CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 17 maggio 2010
324.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio (Atto n. 196).

PROPOSTE DI MODIFICA ALLA PROPOSTA DI PARERE DEI RELATORI
(v. seduta del 13 maggio 2010)

Alle premesse della proposta di parere, prima di: esprime parere favorevole inserire le seguenti premesse:
considerato che l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, della legge n. 42 del 2009 e del decreto legislativo concernente l'attribuzione a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni di un loro patrimonio non può che realizzarsi nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 5 e 114 della Costituzione;
considerata la necessità della stabilità del sistema economico-finanziario pubblico in relazione alla contingente esigenza di ridurre il debito pubblico attraverso il finanziamento del Fondo ammortamento titoli di Stato;
considerata l'opportunità di prevedere, onde assicurare la neutralità finanziaria del conferimento, la riorganizzazione delle strutture amministrative statali, delle dotazioni finanziarie e di organico, in relazione al minor carico di lavoro per le amministrazioni centrali, attuando procedure di trasferimento del personale dello Stato agli enti locali destinatari dei beni.
35. Belisario.

Dopo la condizione di cui alla lettera a) inserire la seguente:
a-bis) all'articolo 1 si stabilisca che il trasferimento dei beni strumentali all'esercizio delle funzioni trasferite non sia facoltativo ma obbligatorio; conseguentemente, si indichino (o si rinvii ad altro provvedimento da adottare con la medesima procedura del presente decreto) per ogni livello di governo le tipologie di beni correlate alle rispettive funzioni, le strutture statali oggi preposte alla gestione dei beni di cui si stabilisca il trasferimento con il personale e le risorse finanziarie correlate.
27. Lanzillotta.

Dopo la lettera a) delle condizioni, inserire la seguente:
a-bis) con riferimento al comma 2 dell'articolo 1 e al comma 4 dell'articolo 2, si sostituisca l'espressione: «valorizzazione funzionale» con: «l'uso ottimale ai fini dell'esercizio delle proprie funzioni».
23. Misiani.

Dopo la condizione di cui alla lettera g) aggiungere la seguente:
g-bis) siano soppresse le norme che finalizzano il trasferimento di beni o gruppi di beni a piani di dismissioni, non previsti dalla legge delega n. 42 del 2009. In ogni caso il valore economico determinato a prezzi di mercato, derivante dalle varianti urbanistiche, vada ad esclusivo vantaggio della finanza pubblica.
29. Lanzillotta.

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Dopo la lettera h) aggiungere la seguente:
h-bis) all'articolo 2, al comma 5:
a) si chiarisca che il criterio di sussidiarietà, adeguatezza e territorialità deriva dal rapporto diretto che deve esistere tra beni trasferiti e funzioni proprie di ciascun livello istituzionale (prevedendo, a titolo di esempio, il trasferimento degli edifici scolastici all'ente locale competente per la gestione e manutenzione degli edifici stessi);
b) si precisi come debba applicarsi il criterio della capacità finanziaria considerato che, stante lo stato attuale della finanza locale, pochi enti potrebbero assumere oneri di gestione aggiuntivi o finanziare progetti finalizzati alla successiva valorizzazione.
28. Lanzillotta.

Sostituire la lettera i) delle condizioni con la seguente:
i) si riformulino le procedure di attribuzione e trasferimento dei beni di cui all'articolo 3, al fine di prevedere, mediante l'inserimento nel testo dell'articolo di uno o più commi, che ferme restando le funzioni amministrative già conferite agli enti territoriali in base alla normativa vigente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le regioni e con gli altri Ministri competenti per materia, da adottarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sia istituito, in coerenza con il disposto di cui all'articolo 114, primo comma della Costituzione, il «demanio della Repubblica», nell'ambito del quale far confluire i diversi beni demaniali di cui al presente decreto in proprietà condivisa fra Stato, Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni, il cui regime giuridico di salvaguardia preveda meccanismi di gestione e amministrazione comune dei diritti domenicali, anche attraverso l'istituzione di un apposito organo di gestione presso l'Agenzia del Demanio costituito sulle risorse umane, finanziarie e strumentali degli enti coinvolti. Si preveda, inoltre, che con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri siano altresì stabilite le modalità di attribuzione agli enti territoriali dei proventi dei canoni ricavati dall'utilizzazione del demanio idrico e marittimo trasferito;».
2. Vitali, Barbolini, Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Franceschini, Misiani, Nannicini, Stradiotto, Belisario.

Sostituire la lettera i) delle condizioni, con la seguente:
i) si riformulino le procedure di attribuzione e trasferimento dei beni di cui all'articolo 3, al fine di prevedere, mediante l'inserimento nel testo dell'articolo di uno o più commi, che ferme restando le funzioni amministrative già conferite agli enti territoriali in base alta normativa vigente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le regioni e con gli altri Ministri competenti per materia, da adottarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, siano trasferiti alle Regioni, unitamente alle relative pertinenze, i beni del demanio marittimo ed i beni del demanio idrico, ad eccezione dei laghi chiusi privi di emissari di superficie che insistono sul territorio di una sola Provincia o dei Comuni, singoli e in forma associata, che assieme alle miniere ubicate su terraferma debbono essere trasferiti alle Province o ai Comuni, singoli e in forma associata; si disponga, inoltre, che una quota dei proventi dei canoni ricavati dall'utilizzazione del demanio idrico trasferito, tenendo conto dell'entità delle risorse idriche che insistono sul territorio della Provincia e delle funzioni amministrative

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esercitate dalla medesima, sia destinata da ciascuna Regione alle Province, sulla base di un'intesa conclusa fra la Regione e le singole Province o i Comuni sul cui territorio insistono i medesimi beni del demanio idrico; si preveda infine che decorso un anno dalla data di entrata in vigore del decreto senza che sia stata conclusa la predetta intesa, il Governo eserciti il potere sostitutivo di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, al fine di determinare, tenendo conto dei medesimi criteri, la quota da destinare alle singole Province o ai Comuni, singoli e associati;
24. Misiani.

Alla lettera i) delle condizioni, sopprimere le parole: assieme alle miniere ubicate su terraferma.

Conseguentemente, dopo la lettera z), inserire la seguente:
z-bis) si sopprima la lettera d) del comma 1 dell'articolo 5;» e alla lettera bb), dopo le parole «reti stradali di interesse statale» inserire le seguenti: «e i seguenti beni in terraferma: le miniere, i giacimenti di idrocarburi liquidi e gassosi, gli stoccaggi di gas e le relative pertinenze».
12. Boccia.

Alla lettera i) delle condizioni, sostituire le parole da: siano trasferiti alle regioni fino a: essere trasferiti alle Province con le seguenti: in attesa del riordino del regime giuridico del demanio pubblico, con particolare riferimento alla disciplina codicistica di cui agli articoli 822-831 del codice civile, per un periodo di quaranta anni siano concessi alle Regioni in comodato, di cui agli articoli da 1803 a 1812 del codice civile, unitamente alle relative pertinenze, i beni del demanio marittimo ed i beni del demanio idrico, ad eccezione dei laghi chiusi privi di emissari di superficie che insistono sul territorio di una sola Provincia, che sono concessi in comodato quarantennale alle Province.
17. Nannicini.

