CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 22 settembre 2009
220.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione
ALLEGATO
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ALLEGATO

Comunicazioni del Presidente sulla missione svolta a Malta il 16 e 17 luglio 2009.

RELAZIONE

Conformemente a quanto deliberato dall'ufficio di presidenza del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia d'immigrazione, giovedì 16 e venerdì 17 luglio 2009 una delegazione del Comitato si è recata in missione a Malta.
Il primo giorno, giunta a La Valletta, la delegazione del Comitato ha incontrato il Ministro degli Esteri Tonio Borg, il quale ha inteso preliminarmente sottolineare i benefici che il Trattato di Schengen ha portato ai cittadini europei in termini di libera circolazione, fungendo esso stesso da veicolo di pace tra i popoli: non per questo l'adesione di Malta all'area Schengen può considerarsi, a suo avviso, motivo dell'incremento della pressione migratoria sull'isola.
È peraltro necessaria, secondo Borg, una sorveglianza più responsabile delle frontiere, specie di quelle marittime, da parte dell'Europa: dallo scorso mese di maggio si è registrato un calo notevole di afflussi di immigrati irregolari sull'isola, grazie agli effetti dell'accordo bilaterale recentemente stipulato tra Italia e Libia ed alle correlate iniziative di respingimento in acque internazionali.
Sul punto, è consapevole che il respingimento rappresenta una misura controversa, anche estrema, ma che diventa indispensabile se l'Unione europea non assume un ruolo unitario ed efficace nei controlli alle frontiere esterne. La cooperazione italo-libica, certamente tributaria dei notevoli sforzi finanziari compiuti dal Governo italiano, sta dando per Malta grandi risultati per quanto concerne i flussi migratori: se lo scorso anno giunsero via mare sull'isola circa 2.700 clandestini, e nell'inverno appena trascorso pure si sono registrati ben 600 arrivi (non pochi per l'estensione territoriale e la densità abitativa di Malta), a maggio 2009 sono sbarcati solo 60 irregolari, nessuno a giugno (mese che di norma conta invece massicci afflussi), e solo 22 nella prima metà di luglio.
Il Presidente del Comitato, on. Boniver, nel ringraziare il Ministro Borg dell'accoglienza ricevuta, ha sottolineato il carattere di amicizia e solidarietà della visita della delegazione, che tende così a rafforzare ulteriormente i già ottimi rapporti bilaterali tra i due Paesi. Entrambi infatti annettono priorità alla materia migratoria nelle rispettive agende politiche, e condividono l'esigenza di rafforzare al riguardo le competenze dell'Unione europea, specie in ordine alla stipula di accordi di riammissione con i Paesi di origine e transito dei flussi, nonché alla definizione di una politica comune dell'asilo, su cui stenta a decollare il tanto auspicato processo di comunitarizzazione della disciplina: su quest'ultimo punto, in particolare, si registrano gli scarsi passi in avanti finora compiuti verso l'istituzione dell'Ufficio europeo per l'asilo.
Positive risultano invece le iniziative finora assunte dai Paesi del cosidetto Gruppo Quadro (Italia, Malta, Grecia e Cipro), che si auspica possano essere funzionali al potenziamento dell'agenzia FRONTEX, anche tenendo conto che le misure di riaccompagnamento in acque

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internazionali scontano inevitabili limiti circa le possibili istanze di richiedenti asilo imbarcati sui natanti intercettati.
Sull'argomento il Ministro Borg ha tenuto a precisare che nel Mediterraneo, in realtà, è più appropriato parlare di cooperazione italo-maltese che non di azioni coordinate da FRONTEX, la cui missione di sorveglianza delle frontiere esterne è destinata a rimanere sulla carta almeno fino a quando la Libia non acconsentirà di stipulare con la medesima agenzia specifici accordi di cooperazione per il pattugliamento preventivo delle coste di pertinenza: allo stato, in effetti, le operazioni di FRONTEX non possono avere carattere di prevenzione e si limitano al soccorso delle imbarcazioni in difficoltà.
