CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 novembre 2009
247.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO
Pag. 61

ALLEGATO 1

7-00160 Tortoli e Alessandri: estensione del sito di bonifica nazionale delle Strillaie.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La VIII Commissione,
premesso che:
in località Strillaie, nelle vicinanze del litorale grossetano e dei centri turistici di Marina di Grosseto, Castiglione della Pescaia e Principina a Mare - incuneata tra siti di importanza comunitaria e regionale (SIC - SIR) nonché zone di protezione speciale (ZPS) - si trova una discarica nella quale da oltre 30 anni vengono conferiti rifiuti indifferenziati;
il sito delle Strillaie è stato qualificato «sito di bonifica di interesse nazionale» (SIN) direttamente dal decreto legislativo n. 152/2006;
il Decreto del Ministro dell'Ambiente 11 agosto 2006, avente ad oggetto la perimetrazione provvisoria del SIN di bonifica delle Strillaie, all'articolo 1 comma 3, dispone testualmente: «L'attuale perimetrazione non esclude l'obbligo di bonifica rispetto a quelle porzioni di territorio che dovessero risultare inquinate e che attualmente, sulla base delle indicazioni degli enti locali, non sono state ricomprese nel perimetro allegato al presente decreto»; e il successivo comma 4 dispone che «Il perimetro potrà essere modificato con decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio nel caso in cui dovessero emergere altre aree con una possibile situazione di inquinamento, tale da rendere necessari ulteriori accertamenti analitici e/o interventi di messa in sicurezza e bonifica»;
pertanto, la necessità di estendere il SIN poggia, non già sull'acclarato stato di inquinamento di aree attualmente ad esso esterne (inquinamento che è stato per altro già accertato come più in basso dettagliato), ma, in un'ottica di tutela anticipata, sulla mera possibilità che esista una situazione di inquinamento che debba richiedere anche solo nuovi accertamenti analitici;
preso atto che:
la Conferenza dei Servizi tenutasi presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 26 giugno 2007 ha accertato lo stato di inquinamento della falda acquifera sottostante l'area della discarica ricompresa all'interno dell'attuale perimetrazione del SIN, ordinando al Comune di Grosseto gli interventi di messa in sicurezza di emergenza e all'uopo disponendo numerose prescrizioni. Perciò, in esecuzione delle prescrizioni ministeriali, il Comune di Grosseto con delibera della Giunta Comunale del 22 aprile 2008 ha approvato il quadro economico e le modalità degli «interventi di messa in sicurezza di emergenza, basati su un sistema di emungimento e successivo trattamento delle acque di falde contaminate»;
inoltre, richiamando espressamente il citato decreto ministeriale 11 agosto 2006, la Conferenza dei Servizi ha riconosciuto la necessità di effettuare una caratterizzazione completa dei suoli e delle acque dell'area così detta CDR che è attualmente esterna al perimetro del SIN, ma ad esso immediatamente adiacente senza soluzioni fisiche di continuità; all'esito di tale caratterizzazione la stessa

