CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 16 marzo 2010
298.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-02554 Rao e Ria: Sull'applicazione della «legge Pinto».

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'interrogazione dell'onorevole Rao voglio ricordare che la legge 24 marzo 2001, n. 89 ha previsto, in attuazione della Convenzione dei Diritti dell'Uomo, una equa riparazione in favore delle vittime della giustizia per l'irragionevole durata dei procedimenti giurisdizionali.
Tale rimedio avrebbe dovuto determinare non solo la deflazione del relativo contenzioso davanti alla Corte europea dei diritti dell'Uomo ma, soprattutto, la soluzione, in ambito nazionale, dei problemi determinati dall'eccessiva durata dei procedimenti giurisdizionali.
Come è noto, tuttavia, le nuove norme non hanno sortito i risultati auspicati e pertanto il Governo, al fine di eliminare le disfunzioni evidenziate, ha presentato nel corso della presente legislatura un disegno di legge, attualmente all'esame del Parlamento.
Intendo riferirmi al disegno di legge A.S. n. 1440, di iniziativa governativa contenente, al Capo VI, norme in materia di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo. In particolare, prevedendo modifiche alla legge 24 marzo 2001 n. 89, con il disegno di legge in questione si è inteso, in primo luogo, subordinare il ricorso per il riconoscimento dell'equo indennizzo alla presentazione, da parte del preteso danneggiato, di un'istanza di sollecitazione nei giudizi civili, penali e amministrativi che si protraggono oltre il termine ragionevole di cui all'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, così da rendere il rimedio non solo risarcitorio ma anche acceleratorio e, quindi, virtuoso.
Secondo le citate disposizioni, presentata l'istanza di sollecitazione, i processi potranno godere di una corsia preferenziale, sotto la vigilanza del capo dell'ufficio interessato e la sentenza conclusiva potrà essere motivata sinteticamente in fatto e in diritto. Anche la nuova previsione legale dei periodi da considerarsi eccedenti rispetto alla durata ragionevole del processo, per ogni grado, si colloca nell'ottica di una maggiore certezza dei presupposti del ricorso, nel rispetto delle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza consolidata della Corte europea dei diritti dell'uomo. Coerentemente con questa impostazione, che valorizza la speditezza ma anche la lealtà processuale, sono esclusi, ai fini del computo del termine ragionevole, i periodi conseguenti ai rinvii del procedimento richiesti o consentiti dalla parte, nel limite di 90 giorni ciascuno. Tale limite non opera se il rinvio è stato richiesto espressamente per un periodo più lungo.
Per favorire l'accesso al rimedio e semplificare il rito, il primo grado sarà costituito da un giudizio non contenzioso che potrà essere intrapreso personalmente e senza spese da parte del soggetto che ne ha interesse, sulla base di un modello predefinito, dinanzi alla Presidenza della Corte d'Appello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale. Per ragioni pratiche, il Presidente potrà delegare altro magistrato del distretto a trattare il ricorso, con l'ausilio del personale amministrativo.
È stabilito, poi, che, ogni anno, con decreto del Presidente del Consiglio, di concerto con i Ministri interessati, vengano fissati i limiti minimi e massimi degli

