione del territorio e delle risorse idriche, trattamento e smaltimento rifiuti, bonifiche» 164,3 milioni di euro, con ma riduzione di 81,1 milioni di euro, pari a un taglio di ben il 33 per cento rispetto all'anno precedente;
stessa sorte per le aree protette e i Parchi, le cui risorse attuali, sono poco più che sufficienti a pagare gli stipendi al personale impiegato;
non una sola parola del «Documento di Economia e Finanza 2011», viene spesa per le politiche per la difesa del suolo, e per la tutela del territorio. Questo dimostra la miopia di un Governo che non vuole vedere come la lotta al dissesto idrogeologico e la messa in sicurezza del nostro territorio, può rappresentare la vera grande opera pubblica di questo Paese;
4) per quanto riguarda 1'edilizia abitativa e il Piano casa:
nel programma nazionale di riforma (PNR) al Piano di edilizia abitativa vengono dedicate poche righe. Ricordiamo che il piano di edilizia abitativa (articolo 11 del decreto-legge n. 112 del 2008) prevede l'incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l'offerta di alloggi di edilizia residenziale, da realizzare con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati, destinati alle categorie sociali svantaggiate nell'accesso al libero mercato degli alloggi in locazione;
le risorse finanziarie necessarie per la realizzazione del piano erano state individuate dal comma 12 dell'articolo 11 del citato decreto-legge, che ha previsto la costituzione di un Fondo alimentato con le risorse derivanti dai provvedimenti adottati dal precedente Governo Prodi;

Pag. 130

un ulteriore riferimento viene indicato nella tabella allegata al PNR, laddove si sottolinea che «il Governo è impegnato nella predisposizione di nuove norme per l'implementazione del Piano casa-edilizia privata»;
per quanto riguarda invece il cosiddetto «Piano casa 2», il Governo avrebbe dovuto inoltre predisporre un intervento legislativo volto a favorire lavori di modifica del patrimonio edilizio esistente, nonché a prevedere la semplificazione dei titoli abilitativi all'attività. In realtà, questo secondo Piano casa promesso dal Governo dall'inizio della legislatura, e ripresentato recentemente come una delle misure in grado di dare una «frustata» all'economia, si è finora tradotto in null'altro che un bluff. Quel poco che è stato fatto, è stato realizzato con singole iniziative legislative delle regioni;
il principale impegno del Governo in questo ambito - come esplicitato alla lettera e) della «Premessa al documento di economia e finanza 2011» - è in definitiva quello di proseguire sulla strada di ridurre drasticamente i «lacci e laccioli» che sottendono le autorizzazioni e le realizzazioni edilizie;
tra queste, vi è la proposta di introdurre una disciplina statale di principio, cui dovrà seguire la disciplina regionale; che autorizzi interventi di demolizione e ricostruzione, anche con delocalizzazione degli edifici dismessi, interventi di aumento volumetrico premiale, anche con cambio di destinazione d'uso purché compatibile. Il PNR prevede anche che, in assenza di un tempestivo intervento normativo regionale, valga comunque la norma statale;
siamo quindi di fronte a una riproposizione del «Piano Casa 2» lanciato nel marzo 2009, ben due anni fa, che ha avuto finora solo discipline regionali, senza un quadro normativo di livello statale;
inoltre, nella gestione dei procedimenti per l'ottenimento dei titoli abilitativi edilizi, il PNR propone di introdurre il silenzio-assenso per il rilascio del permesso di costruire e di estendere lo strumento della SCIA all'edilizia. In questo caso si realizzerebbe la semplificazione delle procedure edilizie, più volte annunciata dal Governo, e si chiarirebbe l'ambito di applicazione della SCIA, strumento nato per l'avvio dell'attività di impresa e poi esteso all'edilizia, non senza dubbi e controversie tra gli addetti ai lavori; bisognerà. valutare i suddetti provvedimenti quando saranno presentati al Parlamento, ma alla luce della sensibilità ambientale dimostrata finora da questo esecutivo, l'intenzione di proseguire sulla strada di una sempre maggiore e drastica riduzione degli obblighi relativi agli interventi edilizi, non vorremmo avvenga a scapito di un territorio già abbondantemente segnato da abusivismo, edificazioni selvagge e fuori controllo, urbanizzazioni intensive, ecc.;
5) relativamente al capitolo Infrastrutture:
per quanto riguarda le opere finanziate dal CIPE (periodo 2001-2013), vediamo che a fronte di 132,4 miliardi di valore complessivo, quelle realmente coperte con soldi pubblici e privati (inclusi i fondi comunitari) ammontano a 71,3 miliardi di euro;
la realtà è che anche il settore delle costruzione e delle opere pubbliche è fermo. Per l'attuale Governo, il rilancio delle infrastrutture doveva essere il volano della ripresa economica del nostro Paese;
di fatto siamo in presenza di un sostanziale fallimento: a dieci anni dalla Legge Obiettivo risulta completato solo il 20 per cento dei lotti, mentre per un altro 55 per cento di opere il cantiere non è mai stato neppure aperto. Secondo stime l'ANCE, gli investimenti pubblici in costruzioni sono in valore assoluto, i più bassi degli ultimi 20 anni,

