CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 14 luglio 2010
352.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Disposizioni in favore dei territori di montagna (Testo unificato C. 41 Brugger ed abb.).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VIII Commissione,
esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 41 e abbinate, recante «disposizioni in favore dei territori di montagna», come risultante dagli emendamenti approvati dalla V Commissione nella seduta del 7 luglio 2010,
considerato che i criteri indicati nell'articolo 2 in ordine all'individuazione dei comuni di montagna sembrano ampliare eccessivamente l'ambito oggettivo del provvedimento con il rischio che la Commissione europea, alla quale deve essere comunicato il provvedimento, neghi la prescritta autorizzazione ai sensi dell'articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
rilevato che l'articolo 4, estende, per i comuni montani, le possibilità di affidare lavori pubblici con procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, permettendo tale procedura negoziata, con invito rivolto a 3 soggetti, per tutti i lavori di importo fino a 1,5 milioni di euro, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza;
preso atto che il disegno di legge S.1208 recante delega al Governo in materia di funzioni fondamentali degli enti locali, di istituzione delle città metropolitane e di definizione della Carta delle autonomie locali, come approvato dalla Camera dei deputati, prevede un'analoga disposizione per i piccoli comuni, fino a 5.000 abitanti, per lavori di importo fino a 1 milione di euro;
ritenuto opportuno garantire, da un lato, l'uniformità delle procedure per la scelta degli operatori economici e, dall'altro, assicurare un numero di imprese da consultare almeno pari a quello attualmente previsto dal codice per l'affidamento con procedura negoziata, senza previa pubblicazione di un bando di gara, di lavori di importo complessivo pari o superiore a 100.000 euro e inferiore a 500.000 euro;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione:
sia sostituito l'articolo 4, comma 1, con il seguente: 1. All'articolo 122 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, dopo il comma 7-bis è inserito il seguente: «7-ter. Per i comuni montani, il limite superiore di importo previsto dal comma 7-bis è pari a un milione di euro».

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ALLEGATO 2

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di attuazione in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica (Atto n. 226).

RILIEVI DELIBERATI DALLA COMMISSIONE

La VIII Commissione,
esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di attuazione in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, emanato ai sensi dell'articolo 23-bis, comma 10, del decreto legge n. 112 del 2008;
ritenuta l'opportunità di garantire una particolare tutela alle società in house che hanno dimostrato una gestione efficiente del servizio pubblico locale, anche in considerazione degli investimenti da loro effettuati;
considerato, con riferimento al settore idrico, che appare auspicabile l'adozione di un successivo provvedimento legislativo che, modificando il comma 8, lettera a) dell'articolo 23-bis del decreto legge n. 112 del 2008, stabilisca il principio dell'accessione a privati solo «fino al 40 per cento» del capitale azionario delle società in house;
rilevato che dalla disciplina in esame sono stati esclusi diversi settori, quali quello del gas naturale, della distribuzione di energia elettrica, del trasporto ferroviario regionale e della gestione delle farmacie locali, per i quali sono state espressamente fatte salve le norme vigenti in tali ambiti e che, pertanto, l'articolo 23-bis si applica, allo stato, prevalentemente ai servizi pubblici locali dei rifiuti e dell'acqua, sui quali quindi incidono in modo sostanziale le misure recate dallo schema di decreto in questione;
ritenuto opportuno, per evitare interpretazioni strumentali, specificare che le reti di teleriscaldamento e teleraffrescamento, che costituiscono strumenti di gestione integrata delle risorse energetiche sul territorio, in considerazione della relativa specificità, non devono rientrare tra i servizi pubblici locali;
considerato che, all'articolo 2, in relazione alla definizione da parte degli enti locali degli obblighi di servizio pubblico, occorre chiarire che detti obblighi devono essere previamente definiti al momento dell'emanazione del bando di gara, in coerenza con quanto previsto all'articolo 3, comma 5, ai sensi del quale i livelli dei servizi da garantire sono specificati in apposito contratto di servizio da allegare ai capitolati di gara;
ritenuto che, all'articolo 4, il limite di 50.000 unità ai fini della richiesta del parere dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, si presenta discriminante per i comuni più grandi e appesantisce il lavoro della stessa Autorità con richieste per valori già riconosciuti come poco significativi;
ritenuto opportuno specificare, all'articolo 4, comma 2, lettera a), che la chiusura dei bilanci è da ritenersi «in utile», qualora risulti «in utile» la media degli ultimi tre anni;
ritenuto che, in mancanza di una definizione univoca dei costi operativi del servizio idrico integrato, la lettera d) del comma 2 dell'articolo 4 rischia di penalizzare le gestioni maggiormente efficienti,

