CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 25 novembre 2010
406.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO

TESTO AGGIORNATO AL 30 NOVEMBRE 2010

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ALLEGATO 1

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi per motivi di lavoro stagionale (COM(2010)379 def.).

DOCUMENTO FINALE APPROVATO

La I Commissione,
esaminata la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi per motivi di lavoro stagionale (COM(2010)379 def.) ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento;
tenuto conto del parere espresso dalla XIV Commissione politiche dell'Unione europea;
considerato che:
il lavoro stagionale costituisce un fenomeno significativo per dimensioni e per l'incidenza crescente nelle economie degli Stati membri dell'Unione europea in quanto risponde ad una domanda reale che viene soddisfatta prevalentemente da cittadini di paesi terzi;
la necessità di un intervento legislativo UE in materia è stata da ultimo confermata nel Programma di Stoccolma per lo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia 2010-2014, adottato dal Consiglio europeo del 10-11 dicembre 2009 e si giustifica in relazione al fatto che la materia disciplinata dalla proposta presenta evidenti profili transnazionali, poiché la disciplina che in questo campo può assumere ciascuno degli Stati membri è in grado di produrre forti ricadute anche in altri Paesi;
la proposta intende appunto definire un quadro giuridico comune che risponde essenzialmente a due esigenze:
a) per un verso, stabilendo norme minime di portata generale in materia di trattamento economico, condizioni di lavoro e diritti sindacali, garantisce standard uniformi in materia di tutela dei lavoratori stagionali cittadini di paesi terzi, salvaguardandone la dignità personale, in coerenza con i principi fondamentali dell'ordinamento dell'UE, anche al fine di contrastarne lo sfruttamento e l'impiego «in nero» da parte di alcuni datori di lavoro, spesso con la complicità di organizzazioni criminali che gestiscono l'immigrazione illegale;
b) per altro verso, evita il rischio che la persistenza di differenze marcate tra le legislazioni degli Stati membri possa agevolare comportamenti opportunistici indirizzando i flussi immigratori verso i paesi che prevedono regimi più favorevoli o controlli alle frontiere meno rigorosi, in modo tale da minare la sicurezza del regime Schengen;
allo stesso tempo, la proposta merita apprezzamento in quanto rispetta la competenza degli Stati membri nella determinazione delle quote di immigrati da ammettere nei propri territori, in relazione alle esigenze delle rispettive economie, ferma restando la facoltà di non ammettere soggetti che possono costituire una minaccia per l'ordine pubblico, la sicurezza o la salute pubblica;
rilevato che:
la durata massima di sei mesi per il permesso di soggiorno, prevista dalla proposta di direttiva, potrebbe non corrispondere

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alle peculiari necessità del sistema economico italiano, soprattutto per quanto riguarda le esigenze del settore agricolo. Al riguardo, si segnala che, proprio per tener conto delle specificità di tale comparto, la normativa nazionale vigente consente una durata complessiva del permesso di soggiorno per lavoro stagionale non superiore a 9 mesi;
relativamente alle garanzie in materia di sicurezza sociale da riconoscere ai lavoratori, occorre considerare che in base alla normativa nazionale vigente possono accedere alle prestazioni assistenziali in condizioni di parità con i cittadini italiani gli stranieri che siano in possesso di un premesso di soggiorno di durata almeno annuale;
quanto alle sanzioni per i datori di lavoro inadempienti, il testo della proposta, (articolo 12, comma 2) si limita a stabilire che le stesse devono essere «efficaci, proporzionate e dissuasive», senza ulteriori dettagli, e in particolare senza fare esplicito riferimento alla disciplina europea già vigente in materia, con particolare riguardo alla direttiva 2009/52/CE, che ha introdotto norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare;
rilevata infine l'esigenza che il presente documento finale, unitamente al testo del parere espresso dalla XIV Commissione Politiche dell'Unione europea, sia trasmesso alla Commissione europea nell'ambito del dialogo politico informale nonché al Parlamento europeo;
esprime una valutazione positiva sulla proposta di modifica della direttiva con le seguenti osservazioni:
1) il Governo si attivi affinché nella stesura definitiva del testo si prevedano adeguati spazi, per gli Stati membri, in sede di attuazione della relativa disciplina in modo da riconoscere la necessaria flessibilità in ragione delle peculiari caratteristiche ed esigenze di ciascun sistema produttivo. Ciò vale, in particolare, con riferimento alla durata minima e al prolungamento di quella massima del permesso di lavoro stagionale in relazione alle specificità di alcuni settori, in particolare del settore agricolo, e della loro rilevanza per l'economia nazionale;
2) sempre con riferimento alla durata del permesso, si disponga affinché non vi siano penalizzazioni per i rapporti di lavoro a cavallo tra due successivi anni solari;
3) si valuti l'opportunità di dettagliare più puntualmente la disciplina relativa alle sanzioni a carico dei datori di lavoro inadempienti (attualmente contenute nel comma 2 dell'articolo 12, dedicato alle Agevolazioni al reingresso) anche mediante esplicito richiamo alla direttiva 2009/52/CE;
4) si valutino, anche in relazione alle ricadute sulla finanza pubblica, le possibili conseguenze di un pieno allineamento delle prestazioni assistenziali da corrispondere ai lavoratori stagionali, rispetto a quelle previste dalla normativa nazionale vigente subordinatamente ad una durata del permesso di soggiorno almeno annuale;
5) si valuti l'opportunità di inserire, tra le fattispecie per le quali è consentito il rifiuto o la revoca del permesso, anche la minaccia alla sicurezza dello Stato al fine di prevenire il rischio di ingressi di soggetti potenzialmente pericolosi;
6) si rafforzi l'efficacia delle disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 6 della proposta, eventualmente modificando in termini di obbligo la previsione della facoltà degli Stati membri di accertarsi se i posti vacanti non possano essere coperti da cittadini nazionali o dell'UE ovvero da cittadini di paesi terzi che già soggiornano legalmente nel paese interessato.

