CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 23 marzo 2011
457.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario (Atto n. 317).

PROPOSTA DI RILIEVI DEL RELATORE

La I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) della Camera dei deputati;
esaminato, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del regolamento della Camera dei deputati, lo «Schema di decreto legislativo in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario» (Atto n. 317),
premesso che:
il provvedimento riguarda l'autonomia impositiva degli enti territoriali, la perequazione per comuni e province, nonché una specifica disciplina per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario;
il medesimo provvedimento, che non specifica quali disposizioni della legge n. 42 del 2009 sono oggetto di attuazione, non reca tuttavia alcuna disposizione relativa al sistema finanziario delle città metropolitane;
numerose disposizioni dello schema in esame rinviano a decreti del presidente del Consiglio dei ministri, per la piena attuazione di disposizioni di delega, talora con riferimento a oggetti specificamente attribuiti dalla legge delega allo strumento del decreto legislativo (come ad esempio l'articolo 11, comma 7, lettera d) e l'articolo 19, comma 7, in relazione, rispettivamente, all'articolo 9, comma 1, lettera g), n. 3) e all'articolo 13, comma 1, lettera f) della legge n. 42 del 2009) e in alcuni casi senza indicazione del termine per la loro adozione;
talune disposizioni, invece, che demandano interventi ad atti amministrativi regionali, appaiono meritevoli di valutazione dal punto di vista della coerenza con i principi generali in tema di autonomia delle Regioni ai sensi del Titolo V della parte II della Costituzione;

DELIBERA DI ESPRIMERE I SEGUENTI RILIEVI:

si valuti la previsione dell'articolo 1, in base alla quale il gettito delle fonti finanziamento delle regioni ivi indicate è da considerarsi senza vincolo di destinazione, alla luce dell'articolo 7, comma 1, lettera e), della legge delega, che considera senza vincolo di destinazione solo il gettito dei tributi regionali derivati e le compartecipazioni al gettito dei tributi erariali;
si consideri che la previsione dell'articolo 2, comma 1, che rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per la rideterminazione della misura dell'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF e per la riduzione delle aliquote IRPEF di competenza statale, interviene sul sistema delle fonti che attualmente disciplinano l'IRPEF, attribuendo potestà normative, ora esercitate da fonti di rango primario, a fonte di rango secondario;
si valuti l'opportunità di un ulteriore coordinamento delle previsioni dell'articolo

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2, comma 1, secondo e terzo periodo con quelle dell'articolo 5, in quanto, se quest'ultimo articolo, al comma 1, configura come facoltà delle regioni la potestà di aumento percentuale dell'aliquota addizionale IRPEF, d'altro canto il secondo periodo del comma 1 dell'articolo 2 letteralmente prevede che «all'aliquota così rideterminata si aggiungono» le misure percentuali indicate nel richiamato articolo 5, rendendo non chiara quale sia la natura - obbligatoria o facoltativa - dell'incremento dell'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF applicabile a decorrere dal 2014 e quale sia il reale potere discrezionale attribuito alle regioni;
si esamini inoltre, al medesimo articolo 2, comma 1, terzo periodo, l'opportunità di precisare - eventualmente anche al fine di una espressa esclusione, come appare plausibile - se tale riduzione delle aliquote IRPEF debba operare anche in riferimento agli incrementi dell'addizionale regionale IRPEF previsti, con decorrenza 2014, dal secondo periodo del medesimo comma, in quanto, qualora sia effettivamente facoltà delle regioni deliberare aumenti dell'aliquota dell'addizionale regionale, la contestuale riduzione delle aliquote IRPEF non dovrebbe essere effettuata;
all'articolo 3, comma 2, ove è previsto un rinvio all'applicazione delle norme vigenti in materia di IVA, appare preferibile sostituire il rinvio alla «normativa vigente» con un riferimento più esplicito alla fonte che disciplina la materia;
allo stesso articolo 3, comma 3, ove si individua il fondamento del criterio di territorialità dell'attribuzione della compartecipazione IVA nel luogo di consumo del bene o servizio oggetto di scambio, precisandosi che, nel caso delle prestazioni di servizio, il luogo di consumo può essere identificato con quello del domicilio del soggetto fruitore, si valuti l'opportunità di chiarire in modo univoco in sede di attuazione la portata e gli effetti della disposizione.
al medesimo articolo 3, comma 3, si valuti che l'atto di determinazione della misura annuale di compartecipazione all'IVA di ciascuna regione, è qualificato come non regolamentare, qualificazione - utilizzata anche per gli atti richiamati negli articoli 5, comma 2 e 11 comma 8 - da esaminare alla luce del sistema delle fonti e del regime di pubblicità previsto per l'atto stesso, considerato che, al riguardo, la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 116 del 2006), ha utilizzato la definizione di «atto statale dalla indefinibile natura giuridica»;
all'articolo 5, comma 2, ove si richiamano gli scaglioni di reddito senza indicare la normativa di riferimento, si valuti l'opportunità di confermare che tali scaglioni sono quelli indicati nell'articolo 11 del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 al fine di evitare dubbi interpretativi;
all'articolo 6, si valuti il comma 2, che rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'individuazione dei trasferimenti statali alle regioni di parte corrente dei quali il comma 1 dispone la soppressione, alla luce dell'articolo 29, comma 1 della legge n. 42 del 2009, in base al quale «i decreti legislativi di cui all'articolo 2 individuano le disposizioni incompatibili con la presente legge, prevedendone l'abrogazione»;
all'articolo 8, comma 2, si consideri se l'atto amministrativo regionale - fonte di rango secondario cui viene rinviata l'istituzione della compartecipazione comunale all'addizionale regionale IRPEF, sia pure nel limite quantitativo dato dalla previsione legislativa di «assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi», nonché la manovrabilità dell'aliquota di compartecipazione - sia produttivo di effetti normativi riconducibili, nel sistema delle fonti, a fonti di rango primario; appare opportuno, inoltre, valutare la coerenza con i principi generali in tema di autonomia delle Regioni ai sensi del Titolo V della parte II della Costituzione, della qualificazione dell'atto regionale in termini amministrativi operata dallo stesso comma 2;

