CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 29 settembre 2009
224.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e XI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni (atto n. 82).

PROPOSTA DI PARERE DEI RELATORI

Le Commissioni riunite I e XI,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni (atto n. 82);
premesso che:
l'approvazione della legge di delega al Governo per l'introduzione di misure che favoriscano una maggiore produttività del lavoro pubblico e l'efficienza e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni è stato frutto di un ampio confronto tra maggioranza e opposizione;
in sede di Conferenza unificata, il 29 luglio 2009, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge delega, è stato espresso il parere su tutte le parti dello schema del decreto delegato sulle quali questo era previsto e si è raggiunta l'intesa sulle disposizioni sulle quali essa era prescritta, salvo che sull'articolo 52, comma 1;
in tale sede sono state quindi concordate alcune modifiche al testo approvato in via preliminare dal Governo, le quali appaiono complessivamente condivisibili;
all'articolo 1, comma 1, nel definire l'oggetto del provvedimento, si fa riferimento, tra l'altro, «all'azione collettiva a tutela di interessi giuridicamente rilevanti», ma tale materia non viene poi disciplinata in alcuna parte dello schema di decreto legislativo, nonostante ciò sia espressamente previsto dalla legge di delega all'articolo 4, comma 2, lettera l);
si raccomanda, in ogni caso, al Governo di provvedere quanto prima all'esercizio della delega anche per quanto attiene a tale materia;
in ordine alla questione del diverso «peso» costituzionale previsto dall'articolo 2 della legge delega n. 15 del 2009 per i dipendenti pubblici operanti a livello centrale rispetto a quelli operanti in ambito territoriale appare condivisibile il contenuto dell'articolo 13, comma 1-bis, definito a seguito di intesa in sede di Conferenza unificata;
appare opportuno verificare se il principio di trasparenza, contenuto nella legge delega, appare idoneo a ricomprendere le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 2, all'articolo 13, comma 4, lettera d), all'articolo 37, comma 1, lettera b) ed all'articolo 38, comma 1, lettera b), tenuto conto del fatto che i valori della legalità e della lotta alla corruzione sono pienamente condivisibili e meritevoli di essere riconosciuti come obiettivi di una riforma della pubblica amministrazione;
appare altresì opportuno prevedere, all'articolo 14, tra le competenze dell'Organismo indipendente di valutazione della performance, anche quella di verificare il rispetto del principio delle pari opportunità di trattamento nel pubblico impiego, anche con riferimento ai compiti della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche;

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pur sollevando l'articolo 19, comma 2, perplessità, in quanto non tiene conto delle peculiarità delle amministrazioni di piccole dimensioni, nelle quali le dinamiche tra i lavoratori sono profondamente diverse rispetto alle amministrazioni ordinarie, si ritiene che tali perplessità possano considerarsi superate alla luce dell'articolo 19, comma 5-bis, definito a seguito di intesa in sede di Conferenza unificata;
si valuta favorevolmente la disposizione di cui all'articolo 19, comma 4, che assicura una certa flessibilità nella determinazione dei livelli di performance ai fini della corresponsione del trattamento accessorio attraverso il potere derogatorio dei contratti collettivi integrativi rispetto alla legge;
con riferimento agli interventi recati dall'articolo 39, considerato che il meccanismo dello spoil system presenta delle specifiche caratteristiche disciplinate dall'ordinamento, si ritiene necessario dare a tale istituto la più puntuale e ampia applicazione, soprattutto nell'ambito della disciplina degli enti locali, anche al fine di una stretta aderenza con le finalità di cui all'articolo 6 della legge delega;
non risulta completamente attuato il criterio direttivo di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h), della legge di delega, che prevedeva «l'introduzione di strumenti che assicurino una più efficace organizzazione delle procedure concorsuali su base territoriale, conformemente al principio della parità di condizioni per l'accesso ai pubblici uffici, da garantire, mediante specifiche disposizioni del bando, con riferimento al luogo di residenza dei concorrenti, quando tale requisito sia strumentale all'assolvimento di servizi altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identico risultato»;
si segnala la necessità di rafforzare i compiti e le responsabilità dei dirigenti sul controllo delle assenze per malattia dei dipendenti e dare rigore e certezza alle relative procedure, anche razionalizzando la normativa vigente;

esprimono

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:
1) appare opportuno uniformare la terminologia usata nel titolo II (Misurazione, valutazione e trasparenza della performance) e nel titolo III (Merito e premi) ed eventualmente introdurre all'inizio dei citati titoli II e III due articoli recanti le definizioni dei principali termini ivi impiegati, atteso che questi, in taluni casi, a causa della mancanza di una consolidata accezione giuridica, potrebbero dar luogo ad interpretazioni difformi e contrastanti;
2) all'articolo 1, comma 1, si sopprima il riferimento alla «azione collettiva a tutela di interessi giuridicamente rilevanti», tenuto conto che tale materia non è stata disciplinata con lo schema di decreto legislativo in esame, fermo restando che, come evidenziato nelle premesse, si raccomanda al Governo l'esercizio della delega anche su questo punto;
3) a fini di coerenza interna del testo, si armonizzi la disposizione di cui all'articolo 3, comma 2 (che prevede che la misurazione e la valutazione della performance da parte di ciascuna amministrazione pubblica avvenga secondo modalità conformi alle «direttive» impartite dalla Commissione) con la disposizione di cui all'articolo 7, comma 2 (che prevede che il Sistema di misurazione e valutazione della performance segua gli «indirizzi» adottati dalla Commissione per la valutazione);
4) all'articolo 5, comma 1, con riferimento al processo di definizione degli obiettivi, si chiarisca il rapporto tra organi di indirizzo politico-amministrativo, vertici dell'amministrazione e dirigenti o responsabili dell'unità organizzativa;
5) all'articolo 5, comma 1, si aggiungano, in fine, le parole: «, e il loro conseguimento costituisce condizione per l'erogazione degli incentivi previsti dalla contrattazione integrativa»;

