CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 1° luglio 2010
347.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

7-00304 Alessandri: Sull'incendio sviluppatosi in località Vascigliano nell'area destinata ad attività industriali nel comune di Stroncone (Terni).

7-00309 Bocci: Sull'incendio sviluppatosi in località Vascigliano nell'area destinata ad attività industriali nel comune di Stroncone (Terni).

TESTO UNIFICATO DELLE RISOLUZIONI

La VIII Commissione,
premesso che:
a partire dal 2 luglio 2009, e per almeno i successivi 3 tre giorni, si è sviluppato un vasto incendio in località Vascigliano, nell'area destinata ad attività industriali nel comune di Stroncone (Terni) e allo spegnimento del predetto incendio sono stati impegnati i vigili del fuoco di Terni con l'ausilio di nuclei provenienti da Roma e da Firenze;
l'evento distruttivo ha interessato la ditta Ecorecuperi, un impianto destinato ad attività di trattamento rifiuti su carcasse bonificate di autovetture e finalizzato al recupero dei relativi materiali metallici. La combustione ha riguardato essenzialmente il fluff (materiale plastico derivante dalla frantumazione di autoveicoli bonificati) stoccato all'interno del capannone in attesa di invio a smaltimento;
come anche descritto in numerosi atti di sindacato ispettivo presentati in Parlamento per evidenziare la gravità della vicenda, in data 3 luglio la ditta Ecorecuperi ha provveduto ad effettuare, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, una specifica comunicazione di potenziale contaminazione del sito a causa dell'incendio di cui trattasi;
la prefettura di Terni, a seguito della comunicazione della ditta Ecorecuperi, ha proceduto, ai sensi dell'articolo 304, comma 2, del predetto decreto legislativo n. 152 del 2006, ad informare il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del prospettarsi dell'evento lesivo;
risulta che la stessa prefettura ha ripetutamente informato, in particolare, la regione Umbria ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare della gravità della situazione socio-ambientale derivante dalla combustione dei materiali plastici e delle circostanze di rischio che ne scaturivano per il territorio e le persone;
il sindaco di Stroncone, nell'immediatezza dell'evento, ha provveduto all'adozione di misure di tipo cautelare e precauzionale finalizzate a prevenire danni alla salute pubblica attraverso una serie di ordinanze che vietavano la commercializzazione e il consumo di prodotti destinati all'alimentazione umana ed animale, potenzialmente contaminati, nonché una serie di ordinanze relative al sequestro/dissequestro, presso varie aziende, di animali, prodotti alimentari e fieno risultati contaminati a seguito di analisi;
anche comuni contigui - Terni, Narni e Configni (regione Lazio) - provvedevano ad adottare misure cautelari e precauzionali per la parte del loro territorio interessato dall'evento;

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le conseguenze dell'incendio si sono evidenziate assai preoccupanti sia per l'ambiente e sia per la popolazione, essendo state riscontrate contaminazioni di determinati matrici nocive, oltre che in alcune produzioni agroalimentari e zootecniche, anche in coltivazioni vegetali coltivate entro un'area di oltre 5 chilometri di raggio dal sito dell'impianto;
presso la regione Umbria sono stati svolti specifici incontri di merito, finalizzati ad esaminare le problematiche ambientali, sanitarie e produttive del territorio interessato dall'evento, i cui esiti hanno determinato la necessità di adottare una serie di misure immediate, tra cui la messa in sicurezza dell'area e la rimessa in ripristino dello stato dei luoghi mediante smaltimento dei rifiuti ancora presenti nell'area, l'eliminazione di alimenti contaminati destinati all'alimentazione animale, l'eliminazione di alimenti contaminati destinati al consumo umano, la predisposizione di una relazione dettagliata sulla situazione in essere, sulle azioni realizzate e sulle criticità ambientali determinatesi nel territorio, la costituzione di un gruppo di lavoro, composto dai rappresentanti di tutte le amministrazioni coinvolte, al fine di assicurare il coordinamento delle iniziative e delle azioni da intraprendere;
la ditta Ecorecuperi non risulta aver ottemperato né in ordine alla messa in sicurezza dell'area né per ciò che concerne la rimessa in pristino dello stato dei luoghi attraverso l'eliminazione dei rifiuti ancora presenti nel sito, che l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) dell' Umbria ha comunicato catalogabili nel codice CER 191211*, ovvero configurabili come «rifiuti pericolosi»;
anche a seguito di incontri specifici tenuti con il comune di Stroncone, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per gli adempimenti di competenza, con nota del 3 febbraio 2010, ha conferito incarico all'ISPRA per la valutazione e l'eventuale quantificazione dei danni subiti dalle matrici ambientali interessate dall'incendio, anche al fine di valutare l'opportunità di promuovere un'azione risarcitoria;
secondo quanto riferito dal sottosegretario di Stato per l'ambiente, il territorio e la tutela del mare, on. Menia, in sede di discussione sulle risoluzioni 7-00304 Alessandri e 7-00309 Bocci nella seduta della VIII Commissione del 3 giugno 2010, è stato accertato come, in base alle indagini ambientali sinora svolte da ARPA Umbria e da altri organismi territoriali, peraltro ancora in corso, e in base ad una ricognizione dello stato dei luoghi specificamente effettuata, l'ISPRA ha effettuato una prima valutazione del risarcimento per equivalente patrimoniale del danno ambientale conseguente all'incendio che ha interessato lo stabilimento della Ecorecuperi srl;
l'ISPRA ha valutato in 13.480.213,00 euro la somma per il risarcimento patrimoniale a cui avrebbero diritto sia le pubbliche amministrazioni sia le aziende per le spese già sostenute o che necessariamente dovranno sostenere nel prossimo futuro;
l'Istituto ha altresì individuato nella sua relazione la risorsa aria tra le principali risorse lese a seguito dell'incidente in questione e per tale risorsa non è realizzabile alcun intervento di ripristino primario della qualità in quanto non sono più identificabili i volumi inquinati dalle particelle emesse a seguito dell'incendio che si sono successivamente diluiti nel rimescolamento delle masse atmosferiche;
conseguentemente, nell'impossibilità di una reale «riparazione primaria» della qualità dell'aria, il costo di ripristino della stessa qualità dell'aria - relativamente alle polveri emesse - è stato valutato come l'equivalente monetario rappresentato dal guadagno annuale previsto dall'esercizio dell'impianto (500.000 euro all'anno, desunto dal quadro economico contenuto nella richiesta di autorizzazione) moltiplicato per gli anni necessari all'impianto (nel rispetto dei limiti dell'autorizzazione) per emettere una quantità di polveri pari a quelle emesse durante l'incendio