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allo stesso articolo 8, si consideri l'opportunità di sopprimere il comma 3, in base al quale «resta fermo quanto previsto dall'articolo 120, comma 2, della Costituzione», non potendo comunque una fonte di rango primario intervenire su fonte costituzionale;
al medesimo articolo 8, comma 4, primo periodo, si consideri che non sono precisati modalità, data di istituzione e periodo di durata del Fondo sperimentale regionale di riequilibrio ivi previsto;
al medesimo articolo 8, comma 4, secondo periodo, ove si dispone che ogni regione stabilisce, previo accordo con i comuni, le modalità di riparto del Fondo nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute al singolo comune in cui si sono verificati i presupposti di imposta, si valuti che non è specificato se l'accordo preventivo sia vincolante e se, in mancanza di esso, la regione possa comunque procedere al riparto del Fondo stesso;
all'articolo 11 comma 8, ove si rinvia la definizione della disciplina ad un decreto di natura non regolamentare del presidente del Consiglio dei ministri, si consideri l'esigenza di stabilire il termine di emanazione dell'atto e si valuti il rinvio a decreto di natura non regolamentare per stabilire la soglia di popolazione al di sotto della quale la quota perequativa è incrementata in ragione inversa alla dimensione demografica (che risulta dal combinato disposto dei commi 7, lettera d) e 8 alla luce dell'articolo 9, comma 1 lettera g) n. 3, della legge delega, ai sensi del quale il limite di popolazione dovrebbe essere stabilito dal legislatore delegato attraverso i decreti legislativi di attuazione della delega; si consideri comunque l'esigenza di stabilire un termine per l'emanazione degli atti previsti ai commi 5, 7 lettera d) e 8 secondo periodo;
al Capo II del provvedimento si valuti l'opportunità di introdurre disposizioni di attuazione dell'articolo 15 della legge n. 42 del 2009, che riguardino il patrimonio e il sistema finanziario delle città metropolitane, con effetto a decorrere dalla data di insediamento dei rispettivi organi;
all'articolo 12, comma 3, ove si precisa che il gettito derivante dalle fonti di finanziamento del complesso delle spese delle Province è senza vincolo di destinazione, appare opportuno valutare che l'articolo 11, comma 1, lettera f), della legge di delega considera senza vincolo di destinazione soltanto il gettito delle compartecipazioni a tributi erariali e regionali;
all'articolo 14, appare opportuno valutare il comma 4, che demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, del quale non è stabilito il termine di emanazione, il compito di individuare i trasferimenti statali da sopprimere - rispettivamente - alle regioni statuto ordinario ed alle province in esse ricadenti, cui dovrebbe accompagnarsi la abrogazione delle relative disposizioni; alla luce dell'articolo 29, comma 1, della legge n. 42 del 2009, in base al quale «i decreti legislativi di cui all'articolo 2 individuano le disposizioni incompatibili con la presente legge, prevedendone l'abrogazione»;
allo stesso articolo 14, comma 7, che prevede la soppressione dell'addizionale provinciale dell'accisa sull'energia elettrica, si consideri che viene assegnato ad una fonte di rango secondario, un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, il potere di modificare le aliquote dell'accisa sull'energia elettrica, in modo da assicurare l'equivalenza del gettito, il cui ammontare non è quantificato, né tanto meno riferito ad uno specifico lasso temporale;
all"articolo 15, comma 2, si valuti che viene affidata ad un atto amministrativo di competenza regionale - con previsione alla quale si estende quanto osservato sopra con riferimento all'articolo 8 comma 2 - l'istituzione della compartecipazione delle province alla tassa automobilistica regionale, sia pure nel limite quantitativo dato dalla previsione legislativa di «assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi»;