Va inoltre considerato che la Libia tende ad accettare i rimpatri dei propri connazionali (peraltro si tratta di casi trascurabili), ma non quelli di immigrati provenienti da Paesi come Ghana e Nigeria, con cui non ha concluso accordi di riammissione: in questo senso occorrerebbero, secondo Borg, accordi basati su concrete iniziative di aiuto allo sviluppo verso questi Stati, che in tal modo verrebbero incentivati ad accogliere i propri rimpatriati. È inoltre opinione del Ministro degli esteri maltese che le misure di riaccompagnamento finora adottate dal Governo italiano risulterebbero meno controverse se la Libia accettasse di sottoscrivere la Convenzione di Ginevra e favorisse il rafforzamento delle prerogative degli uffici dell'Alto Commissariato dell'ONU per i rifugiati in Libia, così mostrando più concreta attenzione al tema primario del rispetto dei diritti umani.
Il Vice Presidente del Comitato, on. Strizzolo, ha ribadito l'importanza della visita della delegazione italiana in un'ottica di crescente consapevolezza politica che sta maturando nel consesso comunitario: il fenomeno della clandestinità si può arginare solo con adeguati strumenti di cooperazione con i Paesi terzi, che riducano progressivamente il divario economico tra il nord ed il sud del mondo, nonché attraverso il rigoroso rispetto dei diritti umani. Le relazioni tra Italia e Malta, nonostante qualche episodica divergenza, sono molto proficue, e sicuramente trarranno ulteriore beneficio da una politica europea di vera cooperazione con gli Stati di origine e transito dei flussi migratori.
Anche l'onorevole D'Ippolito Vitale ha espresso una valutazione positiva sui primi effetti delle recenti intese italo-libiche in materia di pattugliamento marittimo: molto peraltro resta ancora da fare, a cominciare proprio da un maggiore coinvolgimento delle autorità libiche nelle attività di sorveglianza costiera. Le iniziative intraprese a livello comunitario dai Paesi aderenti al cd. Gruppo Quadro hanno avuto comunque effetti innovativi: ormai è matura la consapevolezza che la logica degli accordi bilaterali tra singoli Paesi resterà valida fino a quando l'Unione europea non deciderà di stipulare propri accordi con Stati terzi, ed in questo senso sarebbe auspicabile anche un ruolo più incisivo dell'Organizzazione Mondiale dell'Immigrazione (OIM).
Rispondendo ad un quesito dell'on. D'Ippolito Vitale, il Ministro Borg ha precisato che gli ingenti afflussi di clandestini sull'isola non sono risultati pregiudizievoli dal punto di vista dell'ordine pubblico: piuttosto, il fenomeno ha finito con l'alimentare un certo fermento nazionalistico nell'opinione pubblica, mentre nel lungo periodo, a suo avviso, potrà scontare problemi di integrazione.
In risposta ad alcuni ulteriori quesiti posti dal sen. Livi Bacci, Borg ha fatto presente che, attualmente, nel complesso dei centri di raccolta sono ospitati tra 5.000 e 6.000 immigrati; con riferimento all'ultimo quinquennio, sono stati effettuati circa 1.500 rimpatri, mentre si possono stimare in oltre 6.000 i clandestini che hanno lasciato l'isola per recarsi in altri Paesi dell'area Schengen. In generale, a suo avviso, la maggior parte di coloro che vengono respinti in acque internazionali sui natanti non hanno titolo a richiedere asilo politico.
Inevitabile, dato il noto, recente episodio del cargo turco «Pinar», è risultata una domanda, posta sempre dal sen. Livi

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Bacci, sulle possibili soluzioni ai problemi insorti nell'applicazione degli accordi tra Italia e Malta per quanto concerne le operazioni di ricerca e soccorso nelle acque internazionali (Search and rescue, SAR). A tale riguardo il Ministro Borg ha minimizzato la portata delle divergenze tra i due paesi, che a suo avviso non hanno mai messo in discussione la solidità delle relazioni bilaterali: stando a quanto riferito dal Ministro maltese, la disputa verte su questioni interpretative, che investono la titolarità del coordinamento delle attività di soccorso. Secondo le autorità maltesi, a loro spetta coordinare tali operazioni, ma l'approdo del natante soccorso deve avvenire nel porto più vicino al punto di salvataggio e non in quello del Paese preposto al coordinamento: Malta, inoltre, non concorda con l'asserzione secondo cui il porto di Lampedusa non costituirebbe approdo sicuro dal punto di vista marittimo. In ogni caso, l'oggetto del contenzioso è alla costante attenzione delle competenti autorità dei due Paesi, che stanno tuttora lavorando per superare le richiamate difficoltà interpretative.
