CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 9 novembre 2010
394.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione
ALLEGATO
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ALLEGATO

RELAZIONE SULLA MISSIONE SVOLTA IN POLONIA DA UNA DELEGAZIONE DEL COMITATO (21-22 OTTOBRE 2010)

Giovedì 21 e venerdì 22 ottobre 2010 una delegazione del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, sull'attività di Europol e in materia d'immigrazione si è recata - conformemente a quanto deliberato in precedenza dall'ufficio di presidenza del Comitato - in missione a Varsavia, in Polonia, per approfondire le tematiche relative all'organizzazione, funzionamento e attività dell'Agenzia Europea Frontex, ivi avente sede, e per conoscere, attraverso incontri con organi parlamentari e di governo della Polonia, le politiche ed esperienze in materia di immigrazione di quel Paese.
Il primo incontro è stato, nel primo pomeriggio di giovedì 21 ottobre 2010, con il Presidente della Commissione Amministrazione e Affari interni della Camera Bassa (Sejm), dep. Marek Biernacki, affiancato da una delegazione composta dai dep. Staniszawa Przasdka (Vice Presidente, SLD) e Grzegorz Raniewicz (PO).
L'On. BIERNACKI ha innanzi tutto evidenziato che l'area di competenza della Commissione da lui presieduta coincide con quella del Ministero dell'Interno polacco, del quale egli ha avuto la titolarità dal 1999 al 2001, periodo nel quale si occupò anche della prospettiva di adesione della Polonia al trattato di Schengen. La politica Polacca presta oggi grande attenzione e cura alla piena e coerente attuazione del trattato di Schengen e alla normativa dell'Unione europea in tema di immigrazione e asilo. In relazione al problema dell'immigrazione clandestina, la Polonia rappresenta per lo più un paese di transito, anche a causa del livello del reddito pro-capite inferiore e quindi meno attraente rispetto ad altri Paesi, tranne per coloro che provengono dai paesi dell'ex Unione Sovietica, per i quali rappresenta, invece, la meta definitiva. La frontiera del mare del Paese non è interessata dal fenomeno, nonostante venga ugualmente protetta; quella con i Paesi ex URSS è protetta in modo naturale per la specificità delle caratteristiche fisiche, mentre la zona meridionale è costituita da territori montuosi e spopolati dopo la seconda guerra mondiale. In vista dell'ingresso della Polonia nell'Unione Europea, a fini preventivi, sono stati effettuati investimenti volti alla protezione delle frontiere anche mediante opportune tecnologie. Ai confini con Bielorussia e Ucraina - Paesi con cui sono stati anche stipulati specifici accordi in materia di ingressi transfrontalieri e di controllo delle frontiere - sono efficientemente organizzati pattugliamenti comuni. È questa la frontiera che necessita di maggiore attenzione, anche perché rappresenta la frontiera orientale dell'Unione Europea. Si era registrato, in anni passati, il tentativo di aprire un corridoio di immigrazione illegale nel sud della Polonia, ma tela tentativo è stato molto rapidamente impedito e ora la zona relativa è praticamente ermetica.
L'adesione all'accordo di Schengen ha comportato un forte impegno per l'adeguamento al sistema informativo SIS e una redistribuzione del personale di frontiera da quella occidentale, ormai meno significativa, a quella orientale, nonché investimenti tecnici per proteggere le frontiere stesse (elicotteri, telecamere, ad esempio). Il servizio di frontiera sta assumendo progressivamente le caratteristiche di polizia di frontiera, sia per le specificità di questo servizio, sia in considerazione dell'interesse

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della criminalità organizzata verso il le attività di immigrazione illegale.
Per ciò che riguarda le espulsioni conseguenti ad immigrazione illegale, queste avvengono per circa tre quarti attraverso provvedimenti amministrativi e per la restante parte per decisione dei tribunali, ove conseguenti a reati.
Conseguentemente alla guerra in Cecenia, si è verificato un consistente flusso dall'est, soprattutto negli anni '90; per i paesi sotto l'influenza dell'ex Unione Sovietica, la Polonia rappresenta un simbolo. La Polonia è favorevole all'entrata nell'Unione Europea dell'Ucraina e, successivamente, della Bielorussia. Nonostante si dichiari l'uguaglianza tra vecchi e nuovi membri, la Polonia è consapevole di essere oggetto di maggiore attenzione ed osservazione e in virtù di tale circostanza infonde maggiore impegno nel suo ruolo di membro UE, anche nel rispetto dei diritti umani.