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qualora in detti costi venissero ricompresi, ad esempio, i costi di investimento ovvero i costi per interventi di protezione idraulica;
considerato che l'articolo 5 assoggetta al patto di stabilità interno gli affidatari cosiddetti «in house» di servizi pubblici locali, prevedendo, tra l'altro, che gli enti locali siano responsabili dell'osservanza, da parte dei predetti soggetti al cui capitale partecipano, dei vincoli derivanti dal patto di stabilità interno;
considerata la necessità, in relazione al comma 3 dell'articolo 8 - che prevede il divieto di nominare amministratori di società partecipate dagli enti locali coloro che nei tre anni precedenti hanno ricoperto la carica di amministratore, di cui all'articolo 77 del decreto legislativo n. 267 del 2000, negli enti locali che detengono quote di partecipazione di capitale nella stessa società - di ridurre la durata del divieto, e comunque, di escludere dal divieto coloro che esercitano unicamente funzioni di indirizzo o alta amministrazione, quali ad esempio i membri dell'assemblea, che di norma si limitano ad approvare i bilanci o a svolgere funzioni di sorveglianza;
considerata la necessità di chiarire, al comma 8, lettera d) dell'articolo 23-bis, che gli affidamenti diretti assentiti anche dopo la data del 1o ottobre 2003, in vigenza del comma 14 dell'articolo 113 del decreto legislativo n.267 del 2000, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, al fine di non ledere il legittimo affidamento di chi ha sottoscritto detti contratti in conformità al comma 14 dell'articolo 113;
considerata altresì l'esigenza di chiarire, allo scopo di non restringere la possibilità di concorrere all'apertura del mercato per quegli operatori economici organizzati sotto forma di gruppi di società, che il divieto di cui al primo periodo del comma 9 del citato articolo 23-bis non si applica alle società quotate in mercati regolamentati e alle società da esse direttamente o indirettamente controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile;
valutata l'opportunità di prevedere, al comma 2 dell'articolo 10, che il valore contabile non ancora ammortizzato dei beni strumentali venga rivalutato in relazione all'andamento dei prezzi;
valutata l'opportunità di favorire l'abolizione di enti inutili, prevedendo all'articolo 10, che nei casi di scioglimento dei Consorzi tra comuni a seguito del subentro del gestore del servizio pubblico locale, al trasferimento della proprietà dei beni mobili ed immobili ai singoli comuni si applicano le norme agevolative di cui all'articolo 118 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 167;
considerato, infine, che l'articolo 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge n. 2 del 2010 ha previsto - con una novella all'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, - la soppressione, entro il 1o gennaio 2011, delle Autorità d'ambito territoriale (AATO) in materia di acqua e rifiuti, e che occorre pertanto coordinare lo schema in esame con tale previsione, che ha altresì demandato alle regioni il compito di attribuire con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza;
preso atto dell'ordine del giorno 9/2897/29 (Margiotta), accolto dal Governo come raccomandazione nella seduta del 18 novembre 2009, che impegna il Governo, alla luce della sentenza n. 196 del 2008 della Corte di Giustizia in materia di società miste, a presentare una relazione al Parlamento sulle società miste operanti nel settore dei servizi pubblici locali, anche fornendo adeguate linee guida alle amministrazioni interessate, affinché la struttura societaria e l'oggetto sociale delle imprese esistenti vengano adeguate a detta sentenza;
considerata la necessità, anche alla luce dell'ordine del giorno 9/2897/23 accolto dal Governo nella seduta del 18 novembre 2009, di potenziare la funzione di regolazione volta al contenimento delle

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tariffe e alla effettiva promozione della concorrenza, anche a livello regionale;
rilevata l'opportunità di prevedere opportune garanzie per i dipendenti delle società pubbliche che, ai sensi dell'articolo 23-bis del decreto legge n. 112 del 2008, debbano cessare la gestione del servizio pubblico;

delibera di esprimere i seguenti rilievi:
1. all'articolo 1, si preveda espressamente che «Alle reti di teleriscaldamento e teleraffrescamento collocate nel sottosuolo pubblico, ai relativi impianti di produzione, che costituiscono strumenti di gestione integrata delle risorse energetiche sul territorio, ed alle prestazioni in tal modo erogate, in considerazione della relativa specificità, non si applicano le disposizioni dettate dal presente regolamento»;
2. all'articolo 2, si specifichi che gli obblighi di servizio pubblico siano definiti dagli enti locali prima dell'emanazione del bando di gara, in coerenza con quanto previsto all'articolo 3, comma 5, ai sensi del quale i livelli dei servizi da garantire sono specificati in apposito contratto di servizio da allegare ai capitolati di gara;
3. all'articolo 3, dopo il comma 2 , si inserisca un comma che preveda espressamente che «il divieto di cui al primo periodo del comma 9 dell'articolo 23-bis non si applica, oltre che alle società quotate in mercati regolamentati, anche alle società da esse direttamente o indirettamente controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile»;
4. all'articolo 4, comma 1, si sopprima il secondo periodo;
5. all'articolo 4, comma 2, lettera a), dopo le parole «alla chiusura dei bilanci in utile» siano inserite le parole: «calcolata come media degli ultimi tre anni»;
6. all'articolo 4, comma 2, si sopprima la lettera d);
7. si sopprima l'articolo 5;
8. all'articolo 8 si sopprima il comma 3 o, comunque, si riduca la durata del divieto di nomina ivi previsto da tre anni ad un anno e, in ogni caso, si escludano espressamente dal divieto coloro che esercitano unicamente funzioni di indirizzo o alta amministrazione;
9. all'articolo 10, si preveda che, nei casi di scioglimento dei Consorzi tra comuni a seguito del subentro del gestore del servizio pubblico locale, al trasferimento della proprietà dei beni mobili ed immobili ai singoli comuni si applicano le norme agevolative di cui all'articolo 118 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 167;
10. al medesimo articolo 10, comma 2, si preveda che il valore contabile non ancora ammortizzato dei beni strumentali venga rivalutato in relazione all'andamento dei prezzi;
11. al medesimo articolo 10, si consideri l'opportunità di aggiungere un comma del seguente tenore:
«4. In caso di cessazione anticipata della gestione del servizio pubblico locale l'importo che il gestore subentrante corrisponde al precedente gestore per la cessione dei beni strumentali di cui al comma 1 e determinato sulla base dei criteri di cui all'articolo 24 lettere a) e b) del Regio decreto del 15 ottobre 1925 n. 2578.»;
12. all'articolo 12, comma 1, si sopprimano le lettere b) e c);
13. in relazione alla previsione di cui al comma 8, lettera d), dell'articolo 23-bis, si chiarisca che gli affidamenti diretti assentiti anche dopo la data del 1o ottobre 2003 in vigenza del citato comma 14 dell'articolo 113 del decreto legislativo n. 267 del 2000 cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio;
14. si valuti l'opportunità di prevedere l'obbligo per il Governo di presentare una relazione annuale al Parlamento sulle attività delle società miste operanti nel settore dei servizi pubblici locali.