ESPRIME PARERE CONTRARIO.

«Piffari».

Pag. 131

ALLEGATO 3

Documento di economia e finanza 2011 (Doc. LVII, n. 4).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO DEL GRUPPO DEL PARTITO DEMOCRATICO

L'VIII Commissione,
esaminato il documento di economia e finanza 2011;
premesso che:
l'avvio del Semestre europeo e il «Patto per l'euro» impegna l'Italia a realizzare indirizzi ed impegni comuni e coordinati attraverso azioni mirate ad aumentare la competitività e la convergenza di tutti i paesi dell'Unione, in un quadro di stabilità e solidità finanziaria;
considerato che, per quanto di competenza della Commissione ambiente, e, in particolare, per l'energia e l'ambiente:
il documento di economia e finanza predisposto dal Governo, nella parte dedicata al programma nazionale di riforma, affronta le questioni legate all'esigenza di modificare il modello economico con l'obiettivo di migliorare l'efficienza energetica, nell'ottica di contribuire in modo efficace alla riduzione delle emissioni inquinanti che rappresentano una delle principali cause dei cambiamenti climatici;
se da un lato, responsabilmente, il documento ribadisce gli impegni assunti a livello internazionale - attraverso il protocollo di Kyoto e le conferenze delle parti che si sono tenute successivamente - per ridurre le proprie emissioni di gas climalteranti del 6,5 per cento, rispetto al 1990, nel periodo 2008-2012, dall'altro lato si ha la sensazione che le misure poste in essere possano rivelarsi insufficienti per garantire il raggiungimento dell'obiettivo;
in particolar modo il programma nazionale di riforma cita, quali strumenti da utilizzare, il fondo rotativo per il finanziamento delle misure finalizzate all'attuazione del protocollo di Kyoto, il fondo per la promozione delle fonti rinnovabili di energia, dell'efficienza energetica e della produzione di energia elettrica da solare termodinamico, il fondo per la mobilità sostenibile;
le misure citate appaiono piuttosto modeste, se si considera che:
il fondo attuativo del protocollo di Kyoto, istituito dall'articolo 1, commi 1110-1115, della legge 27 dicembre 2006 (Finanziaria 2007) è in notevole ritardo e le scarse risorse al momento disponibili non sono ancora state utilizzate;
il fondo per la promozione delle rinnovabili è decisamente insufficiente e, in generale, la politica del governo per lo sviluppo di un'energia pulita appare timida e debole, come dimostrano i continui ripensamenti che hanno portato a diverse stesure del decreto legislativo di attuazione della Direttiva Europea 2009/28 sulla promozione delle energie rinnovabili, creando incertezza e inquietudine in un comparto produttivo in crescita che aveva bisogno invece di solide garanzie per poter avviare una politica di investimenti;
il fondo per la mobilità sostenibile, le cui risorse si sarebbero dovute incrementare rispetto alla dotazione iniziale, è stato ridotto proprio dall'attuale Governo, la cui politica, infrastrutturale e dei trasporti, appare diametralmente opposta

