CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 10 dicembre 2009
261.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-02055 Cazzola: Dismissione di immobili degli enti previdenziali.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo presentato dall'onorevole Cazzola, sulla base delle notizie fornite dai competenti uffici del Ministero che rappresenta e dal Ministero dell'economia e delle finanze, faccio presente quanto segue.
L'articolo 3, comma 8, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, concernente «Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare», prevede che il prezzo di vendita delle unità immobiliari ad uso residenziale, escluse quelle di pregio individuate al successivo comma 13, è pari al prezzo di mercato delle stesse unità immobiliari libere diminuito del trenta per cento.
Il criterio individuato dal legislatore si sostanzia, quindi, nella previsione di diverse regole di determinazione del prezzo degli immobili in considerazione del differente valore degli stessi.
In merito alla questione all'attenzione, faccio inoltre presente che, con decreto ministeriale 31 luglio 2002, del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sono stati individuati i criteri di identificazione degli immobili di pregio, criteri fatti salvi, da ultimo, dall'articolo 43-bis, comma 13 del decreto-legge 30 dicembre 2008, convertito dalla legge n. 14 del 27 febbraio 2009.
Per quanto concerne gli aspetti relativi alla vigilanza tecnico-finanziaria, derivanti dall'applicazione dell'articolo 43-bis della legge n. 14 del 2009, mi sembra opportuno precisare che la vigilanza si sostanzia nel monitoraggio degli effetti in termini di sostenibilità delle gestioni previdenziali, sia nel breve periodo (tramite l'esame dei bilanci contabili), sia nel lungo periodo (tramite l'esame dei bilanci tecnici, il cui obbligo di trasmissione è previsto dalla norma).
Le suesposte considerazioni conducono a valutare con estrema attenzione l'esigenza manifestata dall'onorevole Cazzola in ordine ad una modifica dei criteri fissati dalla legge nella materia di che trattasi.
Per quanto riguarda, infine, il quesito relativo all'opportunità di adottare iniziative per la promozione di soluzioni transattive, con riferimento alle vicende della dismissione degli immobili degli enti previdenziali, informo che la competente Direzione generale dell'amministrazione che rappresento ha garantito che comunicherà, nel breve periodo, ogni dato informativo utile. Mi impegno, pertanto, fin d'ora, ad inoltrare tali informazioni all'onorevole Cazzola non appena in mio possesso.

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ALLEGATO 2

5-02123 Caparini: Indennità di buonuscita per i dipendenti di Poste Italiane SpA.

TESTO DELLA RISPOSTA

Passo ad illustrare l'interrogazione dell'onorevole Caparini sulla base delle informazioni acquisite dai competenti uffici del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'economia e delle finanze e dell'IPOST.
Preliminarmente mi pare opportuno ricordare che la vicenda posta all'attenzione nel presente atto, prende le mosse dalla trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 487 del 1993, convertito dalla legge n. 71 del 1994; in particolare, in attuazione della predetta normativa, la delibera CIPE 18 dicembre 1997 ha disposto che tale trasformazione avesse effetto dal 28 febbraio 1998.
A decorrere dalla predetta data al personale dipendente dalla società spetta, ai sensi dell'articolo 53, comma 6, lettera a), della legge n. 449 del 1997, il Trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 codice civile e, per il periodo antecedente alla data medesima l'indennità di buonuscita maturata, calcolata ai sensi degli articoli 3 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973.
Il meccanismo di calcolo che ne è derivato ha originato un notevole contenzioso in considerazione dei lamentati effetti pregiudizievoli delle disposizioni di che trattasi sull'ammontare complessivo della somma liquidata.
In particolare, i dipendenti in parola rivendicavano la corresponsione dell'Indennità di buonuscita sulla base della retribuzione percepita all'atto del collocamento a riposo; al riguardo faccio presente che la Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con sentenza del 2008, si è pronunciata sulla legittimità delle modalità di calcolo adottate, ai sensi del citato articolo 53 della legge n. 449 del 1997; alla base di tale pronunciamento vi è la constatazione che il legislatore, nell'utilizzare l'aggettivo «maturata», abbia inteso «ancorare» la base di calcolo della indennità di buonuscita alla retribuzione in godimento (quindi, nel caso di specie, al 28 febbraio 1998) e non al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Per quanto concerne l'ulteriore profilo inerente la rivalutazione periodica della Indennità medesima, invocata dai lavoratori in parola in analogia a quanto previsto dall'articolo 2120 codice civile per il Trattamento di fine rapporto, ricordo che la Corte costituzionale, cui la questione è stata rimessa, ha dichiarato (con sentenza n. 336 del 2006) manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 53, con riferimento agli articoli 3 e 36 della Costituzione.
In particolare, la Consulta, ha escluso che la predetta normativa possa determinare, in violazione dell'articolo 3 della Costituzione, una disparità di trattamento in relazione ai tempi diversi di cessazione dei rapporti di lavoro, in quanto il decorso del tempo e le differenze dei momenti in cui accadono i fatti giuridici possono giustificare diversità di disciplina. Tanto premesso, informo che, a seguito delle su citate pronunce giurisprudenziali, il contenzioso sulla materia risulta essere oramai in via di progressivo esaurimento.

