CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 3 febbraio 2011
434.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
ALLEGATO

TESTO AGGIORNATO ALL'8 FEBBRAIO 2011

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ALLEGATO 1

Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri (C. 3921 Giancarlo Giorgetti).

PROPOSTE EMENDATIVE ESAMINATE

ART. 1.

Al comma 2, sostituire il capoverso Art. 9 con il seguente:

Art. 9. - (Rapporti con l'Unione europea in tema di finanza pubblica). - 1. Il Governo trasmette alla Camere, contestualmente alla loro ricezione, l'analisi annuale della crescita e tutti gli altri progetti di atti e documenti predisposti dalle Istituzioni dell'Unione europea nell'ambito di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio definita dal Consiglio economia e finanza dell'Unione europea del 7 settembre 2010.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, entro 15 giorni dalla trasmissione dell'analisi annuale della crescita, riferisce alle Camere, per le eventuali deliberazioni, fornendo una valutazione dei dati e delle misure prospettate dal documento nonché delle implicazioni per l'Italia, anche ai fini della predisposizione del programma nazionale di riforma e del programma di stabilità.
3. Prima dello svolgimento delle riunioni del Consiglio europeo intese alla definizione delle linee guida di politica economica e di bilancio, il Governo riferisce alle Camere, con le modalità di cui alla legge 4 febbraio 2005, n. 11, illustrando la posizione che intende assumere.
4. Il Governo assicura che la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio europeo e di Consiglio dei Ministri dell'Unione europea sia coerente con gli indirizzi definiti dalle Camere in esito all'esame di progetti o documenti di cui al presente articolo. Nel caso in cui il Governo non si sia conformato agli indirizzi delle Camere, il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce tempestivamente alle Camere, fornendo le appropriate motivazioni della posizione assunta.
5. Il Programma di stabilità e il Programma nazionale di riforma sono presentati al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea entro il 30 aprile e comunque nei termini e con le modalità previsti dal Codice di condotta sull'attuazione del patto di stabilità e crescita.
1. 1.Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi.

Al comma 2, capoverso Art. 9, aggiungere il seguente comma: 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, entro quindici giorni dalla trasmissione delle linee guida di politica economica e di bilancio a livello dell'Unione europea elaborate dal Consiglio europeo, riferisce alle competenti Commissioni parlamentari, fornendo una valutazione dei dati e delle misure prospettate dal documento, nonché delle implicazioni delle linee guida per l'Italia, anche ai fini della predisposizione del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma.
1. 1 (nuova formulazione). Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura Causi.
(Approvato)

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Al comma 2, capoverso Art. 9, aggiungere, in fine, il seguente comma:
2. Gli atti, i progetti di atti e i documenti adottati dalle istituzioni dell'Unione europea nell'ambito del semestre europeo, contestualmente alla loro ricezione, sono trasmessi dal Governo alle Camere ai fini dell'esame a norma dei rispettivi Regolamenti, nonché dell'esercizio delle attività di cui all'articolo 4.
1. 2. Il Relatore.
(Approvato)

ART. 2.

Al comma 1, capoverso ART. 7, comma 2, sostituire la lettera b) con la seguente:
b) lo schema di Decisione di finanza pubblica da presentare alle Camere entro il 10 settembre di ogni anno, per le conseguenti deliberazioni parlamentari.

Conseguentemente:
a) al comma 2, sostituire le parole:
Nota di aggiornamento con le seguenti: Decisione di finanza pubblica ovunque ricorrano;
b) al comma 3, sostituire il capoverso Art. 10-bis, con il seguente: «Art. 10-bis. - (Decisione di finanza pubblica). - 1. La Decisione di finanza pubblica, come risultante dalle conseguenti deliberazioni parlamentari, contiene:
a) l'eventuale aggiornamento delle previsioni e degli obiettivi macroeconomici e di finanza pubblica per l'anno in corso e per il triennio successivo;
b) in valore assoluto, gli obiettivi di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e di saldo di cassa del settore statale;
c) le osservazioni e le eventuali modifiche e integrazioni del DEF in relazione alle raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea relative al Programma di stabilità e al Programma nazionale di riforma;
d) in coerenza con gli obiettivi di cui all'articolo 10, comma 2, lettera e), e ai loro eventuali aggiornamenti, il contenuto del patto di stabilità interno e le sanzioni da applicare, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera e), della legge 5 maggio 2009, n. 42, nel caso di mancato rispetto di quanto previsto dal patto di stabilità interno, nonché il contenuto del Patto di convergenza e le misure atte a realizzare il percorso di convergenza previsto dall'articolo 18 della legge 5 maggio 2009, n. 42, come modificato dall'articolo 51, comma 3, della presente legge;
e) l'indicazione di massima delle risorse e degli impieghi e delle misure contenute nella manovra di finanza pubblica, ivi comprese le eventuali risorse necessarie a confermare normativamente gli interventi di politica economica e di bilancio adottati negli anni precedenti;
f) l'indicazione degli eventuali disegni di legge collegati;
g) la quantificazione delle risorse destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate, con evidenziazione dei fondi nazionali addizionali.

2. La Decisione di cui al comma 1 è corredata delle relazioni programmatiche sulle spese di investimento per ciascuna missione di spesa del bilancio dello Stato e delle relazioni sullo stato di attuazione delle relative leggi pluriennali. Per ciascuna legge pluriennale di spesa in scadenza, il Ministro competente valuta se permangono le ragioni che a suo tempo ne avevano giustificato l'adozione, tenuto anche conto dei nuovi programmi da avviare.

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3. Alle relazioni di cui al comma 2 il Ministro dell'economia e delle finanze allega un quadro riassuntivo di tutte le leggi di spesa a carattere pluriennale, con indicazione, per ciascuna legge, degli eventuali rinnovi e della relativa scadenza, delle somme complessivamente autorizzate, indicando quelle effettivamente erogate e i relativi residui di ciascun anno, nonché quelle che restano ancora da erogare.
4. In apposita sezione del quadro riassuntivo di cui al comma 3, è esposta, in allegato, la ricognizione puntuale di tutti i contributi pluriennali iscritti nel bilancio dello Stato, ai sensi dell'articolo 4, comma 177, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, con specifica indicazione di quelli attivati e delle eventuali ulteriori risorse anche non statali che concorrono al finanziamento dell'opera. Per ogni intervento finanziato mediante l'utilizzo di contributi pluriennali sono indicati lo stato di avanzamento conseguito delle opere da essi finanziate, il relativo costo sostenuto, nonché la previsione di avanzamento e di costo per gli anni successivi fino alla conclusione dell'opera, con distinta evidenza del costo e dell'utilizzo dei contributi pluriennali per ciascuno degli anni del triennio successivo. I Ministeri competenti sono tenuti a comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze tutti i dati necessari alla predisposizione dell'allegato di cui al presente comma entro il 30 giugno. In caso di mancata comunicazione è applicata una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del dirigente responsabile pari al 5 per cento della sua retribuzione di risultato.
5. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, il Governo, ogniqualvolta intenda aggiornare gli obiettivi di cui all'articolo 10, comma 2, lettera e), ovvero in caso di scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica rispetto ai medesimi obiettivi che rendano necessari interventi correttivi, trasmette una relazione al Parlamento nella quale indica le ragioni dell'aggiornamento ovvero degli scostamenti, nonché gli interventi correttivi che si prevede di adottare.
6. In allegato alla decisione di cui al comma 1 è presentato il programma predisposto ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 21 dicembre 2001, n. 443.
c) all'articolo 5, apportare le seguenti modificazioni:
1) alla lettera b), numero 1), dopo le parole: dal DEF aggiungere le seguenti: o dalla Decisione di finanza pubblica di cui all'articolo 10-bis;
2) alla lettera b), numero 2), sostituire le parole: Nota di aggiornamento al DEF di cui all'articolo 10-bis con le seguenti: Decisione di finanza pubblica;
3) alla lettera b), numero 3), dopo le parole: del DEF aggiungere le seguenti: o della Decisione di finanza pubblica di cui all'articolo 10-bis;
4) alla lettera b), numero 4), sostituire le parole: Nota di aggiornamento al DEF di cui all'articolo 10-bis con le seguenti: Decisione di finanza pubblica;
5) alla lettera c), numero 2), sostituire le parole: di finanza pubblica, fino alla fine del numero, con le seguenti: finanza pubblica, come risultante sono sostituite dalle seguenti: nel DEF o nella Decisione di finanza pubblica di cui all'articolo 10-bis, come risultanti;
6) alla lettera f), dopo le parole: nel DEF aggiungere le seguenti: o nella Decisione di finanza pubblica di cui all'articolo 10-bis;
7) alla lettera g), dopo le parole: nel DEF, aggiungere le seguenti: ovvero nella Decisione di finanza pubblica di cui all'articolo 10-bis;
8) alla lettera h), numero 1), dopo le parole: nel DEF aggiungere le seguenti: ovvero nella Decisione di finanza pubblica di cui all'articolo 10-bis;

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9) alla lettera h), numero 2), dopo le parole: nel DEF aggiungere le seguenti: ovvero nella Decisione di finanza pubblica di cui all'articolo 10-bis;
10) alla lettera i), dopo le parole: nel DEF aggiungere le seguenti: ovvero nella Decisione di finanza pubblica di cui all'articolo 10-bis.
2. 25. Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi.
(Ritirato)

Al comma 1, capoverso Art. 7, comma 2, lettera b) sostituire le parole: 25 settembre con le seguenti: 10 settembre.
2. 19. Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi.

Al comma 1, capoverso Art. 7, comma 2, lettera b), sostituire le parole 25 settembre con le seguenti 20 settembre.
2. 19 (nuova formulazione). Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 7, comma 2, lettera c) sostituire le parole: 15 ottobre con le seguenti: 1o ottobre.

Conseguentemente, al medesimo comma, lettera d) sostituire le parole: 15 ottobre con le seguenti: 1o ottobre.
2. 1. Cambursano, Borghesi.
(Ritirato)

Al comma 1, capoverso Art. 7, comma 2, lettera f), aggiungere, in fine, le seguenti parole: da presentare alle Camere entro il mese di gennaio di ciascun anno.
2. 9. Ciccanti, Occhiuto.

Al comma 1, capoverso Art. 7, comma 3, primo periodo, sostituire le parole: sentito, per quanto concerne la terza sezione del DEF, il Ministro per le politiche europee con le seguenti: d'intesa, per quanto concerne la terza sezione del DEF, con il Ministro per le politiche europee.
2. 21. Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi.
(Ritirato)

Al comma 1, capoverso Art. 7, comma 3, sopprimere il secondo periodo.

Conseguentemente:
a) dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

1-bis. Nell'articolo 8 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è premesso il seguente comma:
«01. In attuazione di quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 5 maggio 2009, n. 42, nel mese di marzo la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica valuta gli andamenti di finanza pubblica al fine di fornire al Governo elementi per la definizione del documento di cui all'articolo 10. Entro il 25 marzo, il Governo invia alla Conferenza permanente per il coordinamento e la finanza pubblica, per il preventivo parere, da esprimere entro il 5 aprile, le linee guida per la ripartizione degli obiettivi di cui all'articolo 10, comma 2, lettera e). Entro il medesimo termine del 25 marzo le linee guida sono trasmesse alle Camere. Alle Camere è altresì trasmesso il parere di cui al secondo periodo.