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(circa 47 anni), per cui il valore del risarcimento è risultato pari a 23.500.000,00 euro;
l'ISPRA ha evidenziato, inoltre, che il risarcimento così calcolato compensa tutta una serie di ulteriori danni arrecati alle varie matrici ambientali, per i quali il risarcimento non può essere valutato con gli elementi attualmente disponibili ed ha altresì chiarito che sono ancora da quantificare nel dettaglio i danni relativi alla qualità ambientale del suolo (ad esempio alterazione causata dalla ricaduta di polveri contaminanti molto pericolose per la salute) nonché i danni derivanti dalla perdita di servizi forniti dalle varie risorse lese (ad esempio diminuzione del flusso turistico);
in definitiva, l'ISPRA ha quantificato il risarcimento totale che deve corrispondere la ditta Ecorecuperi srl per il danno ambientale causato dall'incendio iniziato il 2 luglio 2009 nell'impianto di Vascigliano di Stroncone pari a 36.980.213,00 euro;
il Ministero della salute è intervenuto anch'esso sulla vicenda, riscontrando casi problematici di contaminazioni nocive su prodotti ed animali presenti sul territorio in questione, evidenziando la non conformità per diossine e policlorobifenili (PCB) diossina-simili, in campioni di alimenti di origine animale (latte e uova) e zootecnici (fieno), prelevati dall'azienda sanitaria locale n. 4 di Terni, già dal settembre del 2009, quando l'Istituto zooprofilattico sperimentale (Izs) dell'Abruzzo e del Molise ha segnalato i risultati positivi conseguenti ad un'attività di campionamento che aveva coinvolto un'area di circa 3 chilometri di raggio dal sito dell'incendio;
sebbene la problematica sia di gestione regionale e locale, il Ministero della salute, per quanto di competenza, sta mantenendo uno stretto contatto con la regione Umbria, al fine di conoscere l'evoluzione della situazione e di individuare adeguate modalità di intervento a tutela della sicurezza alimentare;
a seguito dei monitoraggi ambientali effettuati dall'ARPA, l'azienda sanitaria locale n. 4 di Terni, nel periodo compreso tra il 16 luglio ed il 5 novembre 2009, ha prelevato n. 40 campioni di prodotti di origine animale e n. 45 campioni di prodotti di origine vegetale: si tratta di campioni analizzati dall'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Abruzzo e del Molise per la determinazione delle diossine e dei PCB diossina-simili;
dei 40 campioni di prodotti di origine animale, 17 sono risultati non conformi rispetto ai limiti fissati dal regolamento (CE) n. 1881 del 2006, mentre 18 dei 45 campioni di origine vegetale sono risultati non conformi rispetto ai limiti fissati dalla direttiva 2006/13/CE;
esaminati i risultati e sulla base delle valutazioni epidemiologiche relative al rischio per la salute umana, la regione Umbria ha subito adottato una serie di misure sanitarie idonee per i prodotti destinati all'alimentazione degli animali e dell'uomo: sequestro e distruzione degli alimenti vegetali sottoposti a fienagione; divieto di consumo e conseguente distruzione per gli alimenti, per uso umano, da produzioni animali (latte, uova e derivati);
inoltre, al fine di valutare l'estensione geografica dell'area interessata dalla contaminazione, la regione Umbria ha elaborato, in collaborazione con l'Azienda sanitaria locale n. 4 Terni, l'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche, l'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Abruzzo e del Molise e l'ARPA Umbria, un «Piano di monitoraggio per la ricerca di diossine e PCB diossina-simili» nell'area interessata dall'incendio di Vascigliano di Stroncone, per il trimestre novembre 2009-gennaio 2010, tuttora in corso di esecuzione;
il suddetto Piano prevede attività da svolgere all'interno dell'area dei 3 chilometri dalla sorgente di emissione e al 12 novembre 2009 sono risultati prelevati:
27 campioni di alimenti di origine vegetale (ortaggi, olive, vini) destinati

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all'alimentazione umana. Tutti i campioni hanno fornito risultati conformi, dando garanzia della non pericolosità dei prodotti destinati al consumo umano;
20 campioni di alimenti per animali (fieno, erba, farina e mangime) di cui n. 9 campioni sono risultati non conformi. Permangono, pertanto, le misure sanitarie, comprendenti il divieto di pascolo nelle aree interessate dalla contaminazione ed il sequestro e distruzione dei fieni raccolti;
40 campioni di alimenti di origine animale, di cui n. 28 di muscolo, n. 6 di uova, n. 5 di latte e n. 1 di formaggio. Sono risultati non conformi 9 campioni di muscolo (4 di bovino, 5 di ovino), 4 di latte (3 di bovino, 1 di capra) e 4 campioni di uova di gallina prelevati in allevamenti rurali. Pertanto, gli allevamenti bovini, ovini e caprini, nonché gli allevamenti avicoli «rurali» per la produzione di alimenti per autoconsumo, devono essere considerati tutti potenzialmente contaminati;
poiché non si esclude che il fenomeno abbia dimensioni spaziali maggiori, è stato previsto un ampliamento dell'area di campionamento oltre i 3 chilometri (massimo 5 chilometri dalla sorgente di emissione), con l'ulteriore prelievo di campioni di latte e carne in allevamenti ovini, per la ricerca di diossine e PCB diossina-simili;
ad oggi la situazione risulta enormemente aggravata con ordinanze del sindaco che impongono misure di tutela che prevedono la distruzione di derrate alimentari prodotte in zona, l'abbattimento di capi zootecnici, di volatili da cortile ed il divieto di utilizzare foraggi raccolti sull'area nel periodo foraggero del 2009;
nello stato di crisi che si è generato in conseguenza di questi eventi iniziano a sollevarsi malumori soprattutto tra gli agricoltori del territorio che si vedono obbligati a distruggere le loro produzioni senza alcun risarcimento od indennizzo e soprattutto nell'incertezza di sapere in che modo affrontare la vicenda per il futuro e per quanto tempo dovranno fronteggiare l'emergenza sanitaria ed ambientale;
tale situazione di inquinamento ambientale, anche per i riflessi sulla catena alimentare, comporta pregiudizi di carattere socio-economico essendo compromesso, nell'attualità, l'esercizio delle attività produttive agricole e zootecniche presenti sul territorio interessato dalla contaminazione in atto, con notevoli ripercussioni negative in materia occupazionale;
il 22 marzo 2010 si sono svolte manifestazioni di protesta di agricoltori e di comitati di cittadini davanti la prefettura di Terni i quali hanno chiesto l'attivazione di interventi urgenti per risanare il territorio contaminato, di misure di indennizzo per i danni subiti e che ancora subiranno e certezze per il loro futuro;
è necessario adottare tempestivamente misure adeguate di sostegno alle attività produttive presenti nel territorio, nonché iniziative a tutela dei comparti zootecnico ed agroalimentare interessati;
ad oggi sono 83 le aziende agricole e zootecniche coinvolte nelle problematiche ambientali seguite all'incendio: si tratta di aziende che hanno subito danni quantificati in circa 1.150.000 euro;
le istituzioni coinvolte, redigendo una tabella trasmessa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, hanno determinato le principali tipologie di intervento necessario quantificando una prima e sommaria stima dei fabbisogni pari a 7/8 milioni di euro, rispetto ai quali né gli enti locali né la regione Umbria sono in grado in alcun modo di far fronte;
sarebbe necessario che il Governo, d'intesa con gli enti e le autorità locali interessati, valutasse la possibilità di dichiarare, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, lo stato di emergenza socio-economico-ambientale nel territorio di cui trattasi;