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ALLEGATO 2

Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese. (Testo unificato C. 2754 Vignali ed abbinate).

PARERE APPROVATO

La I Commissione,
esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 2754 Vignali e abbinate, recante «Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese»,
tenuto conto che il testo unificato appare riconducibile, nel suo complesso, alla materia «tutela della concorrenza», come intesa dalla consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale è di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi del secondo comma, lettera e), dell'articolo 117 della Costituzione,
rilevato peraltro che il provvedimento interviene, in alcune parti, anche su materie che rientrano nell'ambito di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione,
segnalata pertanto la necessità di un coordinamento tra l'articolo 21, comma 1, che sembra sottintendere l'immediata applicabilità di tutte le disposizioni del testo unificato alle regioni, e l'articolo 1, comma 3, che precisa che, nelle materie di competenza concorrente, le disposizioni della legge costituiscono principi fondamentali,
considerato che numerose disposizioni del provvedimento si sovrappongono a norme già vigenti, riproducendole o modificandole, oppure disciplinano in modo nuovo istituti già previsti dall'ordinamento, senza procedere ad abrogazioni espresse o a novelle;
sottolineato che la garanzia della durata dei processi civili relativi al recupero di un credito nei rapporti tra imprese e tra imprese e pubblica amministrazione è prevista sia dall'articolo 2, comma 1, lettera o), sia dall'articolo 7, comma 6, e che sarebbe opportuna una ulteriore valutazione della disposizione con riguardo alla sua efficacia normativa e all'esigenza di tenere conto di tutti gli interessi coinvolti nel processo,
evidenziata l'esigenza di precisare ulteriormente la disposizione di cui al comma 3 dell'articolo 3-bis, al fine di evitare che possa essere interpretata nel senso dell'esclusione della legittimazione attiva per le altre associazioni di categoria,
rilevato che la disposizione di cui all'articolo 8, comma 1 - che prevede un obbligo per la pubblica amministrazione di non derogare, né per via contrattuale né con atto unilaterale, al termine di pagamento di sessanta giorni nei rapporti commerciali con le imprese - introduce un limite all'autonomia contrattuale delle pubbliche amministrazioni, senza specificare le conseguenze della mancata osservanza dell'obbligo;
all'articolo 8, comma 5 - che delega il Governo ad emanare un decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 231 del 2002, in materia di ritardi di pagamento tra imprese - si precisi l'oggetto della delega, atteso che la lettera c) riguarda la possibilità di diffidare e sanzionare comportamenti illeciti messi in atto, oltre che da grandi aziende, anche da pubbliche amministrazioni, e i principi e criteri direttivi della stessa, atteso che la lettera a) contiene una finalità

