CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 9 marzo 2011
450.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, nonché al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, in materia di remissione tacita della querela (Nuovo testo C. 1640 Contento).

PARERE APPROVATO

Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
esaminato il nuovo testo della proposta di legge C. 1640 Contento, recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, nonché al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, in materia di remissione tacita della querela»;
considerato che:
il contenuto del provvedimento è riconducibile alle materie giurisdizione e norme processuali e ordinamento penale, di competenza legislativa esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma 2, lettera l), della Costituzione);
rilevato che:
l'articolo 1, novellando l'articolo 152 del codice penale, prevede che vi è remissione tacita della querela - oltre che, come nel testo vigente, quando il querelante ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela - anche quando: (a) il querelante non compaia, senza giustificato motivo, in udienza, nonostante abbia ricevuto rituale notifica della citazione; (b) il querelante abbia ricevuto il risarcimento del danno (tale fattispecie di remissione tacita della querela è prevista per i soli reati puniti con pena inferiore nel massimo a quattro anni e in ogni caso si applica il terzo comma dell'articolo 609-septies che prevede l'irrevocabilità della querela per i reati di violenza sessuale semplice e aggravata e di atti sessuali con minorenne (fattispecie di reato che, peraltro, sono punite nel massimo con pena superiore a quattro anni); (c) il querelante sia destinatario di un'offerta reale ai sensi dell'articolo 1209 del codice civile e questa sia stata ritenuta congrua dal giudice procedente: in tal caso l'offerta reale equivale al danno risarcito ai sensi di cui alla lettera b);
osservato, sotto il profilo della ragionevolezza della previsione normativa, che:
la querela si configura nell'ordinamento come un diritto della parte che si ritiene offesa e, quando è richiesta, costituisce il necessario presupposto dell'azione penale obbligatoria da parte dei pubblici poteri, con la conseguenza che, al venir meno della querela, si estingue il reato;
in altre parole, nei reati perseguibili a querela della parte offesa, sia il promovimento dell'azione penale, sia la rimessione della querela, che produce l'estinzione del reato, sono subordinati a una manifestazione di volontà della persona offesa: l'importanza della volontà dell'offeso è d'altronde dimostrata dal fatto che, anche quando interpreta la mancata comparizione in udienza senza giustificato motivo come manifestazione implicita di una volontà di rimessione della querela, il provvedimento in esame si preoccupa di adottare le necessarie cautele per assicurare che l'effetto di rimessione tacita non avvenga senza la consapevolezza del querelante e, quindi, potenzialmente, contro la sua volontà;

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sembrerebbe pertanto necessario innanzitutto garantire che l'effetto di rimessione tacita della querela consegua esclusivamente da un atto riconducibile alla volontà del querelante;
in particolare, la garanzia del nesso tra volontà del querelante e rimessione tacita della querela non sussiste con riferimento all'ipotesi (di cui all'articolo 1, comma 2) in cui il querelante sia destinatario di un'offerta reale ai sensi dell'articolo 1209 del codice civile e questa sia ritenuta congrua dal giudice procedente: in tale ipotesi non è infatti necessario che il querelante abbia accettato l'offerta in questione, essendo sufficiente, per far venir meno la querela, che l'offerta sia ritenuta congrua dal giudice procedente; si stabilisce infatti espressamente che la predetta offerta reale equivale, ai fini della rimessione tacita, a danno risarcito;
analogamente, con riferimento all'ipotesi (di cui all'articolo 1, comma 1) in cui il querelante abbia ricevuto il risarcimento del danno, la garanzia del predetto nesso sussiste solo nel presupposto che il verbo «ricevere» sia impiegato nel testo nel senso di «accettare», con esclusione quindi di ogni risarcimento fatto pervenire dal presunto reo alla parte offesa senza l'accettazione di quest'ultima;
appare in secondo luogo necessario garantire in tutti i casi quanto previsto dal testo in esame per il solo caso di rimessione tacita a seguito della mancata comparizione in udienza senza giustificato motivo: ossia che il querelante sia reso pienamente edotto del fatto che dal suo atto volontario (la mancata comparizione in udienza senza giustificato motivo ovvero l'accettazione di un risarcimento ovvero altra ipotesi che si voglia prevedere) consegue il venir meno della querela (e, quindi, della punizione dell'eventuale reo);
ricordato, ancora sotto il profilo della ragionevolezza delle previsione normativa, che:
una disciplina analoga in materia di estinzione del reato è recata dall'articolo 35 del decreto legislativo n. 274 del 2000, il quale, però, con riferimento a fattispecie di reato tendenzialmente meno gravi di quelle prese in considerazione nel provvedimento in esame, prevede una valutazione più articolata da parte del giudice, rispetto a quella sulla congruità del risarcimento, al fine di pervenire all'estinzione del reato e dispone un termine entro cui deve essere posta in essere la condotta riparatoria;
il predetto articolo, infatti, applicabile ai reati di competenza del giudice di pace, prevede l'estinzione del reato quando l'imputato dimostri di aver proceduto, prima dell'udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato;
l'estinzione del reato può in questi casi essere pronunciata solo dopo che siano state sentite le parti e l'eventuale persona offesa e solo se il giudice di pace ritenga le attività risarcitorie e riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione;
la Corte di cassazione (Sez. IV, 29 maggio 2008, n. 27439) ha chiarito che, nel procedimento dinanzi al giudice di pace, la speciale causa di estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie non opera sul solo presupposto dell'avvenuto risarcimento del danno, dovendo invece il giudice verificare in concreto anche l'eventuale permanenza di conseguenze pericolose o dannose del reato e, comunque, valutare l'idoneità delle condotte riparatorie a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:
a) valuti la Commissione di merito se non si debba in tutti i casi far conseguire