Pag. 62

Conferenza dei Servizi avrebbe indicato le eventuali necessarie misure di messa in sicurezza di emergenza e/o bonifica e avrebbe valutato l'eventuale inserimento dell'area nel perimetro del SIN (vedi Verbale Conferenza dei Servizi del 26 giugno 2007, pag. 3-4); così facendo la Conferenza dei Servizi ha manifestato la volontà di considerare rilevante, ai fini della estensione del perimetro del SIN, l'eventuale stato di inquinamento della falda e/o dei terreni dell'area CDR;
preso atto altresì che:
dalle analisi effettuate, sia da ARPAT, sia dal Comune di Grosseto (condotte da TEA Ambiente s.p.a.), sia dalle Associazioni ambientali (condotte dal dottor D'Oriano - Presidente dell'Ordine dei Geologi di Firenze, Docente al centro di Geotecnologie all'Università di Siena) è emerso uno stato di inquinamento della falda acquifera sottostante all'area CDR, inquinamento non riconducibile al cosiddetto «fondo naturale» e analogo a quello già accertato in corrispondenza dell'area SIN;
da studi disponibili - eseguiti da TEA Ambiente s.p.a. (per il Comune di Grosseto nell'ambito del progetto di messa in sicurezza di emergenza), dal Dott. D'Oriano e da EDRA (per le Associazioni Ambientali) - si evincerebbe che tale inquinamento proviene dall'area SIN;
tenuto conto che:
durante le operazioni di caratterizzazione dell'area CDR, sono stati rinvenuti ingenti cumuli di materiali inerti di vario tipo (asfalto, calcestruzzo, plastica, tubi, marciapiedi) derivanti, per stessa ammissione delle amministrazioni locali, dalla demolizione di aree urbane e ivi accantonati nel 2003 come «terre e rocce da scavo», ossia come rifiuti che potrebbero essere classificati come «speciali» ai sensi dell'articolo 184, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 152/2006, e dalle norme ad esso antecedenti, ivi comprese quelle in vigore al tempo dell'asserito deposito;
la succitata Conferenza dei Servizi ha subordinato all'esito delle analisi sui cumuli presenti nell'area CDR la valutazione sull'opportunità di promuovere l'estensione del perimetro del sito d'interesse nazionale, con le modalità di cui all'articolo 252 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
considerato che:
dai dati ARPAT del 2008, relativi alla caratterizzazione dei cumuli, sia nel caso di dati espressi sul totale comprensivo dello scheletro che riferiti alla sostanza secca, si rileva che i valori sono inferiori ai limiti riportati nella colonna A tabella l allegato 5 della parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006;
in risposta all'interrogazione parlamentare n. 5/00136 dell'onorevole Tortoli, riguardante l'estensione del SIN delle Strillaie, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha ribadito che l'inquinamento della falda al di sotto dell'area CDR è analogo a quello riscontrato all'interno del SIN;
pertanto esisterebbero le condizioni in base alle quali il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare potrebbe anche modificare il perimetro del SIN, con le modalità di cui all'articolo 252 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
la possibilità di modificare il perimetro del SIN non può essere condizionata dal fatto che il Comune di Grosseto ha già approvato gli interventi di messa in sicurezza di emergenza (MISE) della falda sottostante l'area SIN ordinati dal Ministero, giacché tali interventi;
secondo gli studi del dottor D'Oriano e di EDRA, tali interventi di messa in sicurezza di emergenza parrebbero non essere adeguati a impedire che gli inquinanti continuino a percolare nelle falde acquifere,
tenuto conto altresì che:
la logica procedimentale, delineata dalla Conferenza dei Servizi, impone alla

Pag. 63

Conferenza medesima di prendere atto dello stato di inquinamento dell'area CDR, valutando la possibilità di estendere il SIN anche a detta area CDR e avocando così a sé (come la legge impone) ogni decisione in merito alle misure di bonifica del sito CDR, senza delegare gli interventi a terzi;
la stessa Conferenza di Servizi, ha preso atto dei risultati analitici relativi alla caratterizzazione dei cumuli in area CDR, che evidenziavano l'assenza di superamenti dei limiti di cui alla colonna A tabella l allegato 5 della parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, per quanto riguarda i suoli, ma ha anche preso atto dello stato di inquinamento della falda acquifera sottostante all'area CDR, analogamente a quanto già accertato in corrispondenza dell'area SIN, come emerso dalle analisi condotte dalla stessa ARPAT nel 2008, nonché dal Comune di Grosseto (analisi TEA Ambiente s.p.a.), e dalle Associazioni ambientali (analisi EDRA e D'Oriano - Presidente dell'Ordine dei Geologi di Firenze, Docente al centro di Geotecnologie all'Università di Siena);
vi è l'evidente necessità che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sovrintenda con la dovuta assiduità agli interventi di messa in sicurezza di emergenza: della intera falda,

impegna il Governo

sulla base delle motivazioni esposte in premessa, a promuovere le opportune iniziative di carattere amministrativo dirette alla convocazione nel più breve tempo possibile della Conferenza di Servizi presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare relativamente alle determinazioni concernenti il SIN «Le Strillaie».
(8-00056) «Tortoli e Alessandri».

