CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 9 novembre 2010
394.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-03572 Margiotta: Sulle operazioni di dismissione delle 64 barre ELK-River (barre di uranio irragiato) dall'impianto ex ITREC della Trisaia di Rotondella (Matera).

TESTO DELLA RISPOSTA

Con l'interrogazione in esame si chiede al Governo di intraprendere iniziative per velocizzare le operazioni di decommissioning delle 64 barre di combustibile irraggiato, provenienti dagli Stati Uniti, noto come combustibile Elk-River, attualmente presenti sull'impianto ITREC della So.G.I.N. S.p.A., sito in Trisaia di Rotondella (Matera).
Si chiede, altresì, di intraprendere iniziative per evitare che Scanzano Jonico venga riproposto quale sito per il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare irraggiato.
Al riguardo, occorre ricordare, preliminarmente, che, nel 2003, è stato affidato alla So.G.I.N. S.p.A. anche il decommissioning degli impianti di ricerca sul ciclo del combustibile nucleare, tra cui l'impianto ITREC di Trisaia di Rotondella (Matera).
Si aggiunge che in tale impianto, costruito nel periodo 1965-1970 dal CNEN (ora ENEA), tra il 1969 e il 1971, in seguito all'accordo CNEN-USAEC (United States Atomic Energy Commission) sono stati trasferiti 84 elementi di combustibile irraggiato uranio-torio provenienti dal reattore sperimentale Elk River (Minnesota), per condurre ricerche sui processi di ritrattamento e rifabbricazione nell'ambito del ciclo uranio-torio, e che nel 1973 il CNEN è divenuto proprietario degli 84 elementi di combustibile di Elk River, 20 dei quali ritrattati.
A seguito del referendum sul nucleare del 1987, tali attività sono state interrotte ma è stato garantito il mantenimento in sicurezza dell'impianto a tutela della popolazione e dell'ambiente.
L'autorizzazione all'esercizio dell'impianto ITREC, finalizzata alla gestione dello stato attuale dell'impianto, alla messa in sicurezza dei materiali radioattivi presenti sul sito ed alla realizzazione delle attività propedeutiche alla disattivazione, è stata rilasciata alla So.G.I.N. S.p.A. (in qualità di esercente) con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 26 luglio 2006 e presenta un aggiornato corpo prescrittivo, redatto dall'APAT (ora ISPRA).
L'autorizzazione in parola prevede l'obbligo per So.G.I.N. S.p.A. di presentare, entro 5 anni dalla data dell'autorizzazione stessa (25 luglio 2011), istanza per la disattivazione (ex articolo 55 decreto legislativo n. 230 del 1995).
Relativamente ai 64 elementi di combustibile irraggiato (ciclo uranio-torio) Elk-River, la So.G.I.N. S.p.A., constatata la non disponibilità da parte degli USA a riacquisirne la proprietà e la mancanza, a livello internazionale, di impianti industriali adatti al loro riprocessamento, ha provveduto allo «stoccaggio a secco» di tale combustibile nel sito stesso di Rotondella, in contenitori idonei sia allo stoccaggio temporaneo in sito che al trasporto («dual purpose dry cask storage»), in attesa della disponibilità di un deposito nazionale dove poterlo smaltire definitivamente. Tale sistemazione a secco del combustibile, rientra fra gli interventi propedeutici

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alla disattivazione di ITREC, indicati nel predetto decreto ministeriale di licenza di esercizio.
In proposito, la So.G.I.N. S.p.A., l'11 ottobre 2010, in occasione del consueto Tavolo della Trasparenza (tavoli che consentono alla società di interagire direttamente con le amministrazioni locali, finalizzati a comunicare, in totale trasparenza, lo stato di avanzamento delle attività di decommissioning degli impianti), ha illustrato il programma triennale 2011-2013 che, in continuità con il precedente, mira a sostenere l'accelerazione delle attività di decommissioning dell'impianto ITREC. Si sottolinea che, tra le attività previste di maggior rilevo illustrate, c'è la sistemazione a secco del combustibile Elk-River, con la presentazione all'ISPRA, entro il primo semestre 2011, del rapporto di progetto particolareggiato per lo stoccaggio a secco di tale combustibile.
È, altresì, previsto che, nel momento in cui ci sia la disponibilità del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare irraggiato, i casks contenenti il combustibile Elk-River vengano ad esso conferiti (nel rispetto dei tempi tecnici strettamente necessari), unitamente ai rifiuti radioattivi presenti in ITREC ed a quelli che saranno prodotti dalle attività di decommissioning dell'impianto stesso.
Per ciò che attiene alla proposta della «Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare irraggiato e del Parco Tecnologico» di cui si riferisce nell'atto in esame, si fa presente che la stessa è prevista all'articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31. La norma stabilisce che la So.G.I.N. S.p.A., entro sei mesi dalla entrata in vigore del decreto medesimo, definisca la proposta di cui sopra, sulla base dei criteri indicati dall'AIEA e dall'Agenzia per la Sicurezza Nucleare e sulla base delle valutazioni derivanti dal procedimento di Valutazione Ambientale Strategica, di cui all'articolo 9 del decreto legislativo n. 31 del 2010. Attualmente, l'Agenzia non è ancora operativa per cui mancano i requisiti fondamentali previsti dalla legge per la redazione della Carta in parola; mancano, altresì, le determinazioni conseguenti alla procedura di Valutazione Strategica Ambientale della Strategia Nucleare Nazionale di Governo, indispensabili a tal fine ai sensi del decreto legislativo n. 31 del 2010, articoli 3 e 27.
Per quanto riguarda, infine, la presunta localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi a Scanzano Jonico, si sottolinea che, per i motivi appena analizzati, si tratta di mere supposizioni giornalistiche. In più, il decreto legislativo n. 31 del 2010 prevede un percorso di coinvolgimento preventivo e continuo di tutte le realtà sociali locali relative alle aree ritenute idonee alla localizzazione del deposito medesimo.