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sarebbe altresì opportuno avviare ogni utile iniziativa volta a riconoscere la situazione di «danno ambientale» ai sensi dell'articolo 300 del decreto legislativo n. 152 del 2006,

impegna il Governo:

a valutare la necessità di riconoscere lo stato di emergenza ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, per far fronte a un'eventuale richiesta degli enti interessati;
ad eseguire tramite il competente dipartimento di difesa del suolo dell'ISPRA, le occorrenti indagini e campionamenti territoriali finalizzati a delimitare l'area contaminata e l'entità dell'inquinamento provocati dalla ricaduta delle sostanze pericolose nocive (diossina) a seguito del predetto incendio;
a favorire comunque l'intervento ai sensi dell'articolo 309 del decreto legislativo n. 152 del 2006, affinché, su richiesta di intervento statale da parte dei soggetti allo scopo interessati, si possano rinvenire le necessarie risorse finanziarie per attivare le procedure relative alla bonifica e al ripristino ambientale dell'area contaminata;
a provvedere a stanziare congrue risorse per risarcire nell'immediato le attività economiche, segnatamente gli agricoltori e gli allevatori, danneggiati sin dall'inizio dal verificarsi degli eventi emergenziali.

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ALLEGATO 2

5-02916 Bocci: Assegnazione delle risorse per la ricostruzione dei territori dell'Umbria colpiti dal sisma del dicembre 2009.

TESTO DELLA RISPOSTA

In merito agli elementi di risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-02916 dell'Onorevole Bocci concernente trasferimento fondi stanziati per il sisma verificatosi in Umbria il 15 dicembre 2009, rappresenta quanto segue.
In relazione all'evento sismico in argomento, come è noto, è stato dichiarato lo stato di emergenza ai sensi della legge 24 febbraio 1992 n. 225 a cui ha fatto seguito l'emanazione dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 marzo 2010 n. 3853.
Con l'articolo 6, comma 1, della menzionata ordinanza, per gli interventi connessi al sisma di che trattasi, sono stati stanziati 15 milioni di euro a carico del fondo di protezione civile, i quali, con decreto del 22 giugno 2010 del Dipartimento della protezione civile sono stati trasferiti in favore del Presidente della Regione Umbria in qualità di Commissario delegato.

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ALLEGATO 3

5-02995 Iannuzzi: Sulla situazione relativa alla gestione del ciclo dei rifiuti in Campania dopo la cessazione dello stato di emergenza.

TESTO DELLA RISPOSTA

In relazione agli elementi informativi in risposta all'interrogazione 5-02995 dell'On. Iannuzzi, concernente la situazione relativa al ciclo dei rifiuti in Campania alla cessazione dello stato di emergenza, dato l'esiguo tempo a mia disposizione intendo rispondere specificamente ai quesiti postimi dagli onorevoli interroganti.
Preliminarmente, per quanto concerne la richiesta di informazioni formulata dall'interrogante in merito a «quale sia il quadro attuale di utilizzazione delle discariche aperte in Campania con particolare riferimento alla loro ulteriore disponibilità ad accogliere rifiuti ed alla loro prevedibile data di saturazione e quali siano, conseguentemente, le ulteriori discariche di cui sia prevista l'apertura», si rappresenta quanto segue.
Come è noto il Sottosegretario di Stato per l'emergenza rifiuti in Campania, tra il 2008 ed il 2009, ha reso operative cinque discariche, costruite secondo ogni previsione di legge ed oggi regolarmente funzionanti. In particolare, quelle di Savignano, di Sant'Arcangelo Trimonte, di San Tammaro, di Chiaiano e di Terzigno.
In proposito mi preme rappresentare che, alla conclusione dell'emergenza, le discariche sono state affidate alle locali autorità competenti in stato di funzionamento e con autonomia sufficiente a consentire la realizzazione dell'impiantistica corrente per assicurare lo smaltimento dei rifiuti attraverso gli ulteriori inceneritori previsti dal piano vigente. Infatti, alla data del 31 dicembre 2009, ovvero alla conclusione dell'emergenza rifiuti Campania così come definita dal decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2010, n. 23, le discariche avevano tutte ancora abbondante autonomia, nei termini che seguono:

SedeCapacità residua
SAVIGNANO IRPINO400.000 tonnellate
S.A. TRIMONTE400.000 tonnellate
S. TAMMARO1.200.000 tonnellate
CHIAIANO587.112 tonnellate
TERZIGNO465.319 tonnellate

Va evidenziato che, nella primavera del 2008 all'atto dell'insediamento della Struttura emergenziale. la capacità di smaltimento quotidiano di rifiuto indifferenziato (cosiddetta «tal quale»), risultava essere pari a una media di 6.600 tonnellate, inferiore, quindi, alla produzione giornaliera che si attestava sulle 7.600 tonnellate circa, e lo smaltimento avveniva esclusivamente presso:
la discarica di Macchia Soprana;
il sito di stoccaggio provvisorio di Ferrandelle;
gli stabilimenti di tritovagliatura, separazione ed imballaggio rifiuti (così detti STIR), le cui ecoballe venivano stoccate presso le piazzole di Taverna del Re, Pianodardine, Eboli e Battipaglia;
l'inceneritore di Massafra (Taranto);

ovvero mediante i conferimenti fuori Regione (Germania).
È apparso subito evidente come le capacità di smaltimento fossero, proprio nella primavera del 2008, piuttosto limitate, in quanto risultavano ancora in fase