A questa esposizione hanno fatto seguito alcuni interventi e domande dei componenti della delegazione del Comitato Schengen. Il senatore Piergiorgio STIFFONI (LNP) ha chiesto informazioni in particolare sulla situazione alle frontiere orientali. Il senatore Massimo LIVI BACCI (PD) ha, tra l'altro, chiesto se l'accordo tra Bielorussia e Ucraina circa l'ingresso di lavoratori temporanei senza visto possa in qualche modo agevolare casi di immigrazione clandestina, se l'irregolarità viene considerata infrazione amministrativa o reato, nonché precisazioni in merito ai circa 50.000 vietnamiti presenti in Polonia di cui ha appreso notizia tempo fa. Il Vicepresidente del Comitato deputato Ivano STRIZZOLO (PD) ha chiesto precisazioni circa l'entità numerica delle richieste di asilo politico. Il deputato Vincenzo TADDEI (PDL) ha chiesto notizie in tema di pianificazione dei flussi degli ingressi per motivi di lavoro. Il deputato Teresio DELFINO (UdC), rilevato che la pressione dell'immigrazione clandestina in Polonia appare meno intensa di quella cui sono sottoposti altri Paesi, ha sottolineato la importanza di un forte sostegno comunitario alle politiche e azioni per il controllo dell'immigrazione gestite dai Paesi più soggetti, per ragioni geografiche ed economiche, a tale pressione, e ha domandato se la Polonia condivida l'esigenza di questo forte e mirato sostegno comunitario.
La rappresentanza del Parlamento polacco, dopo aver sottolineato nuovamente lo sforzo e la solerzia della Polonia nell'adeguare la propria legislazione in tema sia di immigrazione che asilo a quella europea, ha precisato che anche in Polonia i cittadini di Paesi extracomunitari devono essere forniti, ai fini dell'ingresso, di apposito visto, non richiesto solo in casi particolari in base agli accordi transfrontalieri. Nel 2009 sono stati negati 27.000 visti; più di 2000 persone sono state fermate alle frontiere mentre tentavano di entrare illegalmente in Polonia e le espulsioni sono state più di 3000. Il servizio immigrazione svolge il compito di individuare coloro i quali soggiornano illegalmente, e in proposito ciò che emerge e che non si hanno tanto ingressi illegali, quanto permanenze in Polonia dopo la scadenza del visto di ingresso. Dal 2009 si è verificata una flessione delle domande di asilo politico: da 3607 a 2600 dai primi nove mesi del 2009 ai primi nove mesi del 2010. Ciò dipende dal ritorno volontario nel proprio paese di molti dei richiedenti. Circa la presenza di un consistente numero di immigrati dal sud est asiatico, è stato osservato che si tratta di soggetti arrivati per lo più in Polonia prima del 1990.
La sera di giovedì 21 ottobre, presso la sede dell'ambasciata, la delegazione del Comitato ha inoltre incontrato il Senatore Marek ZIOLKOWSKI, Vicepresidente della Camera Alta (Senato), con il quale si è avuto luogo un approfondito scambio di informazioni e valutazioni sulle politiche dell'immigrazione nei due Paesi, in raccordo con le politiche europee dell'immigrazione attuali e in prospettiva.
La giornata di Venerdì si è aperta con la visita presso l'Agenzia europea per la sicurezza e l'immigrazione Frontex. Qui la delegazione del Comitato è stata ricevuta dal Direttore Ilkka LAITINEN, che ha illustrato ai componenti della delegazione

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parlamentare l'organizzazione ed il funzionamento della Agenzia, servendosi anche di slides.
La missione di Frontex è il coordinamento delle azioni di frontiera della UE, nel rispetto dei valori e delle regole della UE in materia di diritti della persona e di libera circolazione. Successivamente all'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, hanno assunto maggiore importanza la prevenzione e la lotta al crimine, sempre però nello spirito per cui il controllo dei confini non deve diventare un ostacolo alla libera circolazione dei cittadini comunitari.