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ALLEGATO 2

5-02207 Negro: Limiti di concentrazione di sostanze inquinanti nelle attività industriali di produzione di compost.

TESTO DELLA RISPOSTA

Per quanto indicato nell'interrogazione n. 5-02207 presentata dall'onorevole Negro ed altri, dove, segnalando una vicenda giudiziaria che vede coinvolta la società Agriflor s.r.l., con sede legale nel comune di San Bonifacio (Verona), titolare di un impianto per la produzione di compost e di ammendanti agricoli, che avrebbe condotto solo surrettiziamente l'attività di produzione di compost ma in realtà avrebbe smaltito rifiuti in maniera illegale, chiedono, tra l'altro, se non si ritenga di assumere iniziative, anche di carattere normativo, volte a garantire parametri uniformi sul territorio nazionale in materia, si rappresenta quanto segue.
L'Autorità giudiziaria di Verona, presso la quale pende il procedimento penale a carico della suddetta società, avrebbe rilevato la presenza di idrocarburi, diossina, metalli pesanti ed altre sostanze nocive nel compost sottoposto a campionamento, dimostrando che i rifiuti che giungevano alla Agriflor s.r.l. per essere sottoposti a compostaggio non erano idonei e che essi venivano mescolati con i rifiuti pericolosi al fine della successiva distribuzione in campo agronomico. È stato disposto, pertanto, il sequestro preventivo di tutti gli impianti produttivi della Agriflor s.r.l. in data 12 luglio 2008.
Successivamente, è intervenuta la giunta regionale del Veneto con la delibera n. 235 del 10 febbraio 2009 recante norme sull'utilizzo in agricoltura di fanghi di depurazione e di altri fanghi e residui non tossico e nocivi di cui sia comprovata l'utilità ai fini agronomici; impianti di recupero e di trattamento delle frazioni organiche dei rifiuti urbani ed altre matrici organiche mediante compostaggio, biostabilizzazione e digestione anaerobica, che ha motivato, con la necessità di adottare criteri precauzionali ed in considerazione della mancanza di specifici indirizzi a livello comunitario e statale, l'individuazione delle concentrazioni limite accettabili per alcuni inquinanti organici presenti nei fanghi di depurazione utilizzati a fini agronomici, direttamente sui suoli o indirettamente attraverso l'apporto di compost.
Il procedimento penale a carico della Agriflor srl, tuttora pendente nella fase delle indagini preliminari, sulla base dei provvedimenti della Corte di Cassazione Penale (sentenze n. 10709 del 28 gennaio 2009 e n. 10658 dell'11 febbraio 2010) e di quanto comunicato dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Verona, si è articolato, successivamente, nelle seguenti fasi:
con sentenza 10709 del 28 gennaio 2009 della cassazione penale viene confermata l'ordinanza di sequestro del 19 settembre 2008;
sulla base di nuovi riferimenti normativi (legge n. 13 del 2009 di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 209) e di sopravvenuti provvedimenti amministrativi (delibera della giunta regionale del Veneto n. 235 del 10 febbraio 2009 e determinazione n. 1645 del 16 marzo 2009 della provincia di Verona per l'autorizzazione di adeguamento tecnologico dell'impianto di compostaggio), la difesa della Agriflor srl ha presentato una

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ulteriore istanza di dissequestro che viene inizialmente rigettata dal Gip con provvedimento del 15 aprile 2009;
avverso tale provvedimento viene presentato appello ed il tribunale del riesame, con provvedimento del 28 maggio 2009, in accoglimento dell'appello proposto, annulla il sequestro preventivo;
il Pubblico Ministero, quindi, presenta ricorso per cassazione contro l'ordinanza del tribunale di Venezia.