Pag. 64

ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-01593 Alessandri: uso dei fondi stanziati per il riassetto idrogeologico della collina di Belvedere a Ponza.

TESTO DELLA RISPOSTA

Per quanto indicato nell'interrogazione n. 5-01593 presentata dall'onorevole Alessandri, riguardante le operazioni per il riassetto idrogeologico nella collina del Belvedere nel comune di Ponza, si rappresenta quanto segue.
Nel 2007, il comune di Ponza ha fatto richiesta al Ministero dell'ambiente di un finanziamento, per un importo pari a 1.966.770, al fine di mettere in sicurezza la località denominata «Collina Belvedere», che presenta diverse situazioni a rischio di frana. In particolare, nella richiesta di cui trattasi, venivano evidenziate due aree maggiormente critiche: la strada comunale «via Madonna» e la parte sommitale della collina stessa, dove è presente anche il Giardino Botanico Ponzese.
Stante l'esiguità delle risorse disponibili per far fronte alle numerose richieste pervenute da tutto il territorio nazionale, il Ministero, con decreto ministeriale del 6 novembre 2007, ha concesso il finanziamento per un importo, però, di 1.000.000 di euro.
Dal momento che il finanziamento concesso risultava pari a circa la metà di quanto necessario per la sistemazione di tutta l'area della collina Belvedere, l'amministrazione comunale, nell'ottica di destinare i fondi ricevuti alla salvaguardia del sito, a maggior rischio, ha commissionato uno studio geologico che evidenziasse nell'area della collina le zone maggiormente critiche. Tale studio ha individuato come area a rischio più elevato tutta la falesia sottostante la strada comunale via Madonna.
Nel periodo intercorrente tra la richiesta di finanziamento e la concessione dello stesso si è aggravata la situazione di dissesto del costone sottostante la via Parata, prosecuzione di via Madonna, posta alla base della Collina Belvedere. A dimostrazione della pericolosità di quest'area sono pervenute al comune numerose segnalazioni di instabilità del costone roccioso da parte di privati cittadini ed una segnalazione dalla regione Lazio Area Genio Civile di Latina che sollecitava ad intraprendere azioni a tutela della pubblica incolumità per contrastare il distacco di un fronte roccioso su via Parata. A seguito di tale sollecito il sindaco, responsabile della salvaguardia della salute pubblica, ha anche emesso un'ordinanza per inibire la sosta ed il transito degli autoveicoli sul ponte di via Parata, per il rischio di crollo.
Nel frattempo, anche la prefettura di Latina, Area protezione civile-Difesa civile-Soccorso pubblico, sollecitava un'intervento urgente nell'area.
In tale contesto, l'Amministrazione comunale si è risolta a destinare il finanziamento concesso alla messa in sicurezza della strada comunale di via Parata: a supporto di tale decisione c'era anche la considerazione che nel sito di intervento alternative, a differenza di via Parata, non vi sono opere pubbliche a rischio e, inoltre, ricadendo prevalentemente in una proprietà privata, ci sarebbero state delle procedure di esproprio che avrebbero rallentato molto la realizzazione dell'intervento.
Il comune ha, comunque richiesto, al Ministero dell'ambiente un parere sulla legittimità dell'utilizzo delle risorse per tale intervento.

Pag. 65

A seguito di tale richiesta, il Ministero ha condotto un'istruttoria sulla documentazione disponibile e da questa non sono emersi elementi ostativi alla realizzazione dell'intervento di via Parata, in quanto costituisce, comunque, una parte dell'intervento complessivo ammesso a finanziamento e in considerazione delle numerose segnalazioni che confermavano la necessità di intervenire con urgenza per la salvaguardia della pubblica incolumità e per far si che la situazione non si aggravasse ulteriormente.
Il Ministero dell'ambiente ha, dunque, rilasciato parere favorevole al comune di Ponza con nota del 14 luglio 2007.