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6) all'articolo 5, comma 2, lettera d), occorre specificare che gli obiettivi devono essere riferiti ad un anno (e non «a un arco temporale determinato»), conformemente all'articolo 4, comma 2, lettera b), della legge di delega, che prevede l'obbligo, per le pubbliche amministrazioni, di predisporre gli obiettivi che l'amministrazione si pone «per ciascun anno»;
7) all'articolo 7, dopo il comma 1 sia inserito il seguente:
«1-bis. La funzione di misurazione e valutazione delle performance è svolta:
a) dagli Organismi indipendenti di valutazione della performance di cui all'articolo 14, cui compete la misurazione e valutazione della performance di ciascuna struttura amministrativa nel suo complesso, nonché la proposta di valutazione annuale dei dirigenti di vertice ai sensi del comma 4, lettera e), del medesimo articolo;
b) dalla Commissione di cui all'articolo 13 ai sensi del comma 5 del medesimo articolo;
c) dai dirigenti di ciascuna amministrazione, secondo quanto previsto agli articoli 16 e 17, comma 1, lettera e-bis), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificati dagli articoli 37 e 38 del presente decreto.»;
8) all'articolo 9, comma 3, si faccia riferimento al congedo di maternità, al congedo di paternità e al congedo parentale, come disciplinati dai capi III, IV e V del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151;
9) all'articolo 10, comma 1, si precisi che le amministrazioni pubbliche redigono il piano e la relazione relativi alla performance «secondo quanto stabilito dall'articolo 15, comma 2, lettera d)», in modo che non risultino indeterminati i soggetti incaricati e responsabili della redazione dei suddetti atti;
10) all'articolo 10, comma 5, premesso che non è chiaro quali siano i «dirigenti responsabili», occorre comunque sostituire le parole «dirigenti responsabili» con le seguenti: «dirigenti che risultano aver concorso alla mancata adozione del piano, per omissione o inerzia nell'adempimento dei propri compiti»;
11) all'articolo 11, si suggerisce di apportare le seguenti modifiche:
a) sopprimere, al comma 2, lettera a), e alla rubrica le seguenti parole: «della performance»;
b) collocare l'attuale comma 3 al comma 1 e l'attuale comma 1 al comma 3;
c) dopo il comma 4, inserire il seguente: «4-bis. Al fine di rendere effettivi i principi di trasparenza, le pubbliche amministrazioni provvedono a dare attuazione agli adempimenti relativi alla posta elettronica certificata di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo del 7 marzo 2005, n. 82, agli articoli 16, comma 8, e 16-bis, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e di cui all'articolo 34, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69.»;
d) al comma 8, sostituire le parole: «di cui al comma 7» con le seguenti: «di cui ai commi 4-bis e 7»;
12) all'articolo 12, comma 1, lettera c), dopo le parole «l'organo di indirizzo politico», si aggiunga la seguente: «amministrativo»;
13) all'articolo 13, comma 3, primo periodo, in analogia con quanto previsto all'articolo 13, comma 5, lettera g), dove per la nomina dei componenti degli organismi indipendenti delle singole amministrazioni sono individuati specifici requisiti, appare opportuno che siano indicati anche i requisiti per accedere alla carica di direttore generale della Commissione di cui al medesimo articolo 13;
14) all'articolo 13, comma 3, secondo periodo, si sopprimano le parole «, che vanno sottoposti all'approvazione del Ministero dell'economia e delle finanze per i connessi profili finanziari» e, dopo il secondo periodo, si inserisca il seguente: «Le

