CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 13 maggio 2010
323.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale
ALLEGATO
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ALLEGATO

Schema di decreto legislativo recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio. (Atto n. 196).

PROPOSTA DI PARERE PRESENTATA DAI RELATORI

La Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante «Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n.42», approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2009;
premesso che:
sullo schema di decreto non è stata acquisita l'intesa con la Conferenza unificata prescritta dall'articolo 2, comma 2, secondo periodo, della legge n.42 e che, conseguentemente, è stata trasmessa alle Camere la relazione, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della medesima legge, che indica le specifiche motivazioni per cui l'intesa non è stata conclusa entro il termine di trenta giorni previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
lo schema di decreto è stato sottoposto, su iniziativa del Ministro per la semplificazione normativa, alla Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali e che tale organismo ha espresso parere favorevole su un testo, allegato alla predetta relazione, che ha recepito una serie di indicazioni emerse dal confronto con le Autonomie locali ed, in particolare, con l'ANCI e l'UPI;
considerato che:
l'attribuzione di un patrimonio alle Regioni e agli Enti locali trova il suo fondamento nell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante riforma del Titolo V della Costituzione;
il trasferimento di beni statali agli enti territoriali, prefigurato dallo schema di decreto, costituisce il primo adempimento formale del processo di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione delineato dalla legge n.42, i cui criteri direttivi dovranno tutti trovare una compiuta e coerente declinazione nei successivi decreti delegati, al fine di preservare il complesso equilibrio politico, raggiunto in sede di esame parlamentare della legge delega, tra i canoni dell'autonomia e della responsabilità degli enti territoriali ed i principi di solidarietà sociale e coesione nazionale sottesi al nostro ordinamento costituzionale; la realizzazione del federalismo fiscale potrà in tal senso configurarsi come un nuova e più avanzata modalità di governo di un sistema istituzionale policentrico e multilivello, volta a consentire una attuazione più efficace ed efficiente delle politiche pubbliche, migliorando quantità, qualità, economicità ed uniformità sul territorio nazionale del livello dei servizi pubblici offerti a cittadini ed imprese;
in tale quadro, il federalismo patrimoniale, lungi dall'essere inteso come uno strumento volto al soddisfacimento di egoismi territoriali ovvero a depauperare il patrimonio statale, vuole rappresentare un nuovo e più moderno approccio per la gestione e la valorizzazione dei beni pubblici,

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un'opportunità per ampliare le potenzialità di utilizzo di un patrimonio spesso, in passato, trascurato o inadeguatamente messo a reddito; esso costituisce inoltre un'occasione per riqualificare beni demaniali che scontano oggi, sovente, una divaricazione tra il soggetto proprietario, l'ente gestore delle funzioni amministrative ed il livello territoriale sul quale gli stessi beni insistono, che ne rende complessa e farraginosa la effettiva valorizzazione nell'interesse della collettività;
constatato che:
negli ultimi anni il Legislatore è più volte intervenuto in materia di ricognizione, dismissione e valorizzazione del patrimonio dello Stato, delle regioni e degli enti locali, con un approccio in larga parte rinvenibile nell'esigenza di razionalizzazione e contenimento della spesa; a tal fine, con la legge finanziaria per il 2010 si è da ultimo provveduto, tra l'altro, a riunificare in capo all'Agenzia del Demanio ulteriori compiti di gestione degli immobili, configurando un meccanismo finalizzato all'ottimizzazione degli spazi allocativi a disposizione delle Amministrazioni - sia a titolo di locazioni passive, sia a titolo di usi governativi -, alla razionalizzazione degli interventi manutentivi e al monitoraggio dei relativi oneri; è stata inoltre avviata una vasta opera di ricognizione del patrimonio pubblico, supportata anche attraverso l'introduzione di stringenti obblighi di comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze relativi ai portafogli immobiliari detenuti dalle Amministrazioni pubbliche, ivi inclusi gli enti territoriali, finalizzati, tra l'altro, alla redazione del conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato;
sulla base dei dati forniti dall'Agenzia del demanio i beni del patrimonio disponibile dello Stato sono 18.959, di cui 9127 fabbricati e 9832 terreni, distribuiti in modo disomogeneo sul territorio nazionale, con una accentuata loro concentrazione in alcune regioni centro settentrionali; il valore inventariale di tali beni ammonta nel complesso a circa 3,2 miliardi di euro, di cui circa 1,9 rappresentati da fabbricati e 1,3 miliardi da terreni; i beni del patrimonio indisponibile sono invece 22.716, di cui 20.135 fabbricati e 2.581 terreni, per un totale a valore di libro di circa 30 miliardi di euro; i beni del demanio storico artistico, riferiti sia ai beni in consegna al Ministero per i beni e le attività culturali, sia all'Agenzia del demanio, sono 4.642, di cui 3.161 fabbricati e 1481 terreni, per un valore risultante dal conto generale del patrimonio 2008 pari a circa 16, 3 miliardi euro; le altre categorie di demanio non sono ad oggi oggetto di valutazione economica;
tra i beni rientranti nel patrimonio disponibile, il valore dei beni in uso agli enti locali ammonta a circa 0,73 miliardi di euro, quello dei beni di dichiarato interesse dei medesimi enti a 0,39 miliardi, quello dei beni oggetto di formali accordi con gli enti a 0,96 miliardi; il valore dei beni liberi ammonta invece a 1, 04 miliardi di euro e quello dei beni in uso a privati a 0,18 miliardi;
sulla base di tale consistenza patrimoniale e di quanto riportato dalla Corte dei Conti, i beni trasferibili rappresentano circa il 3 per cento della consistenza del patrimonio locale al 31 dicembre 2008; ove si guardi al solo patrimonio immobiliare disponibile (sempre in termini di terreni e fabbricati), i beni attribuibili comporterebbero un incremento del 16, 2 per cento dei valori patrimoniali disponibili degli enti locali;
rilevato, in particolare, che:
nella prospettiva del migliore esercizio delle funzioni pubbliche articolate tra i diversi livelli di governo, lo schema di decreto legislativo in titolo rinviene correttamente nel principio della «massima valorizzazione funzionale» il criterio generale che presiede l'attribuzione di beni statali agli enti territoriali; tale criterio, enunciato all'articolo 1, comma 2 e richiamato nel successivo articolo 2, comma 4 - che ne rafforza la valenza