Alla lettera i) delle condizioni, dopo le parole: debbono essere trasferiti alle Province, inserire le seguenti: proceda il Governo a definire tramite apposito decreto del Ministro per lo sviluppo economico, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sentita l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, previo parere della Conferenza unificata - nei limiti e nell'ambito dell'esercizio della competenza statale esclusiva in materia di «tutela della concorrenza» di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione - una disciplina che, in vista del trasferimento del demanio idrico e marittimo alle Regioni, preveda criteri uniformi per l'individuazione, da parte delle Regioni medesime, dei canoni e dei sovracanoni per l'utilizzo delle derivazioni d'acqua funzionali all'esercizio degli impianti di produzione di energia, ivi comprese le opere connesse ed ausiliari, nonché dei canoni e dei sovracanoni di concessione di beni demaniali marittimi funzionali alle attività del settore energetico, determinando a tal fine valori minimi e massimi, modulabili a livello regionale, e stabilisca altresì uniformi procedure estimative per la valutazione degli investimenti effettuati, ferma restando, per i beni demaniali appartenenti al demanio marittimo, idrico ed aeroportuale, la vigente disciplina delle relative concessioni, anche per quanto concerne le modalità di affidamento e la durata nonché le modalità di esercizio delle stesse;

Conseguentemente, sopprimere il numero 2) delle osservazioni.
13. Boccia.

Alla lettera i) della proposta di parere presentata dai relatori, dopo le parole: la quota da destinare alle singole Province; aggiungere le seguenti: si disponga, infine,

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che una quota dei proventi dei canoni ricavati dall'utilizzazione del demanio marittimo trasferito, tenendo conto dell'entità dei beni del predetto demanio che insistono sul territorio di ciascun Comune e delle funzioni amministrative esercitate dai medesimi, sia destinata da ciascuna Regione ai Comuni, sulla base di un'intesa conclusa fra la Regione e i singoli Comuni sul cui territorio insistono i medesimi beni del demanio marittimo; si preveda infine che decorso un anno dalla data di entrata in vigore del decreto senza che sia stata conclusa la predetta intesa, il Governo eserciti il potere sostitutivo di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, al fine di determinare, tenendo conto dei medesimi criteri, la quota da destinare ai singoli Comuni.
20. Vitali, Barbolini, Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Franceschini, Misiani, Nannicini, Stradiotto.

Alla lettera i) delle condizioni, inserire, in fine, il seguente periodo: Al fine di minimizzare possibili contenziosi in sede giurisdizionale che potrebbero insorgere in esito al trasferimento dei beni del demanio statale, con particolare riguardo al demanio idrico e marittimo, si subordini il trasferimento agli enti territoriali del demanio ad un previo riordino del regime giuridico del demanio pubblico, con particolare riferimento alle esigenze di coordinamento della disciplina introdotta dallo schema di decreto con quella codicistica di cui agli articoli 822-831 del codice civile.
1. Vitali, Barbolini, Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Franceschini, Misiani, Nannicini, Stradiotto, Belisario.

Alla lettera r) delle condizioni, dopo le parole: protocolli d'intesa inserire le seguenti: fatta salva la possibilità di attribuire tali beni con i successivi DPCM biennali di cui alla condizione ll);.
4. Vitali, Barbolini, Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Franceschini, Misiani, Nannicini, Stradiotto.

Sostituire la lettera t) delle condizioni, con la seguente:
t) con riferimento al comma 1 dell'articolo 4, si sostituisca il primo periodo con il seguente: «I beni, trasferiti con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi, salvo quanto previsto dall'articolo 111 del codice di procedura civile, entrano a far parte del patrimonio dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni, ad eccezione di quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, che restano assoggettati al regime stabilito dal codice civile, nonché alla disciplina di tutela e salvaguardia dettata dal medesimo codice, dal codice della navigazione, dalle leggi regionali e statali e dalle norme e dai principi comunitari di settore, con particolare riferimento ai principi in materia di concorrenza»; al secondo periodo, si specifichi che ove ne ricorrano i presupposti, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di attribuzione dei beni demaniali diversi da quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, «può disporre motivatamente l'esclusione dei beni stessi dal demanio o dal patrimonio indisponibile»; infine, in conformità ai rilievi espressi dalla I Commissione Affari Costituzionali della Camera, si aggiunga un periodo volto a specificare che «per i beni trasferiti che restano assoggettati al regime dei beni demaniali ai sensi dell'articolo 4, l'eventuale passaggio al patrimonio è dichiarato dall'amministrazione dello Stato ai sensi dell'articolo 829, primo comma, del codice civile»;
5. Vitali, Barbolini, Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Franceschini, Misiani, Nannicini, Stradiotto, Belisario.

Dopo la lettera t) inserire la seguente:
t-bis) sia mantenuto il regime demaniale dei beni del demanio naturale trasferiti alle Regioni e agli enti locali. Siano conservate allo Stato le coste che costituiscono nella loro unitarietà il confine nazionale e di cui deve essere conservato

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unitariamente uno stato di accessibilità e fruibilità, i parchi marini di interesse nazionale, i parchi e le riserve naturali di interesse nazionale. Siano determinati a livello statale le regole e i canoni delle concessioni idroelettriche e delle altre concessioni idriche collegate alla produzione industriale di beni di mercato al fine di non introdurre improprie alterazioni della concorrenza.
31. Lanzillotta.

Dopo la lettera u) delle condizioni, inserire la seguente:
u-bis) con riferimento al comma 1, lettera a), dell'articolo 5, si subordini il trasferimento alle Regioni del demanio marittimo alla adozione di una legge regionale che disciplini il regime dei canoni concessori prevedendo l'attribuzione del gettito dei canoni agli enti ai quali è attribuita la competenza amministrativa alla gestione delle funzioni secondo criteri di equità, stabilendo che i criteri di rilascio, di revoca e di durata delle concessioni siano relativi agli investimenti proposti o già effettuati dai concessionari da valutare secondo parametri di continuità dell'esercizio, dello sviluppo e della valorizzazione delle attività imprenditoriali e comunque nel rispetto dei principi di concorrenza e libertà di stabilimento, prescrivendo che nella valutazione delle proposte di concessione demaniale o delle istanze di rinnovo si tenga conto dell'offerta più rispondente all'interesse pubblico ed al più proficuo uso secondo l'Amministrazione procedente, individuando i parametri di equo indennizzo al concessionario uscente e la tutela del legittimo affidamento.
16. Misiani, Barbolini.

Alla lettera v) dopo la parola «tutti», sopprimere la restante parte della condizione.
25. Paolo Franco, Saro.

Alla lettera bb) delle condizioni, dopo le parole: reti stradali di interesse statale inserire le seguenti: e i beni appartenenti al patrimonio ambientale di interesse nazionale, quali i parchi nazionali e le aree marine protette.
7. Vitali, Barbolini, Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Franceschini, Misiani, Nannicini, Stradiotto, Belisario.