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di attuazione le procedure per la realizzazione delle discariche di Savignano Irpino (Avellino) e di Sant'Arcangelo Trimonte (Benevento), mentre erano ancora in fase di studio progettuale sia la discarica di Chiaiano (Napoli), sia quella di Terzigno (Napoli) nonché la realizzazione di ulteriori piazzole di stoccaggio di ecoballe e di rifiuto indifferenziato («tal quale») nei siti di Ferrandelle e di San Tammaro.
Da ultimo, quindi, è bene ribadire che nella regione Campania, rispetto ad una produzione annua di rifiuto indifferenziato che nell'anno 2007 si attestava su circa 2.600.000 tonnellate/annue, vengono attualmente prodotte meno di 2.000.000 tonnellate annue, che possono essere integralmente trattate, con una capacità di termovalorizzazione presso l'impianto di Acerra pari al 30 per cento, e con la possibilità di conferimento presso i siti di discarica attivati per il rimanente 70 per cento, con autonomia complessiva conseguita superiore a tre anni.
In proposito debbo rammentare che, terminata l'emergenza, le decisioni ultime circa la realizzazione di ogni altra struttura di ricezione dei rifiuti (mi riferisco, in particolare alla realizzazione della seconda vasca della discarica di Terzigno) e, più in generale, circa la gestione del servizio nella regione Campania, spetta agli enti territoriali competenti, ai quali sono stati affidati anche alcuni progetti di discarica, già approvati in sede di conferenza di servizi, per oltre 3 milioni di metri cubi.
In merito poi alla richiesta di informazioni «circa quali siano le percentuali di raccolta differenziata raggiunte in Campania, comune per comune, e come e da chi tali percentuali siano state certificate» desidero premettere che, questo Dipartimento opera il monitoraggio e la certificazione dei dati relativi alla raccolta differenziata secondo quanto previsto dal decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, il quale ha determinato che il Sottosegretario di stato fino alla conclusione dell'emergenza rifiuti verificasse il raggiungimento degli obiettivi minimi di raccolta differenziata. Mi preme sottolineare che, per la raccolta dei dati in merito alla differenziata, è stato realizzato il sistema informativo per l'emergenza dei rifiuti in Campania (SIGER), che prevedeva la collazione e validazione da parte della struttura commissariale dei relativi dati trasmessi dai comuni. In fase di prima gestione post-emergenziale, poi, è stato determinato che la struttura dipartimentale, al fine di facilitare l'autonoma rilevazione da parte dei competenti enti locali, continuerà ad occuparsi della raccolta dati fino all'avvio del nuovo sistema da parte degli enti locali. Onde fornire un quadro esplicativo della situazione, in allegato si fornisce una dettagliata relazione circa l'andamento della raccolta differenziata che contiene gli ultimi dati disponibili e validati del 2008 (Allegato 1). Infatti per quanto concerne i dati relativi all'anno 2009, rappresento che la maggioranza dei comuni che, come evidenziato, hanno il compito di fornire i dati relativi al proprio territorio di competenza, nonostante le varie diffide, a tutt'oggi, non hanno ancora ottemperato a tale obbligo. Pertanto, attualmente, non è possibile comunicare dati attendibili in merito all'attuale andamento della raccolta differenziata. Mi sento di poter affermare che, a fronte di livelli di raccolta differenziata che nell'anno 2007 erano attestati, secondo quanto descritto nel Rapporto rifiuti dell'ARPA Campania, sede del Catasto regionale rifiuti, al 15 per cento circa; nell'anno 2008 i livelli di raccolta differenziata si sono attestati al 22 per cento, con una previsione di «trend» in aumento, per l'anno 2009, volto al raggiungimento dell'obiettivo di circa il 28-30 per cento che da dati stimati relativi allo smaltimento dell'indifferenziato e dai valori riscontrati nel recente passato e sulla base dei dati parziali in possesso dei diversi Consorzi nazionali che si occupano del riciclo dei rifiuti sembra già raggiunto.
Al fine, poi, di fornire elementi circa: «quali siano lo stato e l'utilizzo degli impianti ex stir e delle piattaforme di trasferenza», dirò che, nell'intento di trasmettere