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ponendo a carico degli enti il dovere assicurare forme di pubblicizzazione dei processi di valorizzazione intrapresi - non è peraltro inteso come un obbligo di utilizzare i beni trasferiti in via strumentale ai fini dell'esercizio delle funzioni amministrative e dei compiti istituzionali propri dei diversi enti territoriali, posto che ai sensi dell'articolo 2, comma 5, lettera b), le Regioni e gli Enti locali possono anche autonomamente decidere di inserire i beni acquisiti in processi di alienazione e dismissione, secondo le procedure di cui all'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, in ordine alle quali occorre peraltro tenere conto della sentenza della Corte costituzionale n. 340 del 2009, la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 58, comma 2, del predetto decreto - legge n. 112, per contrasto con l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto nella materia «governo del territorio» lo Stato ha soltanto il potere di fissare i principi fondamentali, spettando alle Regioni il potere di emanare la normativa di dettaglio;
seppur ribadito in diverse parti del testo dello schema di decreto, il criterio della valorizzazione funzionale non assume un carattere peculiare rispetto alle altre opzioni di utilizzo dei beni trasferiti da parte degli enti, stante anche l'assenza della previsione di una motivazione delle richieste di assegnazione dei beni da parte degli enti territoriali;
al fine di soddisfare il criterio della capacità finanziaria, lo schema di decreto prevede che i beni possano essere attribuiti in via diretta a uno o più fondi immobiliari già costituiti o da costituire da parte di uno o più enti territoriali, prevedendo altresì, all'articolo 6, un riordino della disciplina vigente di tali strumenti da effettuare con appositi regolamenti di delegificazione, ciò ancorché la legge di delega non rechi un esplicito criterio direttivo per l'adeguamento della disciplina dei fondi comuni immobiliari chiusi istituiti con apporto di beni immobili;
lo schema di decreto non reca alcuna indicazione in ordine alla destinazione dei proventi di eventuali processi di alienazione dei beni immobili trasferiti - a differenza di quanto previsto per le dismissioni immobiliari dello Stato, per le quali vige un vincolo di destinazione dei relativi proventi a riduzione del debito pubblico - i quali potrebbero pertanto essere utilizzati per coprire disavanzi di bilancio ovvero il mancato raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, come del resto previsto dal criterio di delega di cui di cui all'articolo 17, comma 1, lettera e) della legge n.42/09, che prevede l'introduzione, nei confronti degli enti meno virtuosi rispetto agli obiettivi di finanza pubblica, di un sistema sanzionatorio che dispone il divieto dell'assunzione di personale e di iscrizione in bilancio di spese discrezionali sino all'assunzione da parte dell'ente di provvedimenti idonei a raggiungere gli obiettivi, fra i quali è specificamente annoverata anche l'alienazione di beni rientranti nel patrimonio disponibile dell'ente;
la possibile dismissione di beni immobili da parte degli enti meno virtuosi in termini di equilibri di bilancio al fine di sottrarsi all'applicazione delle sanzioni in caso di scostamento dagli obiettivi di finanza pubblica, potrebbe determinare fenomeni di sperequazione tra gli enti che abbiano sul proprio territorio un diverso numero e valore di cespiti immobiliari trasferibili ai sensi dello schema di decreto, considerato anche che le aree e i fabbricati di proprietà dello Stato suscettibili di trasferimento sono distribuiti in modo disomogeneo sul territorio nazionale;
la definizione di criteri e tempi per la riduzione delle risorse spettanti agli enti territoriali a seguito dell'attribuzione di beni statali è demandata, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, dello schema di decreto, ad un DPCM, senza tuttavia prevedere un coinvolgimento degli enti territoriali, ciò nonostante la materia del coordinamento della finanza pubblica sia oggetto di legislazione concorrente tra lo