Pag. 132

rispetto agli apparentemente apprezzabili propositi illustrati nel programma nazionale di riforma;
sempre in tema di efficientamento energetico, il documento del Governo sembra volere esprimere una valutazione positiva della norma, inserita nella legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», che aveva introdotto la detrazione fiscale del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici, ma non va dimenticato che la prosecuzione del meccanismo incentivante è avvenuta grazie alle proposte emendative formulate durante l'esame parlamentare dei provvedimento e che il Governo non ha mai voluto rafforzare - né tantomeno rendere strutturale - un meccanismo che, proprio per ammissione dello stesso esecutivo nel programma nazionale di riforma, porta vantaggi, non solo in termini di risparmio energetico, ma anche «in termini di emersione del lavoro e di maggiori entrate tributarie, con conseguenti benefici per le casse dello Stato e per la collettività»;
tra le misure del Governo evidenziate nel documento vi sono le agevolazioni fiscali per la sostituzione di veicoli ad alto grado di inquinamento; la misura, significativamente onerosa, potrebbe produrre effetti limitati, sia per quanto riguarda la riduzione delle emissioni, sia come volano per un settore economico, in assenza del suo inserimento in un quadro strategico più ampio e che tenga conto della necessità di raggiungere il riequilibrio modale della mobilità;
decisamente ambigua appare la posizione espressa nel documento del Governo in merito all'energia nucleare; se da un lato, infatti, il Governo conferma l'intenzione di «riprendere la produzione nucleare» e afferma di ritenere che «non siano venute meno le ragioni, che avevano portato a riconsiderare l'opzione nucleare», dall'altro lato manifesta la propria indecisione, prima con la moratoria, poi con l'emendamento recentemente presentato al Senato che sembra voler fare proprie le istanze del referendum abrogativo;
indubbiamente positivo è il riferimento alla Strategia Nazionale sulla Biodiversità ed alle buone pratiche per la green economy nelle aree protette, anche se, al momento, sembrano più buoni propositi che vere e proprie azioni di governo;
il documento del Governo non tratta in maniera appropriata una questione di grande rilievo come quella della gestione dei rifiuti, sia sotto il profilo ambientale, sia dal punto di vista economico, e che meriterebbe una ben diversa attenzione;
un'altra importante lacuna del documento è l'assenza di adeguati riferimenti alle politiche di messa in sicurezza del territorio, la cui modesta efficacia ha causato negli anni numerose vittime ed enormi costi di interventi in condizioni di emergenza, mentre una valida azione di contrasto al dissesto idrogeologico rappresenterebbe una delle principali «grandi opere» di cui ha bisogno il Paese,
valutato che:
la riconversione ambientale dell'economia può rappresentare, oltre che una necessità dettata dal senso di responsabilità per le generazioni future, una vera opportunità di crescita economica; nel nostro paese l'economia verde si incrocia con la qualità, la coesione sociale, la ricchezza dei territori; un intreccio che può rendere più competitive le nostre imprese e che è alla base della forza del nostro paese;
la costruzione di una società a basso contenuto di carbonio è una prospettiva già in parte in atto, sulla quale le imprese italiane si sono, incamminate pur in assenza di un quadro di regole stabili e di incentivi certi;
l'economia verde deve essere al centro dello sviluppo del paese nei prossimi