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agli enti competenti attrezzature e strutture in perfetto stato di funzionamento, gli stabilimenti di tritovagliatura ed imballaggio rifiuti (STIR) sono strati oggetto di recenti lavori di manutenzione ordinaria, quasi ovunque terminati. La gestione degli STIR è dunque passata, agli enti competenti in via ordinaria, nella migliore delle condizioni. Ove sono ancora da terminare alcuni esigui interventi, al fine di non aggravare le incombenze gestionali delle neonate società provinciali, è stato deciso che tali lavori residuali saranno portati a termine a cura dell'Unità operativa costituita al termine dell'emergenza rifiuti. Inoltre, i sette STIR (Caivano, Giugliano, Tufino, Battipaglia, Santa Maria Capua Vetere, Pianodardine e Casalduni) sono stati sottoposti alla manutenzione applicando una procedura di rotazione, onde evitare, non solo di arrestare contemporaneamente tutti gli impianti, ma anche di fermare allo stesso momento tutte le linee di ogni singolo impianto. Pertanto, la quantità di rifiuto trattato dagli impianti si attesta sul valore ottimale, come ottimale è da ritenersi il prodotto derivante sotto l'aspetto della corrispondenza ai parametri di legge relativi alla Frazione Organica.
Circa le piattaforme di trasferenza, debbo rammentare che la problematica proposta esula dalle competenze affidate al Sottosegretario di Stato.
A questo punto, intendo fornire elementi di informazione circa: «lo stato di funzionamento del termovalorizzatore di Acerra con le sue tre linee, con particolare riferimento alla quantità effettiva di produzione registrata, ai problemi emersi nella fase di avvio dell'impianto, alle sue prospettive di funzionamento».
Il Termovalorizzatore di Acerra ha dimostrato di poter funzionare a ritmi e con emissioni di livello ottimale rispetto a quanto previsto sia dalle normative vigenti, sia della ben più restrittiva autorizzazione dei incidenza ambientale (AIA) (i principali valori medi sono riportati nell'allegato 2).
Grazie alla combustione di 279.126 tonnellate di tritovagliato, l'energia elettrica immessa nella rete nazionale nel periodo che va dal primo gennaio al 29 giugno 2010 è risultata pari a 254.998 mwh. Già in questo primo periodo di avviamento ed esercizio, la produttività del TMC (in proiezione annua) ha superato il 90 per cento del massimo teorico consentito.
Le fasi di avvio dell'impianto non hanno registrato «problemi», ma una progressiva ottimizzazione, del tutto normale, nel percorso e nei risultati, rispetto alle fasi di avviamento di una «macchina» tanto moderna e complessa. Il percorso iniziale del TMC di Acerra, infatti, non differisce da quello seguito dai più recenti e grandi termovalorizzatori europei, per i quali la prima fase gestionale svolge il ruolo di un colossale rodaggio dell'impianto.
Le prospettive di funzionamento sono perfettamente conformi al progetto; e si può serenamente ipotizzare un funzionamento fluido dell'impianto, sia pure con le doverose e prescritte pause manutentive.
In merito poi, a: «quale sia la situazione degli altri impianti di termovalorizzazione previsti in Campania» dirà che il progetto del Sottosegretariato di Stato per l'emergenza prevedeva un numero di termovalorizzatori sufficiente a rendere la Campania pienamente autonoma nella gestione dell'intero ciclo dei rifiuti. Finito il periodo emergenziale, gli enti competenti per materia in ambito regionale sono tornati perfettamente «padroni», nell'ambito della normativa vigente, delle scelte di politica gestionale. Tra queste rientra la costruzione degli impianti previsti, dal Sottosegretariato, ovvero l'ideazione di formule diverse per il soddisfacimento delle medesime necessità.
Relativamente alle informazioni concernenti «le emissioni a camino dei principali inquinanti ad Acerra e quali siano i metalli pesanti, IPA, e le diossine e se questi dati siano stati pubblicati sul sito dell'osservatorio», il modernissimo impianto di Acerra è provvisto di molteplici sistemi di controllo autonomo, nonché

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sottoposto ai controlli continui degli organi e degli istituti preposti alla tutela dell'ambiente in Campania.
In particolare, tra i controlli effettuati dal gestore vi sono il controllo in continuo dei principali inquinanti ed i controlli in laboratorio per i cosiddetti microinquinanti.
In proposito dirò che per quanto concerne:
a) i Macroinquinanti, il controllo continuo, i cui risultati sono pubblicati in rete, concerne la misurazione ai camini delle seguenti sostanze principali: ossidi di azoto, ossidi di carbonio, ossidi di zolfo, acido cloridrico, acido fluoridrico, polveri totali. I risultati delle misurazioni effettuate ad Acerra sono assolutamente eccellenti, come chiunque può verificare comparando le percentuali riscontrate con quelle previste dalle norme in vigore e dall'AIA:
b) i Microinquinanti. Le sostanze rientranti tra i cosiddetti «micro inquinanti» non sono suscettibili di controllo automatico, ma vengono verificate in laboratorio mediante periodico prelievo dei fumi effettuato ai camini. Tali sostanze (metalli pesanti, mercurio, IPA-idrocarburi policiclici aromatici, diossine) risultano anch'esse ampiamente inferiori ai limiti previsti, e gli esami relativi sono a disposizione dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Campania, che è tenuta comunque ad effettuare anche verifiche per proprio conto. Gli esiti, tutti tranquillizzanti, dell'ultimo di questi controlli sono stati formalmente inviati all'ARPAC il 29 giugno 2010. Non esiste ancora un meccanismo automatico di pubblicazione in rete del relativi risultati, ma nulla, impedisce di chiedere ai gestore periodici aggiornamenti del sito in tal senso.
In merito poi alle iniziative normative che il Governo intenda adottare per salvaguardare il ruolo e le competenze dei comuni nelle attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti, valorizzando e tutelando così le positive e significative esperienze di qualità realizzate in questi anni da tanti comuni «virtuosi»; nonché nell'accertamento e nella riscossione della TARSU e della TIA, evidenzio che, molto si è discusso, sulla stampa o a livello territoriale, circa le varie competenze coinvolte nella gestione dei rifiuti in Campania. Ebbene, quale che fosse la situazione verificatasi in Campania nel corso della lunghissima vicenda emergenziale legata ai rifiuti, non si può certo prescindere, alla chiusura dell'emergenza medesima, dal quadro normativo regionale e dal riparto di competenze ordinario che ne emerge, che come è ben chiaro, deve essere emanato nel rispetto della normativa nazionale.
Infatti, il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in vigore nel territorio nazionale, nella Parte quarta recante «norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati», prevede un preciso ordine di competenze. Lo schema generale. infatti, comprende un «Piano regionale» sui rifiuti (articolo 199), e, sulla base di quest'ultimo, una organizzazione territoriale del servizio di gestione Integrata dei rifiuti urbani articolata per ATO - ambiti territoriali ottimali (articolo 200). Tali ATO, tra l'altro, non devono essere eccessivamente frammentari.
La legge della regione Campania n. 4 del 28 marzo 2007 recante «norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati», stabilisce inoltre, all'articolo 15, che, «in sede di prima applicazione», l'ATO «coincida con ogni circoscrizione provinciale. Per la provincia di Napoli si può prevedere l'istituzione di due ATO».
Pertanto, la creazione di ATO sovra comunali è prevista per legge nazionale; l'individuazione della provincia quale ATO iniziale è prevista per legge regionale.
La soluzione giuridica prescelta dal Sottosegretariato di Stato per il periodo immediatamente post-emergenziale non poteva certo prescindere dal quadro normativo vigente in via ordinaria, l'unico di riferimento una volta cessata l'efficacia delle disposizioni speciali emanate per favorire ed accelerare il ritorno alla normalità.