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b) al comma 3, capoverso Art. 10-bis, dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. Qualora si renda necessario procedere a una modifica degli obiettivi di finanza pubblica, entro il 10 settembre il Governo, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 5 maggio 2009, n. 42, invia alla Conferenza permanente per il coordinamento e la finanza pubblica, per il preventivo parere, da esprimere entro il 20 settembre, un aggiornamento delle linee guida per la ripartizione degli obiettivi di cui all'articolo 10, comma 2, lettera e). Entro il medesimo termine del 20 settembre l'aggiornamento delle linee guida è trasmesso alle Camere. Alle Camere è altresì trasmesso il parere di cui al primo periodo.
2. 26. Il Relatore.

Al comma 1, capoverso Art. 7, comma 3, sopprimere il secondo periodo.

Conseguentemente:
a) dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

1-bis. Nell'articolo 8 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è premesso il seguente comma:
«01. In attuazione di quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 5 maggio 2009, n. 42, nel mese di marzo la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica valuta gli andamenti di finanza pubblica al fine di fornire al Governo elementi per la definizione del documento di cui all'articolo 10, con riferimento alle amministrazioni locali. Entro il 25 marzo, il Governo invia alla Conferenza permanente per il coordinamento e la finanza pubblica, per il preventivo parere, da esprimere entro il 5 aprile, le linee guida per la ripartizione degli obiettivi di cui all'articolo 10, comma 2, lettera e). Entro il medesimo termine del 25 marzo le linee guida sono trasmesse alle Camere. Alle Camere è altresì trasmesso il parere di cui al secondo periodo.
b) al comma 3, capoverso Art. 10-bis, dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. Qualora si renda necessario procedere a una modifica degli obiettivi di finanza pubblica, entro il 10 settembre il Governo, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 5 maggio 2009, n. 42, invia alla Conferenza permanente per il coordinamento e la finanza pubblica, per il preventivo parere, da esprimere entro il 20 settembre, un aggiornamento delle linee guida per la ripartizione degli obiettivi di cui all'articolo 10, comma 2, lettera e). Entro il medesimo termine del 10 settembre l'aggiornamento delle linee guida è trasmesso alle Camere. Alle Camere è altresì trasmesso il parere di cui al primo periodo.
2. 26 (nuova formulazione). Il Relatore.
(Approvato)

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 1, dopo le parole: Il DEF aggiungere le seguenti:, come risultante dalle conseguenti deliberazioni parlamentari.
2. 22. Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi.
(Approvato)

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 2, alinea, secondo periodo, dopo le parole: sull'attuazione del patto di stabilità e crescita aggiungere le seguenti:, con specifico riferimento agli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico.
2. 33. Il Relatore.
(Approvato)

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Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 2, lettera d), sopprimere le parole: di cui al comma 3, lettere b) e c).
2. 27. Il Relatore.
(Approvato)

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 3, lettera b), dopo le parole: a legislazione vigente aggiungere le seguenti: , almeno per il triennio successivo.

Conseguentemente:
a) alla lettera
c), aggiungere, in fine, le seguenti parole: riferite almeno al triennio successivo;
b) alla lettera d), dopo le parole: previsioni tendenziali aggiungere le seguenti: almeno per il triennio successivo;
c) alla lettera e), dopo le parole: di spesa aggiungere le seguenti: almeno per il triennio successivo.
2. 29. Il Relatore.
(Approvato)

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 5, sostituire le lettere a), b) e c) con le seguenti:
a)
lo stato di avanzamento delle riforme avviate per il conseguimento degli obiettivi e dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;
b) le priorità del Paese, in coerenza con le deliberazioni assunte dalle istituzioni europee, e le principali riforme da realizzare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nella prima sezione del DEF;
c) la stima degli effetti delle misure previste per l'attuazione delle riforme sotto il profilo della crescita, del rafforzamento della competitività del sistema economico e dell'aumento dell'occupazione;
d) le risorse disponibili a legislazione vigente, come risultanti dalle missioni e dai programmi del bilancio dello Stato, e quelle aggiuntive che si intende destinare al conseguimento degli obiettivi;
e) gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività.
2. 24. Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi.

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 5, sostituire le lettere a), b) e c) con le seguenti:
a)
lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;
b) gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;
c) le priorità del Paese e le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nella prima sezione del DEF;
d) i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, rafforzamento della competitività del sistema economico e aumento dell'occupazione.
2. 24 (nuova formulazione). Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi.
(Approvato)

Al comma 2, capoverso Art. 10, sostituire il comma 6 con il seguente: 6. In allegato al DEF sono indicati gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, ciascuno dei quali reca disposizioni omogenee per materia e per

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competenza delle amministrazioni e concorre al raggiungimento degli obiettivi programmatici anche attraverso interventi di carattere ordinamentale, organizzatorio ovvero di rilancio e sviluppo dell'economia. Le risorse da destinare alla copertura finanziaria degli eventuali oneri derivanti dai disegni di legge collegati se non contenute all'interno dei provvedimenti medesimi sono recate dalla legge di stabilità di cui all'articolo 11 e iscritte nei fondi speciali di cui all'articolo 19, risultando precluso il loro utilizzo per finalità difformi salvo in caso di mancato rispetto del termine di approvazione definitiva. I regolamenti parlamentari determinano le procedure e i termini per l'esame di disegni di legge collegati che devono comunque essere:
a) esaminati ed approvati in via definitiva in tempo utile a consentire alle regioni e agli enti locali di approvare i loro bilanci nei termini stabiliti per il relativo anno, se contenenti le norme di coordinamento, anche dinamico, della finanza pubblica, intese ad assicurare il concorso dei vari livelli di governo al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, ai sensi dell'articolo 9 e le norme necessarie a realizzare il Patto di convergenza di cui all'articolo 18 della legge 5 maggio 2009, n. 42;
b) in tutti gli altri casi, esaminati ed approvati in via definitiva entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello di presentazione, tenendo conto dell'ordine di priorità indicato dal Governo.
2. 20. Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi, Cambursano.

Al comma 2, capoverso Art. 10, al comma 6 dopo le parole: obiettivi programmatici inserire le seguenti nonché all'attuazione del Programma nazionale di riforma di cui al comma 5.
2. 20. (nuova formulazione) Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi, Cambursano.
(Approvato)

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 6, sopprimere le parole: o alla Nota di aggiornamento.

Conseguentemente, al comma 3, capoverso Art. 10-bis, comma 6, sostituire le parole: gli eventuali disegni di legge collegati di cui all'articolo 10, comma 6 con le seguenti: eventuali disegni di legge collegati.
2. 28. Il Relatore.
(Approvato)

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 3, lettera b), aggiungere, in fine, le parole: nonché le risorse destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate, con evidenziazione dei fondi nazionali addizionali.
*2. 6. Cambursano, Borghesi.

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 3, lettera b), aggiungere, in fine, le parole: nonché le risorse destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate, con evidenziazione dei fondi nazionali addizionali.
*2. 15. Ciccanti.

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 7, dopo le parole aree sottoutilizzate aggiungere le seguenti: evidenziando il contributo dei fondi nazionali addizionali.
**2. 6 (nuova formulazione). Cambursano, Borghesi.
(Approvato)

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Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 7, dopo le parole aree sottoutilizzate aggiungere le seguenti: evidenziando il contributo dei fondi nazionali addizionali.
**2. 15 (nuova formulazione). Ciccanti.
(Approvato)

Al comma 2, capoverso Art. 10, dopo il comma 7 aggiungere i seguenti:

7-bis. In allegato al DEF è presentato il programma predisposto ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, nonché lo stato di avanzamento del medesimo programma relativo all'anno precedente predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
7-ter. In allegato al DEF è presentato un documento, predisposto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti gli altri Ministri interessati, sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, in coerenza con gli obblighi internazionali assunti dall'Italia in sede europea ed internazionale e sui relativi indirizzi.

Conseguentemente:
a) al comma 3, capoverso Art. 10-
bis, comma 6, sopprimere le parole da: è presentato fino a: n. 443, e.
b) all'articolo 5, dopo il comma 2, aggiungere il seguente: 3. All'articolo 26 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, il comma 3 è abrogato.
c) all'articolo 5, sostituire la rubrica con la seguente: Modificazioni e abrogazioni di leggi.
2. 32. Il Relatore.
(Approvato)

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 8, dopo le parole: e di Bolzano aggiungere le seguenti: al comparto dei Comuni e delle Province.
*2. 3. Cambursano, Borghesi.

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 8, dopo le parole: e di Bolzano aggiungere le seguenti: al comparto dei Comuni e delle Province.
*2. 18. Ciccanti, Occhiuto.

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 8, dopo le parole singole regioni aggiungere le seguenti, indicando quelle destinate alle amministrazioni comunali e provinciali,
*2. 3 (nuova formulazione) Cambursano.

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 8, dopo le parole singole regioni aggiungere le seguenti, indicando quelle destinate alle amministrazioni comunali e provinciali,
*2. 18 (nuova formulazione) Ciccanti.

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 8, sostituire le parole da le risorse fino alla fine del comma, con le seguenti distinte tra spese correnti e spese in conto capitale, le risorse destinate alle singole regioni, con separata evidenza delle categorie economiche relative ai trasferimenti correnti e in conto capitale agli enti locali, e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
*2. 3 (ulteriore nuova formulazione) Cambursano.
(Approvato)

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 8, sostituire le parole da le risorse fino alla fine del comma, con le seguenti distinte tra spese correnti e spese in conto capitale, le risorse destinate alle singole regioni, con separata evidenza delle categorie economiche relative ai trasferimenti correnti e

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in conto capitale agli enti locali, e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
*2. 18 (ulteriore nuova formulazione) Ciccanti.
(Approvato)

Al comma 3, capoverso Art. 10-bis, comma 1, lettera a), dopo le parole: eventuale aggiornamento aggiungere le seguenti: degli obiettivi programmatici di cui all'articolo 10, comma 2, lettera e), al fine di stabilire una diversa articolazione di tali obiettivi tra i diversi sottosettori di cui all'articolo 10, comma 2, lettera a), ovvero di recepire raccomandazioni approvate dal Consiglio dell'Unione europea, nonché.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, al comma 5, sostituire la parola: ogniqualvolta con le seguenti: qualora per finalità analoghe a quelle di cui al comma 1, lettera a),
2. 30. Il Relatore.

Al comma 3, capoverso Art. 10-bis, comma 1, lettera a), dopo le parole: eventuale aggiornamento aggiungere le seguenti: degli obiettivi programmatici di cui all'articolo 10, comma 2, lettera e), al fine di stabilire una diversa articolazione di tali obiettivi tra i diversi sottosettori di cui all'articolo 10, comma 2, lettera a), ovvero di recepire raccomandazioni approvate dal Consiglio dell'Unione europea, nonché.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, comma 5, sostituire la parola: ogniqualvolta con le seguenti: qualora per finalità analoghe a quelle di cui al comma 1, lettera a), ovvero per il verificarsi di eventi eccezionali,
2. 30 (nuova formulazione). Il Relatore.
(Approvato)

Al comma 3, capoverso Art. 10-bis, comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente: c-bis) in coerenza con gli obiettivi di cui all'articolo 10, comma 2, lettera e), e ai loro eventuali aggiornamenti, l'individuazione di regole generali sull'evoluzione delle spese del bilancio dello Stato;
2. 34. Il Relatore.