Pag. 66

ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-01840 Di Cagno Abbrescia: lavori di bonifica del sito inquinato «ex Fibronit» di Bari.

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'interrogazione n. 5-01840 presentata dall'onorevole Di Cagno Abbrescia e riguardante la bonifica della ex fabbrica Fibronit di Bari, si rappresenta quanto segue.
Il sito d'interesse nazionale di Bari Fibronit è stato inserito tra i siti da bonificare d'interesse nazionale, con decreto ministeriale n. 468 del 18 settembre 2001 ed è stato perimetrato con decreto ministeriale 8 luglio 2002. La perimetrazione riguarda un'area di circa 150.000 mq, che comprende l'ex stabilimento di produzione di cemento-amianto Fibronit e le aree ad esso connesse.
Le principali criticità ambientali del sito riguardano l'inquinamento da amianto dovuto alla presenza di manufatti, rifiuti, coperture ed impianti realizzati con questo materiale.
Le numerose Conferenze di Servizi, tenutesi presso il Ministero dell'ambiente e finalizzate alla bonifica del sito ex Fibronit, hanno preso atto delle attività di caratterizzazione effettuate e dei risultati delle indagini sullo stato di inquinamento, che hanno evidenziato una contaminazione dell'area da amianto, presente sottoforma di residui di lavorazione, cocci e materiali friabili in cemento-amianto. In particolare, alcune aree presentano una contaminazione consistente e diffusa che raggiunge lo spessore di alcuni metri.
Gli interventi di messa in sicurezza di emergenza nel sito Bari Fibronit sono gestiti, in sostituzione e in danno, dal comune di Bari e dal Commissario delegato per l'emergenza ambientale in Puglia, sulla base dei fondi stanziati dal Piano nazionale di bonifiche di cui al decreto ministeriale n. 468 del 2001, già trasferiti alla regione Puglia, e pari a 2,2 milioni di euro. In particolare, le attività gestite dal comune di Bari sono finalizzate all'allontanamento di tutti i rifiuti, delle coperture in eternit, degli impianti e di tutti i materiali contenenti amianto dai capannoni presenti sul sito.
Lo stesso comune, a tal riguardo, riferisce che i lavori di messa in sicurezza di emergenza del Sito industriale dell'ex stabilimento Fibronit si sono conclusi nel giugno del 2007.
Successivamente, il comune, a seguito di licitazione privata, con Determinazione dirigenziale della ripartizione Contratti e Appalti del 20 settembre 2007, ha incaricato un gruppo di progettazione per la redazione del progetto preliminare e definitivo degli interventi di messa in sicurezza permanente del sito in questione.
La Conferenza di servizi decisoria del 24 luglio 2008 ha approvato con prescrizioni il progetto preliminare di messa in sicurezza permanente predisposto dall'amministrazione comunale, ritenendo il recepimento di dette prescrizioni condizione sufficiente per la presentazione della versione definitiva del progetto in questione.
Per ottemperare a quanto richiesto si è reso necessario effettuare indagini integrative di caratterizzazione per identificare con maggior dettaglio la condizione di inquinamento del sottosuolo. Con l'occasione, sono state eseguite anche prove geotecniche in prossimità dei muri di contenimento dello stabilimento.
Tali nuove analisi hanno avuto, inoltre, lo scopo di consentire l'individuazione

