CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 3 febbraio 2010
278.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (VIII e X)
ALLEGATO

TESTO AGGIORNATO AL 9 FEBBRAIO 2010

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ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante la disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio, nonché delle misure compensative e delle campagne informative (Atto n. 174)

PROPOSTA DI PARERE DEI RELATORI

Le Commissioni VIII e X,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante la disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio, nonché delle misure compensative e delle campagne informative;
esprimono

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:
a) agli articoli 5, 7, 10, comma 3, 13, comma 2, occorre fissare tempi certi per l'adozione dei decreti e l'attivazione delle procedure ivi previste;
b) all'articolo 11, commi 11 e 12, venga previsto che la validità della certificazione di sito abbia una durata pari ad almeno 5 anni;
c) all'articolo 13 occorre assicurare una maggiore compattezza del procedimento autorizzativo unico, garantendo la celerità e la certezza dei tempi, eliminando a tal fine l'obbligo dell'acquisizione dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), anche in considerazione che la direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC), come anche la direttiva 2008/1/CE, recentemente entrata in vigore, sottopongono ad AIA le attività energetiche riferite esclusivamente agli impianti di combustione e non agli impianti nucleari;
d) all'articolo 19 occorre eliminare il comma 5 nella parte in cui affida a Sogin S.p.A. la valutazione sulla congruità del Fondo per il «decommissioning», riconoscendo tale compito in capo ad un soggetto terzo, assicurando altresì all'articolo 20 certezza sull'entità del Fondo stesso, anche attraverso la previsione dell'obbligo di accantonamenti annuali sin dal primo anno di autorizzazione dell'impianto;
e) all'articolo 22, recante disposizioni in materia di misure compensative, sia specificato che il beneficio economico da corrispondere deve essere comprensivo delle compensazioni ambientali; sia altresì specificato che la restante parte degli importi di cui al comma 2, lettera b) e al comma 3, a seguito dell'applicazione dei benefici di cui al comma 7, è destinata comunque ai cittadini per le finalità di cui al comma 5, lettera b), e da ultimo agli enti locali, secondo le percentuali di cui al comma 4, anche ai fini della realizzazione di iniziative infrastrutturali e ambientali; al comma 4, sia valutata la possibilità di ampliare l'area di riferimento per la destinazione dei benefici economici;
f) all'articolo 25, ai fini dell'efficiente espletamento dei compiti riconosciuti a Sogin Spa, occorre specificare l'assetto

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istituzionale della società, che dovrebbe preferibilmente rientrare nell'ambito della sfera dei soggetti pubblici;
g) all'articolo 28, recante disposizioni per la stima dei corrispettivi del conferimento dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare irraggiato, venga specificato che i soggetti produttori e detentori di rifiuti radioattivi generati da attività medicali e industriali, diverse da quelle di cui al titolo II del presente schema, sono tenuti al conferimento di tali rifiuti presso il Deposito Nazionale secondo prescrizioni impartite dall'Agenzia e con tariffe a loro carico determinate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Conseguentemente occorrerebbe assoggettare tali soggetti alle sanzioni di cui all'articolo 32, comma 3;
h) all'articolo 30, vengano specificate le risorse di bilancio disponibili per il finanziamento della campagna di informazione, al fine di rendere effettivo ed immediatamente realizzabile l'impegno per una corretta e compiuta informazione ai cittadini sugli aspetti concernenti l'impiego di produzione di energia elettrica da fonte nucleare.

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante la disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio, nonché delle misure compensative e delle campagne informative (Atto n. 174)

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL GRUPPO DEL PARTITO DEMOCRATICO

Le Commissioni VIII e X,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante la disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio, nonché delle misure compensative e delle campagne informative, n. 174;
premesso che:
già in sede di discussione della legge 23 luglio 2009 n. 99, attraverso specifici interventi di merito, erano stati posti alcuni temi generali che, anche alla luce del provvedimento oggi all'esame, mantengono tutta la loro attualità:
meglio sarebbe stato se la discussione sul merito fosse avvenuta a valle di un approccio complessivo e articolato alle problematiche energetiche del nostro Paese, anche alla luce dell'articolo 7 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che prevedeva la definizione da parte del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di una «Strategia energetica nazionale» che indicasse le priorità di breve e di lungo periodo: a oltre un anno dalla scadenza del termine il suddetto documento non è stato ancora emanato;
invece, il decreto (in particolare, l'articolo 3 relativo alla «Strategia del Governo in materia nucleare») attribuisce al Governo il compito di definire programmaticamente gli obiettivi di capacità di potenza elettrica che si intende installare, il sistema di alleanze e cooperazioni internazionali, gli orientamenti sulle modalità realizzative, gli obiettivi in materia di approvvigionamento, trattamento e arricchimento del combustibile nucleare. Un simile approccio pone problemi di metodo (si veda il parere espresso dalle Regioni che contestano - in maniera bipartisan - il venir meno del rispetto del dettato costituzionale in tema di prerogative delle regioni stesse in tema di energia) ma anche di merito;
sarebbe, infatti, necessario costruire un quadro prospettico d'insieme sul tema energetico, anche per fornire gli elementi necessari a tutti i soggetti coinvolti, operatori, comunità interessate, cittadini. Il Governo ha deciso di fare del nucleare una bandiera, ma non si deve dimenticare che alla fine dell'anno scadranno gli attuali incentivi alle fonti rinnovabili, mentre proseguono le procedure per l'autorizzazione e la costruzione di nuovi cicli combinati che già oggi non funzionano a pieno regime;
sarebbe stato, al contrario, più utile affrontare anche i temi dell'efficienza, del risparmio energetico, dell'innovazione tecnologica,

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delle fonti rinnovabili per potersi confrontare con le sfide che abbiamo davanti, a cominciare dalla necessità, ribadita nel summit mondiale sul clima di Copenaghen, di ridurre drasticamente le emissioni di CO2, rispetto al quale la scelta in esame ben difficilmente sarà in grado di produrre effetti tangibili al 2020. E questo al fine di accompagnare, aiutare, sostenere le scelte di imprese, istituzioni, cittadini che consentono di migliorare la qualità della nostra vita e la competitività della nostra economia, cogliendo le opportunità offerte dalla green economy. Tutto ciò conferma l'impressione di una posizione - da parte del Governo - più ideologica e «di bandiera» che di reale sostanza;
il mercato che, a fatica, si è costruito in questi anni nel settore dell'energia elettrica corre il rischio di essere pesantemente messo in discussione da un nucleare realizzato in questo modo. Oltre a quanto previsto al già richiamato articolo 3, non si può non sottolineare come naturalmente non sia assurdo pensare a un programma nucleare realizzato sotto la guida dello Stato, ma allora bisogna essere consapevoli delle sue conseguenze (da analizzare) e dichiararlo apertamente. Dire che «la costruzione e l'esercizio degli impianti nucleari sono considerate attività di preminente interesse statale» (articolo 4) è solo il primo passo: il rischio è che il nucleare faccia eccezione allo schema secondo cui funziona oggi il mercato elettrico, ponendo in atto scelte incompatibili con le direttive europee.
In questo senso, protocolli come quello stipulato con la Francia con cui si assegnano all'ex monopolista italiano ENEL tre siti in cui costruire le centrali, insieme con l'EDF, prefigurano scenari competitivi preoccupanti. La stessa scelta di una tecnologia, quella delle EPR, rispetto alla quale noi italiani siamo sostanzialmente esclusi dal punto di vista della produzione «intelligente», lascia presagire un rischio elevato di colonizzazione tecnologica e di scarso coinvolgimento della nostra capacità di ricerca;
all'articolo 25, comma 2, lettera f), della legge 23 luglio 2009, n. 99, il Governo ha ostinatamente voluto inserire la previsione dell'esercizio sostitutivo. Come sottolineato allora, si trattava di una previsione normativa errata, tanto che nel decreto si prevede un percorso diverso, certamente più rispettoso delle autonomie locali, anche se alla fine punta ad arrivare allo stesso risultato. La sostanza comunque rimane invariata: sia l'ubicazione dei siti che del deposito possono essere decisi contro la volontà delle regioni , con modifica forzata dei Piani energetici e quindi in palese conflitto istituzionale. Tra l'altro definendo i siti di interesse strategico nazionale questi possono essere gestiti dalla costituenda Agenzia della difesa spa e quindi al di fuori di qualsiasi controllo parlamentare; Ma così procedendo, con un atteggiamento che non si può che definire di «protervia istituzionale», il Governo ha ottenuto il risultato del ricorso alla Corte costituzionale, legittimo e condivisibile, della maggioranza delle Regioni, su un tema procedurale, che darà peraltro modo di confondere i piani di discussione di merito e di metodo; l'esperienza internazionale dei paesi democratici dimostra come progetti di questo genere non si possano fare contro i cittadini e le comunità locali, ma solo costruendo il consenso e la condivisione, mentre questo approccio ideologico corre il rischio di creare una reazione di rigetto che non era scontata, risultando così di ostacolo ad una discussione di merito dei problemi;
l'Agenzia per la sicurezza nucleare (peraltro neanche prevista nel testo originario del disegno di legge e inserita solo successivamente dopo un increscioso balletto tra Ministeri sulla attribuzione dei posti e le cui delicate funzioni meglio sarebbero state svolte da un'Autorità indipendente) risulta finanziata nei prossimi tre anni con l'importo assolutamente insufficiente di 500.000 euro per l'anno 2009 e in 1.500.000 euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011, che ne compromettono la reale operatività. Il personale assegnato è assolutamente inadeguato e il rapporto fra Agenzia della sicurezza nazionale e le

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Agenzie regionali per l'ambiente che gestiscono alcune delle reti di sorveglianza non è definito e non comprende le risorse necessarie
A tal proposito, sono necessari il rafforzamento e la terzietà dell'Agenzia perché questa possa essere vissuta come soggetto realmente super partes che ha a cuore prima di tutto i cittadini;
tutte gli attuali enti (ISPRA, SOGIN, ENEA) sono commissariati e non hanno indirizzi strategici certi; i commissariamenti danno più l'idea di una lotta per ritagliarsi ambiti di potere che non della percezione effettiva degli obiettivi che si vogliono raggiungere;
considerato che:
non sono stati fatti passi in avanti per quanto riguarda l'individuazione del deposito di superficie: nel 2012 torneranno dall'Inghilterra e nel 2020 dalla Francia le scorie relative alle centrali chiuse a seguito del referendum del 1987, mentre siamo ancora al dieci per cento circa di decommissioning effettuato.
per quanto riguarda il problema del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, il decreto presenta una contraddizione tra quanto stabilito agli articoli 13 e 18. Se l'articolo 13, infatti, prefigura che lo stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti avvenga in strutture ubicate nello stesso sito e direttamente connesse con l'impianto nucleare, l'articolo 18 prevede che il titolare dell'autorizzazione unica provveda al trattamento, al condizionamento e allo smaltimento dei rifiuti nonché al riprocessamento e/o immagazzinamento del combustibile irraggiato presso il Deposito nazionale. Non appare chiaro, pertanto, dove effettivamente andranno i rifiuti e il combustibile irraggiato. Se, come sembra (è impensabile ipotizzare il riprocessamento del deposito nello stesso sito), dovessero andare nel Deposito nazionale, bisognerebbe allora che questo fosse in costruzione o almeno localizzato (anche come deposito di rifiuti ad alta attività) prima di avviare la costruzione dei nuovi impianti. È necessaria una assoluta chiarezza sulla destinazione del combustibile irraggiato e sui rifiuti, per dimostrare di aver pensato alla chiusura del ciclo e non lasciare eredità pesanti o almeno non valutate alle generazioni future;
la realizzazione del Deposito nazionale definitivo dei rifiuti radioattivi di bassa e media attività, che sia adibito anche a deposito temporaneo per quelli di alta attività, è un'esigenza imprescindibile, anche se non vi fosse alcuna ripresa del nucleare in Italia. Se invece si realizzassero nuovi impianti, il deposito diventa una condicio sine qua non per l'accettabilità sociale del nucleare futuro. Lo sforzo fatto nel decreto di arrivare alla sua localizzazione e realizzazione è, dunque, condivisibile. Vi è però un importante cambiamento rispetto alle proposte della Commissione tecnica nominata dal Ministro Bersani nel 2007: anziché affidare il compito di localizzare e realizzare il deposito a una Agenzia pubblica (come avviene ovunque) si è pensato di far svolgere queste attività alla Sogin s.p.a.. Si può perciò parlare di «privatizzazione delle attività concernenti il trattamento e la custodia dei rifiuti nucleari» perché Sogin s.p.a. è una società «di diritto privato» anche se interamente partecipata Ministero dell'economia (e nei mesi scorsi si è più volte parlato della possibilità di fare entrare nel suo capitale anche società quotate). Questo cambiamento di impostazione, anche se può essere dettato dalla volontà di non creare nuovi soggetti pubblici, non è accettabile e rischia di far naufragare tutta l'operazione. Infatti è fondamentale dare alla popolazione la massima garanzia che chi si occupa dei rifiuti sia preoccupato unicamente della sicurezza e della protezione della popolazione stessa. Un soggetto che produce rifiuti nucleari, che abbia obiettivi di profitto e che non sia in grado di garantire di occuparsi dei rifiuti per qualche secolo desta preoccupazioni. Il fatto che a Sogin s.p.a. venga affidato in esclusiva anche in futuro il compito di smantellare gli impianti rende ancora meno accettabile la