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ALLEGATO 3

5-03157 Realacci: Adeguatezza della disciplina in tema di rilascio delle concessioni di coltivazione di idrocarburi ai fini della sicurezza ambientale.

5-02855 Lo Presti e Ghiglia: Controlli sui pozzi petroliferi nei mari italiani per prevenire disastri ecologici.

TESTO DELLA RISPOSTA

Si risponde congiuntamente alle due interrogazioni in quanto trattano argomenti analoghi.
In relazione all'incidente verificatosi nel Golfo del Messico, si informa che l'eruzione (blow-out) del pozzo Macondo, avvenuta in data 20 aprile 2010 durante il suo completamento da parte dell'impianto semisommergibile Deepwater Horizon (di proprietà della società Transocean, committente la British Petroleum), si è svolta in un contesto operativo estremamente severo ed è stata generata da una variegata serie di eventi sfavorevoli. Infatti, oltre all'elevato battente d'acqua sovrastante la testa del pozzo (1.500 m), si stava perforando un pozzo avente una profondità di circa 5.000 m, in un giacimento ad alta pressione e ad alta temperatura, che presentava caratteristiche mai investigate prima.
Con riferimento, invece, al contesto italiano, si evidenzia che le attività di ricerca e produzione di idrocarburi si svolgono nei mari italiani da 50 anni con grande regolarità e non hanno finora causato alcun fenomeno di inquinamento marino tale da rendere necessaria l'attuazione dei piani nazionali di emergenza.
Attualmente le condizioni dell'offshore italiano sono molto differenti rispetto a quelle che hanno caratterizzato l'incidente nel Golfo del Messico. Si opera, infatti, in campi già in produzione da molti anni e, grazie alle numerose indagini e ai pozzi già perforati, i relativi ambienti geologici e le loro caratteristiche sono ben conosciuti. Le condizioni di giacimento, sia in termini di pressione e temperatura, sia per quanto riguarda la profondità dei fondali, sono molto meno impegnative rispetto a quelle del pozzo della BP. Inoltre, le ricerche e la produzione riguardano principalmente temi a gas.
Le aree di 11.000 kmq indicate nell'interrogazione equivalgono alle zone conferite agli operatori in regime di esclusiva per la ricerca. Date le difficoltà legate all'ottenimento delle autorizzazioni ad operare, le aree di effettiva ricerca in Italia non superano i 10 kmq, mentre, a fronte di circa 9.000 kmq di aree di concessione all'estrazione, gli impianti e i pozzi di idrocarburi interessano meno di 2 kmq. Si aggiunge, inoltre, che non è in atto alcun aumento del numero delle autorizzazioni alle trivellazioni petrolifere (né sulla terraferma né in mare). Nel corso di 60 anni circa sono stati trivellati in Italia 7.000 pozzi di idrocarburi (ad una media superiore a 100 pozzi l'anno), mentre attualmente le domande di autorizzazione alla trivellazione sono inferiori a 15 l'anno ed in continua flessione.
Nell'ambito del settore, il Ministero dello Sviluppo Economico è titolare degli aspetti minerari delle diverse attività in questione ed è dotato di specifici uffici ispettivi attivamente impegnati nella gestione tecnica e nella vigilanza sulle attività in terraferma ed in mare (U.N.M.I.G.).

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In relazione al quesito sulle risorse tecniche e sugli obblighi normativi posti in essere per affrontare una possibile emergenza ambientale dovuta ad una fuoriuscita incidentale di petrolio offshore, si segnala che gli strumenti di valutazione, l'analisi dei rischi e i piani di gestione del rischio e delle emergenze sono obbligatori e specifici per ciascuna installazione. Essi sono, inoltre, riportati puntualmente nei documenti riguardanti la sicurezza e la salute che l'operatore presenta all'autorità di vigilanza. Sulla base di tali documenti, sempre presenti sugli impianti in attività, sono condotte, da parte dell'autorità di vigilanza, le opportune azioni ispettive ed esercitazioni per i piani di emergenza.
In caso di incidente (la normativa di riferimento è la Legge 979/1982), viene istituito dall'operatore un Comitato di emergenza che gestisce le attività della Società, in stretto raccordo con le autorità locali e si attiva, in ragione della rilevanza dell'incidente, anche l'apposita struttura della Protezione Civile che vede coinvolti tutti gli attori istituzionali interessati.
Si evidenzia, inoltre, che l'Italia dispone di un Sistema Nazionale Antinquinamento in Mare, strutturato sulla base delle disposizioni contenute in Convenzioni internazionali e, in particolare, nella «Convenzione internazionale sulla preparazione, la lotta e la cooperazione in materia d'inquinamento da idrocarburi (OPRC Convention) e da sostanze pericolose e nocive (OPRC-HNS Protocol)».
Tale strumento prevede un sistema d'allerta codificato che obbliga l'«inquinatore» ad una tempestiva comunicazione alla locale Capitaneria di Porto. Il Centro Operativo Antinquinamento del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare coordina le attività nel momento in cui si verifica un evento accidentale in grado di determinare un inquinamento marino immediato o creare le condizioni per un inquinamento potenziale.
Si aggiunge che l'attuale procedura di rilascio delle concessioni di idrocarburi in mare è stabilita da norme di recepimento di direttive comunitarie (decreto legislativo 25 novembre 1995, n. 625 di attuazione della direttiva 94/22/CEE), integrate dalla Legge n. 239 del 23 agosto 2004 e dalla Legge n. 99 del 23 luglio 2009, mentre la regolamentazione delle procedure di rilascio dei titoli minerari è stata recentemente disciplinata con decreto ministeriale 26 aprile 2010. Le domande sono istruite attraverso lo strumento della Conferenza dei servizi, sottoposte a valutazione di impatto ambientale e sono a totale evidenza pubblica: ogni procedimento può essere, infatti, visionato nel sito del Ministero dello Sviluppo Economico.
La procedura vigente a livello nazionale prevede la necessità, prima di poter mettere in esercizio un pozzo, di ottenere almeno 3 diverse valutazioni ambientali favorevoli (alla prospezione, alla perforazione esplorativa, allo sviluppo ed estrazione) ed altrettante autorizzazioni alla costruzione e all'esercizio da parte degli organi tecnici. Tale procedura, recentemente resa più restrittiva attraverso l'attuazione della Legge 99/2009, rende estremamente complesso e lungo il processo di sviluppo delle risorse nazionali - oggi, infatti, in forte declino (impieghiamo più del doppio dei tempi medi OCSE per rilasciare una concessione), ma garantisce, attraverso i successivi passaggi amministrativi e tecnici descritti, un'analisi approfondita e un'informazione diffusa superiore a quella di qualunque altro Paese.
Con riferimento al quesito sull'opportunità di promuovere l'introduzione di una normativa ad hoc per le attività di estrazione offshore in grado di meglio tutelare la salute umana e salvaguardare la fauna marina nelle aree interessate al pompaggio di petrolio greggio, si segnala che, a seguito dell'incidente del Golfo del Messico, il Ministero dello Sviluppo Economico ha recentemente disposto la costituzione, nell'ambito della Commissione per gli Idrocarburi e le Risorse minerarie, di un gruppo di lavoro di esperti.
Nel corso delle riunioni e audizioni svolte, tale Gruppo si è già attivato per acquisire tutte le informazioni disponibili sull'incidente, inoltrando una richiesta di informazioni al Governo statunitense, allo