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piuttosto che un criterio di delega («migliorare il funzionamento del mercato interno») e la lettera b) si riferisce genericamente alla previsione di un «sistema di diffide e sanzioni» in determinati casi, senza fornire indicazioni sul sistema stesso;
sottolineata l'esigenza di chiarire le definizioni di «imprese femminili» e «imprese giovanili», di cui all'articolo 12, commi 10 e 11, che sembrerebbero, fra l'altro, escludere le imprese non costituite in forma societaria: ciò anche ai fini di un coordinamento con l'articolo 1, comma 1, secondo periodo, che espressamente esclude la rilevanza dello status giuridico ai fini della definizione di impresa;
rilevato che gli articoli 18-20 istituiscono una Commissione parlamentare le cui competenze, peraltro ibride (in parte di indirizzo e controllo, in parte amministrative) e insufficientemente definite, rischiano di sovrapporsi per un verso a competenze di Commissioni permanenti, determinando in questo modo una violazione dell'autonomia organizzativa, costituzionalmente riconosciuta, delle Camere, e per altro verso a competenze del Governo e della pubblica amministrazione;
segnalata in particolare l'esigenza di rivedere l'articolo 20, relativo alle spese per il funzionamento della Commissione parlamentare per le micro, piccole e medie imprese, nella parte in cui - anziché stabilire un limite massimo di spesa, come previsto da altre leggi istitutive di commissioni parlamentari - fissa direttamente in 30 mila euro l'anno l'onere a carico dei bilanci delle Camere della Commissione parlamentare, ponendosi in tal modo in contrasto con il principio dell'autonomia di bilancio costituzionalmente riconosciuta ai due rami del Parlamento;
evidenziata l'opportunità, all'articolo 21, comma 1 - nella parte in cui si qualificano le disposizioni della legge come espressione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e), l) ed m), della Costituzione - di fare riferimento alla sola lettera m), in quanto il richiamo alle lettere e) ed l) riguarda, rispettivamente, la competenza esclusiva statale in materia di moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie e di giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
segnalato altresì che la previsione di cui all'articolo 22, che fissa un termine entro cui provvedere alla costituzione degli organi previsti dalla legge, inclusa quindi la Commissione parlamentare per le micro, piccole e medie imprese, sembra anch'essa collidere con l'autonomia costituzionalmente riconosciuta ai due rami del Parlamento, ancorché il termine di sei mesi sia senz'altro congruo;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
a) si verifichi il coordinamento tra l'articolo 1, comma 3, in base al quale nelle materie di competenza legislativa concorrente le disposizioni del provvedimento in esame costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, e l'articolo 21, comma 1, che qualifica tutte le disposizioni come espressione dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale, sottintendendo quindi che il provvedimento intervenga per intero in una materia riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (quella appunto di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione) e che conseguentemente tutte le sue disposizioni siano di diretta applicazione;
b) agli articoli 18 e 19, si individuino in dettaglio le competenze della Commissione parlamentare per le micro, piccole e medie imprese, evitando di limitare o di duplicare competenze attribuite dai regolamenti

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parlamentari a Commissioni permanenti, e si eviti di attribuire alla stessa competenze a carattere amministrativo, che, in quanto tali, non spettano al Parlamento;
c) all'articolo 20, con riferimento alle spese per il funzionamento della Commissione parlamentare per le micro, piccole e medie imprese, si sostituiscano le parole «pari a 30.000 euro» con le seguenti: «nel limite massimo di 30.000 euro annui», come già previsto da altre leggi istitutive di Commissioni parlamentari, o, in alternativa, si sopprimano le parole «pari a 30.000 euro a decorrere dall'anno di approvazione della presente legge», rimettendo la quantificazione dello stanziamento in questione alle Camere stesse nell'esercizio della loro autonomia contabile;
d) all'articolo 22, dopo le parole: «dall'articolo 14» si aggiungano le seguenti: «e salva l'autonomia organizzativa delle Camere per quanto attiene agli atti di cui all'articolo 18, commi 2, 3 e 4»;
e con le seguenti osservazioni:
1) valuti la Commissione di merito l'opportunità - ai fini della chiarezza e della certezza dell'ordinamento - di coordinare le disposizioni introdotte dal provvedimento in esame con le fonti vigenti che disciplinano le medesime materie o istituti sui quali interviene il provvedimento stesso, operando, ove necessario, le opportune abrogazioni e novelle;
2) appare opportuno precisare la disposizione di cui al comma 3 dell'articolo 3-bis, al fine di evitare che possa essere interpretata nel senso dell'esclusione della legittimazione attiva per le altre associazioni di categoria;
3) all'articolo 8, comma 1 - che prevede un obbligo per la pubblica amministrazione di non derogare, né per via contrattuale né con atto unilaterale, al termine di pagamento di sessanta giorni nei rapporti commerciali con le imprese - valuti la Commissione l'opportunità di specificare le conseguenze della mancata osservanza dell'obbligo;
4) valuti la Commissione di merito l'opportunità di chiarire le definizioni di «imprese femminili» e «imprese giovanili», di cui all'articolo 12, commi 10 e 11, tra l'altro chiarendo se, come sembra, si intendano escludere dalla disciplina le imprese non costituite in forma societaria: ciò anche ai fini di un coordinamento con l'articolo 1, comma 1, secondo periodo, che espressamente esclude la rilevanza dello status giuridico ai fini della definizione di impresa.