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indennizzi, per evitare liquidazioni disomogenee sul territorio nazionale o, comunque, non proporzionate rispetto al danno cagionato.
Anche un'altra esigenza ha formato oggetto di considerazione nella nuova normativa: quella di prevenire ulteriori ricorsi per la durata eccessiva della procedura di equa riparazione, sicché l'intero procedimento (che si compone di un giudizio di impugnazione dinanzi al Collegio d'Appello e del ricorso di legittimità) è stato sottoposto a rigorosi termini di svolgimento nelle varie fasi. Previsioni disincentivanti in materia di spese mirano, inoltre, a prevenire i gravami pretestuosi. In particolare, va segnalata la possibilità di compensare le spese con la somma dovuta a titolo di equo indennizzo, ove sussistano determinate condizioni.
Il complesso delle nuove norme, in ultima analisi, dovrebbe non solo razionalizzare e limitare il contenzioso interno prodotto dall'eccessiva durata dei processi civili, penali e amministrativi e quindi favorirne indirettamente la definizione ma, anche, prevenire e ridimensionare il contenzioso presso la Corte di Strasburgo, con conseguenti considerevoli benefici in termini erariali.
Voglio, inoltre, sottolineare che sulla problematica evidenziata dagli interroganti è stato presentato di recente il disegno di legge di iniziativa parlamentare S/1880, a firma del senatore Gasparri, dal titolo: «Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo».
Come è noto, il disegno di legge è stato approvato con modifiche dal Senato il 20 gennaio 2010 e dal 23 febbraio 2010 è in corso di esame in commissione alla Camera (C. 3157).
Il disegno di legge afferma il diritto di ogni persona a non essere sottoposta al processo per un tempo indeterminato.
Il principio è sancito dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo (articolo 6) e dalla Costituzione (articolo 111).
Il disegno di legge prevede due diversi rimedi per i casi di durata non ragionevole del processo.
Per il settore di interesse, si illustrerà solo il rimedio di natura risarcitoria, - peraltro già previsto nella L. 89/2001 - per il quale chi subisce la durata non ragionevole del processo civile, amministrativo o penale può ottenere dallo Stato un indennizzo, nei termini che di seguito si riportano.
Le procedure di equo indennizzo (cosiddetta legge Pinto) vengono razionalizzate, in particolare grazie a due novità. La prima: la previsione per legge dei termini di durata la cui violazione dà diritto all'equo indennizzo. Ciascun grado di giudizio potrà durare al massimo due anni, uno quello eventuale di rinvio, con possibilità per il giudice di aumentare il termine sino alla metà, nei casi complessi.
La seconda novità è costituita dal fatto che la domanda di equo indennizzo è subordinata alla presentazione di una istanza di sollecitazione, che l'interessato deve depositare sei mesi prima della scadenza del termine. Il processo «sollecitato» dovrà dirigente dell'ufficio.
Il procedimento potrà essere avviato dall'interessato anche personalmente, con ricorso depositato in Corte d'Appello, corredato dai verbali del procedimento per il quale si chiede l'indennizzo. Controparte sarà il Ministero della Giustizia nei procedimenti ordinari, mentre per tutti gli altri procedimenti, salvo quelli militari (in cui sarà citato il Ministro della Difesa), sarà il Ministro dell'economia e finanze. Il primo grado è deciso con decreto motivato dal Presidente della Corte, o da un giudice delegato, anche con l'acquisizione d'ufficio dei documenti necessari, qualora mancanti.
Tale decreto, se di accoglimento, ingiunge all'Amministrazione di pagare entro 120 giorni dalla notifica la somma liquidata.
Sia l'amministrazione che il ricorrente, entro 60 giorni, possono impugnare - anche chiedendo la sospensiva - il decreto in Corte d'appello, ma questa volta occorrerà,

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per il privato, la sottoscrizione di un difensore.
La trattazione avverrà in camera di consiglio e il relativo decreto, da adottare entro 4 mesi, potrà essere impugnato in Cassazione.
Quanto al regime transitorio, è previsto che nei procedimenti pendenti occorrerà che l'istante solleciti la trattazione entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge, che si applicherà nei casi in cui la camera di consiglio non sia stata ancora fissata, diversamente le regole procedurali da applicare saranno quelle previgenti.
Queste sono le iniziative di carattere normativo allo stato presentate per ovviare alle problematiche evidenziate dall'interrogante.
Spetta a questo punto al Parlamento - al cui esame e valutazione sono ora sottoposti i disegni di legge menzionati - decidere in ordine alla loro approvazione, nei termini che scaturiranno dal confronto tra le forze politiche interessate a risolvere, tanto in ambito nazionale che in sede europea, le disfunzioni derivanti dall'irragionevole durata dei procedimenti giurisdizionali.

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ALLEGATO 2

5-02550 Ferranti: In relazione all'assunzione di educatori penitenziari.

TESTO DELLA RISPOSTA

Nel rispondere agli onorevoli interroganti ritengo opportuno segnalare che il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo di «Educatore», Area C, posizione economica C1, dell'Amministrazione Penitenziaria, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 16 aprile 2004 - IV Serie Speciale e si è concluso in data 9 luglio 2008.
La graduatoria definitiva, immediatamente dopo l'approvazione del Direttore Generale con provvedimento del 11 luglio 2008, è stata trasmessa all'Ufficio Centrale per il Bilancio per l'apposizione del visto di controllo.
Nell'anno 2009, in ragione dell'entità dei fondi stanziati ai sensi dell'articolo 1, comma 346, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, è stato possibile procedere all'assunzione dei primi 103 vincitori del predetto concorso a 397 posti.
Quanto alle restanti 294 unità, la competente Direzione Generale di questa Amministrazione ha già programmato il relativo piano di assunzione ricorrendo, per la copertura degli originari 397 posti a concorso, allo scorrimento della graduatoria, ai sensi dell'articolo 15, comma 7, decreto del Presidente della Repubblica n. 487/99 e successive integrazioni e modificazioni.
I nuovi educatori - alcuni dei quali individuati tra i candidati idonei, ma non vincitori del concorso, attese le 12 defezioni intervenute per rinunce, mancate stipule del contratto o dimissioni da parte degli aventi diritto - hanno, infatti, già scelto la sede di destinazione e, entro aprile del corrente anno, saranno formalmente assunti con firma del relativo contratto.
Per quanto riguarda, invece, l'auspicata possibilità di procedere ad un ulteriore scorrimento della graduatoria oltre il numero dei posti originariamente messi a concorso, mi corre l'obbligo di segnalare che tale eventualità non rientra tra le ipotesi di cui all'articolo 15, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 487/1994 e che, pertanto, limitatamente all'anno in corso, non può essere attuata per mancato stanziamento dei fondi occorrenti.
I fondi disponibili, infatti, sono stati impegnati sia per l'assunzione dei vincitori del suddetto concorso per educatori, sia per l'assunzione degli idonei al concorso a 110 posti di contabile, a copertura dei posti previsti dal relativo bando ed in ragione delle gravi carenze riscontrate anche nell'area contabile.
Dato atto di quanto sopra e, premesso che la validità delle graduatorie è indicata in tre anni dalla data della pubblicazione nei Bollettini Ufficiali, faccio presente che, nel caso di specie, la validità della graduatoria del concorso a 397 posti è fissata al 31 maggio 2012 e che, pertanto, a partire dal prossimo anno, in presenza delle risorse economiche necessarie, potranno esservi le condizioni per procedere ad uno scorrimento della graduatoria, anche oltre il numero dei posti pubblicati.

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ALLEGATO 3

Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione. C. 3273 Governo.

PARERE APPROVATO

La Commissione Giustizia,
esaminato il disegno di legge in oggetto,
rilevato che le disposizioni del decreto-legge in esame che rientrano nell'ambito di propria competenza si limitano a quelle previste dall'articolo 1, comma 3, in materia di ricorso contro le decisioni di ammissione o di esclusione delle liste di candidati nonché di singoli candidati;
sottolineato che le disposizioni sopra richiamate hanno natura interpretativa, ispirandosi peraltro a principi già consolidati in giurisprudenza;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

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ALLEGATO 4

Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione. C. 3273 Governo.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL GRUPPO IDV