Pag. 133

anni, come concepita nel programma Industria 2015, che va rafforzato e aggiornato;
la politica industriale si connette strettamente con la questione energetica; l'efficienza energetica è la vera fonte di energia del futuro; è necessario ridurre il consumo di energia a parità di prodotti e servizi realizzati; bisogna ottenere un minor consumo di energia negli edifici pubblici o privati, nei processi produttivi, nelle modalità di trasporto; molto può essere già fatto con la tecnologia e con chiare indicazioni normative; si deve inoltre investire nella ricerca e nella collaborazione fruttuosa tra sistema della ricerca e imprese; va promosso lo sviluppo di energia da fonti rinnovabili - eolico, solare, biomasse, energia idraulica, biocarburanti, geotermia - con l'obiettivo di puntare ad una industria nazionale del settore, sfruttando le enormi potenzialità che la categoria di giovani imprese non è ancora riuscita a sviluppare;
per quanto riguarda il nucleare, occorre una riflessione seria che chiarisca i limiti e l'inutilità dell'attuale progetto del Governo; prima di parlare di ritorno dell'Italia all'avventura «nucleare» si deve partire dal valorizzare tutte le esperienze di approvvigionamento possibile di energia;
la fiscalità ambientale può rappresentare una leva decisiva per sviluppare la green economy e orientare l'economia verso la sostenibilità ecologica; e un obiettivo da perseguire soprattutto in ambito europeo e internazionale attraverso il coordinamento delle politiche di intervento fiscale; tuttavia in parallelo all'iniziativa comunitaria, si deve procedere anche a livello nazionale; occorre riprendere con determinazione e sistematicità il cammino iniziato seguendo il principio della «responsabilità condivisa» e del «chi inquina paga»,
e ritenuto che:
sia necessario avviare una nuova strategia per la gestione dei rifiuti, anche attraverso l'introduzione di incentivi per la riduzione della produzione di rifiuti, per il riciclo e per una efficace gestione del ciclo integrato dei rifiuti;
occorre rilanciare una politica energetica sostenibile che si basi sui seguenti cardini:
riduzione delle aliquote Iva per i beni ad elevata efficienza energetica;
finanziamento agevolato per sostituire caldaie ed elettrodomestici con apparecchiature ad alto rendimento energetico e realizzare interventi per implementare l'efficienza energetica degli edifici;
mantenimento a regime della detrazione fiscale del 55 per cento per l'efficienza energetica degli edifici, degli elettrodomestici e dei motori elettrici ed eliminazione del tetto all'utilizzo del credito di imposta per le spese in ricerca e sviluppo ed investimenti in tecnologie sostenibili;
la riproposizione, in ambito comunitario, di una nuova «carbon tax», imposta sul consumo di combustibili fossili, con il chiaro obiettivo di penalizzare le produzioni e i consumi maggiormente inquinanti, utilizzando il relativo gettito per il, potenziamento del trasporto pubblico locale e delle forme di mobilità sostenibile;
sia indifferibile l'esigenza di avviare, in tempi rapidi, una strategia di azione per la messa in sicurezza del territorio, sia per quanto concerne il rischio idrogeologico, sia per quanto concerne il rischio sismico, individuando a tal fine le necessarie risorse;
si reputi necessaria l'individuazione di un'efficace strategia in tema di siti contaminati di interesse nazionale, al fine di garantire in tempi brevi la bonifica e la riqualificazione dei territori, i cui equilibri ambientali sono stati gravemente compromessi dalle attività industriali;

Pag. 134

si debba valutare l'opportunità di rivedere le politiche di gestione di una risorsa preziosa e vitale come l'acqua; a tal fine sarà necessario: ribadire il valore pubblico dell'acqua e delle infrastrutture idriche; avviare meccanismi di controllo di carattere gestionale al fine di ridurre gli sprechi e di salvaguardare le aspettative e i diritti delle generazioni future; provvedere ad adeguati investimenti senza incidere sulle tariffe a carico dei cittadini; garantire una buona qualità dell'acqua in tutto il territorio nazionale; promuovere la costituzione di un'autorità preposta alla vigilanza sull'intero sistema idrico nell'interesse pubblico;
sia opportuno valutare la possibilità di: introdurre vincoli all'utilizzo da parte dei Comuni degli introiti da oneri di urbanizzazione e da imposte su nuovi immobili, in modo da frenare la preoccupante crescita del consumo del suolo, i cui apparenti ricavi per le amministrazioni locali sono ampiamente compensati, in negativo, dai costi ambientali e sociali che un'irrazionale utilizzazione del territorio comporta; introdurre misure e correttivi, anche mediante agevolazioni fiscali, volti a favorire la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e a promuovere forme di «rottamazione edilizia» degli immobili energivori o a rischio sismico;