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scopo di avviare una rilettura tecnica e procedurale di precedenti casi di blow-out avvenuti nel resto del mondo. Si è, inoltre, impegnato a verificare, attraverso la rilettura dei manuali tecnici e audizioni effettuate con gli operatori interessati, l'effettiva adeguatezza sia delle procedure operative per prevenire e fronteggiare i rischi reali sia l'attualità delle leggi e normative vigenti in Italia alla luce di quanto avvenuto nel Golfo del Messico.
Nel contempo, a Bruxelles, sono state poste in essere specifiche azioni per garantire la sicurezza delle operazioni offshore e la protezione dei cittadini europei e dell'ambiente.
Durante l'ultima riunione tecnica, svoltasi in data 25 giugno 2010 con la partecipazione italiana, la Commissione ha illustrato i due punti principali su cui intende concentrare il dibattito: gestione del rischio e rafforzamento della sicurezza delle operazioni offshore. A tale proposito, l'intento è quello di agire su un'eventuale revisione legislativa, sull'aumento degli standard di sicurezza, su un'esplicita ripartizione di competenze e responsabilità e sulla creazione di meccanismi di risposta efficaci in caso di crisi.
Su quest'ultimo punto sono stati individuati gli strumenti attuali di verifica dell'efficacia dei meccanismi di risposta: European Maritime Safety Agency, Protezione Civile e un gruppo trasversale, in fase di costituzione, che vedrebbe la partecipazione di diversi servizi della Commissione. Gli obiettivi sono la definizione di regimi di regolazione chiari ed efficaci, la realizzazione di sufficienti standard di trasparenza e lo sviluppo di best practice.
Si aggiunge, inoltre, che i rappresentanti degli Uffici competenti del Ministero dello Sviluppo Economico sono stati convocati, per il giorno 14 luglio 2010, dal Commissario UE per l'Energia, per avviare un confronto, con gli altri enti di regolazione dell'Unione Europea, in merito alla questione in oggetto e, in particolare, ai sistemi di sicurezza adottati nelle attività offshore.
Il 22 luglio 2010 si riunirà, invece, la Commissione per gli Idrocarburi e le Risorse Minerarie (CIRM) del Ministero dello Sviluppo Economico per discutere gli esiti delle verifiche preliminari e delle proposte formulate da un Gruppo di Lavoro ad hoc, istituito in ambito CIRM, per acquisire informazioni dettagliate sulle cause e sulle circostanze che hanno determinato l'incidente verificatosi nel Golfo del Messico.
In relazione, infine, al quesito riguardante l'opportunità di fermare tutte le nuove trivellazioni petrolifere, si informa che sono in fase di pubblicazione nuove norme volte a riformare in senso restrittivo il sistema delle autorizzazioni per la ricerca e l'estrazione degli idrocarburi (inserite nell'ultimo schema di Decreto di riforma del codice ambientale approvato dal Consiglio dei Ministri).
Queste norme vanno, quindi, ad aggiungersi alle misure attuali già particolarmente garantiste rispetto alla normativa europea e internazionale. Si ritiene, infatti, che si debba salvaguardare la salute umana e l'ambiente, cercando di evitare l'imposizione di divieti generalizzati che potrebbero risultare anche scarsamente efficaci. Le misure in essere consentono, dunque, di perseguire tali obiettivi, tutelando, nel contempo, l'industria petrolifera nazionale, che rappresenta un'eccellenza a livello mondiale, caratterizzata da numerose aziende, anche medio-piccole, in grado di svolgere con diligenza ed in condizioni di massima sicurezza le proprie attività.

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ALLEGATO 4

5-02846 Bratti e Mariani: Misure di contrasto dei fenomeni di inquinamento nella discarica esaurita di Molino Boschetti.