Alla lettera bb) delle condizioni, inserire, in fine, le seguenti parole: si chiarisca, inoltre, che i beni oggetto di accordi o di intese con gli enti territoriali per la razionalizzazione o la valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari che risultano sottoscritti alla data di entrata in vigore del decreto possono comunque essere inclusi nelle procedure di trasferimento di cui al presente decreto dietro richiesta delle amministrazioni firmatarie dei suddetti accordi e intese, fermo restando che, in tali casi, la ripartizione dei benefici della eventuale valorizzazione rimane quella pattuita negli originari procedimenti.
6. Vitali, Barbolini, Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Franceschini, Misiani, Nannicini, Stradiotto, Belisario.

Alla lettera cc) delle condizioni, inserire, in fine, il seguente periodo: si riformuli il comma 3 dell'articolo 5 prevedendo la possibilità di un contraddittorio fra le amministrazioni richiedenti l'esclusione dal trasferimento dei beni e l'Agenzia del Demanio, finalizzato a verificare la possibilità di una eventuale ottimizzazione e razionalizzazione degli spazi anche nella prospettiva della riduzione degli ingenti oneri per locazioni passive attualmente a carico del bilancio dello Stato.
9. Vitali, Barbolini, Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Franceschini, Misiani, Nannicini, Stradiotto, Belisario.

Alla lettera dd) delle condizioni, inserire, in fine, le seguenti parole: si inserisca,

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infine, la possibilità di modificare l'elenco, oltre che con il medesimo procedimento, anche con le procedure di cui alla condizione ll).
14. Boccia.

Sostituire la lettera ee) delle condizioni con la seguente:
ee)
. Sia riformulato il comma 4 dell'articolo 5, al fine di estendere la possibilità di includere nei procedimenti di trasferimento dei beni previsti dallo schema di decreto, anche su richiesta degli enti territoriali, i beni immobili in uso al Ministero della Difesa, non ricompresi tra quelli utilizzati per le funzioni di difesa e di sicurezza nazionale, non oggetto delle procedure di cui all'articolo 14-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e di cui all'articolo 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e di cui all'articolo 2, comma 195, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, ciò anche nella prospettiva di una migliore e più spedita valorizzazione di tali beni e a beneficio degli equilibri di bilancio.
8. Vitali, Barbolini, Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Franceschini, Misiani, Nannicini, Stradiotto, Belisario.

Sostituire la lettera gg) con la seguente: gg) si preveda la concessione in comodato, di cui agli articoli da 1803 a 1812 del codice civile, agli enti territoriali per un periodo di quaranta anni del patrimonio culturale non di rilevanza nazionale.
18. Nannicini.

Alla lettera ii) delle condizioni, sostituire le parole da conseguentemente fino alla fine con le seguenti: conseguentemente si sostituiscano i restanti commi dell'articolo prevedendo che al fine di favorire la massima valorizzazione dei beni e promuovere la capacità finanziaria degli enti territoriali, anche in attuazione del criterio della capacità finanziaria di cui all'articolo 2, comma 5, lettera c), del testo dello schema, le Regioni e gli enti locali possano conferire i beni immobili loro attribuiti ai sensi del decreto ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, istituiti ai sensi dell'articolo 37 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modifiche e integrazioni o dell'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, i cui regolamenti dei fondi prevedano: 1) che nella fase iniziale di costituzione e fino alla data di completa valorizzazione del patrimonio immobiliare del fondo, anche attraverso le procedure per l'adozione delle varianti allo strumento urbanistico, e comunque non prima che siano decorsi due anni dall'avvio dell'operatività dei fondi, la partecipazione sia riservata esclusivamente agli enti territoriali conferenti ovvero a soggetti controllati, direttamente o indirettamente, dallo Stato o dagli enti territoriali a fondi gestiti da questi ultimi; 2) che le quote assegnate a fronte degli apporti siano detenute dagli enti territoriali o dagli altri soggetti conferenti per un periodo di almeno due anni dalla data dell'apporto e, comunque, fino alla data di completa valorizzazione del patrimonio immobiliare del fondo; 3) la possibilità per il fondo di emettere particolari categorie di quote da destinare ai soggetti conferenti diversi dagli enti territoriali che prevedano modalità di remunerazione, limitate nel massimo e tali da garantire l'attribuzione del plusvalore derivante dalla valorizzazione ai titolari delle quote assegnate a fronte degli apporti. Si preveda, inoltre, che agli apporti di beni immobili ai fondi effettuati ai sensi del decreto si applichino, in ogni caso, le agevolazioni di cui ai commi 10 e 11 dell'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86.
21. Misiani, Nannicini, Barbolini.

Alla lettera mm) delle condizioni, dopo le parole: amministrazioni statali periferiche aggiungere le seguenti:, anche al fine

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della predisposizione degli elenchi di cui all'articolo 5, comma 3,.
19. Vitali, Barbolini, Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Franceschini, Misiani, Nannicini, Stradiotto.

Sostituire la condizione di cui alla lettera pp) con la seguente:
pp). Con riferimento all'articolo 7, si inserisca nel corpo dell'articolo un nuovo comma il quale preveda che una quota maggioritaria del patrimonio pubblico dello Stato e degli enti territoriali sia conferita ad una società a capitale interamente pubblico posseduto pro-quota dai diversi enti in ragione del rispettivo conferimento, che lo paga finanziandosi sul mercato e gestisce i beni attraverso operazioni di valorizzazione e alienazione, disponendo altresì che l'intero volume delle risorse ricavate dalla vendita del patrimonio alla predetta, società sia utilizzato ai fini della riduzione del debito.
32. Vitali.

Alla lettera pp) delle condizioni, dopo il penultimo periodo è inserito il seguente: Si specifichi che con il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si provvede anche alla puntuale individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire e alla loro ripartizione tra le regioni e tra regioni ed enti locali.
11. Vitali, Barbolini, Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Franceschini, Misiani, Nannicini, Stradiotto, Belisario.

Sostituire la lettera qq) con la seguente:
qq). Sia comunque stabilito l'obbligo di destinare alla riduzione del debito pubblico i ricavi da alienazioni e da concessioni dei beni pubblici trasferiti destinando il 30 per cento di tali entrate al comune alienante, il 40 per cento alla riduzione del debito dello Stato e la restante parte ad un fondo per la riduzione del debito degli enti locali da ripartire sulla base dei criteri da determinare con un decreto del Presidente del consiglio dei ministri da adottare secondo le procedure di cui all'articolo 3 della legge n. 42 del 2009.
30. Lanzillotta.

Alla lettera qq) delle condizioni, dopo le parole alienazioni di immobili inserire le seguenti: in via diretta ovvero tramite altri strumenti previsti dalla legge quali, ad esempio, i fondi immobiliari di cui alla condizione ii) e inserire, in fine, le seguenti parole: la quale può essere inoltrata esclusivamente successivamente alla definizione degli atti urbanistici di cui alla lettera b) delle condizioni.
15. Nannicini.

Alla lettera qq) delle condizioni, sostituire le parole ottantacinque per cento e quindici per cento con le seguenti: cinquanta per cento.
22. Stradiotto.

Alla lettera qq) le parole ottantacinque e quindici siano rispettivamente sostituite con le seguenti: settantacinque e venticinque.
34. Belisario.