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al medesimo comma si consideri l'opportunità di specificare ulteriormente la fattispecie in cui la medesima fonte può intervenire a fini di modificabilità dell'aliquota della suddetta compartecipazione - che si concreta nella rideterminazione del quantum dell'obbligazione tributaria - in quanto tale fattispecie è ricondotta alla soppressione di trasferimenti il cui ammontare non è quantificato dalla norma, ovvero a un riferimento a «disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni delle Province»;
al medesimo articolo 15, comma 4, si consideri l'opportunità di precisare, con riferimento all'istituzione da parte di ciascuna regione di un Fondo sperimentale di riequilibrio, riferimenti temporali e criteri di riparto; in merito andrebbe inoltre valutato che dell'accordo preliminare per il riparto del Fondo da parte di ciascuna regione andrebbe precisata la natura e la valenza eventualmente vincolante;
all'articolo 17 si valuti il meccanismo transitorio di finanziamento e perequazione, ivi previsto alla luce dei principi e criteri direttivi di delega formulati dall'articolo 21 della legge n. 42 del 2009, con particolare riferimento a quelli di cui al comma 1, lettera d), che, prevede che i fondi perequativi siano quantificati, per ciascun livello di governo, in misura pari alla differenza tra i trasferimenti statali soppressi e le maggiori entrate spettanti a comuni e province in sostituzione di tali trasferimenti, tenendo conto del principio del graduale superamento del criterio della spesa storica in favore del fabbisogno standard e della capacità fiscale in base alla tipologia di funzioni da finanziare; e al comma 1, lettera e), che prevede che il finanziamento delle spese degli enti locali debba essere effettuato assumendo l'ipotesi che l'80 per cento delle spese sia considerato come riconducibile alle funzioni fondamentali e che il residuo 20 per cento si riferisca alle funzioni non fondamentali; a tale stregua andrebbe chiarito se le percentuali di finanziamento delle spese degli enti locali siano riferibili anche al riparto delle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio;
allo stesso articolo 17, comma 3, appare opportuno stabilire un termine per l'adozione del decreto ivi previsto, nonché chiarire la natura e la valenza, eventualmente vincolante, dell'accordo preventivo da realizzare in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, al fine di evidenziare se, in mancanza dello stesso, si possa comunque procedere all'adozione del predetto decreto;
all'articolo 19, comma 1, che prevede l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri «previo accordo sancito in sede di Conferenza unificata Stato-città ed autonomie locali» appare opportuno chiarire se si intenda riferirsi alla Conferenza unificata ovvero alla Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali;
all'articolo 19, si valuti il comma 1, primo periodo, alla luce dell'articolo 13, comma 1, lettera a) della legge 42 del 2009 che prevede che il fondo perequativo dello Stato sia alimentato con le risorse provenienti dalla fiscalità generale e che la dimensione del fondo stesso sia determinata, con riguardo all'esercizio delle funzioni fondamentali, per ogni tipologia di ente, in misura pari alla differenza tra il totale dei fabbisogni standard per le funzioni fondamentali e il totale delle entrate standardizzate spettanti ai comuni e alle province;
al suddetto articolo 19, comma 1, secondo periodo, ove si rinvia a fonte di rango secondario la determinazione delle modalità di alimentazione e di riparto del fondo perequativo per le province e i comuni, si valuti l'esigenza di stabilire il termine per l'emanazione del relativo atto e di chiarire la valenza, vincolante o meno, dell'accordo preventivo da realizzare in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, nonché se, in mancanza dello stesso accordo, si possa comunque procedere all'adozione dell'atto medesimo;
allo stesso articolo 19, si valutino le disposizioni riferite ai fondi previsti dal

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comma 2, alla luce dell'articolo 13 della legge di delega, che dispone che il decreto legislativo attuativo del sistema perequativo per gli enti locali rechi la definizione delle modalità con cui si procede periodicamente all'aggiornamento dell'entità dei fondi perequativi e alla ridefinizione delle relative fonti di finanziamento;
al medesimo articolo 19, comma 7, ove è previsto un rinvio ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'individuazione delle soglie di minor popolazione dei comuni ai fini di una disciplina specifica dei criteri di riparto per tali comuni, si consideri che l'articolo 13, comma 1, lettera f), della legge n. 42, prevede che la suddetta soglia sia individuata in sede di esercizio della delega;
allo stesso articolo 19, comma 10, si valuti l'opportunità di chiarire l'ambito di riferimento del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ivi previsto, da adottare per la definizione delle modalità applicative «del presente articolo», considerato che già il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1, secondo periodo, adottato previo accordo sancito in sede di Conferenza unificata a differenza dell'atto in questione, dovrebbe coprire l'area applicativa dell'articolo in esame;
all'articolo 24, comma 3, che rinvia ad un ulteriore decreto legislativo qualificato come «integrativo» la determinazione dei «costi standard, relativi alle materie diverse dalla sanità, associati ai livelli essenziali delle prestazioni fissati dalla legge statale», nonché la distinzione delle «fonti di finanziamento in relazione a quanto previsto dai commi 1 e 2 dell'articolo 10», appare opportuno sopprimere la qualificazione «integrativo», in quanto la legge delega consente solo l'emanazione di uno o più decreti legislativi nel termine di esercizio previsto per la delega principale; al riguardo si consideri che la giurisprudenza costituzionale ha individuato precisi limiti all'esercizio della potestà legislativa di tipo integrativo e correttivo (sentenza n. 206 del 2001), che può esplicarsi solo nell'ambito dei principi e criteri direttivi già imposti per la delega principale e «solo in funzione di correzione o integrazione delle norme delegate già emanate, e non già in funzione di un esercizio tardivo, per la prima volta, della delega».