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Stato e le Regioni ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione;
considerato che, in relazione alla disciplina delle concessioni di derivazione idroelettrica, emerge la possibilità che vengano stabiliti dalle amministrazioni regionali canoni di concessione che potranno essere anche notevolmente diversificati da regione a regione e che questa possibilità, già consentita nel vigente assetto costituzionale e ordinamentale (in particolare a seguito dell'attuazione della legge n. 59 del 1997 e della legge costituzionale n. 3 del 2001), anche alla stregua della giurisprudenza costituzionale, potrebbe comportare conseguenze sulla tutela della concorrenza, materia di competenza esclusiva statale, posto che, in effetti, l'assenza, riduzione o aumento del costo rappresentato dai canoni per l'utilizzo delle derivazioni d'acqua incide sul confronto competitivo per le imprese, il quale si realizza, peraltro, non nell'ambito di singoli territori, ma a livello nazionale, attraverso la Borsa elettrica; tenuto conto, inoltre, del fatto che un regime di costi eccessivamente differenziati tra Regioni rischia verisimilmente di determinare dei sovracosti che, sebbene originati in uno specifico territorio, si rifletterebbero su tutti i consumatori italiani, per via del vigente criterio del prezzo unico nazionale (PUN), criterio equitativo finalizzato proprio a spalmare sull'intera collettività gli eventuali maggiori costi dell'energia in alcune zone del paese, maggiori costi determinati da fattori strutturali;
sottolineata, pertanto, l'esigenza di:
definire una procedura di consultazione preventiva tesa a favorire l'utilizzo ottimale dei beni pubblici da parte dei diversi livelli territoriali in relazione alle funzioni pubbliche primarie loro attribuite, disponendo a tal fine che gli enti territoriali e le Amministrazioni statali periferiche possano procedere, in ambito provinciale, a reciproche consultazioni attraverso il coordinamento del Presidente della Giunta regionale d'intesa con i Prefetti competenti;
procedere ad una attribuzione dei beni statali agli enti territoriali che tenga conto del riparto delle funzioni pubbliche tra i diversi livelli di governo e della disomogeneità della distribuzione dei beni statali sul territorio nazionale, prevedendo in particolare una equilibrata ripartizione dei beni demaniali tra le Regioni e le Province, anche con riferimento alla fruizione dei proventi dei canoni concessori concernenti, segnatamente, il demanio idrico;
coordinare la disciplina introdotta dallo schema di decreto con la normativa codicistica in materia di beni pubblici, specificando in particolare che resta riservato allo Stato la dichiarazione dell'eventuale passaggio al patrimonio dei beni demaniali trasferiti agli enti territoriali;
delimitare con maggiore chiarezza il perimetro dei beni suscettibili di essere trasferiti, rivisitando al contempo le procedure di individuazione, attribuzione e trasferimento dei beni delineate dallo schema di decreto, anche al fine di prevedere, a carico degli enti territoriali, specifici obblighi di motivazione delle domande attribuzione dei beni - alle quali dovrebbe essere allegata una declaratoria in ordine alle finalità e modalità di utilizzazione dei beni - da rendere cogenti per gli enti territoriali attraverso l'introduzione di meccanismi sanzionatori, in caso di utilizzo difforme dei beni, attivabili attraverso l'esercizio del potere sostitutivo da parte del Governo;
riconoscere più estese forme di partecipazione a favore delle autonomie territoriali, con particolare riferimento al coinvolgimento degli enti territoriali nel procedimento di riduzione delle risorse ad essi da attivare a seguito del trasferimento dei beni;
prevedere una esplicita esclusione dai vincoli relativi al rispetto del patto di stabilità interno degli oneri di gestione del bene trasferito per un importo corrispondente alle spese già sostenute dallo Stato, disponendo altresì, al fine di evitare duplicazioni di spesa, le occorrenti variazioni

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di bilancio per la corrispondente riduzione degli stanziamenti dei capitoli di spesa del bilancio dello Stato interessati;
introdurre, al fine di preservare gli equilibri di bilancio e contribuire al risanamento dei conti pubblici, stringenti vincoli in ordine alla destinazione dei proventi derivanti a ciascuna Regione ed ente locale dall'eventuale alienazione degli immobili del patrimonio disponibile loro attribuito ai sensi dello schema di decreto legislativo, disponendo in particolare un vincolo prioritario non derogabile di destinazione della quota prevalente di tali proventi alla riduzione del debito dell'ente e, in assenza del debito o comunque per l'eventuale parte restante, a spese di investimento, e della residua quota al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato;
evidenziata, infine, la necessità di fare della valorizzazione del patrimonio, a vantaggio delle comunità locali e di tutta la collettività nazionale, l'elemento cardine del processo di trasferimento dei beni dello Stato agli enti territoriali, anche al fine di un più efficiente e razionale governo del territorio;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
a) con riferimento al comma 1 dell'articolo 1 dello schema di decreto legislativo, si espunga il riferimento alla richiesta dell'ente territoriale interessato ai fini dell'attribuzione a titolo non oneroso dei beni statali, stante l'esigenza di consentire, limitatamente ad alcune tipologie di beni - e segnatamente dei beni del demanio marittimo ed idrico - una attribuzione ope legis dei beni medesimi;
b) con riferimento alla procedura di individuazione e attribuzione dei beni, si riformulino il commi 1 e 2 dell'articolo 2, al fine di chiarire che lo Stato, previa intesa in sede di Conferenza unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, secondo i criteri specificati dal comma 5 del medesimo articolo 2 e sulla base di quanto previsto dall'articolo 3;
c) con riferimento al comma 3 dell'articolo 2, il quale dispone che, in applicazione del principio di sussidiarietà, qualora un bene non sia attribuito ad un ente territoriale di un determinato livello di governo, lo Stato può comunque procedere, sulla base delle domande avanzate, all'attribuzione del bene medesimo ad un ente territoriale di un diverso livello di Governo, si chiarisca la portata della previsione, specificando che lo Stato è tenuto comunque a procedere all'assegnazione del bene ad un diverso livello di governo;
d) con riferimento al comma 4 dell'articolo 2 dello schema, sia specificato, al primo periodo, che l'ente territoriale dispone del bene a «seguito del trasferimento» e non, come previsto nel testo, «dell'attribuzione» del medesimo;
e) con riferimento al medesimo comma 4 dell'articolo 2, si sostituisca il termine «pubblicazione» con quello di «divulgazione»; al secondo periodo si estenda inoltre la facoltà di indire forme di consultazione popolare ad ogni ente territoriale impegnato nella valorizzazione funzionale dei beni, non limitandola, come previsto dal testo, solo ai comuni;
f) con riferimento alla lettera a) del comma 5 dell'articolo 2, in luogo al generico riferimento alla «tipologia dei beni trasferiti» si faccia riferimento alla «tipologia del singolo bene o del gruppo di beni» quale criterio cui ricorrere, in applicazione dei criteri di sussidiarietà, adeguatezza e territorialità, ai fini dell'attribuzione dei beni ad un livello di governo diverso da quello comunale;
g) con riferimento alla lettera b) del comma 5 dell'articolo 2, si integri la disposizione nel senso indicato dalle autonomie locali, prevedendo che la deliberazione dell'ente territoriale di approvazione del piano di alienazioni sia trasmessa ad un'apposita conferenza di servizi (alla