Dopo l'incontro con il Ministro Borg la delegazione italiana si è trasferita al Ministero per la giustizia e gli affari interni, dove ha incontrato il Segretario generale Mario Debattista, il quale ha ricordato come il fenomeno dell'immigrazione clandestina ricorra ormai dal 2002, e da allora sia in continuo aumento. Lo scorso anno il numero degli ingressi illegali è stato di circa 2.800 clandestini, dato preoccupante se rapportato alla popolazione dell'isola. Negli scorsi mesi di febbraio e marzo è stato registrato un picco delle presenze nei centri di accoglienza.
In risposta ad un quesito del senatore Stiffoni, che ha chiesto maggiori dettagli sull'accordo di collaborazione con l'Italia in materia di sorveglianza marittima, il Segretario Generale ha affermato che esiste un continuo scambio di informazioni in tempo reale tra i Paesi, in quanto l'area che Malta si trova a dover coordinare e gestire è molto estesa (si tratta di un retaggio del periodo coloniale) e, anche per la penuria di personale, è più che mai necessaria la collaborazione con l'Italia, che viene realizzata, con sistemi di comunicazione satellitare, dalla Guardia di Finanza e dalla Guardia Costiera italiane.
Sul punto ha preso la parola l'Ambasciatore italiano a La Valletta, Paolo Trabalza, il quale, dopo avere fornito ulteriori specifiche sui suddetti sistemi di comunicazione operativa, ha ricordato come l'accordo prescriva che il natante soccorso deve essere condotto nel porto più vicino, mentre alcuni Paesi come l'Italia a la Spagna (ma non Malta, appunto), hanno sottoscritto un emendamento alla Convenzione secondo cui il natante deve essere condotto in un porto del Paese che ha effettuato le operazioni di soccorso. Peraltro, il diplomatico ha rilevato che nel diritto del mare non esiste una nozione di safe port, precisando che, secondo le autorità italiane, la definizione di «porto sicuro» fa riferimento a possibili rischi di ordine pubblico e non ai criteri di sicurezza marittima: in ogni caso, sull'interpretazione delle norme della Convenzione è tuttora in corso un negoziato tra Italia e Malta.
Tornando alle questioni migratorie, in risposta ad una domanda dell'on. Delfino, Debattista ha spiegato che gli immigrati irregolari sono trattenuti nei «centri chiusi» per il tempo necessario all'identificazione, per il cui assolvimento l'ostacolo principale è ovviamente rappresentato dal reperimento di documenti: ai fini dell'identificazione, risulta proficua la collaborazione con i Paesi magrebini come Algeria, Tunisia ed Egitto, mentre con altri Stati la cooperazione è piuttosto problematica.
La permanenza massima nei centri chiusi è di 12 mesi, che possono protrarsi fino a 18 nel caso di rigetto della eventuale (ma ricorrente) richiesta di asilo. Nei centri chiusi si contano attualmente circa 1.300 presenze, che raggiungono invece il numero di 3.000 nei «centri aperti», strutture che accolgono coloro ai quali è stato riconosciuto il diritto di asilo. La maggior parte delle richieste di asilo proviene da immigrati originari dell'area del Corno d'Africa, alla metà dei quali (circa 2.000

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negli ultimi anni) sono stati riconosciuti il diritto di asilo o lo status di protezione umanitaria.