Occorre ricordare che la questione è stata posta dal Ministero dell'ambiente anche all'attenzione dell'Istituto superiore di sanità, il quale ha osservato che il decreto legislativo n. 99 del 1992 dà facoltà alle regioni di fissare valori cautelativi per le sostanze non normate, in attesa di emanazione di norme nazionali e che i valori limite fissati nella delibera della regione Veneto sono ampiamente più cautelativi di quelli fissati nella bozza di direttiva europea di modifica della direttiva 82/278/CEE.
La Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente, competente per materia, ha ricevuto, con nota protocollo 522712/57.01 del 24 settembre 2009, una richiesta di parere da parte della regione Veneto in merito alla fissazione, operata con Deliberazione della giunta regionale del Veneto, n. 235 del 10 febbraio 2009, di nuovi limiti di concentrazione per alcuni inquinanti nei fanghi di depurazione da avviare in agricoltura, ai sensi del D. Lgs. n. 99/92, concernente: «attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura» e con due note, rispettivamente la nota protocollo n. 21605 del 22 ottobre 2009 e protocollo n. 24553 del 27 novembre 2009, ha ritenuto condivisibile, in attesa dell'emanazione di specifica normativa nazionale, quanto disciplinato dalla regione Veneto, nonché la metodologia utilizzata dalla stessa per la fissazione dei limiti proposti e basata sull'applicazione del modello concettuale proposto da uno studio commissionato dalla Commissione europea relativo alle dinamiche di accumulo nel suolo di sostanze organiche persistenti.
La medesima direzione generale ha, inoltre, specificato quali debbano essere gli IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici) da ricercare, i congeneri Dioxin-like da tenere in considerazione in aggiunta a quelli indicati riguardo ai PCB (policlorobifenili), nonché i fattori di equivalenza da utilizzare per il calcolo delle diossine e dei furani.
I limiti fissati dalla normativa nazionale in vigore (decreto legislativo n. 99 del 1992) e che rispecchiano le disposizioni stabilite a livello comunitario dalla direttiva 86/278/CEE appaiono, infatti, ampiamente superati, tanto che, sia in sede nazionale sia in sede comunitaria, si sta provvedendo alla revisione di tale normativa, prevedendo anche la valutazione di ulteriori inquinanti, quali gli IPA e i PCB.
La direzione generale ha provveduto, quindi, a redigere una prima proposta di revisione del decreto legislativo n. 99 del 1992; tuttavia, poiché in sede comunitaria è attualmente in corso di discussione l'intera materia dell'utilizzo dei fanghi in agricoltura, della definizione di criteri della cessazione della qualifica di rifiuto per il compost e della proposta di utilizzazione in agricoltura del compost fuori specifica (ovvero il rifiuto organico stabilizzato che non rispetta i requisiti specifici del compost), la stessa ha ritenuto utile attendere gli sviluppi a livello europeo ed ha pertanto chiesto la momentanea sospensione dell'iter approvativo della bozza di decreto.
Successivamente, è intervenuta la sentenza n. 10658 dell'11 febbraio 2010 della Corte di cassazione penale che ha annullato l'ordinanza con la quale era stato disposto il dissequestro dell'impianto, rinviando al tribunale di Verona per un nuovo giudizio al fine di tenere conto dei principi espressi nella citata sentenza n. 10709/2009 (che costituisce giudicato cautelare) e, conseguentemente, indicare gli specifici parametri di riferimento per la valutazione della nocività dei rifiuti contenuti

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nei dati normativi sopravvenuti, ritenuti applicabili nel provvedimento di accoglimento dell'appello proposto dalla difesa della Agriflor s.r.l. Il procedimento innanzi al tribunale del riesame è tuttora in corso e la prossima udienza di trattazione è fissata al 25 novembre 2010.
La sentenza della Corte di cassazione penale n. 10658 dell'11 febbraio 2010, in considerazione di tutte le specifiche circostanze del caso, rileva come nella fattispecie in esame debbano essere rispettati i principi enunciati nella precedente sentenza n. 10709/09 sulla quale si è formato come detto il giudicato cautelare. In particolare la Corte di cassazione penale afferma che in virtù della precedente pronuncia, i giudici nuovamente chiamati a decidere sulla misura cautelare, devono fare riferimento alle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 se non modificate da altri dati normativi di pari efficacia. Afferma poi, con riferimento alle disposizioni citate nella impugnata ordinanza, che atti normativi secondari dell'ente locale non possono contenere disposizioni che contrastino con quelle della legislazione statale, sicché i valori limite stabiliti dalla delibera della G.R. del Veneto n. 235 del 10 febbraio 2009 non possono trovare applicazione se in contrasto con quelli indicati nella tabella citata (ndr Tab. 1 Colonna A, dell'Allegato 5 della Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006), salvo che contengano limiti più restrittivi.
Anche alla luce di quanto evidenziato dalla Corte costituzionale penale la Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche ha, contestualmente, provveduto ad effettuare ulteriori approfondimenti tecnici relativamente alla fissazione dei limiti coinvolgendo il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, l'ISPRA, l'ISS, il CNR-IRSA ed ha partecipato attivamente ai lavori del TAC (Comitato tecnico per l'adattamento della normativa comunitaria al progresso scientifico e tecnologico) per comprendere la possibile evoluzione normativa europea in materia di fanghi e compost.
A tal riguardo si segnala che la Commissione europea ha redatto un Working document «Sludge and Biowaste» - 21 settembre 2010 che ha inviato a tutti gli Stati membri per la consultazione ed il parere. Gli esiti di questa prima consultazione sono stati riportati durante la riunione del TAC del 25 ottobre 2010 nella quale la Commissione europea ha anche presentato l'agenda dei lavori in merito alla revisione della direttiva fanghi/biowaste, alla definizione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto per il compost/digestato ed alla revisione del regolamento sui fertilizzanti.
A seguito delle suddette recentissime evoluzioni comunitarie in materia ed in considerazione dei lunghi tempi necessari per la definizione di una normativa comune, si sta provvedendo alla formulazione di una nuova proposta di revisione della normativa nazionale che tenga conto sia degli approfondimenti tecnici effettuati sia degli orientamenti a livello comunitario.