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario (Atto n. 317).

RILIEVI DELIBERATI DALLA COMMISSIONE

La I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) della Camera dei deputati,
esaminato, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del regolamento della Camera dei deputati, lo «Schema di decreto legislativo in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario» (Atto n. 317),
premesso che:
il provvedimento riguarda l'autonomia impositiva degli enti territoriali, la perequazione per comuni e province, nonché una specifica disciplina per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario;
il medesimo provvedimento, che non specifica quali disposizioni della legge n. 42 del 2009 sono oggetto di attuazione, non reca tuttavia alcuna disposizione relativa al sistema finanziario delle città metropolitane;
numerose disposizioni dello schema in esame rinviano a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, per la piena attuazione di disposizioni di delega, talora con riferimento a oggetti specificamente attribuiti dalla legge delega allo strumento del decreto legislativo (come ad esempio l'articolo 11, comma 7, lettera d) e l'articolo 19, comma 7, in relazione, rispettivamente, all'articolo 9, comma 1, lettera g), n. 3) e all'articolo 13, comma 1, lettera f) della legge n. 42 del 2009) e in alcuni casi senza indicazione del termine per la loro adozione;
talune disposizioni, invece, che demandano interventi ad atti amministrativi regionali, appaiono meritevoli di valutazione dal punto di vista della coerenza con i principi generali in tema di autonomia delle Regioni ai sensi del Titolo V della parte II della Costituzione,

DELIBERA DI ESPRIMERE I SEGUENTI RILIEVI:

si valuti la previsione dell'articolo 1, in base alla quale il gettito delle fonti finanziamento delle regioni ivi indicate è da considerarsi senza vincolo di destinazione, alla luce dell'articolo 7, comma 1, lettera e), della legge delega, che considera senza vincolo di destinazione solo il gettito dei tributi regionali derivati e le compartecipazioni al gettito dei tributi erariali;
si consideri che la previsione dell'articolo 2, comma 1, che rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per la rideterminazione della misura dell'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF e per la riduzione delle aliquote IRPEF di competenza statale, interviene sul sistema delle fonti che attualmente disciplinano l'IRPEF, attribuendo potestà normative, ora esercitate da fonti di rango primario, a fonte di rango secondario;
si valuti l'opportunità di un ulteriore coordinamento delle previsioni dell'articolo

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2, comma 1, secondo e terzo periodo con quelle dell'articolo 5, in quanto, se quest'ultimo articolo, al comma 1, configura come facoltà delle regioni la potestà di aumento percentuale dell'aliquota addizionale IRPEF, d'altro canto il secondo periodo del comma 1 dell'articolo 2 letteralmente prevede che «all'aliquota così rideterminata si aggiungono» le misure percentuali indicate nel richiamato articolo 5, rendendo non chiara quale sia la natura - obbligatoria o facoltativa - dell'incremento dell'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF applicabile a decorrere dal 2014 e quale sia il reale potere discrezionale attribuito alle regioni;
si esamini inoltre, al medesimo articolo 2, comma 1, terzo periodo, l'opportunità di precisare - eventualmente anche al fine di una espressa esclusione, come appare plausibile - se tale riduzione delle aliquote IRPEF debba operare anche in riferimento agli incrementi dell'addizionale regionale IRPEF previsti, con decorrenza 2014, dal secondo periodo del medesimo comma, in quanto, qualora sia effettivamente facoltà delle regioni deliberare aumenti dell'aliquota dell'addizionale regionale, la contestuale riduzione delle aliquote IRPEF non dovrebbe essere effettuata;
all'articolo 3, comma 2, ove è previsto un rinvio all'applicazione delle norme vigenti in materia di IVA, appare preferibile sostituire il rinvio alla «normativa vigente» con un riferimento più esplicito alla fonte che disciplina la materia;
allo stesso articolo 3, comma 3, ove si individua il fondamento del criterio di territorialità dell'attribuzione della compartecipazione IVA nel luogo di consumo del bene o servizio oggetto di scambio, precisandosi che, nel caso delle prestazioni di servizio, il luogo di consumo può essere identificato con quello del domicilio del soggetto fruitore, si valuti l'opportunità di chiarire in modo univoco in sede di attuazione la portata e gli effetti della disposizione;
al medesimo articolo 3, comma 3, si valuti che l'atto di determinazione della misura annuale di compartecipazione all'IVA di ciascuna regione, è qualificato come non regolamentare, qualificazione - utilizzata anche per gli atti richiamati negli articoli 5, comma 2, e 11 comma 8 - da esaminare alla luce del sistema delle fonti e del regime di pubblicità previsto per l'atto stesso, considerato che, al riguardo, la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 116 del 2006), ha utilizzato la definizione di «atto statale dalla indefinibile natura giuridica»;
all'articolo 5, comma 2, ove si richiamano gli scaglioni di reddito senza indicare la normativa di riferimento, si valuti l'opportunità di confermare che tali scaglioni sono quelli indicati nell'articolo 11 del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 al fine di evitare dubbi interpretativi;
all'articolo 6, si valuti il comma 2, che rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'individuazione dei trasferimenti statali alle regioni di parte corrente dei quali il comma 1 dispone la soppressione, alla luce dell'articolo 29, comma 1 della legge n. 42 del 2009, in base al quale «i decreti legislativi di cui all'articolo 2 individuano le disposizioni incompatibili con la presente legge, prevedendone l'abrogazione»;
all'articolo 7, considerato che le disposizioni istitutive dei tributi richiamati al comma 1, primo periodo, spiegano efficacia su tutto il territorio nazionale, comprese le regioni a statuto speciale, appare opportuno prevedere che, in luogo dell'abrogazione, ne sia prevista la cessazione dell'efficacia limitatamente al territorio delle regioni a statuto ordinario;
all'articolo 8, comma 2, si consideri se l'atto amministrativo regionale - fonte di rango secondario cui viene rinviata l'istituzione della compartecipazione comunale all'addizionale regionale IRPEF, sia pure nel limite quantitativo dato dalla previsione legislativa di «assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi», nonché la manovrabilità

