CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 28 ottobre 2010
389.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-03544 Bobba: Accertamenti per il riconoscimento dell'invalidità.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'Onorevole Bobba con questo atto parlamentare richiama l'attenzione sulla tematica dell'invalidità civile chiedendo, in particolare, chiarimenti in merito alle previsioni della Comunicazione Inps del 20 settembre scorso in materia di accertamenti per verificare la sussistenza ovvero la permanenza dei requisiti sanitari per il riconoscimento dello stato invalidante.
La nuova disciplina disposta dall'articolo 20 del decreto-legge n. 78/2009 (convertito nella legge n. 102/2009), che intende contrastare le frodi in materia di invalidità civile, nel rivedere le modalità di presentazione delle domande e quelle di accertamento e valutazione sanitaria, ha attribuito, infatti, all'INPS nuove competenze per l'accertamento della predetta invalidità.
Con il citato articolo 20 si è inteso sostanzialmente completare il disegno di razionalizzazione e semplificazione delle competenze amministrative nella procedura di riconoscimento e concessione dei trattamenti di invalidità civile, con la finalità di offrire maggiori garanzie di «legalità» ai cittadini, a fronte dei gravi casi dei cosiddetti «falsi invalidi», e di realizzare economie da destinare a quei soggetti che siano effettivamente in possesso dei requisiti prescritti dalla legge.
L'INPS, direttamente interessata sulla questione che la vede direttamente coinvolta, attraverso le Linee Guida recentemente emanate ha evidenziato che le innovazioni introdotte hanno come obiettivo il miglioramento della qualità della metodologia e del processo valutativo medico-legale in sede di riconoscimento dello stato invalidante, nonché l'omogeneizzazione dei criteri di accertamento sanitario presso le strutture territoriali dell'istituto, al fine di evitare situazioni di irregolarità o difformità sul territorio nazionale.
In tale ottica è stato potenziato il ricorso all'accertamento sanitario diretto sulla persona, con l'obiettivo di verificare la sussistenza ovvero la permanenza dei requisiti sanitari, rendendo così definitivo il giudizio medico legale dei sanitari INPS, in modo da evitare, anche, ulteriori disagi al cittadino conseguenti ad eventuali verifiche sanitarie straordinarie.
L'istituto ha, inoltre, ribadito che non sono previsti automatismi nella convocazione a visita diretta, che viene disposta sulla base delle informazioni sulle condizioni fisiche dei cittadino che, volta per volta, è possibile desumere dal verbale sanitario.
La convocazione rappresenta, quindi, una scelta mirata, volta a verificare in concreto le condizioni fisiche della persona così come descritte nel verbale conclusivo della visita a suo tempo effettuata presso l'ASL.
A questo proposito, inoltre, l'istituto ha precisato che il cittadino ha comunque facoltà di richiedere, in ogni momento, la visita domiciliare per impedimento fisico.
Possono essere invece escluse dalla visita diretta, come riportato nelle suddette Linee Guida, talune gravi patologie per le quali i controlli non rivestirebbero nessuna utilità, quali patologie validamente documentate, soprattutto concernenti la sfera psichica o di tipo genetico (come nei caso della sindrome di Down), patologie neoplastiche di comprovata gravità ovvero per i casi di persone inserite in strutture

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di lungodegenza o in residenze protette ovvero sottoposti a provvedimenti di interdizione legale.
Le indicazioni, contenute nelle citate Linee Guida, a carattere sanitario, sono oggetto di rivisitazione periodica da parte dell'INPS, anche sulla base di segnalazioni ed elementi di valutazione provenienti dalle sedi territoriali, grazie ad un costante monitoraggio dal quale è possibile evincere l'eventuale necessità di opportuni adattamenti.
Per quanto concerne le ulteriori questioni evidenziate nell'atto ispettivo, l'istituto ha precisato che le citate Linee Guida non delineano alcun automatismo valutativo in contrasto con il dettato normativo e con la corretta metodologia medico-legale.
Al riguardo l'INPS ha chiarito che la possibilità di spostamento autonomo non va in alcun modo equiparata alla deambulazione autonoma ai fini della concessione dell'indennità di accompagnamento; per quanto riguarda, invece, i soggetti con disabilità intellettiva la valutazione riguarda il livello cognitivo globale della persona e la sua necessità di essere assistita in modo continuo al fine di garantirle l'espletamento di atti quotidiani elementari e quindi una vita, il più possibile, dignitosa.
In conclusione informo che, presso la Conferenza Stato-Regioni, è stato recentemente istituito un Tavolo tecnico di coordinamento fra le Regioni, l'INPS, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero della salute, al fine di coordinare ed omogeneizzare sul territorio nazionale gli indirizzi in materia di gestione dell'accertamento dell'invalidità civile.