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delibere di adozione dei regolamenti sono comunicate al Dipartimento della funzione pubblica e, per i connessi profili finanziari, al Ministero dell'economia e delle finanze,»;
15) all'articolo 13, comma 5, si modifichi la lettera d), per renderla conforme al criterio dell'articolo 4, comma 1, della legge delega, che prevede la deliberazione da parte della Commissione per la valutazione di parametri per la rilevazione degli indicatori di efficienza e produttività;
16) si armonizzino tra loro le disposizioni in materia di requisiti per la nomina a componente dell'Organismo indipendente di valutazione della performance, atteso che all'articolo 13, comma 5, lettera g), si prevede che tali requisiti siano definiti dalla Commissione, all'articolo 14, comma 7, si fissa direttamente il requisito della «elevata professionalità ed esperienza nel campo del management e della valutazione della performance» e all'articolo 14, comma 9, si stabilisce che i componenti dell'Organismo devono possedere una specifica professionalità e i loro curricula sono inviati alla Commissione;
17) all'articolo 14, comma 2, si sopprimano le parole «come modificato dall'articolo 30 del presente decreto», atteso che il comma 1 dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 286 del 1999, ivi richiamato, non è stato modificato dall'articolo 30;
18) all'articolo 14, comma 4, si sopprimano le parole: «del decreto legislativo n. 286 del 1999», in quanto il riferimento appare ultroneo;
19) all'articolo 14, comma 4, dopo la lettera g), si aggiunga la seguente: «h) verifica i risultati e le buone pratiche di promozione delle pari opportunità»;
20) si coordinino tra loro, accorpandole in un unico articolo, le disposizioni di cui agli articoli 17 e 18, e si richiami tale articolo tra quelli recanti principi cui le regioni e gli enti locali devono adeguare i propri ordinamenti ai sensi dell'articolo 30-bis, commi 1 e 5, definito a seguito di intesa in sede di Conferenza unificata;
21) all'articolo 19:
a) al comma 1, si sostituiscano le parole: «delle risultanze del» con le seguenti: «dei livelli di performance attribuiti ai valutati secondo il»
b) al comma 3 siano soppresse le parole: «, ma la valutazione ha effetto sulla retribuzione di risultato, ferma restando l'onnicomprensività del trattamento economico»;
22) all'articolo 21, comma 1, si faccia riferimento al comma 3-bis dell'articolo 45 del decreto legislativo n. 165 del 2001, «come modificato dall'articolo 55» del provvedimento in esame (e non dall'articolo 65, come, per errore materiale, indicato nel testo);
23) all'articolo 24, comma 3, si sostituiscano le parole: «titolo prioritario» con le seguenti: «titolo rilevante»;
24) all'articolo 25, comma 1, per una migliore formulazione del testo, considerato che il riferimento è al lavoro delle pubbliche amministrazioni, appare opportuno sostituire le parole «servizi prodotti» con le seguenti: «servizi offerti»;
25) all'articolo 27, comma 1, sembra opportuno chiarire maggiormente come si coordina la disposizione in questione con le previsioni dell'articolo 2, commi 33 e 34, della legge 22 dicembre 2008, n. 203, ivi richiamate;
26) all'articolo 27, comma 2 e comma 2-bis, la cui introduzione è proposta in seguito all'intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata, relativi al «premio di efficienza», è opportuno sostituire il riferimento al «Rapporto di performance» con quello di «Piano di performance» ovvero di «Relazione di performance», in armonia con quanto previsto all'articolo 10 dello schema di decreto;
27) all'articolo 30, si aggiornino i termini ivi previsti, in modo da tenere conto dei tempi di emanazione del decreto legislativo in esame, e li si colleghi alla data di entrata in vigore del provvedimento;

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28) all'articolo 30, non appare evidente a quali criteri di delega si richiami la disposizione del comma 5, che stabilisce la soppressione dei commi 68 e 69 dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che prevedono, con cadenza annuale, una specifica procedura parlamentare di esame dello stato della spesa pubblica, dell'efficacia nell'allocazione delle risorse e dell'efficienza dell'azione amministrativa;
29) con riferimento all'articolo 30-bis, comma 4, la cui introduzione è proposta sulla base dell'intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata, si specifichi, per chiarezza normativa, che le «disposizioni vigenti» da applicarsi nelle more dell'adeguamento di cui al comma 2 sono quelle «vigenti alla data dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo»;
30) con riferimento al citato articolo 30-bis, comma 5, si sostituisca la parola «introdurre» con le seguenti: «promuovere l'adozione di»;
31) all'articolo 34, comma 1, capoverso 4-bis, all'articolo 37, comma 1, lettera a), e all'articolo 38, comma 1, lettera a) sarebbe opportuno chiarire a quale «documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale» si faccia riferimento, atteso che nel comma 4 dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ivi richiamato, si parla sia della programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sia della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata dal Consiglio dei ministri per le amministrazioni dello Stato e sarebbe altresì opportuno chiarire in che modo si attui concretamente la partecipazione dei dirigenti alla definizione della programmazione triennale del fabbisogno di personale;
32) si coordinino tra loro le disposizioni di cui all'articolo 37, comma 1, lettera a), e all'articolo 38, comma 1, lettera a), atteso che nella prima si fa riferimento solo ai «profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell'ufficio», mentre nella seconda si fa riferimento anche alle «risorse»;
33) all'articolo 39, comma 1, occorre apportare le seguenti modifiche:
a) alla lettera e), sostituire il numero 1) con il seguente: 1) al terzo periodo, sostituire le parole: «sono conferiti a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale,» con le seguenti: «sono conferiti, fornendo esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione,»;
b) alla lettera f), inserire il seguente capoverso:
«6-ter. Il comma 6 ed il comma 6-bis si applicano alle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2.»;
34) all'articolo 40, comma 1, lettera a), si chiarisca in che modo viene accertata l'inosservanza delle direttive da parte del dirigente; inoltre, dopo le parole «risultanze del sistema di valutazione» si aggiungano, per fini di chiarezza, le seguenti: «di cui al titolo II» del provvedimento in esame;
35) all'articolo 40, comma 1, lettera b), occorre valutare se la previsione ivi contenuta possa considerarsi conforme al criterio direttivo della legge delega , che all'articolo 6, comma 2, lettera b), prevedeva, nei confronti del dirigente che ometta la vigilanza sulla effettiva produttività delle risorse umane a lui assegnate, il divieto di corrispondergli il trattamento economico accessorio, mentre la disposizione in esame prevede la decurtazione dalla retribuzione di risultato di una quota fino all'ottanta per cento;
36) all'articolo 41 occorre valutare se l'intervento ivi previsto possa considerarsi interamente conforme ai principi e criteri direttivi della legge delega, che all'articolo 6, comma 2, lett. i), prevede che il Governo ridefinisca e ampli, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, le competenze