Al comma 2, capoverso Art. 10, comma 3, dopo la lettera d), aggiungere la seguente: d-bis) in coerenza con gli obiettivi di cui al comma 2, lettera e), e ai loro eventuali aggiornamenti, l'individuazione di regole generali sull'evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche;
2. 34. (nuova formulazione). Il Relatore.
(Approvato)

Al comma 3, capoverso Art. 10-bis, sostituire il comma 4 con il seguente: 4. In apposita sezione del quadro riassuntivo di cui al comma 3 è esposta, in allegato, la ricognizione dei contributi pluriennali iscritti nel bilancio dello Stato con specifica indicazione di quelli attivati e delle eventuali ulteriori risorse, anche non statali, che concorrono al finanziamento dell'opera e dell'ammontare utilizzato. I Ministeri competenti comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze entro il 30 giugno tutti i dati necessari alla predisposizione dell'allegato di cui al presente comma. A seguito della attivazione delle procedure di monitoraggio di cui articolo 30, comma 9, lettera f), la sezione di cui al primo periodo darà inoltre conto della valutazione degli effetti sui saldi di finanza pubblica dei contributi pluriennali iscritti nel bilancio dello Stato.
2. 31. Il Relatore.

Al comma 3, capoverso Art. 10-bis, sostituire il comma 4 con il seguente: 4. In apposita sezione del quadro riassuntivo di cui al comma 3 è esposta, in allegato, la ricognizione dei contributi pluriennali iscritti nel bilancio dello Stato con specifica indicazione di quelli attivati e delle

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eventuali ulteriori risorse, anche non statali, che concorrono al finanziamento dell'opera e dell'ammontare utilizzato. I Ministeri competenti comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze entro il 30 giugno tutti i dati necessari alla predisposizione dell'allegato di cui al presente comma. A seguito della completa attivazione delle procedure di monitoraggio di cui articolo 30, comma 9, lettera f), la sezione di cui al primo periodo darà inoltre conto della valutazione degli effetti sui saldi di finanza pubblica dei contributi pluriennali iscritti nel bilancio dello Stato.
2. 31 (nuova formulazione). Il Relatore.
(Approvato)

ART. 3.

Al comma 1, sopprimere la lettera a).
3. 4. Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi.
(Ritirato)

Al comma 1, sostituire la lettera a), con la seguente:
a)
all'articolo 11, comma 6, secondo periodo, le parole: «della legge di stabilità» sono sostituite dalle seguenti: «delle riduzioni di entrata disposte dalla legge di stabilità».
3. 7. Il Relatore.
(Approvato)

Al comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente: a-bis) all'articolo 17, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 1, alinea, i primi due periodi sono sostituiti dai seguenti: »In attuazione dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese indica espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia, da redigere secondo i criteri di cui al comma 13, per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime. Per ciascun intervento va altresì indicata la natura dell'onere recato, se di parte corrente o parte capitale. In caso di spese permanenti di parte corrente deve essere indicato l'onere a regime e se l'intervento reca una spesa obbligatoria. In tal caso l'autorizzazione non costituisce limite all'impegno.«;
2) il comma 12 è soppresso;
3) al comma 13, sono premessi i seguenti periodi: «La clausola di salvaguardia di cui al comma 1 deve essere effettiva ed automatica. Essa deve indicare le misure transitorie di riduzione di altre spese o di aumenti di entrata, con esclusione del ricorso ai fondi di riserva, nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni indicate dalle leggi al fine della copertura finanziaria. In tal caso, sulla base di apposito monitoraggio, il Ministro dell'economia e delle finanze adotta temporaneamente, sentito il Ministro competente, le misure indicate nella clausola di salvaguardia ed entro quindici giorni riferisce al Parlamento con propria relazione e assume le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione. La relazione espone le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri autorizzati dalle predette leggi».
3. 3. Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi.
(Ritirato)

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Al comma 1, sostituire la lettera b), con la seguente:
b) all'articolo 11, comma 6, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «La legge di stabilità può stabilire che una quota delle maggiori entrate correnti rispetto a quelle iscritte nel bilancio di previsione a legislazione vigente non necessaria a realizzare gli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e dei saldi di finanza pubblica definiti dai documenti di cui agli articoli 10 e 10-bis possa essere destinata al finanziamento di interventi di carattere strategico finalizzati allo sviluppo ovvero a fronteggiare situazioni di emergenza economico-sociale».
3. 5. Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi.
(Ritirato)

Al comma 1, lettera b), capoverso 1-bis, sopprimere la parola: correnti.
3. 8. Il Relatore.
(Approvato)

Al comma 1, lettera b), capoverso 1-bis, dopo le parole: di previsione aggiungere le seguenti: derivanti da variazioni degli andamenti
3. 9. Il Relatore.
(Approvato)

Al comma 1, sopprimere la lettera c).
*3. 2. Fallica.
(Ritirato)

Al comma 1, sopprimere la lettera c).
*3. 6. Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi.
(Ritirato)

Al comma 1, lettera c), aggiungere, in fine, le seguenti parole: e della necessità di garantire il mantenimento della medesima struttura organizzativa, sotto il profilo qualitativo e qualitativo, delle amministrazioni con competenza in materia di difesa nazionale e sicurezza pubblica.
3. 1. Fallica.
(Ritirato)

Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente: Art. 3-bis. - (Controllo sulla finanza pubblica). - 1. All'articolo 4 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, al comma 2, le parole: «la collaborazione tra le» sono sostituite dalle seguenti: «l'integrazione delle attività svolte dalle».
2. All'articolo 4 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «3. Ai fini dell'esercizio delle attività di cui al presente articolo, sulla base di apposite convenzioni, l'ISTAT, nell'ambito delle proprie competenze istituzionali, fornisce alle Camere, con scadenze prefissate, o su richiesta i dati e le elaborazioni necessari all'esame dei documenti di finanza pubblica.».
3. 03. Il Relatore.

Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente: Art. 3-bis. - (Controllo sulla finanza pubblica). - 1. All'articolo 4 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, al comma 2, le parole: «la collaborazione tra le» sono sostituite dalle seguenti: «l'integrazione delle attività svolte dalle».
2. All'articolo 4 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «3. Ai fini dell'esercizio delle attività di cui al presente articolo, sulla base di apposite convenzioni,

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l'ISTAT, nell'ambito delle proprie competenze istituzionali, fornisce alle Camere, su richiesta i dati e le elaborazioni necessari all'esame dei documenti di finanza pubblica. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».
3. 03. nuova formulazione Il Relatore.
(Approvato)

ART. 4.

Sostituire il comma 1 con il seguente:
1. L'articolo 12 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è abrogato.

Conseguentemente, al comma 2, sostituire il capoverso comma 3 con il seguente:
3. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, è istituita una Commissione composta da due esperti in discipline economiche, da due rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze e da due rappresentanti dell'ISTAT. Alle riunioni della Commissione partecipano un rappresentante dell'amministrazione del Senato della Repubblica e un rappresentante dell'amministrazione della Camera dei deputati. Ai componenti della Commissione non sono riconosciuti emolumenti o rimborsi spese. La Commissione valuta le informazioni in precedenza contenute nella Relazione generale sulla situazione economica del Paese, individuando le amministrazioni competenti a elaborare le informazioni medesime e i documenti nei quali tali informazioni dovranno risultare disponibili anche in formato elettronico elaborabile. La Commissione individua, altresì, i dati statistici contenuti nella predetta Relazione che l'ISTAT elabora in forma strutturata al fine della trasmissione di una relazione annuale al Parlamento. Entro sei mesi dalla sua costituzione, la Commissione, ai fini dell'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti, trasmette una relazione al Parlamento in cui dà conto dell'attività svolta.
4. 3. Il Relatore.

Sostituire il comma 1 con il seguente: 1. L'articolo 12 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è abrogato.

Conseguentemente:
a) al comma 2, sostituire il capoverso comma 3 con il seguente:
3. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, è istituita una Commissione composta da due esperti in discipline economiche, da due rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze e da due rappresentanti dell'ISTAT. Ai componenti della Commissione non sono riconosciuti emolumenti o rimborsi spese. La Commissione valuta le informazioni già contenute nella Relazione generale sulla situazione economica del Paese, individuando le amministrazioni competenti a elaborare le informazioni medesime e i documenti nei quali tali informazioni dovranno risultare disponibili anche in formato elettronico elaborabile. La Commissione individua, altresì, i dati statistici già contenuti nella predetta Relazione che l'ISTAT elaborerà in forma strutturata nell'ambito di una relazione da trasmettere annualmente al Parlamento a cura del medesimo Istituto. Entro sei mesi dalla sua costituzione, la Commissione, ai fini dell'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti, trasmette una relazione al Parlamento in cui dà conto dell'attività svolta.
b) sostituire la rubrica con la seguente: «(Abrogazione dell'articolo 12

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della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e Relazione dell'ISTAT al Parlamento)».
4. 3 (nuova formulazione). Il Relatore.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 12, aggiungere, in fine, il seguente periodo: un'apposita sezione della relazione generale è dedicata alla valutazione del diverso impatto delle politiche pubbliche sulle donne e sugli uomini, considerato in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito.
4. 2. Lorenzin, Saltamartini, Bertolini, Mosca, Golfo.
(Ritirato)

Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente: Art. 4-bis - (Misure per il monitoraggio e la verifica degli andamenti di finanza pubblica). - 1. All'articolo 4 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:
2-bis. Al fine di razionalizzare e di semplificare le funzioni di studio in materia economica e finanziaria e di rafforzare il controllo parlamentare in materia di contabilità e di finanza pubblica in attuazione della presente legge, l'ISTAT provvede a istituire un'apposita struttura che, sulla base di apposite convenzioni, svolge attività di analisi e ricerca per le finalità di cui al presente articolo, elaborando, in particolare, previsioni e analisi economiche e di finanza pubblica.
2-ter. Entro 10 giorni dalla presentazione degli strumenti della programmazione di cui all'articolo 9, lettere a) e b), l'ISTAT trasmette alle Camere una relazione recante l'analisi e la verifica dei dati contabili e delle previsioni economico-finanziarie, tendenziali e programmatiche, in essi contenuti, con particolare riferimento alla congruità delle ipotesi formulate in relazione all'evoluzione dell'indebitamento netto e del debito rispetto a scenari di previsione alternativi riferiti al tasso di crescita del prodotto interno lordo, della struttura dei tassi di interesse e del saldo primario.
2-quater. Ogni sei mesi l'ISTAT trasmette al Parlamento un rapporto recante analisi, valutazioni e previsioni in ordine al quadro macroeconomico e agli andamenti dei flussi di finanza pubblica nel periodo compreso nella programmazione triennale di bilancio.
2-quinquies. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

2. All'articolo 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.122, il comma 18 è sostituito dal seguente:
«18. Al fine di razionalizzare e di semplificare le funzioni di analisi e studio in materia economica e finanziaria e di rafforzare il controllo parlamentare in materia di contabilità e di finanza pubblica in attuazione della legge 31 dicembre 2009, n. 196, l'Istituto di studi e analisi economica (Isae) è soppresso e le relative funzioni e risorse sono assegnate all'ISTAT. Con una o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono conseguentemente ridefinite le funzioni svolte dall'ISTAT, è stabilita la data di effettivo esercizio delle nuove funzioni attribuite all'ISTAT e sono individuate le risorse umane, strumentali e finanziarie ricollocate presso l'ISTAT. I dipendenti a tempo indeterminato sono inquadrati nei ruoli dell'ISTAT sulla base di apposita tabella di corrispondenza approvata con uno dei decreti di cui al presente comma e l'ISTAT provvede conseguentemente a rideterminare le proprie dotazioni organiche. I dipendenti trasferiti mantengono il trattamento economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle voci fisse e quantitative, corrisposto al momento dell'inquadramento; nel caso in cui tale trattamento risulti più elevato rispetto a quello previsto per il personale dell'ISTAT, è attribuito per la differenza un assegno

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ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti. Per i restanti rapporti di lavoro l'ISTAT subentra nella titolarità dei rispettivi rapporti.
4. 03. Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi.
(Ritirato)

Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente: Art. 4-bis. - 1. All'articolo 18 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1-bis. Nella definizione degli importi dei fondi speciali una quota non inferiore al 30 per cento è riservata ai provvedimenti legislativi di iniziativa parlamentare purché gli stessi siano presentati alle Camere entro i sei mesi successivi dalla data di approvazione della legge di stabilità di cui all'articolo 11».
4. 01. Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Causi, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura.
(Ritirato)

Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente: Art. 4-bis. - 1. Entro il 30 giugno 2011, il Ministro dell'economia e delle finanze trasmette alle Camere una relazione che dà conto dei criteri utilizzati ai fini della riallocazione in bilancio delle spese di cui all'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con l'evidenziazione della quota delle spese da considerare obbligatorie ai sensi dell'articolo 21, comma 6, della citata legge 196, indicata dalle singole amministrazioni interessate.
4. 02. Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, Causi.
(Ritirato)

Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente: Art. 4-bis. - (Modifiche all'articolo 42 della legge 31 dicembre 2009, n. 196). - 1. All'articolo 42 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, al comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il rapporto evidenzia gli effetti che il passaggio al bilancio di cassa è destinato a determinare sull'intera contabilità pubblica, anche ai fini del coordinamento della finanza pubblica e dell'armonizzazione dei principi contabili e degli schemi di bilancio».
4. 04. Il Relatore.
(Approvato)

ART. 5.