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'interrogazione n. 5-02846 presentata dagli onorevoli Bratti e Mariani,, dove si segnalano una situazione di criticità ambientale derivante dalla presenza di una discarica esaurita, denominata «Molino Boschetti», situata nel Comune di Sant'Agostino (FE), che avrebbe comportato una forte contaminazione diffusa nel territorio circostante e le cui infiltrazioni di percolato avrebbero provocato lo smottamento di una parte di una nuova discarica costruita nelle vicinanze e delle contraddizioni e incertezze in merito al procedimento autorizzativo e alle attività di gestione della stessa, si rappresenta quanto segue.
Da una ricognizione effettuata presso gli uffici della Direzione Generale di questo Ministero, competente per materia, non risulta presente agli atti né documentazione relativa alla discarica, né copie di ordinanze contingibili e urgenti eventualmente emanate dal Sindaco competente, ex articolo 191 del decreto legislativo 152/2006 e ss.mm.ii.
Le informazioni sulla situazione segnalata sono state quindi richieste alla Regione Emilia-Romagna, alla Prefettura di Ferrara, alla Provincia di Ferrara e all'ARPA Emilia-Romagna e da quanto pervenuto emerge sostanzialmente il quadro seguente.
Il Comune di Cento (FE), nel 1985, ha acquisito un terreno in località Molino Boschetti di Sant'Agostino (FE), su cui è stata realizzata la discarica de qua, entrata poi in funzione nel 1987 ed esaurita nel 1998, gestita all'epoca dalla ditta France Dechtes per conto dell'Associazione di Comuni di Cento, Sant'Agostino, Mirabello, Pieve di Cento, Castello d'Argile. La discarica ha avuto diverse gestioni succedutesi nel tempo, passando dalla gestione comunale, fino al 1998, alla gestione della società S.I.T.A. FD S.p.A. di Mestre (VE), fino alla gestione attuale della società C.M.V. Servizi S.r.l. di Cento (FE).
Tale discarica, adibita allo smaltimento di rifiuti non pericolosi, è divisa in due zone distinte:
la vecchia discarica dismessa, costituita da due distinte ampie vasche suddivise centralmente da una strada in terra battuta per l'accesso alla nuova discarica attualmente in esercizio;
la nuova discarica in esercizio, costituita da sei distinte vasche delle quali sono state riempite le vasche dalla n. 1 alla n. 4, mentre le vasche n. 5 e n. 6 sono attualmente in fase di coltivazione è stata oggetto di frequenti e mirati controlli da parte degli organi preposti già dalla sua realizzazione negli anni '80.

I controlli e le verifiche ispettive da parte dell'ARPA - Dipartimento Provinciale di Ferrara si sono succeduti sin dalla sua istituzione nei primi anni '90, sia nell'ambito della normale attività istituzionale dell'Agenzia, sia a seguito di vari esposti presentati a causa delle problematiche ambientali che la discarica stava arrecando alle zone circostanti. La sua non completa chiusura ha evidenziato una serie di problematiche ambientali e di sicurezza, tali che la Provincia di Ferrara ha invitato il Comune di Cento (FE) a presentare un progetto di recupero ambientale dell'area.

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La presentazione di tale progetto è stata rinviata più volte, tanto che la situazione ambientale risultava peggiorata, come era stato poi rilevato dai sopralluoghi eseguiti dall'ARPA. Nel marzo 2001, a seguito di ispezioni in loco e campionamenti di acqua sotterranea e superficiale, l'ARPA ha effettivamente riscontrato superamenti dei limiti consentiti dalla normativa vigente per diversi parametri e ne ha dato comunicazione alle Amministrazioni locali, nell'ambito dei Piano di Interventi per la chiusura e la sistemazione finale dei lotti dismessi della discarica, nonché all'Autorità Giudiziaria di Ferrara.
In esito alle comunicazioni dell'ARPA, la Provincia di Ferrara ha invitato il Comune di Sant'Agostino (FE) ad emettere un'ordinanza per la messa in sicurezza di emergenza, la bonifica e il ripristino ambientale nei confronti dei responsabili dell'inquinamento. La stessa Provincia ha, successivamente, sollecitato l'emissione della suddetta ordinanza e ha inoltre richiesto di presentare entro il 2002 un piano di caratterizzazione dell'area e l'allontanamento sistemico del percolato dalle zone della discarica.
Nel 2002 il Comune di Sant'Agostino (FE) ha ufficialmente avviato la procedura di bonifica che si è sviluppata nelle fasi seguenti:
il 5 giugno 2003, il Comune di Sant'Agostino (FE) ha approvato il piano di caratterizzazione della discarica esaurita e a decorrere da tale data l'ARPA ha effettuato numerosi sopralluoghi rilevando una grave carenza gestionale e la necessita di provvedere alla rimozione del percolato prodottosi;
il 1o febbraio 2006, la Conferenza di servizi ha approvato il Progetto preliminare di intervento di messa in sicurezza di emergenza da parte del Comune di Sant'Agostino (FE);
negli anni successivi è proseguita l'attività ispettiva e di campionamento da parte dell'ARPA, in alcuni casi congiuntamente ai Carabinieri del NOE di Bologna, sia per la verifica degli adempimenti di messa in sicurezza, sia per controlli di gestione delle attività svolte nelle vasche ancora in esercizio. Da tali attività sono scaturite comunicazioni ufficiali alle Amministrazioni locali competenti e varie segnalazioni di violazione della normativa ambientale da parte del Sindaco del Comune di Sant'Agostino (FE) all'Autorità Giudiziaria di Ferrara;
nel luglio 2007, la Conferenza di servizi ha approvato il progetto definitivo di bonifica con richiesta di fornire alcune integrazioni e precisazioni;
nel luglio 2008 l'ARPA ha espresso parere favorevole al progetto definitivo di bonifica e nell'aprile 2009 la Provincia di Ferrara ha sollecitato il Comune di Sant'Agostino (FE) all'esecuzione del progetto per il quale, però, il Comune ha comunicato di non avere le dovute risorse finanziarie per mettere in opera il piano di bonifica;
il 26 febbraio 2010 la Provincia di Ferrara ha emesso una diffida nei confronti del Sindaco del Comune di Sant'Agostino (FE) al fine di provvedere alla realizzazione della copertura (capping) della discarica con almeno 30 cm di argilla e di allontanare il percolato presente nei fossi circostanti. L'Amministrazione comunale ha dato inizio a quanto richiesto;
il 6 aprile 2010 il Comune di Cento (FE) ha emesso un'ordinanza nei confronti della società C.M.V. Servizi S.r.l. per l'esecuzione di opere necessarie al ripristino delle condizioni minime di sicurezza della discarica esaurita. Sulla scorta di tale ordinanza, il Comune di Sant'Agostino ha comunicato alle varie parti coinvolte di ritenere di non dovere più provvedere al recupero dei percolato e la ditta C.M.V. Servizi S.r.l. ha presentato ai Comuni dell'associazione un progetto di intervento per la messa in sicurezza della discarica esaurita;
il 7 aprile 2010 e il 5 maggio 2010 sono stati effettuati gli ultimi sopralluoghi da parte dell'ARPA per verificare le condizioni di gestione operativa della discarica,