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante modifiche al codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. (Atto n. 266).

PARERE APPROVATO

La I Commissione,
esaminato, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, lo schema di decreto legislativo;
considerato che il contenuto del provvedimento è nel complesso riconducibile alla materia «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale» che ricade nell'ambito della competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettera r) della Costituzione;
richiamati i principi e criteri di delega previsti dall'articolo 33, comma 1, della legge n. 69 del 2009;
rilevato che l'orientamento alla base dei principi di delega è quello di consentire un'ampia applicazione del CAD, assicurando una semplificazione di alcune disposizioni e, nello stesso tempo, un adattamento delle previsioni al progresso tecnologico;
visto che tali finalità appaiono in linea con le conclusioni recate dal documento dell'indagine conoscitiva svolta dalla I Commissione in tema di amministrazione digitale, dalle quali è emersa la contrapposizione tra un quadro normativo ispirato ad una concezione estremamente avanzata, di una pubblica amministrazione in grado di mettere a frutto tutte le potenzialità connesse con l'uso delle nuove tecnologie dell'informazione, e le difficoltà legate alla concreta attuazione di questa prospettiva così avanzata;
ritenuto che le modifiche che si intendono apportare al suddetto Codice introducono strumenti normativi che permettono alle pubbliche amministrazioni, utilizzando le nuove tecnologie digitali, di agire sulla propria organizzazione in modo da realizzare una progressiva riduzione dei costi e, contestualmente, un incremento della efficienza e della trasparenza;
considerato che tale riduzione di costi con contestuale incremento di efficienza dovrebbe costituire la stregua per la valutazione della previsione contenuta nello schema di decreto che prevede che una serie di disposizioni acquistino efficacia a decorrere dalla data fissata in uno o più DPCM, da adottare entro sei mesi, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa verifica presso le amministrazioni statali interessate della sostenibilità dei relativi oneri attuativi con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente;
evidenziato che l'attuazione di parte della delega è rimessa a provvedimenti ministeriali, per la cui adozione non sempre è previsto un termine, come avviene nell'articolo 2, comma 1, lettera d);
ritenuto che, dal punto di vista della qualità della legislazione e della certezza del diritto occorre evitare rinvii ad ulteriori e successive fonti normative la determinazione della data a decorrere dalla quale le modifiche legislative saranno efficaci: tali rinvii determinerebbero, infatti, una inammissibile attuazione frammentaria