Rispondendo ad un quesito formulato dal sen. Livi Bacci, il Segretario generale ha chiarito che coloro che hanno ricevuto asilo negli ultimi anni vivono nella comunità maltese (sia pure spesso in difficili condizioni di sostentamento a causa della precarietà occupazionale), ma spesso sono emigrati verso altri Paesi europei, in percentuali che non è agevole quantificare.
Nel pomeriggio del 16 luglio la delegazione si è spostata presso la sede dell'Istituto Italiano di Cultura, dove si sono svolti incontri con il Vice Direttore del Jesuit Refugee Service e con esponenti di Medici Senza Frontiere.
Il primo organismo fornisce assistenza agli immigrati in detenzione, ed offre un servizio di intermediazione per assistenza legale ed informazioni di base. Al termine del periodo detentivo i clandestini sono invece assistiti dalla Commissione Emigranti, altra organizzazione non governativa.
L'Avv. Katrine Camilleri, Vice Direttore del Jesuit Refugee Service, sostiene che le condizioni degli immigrati nei centri che li ospitano non sono soddisfacenti sia per carenza di assistenza sanitaria e di strutture, che per mancanza di mezzi di informazione e comunicazione, nonché per l'inadeguatezza delle condizioni igieniche.
I centri chiusi sono veri e propri centri di detenzione allestiti in aree militari o appartenenti alle Forze di Polizia, la cui gestione è affidata, nella maggior parte dei casi, a personale con pregresse esperienze in polizia, con formazione, a suo avviso, inadatta.
La procedura per l'ottenimento dell'asilo politico consiste nella compilazione di un modulo e in un'intervista finalizzata all'approfondimento del singolo caso. Subordinatamente al diritto di asilo, può essere concesso lo status di protezione umanitaria: anche se vi è possibilità di appello da parte del richiedente che si sia visto respingere la richiesta di asilo, l'avv. Camilleri ritiene che la legge sia, sul punto, poco trasparente, e che le sentenze di reiezione non contengano appropriate motivazioni. È evidente come l'alta percentuale dei soggetti richiedenti asilo sia dovuta alla circostanza che tale sistema - lungi peraltro da potersi considerare uno strumentale aggiramento delle disposizioni di legge - è l'unico modo per tentare di lasciare anzi tempo il centro di detenzione.
Rispondendo ad alcuni quesiti dell'on. D'Ippolito Vitale, è stato fatto presente alla delegazione che il servizio di assistenza psicologica, di cui si avverte uno stretto bisogno viste le numerose cause di stress connesse alla condizione di immigrato, è stato recentemente sospeso per mancanza di risorse finanziarie.
L'aspetto più problematico per quanto concerne i minori non accompagnati è legato all'accertamento dell'età anagrafica: non esiste una procedura legale per stabilire se essa sia inferiore o meno alla maggiore età. Sul piano amministrativo, la procedura prevede esami radiografici ed interviste volte ad accertare la reale età dei soggetti minori, a volte non accompagnati. Esistono comunque centri destinati a tale categoria di soggetti, ma i minori vi accedono anche dopo molti mesi di detenzione promiscua con clandestini adulti.
Ha quindi avuto luogo il colloquio con esponenti di «Medici senza frontiere», nelle persone del dott. Gabriele Santi e dott.ssa Gabriella Serlazzo Natoli.
L'assistenza medica e psicologica di «Medici senza frontiere» è iniziata nell'agosto 2008. Lo staff operativo è attualmente composto da due medici, una psicologa, tre sanitari ed un addetto amministrativo. All'epoca, sono state denunciate al Parlamento europeo le pessime condizioni dei centri chiusi: scarsa igiene, sovraffollamento, insufficienza di strutture, che contribuivano al peggioramento delle condizioni di salute degli immigrati, tra i quali minori, donne in stato di gravidanza e malati, reduci da traumi, guerre, perdite familiari.
La distribuzione e somministrazione di farmaci risultava spesso tardiva, quindi

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inefficace, e avveniva a cura di personale militare, molto spesso non competente sul piano sanitario: numerosi sono poi stati i casi di mancato isolamento di soggetti affetti da patologie infettive come la tubercolosi e la varicella, il cui inadeguato trattamento ha favorito il diffondersi delle malattie tra gli altri ospiti.