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dai quali sono emerse irregolarità rispetto a quanto previsto nelle autorizzazioni che sono state comunicate all'Autorità Giudiziaria, nonché alla Provincia per remissione di provvedimenti amministrativi;
nelle more della esecuzione del predetto progetto, la Provincia di Ferrara, anche tenendo conto delle segnalazioni di privati cittadini e comitati costituitisi nel frattempo, ha emesso un'ordinanza il 18 maggio 2010 nei confronti dei Sindaci dei Comuni di Sant'Agostino (FE) e Cento (FE) per l'esecuzione dell'ampliamento delle indagini di caratterizzazione ed una diffida il 21 maggio 2010 nei confronti del Sindaco di Sant'Agostino (FE) per la risoluzione delle problematiche riscontrate dall'ARPA. L'ordinanza della Provincia di Ferrara del 18 maggio 2010 è motivata dal fatto che la mancata realizzazione del progetto di chiusura può aver contribuito ad un ulteriore aggravamento della situazione ambientale dell'area e poiché le note inviate dalle Amministrazioni comunali di Cento (FE) e Sant'Agostino (FE) non contenevano elementi tali da modificare il giudizio della Provincia in merito alle responsabilità di entrambi i Comuni. Successivamente i Sindaci dei Comuni facenti parte dell'Associazione hanno deciso di assegnare, in forma associata, l'incarico per la redazione del piano di caratterizzazione richiesto dalla Provincia;
il 23 giugno 2010, la Provincia di Ferrara ha comunicato ai Comuni dell'Associazione, alla società C.M.V. Servizi S.r.l., all'ARPA, all'ATO, all'AATO Ferrara e all'USL Ferrara di aver verificato l'eliminazione degli inconvenienti evidenziati, in quanto i rifiuti erano stati completamente ricoperti dallo strato di terreno e quindi la società C.M.V. Servizi S.r.l. poteva riprendere il conferimento dei rifiuti;
l'eventuale situazione di contaminazione derivante dalla fuoriuscita di percolato deve essere di fatto ancora formalizzata dal punto di vista amministrativo ed un quadro completo della situazione ambientale al contorno della discarica esaurita potrà essere disponibile a seguito del completamento della caratterizzazione richiesta con l'ordinanza di cui sopra;
per i soli Comuni di Sant'Agostino (FE) e Mirabello (FE), membri della predetta Associazione, le risorse accantonate per il post mortem della discarica (piano di gestione post operativo) non sono sufficienti a coprire l'intero costo della messa in sicurezza della discarica esaurita per cui ogni Amministrazione ha avanzato o avanzerà un piano finanziario per il pagamento alla società C.M.V. Servizi S.r.l.

Dagli elementi riportati in premessa nell'atto di sindacato ispettivo, si prende atto, inoltre, che in data 18 gennaio 2010 è stato presentato un esposto alla Procura della Repubblica da parte del Comitato sedute ed ambiente AGD di Casumaro (FE) del quale non si conoscono, però, gli esiti.
Giova precisare, tuttavia, che la gestione amministrativa conseguente alla contestazione di eventuali illeciti che potrebbero essere individuati dall'Autorità Giudiziaria è di competenza delle Amministrazioni locali. In particolare, resta inteso che i compiti di controllo e verifica sulle attività di gestione dei rifiuti, ivi compreso l'accertamento delle violazioni ad essa connesse, sono in capo alla Provincia, ai sensi dell'articolo 197 del decreto legislativo 152/2006 e ss.mm.ii.
La Provincia di Ferrara puntualizza che, ai sensi dell'articolo 303 comma 1, lettera i) del decreto legislativo 152/2006 e ss.mm.ii., le disposizioni di cui agli articoli 299 e successivi del medesimo decreto legislativo, riguardanti il danno ambientale, non si applicano alle situazioni di inquinamento per le quali siano effettivamente avviate le procedure relative alla bonifica. Nel caso in questione, il procedimento amministrativo finalizzato alla bonifica della discarica è stato infatti instaurato a partire dal 2002, e condotto dalle Amministrazioni locali competenti, ma non è ancora concluso. Se ad esito di tale bonifica, cioè a seguito della certificazione di avvenuta bonifica da parte delta Provincia, dovesse permanere un danno

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ambientale, allora potrà essere avviata la procedura finalizzata all'azione risarcitoria contro i danni all'ambiente, come peraltro previsto dai medesimo articolo 303, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 152/2006 e ss.mm.ii..
L'eventuale attivazione del Ministro dell'ambiente dovrà avvenire per il tramite della Prefettura - Ufficio Territoriale di Governo, secondo le modalità previste dalla Parte Sesta. Titolo II del decreto legislativo 152/2006 e ss.mm.ii. nel caso in cui dovessero emergere particolari profili di compromissione ambientale, tali da richiedere la valutazione da parte del Ministro degli elementi informativi finalizzati all'adozione di azioni in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente. Nella fattispecie, il Ministero dell'ambiente potrà avvalersi della collaborazione del Comando Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente per la parte ispettiva e dell'Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale per gli aspetti tecnici.