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e disorganica della riforma con conseguenti complicazioni, diseconomie e incertezze per i cittadini, le imprese e le stesse pubbliche amministrazioni, nonché ingiustificati ritardi nel processo di modernizzazione della pubblica amministrazione idonei a vanificare l'obiettivo primario della delega;
preso atto che, a seguito dell'esame nella Conferenza Unificata, è stata concordata rispetto al testo approvato in via preliminare dal Governo una serie di modifiche complessivamente condivisibili;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) all'articolo 2, comma 1, lettera d), sia introdotto un termine per l'emanazione dei decreti che individuano le modalità, i limiti e i tempi di applicazione del codice agli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri,
2) all'articolo 13, si fissi il termine entro il quale deve essere adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previsto all'articolo 22, comma 3-ter, del CAD, con cui sono individuate le particolare tipologie di documenti analogici originali unici per le quali permane l'obbligo della conservazione dell'originale analogico e a decorrere dal quale è possibile distruggere tutti gli altri documenti non rientranti nelle suddette tipologie;
3) all'articolo 18, occorre sopprimere la previsione delle sanzioni pecuniarie introdotta con l'articolo 32-bis del CAD, in quanto non prevista delle disposizioni di delega di cui all'articolo 33 della legge 69/2009;
4) all'articolo 37, comma 2, che novella l'articolo 1, comma 5, della legge n. 1228 del 1954, si riproduce il già vigente articolo 1, comma 5, della suddetta legge, come da ultimo sostituito dall'articolo 50, comma 5, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, disposizione che, pertanto, va espunta;
5) si sopprima la norma transitoria di cui all'articolo 49, comma 17, che differisce l'efficacia delle più significative disposizioni di riforma ad una data che sarà fissata in uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare, entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa verifica presso le amministrazioni statali interessate della sostenibilità dei relativi oneri attuativi con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente;
e con le seguenti osservazioni
1) all'articolo 1, comma 1, lettera d) del provvedimento appare condivisibile l'introduzione della lettera q-bis), nella prospettiva di adeguare l'ordinamento nazionale a quello comunitario, con la nuova definizione di firma elettronica avanzata quale genus di firma elettronica sicura comprendente la firma elettronica qualificata e la firma digitale. Conseguentemente, ai fini di coordinamento, all'articolo 1, comma 1, lettera s) del CAD, andrebbero sostituite, nella definizione di firma digitale, le parole: «firma elettronica qualificata» con le seguenti: «firma elettronica avanzata». Nella medesima prospettiva, appare necessario intervenire sull'articolo 12 del provvedimento per modificare anche l'articolo 21 del CAD, in materia di efficacia sostanziale e probatoria del documento informatico sottoscritto con firma elettronica. In particolare, si suggerisce, sempre in conformità alla disciplina comunitaria, che la firma elettronica avanzata, quale genus delle firme elettroniche dotate di maggiore sicurezza, mutui - anche nel diritto interno - la stessa disciplina generale delle altre firme «sicure», quali quelle qualificate e digitale. In tal modo anche al documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, va riconosciuta l'efficacia probatoria della scrittura privata ai sensi dell'articolo 2702 del codice civile. La sola limitazione che appare necessario introdurre deve riguardare la sottoscrizione

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degli atti per i quali l'articolo 1350 del codice civile richiede la forma scritta a pena di nullità, ricollegandovi un più penetrante interesse pubblico alla certezza dei trasferimenti dei diritti reali immobiliari: in questi casi il documento informatico potrà essere sottoscritto soltanto con firma qualificata o digitale. Andrebbe, inoltre, modificato l'articolo 25 CAD nel senso di prevedere che il notaio possa autenticare qualsiasi tipo di firma elettronica, semplice o avanzata, apposta in calce al documento informatico, utilizzando a tal fine esclusivamente la propria firma digitale. Tale modifica completerebbe quanto già previsto dall'articolo 52-bis della legge sull'ordinamento del notariato, introdotto dal decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 110, secondo il quale le parti, i fidefacenti, gli interpreti e i testimoni possono sottoscrivere l'atto pubblico informatico anche utilizzando la firma elettronica semplice, consistente anche nell'acquisizione digitale della sottoscrizione autografa. In entrambi i casi, infatti, la garanzia dell'autenticità della sottoscrizione e la sua riferibilità all'autore della stessa è garantita dall'attestazione fatta dal notaio o da altro pubblico ufficiale che la firma è stata apposta da un soggetto previamente identificato e in sua presenza, nonché dal fatto che l'autenticazione della firma avviene mediante l'apposizione, da parte del notaio, della sua firma digitale sullo stesso documento: tale modifica, in coerenza con le finalità generali dell'intervento normativo, amplierebbe notevolmente la possibilità di utilizzazione del documento informatico anche da parte di coloro che non sono titolari di firma digitale;
2) il principio di delega contenuto nella lettera q) dell'articolo 33 della legge 69/2009 prevede l'emanazione di disposizioni di implementazione della sicurezza informatica; si constata che nell'articolo 5 del CAD, come modificato dall'articolo 4, comma 1 dello schema di decreto legislativo, non figurano disposizioni in materia di sicurezza dei pagamenti, che, quindi, dovrebbe essere assicurata dalle previsioni dell'articolo 51 CAD come riformulato dall'articolo 30;
3) all'articolo 5-bis, comma 1, del CAD, come introdotto dall'articolo 4, comma 2, dello schema di decreto legislativo è opportuno precisare che lo scambio di informazioni e documenti è effettuato con l'utilizzo esclusivo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione anche quando tale scambio sia richiesto per finalità statistiche: pertanto, all'articolo 4, comma 2, capoverso, articolo 5-bis, comma 1, dopo le parole: «informazioni e documenti» dovrebbero essere inserite le seguenti: «, anche a fini statistici,»;
4) poiché i meccanismi della validazione temporale previsti dal CAD forniscono certezza opponibile ai terzi del momento in cui il documento è stato formato e non di quello in cui è stato sottoscritto, è necessario eliminare il riferimento alla data e all'ora di sottoscrizione contenuto nell'articolo 20, comma 3, del CAD, come modificato dall'articolo 11, comma 1, lettera c) dello schema di decreto legislativo; pertanto, all'articolo 11, comma 1, lettera c), dovrebbero essere soppresse le parole: «e l'eventuale data e ora di sottoscrizione»;
5) appare necessario modificare la disciplina delle copie per immagine contenuta nell'articolo 22 del CAD, come sostituito dall'articolo 13 dello schema di decreto legislativo, eliminando, ai fini dell'efficacia probatoria delle stesse copie, la distinzione tra originali unici e non unici e sottolineando, invece, la diversità dei due tipi di documenti solo ai fini della conservazione. Inoltre, non appare necessario prevedere la sottoscrizione mediante firma digitale della copia per immagine di documento analogico, essendo a tal fine sufficiente il rispetto delle regole tecniche previste dall'articolo 71 del CAD. Riguardo alle particolare tipologie di documenti analogici originali unici per le quali permane l'obbligo della conservazione dell'originale analogico, appare condivisibile il suggerimento della Conferenza Unificata