E ancora, per i profili di competenza della Commissione ambiente, quanto alle infrastrutture e alle politiche abitative,
premesso che:
nella sezione II - Analisi e tendenze della finanza pubblica - del DEF 2011, finalizzata ad assicurare il coordinamento tra la programmazione di bilancio nazionale e quella comunitaria, che espone i dati di consuntivo del 2010, e le previsioni tendenziali per gli anni 2011-2014, riferiti al conto economico delle Amministrazioni pubbliche, che comprende le amministrazioni centrali, quelle locali e gli enti di previdenza e di assistenza sociale, nel quadro macroeconomico si evidenzia che nell'ambito degli investimenti fissi lordi gli investimenti in costruzioni hanno continuato a contrarsi nel 2010, accusando una riduzione pari a -3,7 punti percentuali rispetto al PIL, inferiore a quella, molto elevata, del 2009 (-8,7 per cento sul Pil) ma che raggiunge, in valore assoluto, i 57 miliardi di euro (132 miliardi nel 2009);
per il 2011 per gli investimenti in costruzioni si prevede, rispetto al Pil, una crescita pari a zero e una tenue ripresa nel 2012 (+1,2 per cento) nel 2013 (+1,6 per cento) e nel 2014 (+1,7 per cento) neppure sufficiente, nell'arco dei prossimi tre anni, a compensare di crollo degli investimenti del settore delle costruzioni nel biennio 2009-2010;
nel Conto economico delle amministrazioni pubbliche, nel 2010 si evidenzia una riduzione delle spese in conto capitale di 5.540 milioni; di questi, 2 miliardi circa derivano dalle riduzioni di spesa imposte alle Amministrazioni locali per progetti cofinanziati ed altri interventi, con conseguente perdita - di ammontare pressoché equivalente - dei versamenti da parte della UE a titolo di cofinanziamento; 1,2 miliardi di euro sono minori contributi per investimenti alle imprese di pubblici servizi; circa 900 milioni, derivano da un taglio al Fondo opere strategiche e al MOSE, che, secondo l'allegato infrastrutture, necessita di ulteriori finanziamenti per oltre 2 miliardi di euro;
le previsioni tendenziali, per il periodo 2011-2014, del Conto economico delle Amministrazioni pubbliche, stimate sulla base delle risultanze 2010, del nuovo quadro macroeconomico e degli effetti finanziari associati a tutti i provvedimenti legislativi approvati a tutto marzo 2011, ivi incluso il decreto legislativo 23/2011 in materia di Federalismo fiscale municipale, limitatamente alle sole entrate tributarie, rilevano una dinamica evolutiva della spesa in conto capitale in relazione al Pil molto allarmante: la sua incidenza sul Pil passa dal 4,4 per cento del 2009 (4 per cento al netto di spese straordinarie, quale la ricostruzione in Abruzzo) al 2,6 per cento del Pil nel 2014;