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quale partecipano il comune, la provincia, la città metropolitana e la regione interessati), la cui determinazione finale costituisca provvedimento unico di autorizzazione delle varianti allo strumento urbanistico generale; in conformità ai rilievi espressi dalla I Commissione Affari Costituzionali della Camera ed al fine di salvaguardare le prerogative in tale ambito riconosciute alle regioni, si specifichi altresì che sono fatte salve le procedure e le determinazioni adottate da organismi istituiti da leggi regionali con le modalità ivi stabilite;
h) con riferimento alla lettera c) del comma 5 dell'articolo 2 dello schema, si espunga il secondo periodo laddove si prevede, tra l'altro, che l'attribuzione dei beni immobili appartenenti allo Stato possa avvenire mediante attribuzione diretta dei beni a fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti o da costituire, da parte di uno o più enti territoriali;
i) si riformulino le procedure di attribuzione e trasferimento dei beni di cui all'articolo 3, al fine di prevedere, mediante l'inserimento nel testo dell'articolo di uno o più commi, che ferme restando le funzioni amministrative già conferite agli enti territoriali in base alla normativa vigente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le regioni e con gli altri Ministri competenti per materia, da adottarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, siano trasferiti alle Regioni, unitamente alle relative pertinenze, i beni del demanio marittimo ed i beni del demanio idrico, ad eccezione dei laghi chiusi privi di emissari di superficie che insistono sul territorio di una sola Provincia, che assieme alle miniere ubicate su terraferma debbono essere trasferiti alle Province; si disponga, inoltre, che una quota dei proventi dei canoni ricavati dall'utilizzazione del demanio idrico trasferito, tenendo conto dell'entità delle risorse idriche che insistono sul territorio della Provincia e delle funzioni amministrative esercitate dalla medesima, sia destinata da ciascuna Regione alle Province, sulla base di un'intesa conclusa fra la Regione e le singole Province sul cui territorio insistono i medesimi beni del demanio idrico; si preveda infine che decorso un anno dalla data di entrata in vigore del decreto senza che sia stata conclusa la predetta intesa, il Governo eserciti il potere sostitutivo di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, al fine di determinare, tenendo conto dei medesimi criteri, la quota da destinare alle singole Province;
l) con riferimento al primo periodo del comma 1 dell'articolo 3, il quale dispone che i beni sono individuati e attribuiti ad uno o più livelli di governo territoriale, mediante l'inserimento in appositi elenchi, si riformuli la disposizione specificando che - salvo quanto indicato nella condizione di cui alla lettera i) del presente parere - i beni sono individuati ai fini della loro attribuzione ad uno o più enti appartenenti a uno o più livelli di governo, coordinandola in tal modo con il disposto dell'articolo 2, comma 1, dello schema di decreto;
m) sia soppresso il riferimento di cui al secondo periodo del comma 1 dell'articolo 3 - che senza stabilire un termine temporale prevede l'adozione di eventuali decreti del Presidente del Consiglio dei ministri integrativi o modificativi degli elenchi per l'individuazione ed attribuzione dei beni;
n) alla fine del primo periodo del comma 1 dell'articolo 3, sia specificato che i beni da attribuire agli enti territoriali possono essere individuati singolarmente o per gruppi;
o) con riferimento al terzo periodo del già citato comma 1 dell'articolo 3, si integri la disposizione nel senso indicato dalle autonomie locali, specificando che gli elementi informativi di cui devono essere