Al comma 1, apportare le seguente modificazioni:
alla lettera
c):
al numero 1 premettere il seguente: 01) al comma 1, secondo periodo, le parole: «commi 1 e 2» sono sostituite dalle seguenti: «comma 2».
al numero 3), aggiungere, in fine, le seguenti parole: e al terzo periodo le parole: «comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «comma 3»:
dopo il numero 3) aggiungere il seguente: 4) al comma 10, le parole: «all'articolo 10, comma 6» sono sostituite dalle seguenti: «all'articolo 10-bis, comma 2»;
alla lettera d), aggiungere, in fine, le parole: e al comma 4, primo periodo, le parole: «comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «comma 3»;
alla lettera g), aggiungere, in fine, le parole: e al comma 16, le parole «dell'articolo 10, comma 2, lettera c)» sono sostituite dalle seguenti: dell'articolo 10-bis, comma 1, lettera b)».
5. 7. Il Relatore.
(Approvato)

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Al comma 1, sostituire la lettera e) con la seguente:
e) all'articolo 17:
1) al comma 3, terzo periodo, le parole «nella Decisione» sono sostituite dalle seguenti: «nel DEF»;
2) al comma 7 è aggiunto in fine il seguente periodo: «Nei casi in cui la copertura finanziaria è determinata mediante riduzione di precedenti autorizzazioni di spesa, la relazione tecnica fornisce indicazioni specifiche sui motivi del mancato utilizzo delle risorse per le finalità cui erano originariamente destinate».
5. 2. Ciccanti.

Al comma 1, sostituire la lettera i), con la seguente:
i) all'articolo 40:
1) al comma 1, le parole: «due anni» sono sostituite dalle seguenti: «tre anni»;
2) al comma 2, dopo la lettera g) è inserita la seguente:
«g-bis) introduzione in via sperimentale di un bilancio di genere, per la valutazione del diverso impatto della politica di bilancio sulle donne e sugli uomini, in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito»;
3) al comma 2, lettera h), le parole «nella Decisione» sono sostituite dalle seguenti: «nel DEF».
5. 4. Il Relatore.
(Approvato)

Al comma 1, dopo la lettera i), aggiungere la seguente:
i-bis) all'articolo 48,
1) il comma è sostituito dal seguente: «1. Nei contratti stipulati per operazioni di finanziamento che costituiscono quale debitore un'amministrazione pubblica è inserita apposita clausola che prevede, a carico degli istituti finanziatori, l'obbligo di comunicare in via telematica, entro trenta giorni dalla stipula, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro e Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, all'ISTAT ed alla Banca d'Italia, l'avvenuto perfezionamento dell'operazione di finanziamento, con indicazione della data e dell'ammontare della stessa, del relativo piano delle erogazioni e del piano di ammortamento distintamente per quota capitale e quota interessi, ove disponibile. Non sono comunque soggette a comunicazione le operazioni di cui all'articolo 3 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003 n. 398».
2) al comma 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, fino a un massimo di 50.000 euro».
5. 5. Il Relatore.
(Approvato)

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. Alla legge 30 dicembre 1986, n. 936, la lettera b) del comma 1 dell'articolo 10 è sostituita dalla seguente: «b) esamina, in apposite sessioni, il Documento di economia e finanza e la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, che il Governo presenta alle Camere ai sensi dell'articolo 10 e 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196;».
5. 6. (ex 2. 23). Duilio, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura. Causi
(Approvato)

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-bis. All'articolo 2, comma 2, lettera h) della legge 5 maggio 2009, n. 42, le

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parole: «di un sistema e di schemi di contabilità economico-patrimoniale ispirati a comuni criteri di contabilizzazione» sono sostituite dalle seguenti: «di un sistema di rilevazioni idoneo a fornire informazioni di carattere economico-patrimoniale, garantendo la rilevazione dei fatti gestionali con comuni criteri di contabilizzazione».
5. 3. Ciccanti.

Aggiungere, in fine, il seguente articolo: Art. 6. - (Bilancio di genere). - 1. Alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 13, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:
2-bis. Nella banca dati sono altresì raccolti tutti gli elementi informativi utili ai fini della valutazione del diverso impatto delle politiche di entrata e di spesa sulle donne e sugli uomini, considerato in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito.»
b) all'articolo 17, comma 3, dopo il secondo periodo, è aggiunto il seguente: «Nella relazione tecnica è dato altresì conto dell'eventuale diverso impatto sulle donne e sugli uomini di ciascuna disposizione, valutato in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito.».
c) all'articolo 21:
1) al comma 11, lettera a), alinea, dopo le parole: «dei beneficiari», sono inserite le seguenti: «, anche con riguardo al diverso impatto in termini di genere,»;
2) al comma 11, lettera a), numero 2), sono aggiunte, in fine, le parole: «per ciascun programma è dato conto dell'eventuale diverso impatto sulle donne e sugli uomini, valutato in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito»;
3) al comma 11, dopo la lettera c), è aggiunta la seguente:
c-bis) per ogni programma l'elenco dei capitoli e degli articoli rilevanti ai fini di una valutazione del diverso impatto sulle donne e sugli uomini della politica di bilancio, considerato in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito, con indicazione dei relativi stanziamenti e delle variazioni rispetto al bilancio precedente;
4) dopo il comma 12, è aggiunto il seguente:
12-bis. Il disegno di legge di bilancio è corredato di una relazione sull'impatto di genere, che analizza l'impatto sulle donne e sugli uomini del complesso delle entrate e delle spese. Alla relazione è allegato un prospetto riepilogativo dei programmi e dei capitoli rilevanti ai fini di una valutazione del diverso impatto sulle donne e sugli uomini della politica di bilancio, con indicazione dei relativi stanziamenti e delle variazioni rispetto al bilancio precedente; il prospetto è aggiornato nelle diverse fasi del procedimento di approvazione parlamentare e dopo l'approvazione definitiva della legge di bilancio.»;
d) all'articolo 39, comma 2, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: «Nell'ambito della medesima attività, vengono altresì elaborati i criteri per la valutazione del diverso impatto della politica di bilancio sulle donne e sugli uomini, considerato in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito.»;
e) all'articolo 40, dopo la lettera g), è aggiunta la seguente:
g-bis) introduzione, nell'ambito dell'attuazione dei principi e criteri direttivi previsti dalle lettere a), b), c), d), e), f) e g), di criteri e metodologie che consentano una valutazione del diverso impatto della politica di bilancio sulle donne e sugli uomini, considerato in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito, anche attraverso la predisposizione di specifici prospetti all'interno dei programmi e delle azioni e di un quadro generale riassuntivo.

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f) all'articolo 41:
1) al comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il rapporto analizza altresì il diverso impatto delle politiche di spesa sulle donne e sugli uomini, considerato in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito.»
2) al comma 3, dopo la lettera c), è inserita la seguente:
c-bis) esamina i casi in cui la spesa produce effetti diversi sulle donne e sugli uomini, non solo in termini di denaro, ma anche in termini di servizi, tempo e lavoro non retribuito e propone eventuali correttivi.

2. All'articolo 14, comma 1, della legge 28 novembre 2005, n. 246, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L'AIR prende specificamente in considerazione anche il diverso impatto sulle donne e sugli uomini, valutato in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito.»
3. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti alla determinazione dei principi fondamentali per l'introduzione del bilancio di genere nelle regioni e negli enti locali, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) introduzione di criteri e metodologie che consentano una valutazione del diverso impatto sulle donne e sugli uomini, delle politiche di entrata e di spesa degli enti territoriali, valutato in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito;
b) adozione di criteri che consentano una piena confrontabilità tra i bilanci di genere degli enti territoriali dello stesso livello di governo ed una confrontabilità tra i bilanci di genere degli enti territoriali di diversi livelli di governo, compreso lo Stato;
c) elaborazione di linee guida per utilizzare i bilanci di genere nell'ottica di una ridefinizione delle priorità delle politiche pubbliche che tenga conto del diverso impatto sulle donne e sugli uomini.

4. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 3 sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti, entro quaranta giorni dalla trasmissione.
5. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 3 possono essere adottate disposizioni correttive e integrative dei medesimi decreti, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con le stesse modalità previste dai commi 3 e 4.
6. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di euro 500.000 per l'anno 2011, a valere sulle risorse del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, di cui all'articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
7. Entro il 30 giugno 2012 il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Ministro per le pari opportunità trasmettono alle Camere una relazione sull'attuazione del presente articolo e sull'utilizzo delle risorse di cui al comma 6.

Conseguentemente, al titolo, aggiungere, in fine, le seguenti parole: e per l'attuazione della risoluzione del Parlamento europeo A5-0214 del 16 giugno 2003, in tema di bilancio di genere.
5. 01. Lorenzin, Saltamartini, Bertolini, Mosca, Golfo.
(Ritirato)

Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente: Art. 5-bis. - (Entrata in vigore). - 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
5. 02. Il Relatore.
(Approvato)

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale. (Atto n. 292).