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ALLEGATO 2

5-03564 Codurelli: Interventi per contrastare la discriminazione nei confronti delle donne lavoratrici.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'onorevole Codurelli, nell'atto ispettivo che passo a discutere, richiama l'attenzione su alcuni episodi di penalizzazione delle donne nel mondo del lavoro e su quello delle violazioni delle disposizioni concernenti la tutela delle lavoratrici.
Nel sottolineare, preliminarmente, che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell'ambito delle proprie competenze, da sempre dedica particolare attenzione all'attività ispettiva su questi temi assai delicati, con particolare riferimento sia ai profili di tutela economica (astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro) sia a quelli di tutela fisica, faccio presente che nel documento di Programmazione dell'attività di vigilanza per l'anno 2010, è stato stabilito di potenziare ulteriormente tali verifiche per contrastare ulteriormente tali fenomeni.
In particolare, con specifico riferimento ai fenomeni discriminatori sui luoghi di lavoro si evidenzia che la loro rilevazione, oltre a rientrare nell'ambito dell'ordinaria attività di vigilanza, posta in essere dagli ispettori del lavoro, costituisce oggetto di specifiche verifiche nell'ambito di vigilanze straordinarie rivolte a settori e contesti maggiormente caratterizzati dall'esistenza di condotte penalizzanti per le lavoratrici (si pensi ad esempio alle attività imprenditoriali gestite da cittadini di etnia cinese in cui si riscontra un diverso trattamento economico delle lavoratrici rispetto ai lavoratori a parità di condizioni di lavoro).
Nell'ottica di una adeguata vigilanza, inoltre, l'articolo 46, decreto legislativo 11 aprile 2006 n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna) ha posto, per le aziende che occupano oltre cento dipendenti, l'obbligo di redigere, almeno ogni due anni, un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile, in relazione ai vari eventi della vita lavorativa, da trasmettere alle rappresentanze sindacali aziendali e alla Consigliera o al Consigliere regionale di parità. Laddove, il suddetto rapporto non venga trasmesso nei termini prescritti, la Direzione regionale del lavoro, territorialmente competente, invita le aziende a provvedere entro sessanta giorni; in caso di inottemperanza, il personale ispettivo procederà a comminare le relative sanzioni, disponendo, nei casi più gravi, la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall'azienda.
Per quanto riguarda il fenomeno delle dimissioni della lavoratrice madre ovvero del lavoratore padre, il Tavolo Tecnico di studio, di cui al decreto n. 241 del 2009, - nell'ambito dei suoi compiti di impulso agli strumenti di parità - considerata la particolare attenzione che meritano questi temi, ha provveduto ad elaborare un modello di dichiarazione e un report per la rilevazione dei dati a livello nazionale, al fine di garantire modalità uniformi nell'esercizio delle funzioni di vigilanza da parte del personale ispettivo all'atto della convalida delle dimissioni (ex articolo 55 del decreto legislativo n. 151 del 2001) nonché una maggiore efficacia al procedimento di accertamento della reale volontà della lavoratrice o del lavoratore dimissionari.
Con specifico riferimento all'accesso delle donne al part-time, occorre anzitutto considerare che il lavoratore o la lavoratrice «con figlio convivente di età non