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la rimessione tacita della querela dalla volontà del querelante e comunque adottare in tutti i casi - come previsto dal testo per il solo caso di mancata comparizione in udienza senza giustificato motivo - le garanzie necessarie per assicurare che il querelante sia reso pienamente edotto del fatto che dalla sua azione volontaria tipizzata (ad esempio l'accettazione di un risarcimento) consegue come effetto la remissione della querela;
b) valuti altresì la Commissione di merito la circostanza che l'ordinamento prevede già (all'articolo 35 del decreto legislativo n. 274 del 2000), con riferimento a reati meno gravi, attribuiti alla competenza del giudice di pace, un meccanismo di estinzione del reato - che non incide sulla querela - in base al quale l'estinzione del reato può essere pronunciata solo dopo che siano state sentite le parti e l'eventuale persona offesa e solo se il giudice di pace ritenga le attività risarcitorie e riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione.

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ALLEGATO 2

Norme per la tutela dell'impresa. Statuto delle imprese (Nuovo testo unificato C. 2754 Vignali ed abb.).

PARERE APPROVATO

Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
esaminato il nuovo testo unificato delle proposte di legge C. 2754 Vignali e abbinate, recante «Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese»;
richiamato il parere già espresso da questo Comitato in data 25 novembre 2010;
tenuto conto che il testo appare riconducibile, nel suo complesso, alla materia «tutela della concorrenza», come intesa dalla consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale è di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi del secondo comma, lettera e), dell'articolo 117 della Costituzione,
rilevato peraltro che il provvedimento interviene, in alcune parti, anche su materie che rientrano nell'ambito di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione,
segnalata la necessità di un coordinamento tra l'articolo 16, comma 1, che sembra sottintendere l'immediata applicabilità di tutte le disposizioni del testo unificato alle regioni, e l'articolo 1, comma 3, che precisa che, nelle materie di competenza concorrente, le disposizioni della legge costituiscono principi fondamentali;
considerato che alcune disposizioni del provvedimento si sovrappongono a norme già vigenti, riproducendole o modificandole, oppure disciplinano in modo nuovo istituti già previsti dall'ordinamento senza procedere ad abrogazioni espresse o a novelle;
sottolineata l'esigenza di chiarire se le definizioni di «imprese femminili» e «imprese giovanili», di cui all'articolo 12, commi 10 e 11, sono volte ad escludere le imprese individuali;
rilevato che l'articolo 14 istituisce una Commissione parlamentare le cui competenze rischiano di sovrapporsi a competenze di Commissioni permanenti;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:
a) appare opportuno - al fine di coordinare le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 3 (in base al quale nelle materie di competenza legislativa concorrente le disposizioni del provvedimento in esame costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione) e all'articolo 16, comma 1 (che qualifica tutte le disposizioni come costitutive dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione) - precisare quali disposizioni del provvedimento intervengano in materie di competenza legislativa concorrente, stabilendo quindi principi fondamentali, e quali invece individuino livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere

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garantiti su tutto il territorio nazionale ovvero sopprimere uno dei due commi citati;
b) all'articolo 14, sarebbe opportuno individuare in dettaglio le competenze della Commissione parlamentare per le micro, piccole e medie imprese, evitando il più possibile di limitare o di duplicare competenze attribuite dai regolamenti parlamentari a Commissioni permanenti;
c) valuti la Commissione di merito l'opportunità - ai fini della chiarezza e della certezza dell'ordinamento - di coordinare le disposizioni introdotte dal provvedimento in esame con le fonti vigenti che disciplinano le medesime materie o istituti sui quali interviene il provvedimento stesso, operando, ove necessario, le opportune abrogazioni e novelle;
d) valuti la Commissione di merito l'opportunità di precisare le definizioni di «imprese femminili» e «imprese giovanili», di cui all'articolo 12, commi 10 e 11, chiarendo se si intendano escludere dalla definizione le imprese individuali.