PROPOSTA DI PARERE DEI DEPUTATI CAMBURSANO E BORGHESI

La V Commissione,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante «Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale»;
premesso che:
nel corso dell'iter del medesimo presso la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale sono state presentate, dal Governo, dal Relatore e dai Gruppi parlamentari, proposte di modifica attualmente in discussione, il presente parere esprime in primo luogo valutazioni in ordine al testo originario e, nella parte finale, considerazioni in merito alle principali modifiche proposte;
valutato che:
l'attuazione del nuovo sistema di finanziamento delle spese degli enti locali - sancito dall'articolo 119 della Costituzione - determinerà il superamento del sistema dei trasferimenti statali e regionali attualmente diretti al finanziamento degli enti locali. L'intervento statale, tuttavia, sarà sempre ammesso «per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni»;
è comunque opportuno ribadire in questa sede il valore indubbiamente positivo e condiviso della transizione, sancita dalla legge n. 42 del 2009, dal criterio della cosiddetta «spesa storica» - fondato sul sistema trasferimenti statali misurati sulla base di quanto si è speso negli anni precedenti - a quello dei cosiddetti «costi standard», in cui il finanziamento dei servizi e delle funzioni viene calcolato al netto delle inefficienze e degli sprechi;
la situazione economico-finanziaria degli enti locali si attesta su un profilo di estrema criticità, derivante dai rigidi vincoli del patto di stabilità interno nonché, soprattutto, dagli ingentissimi tagli perpetrati ai trasferimenti erariali adottati con numerosi provvedimenti di carattere normativo, tali da compromettere l'erogazione di servizi essenziali per i cittadini:
il contenuto normativo dello schema di decreto in titolo è fortemente intrecciato alla definizione dei fabbisogni standard, questione tuttora segnata da indeterminatezza e provvisorietà: pur se già emanato, il decreto legislativo in materia, il decreto n. 216 del 2010, si limita a disciplinare i soggetti abilitati ed il percorso metodologico e procedurale da intraprendere ai fini della determinazione dei fabbisogni standard, senza alcuna puntualizzazione concreta né fattuale. Pertanto, il germe dell'indeterminatezza che infettava il precedente decreto legislativo si traspone, inevitabilmente e in tutta evidenza, nel presente provvedimento;
lo schema di decreto in titolo, nel testo originario depositato dal Governo, dispone la devoluzione ai comuni del gettito di numerosi tributi erariali, istituisce una nuova imposta sulle locazioni di immobili ad uso abitativo e prevede, a regime, un nuovo assetto delle attribuzioni fiscali tra Stato ed enti locali nel settore

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della fiscalità territoriale ed immobiliare, ma, al contempo, presenta importanti limiti di dinamicità e di manovrabilità, oltre a confermare, nella quantificazione delle risorse degli enti locali da fiscalizzare, i tagli operati con la manovra economica dello scorso luglio;
il cosiddetto federalismo fiscale municipale andrà a regime solo nel 2014, nel senso che la vera autonomia, con l'introduzione della nuova imposta municipale, è rinviata al 2014, mentre nella fase transitoria (2011-2013) la devoluzione dei tributi erariali immobiliari viene controbilanciata dalla eliminazione di gran parte dei trasferimenti statali ai Comuni, in una misura che però non è stata ancora concordata: sarebbe stato più opportuno disporre di un quadro più preciso dei numeri in gioco e delle regole da seguire per garantire certezze alle politiche di bilancio dei Comuni;
in tale fase impatteranno - salvo ripensamenti del Governo - anche le riduzioni dei trasferimenti previste per i Comuni superiori a 5.000 abitanti nell'ambito della manovra finanziaria di luglio, lasciando presagire un periodo di pesante stress finanziario per le amministrazioni comunali;
una valutazione degli effetti dello schema di decreto è resa difficile dall'assenza di dati quantitativi di riferimento sufficientemente precisi, in particolare, non è stata ancora definita l'entità esatta dei trasferimenti statali da sopprimere a fronte della assegnazione di risorse tributarie autonome;
l'avvio di tutto l'impianto è condizionato a sua volta dall'avvio del meccanismo di superamento della spesa storica in direzione di quello basato sui fabbisogni standard: lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di determinazione dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province nel quale vengono elencate le funzioni fondamentali e i relativi servizi in via provvisoria per i Comuni, prevede per l'anno 2012 l'avvio della fase transitoria sulla base della determinazione dei fabbisogni standard per almeno un terzo delle funzioni fondamentali. Nel 2011 la distribuzione del fondo di riequilibrio non potrà allora che avvenire sulla base della spesa storica senza novità rispetto al sistema attuale;
la modalità di gestione del fondo perequativo negli anni successivi è un'altra grande incognita anche per quello che concerne i criteri da seguire per la ripartizione tra Comuni sopra e sotto 5.000 abitanti: per i primi si fa riferimento ai fabbisogni standard e alla partecipazione all'attivi di accertamento, mentre per i secondi a non precisate «modalità differenziate forfetizzate e semplificate»;
ulteriori complicazioni potrebbero nascere a causa del possibile intervento delle Regioni nella individuazione dei criteri di ripartizione dei trasferimenti perequativi statali e per la definizione di ineludibili modalità di coordinamento con i fondi perequativi regionali che dovrebbero sostituire tutti i trasferimenti regionali correnti ai Comuni sulla base dello schema di decreto legislativo in materia di autonomia di entrata delle Regioni a Statuto ordinario e delle Province;
un altro problema deriva dal fatto che i tributi individuati dallo schema di decreto nella fase di transizione sono devoluti ai comuni ma restano a tutti gli effetti tributi statali - questi sono infatti istituiti dallo Stato, che ne fissa anche i criteri di funzionamento - e sono riscossi dallo Stato, nonostante la prevista manovrabilità delle aliquote da parte dei comuni: ciò risulta del tutto contrastante con i principi del federalismo fiscale municipale di cui il presenta schema costituisce l'attuazione, senza contare il parossismo del fatto che solo l'imposta facoltativa sembra effettivamente contribuire ad aumentare l'autonomia tributaria dei Comuni, rispetto alla situazione attuale;
resta da capire, inoltre, in che misura sarà applicata la norma prevista dall'articolo 14 del decreto-legge n. 78 del 2010, che ha disposto che in sede di

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attuazione dell'articolo 11 della legge n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale non si tenga conto di quanto previsto in materia di riduzioni dei trasferimenti dal medesimo decreto-legge n. 78;
premesso che, in ordine alle puntuali disposizioni contenute nello schema di decreto:
l'articolo 1 dello schema prevede - come si evince dalla rubrica - la devoluzione ai Comuni della fiscalità immobiliare, intesa come attribuzione a tali enti del gettito di taluni tributi erariali, riferibili genericamente agli immobili. I tributi coinvolti non sono però devoluti per intero, bensì limitatamente al gettito riferito al prelievo nei confronti dei contribuenti privati non operatori economici: è esclusa la devoluzione del gettito riferito al prelievo nei confronti di un'impresa, un professionista o un Ente non commerciale. Dal momento che sono state incluse nell'elenco dei tributi devoluti anche imposte che tassano i trasferimenti di immobili, non si comprende, poi, perché non sia stata prevista altresì la devoluzione dell'imposta sul reddito relativa alla plusvalenza realizzata sulle cessioni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, di cui all'articolo 67, lettera b), del TUIR, anche nella forma dell'imposta sostitutiva al 20 per cento di cui all'articolo 1, comma 496, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nonché di quella sulle plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria. Quella prevista all'articolo 1, in ogni caso, è una mera devoluzione di gettito, nel senso che i tributi coinvolti sono e restano erariali. Una devoluzione di gettito, peraltro, neppure diretta ed immediata, giacché destinata a percorrere un sentiero «tortuoso», di risalita e successiva discesa, con numerosi «ostacoli», che rischiano di compromettere la novità di tale misura. Il gettito devoluto, peraltro, è destinato, primariamente, a finanziare la costituzione di un particolare Fondo di riequilibrio;
in ordine al Fondo sperimentale di riequilibrio, a parte la durata, il fatto che sarà articolato in due sezioni e le modalità di finanziamento, non è detto molto altro, non è specificato, in particolare, come tale Fondo dovrà in concreto operare, se, cioè, la perequazione che dovrà attuare sarà per fabbisogni o per capacità fiscale. Astrattamente, entrambe le soluzioni sono possibili; ed entrambe sono evocate. Così, mentre al comma 1 si prevede che il gettito dei tributi venga devoluto ai Comuni nel cui territorio sono ubicati gli immobili cui il gettito si riferisce (formula, questa, che implicitamente evoca un'allocazione del gettito dei tributi erariali immobiliari in ragione della capacità fiscale dei singoli territori), il successivo comma 5 individua, quale criterio di cui tenere conto ai fini del riparto del Fondo, la determinazione dei fabbisogni standard (criterio del fabbisogno). Il testo della norma richiama, così, entrambi i criteri di perequazione ipotizzati dall'articolo 21 della legge n. 42 del 2009, ossia il fabbisogno e la capacità fiscale. Sennonché, l'articolo 21 riferisce tali criteri distintamente, prevedendo espressamente il criterio del fabbisogno per il finanziamento delle funzioni fondamentali e quello della capacità fiscale per il finanziamento delle altre funzioni. Sarebbe invece opportuno chiarire, già nel testo dello schema in discussione, che il predetto Fondo dovrà funzionare in conformità con quanto previsto dall'articolo 21 della legge n. 42 del 2009. Il che significa, però, far prevalere la logica della perequazione per fabbisogno su quella per capacità fiscale (in via transitoria, l'80 per cento delle funzioni è considerato fondamentale). La previsione del Fondo solleva ulteriori perplessità. La prima concerne la durata, fissata in modo contraddittorio: inizialmente in cinque anni e poi collegata alla data di attivazione del Fondo perequativo, di cui all'articolo 13 della legge n. 42 del 2009. Non è chiaro così cosa accada nel caso in cui, per qualunque ragione, il Fondo ex articolo 13 non venga istituito nei cinque anni previsti. Soprattutto, non sono esplicitate le ragioni dell'articolazione del Fondo in due

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sezioni, a parte l'aver previsto fonti distinte di finanziamento: le imposte indirette per la prima sezione e quelle dirette per la seconda (per inciso, a decorrere dal 2014 entrambe le sezioni saranno finanziate con quote del tributo municipale sui trasferimenti). La predetta articolazione potrebbe avere un senso, in realtà, ipotizzando una differente finalità perequativa per ciascuna sezione: ad esempio, per dare conto della capacità fiscale dei diversi enti con distinto riguardo ai tributi diretti ed a quelli indiretti. Un altro aspetto critico attiene alla determinazione delle modalità di alimentazione e di riparto delle due sezioni del Fondo sperimentale, nonché delle quote dei tributi devolute al Comune su cui insistono gli immobili. Si prevede, infatti, che tali determinazioni verranno fatte, previo accordo con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con decreto del Ministro degli interni di concerto con il Ministro dell'economia. Ebbene, appaiono evidenti i rischi insiti in una simile previsione. Premessa la già rimarcata assenza di direttive stringenti circa i criteri per la ripartizione del fondo ed il rapporto tra l'alimentazione di questo ed il gettito da assicurare all'ente su cui insiste l'immobile, c'è il rischio di negoziati estenuanti, anno per anno, in sede di fissazione di tali ammontari, con il corollario d'incertezza per gli enti in ordine alle risorse su cui poter fare affidamento. Il gettito dei tributi devoluti ai Comuni, oltre a dover finanziare il Fondo sperimentale di equilibrio, dovrà finanziare, in misura non trascurabile, anche lo Stato. Allo Stato, in particolare, è riservata una compartecipazione al gettito dei tributi devoluti (è abbastanza curioso che si parli di compartecipazione dello Stato al gettito di tributi erariali, trattandosi semmai di una quota di gettito del tributo erariale sottratta all'assegnazione agli enti locali), oltre ad una quota dell'istituenda imposta municipale propria, di cui all'articolo 4 (non solo di quella sui trasferimenti, destinata a finanziare anch'essa il Fondo, ma anche di quella sul possesso, posto che il comma 6 dell'articolo 1 rinvia, indistintamente, all'articolo 4, diversamente dal precedente comma 3, che richiama solo l'articolo 4, comma 2, lettera b). La misura della quota riservata allo Stato andrà determinata - tale determinazione è vista come condizione per il funzionamento dell'intero meccanismo; aspetto, questo, che chiarisce bene l'ordine delle priorità - in modo da assicurare la neutralità del provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica: ciò significa che tale quota dovrà corrispondere alla differenza tra i trasferimenti fiscalizzabili ed il gettito dei tributi trasferiti, al netto dell'addizionale comunale sull'accisa sull'energia elettrica (attualmente devoluta ai comuni). Sennonché, la previsione di questa riserva per lo Stato di una quota del gettito appare destinata a complicare non poco il quadro in cui andrà ad operare il nuovo strumento di finanziamento degli enti locali. Ne discende, così, un meccanismo assai contorto: il gettito dei tributi erariali sarà, in un primo tempo, acquisito allo Stato, che, al netto della quota spettante per assicurare la neutralità finanziaria dell'intera operazione, lo dovrà riversare alle due sezioni del Fondo. Quest'ultimo, successivamente, andrà ripartito tra i diversi enti locali, in ragione e per effetto degli accordi raggiunti in sede di Conferenza Stato-città enti locali. Senza che, in tutto ciò, sia ben chiaro il ruolo che andrà riservato al riconoscimento dell'intervento degli enti locali nella lotta all'evasione, di cui a successivo comma 7. Al comma 7 si prevedono - come anticipato - diverse misure volte a rafforzare la capacità di gestione delle entrate comunali e ad incentivare la partecipazione dei Comuni all'accertamento. Tra queste, tralasciando quelle più «tradizionali» (come il premio per la collaborazione dei Comuni al contrasto all'evasione, di cui all'articolo 1, comma 1 del decreto-legge n. 203 del 2005, qui elevato al 50 per cento, o il potenziamento dell'accesso alle banche dati), sicuramente originale si presenta il riconoscimento al Comune del «maggior gettito derivante dall'accatastamento degli immobili finora non dichiarati in catasto». Originalità della previsione che, tuttavia, va ascritta, essenzialmente, ai dubbi che