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dell'aliquota di compartecipazione - sia produttivo di effetti normativi riconducibili, nel sistema delle fonti, a fonti di rango primario; appare opportuno, inoltre, valutare la coerenza con i principi generali in tema di autonomia delle Regioni ai sensi del Titolo V della parte II della Costituzione, della qualificazione dell'atto regionale in termini amministrativi operata dallo stesso comma 2;
al medesimo articolo 8, si consideri l'opportunità di sopprimere il comma 3, in base al quale «resta fermo quanto previsto dall'articolo 120, comma 2, della Costituzione», non potendo comunque una fonte di rango primario intervenire su fonte costituzionale;
al medesimo articolo 8, comma 4, primo periodo, si consideri che non sono precisati modalità, data di istituzione e periodo di durata del Fondo sperimentale regionale di riequilibrio ivi previsto;
al medesimo articolo 8, comma 4, secondo periodo, ove si dispone che ogni regione stabilisce, previo accordo con i comuni, le modalità di riparto del Fondo nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute al singolo comune in cui si sono verificati i presupposti di imposta, si valuti che non è specificato se l'accordo preventivo sia vincolante e se, in mancanza di esso, la regione possa comunque procedere al riparto del Fondo stesso;
all'articolo 11, comma 8, ove si rinvia la definizione della disciplina ad un decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, si consideri l'esigenza di stabilire il termine di emanazione dell'atto e si valuti il rinvio a decreto di natura non regolamentare per stabilire la soglia di popolazione al di sotto della quale la quota perequativa è incrementata in ragione inversa alla dimensione demografica (che risulta dal combinato disposto dei commi 7, lettera d) e 8) alla luce dell'articolo 9, comma 1, lettera g), n. 3, della legge delega, ai sensi del quale il limite di popolazione dovrebbe essere stabilito dal legislatore delegato attraverso i decreti legislativi di attuazione della delega; si consideri comunque l'esigenza di stabilire un termine per l'emanazione degli atti previsti ai commi 5, 7 lettera d) e 8 secondo periodo;
al Capo II del provvedimento si valuti l'opportunità di introdurre disposizioni di attuazione dell'articolo 15 della legge n. 42 del 2009, che riguardino il patrimonio e il sistema finanziario delle città metropolitane, con effetto a decorrere dalla data di insediamento dei rispettivi organi;
all'articolo 12, comma 3, ove si precisa che il gettito derivante dalle fonti di finanziamento del complesso delle spese delle Province è senza vincolo di destinazione, appare opportuno valutare che l'articolo 11, comma 1, lettera f), della legge di delega considera senza vincolo di destinazione soltanto il gettito delle compartecipazioni a tributi erariali e regionali;
all'articolo 14, appare opportuno valutare il comma 4, che demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, del quale non è stabilito il termine di emanazione, il compito di individuare i trasferimenti statali da sopprimere - rispettivamente - alle regioni a statuto ordinario ed alle province in esse ricadenti, cui dovrebbe accompagnarsi la abrogazione delle relative disposizioni; alla luce dell'articolo 29, comma 1, della legge n. 42 del 2009, in base al quale «i decreti legislativi di cui all'articolo 2 individuano le disposizioni incompatibili con la presente legge, prevedendone l'abrogazione»;
al medesimo articolo 14, comma 7, che prevede la soppressione dell'addizionale provinciale dell'accisa sull'energia elettrica, si consideri che viene assegnato ad una fonte di rango secondario, un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, il potere di modificare le aliquote dell'accisa sull'energia elettrica, in modo da assicurare l'equivalenza del gettito, il cui ammontare non è quantificato, né tanto meno riferito ad uno specifico lasso temporale;
all"articolo 15, comma 2, si valuti che viene affidata ad un atto amministrativo di