Alla fine della lettera qq) sono aggiunti i seguenti periodi: Si preveda inoltre che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell'economia, si provvede all'individuazione delle modalità e delle procedure di trasferimento nonché dei criteri di ripartizione del personale dell'Agenzia del Demanio che per effetto del trasferimento dei beni a Regioni, Province e Comuni non è più necessario in capo alla stessa Agenzia. Ferma restando l'autonomia normativa e

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organizzativa degli enti territoriali riceventi, al personale trasferito e è comunque garantito il mantenimento della posizione retributiva già maturata. Il personale medesimo può optare per il mantenimento del trattamento previdenziale previgente. Al personale inquadrato nei ruoli delle Regioni, delle Province, dei Comuni, si applica a disciplina sul trattamento economico e stipendiale e sul salano accessorio prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro per il comparto regioni autonomie locali.
26. Saro, Paolo Franco, Compagna.

Dopo la lettera qq) aggiungere la seguente:
qq-bis) all'articolo 7 sia aggiunto in fine il seguente comma: «Nell'attuazione del presente decreto legislativo è comunque assicurato il rispetto di quanto previsto dall'articolo 28 della legge 5 maggio 2009, n. 42».
33. Belisario.

Dopo il numero 3) delle osservazioni, inserire il seguente:
«4) valuti il Governo l'esigenza di definire quanto prima una legislazione quadro in materia di canoni concessori, affinché sia introdotta - nell'ambito dell'esercizio della competenza statale esclusiva in materia di "tutela della concorrenza" di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera e), Cost. - una disciplina che preveda criteri per l'individuazione dei canoni fondati su procedure competitive e trasparenti e che al contempo non determinino situazioni di disomogeneità sul territorio nazionale tali da pregiudicare il corretto svolgimento delle attività imprenditoriali connesse all'utilizzo dei beni, in particolare di quelli appartenenti al demanio marittimo e al demanio idrico; in relazione alla disciplina delle concessioni di demanio marittimo ad uso turistico balneare, valuti in particolare il Governo l'opportunità di procedere ad un complessivo riordino della materia finalizzato a:
commisurare la proficuità dell'uso dei beni pubblici ai vantaggi di qualsiasi natura procurati al concessionario;
garantire che le attività amministrative in materia di assegnazione del demanio marittimo siano svolte nel più ampio contesto della gestione integrata delle coste;
far sì che i procedimenti di pianificazione costiera risultino aperti alla partecipazione di cittadini, consumatori ed altri soggetti - pubblici e privati - portatori di interessi rilevanti;
stabilire che in osservanza del principio di concorrenza e ai fini della miglior cura dell'interesse finanziario pubblico il ricorso al meccanismo della gara costituisca la regola generale ai fini dell'assegnazione delle concessioni;
condizionare allo svolgimento di inchieste pubbliche per l'attribuzione delle concessioni eventuali deroghe al suddetto principio di gara per la tutela di interessi pubblici prevalenti rispetto a quello finanziario o di concorrenza;
prevedere una partecipazione dei comuni agli introiti finanziari derivanti dai canoni di concessione;
assicurare la gestione e lo sviluppo del sistema informativo del demanio anche con la previsione di idonee forme di finanziamento;
semplificare e razionalizzare i procedimenti relativi alle attività di gestione con il fine precipuo di ridurre gli oneri amministrativi per imprese e amministrazioni;
introdurre un adeguato sistema di controlli».
3. Vitali, Barbolini, Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Franceschini, Misiani, Nannicini, Stradiotto, Belisario.

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Dopo il numero 3) delle osservazioni, inserire il seguente:
«4) al fine di promuovere l'esercizio delle funzioni di tutela e di conservazione dei beni culturali in modo ottimale valuti in Governo la possibilità di favorire una compiuta attuazione di quanto previsto dal codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di accordi di valorizzazione, anche attraverso la previsione che accordi di valorizzazione sottoscritti a livello locale dalle competenti soprintendenze settoriali e regionali ai beni culturali, i quali prevedano l'impegno di risorse a carico degli attori locali pubblici, privati e no profit per il finanziamento di attività di tutela, conservazione e valorizzazione di beni culturali di proprietà statale, diventino comunque attivabili dopo novanta giorni dalla loro firma, anche in assenza di parere da parte del Ministero centrale per i beni e le attività culturali».
10. Vitali, Barbolini, Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Franceschini, Misiani, Stradiotto, Belisario.

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio (Atto n. 196).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO A QUELLO DEI RELATORI PRESENTATO DAL DEPUTATO LANZILLOTTA
(vedi seduta del 13 maggio 2010)

La Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale,
esaminato lo schema di Decreto legislativo «Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio»;
premesso:
a) che l'attribuzione di un proprio patrimonio a Regioni, Province ed enti locali è oggi previsto dall'articolo 119 della Costituzione nel nuovo testo approvato nel 2001 e che tuttavia già la Costituzione del 1948 aveva stabilito che il patrimonio fosse elemento costitutivo delle Regioni e degli enti locali prevedendo peraltro che detti enti fossero altresì dotati di un proprio demanio demandosi - sia nel 1948 che nel 2001 - la disciplina delle modalità di attribuzione del patrimonio a successive leggi statali;
b) che un processo di trasferimento dei beni pubblici ulteriore rispetto a quello già avvenuto in più tranches a partire dagli anni Settanta risponde all'esigenza di ottimizzarne la gestione da parte degli enti operanti sul territorio, ridurre gli sprechi, contrastare il degrado e l'abbandono in cui molti beni versano e ampliarne la fruizione da parte dei cittadini oltre che di promuovere una loro valorizzazione economica senza tuttavia smarrire il carattere culturale, storico e civico del nostro patrimonio come accadrebbe se esso venisse prioritariamente e massicciamente finalizzato alla dismissione, al risanamento finanziario e a usi commerciali;
c) condividendo la centralità degli enti preposti al governo del territorio e delle comunità nei processi relativi alle decisioni circa la destinazione e valorizzazione dei beni pubblici;
d) ritenendo tuttavia che debba rimanere allo Stato la titolarità di alcuni beni naturalistici aventi valenza nazionale in quanto il titolo proprietario consente comunque un più incisivo esercizio delle funzioni di tutela;

rilevato, in linea generale:
e) che, in assenza di specifici criteri dettati dalle norma costituzionale in questione, la legge statale attuativa dell'articolo 119, sesto comma Cost. e successivi decreti attuativi devono risultare coerenti con i principi dettati in materia di gestione finanziaria e contabile delle regioni e degli enti locali e di rapporti economici e finanziari tra i diversi livelli di governo e tra territori dotati di differente capacità economica e fiscale;
f) che tali criteri e principi, ricavabili dall'intero articolo 119 e più in generale dalla complessiva impostazione deI Titolo V, sono da individuare da un lato nella stretta relazione tra funzioni di ciascun livello istituzionale e risorse assegnate per la gestione di esse e dall'altra parte nella necessità che le leggi statali individuino meccanismi perequativi idonei e compensare gli squilibri strutturali esistenti tra le diverse aree del Paese e tra i