Pag. 67

delle zone di fruibilità del parco che l'amministrazione comunale intende realizzare sull'area ex Fibronit.
Le indagini, sulla base di una specifica convenzione stipulata in data 18 giugno 2008, sono state affidate all'Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale.
La trasmissione al comune dei risultati delle analisi da parte di ARPA Puglia è avvenuta il 6 novembre u.s. I nuovi dati, in corso di valutazione da parte dell'amministrazione comunale, sono stati resi disponibili ai professionisti incaricati al fine di consentire il completamento della progettazione definitiva dell'intervento di bonifica che, in base al disciplinare tecnico, dovrà avvenire nei prossimi 90 giorni.
Il Ministero dell'ambiente è, quindi, in attesa di ricevere la versione definitiva del progetto di messa in sicurezza permanente al fine di procedere con gli adempimenti istruttori di competenza.
In merito all'inquinamento riconducibile alle attività della Fibronit, si informa che a carico dei responsabili dell'ex stabilimento, nel 2001, è stato promosso dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Bari un procedimento penale nel quale il Ministero dell'ambiente si è costituito parte civile per il risarcimento dei danni ambientali cagionati, quantificati dall'APAT (oggi ISPRA) in circa 8 milioni di euro.
All'esito del giudizio di primo grado, è stata accertata la responsabilità degli imputati per i fatti contestati ed è stata disposta a loro carico la condanna al pagamento di una provvisionale in favore di questa amministrazione pari a 5 milioni di euro.
Avverso la predetta sentenza è stato, poi, interposto appello, all'esito del quale sono state lasciate sostanzialmente immutate le statuizioni civili di primo grado riguardanti il Ministero dell'ambiente, essendo stata confermata la condanna al versamento della suddetta provvisionale.
Si è attualmente in attesa di conoscere gli esiti del successivo giudizio per Cassazione.

Pag. 68

ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-01932 Mariani: lavori concernenti la localizzazione dell'elettrodotto La Spezia-Acciaiolo.

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'interrogazione n. 5-01932 presentata dall'onorevole Mariani e riguardante l'inquinamento elettromagnetico prodotto dall'elettrodotto a 380 La Spezia-Acciaiolo nel comune di Lucca, località Farneta, si rappresenta quanto segue.
Già il 4 ottobre 2006, come denunciato nell'atto di sindacato ispettivo, sull'argomento fu presentata l'interrogazione n. 5-00262 e in tale occasione, da notizie fornite dall'ARPA Toscana, risultò che negli anni 2005 e 2006 vi erano state campagne di monitoraggio che avevano fornito un valore dell'induzione magnetica ben al di sotto del valore di attenzione di 10 µ T (micro tesla) fissato dalla vigente normativa.
La stessa ARPA condusse nel 2007 una ulteriore campagna che confermò la normalità della situazione espositiva; consigliando, tuttavia, al comune, avente funzioni di controllo e vigilanza sanitaria e ambientale per l'esposizione ai CEM, ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 36 del 2001, di attuare un monitoraggio a lungo termine, stimando che, in base alle misure effettuate, il valore di attenzione di 10 µ T potesse essere superato solo in caso di corrente superiore a 1660 A per un'intera giornata (il valore massimo di corrente nel 2007 è stato di 847 A).
La Divisione competente del Ministero dell'ambiente interessò del problema anche l'APAT, ora ISPRA, che nel 2008, con un programma di simulazione, trovò valori sostanzialmente più bassi di 10 µ T (micro tesla), stimando che un superamento si potesse avere solo con una corrente pari a 1200 A. Anche l'ISPRA ritenne che un monitoraggio a lungo termine avrebbe contribuito a chiarire ulteriormente eventuali persistenti perplessità.
A tal proposito, si ribadisce che l'articolo 14, comma 1, della legge quadro stabilisce che: «Le amministrazioni provinciali e comunali, al fine di esercitare le funzioni di controllo e di vigilanza sanitaria e ambientale per l'attuazione della presente legge, utilizzano le strutture delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente...».
Allo stato attuale, il Ministero dell'ambiente non ha avuto notizia di violazione delle norme vigenti in materia di esposizione della popolazione.
Dal canto suo, il Ministero dello sviluppo economico, sulla vicenda ha riferito che la società Terna rassicura che l'elettrodotto «La Spezia-Acciaiolo a 380 kV» è esercito nel rispetto della normativa e delle condizioni previste a tutela dell'ambiente, della salute umana e del rispetto della legislazione sui campi elettromagnetici.
Con riferimento alla denunciata «apprensione dei cittadini rispetto all'esigenza di rispettare la distanza di sicurezza dell'infrastruttura dalle civili abitazioni», l'elettrodotto in questione rispetta pienamente la «distanza di sicurezza» stabilita dalle norme vigenti. Si segnala che la questione è attualmente disciplinata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003: «Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla

Pag. 69

frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti, emanato in attuazione della legge quadro 36/2001».
Quest'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede che la valutazione delle distanze possa essere fatta solo per nuovi elettrodotti in corrispondenza di aree gioco per l'infanzia, ambienti abitativi, scolastici e luoghi adibiti a permanenze non inferiori a 4 ore, e per nuovi insediamenti e nuove aree di cui sopra in prossimità di linee ed installazioni elettriche già presenti nel territorio, in conformità con il decreto 29 maggio 2008 «Approvazione della metodologia di calcolo per la determinazione delle fasce di rispetto per gli elettrodotti».
Com'è noto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003 ha introdotto per il campo elettrico un limite di esposizione pari a 5 kv/metro e per il campo magnetico i seguenti valori per gli elettrodotti esistenti alla data di entrata in vigore del decreto:
limite di esposizione di 100 microTesla;
valore di attenzione pari a 10 microTesla.

In merito, la stessa Terna precisa che l'elettrodotto in questione rispetta tali valori, come ha recentemente confermato il tribunale di Lucca che, sulla base di rilievi effettuati, ha rigettato il ricorso proposto da alcuni residenti della zona, affermando, nel provvedimento conclusivo del 19 giugno 2009, che: «Nel caso di specie come riconosciuto dagli stessi ricorrenti e come si evince dalla CTU [.] nell'ambito della accertamento tecnico preventivo [.] dalle analisi delle tabelle riassuntive dei valori di esposizione che hanno interessato le abitazioni dei ricorrenti si evince che nel periodo analizzato dal citato CTU, ovvero novembre 2004 marzo 2007, non si è mai verificato alcun superamento dei valori di attenzione pari a 10 microTesla di induzione magnetica». Da ciò deve desumersi che, essendo stati rispettati i valori di induzione magnetica e non sussistendo più i limiti relativi alle distanze che devono intercorrere tra gli elettrodotti e gli insediamenti abitativi, essendo stati detti limiti abrogati con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2003, deve presumersi, fino a prova contraria, la non pericolosità di tali valori di esposizione».
Il giudice, sulla base dei rilievi tecnici effettuati ha quindi riconosciuto il pieno rispetto dei limiti di esposizione previsti dalla legge per l'elettrodotto La Spezia-Acciaiolo.
Quanto poi alla «scarsa disponibilità della società Terna a prendere in considerazione le legittime preoccupazioni dei cittadini», la società precisa che ogni richiesta di intervento su elementi della rete elettrica di trasmissione nazionale viene considerata, sempre che sia conforme alla legge.
Con riferimento, infine, all'inciso dell'interrogazione secondo cui: «Terna ha avviato nuovi lavori dei quali non è chiara la finalità», la società rassicura che si è trattato di lavori di manutenzione ordinaria, periodicamente eseguiti con la mera sostituzione di parti di linea, che non hanno determinato alcuna modifica nelle caratteristiche fisiche dell'impianto e, quindi, in termini di campi elettromagnetici, e che tali interventi sono stati comunque comunicati alle autorità competenti, ASL e ispettorato provinciale del Lavoro.
Fatto confermato anche dall'ARPAT che, tra l'altro, ha comunicato che continuerà ad effettuare verifiche nel tempo lungo il tracciato della linea, aggiornando le stime di esposizione sulla base dei dati di corrente che saranno resi disponibili da Terna spa.

Pag. 70

ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-02093 Bratti: sulle ragioni del mancato rispetto della normativa comunitaria in materia di inquinamento atmosferico.