La cooperazione integrata fra Paesi UE nelle materie di competenza di Frontex attiene a cinque aree tematiche: il controllo ai confini, che rappresenta la parte più operativa e tangibile; la lotta alla criminalità organizzata internazionale; i condizionamenti geografici della cooperazione; la cooperazione tra agenzie deputate alla applicazione della legge; la legislazione in vigore nei diversi Paesi. La sicurezza dei confini è parte integrante della sicurezza interna, nonché correlata a tutti gli altri aspetti legati alle frontiere: la politica estera, il commercio, eccetera.
Per Frontex ha valore strategico la conoscenza/consapevolezza di quanto accade ai confini, prerequisito per le eventuali, opportune reazioni. La responsabilità delle frontiere spetta ai relativi Paesi, ma la funzione di Frontex è il coordinamento della collaborazione dei Paesi membri, al fine di un'efficace cooperazione e di una sana gestione di risorse finanziarie ed umane. Il rispetto della persona umana rappresenta un valore da salvaguardare; l'efficace comunicazione con autorità e pubblico un obiettivo da perseguire, insieme ad un efficace lavoro di gruppo, indispensabile nel coordinamento di forze, ad un'alta professionalità per la conquista della fiducia necessaria per gli scopi da realizzare. L'Italia, con i suoi due centri di Gaeta e Cesena, è il Paese che ha apportato il maggior contributo nel 2010 e tale trend sarà prevedibilmente confermato nel 2011.
Quello in corso è il secondo anno consecutivo nel quale ai confini si rileva una diminuzione del 24 per cento del flusso migratorio nell'Unione Europea. Dal 2008 al 2009 la riduzione era stata del 30 per cento. Alla base del fenomeno vi sono motivi di ordine economico - crisi finanziaria mondiale, particolarmente sentita in Europa, con conseguente riduzione della richiesta di manodopera - ma anche, in alcuni Paesi membri, l'adozione di più rigorose politiche migratorie, nonché il rafforzamento della collaborazione con Paesi non UE che costituiscono, per posizione geografica, territorio di provenienza o transito dei flussi migratori verso la UE. In sostanza, si è preso atto della diretta correlazione tra pressione migratoria e cooperazione con paesi extra-UE, e i Paesi membri hanno sviluppato una migliore capacità di controllare le frontiere. In questo contesto si inserisce il trattato stipulato tra Italia e Libia, che ha ridotto considerevolmente le dimensioni del fenomeno migratorio nel mar Mediterraneo. Attualmente il flusso migratorio è concentrato in Grecia e Turchia, attraverso i quali Paesi quale transita il 90 per cento dei flussi di immigrazione: dunque, si è verificato uno spostamento del fenomeno dai confini marittimi a quelli terrestri. Il flusso dalla Turchia alla Grecia è in allarmante peggioramento: se si confrontano i dati del 2009 a quelli del 2010 si può constatare un aumento del 400 per cento. E infatti, è in quella zona che è ora impiegata la maggior parte delle risorse UE per le politiche in tema di controllo dell'immigrazione.
Frontex è un'agenzia giovane, che ha al bilancio cinque anni di attività. Il Consiglio di Amministrazione è costituito dai vertici della guardia di frontiera dei Paesi membri, caratterizzati da alta professionalità nelle modalità di coinvolgimento. Il 75 per cento delle risorse confluite in Frontex torna ai Paesi membri a titolo di rimborso per operazioni congiunte. L'organizzazione consta di tre divisioni: alla operativa spetta la funzione di coordinare la cooperazione; alla amministrativa la gestione e la formazione delle risorse umane e la

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gestione di quelle tecniche; infine una ulteriore divisione svolge l'analisi del rischio e la programmazione.