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competenza regionale - con previsione alla quale si estende quanto osservato sopra con riferimento all'articolo 8, comma 2 - l'istituzione della compartecipazione delle province alla tassa automobilistica regionale, sia pure nel limite quantitativo dato dalla previsione legislativa di «assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi»;
al medesimo comma si consideri l'opportunità di specificare ulteriormente la fattispecie in cui la medesima fonte può intervenire a fini di modificabilità dell'aliquota della suddetta compartecipazione - che si concreta nella rideterminazione del quantum dell'obbligazione tributaria - in quanto tale fattispecie è ricondotta alla soppressione di trasferimenti il cui ammontare non è quantificato dalla norma, ovvero a un riferimento a «disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni delle Province»;
al medesimo articolo 15, comma 4, si consideri l'opportunità di precisare, con riferimento all'istituzione da parte di ciascuna regione di un Fondo sperimentale di riequilibrio, riferimenti temporali e criteri di riparto; in merito andrebbe inoltre valutato che dell'accordo preliminare per il riparto del Fondo da parte di ciascuna regione andrebbe precisata la natura e la valenza eventualmente vincolante;
all'articolo 17 si valuti il meccanismo transitorio di finanziamento e perequazione, ivi previsto alla luce dei principi e criteri direttivi di delega formulati dall'articolo 21 della legge n. 42 del 2009, con particolare riferimento a quelli di cui al comma 1, lettera d), che, prevede che i fondi perequativi siano quantificati, per ciascun livello di governo, in misura pari alla differenza tra i trasferimenti statali soppressi e le maggiori entrate spettanti a comuni e province in sostituzione di tali trasferimenti, tenendo conto del principio del graduale superamento del criterio della spesa storica in favore del fabbisogno standard e della capacità fiscale in base alla tipologia di funzioni da finanziare; e al comma 1, lettera e), che prevede che il finanziamento delle spese degli enti locali debba essere effettuato assumendo l'ipotesi che l'80 per cento delle spese sia considerato come riconducibile alle funzioni fondamentali e che il residuo 20 per cento si riferisca alle funzioni non fondamentali; a tale stregua andrebbe chiarito se le percentuali di finanziamento delle spese degli enti locali siano riferibili anche al riparto delle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio;
al medesimo articolo 17, comma 3, appare opportuno stabilire un termine per l'adozione del decreto ivi previsto, nonché chiarire la natura e la valenza, eventualmente vincolante, dell'accordo preventivo da realizzare in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, al fine di evidenziare se, in mancanza dello stesso, si possa comunque procedere all'adozione del predetto decreto;
all'articolo 19, comma 1, che prevede l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri «previo accordo sancito in sede di Conferenza unificata Stato-città ed autonomie locali» appare opportuno chiarire se si intenda riferirsi alla Conferenza unificata ovvero alla Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali;
all'articolo 19, si valuti il comma 1, primo periodo, alla luce dell'articolo 13, comma 1, lettera a), della legge 42 del 2009 che prevede che il fondo perequativo dello Stato sia alimentato con le risorse provenienti dalla fiscalità generale e che la dimensione del fondo stesso sia determinata, con riguardo all'esercizio delle funzioni fondamentali, per ogni tipologia di ente, in misura pari alla differenza tra il totale dei fabbisogni standard per le funzioni fondamentali e il totale delle entrate standardizzate spettanti ai comuni e alle province;
al suddetto articolo 19, comma 1, secondo periodo, ove si rinvia a fonte di rango secondario la determinazione delle modalità di alimentazione e di riparto del fondo perequativo per le province e i comuni, si valuti l'esigenza di stabilire il termine per l'emanazione del relativo atto