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Pertanto, anche circa la tariffa, che sulla base decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 deve essere determinata «dalle Autorità d'ambito ed applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata» (articolo 238), il Sottosegretariato di Stato ha ritenuto di dover applicare la normativa in vigore, nei suoi aspetti presenti e tendenziali (è infatti atteso un decreto di attuazione del citato decreto legislativo) stante l'impossibilità di prevedere un regime speciale per la Campania una volta terminata la gestione straordinaria.
Infine circa lo stato di attuazione della normativa di cui al decreto-legge n. 195 del 2009, che ha previsto tra l'altro la costituzione di società provinciali che pure appaiono quale un modello di gestione inadeguato e destinato a produrre situazioni negative e critiche per la Campania, rappresento che sono già state costituite le sottoelencate società provinciali che hanno intrapreso le gestioni organizzative demandate dal decreto legge citato:
Avellino - Società Provinciale Irpinia Ambiente SpA;
Benevento - Società Provinciale SAMTE Srl;
Napoli - Società Provinciale Sap. Na SpA
Caserta - Società Provinciale GISEC SpA
Salerno - Società Provinciale Ecoambiente Salerno SpA.

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ALLEGATO 4

5-02852 Codurelli: Reperimento di ulteriori risorse per il ripristino dei territori lombardi colpiti dall'alluvione del luglio 2009.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con riferimento all'interrogazione n. 5-02852 dell'Onorevole Codurelli, riguardante gli eventi meteorologici avvenuti nel mese di luglio 2009 nei territori provinciali di Lecco, Como, Bergamo e Varese, desidero esporre gli elementi in possesso del Dipartimento della protezione civile.
Come è noto, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24 luglio 2009 è stato dichiarato lo stato di emergenza nelle province di Varese, Bergamo, Como e Lecco a seguito degli eventi meteorologici avvenuti nei giorni dal 15 al 18 luglio 2009.
Successivamente, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3867 del 20 aprile 2010 è stata effettuata la ripartizione delle risorse finanziarie di cui all'articolo 2 comma 242 della legge n. 191 del 2009 (finanziaria 2010). Pertanto, in base a quanto determinato dall'articolo 1 comma 2 della medesima ordinanza, gli importi disposti dal citato comma sono assegnati a ciascun Commissario delegato nominato o da nominarsi con riferimento ad ogni singolo stato di emergenza.
In particolare, per i territori della regione Lombardia, secondo il disposto dell'articolo 1 comma 1 della citata ordinanza, è stata determinata l'assegnazione di euro 9.000.000,00, che sono già nelle disponibilità del Dipartimento e che saranno oggetto di un prossimo trasferimento a favore del Presidente della regione medesima - commissario delegato.
Successivamente con l'ordinanza n. 3878 del 13 maggio 2010 il Presidente della Regione Lombardia è stato nominato Commissario delegato per gli eventi meteorologici di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 luglio 2009. In proposito l'articolo 1 e l'articolo 3 dell'ordinanza recano rispettivamente indicazioni in merito alle attività del Commissario delegato ed alle modalità di predisposizione dei cronoprogrammi.
Inoltre desidero evidenziare che, in base a quanto previsto dall'articolo 7 della summenzionata ordinanza, per realizzare gli interventi in questione, si provvede con le risorse stanziate dall'articolo 1 dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3867 precedentemente citata, a favore della Regione Lombardia e con quelle disponibili sul bilancio regionale, nonché mediante eventuali altre somme messe a disposizione da Amministrazioni statali o enti pubblici.
Al fine di favorire la ripresa delle attività imprenditoriali, artigianali, commerciali e professionali, all'articolo 4 vengono precisati i termini per l'erogazione di contributi a favore dei titolari di attività industriali, commerciali, produttive, agrituristiche, zootecniche, ittiche ed ittico-produttive, artigianali, professionali, di servizi, turistiche ed alberghiere, nonché a favore di società sportive, organizzazioni di volontariato e del terzo settore, che abbiano subito gravi danni a seguito degli eventi in argomento. Inoltre, per le medesime finalità, il Commissario delegato è autorizzato ad erogare appositi contributi, sulla base delle spese documentate sostenute per l'acquisto o il ripristino di beni mobili di carattere indispensabile danneggiati o distrutti in conseguenza degli eventi del luglio 2009.

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Ciò posto, nell'evidenziare che per la realizzazione degli interventi necessari la regione Lombardia ha quantificato un fabbisogno di 95 milioni di euro, rappresento che il Dipartimento della protezione civile con nota dell'11 novembre 2009 ha richiesto al Ministero dell'economia e delle finanze l'integrazione del fondo per la protezione civile per il corrispondente importo richiesto. Purtroppo, il predetto dicastero, con nota prevenuta a questo Dipartimento in data 18 dicembre 2009, ha escluso la possibilità di un incremento del fondo medesimo, come si evince dai documenti allegati.
In conclusione per quanto concerne la lamentata scarsità delle risorse economiche ripartite per l'evento in questione dalla ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3867, evidenzio che i 50 milioni di Euro previsti dalla Legge finanziaria 2010, erano destinati a interventi a tutela delle popolazioni colpite da eventi atmosferici avversi verificatisi nell'ultimo triennio e pertanto evidentemente insufficienti a rispondere ai fabbisogni rappresentati da tutte le regioni interessate a tali eventi, che complessivamente ammontano a diverse centinaia di milioni di euro. Pertanto compatibilmente con tali risorse, la priorità data al finanziamento degli eventi in questione, pari ad un quinto di quelle complessivamente disponibili è stata la massima possibile.
Circa la richiesta di informazione sugli eventuali ritardi nell'assegnazione delle somme agli enti locali interessati, desidero rammentare che tale problematica rientra nelle competenze attribuite al Commissario Delegato, Presidente della Regione Lombardia.

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ALLEGATO 5

5-03108 Alessandri: Sugli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio della provincia di Parma il 15 e 16 giugno 2010.

5-03118 Motta: Sugli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio della provincia di Parma il 15 e 16 giugno 2010.