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solleva. Innanzitutto, in merito all'impiego dell'avverbio «finora»: a parte, come rilevato nella relazione del Servizio del bilancio del Senato, l'incertezza del momento cui riferirla (entrata in vigore, pubblicazione della legge eccetera), lascia comunque intendere che la misura avrà una portata limitata al passato. Porta ad escludere, insomma, che il premio potrà essere accordato per gli accatastamenti di immobili ancora da realizzare. Sennonché, letta in questi termini, la previsione appare ancora più eccentrica. Con l'articolo 19 del decreto-legge n. 78 del 2010 si è già inteso rafforzare l'azione di contrasto ai fabbricati fantasma, in particolare, calendarizzando, in modo dettagliato, una precisa azione dell'Agenzia del territorio. Peraltro, come ricorda la Relazione (scheda tecnica) del Servizio bilancio, gli effetti del potenziamento dell'attività dell'Agenzia del territorio sono già stati conteggiati con riferimento alla manovra di finanza pubblica 2011-2013: non si comprende, pertanto, come si potrà giustificare lo storno delle corrispondenti risorse a vantaggio degli enti locali. Traspare, così, il mancato coordinamento della disciplina in esame con il regime introdotto in estate dal decreto-legge n. 78 del 2010, che invece sarebbe opportuno assicurare. Tornando all'esame del comma 7, lettera a), non è infine chiaro cosa si voglia intendere con la formula «maggior gettito derivante dall'accatastamento». Non si comprende, in particolare, se il riferimento è a tutti i tributi correlati all'accatastamento, quindi non solo i tributi catastali ma anche, genericamente, quelli fondiari, né se il «premio» per l'ente locale è limitato all'esercizio in cui si procede all'accatastamento o è senza limite. Incertezze, tutte queste, che possono a loro volta impattare sulla determinazione del gettito da riservare pro quota allo Stato e al finanziamento del Fondo sperimentale di cui al comma 3;
l'imposta sostitutiva sui canoni di locazione di cui all'articolo 2, la cosiddetta cedolare secca, ove ben congegnata, può permettere di incentivare l'offerta di unità abitative in locazione e incentivare l'emersione di base imponibile, ma ciò sarebbe notevolmente agevolato dall'introduzione di un vero ed effettivo contrasto di interessi tra proprietario e locatario, che nel testo è completamente mancante;
il provvedimento attua lo sforzo di razionalizzazione delle basi imponibili, visto che quella patrimoniale relativa alle abitazioni viene completamente attribuita ai comuni, così riducendo la sovrapposizione di imposte di diversi livelli di governo sulle stesse bassi imponibili, ma risulta molto complesso e lo sviluppo graduale in più fasi, anche se comprensibile, non sempre agevola la chiarezza delle scelte e le implicazioni operative: il meccanismo di transizione tra le due fasi, quella fino al 2014 e quella successiva, appare un po' lento e farraginoso e non dei tutto trasparente;
in particolare, la cedolare secca sottrarrà alla tassazione progressiva propria dell'imposta sul reddito delle persone fisiche un'ulteriore tipologia di redditi, oltre a quelli di capitale; e ciò appare criticabile, per diverse ragioni. Innanzitutto perché, posto che la progressività del sistema tributario è oggi affidata, esclusivamente, all'imposta sul reddito delle persone fisiche (non vi sono altre imposte progressive), sottraendo base imponibile a tale imposta se ne riduce peso ed importanza all'interno del sistema tributario e, di conseguenza, l'idoneità ad informarlo in senso progressivo, con la conseguenza che la scelta di assoggettare a tassazione proporzionale i canoni di locazione arreca un grave vulnus al modello d'imposizione voluto dalla Carta costituzionale; inoltre, risulta violato altresì l'articolo 2, lettera l), della legge n. 42 del 2009, ai sensi del quale costituisce principio e criterio direttivo generale, cui deve conformarsi il legislatore delegato, tra gli altri, la «salvaguardia dell'obiettivo di non alterare il criterio della progressività del sistema tributario e rispetto del principio della capacità contributiva ai fini del concorso alle spese pubbliche»; la tassazione proporzionale, inoltre, avrà l'effetto di parificare (almeno tendenzialmente) la tassazione del

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rendimento del capitale immobiliare con quella prevista per il capitale mobiliare. Per effetto della nuova imposta, quindi, i redditi derivanti dallo sfruttamento del capitale saranno (eccezione fatta per le locazioni di fabbricati ad uso commerciale) soggetti ad una tassazione proporzionale, laddove i redditi da lavoro continueranno (soli) a restare soggetti ad una tassazione progressiva. La fissazione dell'aliquota al 21 per cento poi, comporta che il vantaggio, in termini di minore tassazione, sarà consistente per i contribuenti con aliquota marginale alta (43 per cento) e praticamente nullo per quelli con aliquota bassa (23 per cento): in particolare, per i redditi fino a 15 mila euro l'anno il regime tradizionale resta più conveniente. Ciò dipende dal fatto che l'IRPEF tradizionale si paga sull'85 per cento del canone, mentre la cedolare secca si basa sul 100 per cento nel regime vigente; tutto questo, quando la giustificazione invocata, ossia il recupero di materia imponibile per effetto dell'emersione degli affitti in nero, non convince. Se un tale risultato sarà mai conseguito, con ogni probabilità esso andrà ascritto all'inasprimento delle sanzioni contemplato per il caso di omessa o infedele registrazione e/o dichiarazione ed al potenziamento dell'azione di contrasto, da realizzare ampliando i sistemi di incrocio delle informazioni presenti nelle varie banche dati ed il coinvolgimento degli enti locali (comma 7 dell'articolo 1). In ogni caso, ammesso e non concesso che un simile recupero vi sarà, non è detto che ciò avvenga in modo omogeneo e nella misura auspicata su tutto il territorio nazionale. Ciò, non per inefficienze addebitabili agli enti locali, bensì, semplicemente, per la conformazione disomogenea dei rispettivi mercati immobiliari, che possono far sì che il fenomeno degli affitti in nero sia in talune realtà meno significativo che in altre. Con la conseguenza che nelle prime la perdita di gettito, conseguente alla riduzione delle aliquote, sarà sicura ed irrimediabile;
in ordine all'introduzione della cosiddetta imposta municipale (IMU), di cui all'articolo 4, le aliquote di riferimento nazionale sono fissate annualmente ai fini del rispetto dei saldi complessivi di finanza pubblica; l'Imu nelle sue varie desinenze dovrebbe essere parente prossima dell'autonomia fiscale, ma se l'aliquota è decisa anno per anno dal Governo centrale si apre un'aperta contraddizione con i fini stessi del federalismo. È vero che, nel caso dell'Imupp, ogni Comune ha la possibilità di manovrare la propria aliquota di 0,3 o 0,2 in più o in meno. Ma questa scelta dovrebbe avere il tempo di maturare, anche nel confronto tra amministratori e amministrati, e non dovrebbe essere relegata nei pochi giorni di fine anno, quando vengono rese note le cifre definitive della manovra nazionale: il confronto dovrebbe essere incentrato sulla spesa pubblica locale (da aumentare o da diminuire), non su come reagire ad una decisione del Governo nazionale, inoltre, è perfino, superfluo aggiungere che i Comuni formalmente e sostanzialmente dovrebbero poter agire lungo una programmazione pluriennale, ma se l'aliquota di riferimento è a rischio di cambiamento ogni anno, ciò diventa impossibile;
è stato sottolineato da diversi esperti di finanza locale che, guardando la questione non soltanto dal punto di vista dei Comuni, se sia proprio necessario per lo Stato riservarsi la determinazione dell'aliquota anno per anno e la risposta è negativa almeno per due motivi: a) un ritocco frequente dell'aliquota, forse, potrebbe essere indicato se il gettito fosse molto variabile, ma il gettito Imupp, in realtà, unisce le caratteristiche di stabilità dell'attuale gettito Ici a quelle derivanti dal passaggio, nell'ambito dei redditi catastali (immobili non locati), da una tassazione con aliquote progressive (attuale Irpef) a tassazione proporzionale (l'aliquota Imupp); b) una volta fissato un livello di pressione fiscale accettabile dal punto di vista degli equilibri finanziari generali, quel che conta è il rispetto del vincolo di bilancio locale;
si verificheranno oscillazioni attorno al livello di equilibrio iniziale, ma