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corredati gli elenchi dei beni da trasferire riguardano anche lo stato giuridico, la consistenza, il valore del bene, le entrate corrispondenti ed i relativi costi di gestione; si sostituisca, inoltre, la locuzione «producono effetti» con la seguente: «acquistano efficacia»;
p) con riferimento al comma 2 dell'articolo 3 dello schema, si riformuli il primo periodo al fine di prevedere che le Regioni e gli enti locali che intendano acquisire i beni contenuti negli elenchi sono chiamati a presentare, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, un'apposita domanda di attribuzione all'Agenzia del Demanio, alla quale deve essere allegata una relazione sottoscritta dal rappresentante legale dell'ente che specifichi finalità e modalità di utilizzazione del bene, la relativa tempistica ed economicità, nonché la destinazione del bene medesimo; per i beni che nei citati elenchi sono individuati in gruppi, si preveda, inoltre, che la domanda di attribuzione debba riferirsi a tutti i beni compresi in ciascun gruppo e che la citata relazione indichi le finalità e le modalità prevalenti di utilizzazione; conseguentemente, si inserisca nel testo un apposito comma volto a prevedere un meccanismo sanzionatorio in base al quale qualora l'ente territoriale non utilizzi il bene nel rispetto delle finalità e dei tempi indicati nella suddetta relazione il Governo eserciti il potere sostitutivo di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, ciò al fine di assicurare la migliore utilizzazione del bene, anche attraverso il conferimento del medesimo ad un apposito patrimonio vincolato;
r) al fine di determinare il regime applicabile ai beni suscettibili di essere trasferiti inseriti negli elenchi ma per i quali non sia stata presentata alcuna domanda di attribuzione, si aggiunga alla fine dell'articolo 3, uno specifico comma il quale preveda che in base ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi con le medesime procedure di cui al comma 1, i beni per i quali non sia stata presentata domanda di attribuzione confluiscano in un patrimonio vincolato affidato all'Agenzia del Demanio o all'Amministrazione che ne cura la gestione, che provvede alla valorizzazione e alienazione degli stessi beni, d'intesa con le Regioni e gli enti locali interessati, sulla base di appositi accordi di programma o protocolli di intesa; si disponga, inoltre, che decorsi trentasei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di inserimento nel patrimonio vincolato, i beni per i quali non si sia proceduto alla stipula degli accordi di programma ovvero dei protocolli d'intesa, rientrano nella piena disponibilità dello Stato;
s) con riferimento al secondo periodo del comma 2 dell'articolo 3, si estenda da trenta a sessanta giorni il termine entro il quale è adottato, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, l'ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei ministri riguardante l'attribuzione dei beni, prevedendo altresì che lo stesso sia adottato sentite le Regioni e gli enti locali interessati;
t) con riferimento al comma 1, primo periodo, dell'articolo 4, si integri la disposizione prevedendo che i beni sono trasferiti con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi «salvo quanto previsto dall'articolo 111 del codice di procedura civile»; al secondo periodo, si specifichi che ove ne ricorrano i presupposti, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di attribuzione dei di beni demaniali diversi da quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, «può disporre motivatamente il mantenimento dei beni stessi nel demanio o l'inclusione nel patrimonio indisponibile»; infine, in conformità ai rilievi espressi dalla I Commissione Affari Costituzionali della Camera, si aggiunga un periodo volto a specificare che «per i beni trasferiti che restano assoggettati al regime dei beni demaniali ai sensi dell'articolo 4, l'eventuale passaggio al patrimonio è dichiarato dall'amministrazione dello Stato ai sensi

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dell'articolo 829, primo comma, del codice civile»;
u) con riferimento al comma 1 dell'articolo 5, si specifichi che assieme ai beni immobili statali indicati dall'articolo sono trasferiti anche «i beni mobili statali in essi eventualmente presenti che ne costituiscono arredo o che sono posti al loro servizio»;
v) con riferimento al comma 1 dell'articolo 5, si espunga, alle lettere a), b), c), d) ed e), la parola «tutti»; alla lettera b) si espunga inoltre il riferimento ai beni del demanio idrico «di interesse regionale o provinciale», specificando che i beni trasferibili sono quelli appartenenti al demanio idrico e relative pertinenze, nonché le opere idrauliche e di bonifica di competenza statale, come definiti dagli articoli 822, 942, 945, 946 e 947 del codice civile e dalle leggi speciali di settore, «ad esclusione dei beni di ambito sovra regionale»;
z) con riferimento alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 5, la quale annovera, tra le tipologie dei beni immobili statali potenzialmente trasferibili, tutti gli aeroporti di interesse regionale, si integri la disposizione al fine di contemplare anche gli aeroporti di interesse «locale» appartenenti al demanio aeronautico civile statale e le relative pertinenze; si specifichi altresì che sono esclusi dal trasferimento gli aeroporti «diversi da quelli di interesse nazionale così come definiti dall'articolo 698 del codice della navigazione»;
aa) con riferimento alla lettera e) del comma 1 dell'articolo 5, si sostituisca il riferimento, tra i beni trasferibili, alla categoria delle aree e dei fabbricati di proprietà dello Stato, con il richiamo alla categoria residuale degli «altri beni immobili dello Stato;
bb) all'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 5, si includano tra i beni in ogni caso esclusi dal trasferimento le reti stradali di interesse statale, specificando altresì i beni immobili in uso per finalità istituzionali sono inseriti negli elenchi dei beni esclusi dal trasferimento in base a criteri di economicità;
cc) con riferimento al primo periodo del comma 3 dell'articolo 5, il quale stabilisce che le amministrazioni statali e gli altri enti devono predisporre l'elenco dei beni immobili per i quali si richiede l'esclusione, si integri la disposizione prevedendo che anche l'Agenzia del demanio compila a sua volta l'elenco dei beni di cui richiede l'esclusione;
dd) con riferimento al secondo periodo del comma 2 dell'articolo 5, si fissi in 45 giorni successivi al termine (di novanta giorni) entro il quale le amministrazioni trasmettono alla Agenzia del Demanio gli elenchi dei beni immobili di cui richiedono l'esclusione, il termine entro il quale il Direttore dell'Agenzia del demanio dovrà provvedere alla predisposizione e alla pubblicazione sul proprio sito internet dell'elenco complessivo dei beni esclusi dal trasferimento; si integri inoltre la disposizione stabilendo che il provvedimento del Direttore dell'Agenzia del Demanio debba essere redatto previo parere della Conferenza Unificata, da esprimersi entro il termine di trenta giorni;
ee) con riferimento al comma 4 dell'articolo 5, il quale prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati i beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni che li richiedono, si integri la disposizione stabilendo che il predetto DPCM deve essere adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata; si preveda, inoltre, che i beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa debbano essere non solo individuati ma anche «attribuiti» con i citati DPCM; si specifichi, infine, che i beni in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti ai sensi del comma 1, sono tra gli altri anche quelli non oggetto delle procedure di cui all'articolo 2, comma 195, della legge 23 dicembre 2009, n. 191;
ff) dopo il comma 4 dell'articolo 5, si inserisca un comma volto a prevedere che

