CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 24 marzo 2011
458.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Misure contro la durata indeterminata dei processi (Nuovo testo C. 3137, approvato dal Senato).

PARERE APPROVATO

La I Commissione affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni,
esaminato il nuovo testo della proposta di legge C. 3137, approvata dal Senato, recante «Misure contro la durata indeterminata dei processi», risultante dall'esame degli emendamenti nella Commissione di merito;
considerato che il provvedimento è riconducibile alle materie «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale», che l'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;
rilevato che:
l'articolo 4-bis, comma 1, novella il secondo comma dell'articolo 161 del codice penale, che stabilisce limiti all'aumento del tempo occorrente per la prescrizione del reato nei casi di interruzione della prescrizione, riducendo tali limiti nella fattispecie generale e nelle fattispecie particolari già previste e introducendo una nuova fattispecie particolare (per i recidivi semplici di cui all'articolo 99, primo comma, del codice penale), con il limite di un quarto del tempo necessario a prescrivere;
l'articolo 4-bis, comma 2, con disposizione transitoria, limita l'applicabilità della predetta novella all'articolo 161, secondo comma, del codice penale ai soli procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore della legge, non sia stata ancora pronunciata sentenza di primo grado;
ricordato che:
sull'applicazione retroattiva delle disposizioni del secondo comma dell'articolo 161 del codice penale la Corte costituzionale si è già pronunciata con la sentenza n. 393 del 2006, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'articolo 10, comma 3, della legge n. 251 del 2005 (vale a dire la legge che ha stabilito l'attuale testo del secondo comma dell'articolo 161 citato) nella parte in cui escludeva dall'applicazione della nuova disciplina in materia di effetti della interruzione della prescrizione del reato i processi già pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della legge ove vi fosse stata la dichiarazione di apertura del dibattimento;
nella predetta sentenza, la Corte costituzionale ha chiarito che la deroga al regime della retroattività della disposizione più favorevole al reo deve ritenersi ammissibile nei confronti di norme che riducano la durata della prescrizione del reato (in quanto la garanzia di cui all'articolo 25 della Costituzione concerne soltanto il divieto di applicazione retroattiva della norma incriminatrice, nonché di quella altrimenti più sfavorevole per il reo), ma solo purché tale deroga sia non solo coerente con la funzione che l'ordinamento oggettivamente assegna all'istituto, ma anche diretta a tutelare interessi di non minore rilevanza;
ciò premesso, la Corte ha ritenuto in contrasto col principio di ragionevolezza la scelta del legislatore del 2005 di individuare

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il momento della dichiarazione di apertura del dibattimento come discrimine temporale per l'applicazione delle nuove norme sui termini di prescrizione del reato nei processi in corso di svolgimento in primo grado: secondo la Corte, infatti, «l'apertura del dibattimento non è in alcun modo idonea a correlarsi significativamente ad un istituto di carattere generale come la prescrizione, e al complesso delle ragioni che ne costituiscono il fondamento, legato al già menzionato rilievo che il decorso del tempo da un lato fa diminuire l'allarme sociale, e dall'altro rende più difficile l'esercizio del diritto di difesa (e ciò a prescindere del tutto dalla addebitabilità del ritardo nello svolgimento del processo)»;
con la sentenza n. 72 del 2008 e con la ordinanza n. 343 del 2008, la Corte costituzionale è nuovamente intervenuta sulla materia dichiarando l'infondatezza di una questione di legittimità posta con riferimento all'esclusione dell'applicazione dei termini di prescrizione più brevi ai processi pendenti in appello alla data di entrata in vigore della legge n. 251 del 2005: la Corte ha infatti osservato che «per tali processi, l'esclusione dell'applicazione retroattiva della prescrizione più breve non discende dall'eventuale verificarsi di un certo accadimento processuale, ma dal fatto oggettivo e inequivocabile che processi di quel tipo siano in corso ad una certa data» e ha aggiunto che tale scelta «mira ad evitare la dispersione delle attività processuali già compiute all'entrata in vigore della legge n. 251 del 2005, secondo cadenze calcolate in base ai tempi di prescrizione più lunghi vigenti all'atto del loro compimento, e così tutela interessi di rilievo costituzionale sottesi al processo (come la sua efficienza e la salvaguardia dei diritti dei destinatari della funzione giurisdizionale)»,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