5-03142 Libè: Sugli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio della provincia di Parma il 15 e 16 giugno 2010.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento agli elementi di risposta alle interrogazioni n. 5-03108 dell'Onorevole Alessandri, n. 5-03118 dell'Onorevole Motta e n. 5-03142 dell'Onorevole Libè, concernenti gli eccezionali nubifragi del 15 e 16 giugno verificatisi nella parte occidentale della regione Emilia Romagna, rappresento quanto segue.
In data 15 giugno 2010 è stato emanato l'avviso di condizioni meteorologiche avverse con il quale, tenuto conto di un comunicato meteo emesso dal Centro Funzionale della Regione Emilia-Romagna, si prevedevano dalla serata dello stesso giorno e per le successive 24-36 ore, il persistere di precipitazioni diffuse, anche a carattere di rovescio o temporale di forte intensità, sulle regioni della Liguria, Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia e Veneto, in estensione dalle prime ore del giorno successivo al Friuli Venezia Giulia. Sempre secondo quanto previsto, i fenomeni sarebbero stati accompagnati da attività elettrica e forti raffiche di vento.
In pari data è stato emanato il bollettino di criticità nazionale nel quale si riportavano le previsioni del Centro Funzionale della Regione Emilia-Romagna, ossia, per la giornata successiva, condizioni di ordinaria criticità per rischio idraulico diffuso sulle zone di allerta della Regione Emilia Romagna denominate: Pianura di Modena e Reggio Emilia, Pianura di Bologna e Ferrara, Pianura di Parma e Piacenza, e condizioni di ordinaria criticità per rischio idrogeologico localizzato sulle zone di allerta denominate Bacini Montani di Parma Taro e Trebbia, Bacini Montani di Panaro Secchia ed Enza, Bacino Montano del Reno.
Come previsto, l'evento si è sviluppato su tutto l'arco alpino e soprattutto in Piemonte nelle province di Torino e Cuneo con pluviometrie mediamente dell'ordine dei 200 mm nell'arco di due giorni e localmente, con punte di circa 300 mm in provincia di Torino.
In Emilia-Romagna, l'esame dei dati pluviometrici ha evidenziato, per taluni intervalli temporali, elevati tempi di ritorno: in particolare, nell'arco delle tre ore, sono stati misurati 92 mm a Fidenza, 66 mm a Zibello, ascrivibili a tempi di ritorno compresi tra 100 e 200 anni. Nell'arco delle sei ore sono stati registrati 135 mm a Fidenza, 109 a Zibello, riferibili a tempi di ritorno superiori a 200 anni. Per quanto riguarda l'intervallo delle dodici ore, sono stati misurati 147 mm a Fidenza e 136 mm a Zibello, ascrivibili a tempi di ritorno superiori a 200 anni. Nelle altre stazioni sono state misurate pluviometrie nettamente inferiori. Circa l'idrometria del reticolo idrografico principale, sono stati misurati sensibili innalzamenti del livello idrometrico del Po,

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essenzialmente a seguito delle citate precipitazioni avvenute in Piemonte che non hanno dato seguito ad esondazioni.
In corso di evento è pervenuta in data 16 giugno 2010 una nota della Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Parma, con la quale sono state segnalate eccezionali precipitazioni nei comuni di Polesine P.se, Zibello, Busseto, Soragna, Fontanellato, Fontevivo ed, in misura minore, Fidenza.
Sono stati segnalati inoltre allagamenti, danni a scantinati, interruzione della viabilità, (anche primaria quale: l'autostrada A1 al chilometro 93 nei pressi di Fidenza), danni a colture agricole ed il crollo di alcuni punti dell'argine maestro del Po nei pressi di Zibello.
Con nota (prot. n. PG.2010.161439) del 21 giugno 2010, il Presidente della Giunta della Regione Emilia Romagna ha formalmente avanzato la richiesta della dichiarazione dello stato di emergenza, descrivendo nel contempo le criticità registrate a seguito degli eventi del 15-16 giugno 2010.
Secondo quanto segnalato, l'evento ha interessato un'area di circa 600 chilometri quadrati, con un conseguente elevato volume d'acqua che in tempi ristretti si è riversato sul reticolo idraulico minore e sui centri abitati.
Sono state segnalate rotture arginali, tracimazioni di canali e rii del reticolo minore e rigurgiti delle reti fognarie. Dai sopralluoghi effettuati e dalle segnalazioni pervenute si sono riscontrati diffusi allagamenti a centri abitati, sedi stradali provinciali e comunali, abitazioni, insediamenti produttivi e coltivazioni. Sono state evidenziate altresì anche blocchi o limitazioni al traffico veicolare, con conseguenti disagi alle attività produttive ed alla popolazione.
Per quanto riguarda in particolare la viabilità, sono stati comunicati allagamenti con conseguenti interruzioni del transito lungo strade comunali e provinciali, ed in particolare la SP 63 in loc. Carmetolo di Fontanellato, la SP il in loc. Paroletta e in loc. Mezzadri (in comune di Fontanellato) per la fuoriuscita della Fossaccia Scannabecco in corrispondenza dei due ponti stradali sulla Fossaccia (sottoposti a pressione) e conseguente sormonto arginale, la SP 91 presso Samboseto per straripamento della Fossaccia Scannabecco e conseguente erosione del marito stradale, la SP 12 in corrispondenza del sottopasso Treno Alta Velocità a Soragna, la SP 47 - ferrovia Milano - Bologna a Fontevivo, la SP 50 per allagamenti a Carzeto di Soragna.
La ricognizione effettuata dai tecnici regionali ha messo in luce come i comuni maggiormente colpiti siano stati: Polesine, Zibello, Busseto, Fontevivo, Soragna, Fontanellato, Roccabianca, Sissa, Noceto, Fidenza. Gli elementi tecnici riportati delineano un quadro caratterizzato da diffusi allagamenti della viabilità, di edifici adibiti a civile abitazione, cantine, strutture ricettive, case di cura, sedi di attività produttive, eccetera.
In particolare, sono emerse le carenze del reticolo idrografico secondario e dei canali di irrigazione, la cui officiosità idraulica si è dimostrata inadeguata nel corso degli eventi meteoidrologici in argomento.
In conclusione, sulla base dei dati tecnici e delle informazioni a disposizione di questo Dipartimento, ritengo che l'evento meteoidrologico del 15-16 giugno 2010 sia stato caratterizzato da una estensione provinciale e da un quadro di diffusi danni alla viabilità, agli edifici di civile abitazione ed alle strutture produttive, ascrivibili, nel complesso ad una situazione di ordinaria criticità solo localmente più aggravata. Tuttavia, preciso che da parte dell'Amministrazione regionale non è pervenuta una dettagliata relazione tecnica concernente la valutazione del rischio residuo ed una quantificazione economica motivata ed analitica dei danni subiti. Inoltre, dalla documentazione acquisita finora non si evince la sussistenza di significative condizioni di pericolo incombente sui predetti beni esposti. È invece chiaro come le predette criticità, seppur aggravate dalle precipitazioni, siano state originate anche da evidenti condizioni di fragilità di un territorio intensamente antropizzato e caratterizzato dalla presenza di infrastrutture inadeguate a smaltire le

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precipitazioni registrate. Per quanto sopra, e sulla base degli elementi tecnici finora acquisiti, ritengo che le predette criticità siano ascrivibili ad eventi di cui all'articolo 2 comma 1 lettera b) della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e quindi eventi calamitosi che comportano un intervento di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria.
Ciò posto, in base alle considerazioni sopra formulate, desidero rappresentare all'On. Alessandri che, la data 21 giugno richiamata nella sua interrogazione si riferisce alla nota inviata dalla regione Emilia Romagna al Dipartimento della protezione civile, con cui viene richiesta la dichiarazione dello stato di emergenza.