Pag. 135

e considerato che:
l'Allegato Infrastrutture al DEF che è stato presentato solo il 20 aprile, termine fissato per il deposito dei pareri - poi rinviato - reca il Programma infrastrutture strategiche, ai sensi della legge n. 443 del 2001; le proposte e le linee strategiche del dicastero delle infrastrutture e dei trasporti sono solo anticipate nelle linee generali, rinviando alla Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza di settembre indicazioni più chiare sui programmi e sulle risorse disponibili;
viene confermato il «quadro di priorità» già presente nell'Allegato 2010 alla Decisione di Finanza Pubblica, ma mancano le previste integrazioni derivanti «dal processo di aggiornamento in corso delle Intese Generali Quadro» con il diretto coinvolgimento, anche finanziario, delle Regioni; manca anche il Piano Fonti Impieghi a supporto del quadro di priorità integrato, che dovrebbe garantire risorse pubbliche e private adeguate;
il Programma Infrastrutture Strategiche non è aggiornato con le indicazioni - ancora in fieri - della nuova programmazione europea, e con i programmi, interventi, opere ed azioni che dovrebbero discendere dall'annunciato - ma mai definito nei dettagli - Piano Nazionale per il Sud;
il Programma Infrastrutture Strategiche non reca altresì indicazioni in merito all'evoluzione delle reti Ten-T e alle sue implicazioni sulle opere puntuali (portuali ed aeroportuali) e sulle connessioni di ultimo miglio che, secondo il Governo, saranno rese «ufficiali» entro giugno 2011;
il Governo si limita ad annunciare, per questi ultimi due punti, l'intenzione di integrare i documenti al nostro esame con la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza prevista nel settembre 2011;
valutato che:
per le politiche abitative,
la III sezione del DEF reca il Programma nazionale di riforma (PNR), che illustra le riforme strutturali già avviate e quelle programmate dal Governo per il raggiungimento degli obiettivi nazionali fissati dalla Strategia Europa 2020; tra le nove aree di azione principali, programmate dal Governo, viene indicata, tra le «priorità» l'Edilizia privata, a sostegno della quale il Governo si impegna a introdurre una disciplina statale di principio, cui dovrà seguire la normativa regionale, che autorizzi interventi di demolizione/ricostruzione, delocalizzazione degli edifici dismessi o in via di dismissione, aumento volumetrico premiale, anche con mutamento della destinazione d'uso, purché siano tra loro compatibili o complementari; in assenza delle norme regionali, si prevede comunque l'applicazione della disciplina statale con la clausola cosiddetta di «cedevolezza»; quale intervento «prioritario», nell'ambito, dell'edilizia privata, il Governo prevede anche di favorire l'accesso dei privati e delle imprese ai titoli abilitativi edilizi e, al fine di ridurre i tempi ed i costi per le p.a. nella gestione dei relativi procedimenti, il Governo prevede di introdurre il silenzio assenso per il rilascio del permesso di costruire; di estendere lo strumento della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) all'edilizia, soprattutto per i piccoli interventi edilizi che non comportano aumenti volumetrici; ancora una volta il Governo sembra assegnare a quelle che definisce «spinte liberalizzatrici» la funzione fondamentale di rendere compatibili le esigenze del settore edilizio con la pianificazione della crescita edilizia e dell'uso responsabile del territorio, dando però vita a quella che sembra soprattutto una discutibile deregulation, considerata l'assenza di ogni intervento di potenziamento delle misure di controllo ex-post della regolarità degli interventi, così come invece avviene negli altri paesi europei;
nella griglia in appendice al Piano Nazionale di Riforma, viene valutato lo stato di avanzamento del Piano casa e del Piano di edilizia abitativa al fine di quantificarne l'impatto sul bilancio pubblico e