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ALLEGATO 5

5-02023 Esposito e Mariani: Realizzazione dei lavori di bonifica dell'area inquinata «Basse di Stura» di Torino.

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'interrogazione parlamentare n. 5-02023 presentata dagli onorevoli Esposito e Mariani, riguardante la bonifica del sito di interesse nazionale Basse di Stura, si rappresenta quanto segue.
Il sito di Basse di Stura (Torino) è stato incluso nell'elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale con decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468 ed è stato perimetrato con successivo decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio dell'8 luglio 2002. L'area perimetrata presenta una estensione di circa 135 ettari ed è suddivisa in molteplici aree di proprietà sia pubbliche che private.
In particolare, nel sito ricadono 21 aree, di cui:
4 su cui intervengono direttamente i privati (Fiat, F.lli Arlotto, Italgas e Rockwood);
12 su cui interviene il Comune di Torino in sostituzione e in danno del soggetto inadempiente;
5 su cui interviene il soggetto pubblico (Comune di Torino e Ministero Difesa).

La caratterizzazione dei suoli ha evidenziato una contaminazione prevalente di metalli (antimonio, arsenico, berillio, cadmio, cobalto, piombo, rame, zinco, selenio, vanadio, cromo esavalente e cromo totale) idrocarburi pesanti, clorometano, 1.2 diclorobenzene, policlorobifenili. Nel top soil sono stati riscontrati superamenti per diossine, furani e composti organo alogenati.
In merito alla caratterizzazione delle acque, l'Arpa Piemonte ha eseguito tre campagne di monitoraggio che hanno fornito un quadro generale della diffusione della contaminazione nelle acque di falda da cromo totale e cromo esavalente, cloroformio, tetracloroetilene, azoto nitroso e ammoniacale, fluoruri, alluminio, solfati, manganese, nichel, mercurio, arsenico e selenio, solventi organoalogenati, cloruro di vinile e idrocarburi policiclici aromatici permettendo, altresì, in alcuni casi, di ricondurre la sorgente dell'inquinamento ad una fonte puntuale ricadente in una precisa area.
Al fine di individuare finanziamenti e tempi necessari per il completamento delle attività di bonifica è necessario distinguere gli interventi da realizzare nelle aree di competenza pubblica da quelli da realizzare nelle aree di competenza privata.
In merito alle aree di competenza pubblica, poste in capo al Comune di Torino e in piccola parte all'Amministrazione della Difesa, non risultano ancora presentati alla Direzione generale competente di questo Ministero i progetti di bonifica dei suoli e della falda: sono stati posti in essere limitati interventi di messa in sicurezza d'emergenza dei suoli, tra cui quello del Comune (Conferenza di Servizi decisoria del 6 novembre 2007) che riguarda l'area dell'Altopiano Deltasider.
In merito alle aree private, sono in corso di realizzazione, con risorse private, secondo il principio comunitario del chi «inquina paga», i progetti di bonifica dei suoli già approvati dalla Conferenza dei servizi del 6 novembre 2007. La medesima conferenza dei servizi ha inoltre, sollecitato altri soggetti alla presentazione dei predetti progetti e all'adeguamento degli elaborati già presentati e non ritenuti approvabili.

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In merito alla bonifica delle acque di falda, attesa l'inerzia dei soggetti interessati, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha promosso, in analogia ad altri Siti d'interesse nazionale, la predisposizione di un Accordo di Programma in cui i soggetti privati, che intendono aderire, potranno impegnarsi a concorrere agli oneri progettuali di investimento e di gestione dei predetti interventi, attraverso la sottoscrizione di contralti di transazione con il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare prestando, ove necessario, idonee fideiussioni. Il medesimo Accordo dovrà definire la questione del danno ambientale su cui il Ministero ha già provveduto a richiedere all'ISPRA la relativa valutazione e quantificazione.
Nel corso della Conferenza dei Servizi decisoria del 7 luglio 2009, in corso di perfezionamento amministrativo, è stato delineato lo stato aggiornato delle sopracitate attività per ogni area.
Il su indicato Accordo sarà inizialmente finanziato con le risorse assentite dal «Programma nazionale di Bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati» e non ancora utilizzate dalia Regione Piemonte.
Le risorse assentite per il Sito di Interesse Nazionale «Basse di Stura» sono pari a complessivi euro 6.300.774,17, a valere sui fondi della Legge n. 426/98.
Per effetto della stipula da parte della Regione Piemonte di mutuo dodicinale anziché ventennale (così come previsto dal decreto ministeriale n. 468/01), le risorse finanziarie assentite dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare a valere sul «Programma nazionale di Bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati», per il sito di «Basse di Stura», risultano rideterminate in euro 8.034.945,86, già trasferiti alla Regione Piemonte.
Alla data del 31 dicembre 2008, risultano impegnati dalla già citata Regione Piemonte euro 3.003.816,62 e spesi euro 691.605,00.
In data 10 marzo 2010, in proseguimento della Conferenza decisoria del 7 luglio 2009, si è tenuta quella conclusiva, durante la quale, tra l'altro, è emerso che, riguardo alle singole aree di proprietà privata (n. 4) e di competenza pubblica (n. 17), è stato delineato lo stato aggiornato delle attività in corso per ogni area, fornendo prescrizioni puntuali sullo svolgimento delle successive operazioni di caratterizzazioni, messa in sicurezza e bonifica. Inoltre, è stata richiesta all'Arpa la presentazione della relazione di sintesi generale della caratterizzazione dei suoli e della falda e il modello concettuale dell'intero sito che ad oggi risulta completata, nonché un documento generale sulla definizione del fondo naturale da metalli nell'intero Sito.
Nell'ambito della stessa Conferenza è stata sollecitata la condivisione di apposito Accorcio di programma per la definizione e realizzazione degli interventi di messa in sicurezza d'emergenza e successiva bonifica nel Silo di Interesse Nazionale di «Basse di Stura». Su tale questione è stato riscontrato il parere favorevole della Regione Piemonte.
Successivamente, la Texsid ha presentato un documento relativo allo stato di aggiornamento delle attività di bonifica nell'area ex Rifometal, ex industria galvanica e metallurgica, ad oggi dismessa, dal quale si evince che risultano in corso attività di messa in sicurezza della falda attraverso la messa in opera di una di una barriera permeabile reattiva per la bonifica della falda da Cromo esavalente e sono state eseguite le attività di messa in sicurezza d'emergenza del top-soil contaminato da diossine e del suolo contaminato da cromo esavalente.
La Fiat, dal canto suo. ha comunicato che sono in corso le attività di messa in sicurezza del suolo attraverso la realizzazione di un capping superficiale, mentre il comune di Torino ha confermato, per le vie brevi, la destinazione d'uso dell'area e, pertanto, le attività di bonifica dovranno conformarsi ai limiti ammissibili di concentrazione di inquinanti previsti per la destinazione d'uso verde/residenziale ai sensi del decreto legislativo 152/06.