Dal 2006 al 2009 l'attività dell'Agenzia Frontex, fatta di azioni congiunte nei «punti caldi», di scambio di informazioni, di utilizzo sincronizzato di mezzi tecnici, è decuplicata. fattori che permettono di incrementare l'intensità delle operazioni sono i finanziamenti, le capacità personali e la determinazione e la volontà dei Paesi membri. Gli aeroporti costituiscono importanti strutture per il controllo delle frontiere, anche se le operazioni congiunte che vi si svolgono sono poco visibili ai passeggeri in transito. Frontex ha un ruolo di assistenza nelle operazioni di rimpatrio non volontario, durante le quali il Paese membro interessato organizza la scorta dei soggetti nell'ambito di operazioni congiunte che Frontex contribuisce a finanziare. Ogni anno vengono effettuati rimpatri di circa 2000 persone, con una frequenza di circa una operazione a settimana, per un totale di 40 - 50 l'anno. In tali casi vengono utilizzati speciali aeromobili, noleggiati allo specifico scopo: l'effetto di tali operazioni è deterrente nei confronti del fenomeno dell'immigrazione illegale e riguardano coloro per i quali si sono svolti tutti i livelli di giudizio, ma sono, nel contempo, molto onerose. Frontex svolge anche un ruolo di mediatore tra mondo accademico e di ricerca e quello degli utilizzatori: l'Università di Bologna è un partner del programma base per la formazione dell'attività di ricerca e sviluppo.
Ai fini della programmazione di ogni operazione, è necessario il consenso del Paese per l'utilizzo del mezzo interessato e Frontex provvede al rimborso delle spese del Paese ospitante dell'operazione nella misura del 55 per cento. La complessità della procedura di consultazione dei Paesi membri incide purtroppo negativamente sulla tempestività degli interventi. Vengono, infatti, imposte troppe condizioni per l'uso dei mezzi; d'altra parte Frontex ha scelto di non acquistare i mezzi necessari alle operazioni, preferendo forme alternative alla acquisizione, come ad esempio il noleggio.
Attualmente il Consiglio d'Europa sta discutendo il regolamento di Frontex. Dal 1o ottobre Frontex ha un ufficio distaccato nel Pireo, al servizio di Grecia, Cipro, Italia e Malta.
A questa esposizione hanno fatto seguito interventi e domande dei componenti del Comitato Schengen. In particolare: la Presidente del Comitato onorevole Margherita BONIVER, nel sottolineare che Frontex si trova attualmente in un momento di grande cambiamento, ha domandato se la strada che intende intraprendere è nel senso di diventare «bigger» o «better»; il senatore Piergiorgio STIFFONI (LNP) ha chiesto precisazioni in merito al prossimo ingresso della Romania all'accordo Schengen; il Vicepresidente del Comitato deputato Ivano STRIZZOLO (PD) ha sollecitato dettagli sulle squadre di intervento rapido; il Segretario di Presidenza del Comitato, deputata Ida D'IPPOLITO VITALE (PdL), ha chiesto informazioni sulla funzione di Frontex nell'ambito delle operazioni di rimpatrio; infine il deputato Terenzio DELFINO (UdC) ha formulato domande sul regolamento in esame in Consiglio dell'Unione europea.
Il Direttore di Frontex Ilkka LAITINEN ha fornito risposte ai quesiti, precisando innanzi tutto che l'obiettivo di Frontex è di migliorare è non la crescita dimensionale ma il miglioramento della qualità del proprio lavoro e, più in generale, del coordinamento delle azioni di frontiera UE. In questa ottica va anche letto il bilancio di Frontex: sarebbe fuorviante intendere come costi non operativi quelli imputati, sul piano contabile, alle due direzioni di Frontex che si occupano di amministrazione e studi. E questo perché da una parte, allo svolgimento di molte operazioni partecipa personale amministrativo; dall'altra, la distinzione tra costi amministrativi e costi per attività operative va fatta in base ad una analisi funzionale delle spese, e non in base alla direzione che gestisce la spesa. Lo dimostra il fatto che su un totale di 265 risorse umane dipendenti da

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Frontex, ben 200 sono di natura operativa e solo le restanti 50 hanno compiti amministrativi. Inoltre, va sottolineato che, in quanto Agenzia «giovane», Frontex ha in questa prima fase di vita la necessità di dotarsi ex novo di impianti informatici e tecnici e sta investendo in infrastrutture, utilizzando anche le ingenti risorse finanziarie erogate dal Parlamento europeo negli anni 2007 e 2008. Questi costi, se per una contabilità formale appaiono amministrativi, sostanzialmente sono investimenti funzionali alla missione operativa.