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ALLEGATO 3

5-02136 Braga: Procedure di mobilità presso la Glaston Italy SpA.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con riferimento alla questione aziendale posta all'attenzione dall'onorevole Braga, passo ad illustrare le notizie fornite in merito dai competenti uffici dell'Amministrazione che rappresento, della regione Lombardia e del Ministero dello sviluppo economico, facendo presente che, nel corso del presente mese, presso il Senato, ho avuto modo di rispondere ad altro atto ispettivo vertente sulla società in parola.
La Società Glaston Italy Spa, facente capo ad un gruppo multinazionale finlandese, opera nel settore della metalmeccanica, nella produzione di macchine per la lavorazione del vetro e della pietra, ed è presente in provincia di Como con 3 unità operative (2 nel comune di Bregnano e 1 nel comune di Rovello Porro), e 321 dipendenti.
L'attuale situazione di crisi dell'azienda in parola, riconducibile, più in generale, alla difficile congiuntura finanziaria mondiale, è dovuta sostanzialmente ad una diminuzione del 46 per cento dell'ordinato, con una perdita stimata per il 2009 intorno ai 12.000.000 di euro.
La società in argomento, che già negli anni precedenti aveva operato tagli sul territorio italiano attraverso la chiusura dello stabilimento di Bergamo e il ridimensionamento delle unità operative in provincia di Como, nello scorso mese di maggio ha avviato una procedura di mobilità con 48 licenziamenti; il 12 novembre scorso è stata aperta un'ulteriore procedura di mobilità.
In particolare il piano di ridimensionamento della società prevede 167 licenziamenti nel nostro Paese con la chiusura di alcuni reparti produttivi (119 lavoratori interessati), con conseguenze su altri servizi, quali la progettazione ed il magazzino (48 lavoratori interessati).
L'attività del reparto produzione «Tavoli da Taglio» dovrebbe essere trasferita nella filiale cinese della multinazionale, mentre quella relativa alle macchine convenzionali ed al controllo numerico dovrebbe essere esternalizzata sul territorio nazionale.
La regione Lombardia, per salvaguardare il futuro occupazionale dei 167 dipendenti, si è attivata per comporre un tavolo tra rappresentanze sindacali e proprietà al fine di avviare un confronto diretto a verificare la possibilità di utilizzare lo strumento della CIGS, proposto dai rappresentanti dell'ente territoriale in alternativa alla mobilità, in modo da poter effettuare un esame del piano industriale della società con la finalità di evitare i licenziamenti.
I rappresentanti della proprietà, pur ribadendo la linea strategica dell'azienda finlandese di ridurre il personale in tutte le sedi europee, a fronte delle consistenti perdite e di una previsione di dimezzamento del fatturato, si sono riservati, comunque di illustrare tale opportunità ai vertici aziendali.
Allo stesso modo, in considerazione della rilevanza della questione posta all'attenzione, tenuto conto che ad oggi, non

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risulta pervenuta alcuna istanza, presso i competenti uffici del Ministero che rappresento, finalizzata alla concessione di un trattamento di CIGS, né è stato richiesto dalle parti sociali alcun incontro per l'esame della situazione occupazionale, sono in condizione di assicurare la massima attenzione del Governo e garantire la più ampia disponibilità ad aprire, qualora richiesto, un tavolo di confronto con tutte le parti coinvolte nell'ottica di superare le divergenze fin qui emerse ed individuare le soluzioni più idonee per i lavoratori e le loro famiglie.