Pag. 136

di evidenziare in che modo tale piano concorre agli obiettivi della strategia «Europa 2020»: viene indicato uno stato di avanzamento «operativo»; quanto all'impatto sul bilancio pubblico si segnala che su 844 Meuro disponibili sul bilancio dello Stato risultano ripartiti o finalizzati 718 Meuro ma effettivamente erogati solo 109 (secondo il Governo, come conseguenza dell'inefficiente avanzamento delle procedure da parte degli enti beneficiari);
gli 844 Meuro disponibili sul bilancio dello Stato indicati nella griglia in appendice al Piano Nazionale di Riforma, non sono risorse «nuove» ma i medesimi fondi appostati dal precedente Governo nella XV legislatura, già ripartiti tra le Regioni per la realizzazione di un piano di Edilizia Residenziale Pubblica mediante alloggi sociali gestiti dagli enti, regionali, ex-IACP, la cui assegnazione è stata sospesa per effetto del decreto-legge 112/2008 e che sono state destinate, in parte, ad un fondo immobiliare presso la Cassa Depositi e Prestiti che contribuisce a fondi locali che finanziano la realizzazione di alloggi che non hanno le caratteristiche proprie dell'edilizia residenziale pubblica e, per la parte residua, ad un piano di housing sociale annunciato dal Governo non ancora reso noto nei dettagli, che dovrebbe essere deliberato a breve dal Cipe, ma che non è stato inserito nel Piano Nazionale di Riforma per l'esame parlamentare;
per le opere pubbliche,
in premessa al PNR, tra le priorità cui il Governo si impegna, per ridurre i tempi e i costi della realizzazione delle opere pubbliche, si prevede l'introduzione di percentuali fisse predeterminate sia per le cosiddette «riserve» che per le cosiddette «opere compensative» e si segnala - quale «assoluta priorità» la realizzazione di infrastrutture di collegamento nazionale ai fini della riduzione del divario tra le diverse, aree del Paese; peraltro, nel Programma Infrastrutture Strategiche, sul valore totale delle opere comprese nel Programma (358 miliardi) ben 218 miliardi risultano concentrati nelle 12 regioni del Centro Nord (il 61 per cento), solo 139 nel Mezzogiorno (il 39 per cento del valore economico complessivo); il 27 per cento delle opere - che equivale però al 73 per cento del costo totale del programma - è localizzato nei corridoi plurimodale padano e dorsale centrale;
il valore complessivo del Piano Infrastrutture Strategiche (PIS) indicato nell'Allegato infrastrutture alla Decisione di Finanza Pubblica 2011-2013 - approvato con la delibera CIPE n. 81 del 18 novembre 2010 - è pari a 233.000 Meuro, di cui 113.000 milioni per opere d'intervento prioritarie «fino al 2013»; le risorse pubbliche assegnate sui progetti della Legge obiettivo (legge n. 443/2001) a partire dal 2008 sono circa 8.300 milioni e derivano sostanzialmente dai fondi stanziati dalla legge n. 2/2009 (risorse FAS, assegnate al Fondo infrastrutture); non si conosce ancora l'entità, né il piano temporale, dei FAS «programmatici» del Piano per il Sud; il Governo stima che gli effetti diretti di maggiori investimenti in infrastrutture del Fondo contribuiscono a un effetto positivo sul PIL pari allo 0,4 per cento nel medio periodo, ma solo se si sommano agli 8.300 milioni di euro - le uniche risorse pubbliche disponibili - altri 8.400 milioni di euro di «effetti indiretti di maggiori investimenti nell'indotto» (stima ANCE in collaborazione con il MIT);
il costo delle opere finanziate dal CIPE a partire dal 2001, ammonta a circa 132.400 Meuro; le risorse disponibili per la copertura, secondo IT Allegato Infrastrutture, ammontano a 71.300 Meuro comprese le risorse pubbliche, i fondi comunitari e quelli privati; occorre pertanto reperire 61,07 miliardi di euro; nella griglia in appendice al PNR, si segnala che la copertura finanziaria garantita a oggi ammonta a soli 77,03 Mld disponibili, di cui 24,2 Mld a carico dei privati;
ritenuto che:
in coerenza con gli indirizzi e gli impegni comuni e coordinati con tutti i paesi dell'Unione, in un quadro di stabilità

Pag. 137

e solidità finanziaria, occorre avviare in tempi brevi una strategia di crescita realmente sostenibile sul piano economico, sociale ed ambientale per l'Italia;
la strategia di crescita sostenibile deve prevedere un piano europeo di investimenti per l'occupazione, l'ambiente e l'innovazione, alimentato dalle risorse raccolte attraverso l'emissione di eurobonds, l'introduzione di specifici strumenti fiscali a livello europeo, tra i quali la Financial Transaction Tax ed il rafforzamento della tassazione ambientale, oltre agli interventi della Banca Europea degli Investimenti e del fondo infrastrutturale Margueritè per innalzare e riequilibrare la crescita delle diverse aree della moneta unica;
sia necessaria un'urgente riqualificazione della spesa pubblica, a favore della spesa in conto capitale, che liberi risorse per l'aumento della competitività e per politiche a sostegno degli investimenti, in particolare nelle infrastrutture ambientali, energetiche, della «green economy»;
sia necessario introdurre e rendere operativi tutti gli strumenti necessari, anche di natura legislativa, fiscale e finanziaria, per il pieno recepimento e attuazione della direttiva 2010/31/UE per promuovere il miglioramento della prestazione energetica degli edifici, delle loro parti e delle unità immobiliari ai fini della riduzione dei consumi energetici nel settore edilizio;
tutto ciò premesso e considerato, esprime:

PARERE CONTRARIO

«Mariani, Braga, Benamati, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola».