CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 3 marzo 2010
292.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e VIII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici (Atto n. 167).

PARERE APPROVATO

Le Commissioni riunite II e VIII,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici;
preso atto che uno degli obbiettivi caratterizzanti la direttiva 2007/66/CE è quello di garantire, in materia di appalti, una tutela processuale effettiva e celere, e a tal fine prevedere l'obbligo, per le stazioni appaltanti, di rispettare un congruo termine dilatorio - o sospensivo (cosiddetto standstill period) - fra l'aggiudicazione e la stipulazione del contratto;
tenuto conto che la direttiva prevede alcune ipotesi tipiche in cui l'accertata violazione di determinati precetti del diritto comunitario, quali la radicale assenza della procedura concorrenziale o il mancato rispetto di uno dei termini sospensivi per la stipula del contratto, deve comportare - obbligatoriamente - la integrale «privazione di effetti» del contratto eventualmente stipulato, salve alcune tassative eccezioni che conducono all'applicazione di sanzioni alternative;
tenuto conto altresì che per un altro gruppo - anche esso circoscritto - di fattispecie gli Stati membri possono scegliere, discrezionalmente, se prevedere la privazione di effetti o introdurre, in alternativa, altri adeguati meccanismi sanzionatori, purché proporzionati e dissuasivi (diversi ed ulteriori dal risarcimento del danno); al di fuori di tali ipotesi, la tutela della parte interessata è rimessa al diritto nazionale, che può anche prevedere che essa sia limitata al solo risarcimento del danno per equivalente;
valutata favorevolmente, all'articolo 79, comma 8, del decreto legislativo n. 163 del 2006 (di seguito «decreto legislativo»), come introdotto dall'articolo 3, comma 1, lettera d), la previsione dell'accesso agli atti ex lege entro dieci giorni dall'invio della comunicazione, che non sembra possa nuocere alle esigenze organizzative delle stazioni appaltanti, ma appare piuttosto funzionale al sistema di comunicazioni, al fine di consentire la rapidità dei tempi di instaurazione dell'eventuale giudizio;
ritenuto che la disposizione di cui all'articolo 240, comma 9, del decreto legislativo, come modificato dall'articolo 5, comma 1, lettera b), nella quale si prevede che la nomina della Commissione competente per l'accordo bonario sia effettuata dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, anziché dal Presidente del tribunale, desta talune perplessità in quanto, determinando una centralizzazione della procedura, non sembra utile ad accelerare i

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tempi di nomina del Presidente della predetta Commissione;
considerato che l'articolo 240, comma 13, del decreto legislativo, come modificato dall'articolo 5, comma 1, lettera f), introducendo l'obbligatorietà della nomina di un mediatore unico sembra introdurre di fatto un ulteriore onere economico per le parti non opportuno, specialmente nel caso di appalti di importo modesto;
valutato che all'articolo 241, comma 5, del decreto legislativo, come modificato dall'articolo 6, comma 1, lettera c), precludendo a chi abbia svolto nell'ultimo triennio il ruolo di difensore o di arbitro di parte in un arbitrato relativo a contratti aventi ad oggetto appalti pubblici la possibilità di svolgere il ruolo di presidente del collegio arbitrale, anche per la soluzione di controversie che coinvolgono imprese diverse da quella per cui ha svolto la funzione di avvocato in precedenza, non solo non appare prevista nella direttiva 2007/66/CE né nella legge delega, ma sembra risultare viziata sotto il profilo della costituzionalità, determinando, tra l'altro, un trattamento irragionevolmente deteriore soprattutto per gli avvocati del libero Foro;
considerato che l'articolo 241, comma 5, del decreto legislativo, come introdotto dall'articolo 6, comma 1, lettera c), desta perplessità in ordine alla prevista nullità del lodo, essendo comminata per fatti che non possono essere conosciuti né conoscibili dalle parti e dai difensori, rendendo quindi incerto e instabile l'esito del giudizio arbitrale;
valutato che appare opportuno far decorrere il termine di 120 giorni per l'impugnazione del lodo arbitrale di cui all'articolo 241, comma 16, del decreto legislativo, come introdotto dall'articolo 6, comma 1, lettera m), non dalla data dell'ultima sottoscrizione da parte degli arbitri, come attualmente previsto, ma dalla data del deposito del lodo presso la Camera arbitrale per i contratti pubblici, giacché, a norma all'articolo 241, comma 9, del decreto legislativo, come introdotto dall'articolo 6, comma 1, lettera e), è da questa data che si considera produttivo di effetti il predetto lodo;
ritenuto che all'articolo 243-bis, comma 2, del decreto legislativo, come introdotto dall'articolo 7, laddove si dispone che l'informazione facoltativa in ordine all'intento di proporre un ricorso giurisdizionale debba recare una sintetica e sommaria indicazione dei presunti vizi di illegittimità e dei motivi di ricorso che si intendono articolare in giudizio, andrebbe precisato che la predetta indicazione non può in alcun modo porsi come vincolo alla redazione del successivo ricorso, essendo sempre possibile dedurre nello stesso ulteriori motivi o articolare altrimenti le censure già formulate nell'informativa;
valutato che all'articolo 245, comma 2-ter, del decreto legislativo, come introdotto dall'articolo 8, comma 1, lettera c), il termine di 5 giorni ivi previsto per il deposito del ricorso appare troppo breve per ottenere nella generalità dei casi la restituzione dell'atto dall'ufficiale giudiziario;
rilevato che le disposizioni di cui agli articoli 8, 9 e 11, le quali disciplinano un rito speciale in materia di pubblici appalti, andrebbero coordinate con le linee di fondo del nuovo processo amministrativo in corso di definizione ai sensi della legge delega di cui all'articolo 44 della legge n. 69 del 2009, eliminando, in particolare, le disposizioni in materia di riunione dei ricorsi e di regime di impugnazione dei bandi di gara;
valutata l'opportunità dell'unificazione della disciplina processuale per l'impugnazione dei bandi con quella per l'impugnazione dell'aggiudicazione, atteso che, sebbene lo standstill period è un effetto che si produce solo a seguito dell'impugnazione dell'aggiudicazione, tuttavia anche in caso di impugnazione dei bandi di gara vi è una esigenza di celere definizione della lite, il cui esito condiziona l'ulteriore corso della gara;

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considerato che l'articolo 245, comma 2-septies e seguenti, del decreto legislativo, come introdotti dall'articolo 8, comma 1, lettera c), riguardante i tempi dell'incidente cautelare e di quello istruttorio, andrebbe coordinato con la diversa disciplina prevista per il processo ordinario e per il rito di cui all'articolo 23-bis, legge n. 1034 del 1971;
ritenuta condivisibile la scelta operata dal Governo nell'interpretazione della previsione dell'articolo 2-sexies della direttiva, che contempla le violazioni meno gravi, in cui, in luogo della privazione degli effetti del contratto, possono essere applicate solo le sanzioni alternative;
considerato che all'articolo 245-ter, comma 9, del decreto legislativo, come introdotto dall'articolo 10, è previsto che le violazioni meno gravi si riferiscano al caso in cui la violazione dello standstill period o del termine sospensivo non ha privato l'interessato della effettiva possibilità di tutela giurisdizionale, e comunque fermo restando che tale violazione procedurale non si aggiunga ad una violazione sostanziale; sulla base di tale interpretazione appare condivisibile l'opportunità di escludere la possibilità di sanzionare la stazione appaltante, laddove non siano riscontrabili violazioni sostanziali, per il solo fatto di non aver rispettato lo standstill period o il termine sospensivo;
ricordato che nel corso dell'esame alla Camera del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 195, recante, tra l'altro, disposizioni urgenti relative alla protezione civile (C. 3196) il Governo ha accolto l'ordine del giorno Franzoso 9/3196-A/15 nel testo riformulato, il quale impegna il Governo anche a verificare la possibilità di prevedere nello schema di decreto legislativo in esame l'estensione dell'abrogazione del divieto di arbitrato anche alle clausole compromissorie contenute nei contratti stipulati per la realizzazione di interventi connessi alla dichiarazione dello stato di emergenza e alla dichiarazione di grande evento,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:
a) all'articolo 11, comma 9, del decreto legislativo, come modificato dall'articolo 2, comma 1, lettera b), valuti il Governo l'opportunità di definire in termini più circostanziati il contesto di grave danno all'interesse pubblico, prevedendo, ad esempio, tra i casi di applicazione, quello in cui il ritardo nell'inizio dell'esecuzione comporterebbe il disimpegno di risorse comunitarie assegnate all'Italia;
b) all'articolo 11, comma 10-bis del decreto legislativo, come introdotto dall' articolo 2, comma 1, lettera c), valuti il Governo l'opportunità di estendere le deroghe ivi previste per l'applicazione dello standstill period anche nei casi di appalti basati su un accordo quadro di cui all'articolo 59 del codice e nei casi di appalti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione di cui all'articolo 60 del codice;
c) all'articolo 240, comma 9, del decreto legislativo, come modificato dall'articolo 5, comma 1, lettera b), valuti il Governo l'opportunità di mantenere la previsione secondo la quale il Presidente del tribunale nomina il Presidente della Commissione competente per l'accordo bonario;
d) all'articolo 240, comma 9-bis, del decreto legislativo, come introdotto dall'articolo 5, comma 1, lettera c) valuti il Governo l'opportunità di prevedere che il presidente della Commissione sia scelto sulla base del carattere tecnico o giuridico del contendere, inserendo, comunque, i tecnici qualificati tra i soggetti che possano assumere le funzioni di presidente della commissione di cui al comma 9-bis dell'articolo 240 del decreto legislativo n.163 del 2006;
e) all'articolo 240, comma 13, del decreto legislativo, come modificato dall'articolo 5, comma 1, lettera f), si valuti l'opportunità di prevedere che le funzioni del «mediatore unico», quale soggetto deputato a formulare la proposta di accordo

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bonario nei casi in cui la vigente normativa non prevede la costituzione obbligatoria dell'apposita commissione, siano svolte dal già previsto responsabile del procedimento, in particolare per gli appalti di modesto valore;
f) all'articolo 240, comma 20, del decreto legislativo, come modificato dall'articolo 5, comma 1, lettera l), valuti il Governo l'opportunità di modificare in senso meno restrittivo per i diritti di difesa delle parti la previsione secondo la quale se il provvedimento che definisce il giudizio arbitrale o quello ordinario sia sostanzialmente conforme al contenuto della proposta motivata di accordo bonario formulata alle parti dalla commissione, il collegio arbitrale o il giudice escludono la ripetizione delle spese della parte vincitrice che ha rifiutato tale proposta e, se la parte soccombente aveva dichiarato di accettare la proposta, condannano la parte vincitrice a rimborsare le spese a quella soccombente;
g) all'articolo 241, comma 5, del decreto legislativo, come modificato dall'articolo 6, comma 1, lettera c), si valuti l'opportunità di sopprimere le parole da «e comunque» fino a «procedura civile»;
h) all'articolo 241, comma 16, del decreto legislativo, come introdotto dall'articolo 6, comma 1, lettera m), valuti il Governo l'opportunità di coordinare quanto ivi previsto circa il termine per l'impugnativa del lodo dalla data dell'ultima sottoscrizione con la previsione di cui alla lettera f) secondo la quale il lodo arbitrale acquista efficacia dal momento del deposito dello stesso presso la Camera arbitrale, prevedendo a tal fine che il termine di impugnazione decorra dalla medesima data del deposito del lodo;
i) al medesimo articolo 241, comma 16, del decreto legislativo, come introdotto dall'articolo 6, comma 1, lettera m), valuti il Governo l'opportunità di prevedere l'impugnazione del lodo arbitrale, oltre che per motivi di nullità, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, e ciò anche in coerenza con la previsione dell'articolo 829, comma 3, c.p.c.;
l) all'articolo 243-bis, comma 2, del decreto legislativo n. 163 del 2006, come introdotto dall'articolo 7, valuti il Governo l'opportunità di precisare che l'informativa in ordine all'intento di proporre un ricorso giurisdizionale non costituisce un vincolo alla redazione di quest'ultimo, essendo sempre possibile dedurre ulteriori motivi o articolare altrimenti le censure già formulate nell'informativa medesima;
m) all'articolo 243-bis, commi 5 e 6, del decreto legislativo, come introdotti dall'articolo 7, valuti il Governo l'opportunità di rendere più efficace il meccanismo nella sua finalità deflattiva del contenzioso, prevedendo che il termine complessivo di 20 giorni assegnato alla stazione appaltante per concludere il procedimento di autotutela sia ridotto a non oltre 15 giorni complessivi;
n) all'articolo 243-bis, comma 6, del decreto legislativo, come introdotto dall'articolo 7, valuti il Governo l'opportunità di non prevedere in modo dettagliato il procedimento di autotutela, risultando invece più funzionale un generico riferimento all'avvio del procedimento di autotutela e alla conclusione tempestiva dello stesso;
o) all'articolo 243-bis, comma 8, del decreto legislativo, come introdotto dall'articolo 7, allo scopo di non permettere l'apertura di un contenzioso ex novo su un provvedimento che è privo di reale autonomia rispetto agli atti di gara, si valuti l'opportunità di modificare il comma in questione secondo il seguente tenore:»8. Il provvedimento di cui al comma 6), lettera a), non è impugnabile autonomamente, e può essere contestato congiuntamente all'atto cui si riferisce o con motivi aggiunti al ricorso avverso quest'ultimo, da proporsi nel termine di quindici giorni»;
p) all'articolo 245, comma 2-ter, del decreto legislativo, come introdotto dall'articolo 8, comma 1, lettera c), valuti il

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Governo l'opportunità di prevedere un termine di 10 giorni per il deposito del ricorso;
q) al medesimo articolo 245, comma 2-ter, del decreto legislativo, come introdotto dall'articolo 8, comma 1, lettera c), in un'ottica di concentrazione nel medesimo processo di tutte le impugnazioni relative agli atti della stessa gara, mantenendo l'obbligatorietà della proposizione dei motivi aggiunti e senza tuttavia penalizzare le esigenze difensive, si valuti l'opportunità di prevedere, per la proposizione dei motivi aggiunti, in luogo dell'attuale termine di 15 giorni, il termine di 30 giorni a fronte del medesimo termine di 30 giorni assegnati per l'impugnazione autonoma: in tale prospettiva andrebbe pertanto valutata la congruità della scelta di un processo da celebrarsi in tempi rapidissimi, e quindi con una pronuncia, se non nella stessa udienza cautelare, in una udienza successiva ravvicinata.

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici (Atto n. 167).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA DAL PARTITO DEMOCRATICO

Le Commissioni riunite II e VIII,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici;
rilevati i seguenti punti critici:
con riferimento all'articolo 2, non appare condivisibile che si consenta l'esecuzione anticipata rispetto alla stipula del contratto nei «i casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare»; tale ipotesi infatti non è contenuta nella direttive comunitarie ed appare estremamente pericolosa perché elusiva del termine dilatorio di stipulazione e in contrasto con i principi di trasparenza e pari trattamento delle imprese interessate; d'altro la formulazione del grave danno e quanto mai generica indeterminata e si presta a usi distorti;
con riferimento all'articolo 5, mentre si condividono le misure di incentivazione dell'accordo bonario: si esprimono serie perplessità in ordine all'utilità dell'introduzione della figura del «mediatore unico», quale soggetto deputato a formulare, in luogo del responsabile del procedimento, la proposta di accordo bonario nei casi in cui la vigente normativa non prevede la costituzione obbligatoria dell'apposita commissione; tanto più che si introduce l'obbligatorietà del mediatore unico negli appalti di importo inferiore a 10 milioni di euro,e ciò di fatto aggrava con un ulteriore onere economico per le parti;
con riferimento all'articolo 6, al fine di garantire trasparenza al giudizio arbitrale e la garanzia del controllo successivo in sede giurisdizionale dei relativi esiti, è opportuno prevederne l'impugnazione, oltre che per motivi di nullità, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, in coerenza con la previsione dell'articolo 829, comma 3, c.p.c.; parimenti l'acquisizione dell'efficacia del lodo arbitrale, prevista dallo stesso articolo 6, al momento del deposito presso la Camera arbitrale a cura del Collegio, non risulta coerente con la scelta di far decorrere il termine per l'impugnativa del lodo dalla data dell'ultima sottoscrizione; ritenendosi opportuno, a tale riguardo, far decorrere il termine di impugnazione dalla data del deposito del lodo presso la Camera arbitrale;
con riferimento all'articolo 7, secondo comma, laddove dispone che l'informazione,

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facoltativa, in ordine all'intento di proporre un ricorso giurisdizionale, debba recare una sintetica e sommaria indicazione dei presunti vizi di illegittimità e dei motivi di ricorso che si intendono articolare in giudizio,ciò non può in alcun modo porsi come vincolo alla redazione del successivo ricorso, essendo sempre possibile dedurre nello stesso ulteriori motivi o articolare altrimenti le censure già formulate nell'informativa; cosi come deve essere mantenuta l'obbligatorietà della proposizione dei motivi aggiunti e, secondo l'indicazione data dal parere del Consiglio di Stato, occorre prevedere il termine di 30 giorni per la proposizione dei motivi aggiunti (invece degli attuali 15) a fronte del medesimo termine di 30 giorni assegnati per l'impugnazione autonoma;
il recepimento della direttiva ricorsi nel settore dei contratti pubblici avrà un impatto rilevante sul processo amministrativo, come è stato evidenziato anche in sede di audizioni, perché individua un altro rito speciale «super accelerato». Il giudice inoltre sarà gravato di delicate valutazioni discrezionali di merito, come quelle se concedere al ricorrente vittorioso l'assegnazione dell'appalto, quindi una tutela specifica oppure quella risarcitoria. Tutto ciò sulla base di un bilanciamento degli interessi pubblici coinvolti che spettano tipicamente all'esercizio della funzione amministrativa e non giurisdizionale ;senza considerare le ridotte risorse finanziarie stanziate per l'intero sistema della giustizia amministrativa (in diminuzione del 6 per cento per l'attuale esercizio finanziario), utilizzando la solita metodologia delle riforme a costo zero che, come denunciato dall'associazione dei magistrati amministrativi in audizione, comporterà un sovraccarico di lavoro e danni per il funzionamento del sistema della giustizia amministrativa, con ritardi inevitabili e un ulteriore aumento del già considerevole arretrato;
è grave e frutto di una tecnica legislativa sempre meno accorta che le disposizioni processuali sui pubblici appalti inserite nel codice del processo amministrativo licenziato dal Consiglio di stato non sono coordinate con quelle contenute nello schema di decreto di attuazione della direttiva di cui in premessa;
le disposizioni che incentivano palesemente e individuano l'arbitrato quale sistema preferenziale di risoluzione delle liti negli appalti, in considerazione del cosiddetto risparmio di tempo ottenuto, pongono nel nulla il divieto contenuto nella Finanziaria 2008,( la cui entrata in vigore è sempre stata differita) che impediva alle Pubbliche Amministrazioni di inserire clausole compromissorie in tutti i contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi ovvero relativamente ai medesimi contratti, di sottoscrivere compromessi (articolo 3 commi da 19 a 22 della l. 244/2007); la relazione illustrativa del DL Finanziaria 2008 individuava infatti la ratio di tale divieto nell'esigenza di correggere criticità manifestatesi in via non episodica ma anzi con costanza e gravità tale da determinare diversi rilievi da parte dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nella relazione annuale del 2006;
il provvedimento in esame prevede che le stazioni appaltanti indichino fin dal bando o avviso di indizione della gara se il contratto conterrà o meno la clausola compromissoria e conseguentemente la risoluzione delle controversie sarà sottratta alla competenza giudiziaria del Giudice ordinario, salvo che l'impresa aggiudicataria, nel tempo tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto, non manifesti la propria volontà di rifiutare il ricorso al giudizio degli arbitri;
il decreto legislativo in esame, quindi,non solo non tiene conto dell'analisi dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, sopra citata, che per l'anno 2008 ha ribadito nuovamente i seguenti dati rilevanti: che i lodi adottati in esito a procedure amministrate sono stati 26, mentre i lodi ad arbitrati liberi di maggior valore sono stati 158 e, per quanto riguarda la soccombenza in entrambi i tipi

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di arbitrato, l'amministrazione pubblica è risultata perdente nell'83 per cento dei casi e, quanto alla durata dei procedimenti, gli arbitrati amministrati hanno avuto 289 giorni circa di durata media, quelli liberi 546 circa con un ritorno di maggior costo complessivo delle opere pubbliche pari al 30 per cento;ma contraddice in maniera palese e sconcertante quanto invece sostenuto nel provvedimento legislativo di conversione del decreto legge 30 dicembre 2009 n. 195, in cui nell'articolo 15 intitolato «disposizioni in materia di protezione civile», prevede «al fine di assicurare risparmi di spesa la nullità dei compromessi e delle clausole compromissorie inserite nei contratti stipulati per la realizzazione di interventi connessi alle dichiarazioni di stato di emergenza e ai grandi eventi. In sintesi: la stessa sana preoccupazione di economicità e buona amministrazione nei confronti della protezione civile dovrebbe essere estesa a tutta la pubblica amministrazione.

Tanto premesso poiché lo schema di decreto legislativo non affronta in maniera adeguata nessuno dei punti critici suesposti, ma si limita sostanzialmente a prevedere l'arbitrato come canale privilegiato di giustizia negli appalti pubblici senza elaborare norme di recepimento della direttiva che incidano effettivamente sulla revisione dei costi, sulla composizione dell'organo, sui tempi dell'arbitrato né adotta misure idonee a realizzare lo scopo e la ratio della direttiva medesima, volta a «migliorare l'efficacia dei mezzi di tutela, maggiore trasparenza delle procedura di aggiudicazione, parità di trattamento e non discriminazione delle imprese interessate nel settore degli appalti»,
esprime

PARERE CONTRARIO

Ferranti, Samperi, Mariani.