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soluzione prevista. Vi sarebbe infatti un potenziale conflitto di interesse tra un soggetto che deve cercare di smaltire rifiuti al minimo costo e con utili e un soggetto che li deve ricevere e custodire con la massima sicurezza;
per quanto riguarda lo smantellamento degli impianti, l'articolo 19 prevede che, a fine vita degli impianti, la Sogin s.p.a. prenda in carico la gestione in sicurezza e lo svolgimento di tutte le attività relative alla disattivazione dell'impianto. Vi è il rischio che i costi di queste attività vengano «socializzati». Infatti è vero che l'articolo 20 prevede un fondo per il decommissioning ma, se il fondo non fosse sufficiente, la soluzione prevista non garantisce contro rischi come quelli paventati (e già oggi in atto per lo smantellamento delle centrali nucleari Enel chiuse nel 1987). Infatti si prevede una integrazione da parte dell'operatore sulla base della valutazione dei costi da parte di Sogin s.p.a., ma queste valutazioni potrebbero dar luogo a sottostime o a contestazioni ed è facile prevederne l'esito finale;
una ulteriore contraddizione del decreto riguarda l'individuazione del soggetto che dovrà determinare le tariffe di conferimento dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare irraggiato: mentre l'articolo 25, comma 1, lettera d), attribuisce tale compito a un decreto del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, all'articolo 28 si prevede che le tariffe siano determinate annualmente dall'AEEG secondo criteri aggiornati ogni quattro anni, sulla base della stima dei costi effettuata dalla Sogin SpA che tengano conto tra l'altro degli eventuali servizi aggiuntivi richiesti e delle misure compensative;
la questione delle garanzie finanziarie è trattata in più articoli ma in maniera confusa e persino contraddittoria. Da un lato sembrerebbero scaricarsi sull'operatore molti costi - che contribuirebbero, peraltro, a rendere meno appetibili le centrali nucleari - come nel caso dell'articolo 13, comma 1, dove si dice che agli oneri derivanti dall'istanza di autorizzazione e dalla certificazione del proponente si provvede nell'ambito del quadro economico-finanziario dell'opera, del medesimo articolo (comma 2, lettera l) in cui si obbliga il proponente a dimostrare la sussistenza di strumenti di copertura finanziaria e assicurativa contro il rischio di prolungamento dei tempi di costruzione per motivi indipendenti dalla sua volontà, nonché dell'articolo 22 che attribuisce all'operatore il compito di garantire le «compensazioni» a persone ed enti locali con divieto di trasferirne gli oneri sugli utenti finali. Dall'altro lato, però, l'articolo 16 prevede che con decreto del Ministro dello sviluppo economico siano individuati strumenti di copertura finanziaria ed assicurativa contro il rischio di ritardi nei tempi di costruzione e messa in esercizio degli impianti per motivi indipendenti dal titolare dell'autorizzazione unica, con esclusione per i rischi derivanti dai rapporti contrattuali con i fornitori;
non si tratta, in conclusione, di avere un atteggiamento pregiudiziale o ideologico, quanto piuttosto la legittima pretesa, nell'interesse del paese, che scelte come quella in esame siano fatte con la dovuta serietà e ponderatezza, a garanzia che temi di tale rilevanza, rispetto ai quali i cittadini sono stati in passato chiamati ad esprimersi attraverso forme di consultazione popolare, non vengano trasformate in facili slogan elettorali ma invece doverosamente considerate come scelte fondamentali per il nostro futuro, rispetto alle quali siano chiamate ad esprimere il loro consenso le popolazioni interessate
esprimono

PARERE CONTRARIO

Lulli, Benamati, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Testa, Vico, Zunino, Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Boccia, Giachetti, Lenzi, Rosato, Bellanova, Bernardini, Coscia, Miotto, Mogherini Rebesani, Motta, Pollastrini, Samperi, Tempestini, Vaccaro, Vannucci, Viola, Agostini, Albonetti, Argentin, Bachelet, Barbi, Baretta, Beltrandi, Berretta, Bersani, Bindi, Binetti, Bobba, Bocci, Boccuzzi, Boffa, Bonavitacola, Bordo, Bossa, Braga, Brandolini, Bratti, Bressa, Bucchino, Burtone, Calvisi, Capano, Capodicasa, Cardinale, Carella, Carra Marco, Castagnetti, Causi, Cavallaro, Ceccuzzi, Cenni, Ciriello, Codurelli, Colombo, Concia, Corsini, Cuomo, Cuperlo, Dal Moro, D'Alema, Damiano, D'Antona, D'Antoni, De Biasi, De Micheli, De Pasquale, De Torre, D'Incecco, Duilio, Esposito, Gianni Farina, Farina Coscioni, Farinone, Fassino, Fedi Ferranti, Ferrari, Fiano, Fiorio, Fioroni, Fluvi, Fogliardi, Fontanelli, Garavini, Garofani, Gasbarra, Gatti, Genovese, Gentiloni Silveri, Ghizzoni, Giacomelli, Ginefra, Ginoble, Giovanelli, Gnecchi, Gozi, Grassi, Graziano, Iannuzzi, La Forgia, Laganà Fortugno, Laratta, Letta, Levi, Lo Moro, Lolli, Losacco, Lovelli, Lucà, Luongo, Madia, Marantelli, Marchi, Marchignoli, Margiotta, Mariani, Marini, Marrocu, Martella, Martino, Mattesini, Mazzarella, Mecacci, Melandri, Melis, Giorgio Merlo, Merloni, Meta, Migliavacca, Miglioli, Minniti, Misiani, Morassut, Mosca, Murer, Naccarato, Nannicini, Narducci, Nicolais, Oliverio, Andrea Orlando, Parisi, Pedoto, Pepe Mario (Pd), Pes, Piccolo, Picierno, Pistelli, Pizzetti, Pompili, Porta, Portas, Rampi, Realacci, Recchia, Rigoni, Rossa, Rossomando, Rubinato, Rugghia, Antonino Russo, Sani, Santagata, Sarubbi, Sbrollini, Schirru, Sereni, Servodio, Siragusa, Soro, Sposetti, Strizzolo, Tenaglia, Tidei, Tocci, Touadi, Trappolino, Tullo, Livia Turco, Maurizio Turco, Vassallo, Velo, Veltroni, Verini, Zaccaria, Zampa, Zamparutti e Zucchi.

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante la disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio, nonché delle misure compensative e delle campagne informative (Atto n. 174)

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL GRUPPO DELL'ITALIA DEI VALORI

Le Commissioni VIII e X,
in sede di esame dello schema di decreto legislativo recante la disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione di combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio, nonché delle misure compensative e delle campagne informative (A.G. 174),
premesso che:
lo schema di decreto in esame costituisce attuazione dell'articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia» con il quale il Governo è stato delegato ad adottare, entro sei mesi dall'entrata in vigore di tale legge (e quindi entro il 15 febbraio 2010) uno o più decreti legislativi di riassetto normativo relativi alla disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione di combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, dei sistemi per il deposito definitivo dei materiali e dei rifiuti radioattivi e della definizione delle misure compensative in favore delle popolazioni interessate;
il rilancio del nucleare rappresenta l'obiettivo principale della «Strategia energetica nazionale» promossa dall'attuale Governo. Intesa, infatti, come strumento di indirizzo e programmazione energetica a carattere generale la suddetta «Strategia», delineata dall'articolo 7 del decreto-legge 112/2008, convertito dalla legge 133/2008, contempla la realizzazione sul territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare e la promozione della ricerca sul nucleare di quarta generazione o da fusione. In linea con la citata «Strategia energetica nazionale», il citato articolo 25 della legge 99/2009, reca una delega al Governo per la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare e di fabbricazione del combustibile nucleare. Quale autorità nazionale per la regolamentazione tecnica, il controllo e l'autorizzazione ai fini della sicurezza nel settore nucleare viene istituita l'Agenzia per la sicurezza nucleare. Per la promozione dell'innovazione nel settore energetico, con particolare riferimento allo sviluppo del nucleare di nuova generazione, la suddetta legge contempla la predisposizione, da parte del CIPE, di un Piano operativo. Si rammenta, infine, che il Ministro dello Sviluppo Economico, Scajola, ha riferito alle Commissioni riunite X Camera e 10a Senato, nella seduta dell'11 marzo 2009 , in merito ai contenuti del Protocollo di Accordo, firmato durante il vertice di Villa Madama del 24 febbraio 2009, tra i Governi italiano e francese

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sulla cooperazione nel settore dell'energia nucleare. Grazie a tale accordo il progetto nucleare italiano potrà avvalersi della esperienza della Francia la cui dotazione di centrali nucleari attive è la più consistente a livello europeo. Il Protocollo, avente carattere di «accordo-quadro», rimette a successivi accordi operativi la definizione dei singoli aspetti concreti della cooperazione tra i due Stati ed inoltre lascia impregiudicata la scelta delle tipologie di impianti nucleari da realizzare nel territorio nazionale e non contiene clausole che introducono vincoli di «esclusiva»;
rilevato che:
il nostro Paese, a seguito del referendum del 7 e dell'8 novembre 1987, ha espresso la propria contrarietà rispetto l'uso di energia proveniente da fonte nucleare. Pur tuttavia, l'Italia non può considerarsi ancora un paese denuclearizzato, visto che il problema dello smantellamento delle centrali e dello smaltimento dei prodotti o rifiuti radioattivi è ancora presente nel nostro territorio nazionale. Le competenze in materia sono state rimesse o sono svolte attualmente da vari soggetti, tra i quali il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, il Ministero per i beni e le attività culturali, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e dei servizi tecnici (APAT), il Commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari, il Dipartimento della protezione civile, varie Commissioni tecnico-scientifiche, il CIPE;
l'attuale Governo, in controtendenza rispetto agli Stati Uniti d'America e molti altri Paesi europei come la Germania e la Spagna, ha deciso di fondare parte della propria politica economica per il rilancio produttivo sul ritorno alla produzione di energia da fonte nucleare, con l'obiettivo precipuo di produrre il 25 per cento dell'energia elettrica dall'atomo;
i problemi collegati al nucleare, sono purtroppo ancora ad oggi irrisolti: problemi come l'approvvigionamento dell'uranio, la gestione delle scorie radioattive, gli altissimi costi. I costi del KWh nucleare imputabili all'investimento, all'esercizio e alla manutenzione sono enormemente superiori a qualunque altra fonte di produzione di energia. La tecnologia nucleare esistente, sulla quale l'attuale Governo sta puntando con decisione, è quella di terza generazione, ossia una tecnologia che risale agli anni sessanta. Le ricerche in questo campo prevedono ancora 10-20 anni di tempo necessari per arrivare alla cosiddetta tecnologia di IV generazione, ossia quella che potrà dare risposte convincenti ai problemi suddetti, a cominciare da quello della sicurezza. In pratica il nostro Paese rischia di vedere entrare in funzione le proprie centrali nucleari, appena prima la probabile disponibilità dei nuovi reattori di quarta generazione; e poiché la vita media di un impianto nucleare è di circa 60 anni, l'Italia rischierebbe di trovarsi per oltre 50 anni con impianti meno sicuri e obsoleti. I tempi attuali indicano, nella migliore delle ipotesi, in ben oltre 10 anni i tempi minimi per l'entrata in funzione degli impianti suddetti. Nell'efficiente Finlandia, infatti, dove il consenso al nucleare è maggioranza, ed esistono già 5 centrali, i tempi fra l'avvio del dibattito su un nuovo reattore e la posa della prima pietra, si sono allungati ad otto anni, rispetto ai cinque anni programmati, mentre i costi sono già lievitati dai 3 miliardi di euro previsti a circa 4,5 miliardi. Il presunto basso costo del kWh da nucleare è quasi esclusivamente dovuto in tutto il mondo dall'intervento dello Stato nella chiusura del ciclo del combustibile nucleare (costi per lo smaltimento definitivo delle scorie e per lo smantellamento delle centrali). In conseguenza di ciò la scelta nucleare ostacola il perseguimento degli obiettivi di diffusione delle fonti rinnovabili, innovazione tecnologica ed efficienza energetica. Sotto tale profilo si osserva che l'Agenzia internazionale per l'energia ha calcolato che dal 1992 al 2005 nei Paesi OCSE il nucleare da fissione ha usufruito del 46 per cento degli investimenti in ricerca e

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sviluppo, quello da fusione del 12 per cento, mentre alle rinnovabili è stato destinato l'11 per cento. È peraltro irrealistico, per problemi non solo ambientali ed economico-finanziari, ma anche tecnici, l'obiettivo di Enel ed Edison di coprire il 15-20 per cento del fabbisogno elettrico dell'Italia con il nucleare. Infatti, bisognerebbe realizzare 10-15 centrali entro quella data e il primo impianto entrerebbe in funzione tra almeno 10 anni, in una situazione in cui ancora non stata data ancora oggettiva soluzione al problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi del nostro Paese (secondo l'inventario APAT: 25 mila metri cubi di rifiuti, 250 t di combustibile irraggiato - pari al 99 per cento della radioattività presente nel nostro Paese -, a cui vanno sommati i circa 1500 metri cubi prodotti annualmente da ricerca, medicina e industria e i circa 80-90 mila metri cubi derivanti dallo smantellamento dalle 4 centrali e degli impianti del ciclo del combustibile). Infine, bisogna ricordare che i tempi di realizzazione di una nuova centrale nucleare non possono essere compressi in un periodo più breve di 12 anni (come dimostra l'esperienza dell'unica nuova centrale europea in costruzione in Finlandia) e che se proprio si dovesse perseguire questo obiettivo, l'unica, eventuale possibilità sarebbe quella di scegliere la tecnologia del nucleare di quarta generazione che, pur non risolvendo i problemi di fondo, viene ritenuta come l'unica in grado di garantire maggiore efficienza, minore produzione di scorie, impossibilità di impiego delle scorie negli usi bellici;
in data 22 dicembre 2009 la Commissione Europea ha presentato un documento di lavoro (SEC(2009)1654) che contiene i dati relativi all'uso di risorse finanziarie destinate alle attività di smantellamento degli impianti nucleari (decommissioning) secondo il quale, in Italia, i costi (calcolati nel 2004) per lo smantellamento di tutti gli impianti nucleari (esclusi quelli provenienti dal centro di ricerca ISPRA) da realizzare entri il 2024, è valutato in circa 4 miliari di euro, esclusi i costi per lo smaltimento dei rifiuti ad alta attività e del combustibile esaurito non calcolabili in assenza di un sito definitivo di stoccaggio.
nel periodo in cui il Parlamento italiano approvava la legge 23 luglio 2009, n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», il c.d «Collegato Energia», alcune agenzie Onu presentavano alla Conferenza «World Financial and Economic Crisis and its Impact on Development», tenutasi a New York, una dichiarazione in cui veniva evidenziato quanto l'attuale crisi economica e finanziaria fosse in attesa di una risposta collettiva della comunità mondiale e come la green economy potesse costituire l'unica reale via d'uscita. In particolare, le agenzie Onu, capeggiate da Achim Steiner, direttore esecutivo del Programma Onu per l'Ambiente (Unep) si sono pronunciate a favore di una transizione verso «meno carbonio» ed a sostegno di un'economia verde capace di fornire molteplici opportunità economiche, sociali ed ambientali. Nella dichiarazione si legge che «investire i fondi di rilancio economico in settori quali le tecnologie energetiche efficienti, le energie rinnovabili, i trasporti pubblici, l'agricoltura sostenibile, il turismo rispettoso dell'ambiente e la gestione sostenibile delle risorse naturali, soprattutto gli ecosistemi e la biodiversità, riflette la convinzione che l'economia verde può creare delle nuove industrie dinamiche, dei posti di lavori di qualità, generare crescita e guadagni, attenuando allo stesso tempo gli effetti dei cambiamenti climatici ed arrestando il declino della biodiversità». Anche l'economista Nicholas Stern ha invitato i governi a spendere circa 400 miliardi di dollari in un'azione di contrasto della recessione economica che punti sull'efficienza energetica. La Spagna ha risposto positivamente ed ha ribaltato la propria situazione di dipendenza energetica dall'esterno, arrivando a produrre un quantitativo di energia pari al 50,1 per cento attraverso lo sfruttamento di fonti rinnovabili. Inoltre, la Germania ha recentemente investito - luglio 2009 - nel c.d. Progetto «Desertec» 400 miliardi di

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euro per la realizzazione di progetti destinati alla produzione di energia con tecnologia solare a ciclo termodinamico;
considerato che:
lo schema di decreto in esame presenta rilevanti criticità sotto molteplici profili che vanno dal rispetto delle competenze legislative costituzionalmente riconosciute, alle garanzie per i livelli di sicurezza a tutela delle popolazioni, dai costi all'eccesso di delega legislativa, al rispetto delle disposizioni nazionali e comunitarie in materia di appalti e tutela della concorrenza;

I

sotto il profilo del rispetto delle competenze costituzionalmente riconosciute e della necessità dell'intesa fra lo Stato e le Regioni ai fini della costruzione e l'esercizio degli impianti nucleari, si osserva che:
a prescindere da qualsiasi convinzione sull'opportunità di avviare o meno un programma di realizzazione di nuove centrali nucleari in Italia, quello che appare molto grave è che l'iter previsto -sia dalla legge n. 99 del 2009 sia dallo schema di decreto legislativo in esame - per la realizzazione delle centrali possa arrivare a scavalcare completamente territorio, Regioni ed Enti locali, ponendosi palesemente in contrasto con il Titolo V della Costituzione e specificamente con il rispetto dei poteri concorrenti delle Regioni riguardanti la produzione dell'energia e il governo del territorio, di cui all'articolo 117 della Costituzione; con il principio di leale collaborazione, di cui all'articolo 118 Cost. e con l'esercizio del potere sostitutivo di cui all'articolo 120 Cost., disposizioni già richiamate in numerose pronunce della Corte costituzionale in materia energetica;
con riferimento agli articoli 25 - 29 della l. n. 99/2009 si osserva che i ricorsi presentati dalle Regioni avverso tali disposizioni (12 sino ad oggi e segnatamente la Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Molise che insieme rappresentano circa il 60 per cento del territorio nazionale) si concentrano soprattutto sul dettato del secondo comma dell'articolo 25 della legge n. 99/2009, che delinea i principi e i criteri direttivi cui i decreti delegati dovranno conformarsi. Ancora più in particolare, uno dei nodi cruciali delle doglianze mosse dalle Regioni sembra proprio essere quello di non aver riservato uno spazio specificamente dedicato (e diverso dal richiamo alla conferenza unificata) alle intese tra lo Stato e la singola regione interessata, o meglio di non aver tenuto nella giusta e dovuta considerazione la necessità del raggiungimento di un'intesa con la regione interessata. Al riguardo occorre ricordare che nella sentenza n. 383 del 2005 della Corte costituzionale in materia di ricorsi promossi dalla Regione Toscana e dalla Provincia autonoma di Trento avverso numerose disposizioni del decreto legge 29 agosto 2003, n. 239, recante misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale (convertito con modificazioni, dalla legge n. 290 del 2003), e della legge di riordino del settore energetico (legge 23 agosto 2004, n. 239), il filo conduttore è stato la ricognizione, ai sensi dei principi affermati nella precedente sentenza n. 6/2004, dei requisiti necessari ad assicurare in concreto la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione. In questa ottica la Corte ha dichiarato incostituzionali numerose disposizioni del decreto-legge n. 239/2003, per la parte in cui non viene previsto che i poteri attribuiti agli organi statali debbano essere esercitati d'intesa, a seconda dei casi, con la Conferenza Unificata Stato regioni e Stato-città, di cui all'articolo 8 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, oppure direttamente con le Regioni e le Province interessate. Particolare rilievo assume poi la definizione da parte della Corte delle caratteristiche che le intese in questione debbono assumere, con la sottolineatura del carattere necessariamente paritario delle stesse. In un passo della motivazione della sentenza si legge che: «Nell'attuale situazione, infatti, come questa Corte ha più volte

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ribadito a partire dalla sentenza n. 303 del 2003 (cfr., da ultimo, le sentenze n. 242 e n. 285 del 2005), tali intese costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimità costituzionale della disciplina legislativa statale che effettui la «chiamata in sussidiarietà» di una funzione amministrativa in materie affidate alla legislazione regionale, con la conseguenza che deve trattarsi di vere e proprie intese «in senso forte», ossia di atti a struttura necessariamente bilaterale, come tali non superabili con decisione unilaterale di una delle parti. In questi casi, pertanto, deve escludersi che, ai fini del perfezionamento dell'intesa, la volontà della Regione interessata possa essere sostituita da una determinazione dello Stato, il quale diverrebbe in tal modo l'unico attore di una fattispecie che, viceversa, non può strutturalmente ridursi all'esercizio di un potere unilaterale. L'esigenza che il conseguimento di queste intese sia non solo ricercato in termini effettivamente ispirati alla reciproca leale collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di stallo, potrà certamente ispirare l'opportuna individuazione, sul piano legislativo, di procedure parzialmente innovative volte a favorire l'adozione dell'atto finale nei casi in cui siano insorte difficoltà a conseguire l'intesa, ma tali procedure non potranno in ogni caso prescindere dalla permanente garanzia della posizione paritaria delle parti coinvolte. E nei casi limite di mancato raggiungimento dell'intesa, potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato e Regioni». Accogliendo quando affermato dalla Corte nel 2005, i ricorsi presentati dalle Regioni hanno richiamato l'illegittimità costituzionale in primis della lettera g) dell'articolo 25, comma 2, in virtù della quale la costruzione e l'esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e per lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita vengono considerati attività «di preminente interesse statale» e, come tali, soggetti ad autorizzazione unica rilasciata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'Ambiente e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa con la Conferenza unificata. Tale autorizzazione unica, che consegue a un procedimento cui partecipano le amministrazioni interessate, comprende la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere, l'eventuale dichiarazione di inamovibilità e l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni in essa compresi, sostituendo ogni provvedimento amministrativo, autorizzazione, concessione, licenza, nullaosta, atto di assenso e atto amministrativo comunque denominati, fatta eccezione delle procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di valutazione ambientale strategica (VAS), cui si deve obbligatoriamente ottemperare (articolo 25, comma 2, lettera h). E ciò in quanto né la lettera g) né la lettera h) prevedono che sull'autorizzazione, per i profili attinenti alla localizzazione e alle caratteristiche dell'impianto, sia richiesta l'intesa della Regione interessata. La maggior parte dei ricorsi chiamano in causa anche quanto disposto nelle altre lettere del medesimo articolo, in particolare alla lettera a) e alla lettera f). Entro i termini di cui alla lettera a) il Governo dovrà prevedere la «possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione», senza prevedere alcuna partecipazione della Regione interessata né della Conferenza unificata. Ai sensi della lettera f), il Governo, in sede di esercizio della delega, dovrà determinare le modalità di esercizio del suo potere sostitutivo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti, secondo quanto previsto dall'articolo 120 della Costituzione. Va altresì sottolineato che il successivo articolo 26 della legge n. 99/2009 - anch'esso oggetto del vaglio di costituzionalità nel ricorso di alcune regioni - assegna nuovamente al Governo, e segnatamente al CIPE, il compito di definire con apposita delibera, sempre nel termine di sei mesi dalla data di entrata in

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vigore della legge delega e previo parere della Conferenza unificata, le tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale;
il ruolo assegnato alle Regioni dalla legge n. 99/2009 è insufficientemente tutelato, né lo schema di decreto in esame che ne costituisce attuazione riesce a risolvere l'annosa questione relativa alla necessità dell'intesa con le Regioni per la costruzione e l'esercizio degli impianti nucleari. Nel testo dello schema di decreto, infatti, sono previste ipotesi di intesa con le singole Regioni:
1) nel procedimento che si conclude con la certificazione del sito (articolo 11, commi 4, 5, 6);
2) nell'articolo relativo alla localizzazione del Parco Tecnologico (articolo 26 comma 8);
3) in sede di conferenza di servizi per il conseguimento da parte dell'operatore dell'autorizzazione unica (articolo 13 comma 11).

Pur tuttavia, nei primi due casi (nel procedimento che si conclude con la certificazione del sito e nell'articolo relativo alla localizzazione del Parco Tecnologico) se non ricorre l'intesa tra il Ministero dello Sviluppo Economico e Regione, essa può realizzarsi in sede di Comitato interistituzionale, il quale è esteso ad una componente paritaria della Regione. Nel caso in cui non sia raggiunta l'intesa, si «provvede» con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, integrato con la partecipazione del Presidente della Regione interessata. In buona sostanza è stato riprodotto il principio contenuto nel nuovo testo dell'articolo 1-sexies, comma 4-bis del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239 (legga 27 ottobre 2003, n. 290) come modificato dall'articolo 27, comma 24 della legge 99 del 2009 (Collegato Energia). Il problema è che il comma 4-bis, nel suo testo originario, era stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla già citata sentenza della Corte Costituzionale n. 383 del 2005, in quanto prevedeva un «potere sostitutivo» statale in caso di mancata intesa con la Regione ed il nuovo testo, contenuto nella citata legge 99/09, sotto tale profilo, non sembra sanare in nulla i profili di incostituzionalità rilevati dalla Corte sul testo originario. Per altro, la partecipazione del Presidente della Regione alla deliberazione del Consiglio dei Ministri non offre idonee garanzie per il superamento di tale problema. Nell'ultimo caso, qualora in sede di conferenza di servizi non venga raggiunta la necessaria intesa dell'ente locale, il superamento del dissenso avviene attraverso l'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale assegna all'ente interessato un congruo termine per esprimere l'intesa e, decorso inutilmente tale termine, è il Consiglio dei ministri (in una riunione in cui partecipa anche il Presidente della Regione interessata) che nomina un commissario ad acta. Questa disposizione sembra riconducibile all'ipotesi procedurale di cui all'articolo 120 della Costituzione, sebbene l'articolo 120 non venga citato;
per l'attuale Governo, dunque, non rileva minimamente il fatto che 12 Regioni italiane abbiano impugnato la legge 99/09 innanzi alla Corte Costituzionale e che altre, come il Veneto, la Sicilia e la Sardegna, pur non ricorrendo formalmente, abbiano formalmente manifestato la contrarietà ad ospitare centrali nucleari sul proprio territorio. Per altro, qualora la Consulta dovesse accogliere i ricorsi regionali, tutto lo schema di decreto legislativo di attuazione della delega di cui all'articolo 25 della legge n. 99/2009, ovvero lo schema di decreto in esame, risulterebbe viziato di illegittimità costituzionale. Si evidenzia infine che la Regione Puglia, ha adottato recentemente una legge, la n. 30 del 4 dicembre 2009 «Disposizioni in materia di energia nucleare» che vieta l'installazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare e di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi. Sono prossime all'approvazione

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anche le leggi delle Regioni Molise e Campania;

II

sotto il profilo delle garanzie per i livelli di sicurezza a tutela popolazioni, si osserva che:
lo schema di decreto in esame contiene un insieme di misure relative ai controlli di sicurezza e di radioprotezione i cui costi indiretti e diretti sono accollati al c.d. titolare dell'autorizzazione unica alla costruzione degli impianti nucleari, ovvero a un privato (si veda ad esempio l'articolo 14 comma 2 dove si prevedono gli oneri relativi ai controlli di sicurezza e di radioprotezione). Eppure, neanche lo Stato, nel nostro Paese, è mai riuscito sino ad oggi ad attuare le norme comunitarie in materia di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti, per cui non si comprende con quali strumenti potrebbe riuscirci oggettivamente un privato. L'Autorità per la sicurezza nucleare non può rappresentare una idonea garanzia a tutela della salute e della sicurezza dei cittadini, tanto più che tale organismo non si configura neanche come un' Autorità amministrativa indipendente visto che i suoi membri sono nominati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dal Ministro dello sviluppo Economico e dal Ministro dell'Ambiente. Sotto tale profilo appare utile ricordare che il 5 luglio 2005 la Commissione Europea ha inviato all'Italia un parere motivato per essere venuta meno agli obblighi imposti dalla direttiva 96/29/Euratom, che stabilisce le norme di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti e dalla direttiva 89/618/Euratom, concernente l'informazione della popolazione sui provvedimenti di protezione sanitaria applicabili e sul comportamento da adottare in caso di emergenza radioattiva. La Commissione, in particolare, ha contestato all'Italia di non aver adottato i decreti di attuazione necessari a garantire un'effettiva applicazione delle due direttive in esame. Il Governo italiano, dunque, non ottempera agli obblighi comunitari in materia di sicurezza, ma pretende di poter garantire addirittura «elevati livelli di sicurezza» attraverso le disposizioni contenute nello schema di decreto in esame;
la delega prevista alla lettera b) dell'articolo 25 della legge n. 99/2009 relativa alla definizione di elevati livelli di sicurezza dei siti, al fine di garantire la tutela della salute della popolazione e dell'ambiente, risulta essere stata esercitata in maniera ambigua nella predisposizione dello schema di decreto. L'articolo 8 dello schema di decreto infatti definisce le caratteristiche delle aree idonee alla localizzazione degli impianti, inserendo parametri quali la popolazione e i fattori economici; la qualità dell'aria; l'idrologia e le risorse idriche; i fattori climatici; la biodiversità; la geofisica e la geologia; il valore paesaggistico ; il valore architettonico-storico; l'accessibilità; la sismo-tettonica; la distanza dalle aree abitate e da infrastrutture di trasporto; la strategicità dell'area per il sistema energetico e le caratteristiche della rete elettrica; i rischi potenziali indotti da attività umane nel territorio circostante. Senza voler soffermarsi analiticamente su ciascun indicatore, basterà semplicemente ricordare che il valore del patrimonio architettonico e artistico italiano non ha eguali e che la maggior parte del territorio italiano è soggetto a rischio sismico e quindi non idoneo a ricevere impianti nucleari né a smaltire le scorie. Né sono numerose le aree che dispongono dell'ingente quantità d'acqua occorrente al funzionamento dei reattori nucleari, perché la portata dei fiumi italiani è generalmente insufficiente e le zone costiere, dove potrebbe essere utilizzata l'acqua del mare, sono spesso congestionate da insediamenti urbani e turistici, scarsamente compatibili con impianti nucleari. Le centrali nucleari francesi usano il 40 per cento delle risorse idriche consumate su tutto il territorio nazionale. Secondo uno studio del 2007 pubblicato negli Stati Uniti dall'Union of concerned scientist, in media per un reattore di 1000 MW servono oltre 2,5 milioni