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ALLEGATO 4

5-01616 Codurelli: Mancata erogazione di fondi stanziati per la cassa integrazione in deroga.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con riferimento all'atto ispettivo presentato dall'onorevole Codurelli, inerente la tematica del finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga per l'anno 2009, sulla base delle informazioni fornite dai competenti uffici dell'Amministrazione che rappresento, del Ministero dell'economia e delle finanze e della regione Lombardia, passo ad illustrare quanto segue.
Preliminarmente mi pare opportuno ricordare che il 17 febbraio scorso, in applicazione del decreto-legge n. 185 del 2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009), è stato sottoscritto un Accordo tra Stato e regioni che ha consentito di mobilitare risorse finanziarie al fine di estendere l'integrazione salariale ai settori, alle categorie e ai lavoratori che ne sono privi.
Con decreto ministeriale n. 45080 del 2009, ai sensi dell'articolo 19, comma 9-bis, del sopra citato decreto-legge, sono stati assegnati, in via provvisoria, alle regioni e alle province autonome complessivi 151,5 milioni di euro per la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga alla vigente normativa; in particolare, alla regione Lombardia sono stati assegnati 10 milioni di euro.
Tanto premesso tengo a precisare che, con l'Accordo governativo stipulato, in data del 16 aprile 2009, dal Ministero che rappresento con la regione Lombardia sono stati destinati 70 milioni di euro ai fini della concessione e/o proroga degli ammortizzatori sociali in deroga alla normativa vigente in favore dei lavoratori delle imprese ubicate nella regione medesima.
In attuazione dell'accordo predetto, con successivo decreto interministeriale n. 46449 del 2009, del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è stata disposta l'assegnazione di tali risorse alla regione Lombardia.
Sono in grado di informare che, ad integrazione delle predette risorse, in attuazione di un successivo accordo governativo stipulato in data 27 luglio 2009, è stato emanato il decreto interministeriale n. 47189 del 2009 con il quale si è provveduto ad assegnare, per le medesime finalità, alla regione Lombardia ulteriori risorse finanziarie per complessivi 250 milioni di euro.
La regione ha inoltre comunicato di aver trasferito all'INPS 14 milioni di euro come contribuzione a sostegno del reddito per i lavoratori in cassa integrazione in deroga.
Da ultimo faccio presente, sulla base di quanto comunicato dalla regione Lombardia, che, mediante le predette risorse, l'Ente sta garantendo la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga a circa 10.000 imprese (per un totale di 74.000 lavoratori), fronteggiando in tal modo le situazioni di crisi occupazionale nel territorio lombardo.
La regione ha altresì reso noto che, allo stato, 27.000 lavoratori partecipano ai programmi di formazione e servizi al lavoro proposti nell'ambito delle politiche attive con la dote lavoro ammortizzatori.

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ALLEGATO 5

5-02050 Codurelli: Su un caso di natura previdenziale di competenza della sede INPS di Lecco.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con riferimento all'interrogazione presentata dall'onorevole Codurelli, sulla base dei dati informativi forniti dai competenti uffici dell'Amministrazione che rappresento, dall'Inps e dal Ministero dell'interno, faccio presente quanto segue.
Nel caso di specie, al lavoratore di che trattasi, in aspettativa in quanto eletto sindaco, non è stata riconosciuta, a seguito dell'iscrizione nelle liste di mobilità, la corresponsione della relativa indennità in quanto incumulabile con gli emolumenti, di importo superiore, connessi alla carica.
È opportuno precisare che la problematica relativa al riconoscimento del diritto all'indennità di mobilità ed alla contribuzione figurativa in favore di coloro che rivestono cariche pubbliche elettive o sindacali è stata regolata dall'Inps con messaggio n. 16920 del 28 novembre 1999.
In tale sede è stato precisato che «... ai lavoratori in questione deve essere riconosciuta la possibilità di cumulare l'indennità di mobilità con l'indennità e/o i gettoni percepiti per l'espletamento degli incarichi in questione nei limiti stabiliti dall'articolo 9, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, e cioè nei limiti necessari per garantire la percezione di un reddito complessivo pari alla retribuzione percepita al momento del collocamento in mobilità, fermo restando in ogni caso il diritto alla contribuzione figurativa conseguente all'indennità di mobilità stessa».
L'Inps, nel merito ha chiarito che, qualora in applicazione dei criteri di cumulo sopra enunciati non debba essere corrisposta nessuna somma a titolo di indennità di mobilità, il «diritto» al trattamento economico di mobilità non si estingue ma rimane semplicemente «quiescente», tanto che qualora l'interessato si dimettesse dalla carica elettiva avrebbe diritto a percepire interamente l'indennità di mobilità.
Occorre quindi tenere ben distinti i due aspetti del diritto alla percezione dell'indennità economica in una determinata misura da quello alla copertura figurativa del relativo periodo di mobilità, diritto quest'ultimo che deve essere garantito «in ogni caso».
L'Istituto ha, quindi, concluso che, indipendentemente dalla misura dell'indennità di mobilità che l'interessato percepisce - e quand'anche tale somma sia pari a zero - deve comunque essere riconosciuta, ai relativi periodi di mobilità, una copertura figurativa di valore pari alla retribuzione presa in considerazione ai fini del calcolo dell'indennità di mobilità.
L'Inps ha, infine, reso noto di avere fornito alla sede provinciale di competenza tutte le istruzioni necessarie ai fini della corretta applicazione del messaggio n. 16920 del 28 novembre 1999 su indicato.