Precisato che Frontex non partecipa alle operazioni di valutazione in corso concernenti l'imminente entrata nell'area Schengen di Romania e Bulgaria, ha quindi osservato che attualmente l'area più impegnativa, che necessita di maggiori interventi, è rappresentata dai confini di Grecia e Turchia. Le squadre di intervento rapido non sono ancora state utilizzate perché non si è manifestata una reale situazione di emergenza; tali squadre rappresentano, infatti, l'ultima istanza in casi allarmanti.
Per quanto riguarda le operazioni di rimpatrio, la funzione di Frontex è di natura organizzativa, sia dal punto di vista umanitario, che logistico-amministrativo. Il fenomeno delle permanenze illegali rappresenta un problema sentito e di importanti dimensioni, del quale le sanzioni sono solo un aspetto della questione.
Infine, ha ricordato che l'iter del regolamento attuativo in esame presso il Consiglio dell'Unione Europea da marzo è ora in fase conclusiva: è previsto che il Parlamento europeo discuta la relativa bozza nel mese di novembre 2010, per concludere presumibilmente l'iter di approvazione di tale documento entro il primo trimestre del 2011.
Successivamente all'incontro con i vertici di Frontex, la delegazione del Comitato si è trasferita presso la sede della Presidenza della Repubblica, per un incontro di circa un'ora con il Sottosegretario di Stato per gli Affari internazionali della Presidenza della Repubblica, on. Jaromir SOKOLOWSKI.
L'incontro è stato occasione per un approfondito e proficuo scambio di opinioni sulle tematiche dell'integrazione e dell'immigrazione, agevolato anche dalla diretta e buona conoscenza dell'Italia da parte del Sottosegretario Sokolowski.
La missione si è quindi conclusa con i due successivi incontri presso il Ministero per gli Affari Interni e l'Amministrazione.
Qui la delegazione ha dapprima avuto un breve incontro in forma ristretta con il Sottosegretario agli Interni Adam RAPACKI.
A questo ha fatto seguito un colloquio di circa un'ora con la Direttrice del Dipartimento UE Operazioni Internazioni del Ministero degli Interni Malgorzata KUTYLA.
La dott.ssa KUTYLA ha innanzi tutto tenuto a sottolineare che la politica della sicurezza e dell'immigrazione adottata dalla Polonia è fortemente impegnata a garantire il pieno rispetto delle regole e degli standard di sicurezza e accoglienza dell'Unione Europea, quali derivanti dai trattati internazionali ed europei e dagli accordi di Schengen. In questo contesto, è stato riconfermato che le frontiere orientali - le uniche che la Polonia condivide con Paesi non facenti parte dell'Unione Europea: Ucraina e Bielorussia, oltre all'enclave russa di Kaliningrad - non costituiscono oggi in alcun modo un fattore di rischio per la sicurezza né della Polonia, né dell'Unione Europea, e possono essere considerate ben protette (mediante polizia di frontiera e strumenti tecnologici) e praticamente ermetiche. Infatti, il fenomeno dell'immigrazione irregolare in Polonia risulta ormai da anni quantitativamente insignificante, e il maggior numero di richieste di ingresso per motivi non turistico-lavorativi concerne richieste di asilo di persone che entrano legalmente in Polonia dalla frontiera bielorussa, senza visto in base agli accordi transfrontalieri esistenti. Ogni anno entrano così in Polonia circa 8000 richiedenti asilo, dei quali la grande maggioranza (circa 80-90 per cento) è costituita da cittadini russi di origine cecena. Per altro, nella maggior parte dei casi non viene concesso l'asilo,

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ma soltanto una «protezione temporanea» (provvedimento di «soggiorno temporaneo»), come consentito dalla legislazione comunitaria.
Alla frontiera con l'Ucraina vige poi, in base ad uno specifico accordo trasnfrontaliero tra i due Paesi, un sistema cosiddetto di «ingresso facilitato», per il quale i cittadini ucraini hanno libertà di ingresso in Polonia per motivi di lavoro purché restino, all'interno della Polonia, entro una fascia di 30 chilometri dal confine. Un analogo accordo transfrontaliero è già stato sottoscritto anche con la Bielorussia, ma non è ancora operativo. E ancora, lo stesso tipo di accordo è in via di negoziazione con la Russia.