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di metri cubi di acqua al giorno: una quantità troppo rilevante per l'Italia. Anche la questione delle infrastrutture e dell'accessibilità ai siti è centrale, vista la delicatezza delle operazioni di trasporto dei rifiuti nel Deposito nazionale di cui all'articolo 14 dell'Atto Governo n. 174. In Francia il trasposto di materiale nucleare va su treni speciali, scortati dalla polizia: il nostro sistema infrastrutturale non è evidentemente in grado di assicurare la sicurezza di una tale operazione. L'articolo 8 può essere letto dunque in due modi: ingenuamente, come l'articolo contenente l'elenco degli indicatori di sicurezza per la scelta delle aree idonee; oppure realisticamente, come obbligo, scomodo, di dare attuazione a quanto disposto all'articolo 25, comma 2, lettera b), della legge n. 99/2009 - tra l'altro, frutto di un emendamento proposto dal Gruppo IdV presso il Senato della Repubblica - senza la volontà poi di seguire quanto prescritto, se è vero che l'elenco semi-ufficiale dei luoghi prescelti esisterebbe già. Agli inizi del mese di gennaio 2010, infatti, Milano Finanza ha pubblicato la lista dei probabili siti: Montalto di Castro (Viterbo), Borgo Sabotino (Latina), Garigliano (Caserta), Trino Vercellese (Vercelli), Caorso (Piacenza), Oristano, Palma (Agrigento), Monfalcone (Gorizia). Sempre restando in tema di sicurezza, l'articolo 14 pone in capo al titolare dell'autorizzazione unica, di cui all'articolo 13, la responsabilità in materia di controlli di sicurezza e di radioprotezione. La responsabilità si estende ai controlli sulla sicurezza degli impianti; alla formazione dei lavoratori dell'impianto; all'osservanza delle prescrizioni dell'Agenzia per la sicurezza nucleare in materia di sicurezza, con particolare riguardo alla costruzione e all'esercizio degli impianti; all'attuazione delle operazioni di informazione diffusa e capillare per le popolazioni. Spetta sempre al titolare dell'autorizzazione unica, sotto la supervisione dell'Agenzia, la valutazione e la verifica periodica, nonché il costante miglioramento, della sicurezza nucleare dell'impianto e di misure per la prevenzione di incidenti. Il ruolo e le responsabilità attribuiti ai titolari delle autorizzazioni appare tuttavia senza dubbio spropositato, nella misura in cui lo Stato lascia la questione della sicurezza degli impianti, di chi vi lavora e di chi vive in quelle aree ad un soggetto privato, limitandosi ad imporre l'obbligo di trasmettere all'Agenzia per la sicurezza nucleare con la massima tempestività le informazioni circa gli incidenti e gli accadimenti rilevanti ai fini della sicurezza nucleare e la radioprotezione e le misure messe in atto per ripristinare il corretto funzionamento. Inoltre, il titolare dell'autorizzazione unica, entro la fine di ciascun anno solare di realizzazione e di esercizio degli impianti, deve trasmettere un rapporto contenente dati ed informazioni utili al monitoraggio soprattutto ai fini della sicurezza (articolo 15).
inoltre appare ancora molto grave il fatto che lo schema di decreto legislativo in esame , invece di individuare i siti dove ubicare le centrali nucleari come invece avrebbe dovuto in virtù della legge delega, si preoccupa di ottenere il consenso della popolazione italiana attraverso l'enfatizzazione del beneficio economico, le c.d. «misure compensative», in favore dei residenti e degli enti locali;

III

sotto il profilo dei costi economici si osserva che:
l'industria nucleare civile ha oltre cinquanta anni. Dopo un così lungo periodo non vi è stato un miglioramento nelle tecnologie e nell'esperienza e risultati di una maggiore convenienza economica. Il tanto pubblicizzato «Rinascimento nucleare» presuppone che i nuovi impianti vengano costruiti in maniera più economica rispetto alle alternative esistenti, sia in termini di tempo che di costi, e che funzioneranno in maniera più attendibile e che i costi degli obblighi a lungo termine - come lo smaltimento dei rifiuti e di smantellamento a fine vita - si stabilizzeranno. Tuttavia l'industria nucleare, nonostante affermi il contrario, sta affrontando

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grandi problemi di costi che crescono vertiginosamente, di ritardi nella costruzione degli impianti, di scarsa sicurezza e, soprattutto, di una crisi nella domanda globale di tecnologia nucleare. Uno studio condotto dal Consiglio Mondiale dell'Energia (WEC) ha mostrato che in tutto il mondo i tempi di costruzione per i reattori nucleari sono aumentati dai 66 mesi a 116 mesi tra il 1995 e il 2000. L'aumento dei tempi di costruzione è sintomatico di una serie di problemi, tra i quali la gestione della costruzione di reattori sempre più complessi. Il progetto di costruzione del reattore Oikiluoto, in Finlandia, in poco tempo è diventato un esempio di tutto ciò che può andare storto in termini economici con la costruzione di nuovi impianti nucleari. Ha dimostrato i problemi chiave di ritardi di costruzione legati ad aspetti di sicurezza, agli aumenti eccessivi di costi, come pure emerge un serio dubbio di sussidi di stato nascosti che stanno ora affrontando diverse accuse sul piano legale. Nel dicembre del 2006, dopo soli 16 mesi di costruzione, la francese Areva ha annunciato che il reattore era già indietro di 18 mesi rispetto al programma;
tutto questo comporta un investimento che definire ingente è inappropriato e che mette in risalto la questione della reale possibilità di copertura finanziaria per chi gestirà la realizzazione del programma nucleare, ossia l'ENEL, ossia, per metà, lo Stato italiano. Al riguardo occorre avere riguardo all'articolo 13 dello schema di decreto che, nel regolare l'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti nucleari e per la certificazione del proponente, prevede, al secondo comma, che l'istanza da presentare al Ministero dello Sviluppo economico per la costruzione e l'esercizio dell'impianto e per lo stoccaggio del combustibile irradiato e dei rifiuti radioattivi contenga la documentazione relativa alla garanzia finanziaria ai fini di quanto previsto dalla normativa in materia di responsabilità civile derivante dall'impiego pacifico del nucleare; la documentazione attestante la sussistenza di strumenti di copertura finanziaria e assicurativa contro il rischio di prolungamento dei tempi di costruzione per motivi indipendenti dal titolare dell'autorizzazione unica, la stima aggiornata dell'ammontare dei contributi dovuti, ai sensi dell'articolo 22, a titolo di misure compensative per le persone residenti e le imprese operanti nel territorio circostante. I costi imprevedibili e esorbitanti del nucleare potrebbero richiedere, secondo quanto avanzato dall'ENEL, la fissazione di una tariffa minima per la vendita dell'elettricità in modo da rassicurare le banche coinvolte in tale operazione. Una richiesta, quest'ultima, palesemente contraria al mercato e agli interessi di consumatori ed aziende;
si osserva inoltre che, in ambito di sistemazione di rifiuti radioattivi, l'articolo 18 pone in capo al titolare dell'autorizzazione unica la responsabilità della gestione del combustibile nucleare e dei rifiuti radioattivi prodotti durante l'esercizio dell'impianto e stoccati in attesa di essere trasferiti nel Deposito nazionale. Anche in questo caso, i costi sono a carico del soggetto titolare dell'autorizzazione. La disattivazione degli impianti, ai fini dello smaltimento delle scorie e del rilascio del sito, spetta alla Società gestione impianti nucleari (SOGIN) Spa (articolo 19). Tali attività sono finanziate, ancora una volta, dai titolari dell'autorizzazione attraverso il versamento di un contributo, per ogni anno di esercizio dell'impianto, nel Fondo per il «decommissioning», di cui all'articolo 20. Il Fondo è istituito presso la Cassa Conguaglio per il settore elettrico che gestisce il Fondo e che può persino effettuare investimenti fruttiferi. Allo scopo di avere un quadro più chiaro del problema della gestione dei rifiuti nucleari in Italia, è opportuno ricordare che la Sogin è ancora impegnata nelle attività di smantellamento e gestione dei rifiuti nucleari a tutt'oggi presenti nei siti di Trino, Saluggia e Bosco Marengo. Solo nel 2008, infatti, sono stati ottenuti il decreto VIA per la realizzazione dell'impianto Cemex di Saluggia (l'impianto che dovrebbe servire alla solidificazione, mediante cementazione, dei circa 230 metri cubi di scorie radioattive