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di prevedere l'affidamento delle attività di conservazione e certificazione della conformità del relativo processo a soggetti, pubblici o privati, che offrano idonee garanzie organizzative e tecnologie da cui discende l'opportunità di istituire la figura dei «certificatori accreditati». Tali soggetti, infatti, dovranno possedere i requisiti del livello più elevato in termini di qualità e di sicurezza rendendo più difficoltoso il disconoscimento di un documento dagli stessi conservato e sottoscritto;
6) sarebbe opportuno specificare che il contrassegno generato elettronicamente, di cui all'articolo 23-ter, comma 5 del CAD, come inserito dall'articolo 14, comma 2, lettera b) dello schema di decreto legislativo, consente la verifica automatica della conformità del documento analogico a quello informatico; si tratta evidentemente di una garanzia ulteriore, a vantaggio sia di chi genera, che di chi detiene o utilizza il documento, ma che non incide sulle regole generali in tema di efficacia probatoria e di autenticazione del documento: conseguentemente, si propone di semplificare e ridurre i tempi di attuazione della disposizione, sopprimendo la previsione dell'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che individui le categorie di documenti per i quali rendere obbligatoria l'apposizione del contrassegno e prevedendo, invece, che vengano adottate da DigitPA apposite linee guida che fissino i criteri per la sua apposizione;
7) appare utile ai fini di liberalizzazione del mercato, prevedere nel vigente articolo 28 del CAD la possibilità che le qualifiche specifiche del titolare di una firma digitale, quali l'appartenenza ad ordini o collegi professionali o la qualifica di pubblico ufficiale, siano contenute in un separato certificato elettronico e resi in disponibili anche in rete;
8) all'articolo 48 del CAD, come modificato dall'articolo 28 dello schema di decreto legislativo, appare opportuno prevedere che le comunicazioni che hanno la stessa validità della raccomandata con ricevuta di ritorno possano avvenire anche attraverso l'utilizzo di nuove soluzioni tecnologiche che, sviluppandosi nel tempo, si potranno affiancare alla PEC. Le stesse potranno essere individuate in un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito DigitPA;
9) l'articolo 52, comma 1-bis, introdotto dall'articolo 31 dello schema di decreto legislativo in esame, fa riferimento alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Al riguardo, si segnala che tale riferimento appare superfluo, in quanto già l'articolo 2 del Codice prevede che alle amministrazioni ivi indicate si applichino le disposizioni in esso contenute;
10) si segnala l'opportunità di modificare l'articolo 63, comma 2, del CAD, al fine di introdurre un'esplicita disposizione che obblighi le pubbliche amministrazioni che erogano servizi online a prevedere, in modo integrato, nelle loro procedure di erogazione on line dei servizi, modalità di rilevazione della customer satisfaction che consentano l'acquisizione immediata del giudizio degli utenti. Tale obiettivo può raggiungersi inserendo nel Codice l'obbligo generale di rilevazione della customer, rinviando poi alle regole tecniche, facilmente aggiornabili nel tempo in base alle sopravvenute esigenze, la concreta individuazione delle modalità tecnico-operative di cui le pubbliche amministrazioni dovranno avvalersi. Per le Regioni e gli enti locali le regole tecniche dovranno essere adottateprevio parere della Commissione permanente per l'innovazione tecnologica nelle Regioni e negli enti locali. Pertanto, il comma 2 dell'articolo 63 andrebbe riformulato prevedendo che le pubbliche amministrazioni e i gestori di servizi pubblici progettano e realizzano i servizi in rete mirando alla migliore soddisfazione delle esigenze degli utenti, in particolare garantendo la completezza del procedimento, la certificazione dell'esito e l'accertamento del grado di soddisfazione dell'utente; a tal fine, tali soggetti sono tenuti ad adottare strumenti idonei alla rilevazione immediata,