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diversi enti al fine di garantire il rispetto sostanziale del principio di uguaglianza dei cittadini sancito dall'articolo 3 della Costituzione;
g) che la legge di delega n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale all'articolo 19 ha dettato i principi e criteri direttivi per disciplinare, in attuazione del sesto comma dell'articolo 119, le modalità di attribuzione a Regioni ed altri enti locali di un proprio patrimonio facendo riferimento a tre criteri - adeguatezza rispetto alle dimensioni territoriali degli enti, capacità finanziaria, competenze e funzioni - e a tre elementi metodologici- territorialità, concertazione, conservazione allo Stato di beni di rilevanza nazionale, ivi compresi (ma, evidentemente, non solo) i beni appartenenti al patrimonio storico culturale;
h) che tali criteri non risultano attuati dal decreto delegato se non attraverso una loro pedissequa ripetizione in quanto manca una identificazione di categorie di beni in base alla strumentalità di ciascuna categoria rispetto all'esercizio delle funzioni proprie di ciascun livello, unico possibile ancoraggio non arbitrario per una attribuzione razionale dei beni. E, infatti, vengono enunciati ma non sviluppati criteri quali il radicamento territoriale (che trattandosi di beni immobili dovrebbe essere intuitivo!), l'adeguatezza e la sussidiarietà, ovvero la capacità finanziaria non meglio specificata: criteri che rischiano di tradursi in una sorta di legge del più forte. Infatti non si chiarisce attraverso quali strutture sarà gestito tutto il patrimonio trasferito atteso che non si trasferiscono le strutture statali oggi preposte a tali compiti prefigurando la loro integrale sopravvivenza accanto alla inevitabile creazione di nuove strutture a livello regionale e locale con un complessivo aumento della spesa corrente. La deroga al patto di stabilità per la gestione dei beni trasferiti che rimarranno alla fruizione pubblica non sarà sufficiente a far reperire agli enti le risorse necessarie alla manutenzione e alla fruizione dei beni da parte dei cittadini;
i) che, come emerge dal richiamato articolo 19 (e come peraltro risulta dalla discussione parlamentare) il legislatore non ha in alcun modo inteso avviare un'operazione diversa da quella di un trasferimento funzionale dei beni appartenenti allo Stato e tanto meno una operazione di generalizzata dismissione dei beni pubblici ai fini del risanamento del debito e della finanza locale;
l) che la predetta operazione di generalizzata dismissione dei beni pubblici è ovviamente cosa diversa dalla valorizzazione funzionale, economica e di fruizione derivante da puntuali operazioni di concessione e valorizzazione mediante coinvolgimento di capitali privati, ferma restando la proprietà pubblica dei beni, operazioni peraltro prefigurate da molteplici norme succedutesi nel tempo con alterni esiti;
m) che l'operazione che costituisce il cuore del provvedimento in esame sia estraneo alla delega è peraltro confermato dalla constatazione che risulta assente dalla norma di delega non solo qualsiasi riferimento testuale alle alienazioni ma anche qualsiasi indicazione sui criteri e le modalità per rendere effettivo il criterio della perequazione tra territori in caso di dismissione di un patrimonio non legato alle funzioni esercitate dai livelli substatali di governo e oggi appartenenti all'intera collettività. Infatti come dimostrano i dati sulla distribuzione territoriale del patrimonio pubblico prevalentemente concentrato nel Centro Nord, in caso di dimissione, una ricchezza che oggi appartiene a tutti i cittadini, sarebbe invece incamerata per l'85 per cento dagli enti sul cui territorio insiste che potrebbero anche risultare i più ricchi e meno indebitati con l'effetto di acuire disuguaglianze e disparità con evidente violazione dei principi costituzionali;
n) che, per di più, il testo presentato dal Governo non destina a riduzione del debito pubblico gli eventuali ricavi da alienazioni né i ricavi da concessioni di lunga durata assimilabili a dismissioni;

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o) che di conseguenza il decreto viola gli articoli 77, 3 e 119 della Costituzione;
p) che, in aggiunta, vengono sostanzialmente sottratte alle operazioni di valorizzazione i beni che più di tutti gli altri si prestano a importanti operazioni di valorizzazione e riqualificazione urbana guidate dagli enti locali e cioè i beni della difesa (disponibili in via assolutamente residuale, articolo 5, comma 5) e delle aree portuali dimesse;
q) che il provvedimento, anche in assenza di motivate ragioni di carattere funzionale ovvero di esigenze di razionalizzazione nella gestione delle competenze, trasferisce parti del demanio statale che per le loro caratteristiche o per il loro valore storico, paesaggistico ed identitario, nonché per l'interesse nazionale alla tutela, dovrebbero rimanere allo Stato per essere gestiti in modo unitario e che tale trasferimento viene disposto senza chiarirne le modalità, gli strumenti amministrativi, gestionali e finanziari attraverso cui potrà essere assicurata a livello locale la tutela, la vigilanza e la manutenzione;
r) che ciò riguarda in particolare i beni del demanio marittimo e idrico, quello fluviale e forestale. Per i quali viene altresì modificato il regime giuridico attenuando la garanzia di conservazione nella proprietà pubblica con gravissimi rischi per l'effettiva accessibilità dei beni stessi e per la loro salvaguardia e protezione da aggressioni speculative;
s) che, di conseguenza, il provvedimento modifica in modo surrettizio le norme del codice civile in materia di demanio e patrimonio pubblico, anche in questo caso in palese violazione delle norme di delega;

preso atto che il Governo ha annunciato che recepirà nel testo alcune significative modifiche proposte dai relatori, modifiche che tuttavia non incidono sugli aspetti fondamentali evidenziati in premessa;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

a condizione:
1) che all'articolo 1 si stabilisca che il trasferimento dei beni strumentali all'esercizio delle funzioni trasferite non sia facoltativo ma obbligatorio. Che conseguentemente si indichino (o si rinvii ad altro provvedimento da adottare con la medesima procedura del presente decreto) per ogni livello di governo le tipologie di beni correlate alle rispettive funzioni, le strutture statali oggi preposte alla gestione dei beni di cui si stabilisca il trasferimento con il personale e le risorse finanziarie correlate;
2) che all'articolo 2, al comma 5: a) si chiarisca che il criterio di sussidiarietà, adeguatezza e territorialità deriva dal rapporto diretto che deve esistere tra beni trasferiti e funzioni proprie di ciascun livello istituzionale (prevedendo, a titolo di esempio, il trasferimento degli edifici scolastici all'ente locale competente per la gestione e manutenzione degli edifici stessi); b) si precisi come debba applicarsi il criterio della capacità finanziaria considerato che, stante lo stato attuale della finanza locale, pochi enti potrebbero assumere oneri di gestione aggiuntivi o finanziare progetti finalizzati alla successiva valorizzazione;
3) siano soppresse le norme che finalizzano il trasferimento di beni o gruppi di beni a piani di dismissioni, non previsti dalla legge delega. Peraltro le norme del decreto, così come formulate, rischiano di trasferire ai privati una quota rilevante del valore economico derivante dalle trasformazioni urbanistiche dei beni;
4) sia comunque stabilito l'obbligo di destinare alla riduzione del debito pubblico i ricavi da alienazioni e da concessioni dei beni pubblici trasferiti destinando il 30 per cento di tali entrate al comune alienante, il 40 per cento alla riduzione del debito dello Stato e la restante parte ad un fondo per la riduzione

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del debito degli enti locali da ripartire sulla base dei criteri da determinare con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare secondo le procedure di cui all'articolo 3 della legge n. 42 del 2009;
5) sia mantenuto il regime demaniale dei beni del demanio naturale trasferiti alle Regioni e agli enti locali. Siano conservate allo Stato le coste che costituiscono nella loro unitarietà il confine nazionale e di cui deve essere conservato unitariamente uno stato di accessibilità e fruibilità, i parchi marini di interesse nazionale, i parchi e le riserve naturali di interesse nazionale. Siano determinati a livello statale le regole e i canoni delle concessioni idroelettriche e delle altre concessioni idriche collegate alla produzione industriale di beni di mercato ai fine di non introdurre improprie alterazioni della concorrenza.