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'interrogazione n. 5-02093 presentata dall'onorevole Bratti ed altri, riguardante la mancata predisposizione del Piano Nazionale per la Qualità dell'aria, si rappresenta quanto segue.
Innanzitutto, è utile precisare che la ricostruzione degli eventi operata nell'interrogazione di cui trattasi è inesatta, laddove si indica che la competenza istituzionale in materia di gestione della qualità dell'aria sia in capo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Il nostro attuale ordinamento in materia, basato sul decreto legislativo 351 del 1999, che recepisce la direttiva 96/62/CE, affida alle regioni il compito di emanare piani e programmi di qualità dell'aria per il raggiungimento dei valori limite, compresi quelli del PM10. Al Ministero sono affidati, invece, compiti di coordinamento e di trasmissione dei dati e delle informazioni alla Commissione europea.
Non esistono, quindi, nel nostro ordinamento, presupposti normativi in base ai quali il Ministero dell'ambiente possa adottare un piano nazionale in materia di qualità dell'aria.
L'articolo 22 della direttiva 2008/50/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria, consente agli Stati Membri di derogare temporaneamente all'obbligo di applicare i valori limite per il PM10 in zone che presentano particolari caratteristiche e a condizione che siano assolti alcuni obblighi.
Tale articolo deve essere letto in modo combinato con quanto disposto dalla direttiva quadro 96/62/CE e dalle relative direttive figlie, vigenti fino al recepimento della suddetta direttiva, previsto entro il prossimo mese di giugno.
Le zone per cui è possibile richiedere la deroga sono quelle per le quali esista un nesso di causalità tra i superamenti registrati e il verificarsi di una o più delle seguenti condizioni:
a) caratteristiche particolarmente sfavorevoli alla dispersione degli inquinanti, specifiche del sito o derivanti da condizioni climatiche;
b) rilevante contributo transfrontaliero.

Per le suddette zone è possibile richiedere la deroga purché:
1) siano state già adottate tutte le misure previste dalle precedenti disposizioni comunitarie in materia per il raggiungimento dei valori limite a partire da 1o gennaio 2005 (ovvero siano stati adottati i piani previsti dall'articolo 8 della direttiva 96/62/CE);
2) la richiesta sia accompagnata da un ulteriore piano di misure conforme alle disposizioni della direttiva;
3) sia dimostrato il conseguimento dei valori limite per il PM10 entro il 2011.

La Commissione europea, nel riferire la necessità di ulteriori misure per assicurare il conseguimento dei valori limite del PM10 nelle zone in cui è richiesta la deroga, non può che fare riferimento ad un piano che interessi l'ambito nazionale, in quanto ciascuno Stato Membro è sovrano