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saranno contenute all'interno del massimo e del minimo dell'aliquota assegnata alla discrezionalità locale. Nel caso specifico, inoltre, bisogna considerare gli importi in gioco. Secondo le stime (riferite al 2008 senza proiezioni al 2014) del Dipartimento delle finanze (Ministero dell'economia) il gettito dell'Imupp, per pareggiare il gettito di Ici, Irpef e addizionali, dovrebbe attestarsi attorno agli 11,6 miliardi. Con una certa approssimazione, ciò dovrebbe essere connesso con l'applicazione di un'aliquota dell'1 per cento per gli immobili non locati e dello 0,5 per cento per i locati. Tali aliquote sono complessive, nel senso che comprendono l'aliquota di riferimento nazionale e quella locale (il più o il meno 0,3 o 0,2 come prima indicato). Le aliquote di riferimento nazionale, quindi, si aggireranno attorno allo 0,8 per cento e allo 0,4 per cento. Una decisione centrale di ridurre per esempio del 10 per cento le aliquote di riferimento nazionale (che passerebbero allo 0,72 per cento e allo 0,36 per cento) determinerebbe una riduzione potenziale della pressione fiscale locale di un miliardo abbondante. Ma in concreto bisognerebbe attendere la reazione dei Comuni: quelli con aliquote locali per esempio allo 0,2 e allo 0,1 passerebbero facilmente al gradino superiore (0,3 e 0,2), più che compensando il taglio nazionale. L'importo in gioco, assai limitato nel quadro della manovra complessiva di finanza pubblica, corrode l'essenza dell'autonomia locale. Comunque la questione di fondo è: di fronte a simili algebre, chi mai - tra gli elettori locali - sarà in grado di capire cosa sta avvenendo, discernendo le responsabilità nazionali e quelle locali;
un'ulteriore critica di ordine generale coinvolge la nuova IMU. La legge delega n. 42 ha previsto, come criterio direttivo, l'esclusione dell'imposizione patrimoniale sulla prima casa. Si tratta, tuttavia, di una soluzione eterodossa perché esclude dal prelievo proprio coloro che, in quanto elettori, sarebbero i titolari del potere di valutare politicamente gli amministratori, mentre tassa anche chi, se non residente, non può votare. Inoltre, si tratta di una soluzione fortemente sperequata: il tributo sul possesso degli immobili, ove circoscritto alle sole seconde case, penalizza i Comuni con scarsa attrattività turistica ed avvantaggia quelli con pochi residenti, rispetto agli immobili presenti (come, appunto, tipicamente i Comuni turistici). Ciò che appunto accadrà con l'IMU sul possesso. Sarebbe stato così auspicabile che il decreto si preoccupasse di perequare quella che, nei fatti, è e resta una stortura nel sistema, ancorché voluta dalla stessa legge delega. Sempre con riferimento alla nuova IMU e, più in generale, ai nuovi tributi introdotti dallo schema di decreto a favore dei Comuni, ciò che emerge dalla lettura della relativa disciplina è un modello di imposta fortemente centralizzato, in cui la normativa statale è pervasiva al punto da lasciare spazi estremamente esigui all'autonomia locale. Agli enti locali, a ben vedere, è riconosciuta solamente la possibilità di variare dello 0,3 per cento l'aliquota fissata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Si attua, in tal modo, un sostanziale arretramento sul tema dell'autonomia tributaria, anche semplicemente rispetto al modello dell'ICI. Basta osservare, al riguardo, che il richiamo ai regolamenti, di cui all'articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997 è previsto limitatamente alla possibilità per i Comuni di inserire l'accertamento con adesione, di cui al decreto legislativo n. 241 del 1997. Se una puntuale definizione a livello legislativo del presupposto, dei soggetti passivi e della base imponibile è imposta dall'articolo 23 della Costituzione, trattandosi dei profili essenziali del tributo soggetti a riserva di legge, è certamente meno comprensibile, se non in un'ottica di semplificazione, una definizione puntuale delle rate (numero e scadenza) dei versamenti, delle modalità di pagamento, dei poteri di accertamento e riscossione, delle esenzioni. In questo modo, viene vanificato il potere regolamentare ancora riconosciuto, in materia di ICI, dall'articolo 59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446. Soprattutto, appare contraddetto quella che dovrebbe rappresentare, addirittura, la filosofia di fondo dell'intervento, che non si può dimenticare - dovrebbe

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essere di attuazione di una delega per il federalismo fiscale. E evidente, infatti, che a fronte di un dettaglio così accurato della formazione di rango legislativo, diventa difficile ipotizzare margini di autonomia lasciati agli enti locali;
sempre in ordine all'IMU, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, dello schema, si prevede che una quota dell'imposta (senza distinguere se di quella sul possesso o sul trasferimento) sia riservata allo Stato. Non è però chiarito come si dovrà procedere a tale assegnazione, posto che, a rigore, non dovrebbe essere in discussione la competenza dei singoli Comuni a riscuotere l'IMU. Non si comprende se ciascun ente sarà poi tenuto a riversare il gettito del tributo allo Stato. E in che misura, se per intero o pro quota. E con riferimento all'imposta municipale sui trasferimenti, destinata a finanziare altresì, ai sensi del comma 3 del citato articolo 1, entrambe le sezioni del Fondo;
sul piano dei soggetti passivi alla nuova imposta municipale è stato ripreso l'articolo 1 del decreto legislativo n. 504 del 1992, in materia di ICI. Per l'IMU tuttavia, diversamente che per l'ICI, non si è precisato che gli immobili debbono insistere, comunque, sul territorio dello Stato; si potrebbe così ingenerare il dubbio che anche gli immobili situati all'estero siano oggetto di prelievo;
tra i profili della nuova imposta (IMU) oggetto di una disciplina dettagliata vi è quello delle esenzioni. Viene operato un rinvio al regime ICI (articolo 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992), con alcune importanti differenze. Tra le predette differenze, merita menzione quella che annovera come esenzione la non applicazione dell'imposta sugli immobili posseduti nel proprio territorio dai Comuni (comma 8). Questo perché, invece, ai fini ICI l'analoga previsione è costruita come esclusione. Ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 504 del 1992, sono infatti esclusi (non esenti) da imposta gli immobili, di cui il comune è proprietario ovvero, titolare dei diritti reali minori, la cui superficie insiste interamente o prevalentemente sul suo territorio; ciò, indipendentemente dalla circostanza che tali immobili siano o meno destinati esclusivamente a compiti istituzionali. Il comma 8, dell'articolo 5 in esame, invece, intende la non applicazione dell'imposta agli immobili dei Comuni come un'esenzione, equiparando la loro posizione a quella di ogni altro ente pubblico diverso dallo Stato. Di conseguenza, l'esenzione è concessa solo per gli immobili destinati in via esclusiva a finalità istituzionale, a condizione che insistano sul rispettivo territorio. L'effetto che si determina, tuttavia, è paradossale: saranno soggetti ad imposta gli immobili del Comune che, pur presenti sul proprio territorio, non sono destinati, in via esclusiva, a finalità istituzionale. L'inserimento ex novo del requisito territoriale («nel proprio territorio») determinerà la tassazione di situazioni attualmente esenti dall'ICI (ex articolo 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992): in particolare, di tutti gli immobili che, pur destinati a finalità esclusivamente istituzionali, non insistono sui rispettivi territori. Sempre con riferimento alle esenzioni previste per nuova imposta municipale, si segnalano importanti esclusioni dall'originario elenco dell'articolo 7 del decreto legislativo ICI, che forse meriterebbero una riflessione aggiuntiva: (i) quella di cui alla lettera c), ossia i fabbricati con destinazione ad usi culturali di cui all'articolo 5-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 (sedi aperte al pubblico di musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche statali, di privati, di enti pubblici, di istituzioni e fondazioni, nonché parchi e giardini, aperti al pubblico o la cui conservazione sia riconosciuta dal Ministero per i beni e le attività culturali quando al possessore non derivi alcun reddito dall'utilizzazione dell'immobile); (ii) quella prevista alla lettera g) e, cioè, i fabbricati che, dichiarati inagibili o inabitabili, sono stati recuperati al fine di essere destinati alle attività assistenziali di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (assistenza, integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate);

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ai sensi del comma 1, dell'articolo 8, l'IMU è indeducibile dalle imposte sui redditi e dall'Irap. Al riguardo, si evidenzia che, nel regime attuale, solo l'ICI è indeducibile, mentre le altre imposte, di cui è prevista la sostituzione, sono deducibili; in primis l'imposta di registro. Per effetto della sostituzione, pertanto, il prelievo fiscale sul trasferimento di immobili sarà sempre indeducibile dall'imposta sul reddito e dall'IRAP, anche laddove oggi sarebbe deducibile. Con un ulteriore effetto indiretto di aggravio dell'imposizione. Ai sensi dell'articolo 8, comma 4, il regime introdotto con il decreto in discussione «concorre ad assicurare, in prima applicazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, ed in via transitoria, l'autonomia di entrata dei Comuni». Si dà atto, insomma, che quella introdotta è una disciplina solamente transitoria, come del resto conferma la circostanza che, rispetto al modello ipotizzato dall'articolo 12 della legge delega, manca ogni riferimento alle compartecipazioni ai tributi erariali, che dovranno invece assumere un ruolo centrale nel nuovo assetto di finanziamento degli enti locali. Espressamente, poi, si rinvia all'adozione di un distinto decreto legislativo l'attuazione dell'articolo 11 sul finanziamento delle funzioni locali e per il riparto del Fondo perequativo di cui all'articolo 13. Sarebbe da precisare che solo la devoluzione del gettito dei tributi erariali è transitoria, non anche l'introduzione delle due nuove imposte municipali. Queste, difatti, comporteranno costi importanti di adeguamento in capo ai Comuni; sicché, non è ipotizzabile che siano destinate ad essere sostituite a breve, in occasione cioè dell'adozione del decreto con cui sarà dettata la disciplina a regime di attuazione della legge delega;
le perplessità sull'Imu si aggravano ove si pensi che questo tributo è il perno del sistema fiscale municipale tratteggiato dallo schema di decreto: al di fuori dell'Imu l'autonomia concessa alle amministrazione locali risulta ancora più impalpabile;
in ordine all'introduzione delle due imposte, IMU e cedolare secca, un aspetto molto delicato riguarda gli effetti distributivi, che saranno sicuramente regressivi, infatti, la cedolare secca e la nuova Imposta municipale propria alleggeriscono, di fatto, il carico tributario sugli immobili residenziali in locazione; se ciò avrà effetti positivi sulla disponibilità di questo tipo di immobili, riducendo perciò le carenze dell'offerta, a beneficiarne saranno i contribuenti con reddito elevato;
la proposta di eliminare alcuni altri tributi erariali sugli immobili scaricandoli tutti sulla base imponibile dell'ICI sulle seconde case e degli edifici commerciali appare molto discutibile, rischia di aumentare eccessivamente l'aliquota dell'ICI (in futuro IMU) su questi cespiti, con ovvi effetti di distorsione del mercato immobiliare e di creare una sorta di federalismo alla rovescia, in cui il comune può variare il carico tributario solo sui non residenti, vale a dire coloro che hanno meno incentivo a controllare l'operato dell'amministrazione locale attraverso il meccanismo elettivo, con ciò stravolgendo l'essenza stessa del federalismo e dando vita alla paradossale formula taxation without rappresentation;
occorrerebbe riaffrontare la vexata quaestio del prelievo sulle prime case (sia sui redditi sia sul valore del patrimonio) che agiva in precedenza con l'Ici: non si capisce come queste basi imponibili possano essere escluse da ogni forma di prelievo locale e comunale, soprattutto ove si voglia (si debba) applicare compiutamente il principio del beneficio;
considerato che:
principio cardine del federalismo fiscale è la responsabilizzazione delle classi politiche locali che, a fronte delle competenze trasferite dal centro, potranno avere autonomia di imposizione fiscale sui cittadini, in particolare, il principio è quello di mettere i cittadini in condizione di valutare se le tasse da loro versate alle amministrazioni pubbliche sono utilizzate in modo efficiente per fornire i servizi pubblici da loro richiesti;