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superiore agli anni tredici o con figlio convivente portatore di handicap...» (ai sensi dell'articolo 12-bis decreto legislativo n. 61/2000), hanno un diritto di precedenza alla trasformazione del rapporto di lavoro da full-time in part-time rispetto alle richieste avanzate da altri lavoratori. Tale condizione, tuttavia, non si configura come un diritto soggettivo alla conversione del rapporto, che invece la legge riconosce solo ai lavoratori affetti da patologie oncologiche.
Ciò premesso, in ordine ai singoli episodi rappresentati dall'interrogante, può ritenersi che essi siano l'effetto di specifiche situazioni aziendali che si determinano talvolta a livello territoriale, piuttosto che derivanti da una scarsa tutela delle donne sul piano normativo. Tali episodi, per quanto isolati, richiedono tuttavia appositi accertamenti di natura ispettiva ovvero iniziative in sede giudiziaria da parte delle stesse lavoratrici interessate per l'effettivo accertamento di un comportamento discriminatorio da parte del datore di lavoro.
Nel quadro delle azioni poste in essere per favorire l'inclusione e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro «senza dover rinunciare alla maternità», vorrei citare il Piano recante il «Sistema di interventi per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro» approvato in Conferenza unificata il 29 aprile 2009 ed il «Programma di azioni per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro» del 1o dicembre 2009.
Il Piano di interventi investe 40 milioni di euro del Fondo pari Opportunità in finanziamenti per le cosiddetto tagesmutter, per il telelavoro e per la formazione volta a sostenere il rientro nel lavoro dopo un periodo di congedo per maternità.
Il «Programma di azioni per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro», prevede cinque linee di intervento, intese: 1) al potenziamento dei servizi di assistenza per la prima infanzia e la sperimentazione dei buoni lavoro, 2) alla revisione dei criteri e delle modalità per la concessione di contributi ad aziende per progetti che favoriscano la conciliazione, 3) alla sperimentazione di nuove relazioni industriali per la promozione della flessibilità del lavoro, 4) all'incentivazione dei lavori verdi al femminile, per estendere alle donne la cultura delle nuove professioni nel settore delle energie rinnovabili, 5) a intraprendere misure specifiche per il mezzogiorno, attraverso l'utilizzo di contratti di inserimento o di reinserimento destinati a chi vuole uscire dallo stato di disoccupazione o a chi desidera rientrare nel mercato del lavoro dopo un periodo di assenza.
In conclusione, segnalo anche che particolare attenzione è stata rivolta alla diffusione di un adeguato messaggio culturale su questi temi attraverso una maggiore informazione dei cittadini e delle donne lavoratrici, mediante una campagna di comunicazione denominata «Sicuramente NOI» lanciata nel mese di maggio 2010, sul ruolo delle Consigliere di Parità, le quali svolgono azioni concrete per promuovere l'occupazione femminile, la conciliazione tra lavoro e impegni famigliari, la salute e sicurezza nell'ambiente di lavoro.

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ALLEGATO 3

5-03581 Di Biagio: Criteri per l'inserimento dei giovani laureati nel mercato del lavoro.