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e la struttura del Comitato dei garanti di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con particolare riferimento alla verifica sul rispetto dei criteri di conferimento o di mancata conferma degli incarichi, nonché sull'effettiva adozione ed utilizzo dei sistemi di valutazione al fine del conferimento o della mancata conferma degli incarichi;
37) all'articolo 42, si suggerisce di sopprimere il comma 3;
38) all'articolo 47, comma 1, capoverso «Art. 29-bis», occorre sostituire le parole «contratto quadro» con le seguenti: «decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, sentite le Organizzazioni sindacali»;
39) all'articolo 48, comma 2, alinea, occorre sostituire le parole «comma 2» con le seguenti: «comma 1» e al capoverso «2-bis», sostituire le parole: «2-bis» con le seguenti «1-bis.»;
40) dopo l'articolo 49, si raccomanda di inserire il seguente: «Art. 49-bis (Territorializzazione delle procedure concorsuali). 1. All'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al comma 5-ter è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il principio della parità di condizioni per l'accesso ai pubblici uffici è garantito, mediante specifiche disposizioni del bando, con riferimento al luogo di residenza dei concorrenti, quando tale requisito sia strumentale all'assolvimento di servizi altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identico risultato»»;
41) con riferimento ai comparti di contrattazione, si raccomanda di seguire l'impostazione emersa in sede di Conferenza unificata nel senso di ampliare sino a quattro il numero dei comparti stessi, verificando la possibilità di costituire eventualmente anche apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità;
42) all'articolo 55, comma 1, lettera b), capoverso c), si chiarisca il significato del termine «obiettivamente»;
43) all'articolo 56, occorre apportare le seguenti modifiche:
a) al comma 1, lettera a), capoverso «7», primo periodo, sostituire le parole: «ed è coordinato dal presidente dell'Agenzia» con le seguenti: «e dal presidente dell'Agenzia che lo presiede»;
b) dopo il comma 1 inserire il seguente: «1-bis. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto si provvede alla nomina dei nuovi organi dell'ARAN di cui all'articolo 46, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dal comma 1. Fino alla nomina dei nuovi organi, e comunque non oltre il termine di cui al precedente periodo, continuano ad operare gli organi in carica all'entrata in vigore del presente decreto»;
44) all'articolo 57, comma 1, capoverso «articolo 47», comma 6, secondo periodo, si chiede di sostituire la parola «degli» con le seguenti: «di due»;
45) all'articolo 57, comma 2,, che introduce un articolo 47-bis nel decreto legislativo n. 165 del 2001, appare opportuno chiarire maggiormente la formulazione della norma, dalla quale sembrerebbe discendere che ai comitati di settore sia rimessa la decisione in ordine sia alla fattibilità dell'erogazione provvisoria degli incrementi stipendiali, sia alla quantificazione degli stessi incrementi. In questo caso, i richiamati comitati sarebbero titolari di funzioni, per quanto concerne il loro rapporto con l'ARAN, che non consisterebbero più nei soli poteri di indirizzo nei confronti della medesima Agenzia;.
46) all'articolo 59, capoverso articolo 49, comma 1, per ragioni di forma, si sostituiscano le parole «della clausola controversa» con le seguenti: «delle clausole controverse», atteso che nel medesimo comma si fa riferimento a «controversie»;

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47) all'articolo 63, occorre apportare le seguenti modifiche:
a) al comma 3, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «anche se alla data di entrata in vigore del presente decreto sono state indette le relative elezioni.»;
b) dopo il comma 4-bis, aggiungere il seguente: «4-ter. Le disposizioni relative alla contrattazione collettiva nazionale di cui al presente decreto si applicano dalla tornata successiva a quella in corso»;
48) all'articolo 67, capoverso articolo 55-bis, comma 1, secondo periodo, le parole: «e comunque per le infrazioni punibili» siano sostituite dalle seguenti: «o comunque per le infrazioni punibili»;
49) all'articolo 67, capoverso 55-bis, commi 2 e 4, in relazione alla questione della procedura sanzionatoria e - in particolare - di quella attinente la contestazione dell'addebito al dipendente, posto che l'evento stabilito per determinarne la decorrenza (notizia di comportamenti sanzionabili disciplinarmente) non appare configurarsi in termini certi ed inequivoci, occorre fissare un più puntuale termine a quo (non risultando adeguata la mera «notizia») e prevedere - se necessario a fini istruttori - una eventuale proroga del termine medesimo, su base motivata;
50) all'articolo 69, comma 1, capoverso comma 6, dopo il terzo periodo si inserisca il seguente: «Nell'ambito dei controlli sulla regolarità amministrativa e contabile l'Ispettorato può avvalersi della Guardia di Finanza che opera nell'esercizio dei poteri a essa attribuiti»;
51) si valuti la congruità della formulazione dell'articolo 71, comma 1, atteso che, alla luce dell'attuale testo, sembrerebbe che, a differenza degli atti dell'eventuale ricorso, che diventerebbero nulli, il provvedimento sanzionatorio mantenga la propria efficacia anche dopo il termine ivi previsto, con la conseguenza che, ove scaduti i termini per l'impugnativa in altre sedi, il dipendente destinatario del provvedimento sanzionatorio si troverebbe privo di mezzi di difesa; a tal fine, potrebbe valutarsi l'opportunità di un prolungamento del termine di 30 giorni ivi previsto;
52) all'articolo 72, si suggerisce di sostituire il comma 5 con il seguente: «5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'istruzione, della ricerca e dell'università e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinati i limiti e le modalità di applicazione delle disposizioni dei Titoli II e III del presente decreto al personale docente della scuola e delle istituzioni di alta formazione artistica e musicale, nonché ai tecnologi degli enti di ricerca. Resta comunque esclusa la costituzione degli Organismi di cui all'articolo 14 nell'ambito del sistema scolastico e delle istituzioni di alta formazione artistica e musicale».