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio (Atto n. 196)

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO A QUELLO DEI RELATORI PRESENTATO DAL DEPUTATO GALLETTI E DAL SENATORE D'ALIA
(vedi seduta del 13 maggio 2010)

La Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante «Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42», approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2009;
premesso che:
sullo schema di decreto non è stata acquisita l'intesa con la Conferenza unificata prescritta dall'articolo 2, comma 2, secondo periodo, della legge n. 42;
conseguentemente, è stata trasmessa la relazione, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della medesima legge, che non indica «le specifiche motivazioni per cui l'intesa non è stata raggiunta» entro il termine di trenta giorni previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
infatti, la relazione si limita a prendere atto della impossibilità di riunire sul punto la Conferenza Unificata;
la relazione manca di un presupposto fondamentale, previsto dalla legge n. 42/2009, per l'esame dello schema di decreto e cioè la piena conoscenza delle ragioni del dissenso della Conferenza Unificata;
la Commissione è, pertanto, impossibilitata a svolgere la propria funzione consultiva secondo quanto previsto dalla legge delega;
inoltre, è allegato allo schema di decreto il parere favorevole della Conferenza Stato-città ed autonomie locali;
tale parere non è previsto dalla legge n. 42 del 2009 che, viceversa, impone il preliminare parere della Conferenza Unificata o, in sua assenza, una dettagliata relazione sulle ragioni della mancata intesa;
peraltro, è stato allegato un secondo schema di decreto legislativo che reca una serie di modifiche e integrazioni;
tale secondo schema contiene le osservazioni delle Conferenza Stato-città e autonomie locali ma non è stato fatto proprio dal Governo con una nuova deliberazione del Consiglio dei ministri;
non è dato comprendere, quindi, su quale schema la Commissione parlamentare sia chiamata a esprimere parere e quale sia, sotto il profilo procedurale e sostanziale, la proposta normativa dell'Esecutivo;
si tratta, pertanto, di un'altra violazione del procedimento indicato dall'articolo 2, terzo comma, della legge n. 42 del 2009;

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violazione confermata dal Governo che giustifica tale modo illegittimo di procedere con l'esigenza di approvare nei termini previsti dalla legge delega il primo decreto legislativo anche perché «L'ipotetica mancata adozione nei termini prescritti potrebbe infatti pregiudicare l'adozione dei successivi decreti legislativi.»;
l'approvazione del cosiddetto «federalismo demaniale» non può essere derubricata, però, a mero adempimento formale per eludere la tempistica imposta dalla legge delega e i principi e criteri direttivi, seppur generici, ivi contenuti;
a conferma di quanto sopra evidenziato basta sottolineare che lo stesso relatore di maggioranza chiede, con il suo parere, una sostanziale ed integrale riscrittura dello schema di decreto;
allegata allo schema di decreto vi è, poi, la relazione tecnica prevista dal citato articolo 2, terzo comma, della legge n. 42 del 2009;
tale relazione dovrebbe evidenziare «gli effetti delle disposizioni recate dal medesimo schema di decreto sul saldo netto da finanziare, sull'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e sui fabbisogno del settore pubblico» e ciò per consentire alla commissioni parlamentari di esprimersi anche sulle «conseguenze di carattere finanziario» del «federalismo demaniale»;
la relazione tecnica non contiene tutti gli elementi necessari per verificare la reale portata dello schema di decreto rispetto ai conti pubblici;
è appena il caso di osservare, ad esempio, che il gettito erariale potenzialmente interessato da riduzioni, in conseguenza del trasferimento di beni previsto dalle disposizioni in esame, non riguarda solo la riduzione delle entrate derivanti dalla concessione di beni demaniali o patrimoniali (cui far corrispondere, in seguito, un corrispondente taglio dei trasferimenti a regioni ed enti locali) ma anche dalla riduzione del gettito I.C.I. per i comuni a seguito del trasferimento da parte dello Stato di beni appartenenti al patrimonio disponibile;
peraltro, gli effetti del provvedimento sui conti pubblici sono, certamente, di portata più ampia ove si consideri la perdita da parte dello Stato del valore patrimoniale dei beni trasferiti (dei quali manca comunque l'indicazione e la stima), e le plusvalenze determinate dall'inserimento in fondi immobiliari locali di beni statali;
considerato che:
lo schema di decreto ripropone alcune fondamentali questioni di merito proprie della legge delega che lo rendono inadeguato allo scopo per il quale viene adottato;
l'assenza di chiarezza dell'articolo 117 della Costituzione sul riparto di competenze e funzioni tra Stato e regioni rende, infatti, impossibile la predeterminazione dei costi delle funzioni amministrative delle regioni cui ancorare il nuovo assetto decentrato delle entrate e delle spese;
tale limite incide anche sulla assegnazione dei beni statali;
per rendersi conto di ciò, è sufficiente evidenziare che l'articolo 19, primo comma, lettera a) della legge n. 42 del 2009 indica, tra gli altri, quale principio e criterio direttivo per l'esercizio della delega l'attribuzione dei beni commisurata «alle competenze e finzioni effettivamente svolte o esercitate dalle diverse regioni ed enti locali»;
l'incertezza sulle competenze regionali determina, pertanto, l'impossibilità di attribuire alle regioni beni commisurati alle funzioni effettivamente disimpegnate;
ad analoghe conclusioni si perviene con riguardo alla mancata approvazione del nuovo codice delle autonomie locali;
lo schema di decreto prevede un'attribuzione di beni statali che non tiene conto della necessaria e preliminare ri