Pag. 71

nel ripartire le competenze all'interno delle proprie Istituzioni.
Ciò non toglie che, a seguito delle attività svolte con le regioni per la presentazione dell'istanza di deroga, non siano risultati evidenti i limiti intrinseci che caratterizzano le misure di livello locale, dovuti in larga parte alla circostanza che il fenomeno da contrastare è caratterizzato da una scala spaziale transfrontaliera o, come risulta dai più recenti studi, addirittura globale.
Il PM10, infatti, è composto da una componente primaria e da una componente di origine secondaria che in Italia, come risulta dalle stime ottenute dalle simulazioni modellistiche, arriva a pesare fino al 70-80 per cento delle concentrazioni di PM10.
Tale componente secondaria deriva dalla trasformazione di inquinanti gassosi, quali: ossidi zolfo, ossidi di azoto, composti organici volatili, ammoniaca, ossia di inquinanti che si definiscono «transfrontalieri» per le caratteristiche di permanenza in atmosfera e di trasporto su lunghe distanze.
È stata, quindi, delineata la necessità di adottare misure a livello nazionale nei settori dei trasporti, dell'industria e dell'agricoltura, da integrare con i piani regionali, per contrastare le concentrazioni atmosferiche di PM10 secondario attraverso la riduzione, sull'intero territorio nazionale, delle emissioni dei relativi precursori.
Di conseguenza, il Ministro dell'ambiente ha coinvolto i Ministri interessati, sotto il coordinamento della Presidenza del Consiglio, che hanno fornito un primo contributo in termini di misure afferenti i settori di rispettiva competenza.
Tali misure sono state inviate alla Commissione europea ad integrazione di quelle già inviate con l'istanza di proroga. Dal momento che queste misure sono state considerate dalla Commissione non sufficienti ad assicurare il rispetto dei valori limite, si sta attualmente lavorando con il Ministeri dello sviluppo economico, delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti, ad un ulteriore pacchetto di misure che ciascun Ministero attuerà nell'esercizio delle proprie competenze, in relazione alla modifica e l'integrazione delle norme che disciplinano i settori che sono oggetto delle misure.
Si ritiene, dunque, che l'unico modo concreto di affrontare le problematiche dell'inquinamento atmosferico sia quello di tentare un approccio integrato nell'ambito delle pianificazioni dei settori produttivi e dei servizi (infrastrutture, trasporti, sviluppo produttivo e di insediamenti abitativi). Il miglioramento della qualità dell'aria deve essere perseguito attraverso un piano di intervento strategico unitario, basato su una maggiore integrazione ed un forte coordinamento delle diverse politiche di sviluppo ed è in questa direzione ed in quella di una maggiore integrazione fra le azioni di ambito regionale e di ambito centrale che il Ministero sta muovendosi nella proposta di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2008/590/CE.
L'inquinamento atmosferico da PM10 è un fenomeno che non riguarda solo l'Italia, ma è diffuso sul tutto il territorio europeo. Gli unici Stati Membri della Unione europea che non sono stati affetti da superamenti sono l'Irlanda, la Finlandia e il Lussemburgo. Tutti gli altri, come l'Italia, hanno presentato richieste di deroghe che, per la maggior parte dei casi, sono state accolte, come per l'Italia, solo parzialmente.
Per l'Italia però è stata aperta una procedura di infrazione che si sarebbe potuta evitare se la richiesta di deroga alla Commissione non fosse stata inviata in ritardo; ritardo imputabile al precedente Governo.
Infatti, come è noto, il precedente Ministro, nel gestire, negli anni 2006 e 2007, il negoziato della norma comunitaria che avrebbe introdotto la possibilità di deroga per il superamento dei valori limite del PM10 (poi diventata la direttiva 2008/50/CE), ha sostenuto una posizione contraria all'inserimento di deroghe e ha annunciato al Consiglio dei Ministri dell'ambiente che l'Italia non vi avrebbe comunque fatto ricorso. Conseguentemente, fino all'adozione della direttiva, avvenuta nel maggio

Pag. 72

del 2008, non è stata delineata, in Italia, alcuna politica di concertazione interna volta alla predisposizione di misure nazionali da affiancare a quelle regionali disposte dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 351 del 1999.
Dopo pochi mesi dall'insediamento dell'attuale Governo sono stati attivati sia le Direzioni Generali competenti sia gli Uffici di diretta collaborazione per avviare una attività congiunta con le regioni interessate dalla richiesta di deroga, che ha portato, in circa quattro mesi, alla formulazione dell'istanza. Risulta peraltro che, in altri Paesi quali Olanda e Germania, l'attività per la formulazione dell'istanza era stata avviata già dall'adozione della posizione comune da parte del Consiglio europeo sulla direttiva 2008/50/CE, avvero dal giugno 2007.
Per quanto attiene infine il monitoraggio delle zone in cui sono stati rilevati i superamenti che l'interrogante chiede di avviare, si precisa che questo è in atto da tempo ed è anch'esso affidato dalle vigenti norme alla competenza delle regioni. Non risulta peraltro che la Commissione europea abbia eccepito in merito alla conformità del monitoraggio ai criteri indicati dalla direttiva per la valutazione dell'esposizione della popolazione.