Per quanto riguarda la gestione degli ingressi, si cerca di facilitare l'immigrazione di persone di origine polacca - tali spesso essendo le persone che abitano territori oggi bielorussi a nord del confine polacco - o che, pur senza tale origine, abbiano requisiti culturali/professionali corrispondenti ai fabbisogni del sistema del lavoro e della cultura polacco. Si cerca inoltre di favorire la conservazione dei legami degli immigrati col Paese di provenienza, sia per ragioni umanitarie e sociali che in una prospettiva di rientro, a medio termine, dell'immigrato nel Paese da cui proviene. E ancora, per tutte gli ingressi dettati da ragioni lavorative si opera affinché sia già noto, al momento dell'ingresso, il datore di lavoro: a tal fine, sono previste apposite procedure e documentazioni, ovviamente semplificate nel caso degli ingressi per lavoro stagionale (agricoltura, turismo).
A questa esposizione hanno fatto seguito domande e richieste di chiarimenti da parte: del deputato Vicepresidente del Comitato Ivano STRIZZOLO (PD), che ha chiesto di conoscere le misure applicate nel caso di ingresso clandestino e di avere informazioni sulle modalità e strutture di accoglienza; della deputata e Segretario di Presidenza Ida D'IPPOLITO VITALE (PDL), che ha chiesto informazioni sulla provenienza della manodopera agricola, nonché se la Polonia possa essere utilizzata dalle rotte migratorie come mero Paese d'ingresso regolare, salvo poi transito in altri Paesi comunitari; del senatore Massimo LIVI BACCI (PD), che ha chiesto chiarimenti sulle stime UE di uno stock complessivo di immigrazione irregolare in Polonia di circa 200 mila persone e sull'eventuale presenza di popolazioni di cultura nomade o provenienti dal terzo mondo; del deputato Teresio DELFINO (UdC), che ha chiesto informazioni sull'assistenza sanitaria e sociale assicurata agli immigrati.
La dott.ssa Malgorzata KUTYLA ha precisato che la procedura prevista in presenza di una richiesta di asilo prevede la acquisizione delle impronte digitali e la sistemazione del richiedente in un Centro per rifugiati, nei quali sono erogati servizi di assistenza medica e interpretariato. Quindi si attiva la procedura per verificare la sussistenza o meno dei presupposti legali per l'asilo. Durante il giorno, gli ospiti dei Centri per rifugiati sono autorizzati ad uscirne, rientrando la sera.
La manodopera agricola proviene essenzialmente da Bielorussia e Ucraina. Per altro, va ricordato che i territori della Bielorussia confinanti col nord della Polonia erano spesso polacchi prima del secondo conflitto mondiale, e questo, in uno con l'origine polacca e la conoscenza della lingua da parte delle relative popolazioni, è ra i motivi di tale flusso.
Esclude, quindi, che la Polonia possa rappresentare una meta attraente per popolazioni di cultura nomade e per immigrati dal terzo mondo, sia per ragioni climatiche (l'inverno è molto freddo e disagevole al di fuori di strutture edilizie adeguate), sia perché i salari e l'assistenza sociale sono più modesti rispetto a quelli di altri Paesi europei. Le meta preferita, per il livello di assistenza sociale, è l'Austria, mentre Francia e Belgio sono mete privilegiate dei ceceni che chiedono l'asilo di seconda istanza.
Per quanto riguarda la questione del transito verso altri Paesi UE, può naturalmente succedere - in Polonia come altrove nella UE, e comunque non su scala significativa - che una persona entri regolarmente

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in Polonia per esempio con un visto temporaneo e, poi, passi in altri Paesi UE, nei quali diviene col tempo irregolare. Comunque, quando ciò succeda, l'irregolare viene rimandato in Polonia dal Paese UE in cui è stato individuato.
Infine, precisa che i richiedenti asilo possono permanere nei Centri appositi fino a un anno e in tale periodo ricevono sussidi finanziari, sono aiutati nello studio della lingua polacca e a trovare lavoro. Dopo il primo anno l'ospitalità del Centro richiedenti asilo cessa e il rifugiato deve provvedere autonomamente alle proprie esigenze; l'assistenza linguistica e scolastica continua ad essere assicurata soltanto ai bambini.
Al termine di questo incontro la delegazione del Comitato parlamentare è ripartita alla volta di Roma.