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ALLEGATO 3

5-03240 Tommaso Foti: Stoccaggio abusivo di pneumatici usati in un immobile a Fiorenzuola d'Arda.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con riferimento all'interrogazione parlamentare n. 5-03240 presentata dall'onorevole Foti e riguardante la presenza di pneumatici usati in un capannone sito nel comune di Fiorenzuola d'Arda, in provincia di Piacenza, sulla scorta degli elementi informativi acquisiti dalla prefettura di Piacenza, dalla regione Emilia Romagna e dal comune di Fiorenzuola d'Arda, si rappresenta quanto segue.
In data 23 aprile 2003, a seguito di sopralluogo effettuato presso la società Siderplastgommalegno snc da personale dell'ARPA, del comune di Fiorenzuola, dei Vigili del fuoco, dei Carabinieri e della Guardia di finanza, è stata accertata l'esistenza, all'interno di un capannone sito nel territorio del comune di Fiorenzuola D'Arda (Piacenza), di un deposito di pneumatici usati, riposti alla rinfusa e occupanti l'intero volume del fabbricato e della corte ad esso annessa.
Inoltre, veniva rilevato, non solo l'elevato rischio di incendio dei materiali depositati e la totale assenza di idonei mezzi di sicurezza, ma anche l'elevata tossicità derivante dalle emissioni di pneumatici bruciati ed il potenziale pericolo per la pubblica incolumità in caso di incendio.
Pertanto, si reputava opportuna la rimozione dei pneumatici fino al raggiungimento dei requisiti minimi di sicurezza antincendio (decreto ministeriale 8 marzo 1985 e decreto ministeriale 10 marzo 1998), la messa in sicurezza della tubazione di gas metano e il posizionamento di transenne lungo la recinzione.
Con ordinanza del 29 aprile 2003 il sindaco del comune di Fiorenzuola d'Arda disponeva a carico dei titolari dell'attività l'obbligo di rimozione, attraverso lo smaltimento, dei materiali eccedenti i limiti di legge presso centri autorizzati, nonché l'immediata cessazione dell'attività di recupero-stoccaggio nel sito. Informata del caso l'autorità giudiziaria, il sito veniva posto sotto sequestro.
Successivamente, in data 4 giugno 2007, il tribunale di Piacenza, degli ulteriori accertamenti svolti nel deposito in questione da parte dell'ARPA e dei Vigili del fuoco, specificava che il sequestro preventivo dell'area non era di ostacolo agli interventi urgenti a tutela dell'incolumità e della salute pubblica.
I diversi e ripetuti accertamenti dimostravano, pertanto, che dal 2003 la situazione ambientale non era mutata.
La prefettura di Piacenza, con nota dell'8 giugno 2007, nel richiedere al sindaco del comune ulteriori informazioni sugli eventuali interventi intrapresi e/o da intraprendere nel sito, ha contattato diverse società, quali l'ENIA e la CEMENTIROSSI, per lo smaltimento dei rifiuti. L'impossibilità di smaltire i pneumatici nell'inceneritore di Borgoforte e l'elevato costo relativo allo spostamento dei medesimi fuori provincia, nonché il mancato supporto della provincia di Piacenza e della regione Emilia Romagna, hanno comportato per il sindaco del comune l'impossibilità di agire.
Al fine di valutare la possibilità di ogni utile iniziativa per la soluzione del gravissimo problema ambientale che investiva il territorio comunale di Fiorenzuola d'Arda, sono stati direttamente interessati dalla

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prefettura l'assessore regionale alla protezione civile ed il presidente della provincia.
Considerata l'assenza delle risorse finanziarie utili alla bonifica ed al ripristino ambientale del sito, esposta sia dalla regione - servizio rifiuti e bonifica - sia dal medesimo comune, presso la prefettura di Piacenza si è tenuto un incontro con gli Enti territoriali competenti e gli uffici interessati, al fine di definire ed adottare gli interventi necessari in situ. In tale sede, sono state previste le seguenti priorità:
1) concordare una strategia pluriennale per l'alleggerimento del quantitativo di pneumatici presenti nello stabilimento;
2) coinvolgere per una verifica degli aspetti finanziari la Regione Emilia Romagna e questo Ministero.

Così come previsto dall'articolo 250 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nel caso in cui «i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dalla normativa vigente in materia ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del silo né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l'ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi, infatti, le regioni possono istituire appositi fondi nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio».
Pertanto, considerando che le risorse finanziarie gestite dalla direzione competente in materia del Ministero dell'ambiente sono state già tutte assentite a favore degli interventi di bonifica dei siti di interesse nazionale, individuati dalla legge n. 426 del 1998 e successive integrazioni e modificazioni, con le modalità e i termini di cui al decreto ministeriale 18 settembre 2001 n. 468 e successive modificazioni e integrazioni, la richiesta di finanziamento finalizzata alla bonifica ed al ripristino del sito dovrà essere rivolta alla regione.
Si precisa che, la sentenza n. 23494 del 19 maggio 2006, (depositata il 6 luglio 2006) della Corte di cassazione, sezione 3, attiene proprio allo stoccaggio illecito accertato presso il sito in oggetto. Infatti, i gestori di fatto della Società Siderplastgommelegno s.n.c, riconosciuti responsabili della suddetta violazione ambientale, sono stati condannati rispettivamente alla pena di quattordici mila ed otto mila euro di ammenda.
Si assicura che si provvederà a monitorare la situazione affinché siano adottati, quanto prima, i necessari interventi a tutela della salute e dell'ambiente.