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scrittura delle competenze e delle funzioni di comuni, province e città metropolitane;
il nuovo codice delle autonomie locali è, infatti, ancora in discussione alla Camera dei deputati senza che si possano fare previsioni certe sulla sua definitiva e rapida approvazione;
cosa ancor più grave, lo schema di decreto utilizza il trasferimento dei beni statali come strumento principale (se non esclusivo) per ripianare il debito pubblico locale e non per consentire al sistema delle autonomie di rendere più efficiente l'esercizio delle funzioni;
tale modo di procedere produce, quindi, un doppio e contemporaneo danno: l'indiscriminata sottrazione dei beni alla garanzia del debito pubblico statale e l'impossibilità di rendere efficiente il «federalismo istituzionale»;
inoltre, i beni del demanio e del patrimonio dello Stato servono a garantire il debito pubblico e la loro alienazione dovrebbe servire ad abbattere gli oneri derivanti dal pagamento degli interessi;
la legge delega non dice chi e come debba farsi carico degli oneri derivanti dal debito pubblico;
tale grave omissione produce effetti negativi anche sulla concreta attuazione del federalismo fiscale;
è, infatti, evidente che lo Stato deve sempre garantire il debito e pagarne gli interessi;
lo schema di decreto sottrae alla garanzia patrimoniale beni senza che sia predeterminata l'entità economica di una siffatta sottrazione e, quindi, la sua incidenza attuale e concreta sui conti pubblici;
ciò che emerge con chiarezza è che il passaggio di beni statali alle regioni e agli enti locali determina, comunque, un depauperamento del patrimonio nazionale e, quindi, un indebolimento della garanzia del debito;
la destinazione diretta del patrimonio trasferito alla dismissione, da parte dei destinatari della assegnazione, determina poi certamente l'abbattimento di una parte dei debiti contratti dagli enti locali, ma anche l'impossibilità per lo Stato di realizzare risorse sufficienti ad ammortizzare con efficacia il pagamento degli interessi sul debito;
si tratta, pertanto, di un provvedimento che opera uno squilibrio sul sistema dei conti pubblici rendendo in via permanente lo Stato più debole nell'adempimento degli obblighi di finanza pubblica derivanti da trattati e accordi internazionali e comunitari;
rilevato, in particolare, che:
il fine della valorizzazione dei patrimonio immobiliare è definito «funzionale» nello schema di decreto, cioè diretto a favorire la massima valorizzazione dei beni anche con riferimento all'attribuzione diretta dei beni immobili dello Stato a fondi comuni di investimento immobiliare;
tuttavia non appare coerente con tale finalità la previsione di attribuire un medesimo bene per quote indivise agli enti che ne facciano richiesta;
basti pensare, infatti, alla difficoltà di raggiungere le necessarie intese sui piani di valorizzazione di beni che riguardano diversi livelli di governo;
il tema della valorizzazione del patrimonio è strettamente connesso, poi, con la facoltà riconosciuta agli enti di prevedere piani di dismissione del patrimonio immobiliare;
i piani di dismissione devono, comunque, tenere conto dei vincoli giuridici e della finalità di valorizzazione del patrimonio immobiliare;
di tutto ciò non vi è alcuna traccia nello schema di decreto;
al di là della confusione concettuale operata dallo schema di decreto in ordine alla distinzione tra beni demaniali e beni patrimoniali, sembra pacifico che i beni attribuiti entrano a far parte del patrimonio disponibile (per la vendita)

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degli enti fatta eccezione per quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aereoportuale, nei cui confronti rimangono in vigore i vincoli giuridici derivanti dalla disciplina prevista dal codice civile;
si tratta di una previsione generale così ampia e fuori controllo da mettere a rischio l'esistenza fisica del patrimonio nazionale;
infatti, lo schema di decreto comporta la sdemanializzazione ope legis e il passaggio diretto al patrimonio disponibile di regioni ed enti locali di un numero non meglio definito di beni demaniali e patrimoniali indisponibili;
un tale sistema, se applicato massicciamente, compromette il bilancio dello Stato, la tenuta dei conti pubblici e la credibilità internazionale degli stessi;
il previsto trasferimento di beni al patrimonio disponibile degli enti (a parte le eccezioni relative al demanio) comporta la violazione della legge delega che impone la valorizzazione del patrimonio e la funzionalizzazione del patrimonio medesimo, di modo che il regime applicabile, in via generale ai beni trasferiti, è esclusivamente quello del patrimonio indisponibile, salvo una successiva, eventuale e motivata sclassificazione da parte dell'ente destinatario, con conseguente possibilità di cessione del bene sclassificato previo accertamento della non utilità del bene medesimo per lo svolgimento delle funzioni dell'ente e specificazione della destinazione a fini pubblici individuati, dei proventi di dismissione;
lo schema di decreto si rivela assolutamente carente sotto il profilo della correlazione tra assegnazione del bene e capacità finanziaria dell'ente destinatario dello stesso;
è, infatti, indispensabile evitare che gli enti assegnatari non abbiano risorse sufficienti per garantire una corretta gestione e tutela dei beni trasferiti;
è, altresì, necessario evitare che l'utilizzo dei proventi derivanti dai processi di dismissione serva a coprire disavanzi finanziari prima ancora di assicurare la valorizzazione del patrimonio assegnato;
lo schema di decreto non offre alcuna garanzia al riguardo perché mancano criteri puntuali e parametri predefiniti per valutare l'idoneità dell'ente destinatario di poter gestire, tutelare e valorizzare i beni assegnati;
manca nello schema di decreto qualsiasi indicazione sui criteri e le competenze per dirimere i contenziosi tra enti interessati ai trasferimenti, specialmente se questi ultimi appartengono agli stessi livelli di governo;
l'articolo 19, primo comma, lettera c) prevede il «ricorso alla concertazione in sede di Conferenza Unificata, ai fini della attribuzione dei beni a comuni, province, città metropolitane e regioni,»;
lo schema di decreto, in violazione dei suddetti principi e criteri direttivi, sottrae allo Stato il potere esclusivo d'individuazione dei beni da trasferire;
lo schema di decreto prevede, infatti, che l'individuazione dei beni avvenga d'intesa con la Conferenza Unificata mentre la legge delega limita alla solo fase della assegnazione il confronto con la Conferenza Unificata;
confronto, peraltro, che non deve avere i requisiti di sostanza e di forma della «intesa» ma solo della «concertazione»;
si tratta, pertanto, di una grave violazione della delega in quanto la fase della individuazione è posta esclusivamente in capo allo Stato proprio perché quest'ultimo deve valutare «da solo» quali beni restano funzionali al perseguimento dei suoi fini istituzionali e quali, viceversa, possono essere destinati a migliorare il funzionamento di regioni ed enti locali;
attribuire alla Conferenza Unificata il compito di decidere con la Stato quali beni di proprietà di quest'ultimo dismettere