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni (atto n. 82).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVA DEL GRUPPO DELL'ITALIA DEI VALORI

Le Commissioni riunite I e XI,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante: «Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza nelle pubbliche amministrazioni»;
premesso che:
lo schema di decreto in oggetto, recando disposizioni attuative delle deleghe contenute negli articoli da 3 a 7 della legge delega 5 marzo 2009, n. 15, interviene in modo improprio in numerose materie concernenti la contrattazione collettiva, la valutazione delle strutture e del personale delle amministrazioni pubbliche, la valorizzazione del merito, la promozione delle pari opportunità, la dirigenza pubblica, la responsabilità disciplinare;
lo schema di decreto, in alcune parti del testo, peggiora i contenuti della legge delega, violandone gli stessi principi e realizzando, in buona sostanza, l'affossamento della contrattazione nei settori della pubblica amministrazione, nonostante l'articolo 3 della citata legge delega 4 marzo 2009, n. 15 prescriva espressamente che sia riservata alla contrattazione collettiva la determinazione dei diritti e delle obbligazioni direttamente pertinenti il rapporto di lavoro;
in particolare, lo schema di decreto attribuisce alla legge un potere particolarmente invasivo nei confronti della contrattazione, per cui la legge diventa l'unico strumento idoneo a sostituire il normale e fisiologico confronto fra le parti sociali, nonché l'unico strumento capace di definire: le voci, le quantità e i destinatari della retribuzione accessoria per produttività, eccellenza, innovazione; l'unico strumento in grado di determinare le modalità della "carriera" e della progressione verticale dei dipendenti pubblici; e infine l'unico strumento che arriva a stabilire gli effetti delle procedure di valutazione e quindi le modalità della valutazione stessa;
l'intera impostazione dello schema di decreto contrasta profondamente con il processo di privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego iniziato nel 1993, in quanto sottrae alla fonte normativa contrattuale gran parte delle competenze a disciplinare il rapporto di lavoro attribuendo alla fonte pubblicistica del ruolo principale, rilegificando una parte consistente della disciplina dei rapporti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni in modo tale da negare o, quantomeno, rendere assai meno limpido il criterio distintivo generale, posto dal decreto legislativo n. 29/1993 e confermato dal decreto legislativo n.165/2001, all'articolo 2, comma 2, secondo cui in linea di principio ciò che attiene ai rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici è disciplinato dalle norme del codice civile e dalle leggi sul rapporto di lavoro subordinato nell'impresa. Non a caso la più recente giurisprudenza della

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Corte costituzionale riconduce alla materia dell'ordinamento civile diversi profili inerenti alla disciplina del pubblico impiego. Secondo la Corte, infatti, la materia dell'ordinamento civile «comprende gli aspetti che ineriscono a rapporti di natura privatistica, per i quali sussista un'esigenza di uniformità a livello nazionale; ... essa non è esclusa dalla presenza di aspetti di specialità rispetto alle previsioni codicistiche; ... in essa sono inclusi istituti caratterizzati da elementi di matrice pubblicistica, ma che conservano natura privatistica (sentenza n. 326/2008 che richiama le sentenze nn. 159/2008, 51/2008, 438/2007, 401/2007 e 29/2006).» La sentenza n. 95 del 2007 ha ritenuto che «il rapporto di impiego alle dipendenze di Regioni ed enti locali, essendo stato «privatizzato» ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001, è retto dalla disciplina generale dei rapporti di lavoro tra privati ed è, perciò, soggetto alle regole che garantiscono l'uniformità di tale tipo di rapporti». Ne consegue che «la legge statale, in tutti i casi in cui interviene a conformare gli istituti del rapporto di impiego attraverso norme che si impongono all'autonomia privata con il carattere dell'inderogabilità, costituisce un limite alla menzionata competenza residuale regionale e va, quindi, applicata anche ai rapporti di impiego dei dipendenti delle Regioni e degli enti locali»;
il principio sancito dall'articolo 2 della legge delega (legge 4 marzo 2009, n. 15) con il quale si prevede espressamente la necessaria «convergenza degli assetti regolativi del lavoro pubblico, con quelli dei lavoro privato, con particolare riferimento al sistema delle relazioni sindacali», viene declinato nel decreto in modo assolutamente antitetico. Infatti se da un lato l'articolo 35 dello schema di decreto prevede che «i contratti collettivi nazionali disciplinano i rapporti sindacali e gli istituti della partecipazione», dall'altro l'articolo 52, modificando l'articolo 40 del Decreto legislativo 165/2001, oltre a ridurre l'ambito di applicazione della contrattazione collettiva, esclude dalla contrattazione collettiva le materie oggetto di partecipazione sindacale ai sensi dell'articolo 9 del Decreto Legislativo 165/2001, ovvero la norma con la quale si dispone che i contratti collettivi nazionali disciplinano i rapporti sindacali e gli istituti della partecipazione, anche con riferimento agli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro;
inoltre, non si ritiene condivisibile l'articolo 52 dello schema di decreto poiché, sostituendo, tra gli altri, il comma 2 dell'articolo 52 del D.Lgs. 165, prevede la riduzione dei comparti e la contestuale costituzione, in ottemperanza alla disposizione di delega di cui all'articolo 3, comma 2, lettera h, n. 4), della L. 15/2009, di due comparti di contrattazione collettiva nazionale, cui corrispondono due aree separate per la dirigenza, secondo specifiche procedure. Al riguardo si rileva che la predefinizione normativa di due soli comparti di contrattazione oltre che negare il riconoscimento delle singole specificità di ogni singola amministrazione, potrebbe portare all'estrema conseguenza di penalizzare molte categorie di lavoratori che risulterebbero tra loro omologati pur in presenza di forti diversità;
non si ritiene condivisibile l'intera impostazione dell'articolo 66 dello schema di decreto che, modificando l'articolo 55 del D.lgs. 165/2001 in materia di «Sanzioni disciplinari e responsabilità», prevede che la contrattazione collettiva non possa istituire procedure di impugnazione dei provvedimenti disciplinari, potendo prevedere (salvi i casi in cui sia previsto il licenziamento) procedure di conciliazione non obbligatorie, da aprirsi entro un termine massimo di 30 giorni dalla contestazione dell'addebito e con sanzioni non diverse da quella previste dalla legge o dal contratto per la infrazione per cui si procede. In buona sostanza la norma in commento non fa altro che disporre una forte riduzione delle procedure stragiudiziali azionabili dal lavoratore colpito da una sanzione disciplinare;
non si ritiene altresì condivisibile l'articolo 70 dello schema di decreto che