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ALLEGATO 4

5-03424 Codurelli: Sui nubifragi nella zona di Lecco del 13 e 15 agosto 2010.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo n. 5-03427 presentata dagli onorevoli Codurelli e Mariani e concernente gli avversi eventi meteorologici verificatisi a Lecco dal 13 al 15 agosto 2010, anche sulla scorta di quanto comunicato dal Dipartimento della protezione civile, si rappresenta quanto segue.
In data 13 agosto 2010 il Dipartimento della protezione civile ha emanato un avviso di avverse condizioni meteorologiche con il quale, recependo l'avviso meteorologico regionale emesso dal Centro funzionale della regione Lombardia, sono state previste, dalle prime ore del giorno seguente e per le successive 24-36 ore, precipitazioni da sparse a diffuse a prevalente carattere di rovescio o temporale puntualmente di forte intensità sulla Lombardia oltre che sulla Liguria, la Valle d'Aosta, la Toscana, il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia, l'Umbria, il Lazio e la Sardegna e in estensione, dalle prime ore del giorno successivo, al Lazio.
Sempre secondo quanto previsto, i fenomeni sarebbero stati accompagnati da attività elettrica e da forti scariche di vento.
In pari data, è stato emanato il bollettino di criticità nazionale nel quale sono state riportate le previsioni del Centro funzionale della regione Lombardia, sia per il 13 agosto 2010 che per la giornata successiva, ovvero condizioni di moderata criticità per rischio idrogeologico localizzato sulle zone di allerta della regione Lombardia denominate Pianura occidentale e orientale, Garda Valcamonica, Prealpi centrali e Nordovest.
In provincia di Lecco, l'esame dei dati pluviometrici relativi alle giornate del 14 e del 15 agosto 2010 hanno evidenziato che nell'area in oggetto le precipitazioni sono state caratterizzate da intensità elevate e cumulate rispettivamente di 76 mm e 31 mm: a tale riguardo si fa presente che nelle stazioni di Caslino d'Erba e di Cortenova sono stati registrati 95 mm in tre ore (con tempo di ritorno fra 100 e 200 anni) e 81 mm in tre ore (con tempi di ritorno tra 200 e 500 anni).
In tale provincia, in particolare, sono state segnalate l'evacuazione di una palazzina a scopo precauzionale per uno smottamento a monte dell'edificio, le esondazioni dei torrenti Bosisolo e Gandagliolo, la chiusura per frana della strada statale n. 36 tra Lecco e Palladio, l'istituzione di senso unico alternato per la rimozione del movimento franoso lungo la strada statale n. 639 all'altezza di Suello, la chiusura della linea ferroviaria Lecco-Monza tra le stazioni di Valmadrena e Oggiono per smottamenti, con l'istituzione di una linea alternativa di autobus per il tempo necessario al ripristino della stessa.
Sulla base dei dati tecnici e delle informazioni a disposizione, il Dipartimento della protezione civile ha ritenuto che l'evento meteorologico in questione sia stato caratterizzato da una estensione provinciale e da un quadro danni modesti, sia per quanto riguarda la viabilità che per quanto attiene agli edifici di civile abitazione, ascrivibile, nel complesso, ad una situazione di ordinaria criticità, solo localmente più aggravata.

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Si ritiene, inoltre, importante precisare che, in merito, la regione Lombardia non ha trasmesso al Dipartimento della protezione civile una dettagliata relazione tecnica concernete la valutazione del rischio residuo e una analitica e motivata quantificazione economica dei danni subiti.
Peraltro, dai documenti trasmessi dalla regione non si evince la sussistenza di significative condizioni di pericolo incombente sui predetti beni esposti.
È invece chiaro come le predette criticità, seppure aggravate dalle precipitazioni, siano state originate anche da eventi condizioni di fragilità di un territorio che, come è noto, risulta intensamente antropizzato e caratterizzato dalla presenza di infrastrutture inadeguate a smaltire le precipitazioni registrate.
Per quanto sopra esposto e sulla base degli elementi tecnici acquisiti, si ritiene quindi che i predetti fenomeni alluvionali siano ascrivibili ad eventi della tipologia di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), della legge n. 225 del 1992, ossia ad «eventi naturali o connessi all'attività dell'uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti ed amministrazioni competenti in via ordinaria».
Infine, si rappresenta che il 4 novembre 2010 è stato sottoscritto un accordo di programma quadro tra il Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare e la regione Lombardia, ai sensi dell'articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010) che prevede, per la provincia di Lecco, la realizzazione di 13 azioni tra interventi urgenti per la difesa del suolo e manutenzioni ordinarie e straordinarie per un importo di 9.057.000 euro, oltre a 5.200.000 euro per la laminazione del fiume Lambro.

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ALLEGATO 5

5-03526 Bonavitacola: Sulla situazione di emergenza nello smaltimento dei rifiuti in regione Campania.