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liquide attualmente stoccate nei serbatoi dell'Eurex) e per il decommissioning della centrale di Trino, oltre al decreto di disattivazione dell'impianto di Bosco Marengo, primo impianto nucleare ad essere smantellato in Italia. È sembra non plausibile che la Sogin riesca a portare a termine tutte le operazioni in corso prima di assumere gli incarichi ad essa derivanti dallo schema di decreto legislativo in esame;
sempre alla Sogin spetta inoltre, secondo quanto disposto all'articolo 24 dello schema di decreto, la costruzione del Deposito nazionale nell'ambito del Parco Tecnologico, destinato ad ospitare e smaltire a titolo definitivo i rifiuti radioattivi. Il Parco tecnologico sarà la sede anche di un Centro di Studi e sperimentazione. Fermo restando che il nome altisonante non riesce a smentire che non esiste al mondo un solo Paese (nemmeno la Francia e gli Stati Uniti) che abbia identificato un deposito per lo smaltimento definitivo e sicuro delle scorie a elevata radioattività, è più che evidente che il risparmio che - a detta del Governo - i cittadini dovrebbero avere sulle bollette, non vale il dispendio di un tale quantitativo di risorse, visto che, se in futuro una diversa maggioranza politica decidesse di abbandonare il programma nucleare, gli utenti pagherebbero comunque nelle bollette i costi sostenuti dalle aziende energetiche per avviare la realizzazione degli impianti;

IV

sotto il profilo della configurazione dell'eccesso di delega si osserva che:
nell'ambito del provvedimento al nostro esame è possibile individuare tale vizio nella previsione contenuta all'articolo 18 dello schema di decreto legislativo in esame. Al secondo comma dell'articolo in questione si legge che: «Il titolare dell'autorizzazione unica provvede, secondo le prescrizioni impartite dall'Agenzia, al trattamento ed al condizionamento dei rifiuti operazionali, al loro smaltimento presso il Deposito nazionale e al riprocessamento e/o immagazzinamento del combustibile irraggiato presso il medesimo Deposito nazionale». Risponde al nome di riprocessamento quella operazione attraverso cui il combustibile esaurito - che contiene ancora una percentuale di Uranio - 235 pari al 90/95 per cento - può essere separato e usato per fabbricare nuovo combustibile. Nella delega al Governo prevista all'articolo 25 della legge n. 99/2009 tuttavia non compare alcun riferimento al riprocessamento che, tra l'altro, comporta dei costi ancora maggiori rispetto alla semplice operazione di mettere nei depositi il combustibile esaurito appena estratto dalle piscine di raffreddamento. Sempre ad un eccesso di delega può essere ricondotto il disposto dell'articolo 33 che abroga le disposizioni vigenti in materia incompatibili con il presente decreto. All'articolo 3 dello schema di decreto si arriva addirittura ad introdurre una delega nell'ambito di un decreto legislativo attuativo di una legge delega, per di più concernente l"intera materia della strategia nucleare, dalla sicurezza alla consistenza degli impianti nucleari, le alleanze e la cooperazione nazionale, la gestione dei rifiuti radioattivi e la disattivazione degli impianti. Si tratta di tutto quello che già si dovrebbe sapere prima di decidere come individuare i siti, come individuare i realizzatori degli impianti, come compensare i territori e come informare le popolazioni. Per altro l'atto in questione è un documento non emendabile e non soggetto a discussione parlamentare, una sorta di DPEF nucleare;

V

sotto il profilo del mancato rispetto delle disposizioni nazionali e comunitarie in materia di appalti e tutela della concorrenza si osserva che:
come accennato nelle premesse precedenti, lo schema di decreto in esame contiene una serie di disposizioni (nel Titolo II) finalizzate alla individuazione dei soggetti autorizzati a costruire impianti nucleari. Al riguardo l'aspetto più allarmante risiede nella mancata individuazione

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dei requisiti soggettivi che tali soggetti dovranno possedere, dato l'articolo 5 dello schema di decreto ne rinvia la compiuta definizione ad un successivo decreto interministeriale. In buona sostanza sarà sufficiente emanare un provvedimento di rango non parlamentare per riuscire a capire chi sarà chiamato a realizzare una centrale nucleare. Tutto ciò, nonostante la legge italiana ed in particolare il Decreto legislativo n. 163 /2006 (Codice degli appalti pubblici) stabilisca la natura e le caratteristiche del c.d. general contractor che possa partecipare ad una gara pubblica per la costruzione di un'opera pubblica come un'autostrada. Nello schema di decreto in esame, invece, attraverso un semplice Decreto Ministeriale si definiscono le caratteristiche del general contractor che, senza gara, e in virtù dell'autorizzazione unica la cui procedura sembra più simile a quella degli appalti a trattativa privata, progetta, costruisce e gestisce una centrale nucleare. L'operatore privato, inoltre, in virtù dell'articolo 10 dello schema di decreto, può chiedere di poter realizzare le sue centrali in alcuni siti di sua scelta, per i quali richiede la certificazione. La richiesta è accompagnata dal progetto preliminare dell'impianto, la cartografia del sito, la valutazione preliminare di sicurezza, la valutazione degli effetti ambientali, gli strumenti di pianificazione territoriale e le servitù. Si tratta, come si vede, di quanto -negli ordinari lavori pubblici - deve essere presentato per la gara ad evidenza pubblica, solo che nell'ambito del provvedimento in esame non si menzionano le offerte economiche sulle quali fare una gara e la gara pubblica non esiste.
considerato infine che:
il provvedimento in esame rappresenta la prova provata dell'intenzione dell'attuale Governo di mettere in moto una macchina pericolosa e inarrestabile capace di annientare principi insuperabili sanciti dalla nostra Carta Costituzionale, travolgere le prerogative delle Regioni, distruggere i poteri urbanistici, di assetto del territorio e della salute pubblica riconosciuti agli Enti Locali, solo al fine di foraggiare alcune imprese pronte a spartirsi i proventi derivanti dalla implementazione dei progetti per la produzione di energia da fonte nucleare, nonostante non sia stata ancora formalmente ufficializzata la localizzazione dei siti delle centrali nucleari;
esprimono

PARERE CONTRARIO

sullo schema di decreto legislativo in esame ed invita il Governo a ritirarne la proposta.

Cimadoro, Piffari, Scilipoti, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Di Pietro, Barbato, Cambursano, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Formisano, Messina, Mura, Monai, Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Porcino, Razzi, Rota, Zazzera.