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continua e sicura del giudizio degli utenti, in conformità alle regole tecniche da emanare ai sensi dell'articolo 71. Per le amministrazioni e i gestori di servizi pubblici regionali e locali le regole tecniche dovrebbero essere adottate previo parere della Commissione permanente per l'innovazione tecnologica nelle Regioni e negli enti locali di cui all'articolo 14, comma 3-bis;
11) è condivisibile la proposta di modifica dell'articolo 65, comma 1, lettera c-bis) del CAD, come prevista dall'articolo 40, comma 1, lettera b) dello schema di decreto legislativo, nel senso di permettere di utilizzare tutte le caselle di posta elettronica certificata e non soltanto quella rilasciata ai cittadini ai sensi dell'articolo 16-bis del decreto-legge n. 185 del 2008, per poter comunicare ed inviare istanze e dichiarazioni alle pubbliche amministrazioni; è necessario, però, che venga mantenuto, così come previsto nella legislazione attualmente vigente, il principio per cui il titolare della casella di posta elettronica sia previamente identificato dal gestore della casella al momento del rilascio della stessa e che tale circostanza risulti nel messaggio stesso o in un suo allegato. Al riguardo, si segnala la necessità di modificare correlativamente anche l'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, concernente le modalità di sottoscrizione delle istanze presentate alle pubbliche amministrazioni, già richiamato al comma 1 dell'articolo 65 del CAD, in modo da renderlo coerente con il nuovo testo e con la finalità affermata dalla legge delega di incentivare quanto più possibile l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nei rapporti fra i cittadini, le imprese e le pubbliche amministrazioni;
12) è condivisibile la proposta di modifica dell'articolo 68, comma 2, del CAD, come prevista dall'articolo 42, comma 1, lettera b), dello schema di decreto legislativo, nel senso di favorire soluzioni modulari nella predisposizione o nell'acquisizione dei programmi informatici da parte delle pubbliche amministrazioni; sarebbe, tuttavia, opportuno non eliminare il riferimento, presente nella disposizione vigente, agli obiettivi di interoperabilità e cooperazione applicativa;
13) poiché l'articolo 71, comma 1-bis, del CAD relativo alle modalità di adozione delle regole tecniche del sistema pubblico di connettività, risulta abrogato dall'articolo 45, comma 1, lettera b), dello schema di decreto in esame, nell'articolo 78, comma 1, come modificato dall'articolo 47 dello schema di decreto legislativo, si dovrebbe ora invece richiamare l'articolo 73, comma 3-bis.
14) per semplificare e ridurre i tempi di approvazione dei provvedimenti attuativi del Codice, sarebbe opportuno utilizzare la stessa tipologia di provvedimento di natura amministrativa previsto nell'articolo 71 del CAD, anche negli altri casi in cui, come nell'articolo 59, è prevista l'adozione di regole meramente tecniche che non apportano alcuna innovazione nell'ordinamento giuridico;
15) si segnala la necessità che, nel rispetto delle vigenti regole tecniche, la connessione al Sistema pubblico di connettività sia garantita, oltre che alle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 75 del CAD, anche ai gestori di servizi pubblici e ai soggetti che perseguono finalità di pubblico interesse in modo che anche questi ultimi possano usufruire dei relativi servizi.