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'interrogazione n. 5-03526 presentata dagli onorevoli Bonavitacola e Iannuzzi, concernente l'emergenza nello smaltimento dei rifiuti in Campania, si rappresenta quanto segue.
Con riferimento alla raccolta differenziata nella regione Campania, in base ai dati di proiezione relativi all'anno 2008, diramati dai comuni attraverso il sistema SIGER trasmessi fino ad oggi, si attesta una produzione di rifiuti differenziati o indifferenziati pari a ton. 2.465.136,41. La raccolta differenziata, dal 15,55 per cento del 2007, si attesta nel 2008 al 20,85 per cento, con un incremento del 5,3 per cento. In particolare, i dati forniti nel 2008 registrano la percentuale del 36,04 per cento per la Provincia di Avellino, del 26,59 per cento per quella di Benevento, del 12,41 per cento per quella di Caserta, del 18,06 per cento per la Provincia di Napoli e, infine, del 41,42 per cento per quella di Salerno. I dati relativi al 2009 sono ancora in corso di certificazione.
Con riferimento all'impianto di termovalorizzazione di Acerra va evidenziato che, come prescritto dall'articolo 7, comma 7, del decreto legge n. 195 del 2009, sono state ultimate, con esito positivo, le operazioni di collaudo; le prove funzionali hanno evidenziato il raggiungimento degli standard prestazionali, sia in termini di smaltimento di 600.000 t/annue di rifiuto meccanicamente trattato, rispetto a 2.000.000 di tonnellate annue prodotte nell'intera Regione, sia relativamente al profilo di legge, con particolare riguardo ai parametri ambientali imposti dalla normativa comunitaria di settore e dall'Autorizzazione integrata Ambientale dell'impianto.
Specificamente, si è potuto accertare che il livello delle emissioni non solo rispetta i limiti di cui al decreto legislativo n. 133 del 2005, ma anche quelli assai più rigorosi stabiliti dall'Autorizzazione Integrata Ambientale di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3745/2009, coerentemente con quanto previsto dall'allegato 1) della direttiva 96/61/CE e dal decreto legislativo n. 59/2005.
Con riferimento alle ragioni del fermo delle linee del termovalorizzatore di Acerra, occorre sottolineare che le linee Stesse sono soggette a programmati interventi di manutenzione ordinaria, nonché ad interventi di manutenzione straordinaria in termini quasi sempre alternati, onde assicurare continuità nel funzionamento dell'impianto, come del resto appare naturale a fronte di un impianto complesso nel suo primo anno di esercizio.
Riguardo al termovalorizzatore di Salerno, l'attività connessa alla sua realizzazione è stata affidata, con Ordinanza P.C.M n. 3641 del 16 gennaio 2008, al Sindaco di Salerno, all'uopo nominato Commissario Delegato.
L'articolo 10, comma 6, del decreto-legge n. 195 del 2009, ha poi previsto che «per la realizzazione del termovalorizzatore nella provincia di Salerno, da dimensionarsi per il trattamento di un quantitativo di rifiuti non superiore a 300.000 tonnellate annue, completando nel territorio le opere infrastrutturali di dotazione della necessaria impiantistica asservita al ciclo dei rifiuti, la provincia di Salerno,

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anche per il tramite della Società provinciale di cui alla legge della regione Campania 28 marzo 2007, n 4 e successive modificazioni, provvede ci porre in essere tutte le procedure e le iniziative occorrenti. Gli atti funzionali rispetto alle finalità di cui al presente comma, già posti in essere sulla base della normativa vigente, sono revocati ove non confermati dalla provincia, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Nell'ottica quindi della già rilevata competenza provinciale in materia di gestione del ciclo integrato dei rifiuti, la provincia di Salerno ha provveduto a confermare gli atti adottati dalla precedente gestione del Commissario Delegato-Sindaco di Salerno, tra cui l'individuazione delle aree per la costruzione dell'impianto e le relative concessioni ed autorizzazioni; sono state avviate e concluse le fasi progettuali fino al livello esecutivo, ponendo in essere, quindi, tutte le idonee iniziative finalizzate alla realizzazione del termovalorizzatore in rassegna.
Riguardo alla capacità residua delle discariche, allo stato attuale risultano in esercizio:
1) la discarica di SantArcangelo Trimonte (Benevento);
2) la discarica di Savignano Irpino (Avellino);
3) la discarica di Terzigno (Napoli);
4) la discarica di San Tammaro (Caserta), in corso di completamento.

La situazione di queste, in ordine alla capienza totale e residua e ai rifiuti conferiti, è riportata nella tabella allegata, a disposizione degli interroganti.
Riguardo all'accertamento economico, massa attiva-passiva, connessa alla gestione dell'emergenza e alle posizioni debitorie dei comuni nei confronti della gestione straordinaria della fase emergenziale, si rappresenta che con decreto in data 15 settembre 2010, l'Unità Stralcio ha accertato i crediti vantati nei confronti dei comuni campani, delle ex Strutture Commissariali e dal Sottosegretario di Stato all'emergenza rifiuti Campania - di cui al decreto legge n. 195 del 31 dicembre 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 febbraio 2010, n. 26, articolo 12, comma 2, - per un importo pari ad euro 170.963.493,85. Si precisa che il sopracitato importo è stato accertato alla data del 31 agosto 2010 e si riferisce ai crediti maturati per il periodo i gennaio 2008-31 dicembre 2009.
In particolare, detto importo scaturisce:
dall'accertamento dei crediti nei confronti di alcuni comuni della Campania per recupero spese relative ad interventi di rimozione dei rifiuti effettuati a favore dei comuni inadempienti ai sensi dell'articolo 2, comma 12, del decreto legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito in legge 14 luglio 2008, pari a euro 2.373.458,80;
dall'accertamento dei crediti per tariffa smaltimento rifiuti nei confronti di alcuni comuni della regione Campania, per un importo pari a euro 168.590.035,05.