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«nelle città sedi di porti di rilevanza nazionale possono essere trasferite al Comune aree già comprese nei porti e non più funzionali all'attività portuale e suscettibili di programmi pubblici di riqualificazione urbanistica, previa autorizzazione dell'Autorità portuale all'Agenzia del demanio».
gg) ancora con riferimento all'articolo 5, si integri la disposizione nel senso indicato dalle autonomie locali, al fine di inserire nel corpo dell'articolo un nuovo comma, il quale preveda che, nell'ambito di specifici accordi di valorizzazione e dei conseguenti programmi e piani strategici di sviluppo culturale, definiti ai sensi e con i contenuti di cui all'articolo 112, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, lo Stato provveda, entro un anno dall'entrata in vigore del decreto, al trasferimento alle Regioni e agli altri enti pubblici territoriali, ai sensi dell'articolo 54, comma 3 del citato codice, dei beni e delle cose indicati nei suddetti accordi di valorizzazione;
hh) con riferimento al comma 5 dell'articolo 5, il quale esclude in ogni caso il trasferimento dei beni costituenti la dotazione della Presidenza della Repubblica, si integri la disposizione nel senso indicato nei rilievi resi dalla I Commissione Affari costituzionali della Camera, prevedendo anche l'esclusione dei beni in uso a qualsiasi titolo al Senato della Repubblica, alla Camera dei deputati e alla Corte Costituzionale, nonché di quelli in uso a qualsiasi titolo agli organi di rilevanza costituzionale.
ii) con riferimento all'articolo 6, in conformità ai rilievi espressi dalla I Commissione Affari Costituzionali della Camera, si espungano dal testo le disposizioni di cui al comma 1 che demandano ad uno o più regolamenti il riordino e l'adeguamento della disciplina dei fondi comuni di investimento immobiliari con apporto pubblico, di cui all'articolo 14-bis della legge n. 86 del 1994 - in considerazione del fatto che la legge di delega n. 42 del 2009 non reca un esplicito criterio direttivo in materia di riordino della disciplina dei fondi comuni immobiliari chiusi istituiti con apporto di beni immobili; conseguentemente si sostituiscano i restanti commi dell'articolo prevedendo che al fine di favorire la massima valorizzazione dei beni e promuovere la capacità finanziaria degli enti territoriali, anche in attuazione del criterio della capacità finanziaria di cui all'articolo 2, comma 5, lettera c), del testo dello schema, le Regioni e gli enti locali possano conferire i beni immobili loro attribuiti ai sensi del decreto ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, istituiti ai sensi dell'articolo 37 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modifiche e integrazioni e dell'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, i cui regolamenti dei fondi prevedano che nella fase iniziale di costituzione e fino alla data di completa valorizzazione del patrimonio immobiliare del fondo, anche attraverso le procedure per l'adozione delle varianti allo strumento urbanistico, e comunque non prima che siano decorsi due anni dall'avvio dell'operatività dei fondi, la partecipazione sia riservata esclusivamente agli enti territoriali conferenti e che le quote assegnate a fronte degli apporti siano detenute dagli enti conferenti per un periodo di almeno due anni dalla data dell'apporto e, comunque, fino alla data di completa valorizzazione del patrimonio immobiliare del fondo. Si preveda, inoltre, che agli apporti di beni immobili ai fondi effettuati ai sensi del decreto si applichino, in ogni caso, le agevolazioni di cui ai commi 10 e 11 dell'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86.
ll) si inserisca nel corpo dello schema di decreto un nuovo articolo volto a definire una procedura di ulteriore attribuzione di beni a cadenza periodica, prevedendo in particolare che a decorrere dal 1o gennaio del secondo anno successivo alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da