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ALLEGATO 6

5-03186 Velo: Attività di trivellazioni al largo delle coste dell'isola d'Elba.

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'interrogazione n. 5-03186 presentata dall'onorevole Velo, con la quale vengono manifestate preoccupazioni circa la presenza nella zona di mare al largo delle coste delle isole d'Elba, di Pianosa e di Montecristo, di attività di ricerca per idrocarburi, si rappresenta quanto segue.
La zona marina di cui trattasi attualmente è interessata solo da una istanza di permesso di ricerca per idrocarburi e denominata «d91.ER-PU», presentata dalla Società Puma Petroleum, che fa parte del Gruppo Key Petroleum.
Allo stato attuale, in merito alla predetta istanza non è stato emanato alcun decreto di conferimento di permesso di ricerca, che rappresenta l'unico titolo abilitativo per poter effettuare le segnalate attività di esplorazione.
Il conferimento del permesso di ricerca avviene solo a seguito dell'espletamento da parte del Ministero dell'ambiente e per la tutela del territorio e del mare dell'iter procedurale di compatibilità ambientale, che solo recentemente, il 13 marzo 2010, si è concretizzato nella preliminare pronuncia di esclusione, con prescrizioni, dalla procedura di VIA della prima fase delle attività, consistenti in studi geologici e registrazioni di linee sismiche, e, prevedendo, invece, l'applicazione di tale procedura per la perforazione dell'eventuale pozzo esplorativo.
Quindi, per perforare un pozzo esplorativo, la Società Puma Petroleum, dovrebbe, preliminarmente, effettuare le necessarie prospezioni geofisiche, tenendo conto delle prescrizioni del Ministero dell'ambiente e per la tutela del territorio e del mare e di quelle del Ministero dello sviluppo economico e, solo successivamente, dopo alcuni anni, dovrebbe, sottoporre alla procedura di VIA l'eventuale progetto per la realizzazione di un pozzo esplorativo.
In tale contesto, però, appare necessario tenere in particolare considerazione:
la prossima istituzione dell'Area marina protetta «Arcipelago Toscano» (L. 979/82) e le relative ripercussioni sulle eventuali future attività minerarie, potenzialmente incompatibili con lo specifico ambito;
lo schema di decreto legislativo «Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69», con il quale sono state inserite una serie di norme che riformano il sistema delle autorizzazioni per la ricerca e l'estrazione degli idrocarburi, approvato dal Consiglio dei Ministri del 24 giugno 2010 su proposta del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Nel suddetto schema è stato, tra l'altro, introdotto il divieto assoluto di ricerca, prospezione ed estrazione di idrocarburi all'interno delle aree marine e costiere protette e per una fascia di mare di 12 miglia attorno al perimetro eterno delle zone di mare e di costa protette. Inoltre, le attività di ricerca ed estrazione di petrolio sono vietate nella fascia marina di 5 miglia lungo l'intero perimetro costiero nazionale. Al di fuori di queste aree in cui vige il divieto, le attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi saranno tutte sottoposte a

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Valutazione di Impatto Ambientale. La norma adottata dal Consiglio dei Ministri si applica anche ai procedimenti autorizzativi in corso.
Non esistendo elementi specifici che giustifichino come preminente l'interesse minerario rispetto all'interesse pubblico, consistente appunto nei valori ambientali e naturalistici, nonché nello sviluppo turistico di un'area del territorio nazionale, si ritiene opportuno un approfondimento anche secondo una visione prospettica, al fine di non generare legittimi affidamenti nei soggetti imprenditoriali che, anche per le operazioni preliminari, debbono sostenere degli importanti investimenti finanziari.
Pertanto, l'iter istruttorio, ancora in essere, dovrà tenere conto degli interessi coinvolti e conseguentemente, nel caso di accertata incompatibilità dell'attività mineraria con gli altri interessi pubblici ritenuti prioritari, la stessa potrà non essere autorizzata.