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prevede l'abrogazione gli articoli da 502 a 507 del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, recante «Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado»: le norme abrogate, ricomprese in gran parte nella sezione II riguardante le competenze, i provvedimenti cautelari e le procedure, disciplinano in tema di censura e avvertimento (articolo 502), di sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio e destituzione (articolo 503), dei provvedimenti di riabilitazione (articolo 505), della sospensione cautelare e della sospensione per effetto di condanna penale (articolo 506), dei ricorsi (articolo 504) e del rinvio (articolo 507). Si rileva al riguardo che la prevista abrogazione dell'articolo 504 del decreto legislativo n. 297/1994 esclude per il lavoratore la possibilità di impugnare le sanzioni con ricorso al Ministro dell'istruzione, che decide su parere conforme del competente consiglio per il contenzioso in seno al Consiglio Nazionale della pubblica istruzione;
non si ritiene altresì condivisibile la previsione contenuta nel comma 3 dell'articolo 63 dello schema di decreto secondo cui «per consentire l'adeguamento dei meccanismi di rilevazione della rappresentatività sindacale a seguito dell'entrata in vigore del presente decreto secondo quanto previsto dagli articoli 42 e 43 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per i rinnovi contrattuali relativi al primo periodo successivo a quello in corso la medesima rappresentatività rimane determinata con riferimento alla media fra dato associativo e dato elettorale rilevati per il biennio contrattuale 2008-2009. Conseguentemente, in deroga all'articolo 42, comma 4, del decreto n. 165 del 2001, sono prorogati per il successivo triennio gli organismi di Rappresentanza unitaria del personale". Tale norma, infatti, producendo l'effetto di congelare per almeno tre anni le elezioni delle rappresentanze unitarie dei personale, costituisce un grave affronto nei confronti dell'autonomia della rappresentanza sindacale, nonché una palese violazione della legge delega che nulla prevede al riguardo;
un altro aspetto particolarmente criticabile dello schema di decreto riguarda il procedimento di centralizzazione ivi delineato, perché basato sul ridimensionamento del ruolo delle Regioni e delle Autonomie Locali nel processo di definizione della strumentazione contrattuale, in violazione di quanto previsto dall'articolo 3 della legge 4 marzo 2009, n. 15, ovvero la legge delega, con la quale si prevede il potenziamento del potere di rappresentanza delle regioni e degli enti locali, e della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, con la quale si prevede una rafforzata autonomia delle istituzioni regionali e locali e dei servizi direttamente collegati. Si rileva, infatti, che l'articolo 72 dello schema di decreto delegato prescrive l'applicazione delle norme limitative del principio della contrattazione anche al sistema delle Regioni e delle Autonomie Locali, introducendo un meccanismo di interpretazione delle norme in ordine alle competenze esclusive dello Stato che non può che considerarsi incostituzionale sia per l'utilizzo a tal fine dell'improprio strumento del decreto delegato, sia per la assoluta incapacità di individuazione del fondamento costituzionale della competenza legislativa con riferimento alle disposizioni riguardanti la dirigenza (artt. 37-46), la mobilità (artt. 47-49) e le incompatibilità (articolo 50). Allo stesso modo, non appaiono in alcun modo condivisibili le previsioni contenute nei commi 4 e 5 dell'articolo 72 dello schema di decreto che:
a) da un lato (comma 4), prevedendo la possibilità che con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri siano determinati limiti e modalità di applicazione delle disposizioni, anche inderogabili, dello stesso schema di decreto, autorizza di fatto il mantenimento di una autonomia di contrattazione che viene negata ad altri settori della pubblica amministrazione;