Per i crediti vantati dal Commissario delegato all'emergenza rifiuti Campania per il periodo dal 16 dicembre 2005 (data di risoluzione ex lege del contratto con la Fibe Campania S.p.A.) al 31 dicembre 2007, il Ministero dell'Interno, su segnalazione quadrimestrale della Struttura, in ottemperanza a quanto disposto con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3657 del 20 febbraio 2008, articolo 2, ha operato (e tuttora sta operando) una trattenuta sui trasferimenti erariali di competenza degli stessi Comuni, versando le relative somme direttamente sulla contabilità speciale intestata all'Unità Stralcio che, alla data del 31 agosto 2010, ammontano a complessivi euro 106.640.226,21.
Il richiamato decreto di accertamento, in data 17 settembre 2010, è stato trasmesso al Dipartimento della Protezione Civile, che ha provveduto ad inoltrano al Ministero dell'economia e delle finanze per le opportune valutazioni ed i conseguenti provvedimenti finalizzati al recupero di detti crediti attraverso ulteriori riduzioni dei trasferimenti erariali da operare

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a cura del Ministero dell'interno. Si rappresenta, altresì, che, ai fini dell'accertamento della massa passiva derivante dalle attività compiute durante lo stato di emergenza rifiuti Campania ed imputabili alle Strutture commissariali e del Sottosegretario di Stato all'emergenza rifiuti, è già stata predisposta la bozza dell'avviso pubblico per la formazione della massa passiva di cui all'articolo 3 del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26. La stessa è stata trasmessa al Dipartimento della Protezione Civile che, condiviso il testo finale, ha trasmesso al Ministero dell'economia e delle finanze per le opportune valutazioni in seguito alle quali il bando verrà immediatamente emanato dall'Unità Stralcio, così come previsto dalla citata normativa.
L'attività di supporto, ai sensi del citato articolo 4, comma 3, del decreto legge n. 195 del 2009 è praticamente proseguita, senza soluzione di continuità, a partire dal gennaio del 2010. È proseguita ininterrottamente fino al 5 ottobre 2010, data nella quale la regione Campania ha assunto in carico esclusivo le attività di collaborazione in termini consultivi da parte dell'Unità Operativa.
A seguito dei noti eventi connessi ai disordini verificatosi a Terzigno (Napoli), l'attività si è esponenzialmente incrementata.
Per quanto concerne le iniziative intraprese dal Dipartimento della protezione civile si rappresenta che ha continuato a fornire il dovuto supporto alle Amministrazioni ordinariamente competenti in materia di rifiuti, attraverso le proprie Strutture operanti in Napoli in occasione di opportune richieste avanzate dalle predette Amministrazioni, con particolare riguardo alla pianificazione ed organizzazione dei flussi dei rifiuti, così come previsto dalla normativa vigente (articolo 4, comma 3, decreto legge n. 195 del 2009).
Altresì, va evidenziato che il Governo centrale, a seguito delle accese proteste della collettività interessata rispetto sia alla corrente gestione della discarica Cava SARI nel comune di Terzigno (Napoli), sia alla prevista realizzazione dell'ulteriore discarica Cava Vitiello nel medesimo comune, oltre ad essere intervenuto sottoscrivendo un accordo con gli enti interessati, nella specie i 18 comuni dell'area vesuviana, ampiamente rispettato, volto a sospendere l'esercizio della discarica Cava SARI al fine di ripristinarne le condizioni di sostenibilità sociale, per poi riprendere i conferimenti presso la Cava medesima limitatamente ai rifiuti prodotti dai predetti comuni vesuviani, si è fatto promotore delle istanze provenienti dalle Amministrazioni territoriali campane afferenti alla modifica di talune disposizioni del decreto legge n. 195 del 2008, formulando il testo di un decreto legge sottoposto all'esame del Consiglio dei Ministri del 5 novembre 2010 che ha, tra l'altro, soppresso la previsione normativa del decreto legge n. 90 del 2008 relativa alla realizzazione della discarica Cava Vitiello.
In ultimo, relativamente alla «provincializzazione» della gestione dei rifiuti si rappresenta che detta organizzazione gestoria territoriale non costituisce novità introdotta dal decreto legge n. 195 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2010, quanto piuttosto momento applicativo proprio su base territoriale dei principi comunitari in materia di «prossimità del ciclo dei rifiuti», della normativa statale di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché delle disposizioni legislative regionali di cui alla legge della regione Campania in materia di rifiuti 4/2007 e ss.mm.

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Allegato 1

Situazione delle discariche.

 Sant'Arcangelo
Trimonte
Savignano
Irpinio
San TammaroChiaianoTerzigno
Capienza Totale (ton.)1.090.0001.000.0001.550.000700.000750.000
Rifiuti Conferiti (ton.)686.580735.298787.115401.554503.228
Capienza Residua (ton.)403.420264.702260.818298.446246.772
Media Giornaliera (ton./g)2502507508501.600
Previsione chiusuraAgosto 2013Dicembre 2014Ottobre 2011Settembre 2011Marzo 2011
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ALLEGATO 6

5-03611 Braga: Iniziative urgenti per la realizzazione di interventi di messa in sicurezza del territorio dal rischi idrogeologico.