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ALLEGATO 6

5-03141 Tommaso Foti: Iniziative dirette a fronteggiare i danni provocati dallo sversamento di idrocarburi nei fiumi Lambro e Po.

5-03143 Bratti: Iniziative dirette a fronteggiare i danni provocati dallo sversamento di idrocarburi nei fiumi Lambro e Po.

TESTO DELLA RISPOSTA

In relazione alla richiesta di elementi di risposta agli atti di sindacato ispettivo: n. 5-03141 dell'onorevole Foti e 5-03143 dell'Onorevole Bratti, concernenti lo sversamento di idrocarburi nei fiumi Lambro e Po, rappresento quanto segue.
Occorre premettere che, in questa sede, mi limiterò a rispondere ai quesiti specifici posti dagli interroganti, in quanto rammento che in data 4 marzo 2010 ho già fornito una informativa dettagliata sull'evoluzione dell'evento e sui relativi interventi disposti a ridosso del manifestarsi dello svernamento in questione, nell'Assemblea del Senato della Repubblica, il cui contenuto allego in copia (All. 1).
Come noto, infatti, in data 23 febbraio 2010 si è verificato uno sversamento di idrocarburi nel fiume Lambro dai serbatoi della raffineria Lombarda Petroli, situata a Villasanta (Monza-Brianza), che ha interessato anche l'asta principale del fiume Po. In ragione di ciò, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o marzo 2010 è stato dichiarato lo stato di emergenza fino al 28 febbraio 2011.
Tale provvedimento, data la situazione di eccezionale rischio di compromissione degli interessi primari determinata dallo sversamento di materiale inquinante che avrebbe potuto causare gravi danni alla salute delle persone, è stato preceduto, dalla dichiarazione dell'eccezionale rischio di compromissione degli interessi primari a causa dello sversamento di materiale inquinante nel fiume Lambro con conseguente interessamento dell'asta principale del fiume Po, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto legge 4 novembre 2002, n. 245, convertito con modificazioni dall'articolo 1 della legge 27 dicembre 2002, n. 286, emanato in data 25 febbraio 2010. Tale disposizione infatti prevede che in caso di eccezionali situazioni emergenziali, il Presidente del Consiglio dei ministri, prima della dichiarazione dello stato di emergenza, su proposta del Capo del Dipartimento della protezione civile, sentito il Presidente della regione interessata, disponga il coinvolgimento delle strutture operative nazionali del Servizio nazionale della protezione civile per fronteggiare gli eventi.
Il provvedimento in questione è stato adottato anche in considerazione del fatto che tale sversamento ha gravemente danneggiato l'ecosistema fluviale del Lambro e del Po, con possibili gravi ripercussioni per la flora e la fauna del Parco regionale della Valle del Lambro, del Parco di Monza nonché per il più ampio ecosistema del delta del Po. Tanto è vero che il Prefetto di Piacenza ha espresso preoccupazione in merito alla situazione di contaminazione del proprio territorio a seguito dell'evento in rassegna che ha interessamento anche l'asta principale del fiume Po.
Nei giorni immediatamente successivi il Dipartimento della protezione civile, in collaborazione con le Direzioni regionali di protezione civile, ha predisposto una bozza di ordinanza di protezione civile che prevedeva, tra l'altro, il rimborso delle

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spese sostenute dalle Amministrazioni regionali nella fase di prima emergenza.
Era stato, altresì, previsto che il Commissario delegato avrebbe effettuato, d'intesa con il Ministero dell'ambiente, la pianificazione degli interventi di bonifica del territorio interessato con l'indicazione delle occorrenti risorse finanziarie.
Per la realizzazione dei predetti interventi era stata stanziata la somma di 12 milioni di euro a valere sul Fondo di protezione civile che sarebbe stato, successivamente, integrato dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Tuttavia con nota del 24 marzo 2010 il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze ha espresso parere contrario alla predetta previsione sostenendo che il Fondo di protezione civile non opera in via di anticipazione e non può essere, dunque, prevista dall'ordinanza la successiva reintegrazione da parte del Ministero dell'economia.
Giova segnalare, in proposito, che a fronte del predetto diniego formulato dal Ministero dell'economia e, posto che il Dipartimento della protezione civile era sprovvisto delle risorse finanziarie necessarie per far fronte alla integrale copertura degli oneri derivanti dai sopra citati interventi, nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3882 del 18 giugno 2010, attualmente in fase di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è stata inserita una disposizione con cui si provvede al parziale rimborso, pari a complessivi 3 milioni di euro, delle spese sostenute da codeste Amministrazioni regionali nella fase di prima emergenza.
Ciò detto, in merito a quanto rappresentato dal Prefetto di Piacenza, secondo cui con il sopraggiungere della stagione estiva si renderebbe necessario l'utilizzo dell'acqua del Po per fini di irrigazione e di pesca per cui sarebbe oltremodo opportuno procedere, nell'immediato, alle attività di monitoraggio delle sponde e dei manufatti siti lungo l'asta del fiume, questo Dipartimento con nota del 23 giugno 2010, ha invitato le Amministrazioni regionali coinvolte a porre in essere le attività di monitoraggio richiamate.
Per quanto attiene, invece, alle attività di bonifica dei corsi d'acqua interessati dal predetto evento, stante l'attuale indisponibilità del Fondo di protezione civile circa le risorse da destinare per tale emergenza, questo Dipartimento, nel rappresentare la piena disponibilità a predisporre un'ulteriore ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri con la quale consentire l'avvio delle iniziative di bonifica delle sponde e dei manufatti siti lungo l'asta dei fiumi Lambro e Po, con la medesima nota, ha invitato le Amministrazioni interessate a voler valutare l'opportunità di reperire risorse finanziarie da destinare alla realizzazione delle iniziative in questione.