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b) dall'altro (comma 5), prevede il rinvio ad un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per attuare le norme dello schema di decreto al sistema dell'istruzione, per quanto riguarda il personale docente della scuola e delle accademie, conservatori e istituti assimilati e ai ricercatori negli Enti di ricerca, sottraendo questa materia al confronto parlamentare;
il complesso sistema di valutazione delineato dallo schema di decreto dimostra evidenti criticità. L'organismo centrale previsto dalla legge delega (legge 4 marzo 2009, n. 15) all'articolo 4, comma 2, lettera f, denominato dallo schema di decreto all'articolo 13 "Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche" appare assolutamente improprio, sia perché opera in collaborazione con la Ragioneria Centrale dello Stato e con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e quindi dipende dalla Presidenza del Consiglio, sia perché il rapporto di lavoro dei Commissari non ha carattere di esclusività con l'amministrazione pubblica. Peraltro, i compiti della Commissione si confondono e si sovrappongono sia a quelli dell'«Organismo indipendente di valutazione della performance» di cui all'articolo 14 dello schema di decreto, che dovrebbe sostituire i servizi di controllo interno, sia alla stessa dirigenza, con il rischio evidente di peggiorare l'efficienza della pubblica amministrazione;
non persuadono i punti dello schema di decreto che delineano un sistema di controlli talmente stringenti da rendere impossibile qualsiasi spazio di autonomia gestionale da parte dei dirigenti della pubblica amministrazione;
non convince l'idea che lo schema di decreto in esame non ponga al centro del progetto di rilancio della pubblica amministrazione la figura dei dirigente;
pur condividendosi che il sistema di premialità introdotto dallo schema di decreto sia legato al merito di tutti i soggetti che operano nell'ambito della pubblica amministrazione, non convince la circostanza che lo schema di decreto in oggetto non precisi che la valutazione del personale che opera in una amministrazione pubblica debba essere ancorata, per quanto possibile, a parametri oggettivi e predeterminati con i quali svolgere la valutazione stessa;
non si ritiene altresì condivisibile la previsione contenuta nell'articolo 30 dello schema di decreto che dispone l'abrogazione dei commi 68 e 69 dell'articolo 3 della legge finanziaria 2008 (L. 244/2007), nei quali si prevede, con cadenza annuale, una specifica procedura parlamentare di esame dello stato della spesa pubblica, dell'efficacia nell'allocazione delle risorse e dell'efficienza dell'azione amministrativa;
non è condivisibile che si introducano nell'ambito del decreto legislativo 165/2001 (Testo Unico Pubblico Impiego) delle norme recanti forme speciali di reato per i medici che falsificano i certificati dei pubblici dipendenti, perché capaci di creare solo inutili sovrapposizioni alle norme del codice penale che disciplinano la falsità in atti (articolo 476-493 c.p.);

esprime parere negativo sullo schema di decreto legislativo recante: «Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza nelle pubbliche amministrazioni», di seguito denominato «schema di decreto legislativo» ed invita il governo a ritirare la proposta.

«Paladini, Favia, Porcino, Pisicchio, Borghesi».

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni (atto n. 82).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVA DEL GRUPPO DELL'UNIONE DI CENTRO

Le Commissioni riunite I e XI,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni (atto n. 82);
premesso che:
il provvedimento, mancando di una visione strategica d'insieme, non riesce a fornire un'adeguata soluzione alle diverse questioni poste dall'esigenza di modernizzazione e razionalizzazione della pubblica amministrazione;
il sistema proposto di valutazione della performance consiste in una iniqua, confusa e ridondante sovrapposizione di procedure complesse e farraginose, in contrasto con l'intento proclamato dal Ministro di avviare una decisa semplificazione dell'azione della pubblica amministrazione;
in materia di dirigenza l'intervento appare del tutto inadeguato;
in particolare, gli articoli 10 e 11 prevedono che le amministrazioni pubbliche redigano ben tre documenti (il Piano triennale per la performance, la Relazione annuale sulla performance e la Direttiva annuale del Ministro) in luogo dell'unico documento attualmente previsto (la Direttiva annuale del Ministro), il che appare contrario alle esigenze di semplificazione dell'ordinamento e snellimento delle procedure amministrative, anche interne;
all'articolo 13 si istituisce un nuovo organismo (la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità della pubblica amministrazione), del quale non si ravvisa in alcun modo l'utilità;
la Commissione di cui al citato articolo 13 è composta da 30 unità, ma non è indicato quante di esse siano interne e quante da assumere ad hoc, distogliendo risorse accantonate per la vicedirigenza;
il sistema dei livelli di performance di cui all'articolo 19, in quanto stabilisce a priori che il 50 per cento dei dirigenti pubblici è mediocre e il 25 per cento è scarso, risulta basato su criteri di massima discrezionalità, che inficiano la credibilità del meccanismo;
sarebbe stato necessario un sistema differente, che realmente valorizzi e premi il merito, ma senza disporre in astratto e a priori quanti siano i dipendenti meritevoli: in particolare, mantenendo i tre livelli di performance, si sarebbe potuto ipotizzare un sistema per cui, secondo parametri e criteri da definire in sede di contrattazione integrativa, il personale che abbia raggiunto una valutazione di merito alta, superiore ad 85 centesimi, possa accedere sino al 100 per cento della retribuzione di risultato, il personale che abbia raggiunto una valutazione di merito intermedia, superiore a 50 e fino ad 85 centesimi, possa fruire fino al 50 per cento