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e di chiarire la valenza, vincolante o meno, dell'accordo preventivo da realizzare in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, nonché se, in mancanza dello stesso accordo, si possa comunque procedere all'adozione dell'atto medesimo;
al medesimo articolo 19, si valutino le disposizioni riferite ai fondi previsti dal comma 2, alla luce dell'articolo 13 della legge di delega, che dispone che il decreto legislativo attuativo del sistema perequativo per gli enti locali rechi la definizione delle modalità con cui si procede periodicamente all'aggiornamento dell'entità dei fondi perequativi e alla ridefinizione delle relative fonti di finanziamento;
al medesimo articolo 19, comma 7, ove è previsto un rinvio ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'individuazione delle soglie di minor popolazione dei comuni ai fini di una disciplina specifica dei criteri di riparto per tali comuni, si consideri che l'articolo 13, comma 1, lettera f), della legge n. 42 del 2009, prevede che la suddetta soglia sia individuata in sede di esercizio della delega;
al medesimo articolo 19, comma 10, si valuti l'opportunità di chiarire l'ambito di riferimento del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ivi previsto, da adottare per la definizione delle modalità applicative «del presente articolo», considerato che già il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1, secondo periodo, adottato previo accordo sancito in sede di Conferenza unificata a differenza dell'atto in questione, dovrebbe coprire l'area applicativa dell'articolo in esame;
all'articolo 24, comma 3, che rinvia ad un ulteriore decreto legislativo qualificato come «integrativo» la determinazione dei «costi standard, relativi alle materie diverse dalla sanità, associati ai livelli essenziali delle prestazioni fissati dalla legge statale», nonché la distinzione delle «fonti di finanziamento in relazione a quanto previsto dai commi 1 e 2 del'articolo 10», appare opportuno sopprimere la qualificazione «integrativo», in quanto la legge delega consente solo l'emanazione di uno o più decreti legislativi nel termine di esercizio previsto per la delega principale; al riguardo si consideri che la giurisprudenza costituzionale ha individuato precisi limiti all'esercizio della potestà legislativa di tipo integrativo e correttivo (sentenza n. 206 del 2001), che può esplicarsi solo nell'ambito dei principi e criteri direttivi già imposti per la delega principale e «solo in funzione di correzione o integrazione delle norme delegate già emanate, e non già in funzione di un esercizio tardivo, per la prima volta, della delega».

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ALLEGATO 3

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle modalità di controllo delle attività di Europol da parte del Parlamento europeo in associazione con i parlamenti nazionali (COM(2010)776 definitivo).

DOCUMENTO FINALE APPROVATO

La I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) della Camera dei deputati;
esaminata la comunicazione della Commissione europea (COM(2010)776) sulle modalità di controllo delle attività di Europol da parte del Parlamento europeo in associazione con i Parlamenti nazionali;
visto il parere espresso dalla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) della Camera dei deputati;
considerato che:
in linea con le indicazioni del Programma di Stoccolma per lo spazio di libertà sicurezza e giustizia 2010-2014, la comunicazione intende avviare formalmente il dibattito su alcuni aspetti dell'attuazione dell'articolo 88 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in base al quale il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando tramite regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, determinano la struttura, il funzionamento, la sfera di azione e i compiti di Europol e fissano le modalità di controllo delle attività di Europol da parte del Parlamento europeo, «controllo a cui sono associati i Parlamenti nazionali»;
l'associazione dei Parlamenti nazionali al controllo sull'attività di Europol costituisce un presidio essenziale per la democrazia, stante la delicatezza e il rilievo delle attività svolte da Europol, attualmente costituito in forma di Agenzia dell'Unione europea, con particolare riguardo all'esigenza di assicurare una adeguata tutela dei diritti dei cittadini;
la comunicazione correttamente ricorda che attualmente l'operato della Agenzia può essere oggetto del vaglio dei singoli Parlamenti nazionali, sia pure indirettamente, attraverso il controllo sui rispettivi governi;
la comunicazione fornisce altresì un quadro esauriente delle riflessioni e delle valutazioni espresse nell'ultimo decennio dalle istituzioni dell'Unione europea e dai Parlamenti nazionali sul tema del controllo democratico su Europol;
anche sulla base di tali riflessioni e valutazioni, al fine di adeguare il livello del controllo democratico sull'attività di Europol al nuovo quadro giuridico introdotto dal Trattato di Lisbona, la comunicazione propone l'istituzione di un forum misto o interparlamentare permanente, composto dai membri delle Commissioni dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo competenti in materia di polizia. La comunicazione peraltro fa uso alternativamente del termine forum interparlamentare permanente / organo misto, ingenerando una certa ambiguità nell'individuazione delle caratteristiche strutturali e funzionali di tale sede;
a giudizio della Commissione europea, tale forum costituirebbe un dispositivo formale dotato di sufficiente flessibilità per un efficace scambio di informazioni e coordinamento tra i Parlamenti