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adottarsi ogni due anni su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le Regioni e con gli altri Ministri competenti per materia, su richiesta di Regioni ed enti locali e sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 4 e 5 del decreto legislativo medesimo, possono essere attribuiti ulteriori beni eventualmente resisi disponibili per ulteriori trasferimenti. Si disponga, inoltre, che gli enti territoriali interessati possano individuare e richiedere ulteriori beni non inseriti in precedenti decreti né in precedenti provvedimenti del Direttore dell'Agenzia del Demanio e che tali beni siano trasferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri; si preveda infine che a corredo di tali richieste sia allegata una relazione attestante i benefici derivanti alle pubbliche amministrazioni da una diversa utilizzazione funzionale dei beni o da una loro migliore valorizzazione in sede locale;
mm) si inserisca nel corpo dello schema di decreto un nuovo articolo volto a definire una procedura di consultazione preventiva tesa a favorire l'utilizzo ottimale dei beni pubblici da parte degli enti territoriali. In questa prospettiva, sia statuito che gli enti territoriali sono tenuti ad assicurare la migliore utilizzazione dei beni pubblici per lo svolgimento delle funzioni pubbliche primarie attribuite ai diversi livelli territoriali e che a tal fine, nell'ambito di ciascuna Provincia, gli enti territoriali e le Amministrazioni statali periferiche possano procedere a reciproche consultazioni attraverso il coordinamento del Presidente della Giunta regionale d'intesa con i Prefetti competenti; si preveda quindi che le risultanze di tali consultazioni siano trasmesse dai Presidenti delle Giunta regionali al Ministero dell'economia e delle finanze ai fini della migliore elaborazione delle successive proposte di sua competenza e che le stesse possano essere richiamate a sostegno delle richieste avanzate da ciascun ente;
nn) con riferimento al comma 2 dell'articolo 7, si riformuli la disposizione sostituendo il riferimento alla nozione di «criteri» per la riduzione delle risorse spettanti alle Regioni e agli enti locali, con quello di «modalità», ciò anche al fine di escludere che la riduzione delle risorse suscettibili di riduzione - che trovano talvolta fondamento in disposizioni di rango primario - sia rimessa ad ulteriori provvedimenti di rango secondario;
oo) con riferimento al medesimo comma 2 dell'articolo 7, si integri la disposizione in conformità ai rilievi espressi dalla I Commissione Affari Costituzionali della Camera e nel senso indicato dalle autonomie locali, stabilendo che i decreti del presidente del Consiglio indicati dalla norma debbono essere adottati previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ciò anche in considerazione del fatto che la disposizione in oggetto è riconducibile alla materia «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», di competenza concorrente tra Stato e regioni, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
pp) sempre con riferimento all'articolo 7, si integri la disposizione nel senso indicato dalle autonomie locali, al fine di inserire nel corpo dell'articolo un nuovo comma, il quale preveda che alle procedure di spesa relative ai beni trasferiti ai sensi delle disposizioni del decreto non si applicano i vincoli relativi al rispetto del patto di stabilità interno, per un importo corrispondente alle spese già sostenute dallo Stato per la gestione del bene trasferito; si precisi, inoltre, che tale importo dovrà essere determinato secondo criteri e con modalità da individuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo. Al fine di evitare possibili e indesiderabili duplicazioni di spesa sia infine specificato che il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad

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apportare le occorrenti variazioni di bilancio per la riduzione degli stanziamenti dei capitoli di spesa interessati;
qq) ancora con riferimento all'articolo 7, si inserisca nel corpo dell'articolo un nuovo comma, il quale preveda che le risorse nette derivanti a ciascuna Regione ed ente locale dalla eventuale alienazione degli immobili del patrimonio disponibile loro attribuito ai sensi del decreto legislativo, nonché quelle derivanti da eventuali cessioni di quote di fondi immobiliari cui i medesimi beni siano stati conferiti, sono acquisite dall'ente territoriale per un ammontare pari all'ottantacinque per cento delle stesse; si preveda, inoltre, che dette risorse siano destinate alla riduzione del debito dell'ente e, in assenza del debito o comunque per la eventuale parte restante, a spese di investimento e che la residua quota del quindici per cento sia destinata al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, rinviando ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, il Ministro per i rapporti con le regioni ed il Ministro per le riforme per il federalismo, la definizione delle modalità applicative di tale disciplina. Al fine di ottimizzare i proventi derivanti da eventuali processi di dismissione, si preveda, infine, che ciascuna Regione o ente locale possa procedere all'alienazione di immobili previa attestazione della congruità del valore del bene da parte dell'Agenzia del demanio o dell'Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze, da rendere entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta;
e le seguenti osservazioni:
1) con riferimento alla lettera d) del comma 5 dell'articolo 2 dello schema, la quale prevede la correlazione tra le competenze e funzioni effettivamente svolte o esercitate dall'ente cui è attribuito il bene e le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene medesimo, valuti il Governo, in conformità con i rilievi espressi dalla I Commissione affari costituzionali della Camera, l'esigenza di tenere conto delle modifiche che potrebbero essere apportate all'assetto delle competenze e delle funzioni esercitate da province, comuni e città metropolitane, ad opera del disegno di legge C. 3118, recante la cosiddetta «Carta delle autonomie», attualmente all'esame della medesima Commissione affari costituzionali;
2) valuti il Governo le modalità più idonee affinché sia introdotta - nei limiti e nell'ambito dell'esercizio della competenza statale esclusiva in materia di «tutela della concorrenza» di cui all'articolo 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione - una disciplina che, in vista del trasferimento del demanio idrico alle Regioni, preveda criteri uniformi per l'individuazione, da parte delle Regioni medesime, dei canoni per l'utilizzo delle derivazioni d'acqua funzionali all'esercizio degli impianti di produzione di energia, nonché le opere connesse e ausiliari, determinando a tal fine valori minimi e massimi, modulabili a livello regionale. Tali criteri potrebbero essere definiti tramite apposito decreto del Ministro per lo sviluppo economico, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sentita l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, previo parere della Conferenza unificata;
3) valuti il Governo le modalità più idonee affinché siano accelerate le procedure per assicurare piena attuazione all'articolo 27 della legge n. 42 del 2009 concernente le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