TESTO DELLA RISPOSTA

Per quanto indicato nell'interrogazione n. 5-03611 presentata dall'onorevole Braga ed altri, riguardante i finanziamenti e le attività poste in essere per combattere il dissesto idrogeologico, si rappresenta quanto segue.
Il Governo con l'ultima legge finanziaria (articolo 2, comma 240 legge finanziaria 2010) ha stanziato risorse pari a 900 milioni di euro proprio per la realizzazione di piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico in tutto il territorio nazionale.
Proprio per la consapevolezza dell'importanza di affrontare il problema, va anche puntualizzato che tale cifra costituisce l'intera dotazione di risorse assegnate per il risanamento ambientale dalla Delibera CIPE del 6 novembre 2009 e che il Governo ha deciso di destinarla completamente alla realizzazione degli interventi diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico.
La norma stabilisce che le risorse disponibili possono essere utilizzate anche tramite Accordo di programma sottoscritto dalla Regione interessata e dal Ministero dell'Ambiente e nell'ambito del quale viene definita la quota di cofinanziamento regionale. Le risorse complessive, pari a 1.286,083 milioni di euro - comprensivi delle risorse a disposizione del Ministero per le annualità 2009 e 2010 -, sono quindi in corso di programmazione.
Lo strumento dell'Accordo di programma, utilizzato a tale scopo da questa Amministrazione, consente di convogliare, all'interno di un unico piano coordinato, sia le risorse statali sia quelle regionali, evitando così duplicazioni di interventi e frammentazione della spesa, e di attivare processi che consentiranno una più rapida attuazione degli interventi ed una maggiore incisività del monitoraggio.
Al fine di arrivare, per ogni regione e per ogni bacino idrografico, alla individuazione delle situazioni a più elevato rischio idrogeologico che richiedano un intervento prioritario per la prevenzione e mitigazione di tale rischio, nonché in successione, alla definizione e sottoscrizione, su base regionale, degli accordi di programma finalizzati al finanziamento degli interventi, il Ministero dell'Ambiente ha avviato da tempo apposite consultazioni con tutte le Regioni, le Autorità di bacino ed il Dipartimento della Protezione Civile.
Gli interventi vengono individuati di concerto con le Regioni e con il Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sentite le l'Autorità di bacino interessate, sulla base delle effettive criticità del territorio con l'obiettivo primario di garantire la sicurezza delle persone e dei centri abitati.
Il peso del dissesto idrogeologico per il Paese è importante e impone a tutte le istituzioni decisioni responsabili e un'attenta valutazione delle situazioni di maggiore crisi. Quello intrapreso è un percorso che richiede tempi adeguati per affrontare e risolvere progressivamente quelle situazioni di rischio che destano più preoccupazione per l'incolumità delle popolazioni e per l'assetto del territorio.
Per il futuro, la messa a regime di tale sistema e la sua continuità nel tempo consentirà di ridurre al minimo gli effetti

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della mancata prevenzione nelle aree maggiormente esposte a rischio idrogeologico rispetto a quanto non sia stato possibile fare in passato, sia per carenza di fondi che per carenza di coordinamento nella programmazione degli interventi.
L'attribuzione delle risorse viene effettuata applicando coefficienti di ripartizione Coerenti con le raccomandazioni indicate dalla Corte dei Conti, a conclusione dell'indagine Conoscitiva sul «Programmi ed interventi per il riassetto idrogeologico per la difesa del suolo», in ordine alla necessità di integrare i coefficienti superficie-popolazione ex decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 1999 con «un correttivo che tenga in debito conto l'effettivo rischio esistente sul territorio». A fronte di tale richiesta, si è ritenuto di attribuire un peso del 50 per cento alle variabili superficie e popolazione (criterio indicato dal decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 1999) inserendo ulteriori variabili relative all'alta criticità idrogeologica (frane e alluvioni) desunta da un'analisi dei Piani per l'Assetto Idrogeologico approvati/adottati/predisposti, e ai fenomeni di erosione costiera ricavati da un'analisi dell'arretramento della linea di riva dal 1960 al 2000 in relazione ai beni esposti. Questi due fattori rappresentano in maniera più completa e significativa il rischio per il territorio derivante dai pericoli naturali in materia di difesa del suolo.
Ad oggi sono stati siglati n. 8 Accordi di Programma con le Regioni: Sicilia, Lazio, Liguria, Abruzzo, Lombardia, Emilia Romagna, Umbria e Toscana. In particolare:
l'Accordo di Programma con la Regione Sicilia prevede il finanziamento di n. 173 interventi riguardanti la riduzione del rischio idrogeologico per un importo complessivo di 304,3 milioni di euro;
l'Accordo di Programma con la Regione Lazio prevede il finanziamento di n. 89 interventi riguardanti la riduzione del rischio da frane, da alluvioni e del rischio frana di falesie costiere per un importo complessivo di 120 milioni di euro;
l'Accordo di Programma con la Regione Liguria prevede il finanziamento di n. 1 intervento strategico riguardante la riduzione del rischio da alluvione sul Torrente Bisagno per un importo complessivo di 35,7 milioni di euro;
l'Accordo di Programma con la Regione Abruzzo prevede il finanziamento di n. 20 interventi riguardanti la riduzione del rischio da frane, da alluvioni e del rischio da erosione costiera per un importo complessivo di 40,7 milioni di euro;
l'Accordo di Programma con la Regione Lombardia prevede il finanziamento di n. 162 interventi riguardanti la riduzione del rischio idrogeologico per un importo complessivo di 224,9 milioni di euro;
l'Accordo di Programma con la Regione Ernila-Romagna prevede il finanziamento di n. 81 interventi riguardanti la riduzione del rischio idrogeologico per un importo complessivo di 150,9 milioni di euro;
l'Accordo di Programma con la Regione Umbria prevede il finanziamento di n. 19 interventi riguardanti la riduzione del rischio idrogeologico per un importo complessivo di 48,0 milioni di euro;
l'Accordo di Programma con la Regione Toscana prevede il finanziamento di n. 91 interventi riguardanti la riduzione del rischio idrogeologico per un importo complessivo di 126,6 milioni di euro.

I restanti Accordi sono in corso di definizione. Per tutti si osserverà il criterio di ripartizione territoriale previsto dalla vigente normativa in materia di risorse rivenienti dal Fondo per le aree sottoutilizzate.