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nazionali e il Parlamento Europeo, in modo tale da unificare il controllo parlamentare a livello dell'Unione europea, fatte salve le procedure proprie dei Parlamenti nazionali;
il documento in esame propone inoltre una nuova strategia di comunicazione con il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali, suggerendo lo svolgimento, in seno alla Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni del Parlamento europeo, di dibattiti relativi alla strategia pluriennale di Europol e al suo programma di lavoro annuale;
nell'ambito della nuova strategia di comunicazione proposta, la Commissione europea suggerisce inoltre che l'agenzia trasmetta sistematicamente al Parlamento Europeo e ai Parlamenti nazionali informazioni periodicamente aggiornate sui risultati delle sue operazioni nonché i risultati di un sondaggio degli utenti che misuri il livello di soddisfazione per le prestazioni generali di Europol e per prodotti e servizi specifici, inviato ogni due anni per via elettronica a determinati utenti negli Stati membri e ad altri partner;
la Commissione ritiene che, al fine di consolidare la comunicazione tra il futuro forum interparlamentare e gli organi direttivi di Europol, si potrebbe prevedere anche uno scambio periodico di opinioni in occasione della presentazione dei documenti strategici di Europol o delle suddette relazioni da parte del direttore e/o del presidente del consiglio di amministrazione;
la comunicazione esprime la posizione della Commissione europea anche in relazione a ulteriori questioni che, nell'ultimo decennio, hanno interessato il dibattito sull'evoluzione dell'Agenzia, quali, in particolare, la separazione dei ruoli;
a questo proposito la comunicazione ricorda opportunamente la richiesta da tempo avanzata dal Parlamento europeo di essere coinvolto nelle procedure di nomina e revoca del direttore e del vicedirettore di Europol e di prevedere che il Consiglio di amministrazione sia ampliato includendovi anche rappresentanti della Commissione e del Parlamento europeo;
tenuto conto che:
la riflessione sulle modalità con cui organizzare il controllo parlamentare sullo Spazio di libertà sicurezza e giustizia è stata oggetto di discussione della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell'Unione europea, in occasione della Conferenza di Stoccolma del 15 maggio 2010; il tema del ruolo dei Parlamenti nell'attività di controllo di Europol risulta peraltro all'ordine del giorno della prossima Conferenza che si terrà a Bruxelles il 4-5 aprile 2011;
in occasione della Conferenza di Stoccolma era emerso, per quanto riguarda le sedi e le modalità di dialogo e confronto tra Parlamenti (europeo e nazionali), un orientamento diffuso nel senso di evitare la creazione di nuove sedi ad hoc, e di ricorrere piuttosto all'attivazione del circuito delle riunioni interparlamentari delle Commissioni competenti in materia di giustizia e affari interni, da svolgere con cadenza semestrale;
rilevata altresì l'esigenza che il presente documento, unitamente al parere della XIV Commissione, sia trasmesso alla Commissione europea, nell'ambito del dialogo politico, nonché al Parlamento europeo,
valuta favorevolmente la comunicazione in esame, esprimendo le seguenti osservazioni:
a)
allo scopo di evitare l'istituzione di nuovi organismi ad hoc per lo scambio di informazioni, appare opportuno avvalersi, secondo una prassi consolidata, dello strumento costituito da periodiche (eventualmente con cadenza semestrale) riunioni interparlamentari delle Commissioni competenti per la materia, in modo da valorizzarne le conoscenze e le competenze acquisite, in ogni caso garantendo una

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equilibrata rappresentanza dei parlamenti nazionali rispetto al Parlamento europeo;
b) occorre approfondire le questioni, su cui la comunicazione della Commissione europea non sembra fornire puntuali elementi, relative alle modalità e alle procedure attraverso le quali esercitare il controllo di Europol, con particolare riferimento alla individuazione dei documenti che Europol sarebbe tenuta a trasmettere ai Parlamenti dell'Unione Europea ai fini di un proficuo controllo, e con quale periodicità. A riguardo, appare opportuno stabilire che il controllo da parte del Parlamento europeo in associazione con i Parlamenti nazionali non si attui solo ex post ma debba esercitarsi anche preliminarmente, sul programma annuale dell'Agenzia, al fine di verificarne la rispondenza agli obiettivi strategici elaborati dall'Unione europea in sede politica;
c) si valuti inoltre l'opportunità di sostenere la richiesta avanzata dal Parlamento europeo di partecipare, con modalità da definire, alla procedura per la valutazione dell'idoneità dei candidati agli incarichi di vertice dell'Agenzia;
d) occorre infine approfondire ulteriormente gli aspetti, che la comunicazione della Commissione europea non sembra definire con precisione, relativi alle modalità e alle procedure attraverso le quali esercitare il controllo di Europol, al fine di garantire, in particolare, un accurato monitoraggio in materia di protezione dei dati personali.

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ALLEGATO 4

Disposizioni per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni (Emendamenti C. 54-A Realacci).

PARERE APPROVATO

Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
esprime

PARERE CONTRARIO

sull'articolo aggiuntivo 8.020 Ciccanti;

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti e articoli aggiuntivi contenuti nel fascicolo n. 1.

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ALLEGATO 5

Istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore assicurativo.
(Testo unificato C. 2699-ter, approvato dal Senato, ed abb.).

PARERE APPROVATO

Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 2699-ter, approvata dal Senato ed abbinate, recante «Istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore assicurativo», come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito in sede referente;
rilevato che la disciplina recata dal provvedimento appare riconducibile alle materie ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali e ordinamento civile, che l'articolo 117, secondo comma, lettere g) ed l) della Costituzione riserva alla competenza legislativa esclusiva statale;
considerato che non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,
esprime

PARERE FAVOREVOLE