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Ulteriori proposte di condizioni formulate esclusivamente dal relatore on. Causi.
I. il trasferimento del demanio marittimo ed idrico agli enti territoriali sia subordinato ad un previo riordino del

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regime giuridico del demanio pubblico, con particolare riferimento alle esigenze di coordinamento della disciplina introdotta dallo schema di decreto con quella codicistica di cui agli articoli 822-831 del codice civile, ciò al fine di minimizzare possibili contenziosi in sede giurisdizionale che potrebbero insorgere in esito al trasferimento dei beni del demanio marittimo ed idrico; in tale prospettiva, si preveda l'istituzione, in coerenza con il disposto di cui all'articolo 114, primo comma della Costituzione, di un «demanio della Repubblica», nell'ambito del quale far confluire i diversi beni demaniali in proprietà condivisa fra Stato, Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni, il cui regime giuridico di salvaguardia preveda meccanismi di gestione e amministrazione comune dei diritti domenicali, anche attraverso l'istituzione di un apposito organo di gestione presso l'Agenzia del Demanio;
II. si definisca quanto prima una legislazione quadro in materia di canoni concessori, con particolare riferimento al settore del demanio marittimo ed idrico;
III. sia specificato che i beni eventualmente non richiesti dagli enti territoriali e in quanto tali confluiti nel patrimonio vincolato di cui alla lettera r) del parere della Commissione possano comunque essere attribuiti con i successivi DPCM biennali di cui alla condizione ll) del medesimo parere;
IV. sia specificato, all'articolo 4, secondo periodo, che rimane di esclusiva spettanza dello Stato la valutazione della permanenza dell'interesse pubblico in base al quale, con DPCM, disporre il mantenimento del regime demaniale dei beni trasferiti ovvero i caratteri del patrimonio indisponibile, ferma restando la necessità che sia altresì specificato nel testo che rimane comunque riservata allo Stato la potestà in materia di passaggio al patrimonio di qualsivoglia tipologia di bene demaniale ancorché trasferito agli enti territoriali;
V. si estenda l'ambito dei beni suscettibili di essere trasferiti anche ai beni oggetto di accordi o di intese con gli enti territoriali per la razionalizzazione o la valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari che pur risultando sottoscritti alla data di entrata in vigore del decreto non siano in fase avanzata di realizzazione, riformulando a tal fine l'articolo 5, comma 2, dello schema di decreto;
VI. sia specificato, in conformità ai rilievi espressi dalla I Commissione Affari Costituzionale del Senato, che non possono essere comunque trasferiti i beni appartenenti al patrimonio ambientale di interesse nazionale, quali i parchi nazionali e le aree marine protette, ferma restando l'esigenza di approfondire la questione del regime applicabile al demanio forestale;
VII. si preveda la possibilità di un contraddittorio fra le amministrazioni richiedenti l'esclusione dal trasferimento dei beni e l'Agenzia del Demanio, finalizzato a verificare la possibilità di una eventuale ottimizzazione e razionalizzazione degli spazi anche nella prospettiva della riduzione degli ingenti oneri per locazioni passive attualmente a carico del bilancio dello Stato;
VIII. sia riformulato l'articolo 5, comma 4, al fine di estendere la possibilità di includere, anche su richiesta degli enti territoriali, i beni immobili in uso al Ministero della Difesa, non ricompresi tra quelli utilizzati per le funzioni di difesa e di sicurezza nazionale, nei procedimenti di trasferimento dei beni previsti dallo schema di decreto, ciò anche nella prospettiva di una migliore e più spedita valorizzazione di tali beni e a beneficio degli equilibri di bilancio;
IX. si disponga una semplificazione normativa volta a favorire una compiuta attuazione di quanto previsto dal codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di accordi di valorizzazione, ciò anche al fine di promuovere l'esercizio delle funzioni di tutela e di conservazione dei beni culturali in modo ottimale, sfruttando pienamente al contempo le disponibilità di finanziamento presenti sul territorio da

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parte di soggetti pubblici, privati e non profit per le attività di tutela, conservazione e valorizzazione di beni culturali di proprietà statale;

X. si preveda, all'articolo 7, comma 2, un processo di valutazione della spesa storica di gestione e manutenzione dei beni trasferiti sostenuta dello Stato, prevedendo che la eventuale riduzione delle risorse spettanti agli enti beneficiari del trasferimento patrimoniale sia effettuata al netto dei suddetti costi di gestione, ferma restando la necessità di salvaguardare comunque gli equilibri di finanza pubblica.