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introduce ulteriori elementi di disgregazione della unità giuridica ed economica della Repubblica;
lo schema di decreto è in contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale n. 340 del 2009 nella parte in cui ritiene che la destinazione urbanistica sia determinata nel rispetto delle disposizioni e delle procedure stabilite dalle norme vigenti;
l'articolo 6 dello schema di decreto è palesemente in contrasto con l'articolo 19 della legge n. 42 del 2009 perché il legislatore non ha autorizzato l'esecutivo a riformare la disciplina dei fondi immobiliari pubblici;
peraltro, una siffatta e illegittima riforma avverrebbe con una modifica di una disciplina di rango primario ad opera di una fonte di rango secondario e per lo più attuando una forma di delegificazione sulla base di una norma delegata;
l'articolo 6 prevede, inoltre, il conferimento a fondi immobiliari in proporzione al valore dei beni fissato al momento del loro trasferimento con superamento dei valori storici, senza che tuttavia sia prevista una procedura per l'aggiornamento dei valori di mercato;
tale carenza può comportare rischi distorsivi nella gestione dei fondi immobiliari connessi alla possibile sottovalutazione del valore reale dei beni trasferiti;
manca nello schema di decreto una ricostruzione complessiva del rilievo finanziario dei trasferimenti: siffatta ricostruzione è oggettivamente necessaria ai fini della omogenea distribuzione dei trasferimenti sul territorio nazionale;
una siffatta analisi è, infatti, preliminare a un processo equo ed efficace di «federalismo demaniale»;
manca una valutazione dei beni da trasferire appartenenti al demanio;
è noto, infatti, che non sono stati inseriti nel patrimonio con una propria valorizzazione i beni del demanio suscettibili di utilizzazione economica;
ne deriva che il mantenimento degli stessi nel regime giuridico dettato per i beni demaniali dal codice civile e da quello della navigazione per i beni trasferibili appartenenti al demanio marittimo, idrico e aereoportuale riduce di molto il rilievo del loro valore;
molto limitato è l'apporto dei possibili trasferimenti dalla Difesa tenuto conto che la legge finanziaria per il 2010 esclude dal trasferimento i beni destinati alla Difesa s.p.a. (destinati ad una valorizzazione «separata»);
lo schema di decreto non tiene conto del fatto che, secondo i dati forniti dall'Agenzia del demanio e dal rendiconto generale dello Stato, è molto basso il rendimento dei fabbricati, con un livello inferiore al valore limite previsto per la manutenzione ordinaria (3 per cento);
l'incremento della redditività è, pertanto, connesso al contemporaneo incremento delle spese di manutenzione per garantirne l'utilizzabilità;
i proventi derivanti dalla gestione del demanio marittimo sono differenti nel territorio nazionale in considerazione della differente capacità dimostrata dalle amministrazioni locali di gestione del demanio stesso, della diversa attenzione nel dare attuazione alle vigenti normative in tema di adeguamento dei canoni nei confronti dei concessionari e dei numerosi contenziosi ancora oggi esistenti;
al riguardo, lo schema di decreto non offre sufficienti garanzie in ordine alla chiara definizione delle responsabilità gestionali e dei riferimenti programmatici;
ne deriva l'incertezza sull'effettivo miglioramento nell'utilizzo del patrimonio pubblico a seguito del «federalismo demaniale»;
lo schema di decreto prevede l'assoluta discrezionalità del Presidente del Consiglio nella individuazione e nella assegnazione dei beni;
tale meccanismo, unitamente alla assegnazione a domanda dei beni dello

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Stato, ne comporta una disomogenea e frazionata distribuzione sul territorio poco produttiva, non strettamente connessa alle strumentali funzioni trasferite, con il conseguente appesantimento dei costi sostenuti dalle amministrazioni destinatarie.
Considerato, inoltre, che:
le suesposte osservazioni critiche sono solo in parte recepite nella proposta di parere del relatore di maggioranza;
infatti, pur condividendo le osservazioni ivi contenute, la proposta del relatore non supera le questioni principali che rendono inidoneo lo schema di decreto alla efficace ed equa attuazione del «federalismo demaniale»;
né supera le questioni specifiche relative alla attribuzione di quote indivise dei beni a comuni, province, città metropolitane e regioni e alla loro valorizzazione funzionale; alla mancanza dei criteri per la valutazione dei beni (visto che la procedura di attivazione della conferenza di servizi per «la massima valorizzazione dei beni trasferiti» è esclusivamente indirizzata ad acquisire autorizzazioni, assensi e approvazioni necessarie per la variazione di destinazione urbanistica); alla questione dei vincoli giuridici esistenti; alla previsione dei Fondi comuni di investimento e, in special modo, ai criteri ai quali riferire il conferimento ai fondi immobiliari in relazione al valore dei beni conferiti; alla mancanza di una ricostruzione complessiva del rilievo finanziario dei trasferimenti (necessaria per una omogenea distribuzione dei beni sul territorio nazionale che dovrebbe sovraintendere il processo di «federalismo demaniale»); alla possibile ridotta valenza finanziaria dei beni trasferiti; al mantenimento dei meccanismi discrezionali (del Presidente del Consiglio) che comportano una disomogenea e frazionata distribuzione nel territorio poco produttiva, non strettamente connessa alle strumentali funzioni trasferite, oltre all'inevitabile appesantimento dei costi sostenuti dalle amministrazione destinatarie; ad una più equa ripartizione delle risorse ottenute dagli enti locali in seguito alla dismissione degli immobili, che nella quota da destinare al fondo ammortamento dei titoli di stato è insufficiente (solo il 15 per cento).
Osservato, inoltre, che:
il testo appare eccessivamente ricco di aspetti procedurali e assolutamente povero di regole e di principi efficaci alla corretta attuazione del «federalismo demaniale»;
il mancato trasferimento agli enti locali del demanio stradale e delle reti potrà creare parecchi problemi in ordine alla gestione economica di tali beni (si pensi ad esempio agli oneri concessori che andranno frazionati tra Stato ed enti locali in funzione dei territori attraversati);
lo schema di decreto non prevede alcuna disciplina per la futura gestione dei demani idrico e marittimo che, per loro natura, hanno valenza sovra regionale;
tale omissione rischia di compromettere la libertà di concorrenza (costituzionalmente protetta con una competenza esclusiva in capo allo Stato) con particolare riferimento agli usi pubblici e privati connessi alle captazioni e immissioni di acque;
lo schema di decreto legislativo manca d'indicazioni sul trasferimento delle competenze statali sugli usi e la gestione, oltre che sulla riscossione dei canoni dei demani trasferiti;
lo schema di decreto non offre alcuna indicazione sui criteri economici di valutazione del demanio idrico e marittimo e delle miniere (si pensi al fatto che il più delle volte il reddito prodotto è frutto degli investimenti statali);
il patrimonio disponibile trasferito, così come i demani, è localizzato in un numero limitato di Comuni e in proporzioni molto diverse sia in termini di valore che di potenzialità di valorizzazione senza che sia previsto alcun meccanismo risarcitorio o compensativo per gli enti locali cui non sarà trasferito alcun bene statale;

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non è dato comprendere se il mancato introito dell'I.C.I. da parte dei comuni sul patrimonio disponibile dello Stato sarà considerato nella valutazione dei minori trasferimenti, calcolati in base al reddito prodotto;
non è dato comprendere se i costi di valorizzazione funzionale sono tutti a carico degli enti locali anche quando sono superiori al valore del bene immobile attribuito;
non viene fornito alcun chiarimento sulla esclusione dai vincoli del Patto di Stabilità interno dei costi di gestione del patrimonio immobiliare da parte degli enti locali, per un importo pari a quello già sostenuto dall'amministrazione statale e su come ciò impatti sulle entrate fiscali, locali e statali;
non sono fissate regole chiare per la trasformazione di porzioni di demanio in patrimonio indisponibile;
non sono attribuite ai comuni quelle porzioni di demanio idrico e marittimo che sono all'interno del perimetro dei centri abitati così come definiti dal piano regolatore generale;
una siffatta ingiustificata sottrazione pregiudica senza motivo lo sviluppo ambientale ed economico locale;
appare ingiustificato il diverso regime giuridico riservato al patrimonio militare rispetto a quello previsto per il demanio e il patrimonio civile;
lo schema di decreto non prevede un termine per il perfezionamento degli accordi e delle intese per i quali si prevede la esclusione dal trasferimento gratuito obbligando in molti casi gli enti locali a pagare il bene dello Stato che, in caso di inerzia, gli sarebbe pervenuto gratuitamente;
non è previsto alcun sistema di raffreddamento o di risoluzione delle controversie tra enti e tra Stato ed enti relative ai trasferimenti dei beni;
esprime

PARERE CONTRARIO