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ALLEGATO 2

Misure contro la durata indeterminata dei processi (Nuovo testo C. 3137, approvato dal Senato)

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL GRUPPO DEL PARTITO DEMOCRATICO

La I Commissione affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni,
esaminato il nuovo testo della proposta di legge C. 3137, approvata dal Senato, recante «Misure contro la durata indeterminata dei processi», risultante dall'esame degli emendamenti nella Commissione di merito;
considerato che:
1. la proposta di legge in esame ridefinisce il regime della prescrizione processuale, attestandosi saldamente nel solco tracciato della legge n. 251 del 2005, la cosiddetta «Ex cirielli»: l'intervento, così come strutturato, peggiora sensibilmente le problematiche applicative conseguenti all'attuazione della legge n. 251 del 2005;
2. l'ulteriore riduzione del termine massimo di prescrizione, da un quarto del massimo edittale ad un massimo del sesto edittale, avrà, come immediata conseguenza, invece che quella, tanto annunciata, della velocizzazione dei processi, l'esasperazione delle già gravi difficoltà del sistema giustizia, nonché quella di aumentare il numero dei processi che già, quotidianamente, si estinguono: quelle operate potrebbero sembrare riduzioni non imponenti, ma in realtà esse incidono su termini di prescrizione che già ora si dimostrano, a seguito dei pesanti tagli alla prescrizione imposti dalla legge n. 251 del 2005, la cosiddetta ex Cirielli, troppo brevi per il dispiegamento delle potenzialità effettive del sistema giustizia, in particolare per i reati con pena edittale stabilita nel massimo fino a sei anni, tra i quali rientrano i reati contro la Pubblica Amministrazione, come ad esempio il reato di corruzione, e i reati societari, tra i quali ad esempio il falso in bilancio;
3. con l'articolo 4-bis viene modificato l'articolo 161 del codice penale, sostituendo il comma 2 con il seguente: «Salvo che si proceda per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, in nessun caso l'interruzione della prescrizione può comportare l'aumento di più di un sesto del tempo necessario a prescrivere, di un quarto nel caso di cui all'articolo 99, primo comma, della metà nei casi di cui all'articolo 99, secondo comma, di due terzi nel caso di cui all'articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli articoli 102, 103 e 105»: la norma, che riduce da un quarto ad un sesto l'aumento automatico della prescrizione, ma soltanto per gli incensurati e per i processi di primo grado, introduce una grave differenziazione di trattamento nell'applicazione dei termini di prescrizione fra imputati incensurati e non, solleva non pochi dubbi di legittimità costituzionale, poiché gli interessi che la prescrizione tutela, non mutano, in qualità o in intensità, a seconda che l'imputato sia o meno recidivo;
4. la Corte costituzionale, in occasione della sentenza n. 249 del 2010, con cui ha dichiarato contraria alla Costituzione l'aggravante costituita dalla clandestinità, introdotta dall'articolo 1, lettera f), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, ha colto l'occasione per ripercorrere i

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confini delle interpretazioni giurisprudenziali in tema di diritti inviolabili, ricordando che essi spettano «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani» (sentenza n. 105 del 2001) e che, di conseguenza, si verifica l'illegittimità di trattamenti penali più severi fondati su qualità personali dei soggetti che derivino dal precedente compimento di atti «del tutto estranei al fatto-reato», introducendo così una responsabilità penale d'autore «in aperta violazione del principio di offensività [...]» (sentenza n. 354 del 2002);
5. la violazione del principio di ragionevolezza che scaturisce, secondo consolidata giurisprudenza costituzionale, dall'interpretazione del principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione è dunque netta e chiara poiché la disciplina della prescrizione discrimina sulla base di caratteristiche soggettive degli individui, su presunzioni attinenti all'incensuratezza che già da tempo la Corte ha dichiarato illegittime,
esprime

PARERE CONTRARIO

Amici, Bordo, Bressa, D'Antona, Ferrari, Fontanelli, Giachetti, Giovanelli, Lo Moro, Minniti, Naccarato, Pollastrini, Turco Maurizio, Vassallo, Zaccaria.

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ALLEGATO 3

Legge comunitaria 2010 (Emendamenti C. 4059 Governo, approvato dal Senato)

PARERE APPROVATO

La I Commissione Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

sull'articolo aggiuntivo 12.04 del relatore.