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questo controllo democratico richiede che i cittadini possano identificare l'amministrazione locale come la responsabile sia della qualità dei servizi offerti ai cittadini che dell'entità delle tasse che vengono pagate per finanziarli e, soprattutto, richiede che chi paga le tasse possa scegliere, con il proprio voto, chi dovrà gestire queste risorse;
gli unici margini di autonomia impositiva concessi dallo schema di decreto in titolo riguardano la tassazione dei non residenti, ricadendo su chi non ha alcuna possibilità di sanzionare l'operato degli amministratori e contravvenendo al fondamentale principio dell'identità tra contribuenti e beneficiari: l'imposta municipale sul possesso, che sostituirà l'ICI, e, in ordine alle proposte emerse in seno di Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale;
il Trattato di Lisbona vieta espressamente di avvantaggiare solo alcune delle imprese che operano sul mercato, la Commissione e la Corte di Giustizia europee ci chiedono di tassare allo stesso modo tutte le attività commerciali;
lo schema di decreto in titolo «esporta» le medesime esenzioni ICI previste per le attività commerciali operate da enti non commerciali - in particolare Onlus e attività pertinenti ad enti religiosi - nell'imposta municipale sul possesso ma, anche prescindendo dall'eventualità di infrazioni comunitarie - i cui costi sulla finanza pubblica non possono essere sottovalutati - si tratta di una scelta che erode la base imponibile del fisco comunale, un'esenzione adottata in sede statale che verrebbe posta a carico degli enti locali;
il provvedimento sancisce una fiscalità municipale che deresponsabilizza gli amministratori locali, facendo pagare imposte comunali a chi non ha la possibilità di scegliere chi dovrà amministrare queste risorse e, in particolare, sancisce l'attribuzione solo formale ai Comuni di tributi propri;
paradossalmente, a decorrere dal 2008 la quota di entrate correnti di Regioni, Province e Comuni costituita da entrate proprie si è progressivamente ridotta: tra il 2008 ed il 2009 per tutti questi livelli di governo la fonte principale di finanziamento è consistita nei trasferimenti erariali;
il disegno federalista risulta distante e non coerente rispetto agli obiettivi ed alle ambizioni definite dalla legge n. 42 del 2009, in particolare, il testo della bozza di decreto sul federalismo municipale, cosi come da ultimo riformulato, potrebbe potenzialmente determinare un aumento assai significativo del prelievo fiscale a carico dei cittadini;
le nuove imposte locali tradiscono sotto il profilo strettamente normativo la legge «madre» sul federalismo fiscale: non era, infatti, prevista l'introduzione di alcuna nuova imposta. Anzi, l'articolo 28, comma 2, lettera b) della legge n. 42 del 2009 imponeva la garanzia della «determinazione periodica del limite massimo della pressione fiscale nonché del suo riparto tra i diversi livelli di governo» nonché, soprattutto, la salvaguardia «dell'obiettivo di non produrre aumenti della pressione fiscale complessiva anche nel corso della fase transitoria»;
l'impianto generale scaturente dal testo conferma il taglio dei trasferimenti di 1,5 miliardi nel 2011 2,5 miliardi a decorrere dal 2012, con ciò disattendendo il contenuto dell'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2010, con il quale veniva disposto che in sede di attuazione del federalismo fiscale non si sarebbe tenuto conto dei tagli introdotti dal medesimo decreto-legge;
preso atto della proposta di modifica dello schema di decreto formulate dal relatore in sede di Commissione bicamerale, da ultimo presentata in data 27 gennaio 2011, essa presenta significative novità, anche rispetto al testo elaborato precedentemente dallo stesso relatore, novità di tale portata, peraltro, da rendere il testo in gran parte nuovo. Sarebbe stato

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quindi certamente opportuno fruire di maggiore tempo per poter anche vagliare, adeguatamente, la nuova relazione tecnica inviata dalla Ragioneria generale dello Stato alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, in data 28 gennaio 2011;
in particolare, in ordine alle modifiche proposte, valutato che:
all'articolo 1, comma 3, viene previsto che la compartecipazione del 2 per cento del gettito Irpef vada al Comune in cui ha il domicilio fiscale il contribuente, senza affluire al Fondo sperimentale di riequilibrio. La soluzione appare censurabile, in quanto il gettito Irpef è fortemente disomogeneo sul piano territoriale e per tipologia di comune, ragione per cui sarebbe stato preferibile ipotizzare che almeno una quota di tale compartecipazione andasse al Fondo di riequilibrio. Al comma 5 si prevede che una quota del fondo, pari al 30 per cento, sia ridistribuito ai Comuni in base al numero dei residenti. È censurabile, in quanto il criterio del numero di residenti è, implicitamente, già valorizzato dalla compartecipazione Irpef. Inoltre, non risponde a logiche di perequazione, né per fabbisogno né per capacità fiscale. Inoltre, è questo l'unico criterio espressamente previsto per il riparto del fondo (ve ne è anche un altro, ossia la riserva del 20 per cento per i Comuni che esercitano le funzioni fondamentali in forma associata e per le isole monocomune), quando si prevede che, in caso di mancato accordo con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, il decreto che deve fissare il finanziamento del fondo, le modalità di riparto e la quota da destinare ai Comuni dove sono gli immobili, sia comunque emanato. Proprio una simile clausola di «salvaguardia» avrebbe insomma sollecitato una migliore precisazione, in seno al decreto legislativo, dei criteri di riparto del Fondo;
all'articolo 2 sono state ridotte ulteriormente le aliquote della cedolare secca, ora fissate al 19 per cento ed al 21 per cento. Le ragioni di critica al provvedimento (regressività dell'imposizione; penalizzazione dei redditi da lavoro rispetto a quelli di capitale) vengono, così, ulteriormente rafforzate. Al comma 2 si osserva che le pesanti sanzioni previste sono, in ogni caso, limitate ai contratti di locazione da registrare. E tali non sono quelli di durata inferiore ai trenta giorni (come tipicamente nelle località turistiche). Al comma 11 è sparito il fondo a favore degli inquilini. La misura a favore degli inquilini è divenuta a carico dei proprietari: questi, se vogliono beneficiare dell'imposta sostitutiva devono rinunciare all'indicizzazione del canone. Si tratta, però, di una misura che non soddisfa. Innanzitutto, perché i vantaggi per proprietari ed inquilini sono eccessivamente sperequati: sarebbe stato invece opportuno ampliare le detrazioni a vantaggio degli inquilini (magari non riducendo al 21 per cento l'aliquota sui canoni). Inoltre, sul piano operativo, la previsione desta perplessità: l'imposta sostitutiva è efficace solo se il proprietario comunica, preventivamente, al conduttore di rinunciare all'aggiornamento del canone. Ebbene, non si comprende preventivamente rispetto a cosa. Ove fosse riferita alla conclusione del contratto, si porrebbero dubbi sulla regolazione dei contratti in corso. Inoltre significherebbe che il proprietario, fatta la scelta una volta, non può cambiare regime. La nuova previsione, insomma, non convince. Senza considerare che c'è il rischio che i proprietari, sapendo che non possono aggiornare il canone, scontino fin dall'inizio la possibile evoluzione dell'inflazione, nella determinazione del canone base;
all'articolo 2-bis viene introdotta, per tutti i comuni turistici, l'imposta di soggiorno. Al di là della considerazione che il federalismo fiscale municipale non può avviarsi con l'introduzione di una vecchia tassa che andrà a colpire la competitività del turismo italiano, essa è criticabile, in quanto avvantaggia solo taluni comuni, i medesimi, poi, che ne risulterebbero, al contempo, svantaggiati per il rischio di cadute del flusso turistico. L'imposta assume la forma di ennesimo tributo

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che colpisce i non residenti, vale a dire i non votanti, oltre a rilevare in ordine ai profili costituzionali, in quanto la norma non prevede il soggetto obbligato a pagare l'imposta al Comune, il gestore, con rivalsa sul cliente o il cliente direttamente. E questo non può essere lasciato ad un regolamento, in quanto contrasta con l'articolo 23 della Costituzione, in materia di riserva di legge assoluta. Lo stesso dicasi per le sanzioni ivi previste;
all'articolo 2-quater si prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, venga modificata ed integrata l'imposta di scopo di cui all'articolo 1, comma 145, della legge n. 296 del 2006. Tale imposta, quindi, dovrebbe diventare (tornare ad essere) a pieno titolo uno degli strumenti tributari a disposizione dei Comuni. Sennonché, va evidenziato che l'imposta in oggetto, per come è stata congegnata, è un'addizionale all'ICI: ebbene, posto che l'Ici, come anche la futura IMU, non si applica alla prima casa, anche l'imposta di scopo si tradurrà nell'ennesimo tributo pagato da chi non ha il potere di sanzionare la scelta degli amministratori. In spregio, ancora una volta, della filosofia del federalismo fiscale, secondo cui il potere di imporre tributi è, innanzitutto, responsabilità verso i propri elettori;
nel fissare, con le ultime modifiche intervenute, la tassazione IMU al 7,6 per mille, sono scomparsi gli sconti destinati agli immobili strumentali delle imprese e dei soggetti passivi IRES: ciò si tradurrà in un rincaro medio per il comparto del 18,75 per cento rispetto all'aliquota media dell'ICI attualmente in vigore per i medesimi beni, ma il rincaro può arrivare anche al 52 per cento ove l'ICI ordinaria risultasse più bassa della media, come ad esempio è, attualmente, nella città di Milano;
pur considerando la possibilità dei comuni di alleggerire il carico IMU sulle imprese applicando sconti anche per categorie, sulla scia di quanto fanno le regioni con l'IRAP, è assai difficile che ciò possa essere ottenuto, a fronte degli spazi angusti in cui è e sarà costretta a muoversi la finanza locale e, oltretutto, almeno per il momento, l'IMU si presenta, al pari dell'ICI, come un'imposta indeducibile dall'IRES e dall'IRAP; al rialzo delle imposte saranno soggetti, ugualmente, gli artigiani ed i negozianti, anche in forma di centro commerciale;
come risulta dall'articolo 8, la vera riforma del fisco municipale, in realtà, è rinviata a decreti successivi. Quella risultante nel presente provvedimento è, infatti, solo di carattere transitorio. Ciò è chiarito testualmente dal comma 3. Inoltre, il comma 5, rinvia la determinazione delle fonti di finanziamento delle diverse funzioni comunali, il comma 6 prevede un decreto per la riformulazione dell'imposta di scopo e dei prelievi relativi ai servizi comunali non tariffabili e, infine, il comma 6-bis prevede la rideterminazione dell'addizionale Irpef anche in sostituzione della compartecipazione. In altre parole, il fisco municipale così come sancito dalla legge n. 42 del 2009 è interamente da formulare, per espressa ammissione del decreto in esame. L'articolo 2 della Legge n. 42 del 2009, tuttavia, ha fissato un preciso criterio direttivo (lettera ee), stabilendo «la riduzione dell'imposizione fiscale statale in misura corrispondente alla più ampia autonomia di entrata»: sennonché, di tale criterio, nel decreto in esame non vi è traccia;
la proposta di sblocco dell'addizionale comunale sull'IRPEF appare, in questo momento, in tutti i suoi limiti: la base imponibile IRPEF grava per la quasi totalità sui redditi da lavoro, in particolare, per oltre l'80 per cento, da lavora dipendente ed assimilati, non è un cespite adatto agli enti locali di dimensioni piccole, come la media di quelli italiani, e, inoltre, può risultare distorsiva nelle decisioni di residenza e complicare la vita amministrativa delle imprese, che spesso pagano ritenute IRPEF per dipendenti che spesso risiedono in comuni diversi;
le modificazioni introdotte negli schemi di parere formulati dal relatore in

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sede di Commissione bicamerale non sanano le maggiori criticità del testo governativo iniziale. Alla luce, quindi, delle rilevanti perplessità dettagliatamente elencate, in ordine alla compatibilità costituzionale, normativa e finanziaria, in ordine alla violazione dei principi cardine del federalismo fiscale - responsabilizzazione delle amministrazioni territoriali, autonomia impositiva, riduzione della pressione fiscale generale - che lo schema di decreto in titolo perpetra, sia nel testo governativo originario, sia con riguardo alle modifiche da ultimo formulate in sede di Commissione bicamerale,
esprime

PARERE CONTRARIO.

Borghesi, Cambursano.