TESTO DELLA RISPOSTA

Passo ad illustrare l'atto ispettivo dell'onorevole Di Biagio, inerente la tematica dell'inserimento dei giovani laureati nel mercato del lavoro.
Preliminarmente è opportuno ribadire che il Governo rivolge costante attenzione ai meccanismi di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, con specifico riferimento alla delicata fase del passaggio dal sistema di istruzione e formazione a quello del lavoro.
In questo contesto, va ricordato il Piano di azione Italia 2020 - elaborato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione - che individua linee di azione comuni ai due Ministeri per costruire un rapporto nuovo e più integrato tra sistema formativo e mondo del lavoro, al fine di realizzare la piena occupabilità dei nostri giovani.
Informo inoltre che, nel corso del 2009, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali - in linea con la strategia Europa 2020, recentemente varata dalla Commissione Europea - ha dato mandato ad ISFOL di realizzare un'indagine campionaria sulle transizioni dal sistema scolastico e formativo al mercato del lavoro. Questo progetto ha quale obiettivo principale la produzione di una fonte informativa completa ed affidabile sui meccanismi che impediscono ai giovani una transizione fluida dal sistema di istruzione e formazione al mercato del lavoro.
Nell'ambito delle linee guida individuate nel predetto Piano Italia 2020, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel corso della programmazione degli interventi finanziati con il Fondo Sociale Europeo, sta provvedendo, per il biennio 2009-2010, con il supporto tecnico di Italia Lavoro e di ISFOL, alla realizzazione di diversi progetti tra i quali un Monitoraggio dell'occupazione che prevede uno specifico intervento finalizzato alla valutazione di misure volte a contrastare il fenomeno della cosiddetta «fuga dei cervelli».
Riguardo alle azioni intraprese per favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro va ricordato che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha di recente stipulato un accordo con le Amministrazioni Regionali e le Parti Sociali volto a promuovere l'analisi dei fabbisogni professionali ed una formazione adeguata alla domanda di lavoro.
Con riferimento invece alle azioni intraprese dal Governo al fine di ridurre le disparità relative alla partecipazione al mercato del lavoro della componente femminile della popolazione, non posso non ricordare il Programma di azioni per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro, promosso - nell'ambito del Piano Italia 2020 - dai Ministri del lavoro e dell'istruzione per la promozione delle pari opportunità nell'accesso al lavoro.
Nella medesima direzione si colloca il Progetto Carta per le Pari Opportunità e l'uguaglianza al lavoro, promosso dalla Consigliera Nazionale di Parità con l'adesione del Ministero del lavoro e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al fine di ridurre le discriminazioni di genere. Tale iniziativa, in particolare, nasce con l'obiettivo di consentire alle aziende che vi aderiscono di operare per la diffusione delle politiche delle risorse umane e

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la valorizzazione dei talenti e delle competenze individuali, nel pieno rispetto delle pari opportunità.
È infine importante segnalare che il Collegato lavoro alla Manovra finanziaria, recentemente approvato in via definitiva alla Camera, conferisce al Governo anche la delega per il riordino della normativa in materia di occupazione femminile.
Tra i temi esplicitati dalla delega si ricordano in particolare: il rafforzamento delle garanzie per l'applicazione effettiva della parità di trattamento tra donne e uomini in materia di occupazione e di lavoro e la definizione degli adempimenti dei datori di lavoro in materia di attenzione al genere. La delega contiene altresì precise indicazioni circa il sostegno all'occupazione femminile tramite il potenziamento degli strumenti di conciliazione tra lavoro e vita familiare.
Con riferimento poi alle criticità, evidenziate dall'interrogante, relative ai criteri di selezione dei giovani laureati, ricordo che - sulla base del combinato disposto di cui agli articoli 5 e 10 del decreto legislativo n. 276 del 2003 - è fatto divieto alle Agenzie per il lavoro di porre in essere ogni forma di discriminazione nell'ambito delle procedure di selezione dei candidati e che il rilascio alle medesime Agenzie dell'autorizzazione all'espletamento dell'attività di ricerca e selezione del personale sia subordinato al possesso, da parte del personale dipendente, di adeguate competenze professionali, puntualmente esplicate nella normativa di dettaglio.
Faccio inoltre presente che, con specifico riferimento al settore dei giovani laureati, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha dato avvio - di concerto con l'Università di Padova - ad una ricerca volta ad analizzare il rapporto tra laureati e mercato del lavoro, avuto anche riguardo al territorio di provenienza e di assunzione nonché ai periodi di lavoro/non lavoro.
Da ultimo ricordo che l'ISTAT realizza, nell'ambito degli studi e delle analisi sull'istruzione e formazione, un sistema integrato di indagini al fine di fornire elementi utili a valutare l'efficacia del sistema di istruzione superiore nel suo complesso e di consentire un'analisi comparativa del rendimento dei diversi titoli di studio sul mercato del lavoro.
In particolare, l'indagine sull'inserimento professionale dei laureati costituisce una rilevazione campionaria che analizza, con cadenza triennale, il primo inserimento nel mondo del lavoro di una platea di laureati a tre anni dall'uscita dal sistema universitario.
Proprio in questi ultimi mesi del 2010, sta per prendere avvio l'ottava edizione dell'indagine ISTAT che avrà ad oggetto circa 62.000 laureati i quali, nel corso del 2007, hanno conseguito il titolo nei corsi di laurea di durata triennale, in quelli «tradizionali» del vecchio ordinamento nonché in quelli di laurea specialistica - a ciclo unico - del nuovo ordinamento.