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ALLEGATO 6

Principi fondamentali in materia di governo delle attività cliniche (Testo unificato C. 799 Angela Napoli, C. 1552 Di Virgilio e Palumbo, C. 977-ter Livia Turco, C. 278 Farina Coscioni, C. 1942 Mura, C. 2146 Minardo, C. 2355 Di Pietro, C. 2529 Scandroglio e C. 2693 Zazzera).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

La XI Commissione,
esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 799 e abbinate, recante «Principi fondamentali in materia di governo delle attività cliniche»;
considerato che il provvedimento intende positivamente rendere flessibile e articolato il modello organizzativo idoneo a rispondere efficacemente alle esigenze degli utenti;
osservato, in proposito, che un elemento strategico può essere rappresentato dal rafforzamento del principio di integrazione socio-sanitaria delle politiche pubbliche, su cui si fonda la gestione del Servizio Sanitario Nazionale;
evidenziato, peraltro, che talune disposizioni recate dal provvedimento, anche nelle materie di più diretto interesse della XI Commissione, intervengono con norme specifiche e di dettaglio - sia pure qualificate dal testo come «principi fondamentali» - su una disciplina rientrante nell'ambito della competenza legislativa concorrente tra lo Stato e le regioni;
segnalato che l'articolo 2, comma 2, del testo unificato, escludendo il responsabile per i servizi sociali dal Collegio di direzione, potrebbe pregiudicare la completa attuazione del principio di «integrazione socio-sanitaria», che passa attraverso un incrocio tra politiche sanitarie e politiche sociali di assistenza e previdenza;
rilevato, altresì, che l'articolo 8 reca disposizioni in tema di limiti di età che, di fatto, sono ormai superate, in quanto incluse - in un testo sostanzialmente identico - nell'ambito del cosiddetto «collegato lavoro», ossia il disegno di legge n. 1441-quater-B, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato;
preso atto, infine, che occorre prestare la massima attenzione alle disposizioni di cui all'articolo 10, che disciplinano la libera professione intramuraria degli operatori sanitari non medici;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) si segnala anzitutto l'esigenza di rivalutare l'impostazione di base del provvedimento in esame - con particolare riferimento alle disposizioni che incidono sul lavoro e sull'attività professionale (nel cui ambito si segnalano, soprattutto, gli articoli 9 e 10) - limitando l'intervento legislativo statale alla sola determinazione dei principi fondamentali ed evitando di incidere sulla potestà legislativa concorrente delle regioni;

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2) si sopprima l'articolo 8, prendendo atto dell'esistenza di una analoga norma già inserita nel provvedimento di cui in premessa;
3) all'articolo 9, si valuti con attenzione la compatibilità delle norme che disciplinano l'attività libero-professionale dei dirigenti medici e sanitari del Servizio Sanitario Nazionale, assicurando la massima coerenza tra la disciplina generale in tema di rapporto di lavoro pubblico e il diritto degli stessi - anch'esso sancito dalla legislazione vigente - all'esercizio di attività professionali esterne;
4) all'articolo 10, si renda meno perentoria e più flessibile la disposizione che autorizza l'esercizio di attività libero-professionale da parte del personale non medico, eventualmente rinviando, per il dettaglio, alla legislazione di carattere regionale.