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della retribuzione di risultato ed il personale che abbia raggiunto una valutazione di merito inferiore a 50 centesimi non possa fruire di alcun trattamento accessorio collegato alla performance;
all'articolo 23, non sono indicate le risorse occorrenti per finanziare le progressioni di carriera ivi previste, il che lascia presagire che la norma resterà inattuata;
all'articolo 36, comma 1, appare inconferente il richiamo ai «criteri di gestione e valutazione del settore privato» quale modello per il settore pubblico, dato che la finalità di quest'ultimo non è il profitto, ma la cura dell'interesse comune, il che implica specifici e differenti metodi e criteri di azione e valutazione, che prevedano il contemperamento dei diversi interessi e la ponderazione legittima degli stessi;
all'articolo 39, che riguarda i «criteri per il conferimento degli incarichi dirigenziali» e sostituisce l'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, si perde l'occasione per attuare pienamente la legge delega che, all'articolo 6, lettere n) e o), prospetta l'istituzione di un albo delle dirigenze pubbliche, per favorire scambi e mobilità;
al medesimo articolo non si provvede, in elusione della legge delega, alla riduzione delle percentuali di incarichi dirigenziali attribuibili a soggetti esterni senza concorso;
si sarebbe invece dovuto prevedere l'istituzione dell'Albo delle dirigenze pubbliche, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nell'ambito del quale inserire tutti i dirigenti pubblici di ruolo della Presidenza del Consiglio dei ministri, delle Amministrazioni dello Stato e delle Agenzie, delle Regioni ed Enti locali, della scuola, della sanità, e questo al fine di favorire la mobilità, l'interscambio e la migliore utilizzazione e valorizzazione delle risorse umane di qualifica dirigenziale;
si sarebbe dovuto altresì prevedere che, ai fini del conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale, si debba tenere conto prioritariamente, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessità della struttura interessata, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente iscritto nell'albo delle dirigenza, dei risultati conseguiti in precedenza nell'amministrazione di appartenenza e della relativa valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute, nonché delle esperienze di direzione eventualmente maturate all'estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche purché attinenti all'incarico da conferire; si sarebbe altresì dovuto prevedere che al conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non si applica l'articolo 2103 del codice civile;
l'articolo 41 modifica la natura del parere del Comitato dei garanti sui provvedimenti di rimozione del dirigente dall'incarico (o di riduzione della retribuzione di risultato), facendone venir meno il carattere vincolante attualmente previsto dalla norma, con la conseguenza che gli Enti potranno rimuovere il dirigente dall'incarico anche se il Comitato non ritiene che ne sussistano le condizioni;
appare iniquo il criterio dell'estrazione a sorte del componente rappresentante dei dirigenti in sostituzione del criterio della elezione tra coloro che abbiano presentato la propria candidatura;
sarebbe stato necessario riformulare l'articolo 22 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel senso di prevedere che i provvedimenti di cui al precedente articolo 21, commi 1 e 1-bis, siano adottati previo parere obbligatorio e vincolante del Comitato dei Garanti, i cui componenti sono nominati, nel rispetto del principio di genere, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, e che il Comitato duri in carica tre anni e l'incarico non sia rinnovabile;
all'articolo 44, che modifica l'articolo 24 del decreto legislativo n. 165 del 2001, si sarebbe dovuto precisare che l'obiettivo di portare la retribuzione di

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risultato dei dirigenti al 30 per cento della retribuzione complessiva, da realizzarsi entro la tornata contrattuale 2013-2015, non deve in ogni caso comportare la riduzione della retribuzione pensionabile: a tal fine, all'articolo 44, comma 1, lettera b), dopo le parole «dell'onnicomprensività» si sarebbe dovuto aggiungere la seguente precisazione: «ferma restando la retribuzione di parte fissa attualmente percepita»;
all'articolo 46, che reca criteri per l'accesso alla qualifica di direttore generale, non solo si prevede un concorso aperto sia agli interni che agli esterni, ma si prevede per egli esterni anche la possibilità di chiamata diretta, il che mortifica grandemente la dirigenza di ruolo delle amministrazioni pubbliche;
si sarebbe invece dovuto privilegiare i dirigenti di ruolo, ossia i dirigenti di cui all'albo delle dirigenze, evitando di fare riferimento a soggetti esterni, atteso che questi ultimi, quand'anche in astratto in possesso di titoli, difficilmente potrebbero svolgere in modo adeguato la massima funzione dirigenziale dello Stato (quella di direttore generale) dal momento che difettano di esperienza pregressa nella pubblica amministrazione;
la predetta norma mira inoltre a inserire di ruolo, definitivamente, gli attuali dirigenti esterni a contratto nelle amministrazioni pubbliche, entrati senza concorso, equiparandoli ai dirigenti di ruolo vincitori di concorso;
sarebbe stato invece opportuno, all'articolo 46, comma 3, prevedere che al concorso per titoli ed esami per l'accesso alla prima fascia della dirigenza possano essere ammessi esclusivamente i dirigenti iscritti all'albo delle dirigenze pubbliche che abbiano maturato almeno cinque anni di servizio nei ruoli dirigenziali;
il divieto, sancito all'articolo 50, per coloro che negli ultimi 2 anni abbiano rivestito «cariche» in partiti o sindacati, di svolgere funzioni di direzione in strutture deputate alla gestione del personale appare troppo ampio e generico: sarebbe stato più opportuno prevedere che non possono essere conferiti incarichi di direzione in strutture deputate «prevalentemente» alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni incarichi direttivi di rappresentanza esterna in partiti politici o in organizzazioni sindacali;
all'articolo 52, che modifica l'articolo 22 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nelle quattro aree e comparti di contrattazione, da definirsi per accordi tra l'ARAN e le Confederazioni, oltre alla previsione di una distinta sezione contrattuale per la dirigenza del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, sarebbe stato necessario prevedere la possibilità di ulteriori, apposite sezioni contrattuali per altre professionalità e settori, al fine di evitare che uno stesso contratto collettivo si trovi a regolare professionalità profondamente diverse (ad esempio presidi e direttori amministrativi delle università) e di consentire, in particolare, che le specifiche criticità dei ricercatori, dei docenti, dei segretari comunali, dei quadri direttivi, possano essere affrontate al tavolo negoziale;

esprimono

PARERE CONTRARIO

«Tassone, Mannino, Mantini, Delfino, Poli».