La II Commissione,
premesso che:
non si ritiene esserci corrispondenza tra il titolo del decreto-legge in questione ed il suo contenuto in quanto il contenuto dello stesso in alcun modo si può considerare a carattere interpretativo. La giurisprudenza costituzionale attribuisce carattere interpretativo solo alle leggi che, mantenendo fermo il tenore testuale della norma da interpretare, ne chiariscono il significato normativo.
Il decreto contrasta di fatto, e viola l'articolo 72 della Costituzione, perché non ha un contenuto realmente interpretativo, bensì dispositivo e innovativo. Esso si pone, inoltre, anche in contrasto con l'articolo 15 della legge n. 400 del 1988.
Il carattere interpretativo del provvedimento è in realtà inesistente in quanto dall'articolo 1, comma 4, si evince in modo inequivocabile il carattere innovativo dello stesso, in quanto si riaprono sostanzialmente i termini per la presentazione delle liste.
Obiettivo del decreto-legge è un intervento di carattere interpretativo di una legge dello Stato, senza con ciò pensare di invadere la potestà normativa regionale, non si tiene però, nel giusto rilievo la considerazione che, la materia elettorale è sottratta alla decretazione d'urgenza e riservata alla legge formale del Parlamento, come si ricava dall'articolo 72, quarto comma, della Costituzione il quale dispone che «La procedura normale di esame e di approvazione diretta della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.»;
il Governo non può intervenire con lo strumento del decreto-legge e soprattutto non può farlo nelle materie che sono di competenza delle regioni, tanto più dopo la riforma della parte seconda del titolo V della Costituzione. Il legislatore regionale ha manifestato la volontà di regolare gli aspetti della materia elettorale conformemente a quanto disposto dalla legge dello Stato. Se in un secondo momento si interviene sulla legge statale in via di interpretazione autentica, è innegabile che questo incida sulla potestà normativa regionale;
risulta, ancora, evidente una violazione della regolare procedura elettorale in quanto il provvedimento determina il cambiamento delle regole di una competizione elettorale attualmente in corso di svolgimento. Esso, segnatamente, interviene nel corso di un procedimento pendente presso un organo di garanzia, quale è l'ufficio elettorale, per censurare una decisione già presa da quest'ultimo e per condizionare e vincolare, nella successiva fase di impugnazione, la decisione dell'organo giurisdizionale.
Si tratta di un comportamento col quale il Governo, intervenendo con decreti legge asservitamente interpretativi, condiziona le decisioni degli uffici elettorali e degli organi giurisdizionali, alterandone in tal modo lo svolgimento e l'esito delle competizioni elettorali. Ciò in contrasto con il principio di divisione dei poteri per il quale l'interpretazione delle leggi spetta

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alla giurisdizione esercitata dalla magistratura o agli organismi di garanzia precostituiti per legge, e sfugge invece al potere esecutivo specie in casi nei quali esso abbia un interesse politico diretto all'esito della vicenda in esame;
emerge, inoltre, come esso decreto tuteli solo il diritto di alcuni cittadini di esprimersi nelle elezioni in quanto esso non ha un contenuto generale ed astratto, applicandosi solo ad un caso concreto. Si tratta, infatti, di una sorta di sanatoria, che non avendo il carattere della generalità e astrattezza, va a sanare solo alcuni procedimenti elettorali, lasciando inalterate situazioni simili ed analoghe.
Inoltre, l'intervento legislativo presenta un insanabile vizio di costituzionalità, poiché, come più volte affermato dalla Corte Costituzionale, l'interpretazione delle leggi spetta al potere giurisdizionale. Invece, l'articolo 1, al comma 3 detta una norma di interpretazione autentica dell'articolo 10, quinto comma, della legge n. 108/1968 (concernente esclusivamente il regime di impugnazione amministrativa delle decisioni di eliminazione di liste o candidati), in base alla quale:
le decisioni di ammissione di liste di candidati o di singoli candidati da parte dell'ufficio centrale regionale sono definitive, non revocabili o modificabili dallo stesso ufficio;
contro le decisioni di ammissione può essere proposto esclusivamente ricorso al giudice amministrativo soltanto da chi vi abbia interesse;
contro le decisioni di eliminazione di liste di candidati oppure di singoli candidati è ammesso ricorso all'ufficio centrale regionale, che può essere presentato, entro 24 ore dalla comunicazione, soltanto dai delegati della lista cui la decisione si riferisce. Avverso la decisione dell'ufficio centrale regionale è ammesso immediatamente ricorso al giudice amministrativo.

L'articolo 1, al comma 4 prevede che le disposizioni dell'articolo si applicano anche alle operazioni e ad ogni attività relativa alle elezioni regionali in corso alla data di entrata in vigore del decreto. «Per le medesime elezioni regionali i delegati che si sono trovati nelle condizioni di cui al comma 1 - ossia che abbiano fatto ingresso nei locali del tribunale nel termine previsto per la presentazione delle liste muniti della prescritta documentazione - possono effettuare la presentazione delle liste dalle ore 8 alle ore 20 del primo giorno non festivo successivo a quello di entrata in vigore del decreto, ossia di lunedì 8 marzo 2010»;
considerato che trattandosi di elezioni regionali, la materia su cui incide il decreto è riservata alla legislazione regionale ai sensi dell'articolo 122 della Costituzione e il cosiddetto favor electionis, cui si richiama il Governo, è sicuramente un principio importante, ma che non può prevalere sul rispetto delle regole. Non si può rimediare all'errore di singoli prevaricando e scavalcando le regole generali.

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PARERE CONTRARIO

«Palomba».