L'associazione, in segno di protesta verso le autorità maltesi, ha quindi deciso, lo scorso mese di marzo, di abbandonare l'isola, per poi ritornare a seguito delle rassicurazioni fornite dal Governo circa un concreto impegno a migliorare le condizioni di detenzione, che in effetti sembrerebbe avere avuto successivo riscontro. Peraltro, ancora oggi nei centri di Hal Far l'unico presidio sanitario è assicurato da Medici senza frontiere.
La delegazione del Comitato, pur apprezzando gli elementi di informazione ricevuti, non ha potuto non riscontrare una seppur parziale contraddizione tra le gravi carenze denunciate da Medici senza frontiere e le rassicuranti e responsabili dichiarazioni rese dal Ministro Borg, pur consapevole della complessità del problema.
La mattina del 17 luglio la delegazione ha potuto visitare, peraltro senza alcuna restrizione neanche nei confronti della stampa al seguito, i centri per immigrati di Hal Far. Nel pomeriggio ha poi brevemente vistato il centro aperto di Marsa.
Il centro chiuso di Hal Far si trova all'interno di una caserma militare in una zona isolata rispetto al centro abitato. Ospita attualmente circa 300 immigrati, nella maggior parte dei casi di nazionalità somala, tutti di sesso maschile. La capienza massima è di 1.500 persone, distribuite in containers progettati per contenerne 16 ciascuno; insufficienti sembrano i servizi igienici, e precarie sono le sistemazioni con materassi posati per terra senza biancheria. Da segnalare che la Protezione civile italiana ha fornito il laminato che dovrà sostituire le reti che delimitano le pareti dei dormitori.
Nonostante i notevoli sforzi economici del Governo maltese (10 milioni di euro ogni anno vengono investiti nel settore dell'immigrazione), non molto più confortevoli si preannunciano le condizioni di vita degli immigrati all'interno del nuovo centro chiuso di Hal Far, in corso di ristrutturazione al momento della visita della delegazione, dove saranno allestite camerate di 16 metri quadrati che ospiteranno ciascuna venti posti letto «a castello»: rispetto ai prefabbricati in alluminio (in cui d'estate si toccano temperature torride), si tratta comunque di una struttura in muratura.
Secondo quanto emerso nei colloqui con i responsabili del centro allo stato in funzione, al momento dell'arrivo gli immigrati vengono sottoposti a visita medica e a radiografie presso strutture ospedaliere: successivamente viene effettuato un accertamento più approfondito ed adeguato ai singoli casi. Per le donne sono previste visite specialistiche. La refezione è divisa in tre pasti giornalieri ed è a base di cucina europea, che non tiene conto di eventuali diverse tradizioni alimentari degli ospiti. Lo stato di rifugiato viene riconosciuto in circa il 4 per cento delle richieste.
Il centro aperto di Hal Far ospita attualmente 500 immigrati, distribuiti in 45 tende che ne contengono 20. Poiché si tratta di immigrati ai quali è stato riconosciuto lo status di rifugiato o altra forma di protezione umanitaria, essi hanno libertà di uscire dal centro per cercare lavoro, nonostante le difficoltà di trovarne, se non a tempo determinato.
Nei locali adibiti agli uffici amministrativi gli ospiti hanno l'obbligo di registrare la loro presenza e, coloro che non hanno un'occupazione, percepiscono un sussidio pari a circa 100 euro per il loro sostentamento. Il numero di immigrati attualmente presente nei 10 centri aperti è complessivamente pari a 2.400. Gli standard abitativi del centro visitato dalla delegazione sono quelli di una vera tendopoli, con temperature altissime e odori nauseabondi sia dentro che fuori le singole tende.
Il centro aperto di Marsa si presenta diverso da quelli di Hal Far, in quanto risulta inserito nel tessuto urbano, sia pure in un contesto parzialmente degradato:

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la struttura è ricavata nello stabile di una ex scuola ed è operativa da un anno. Ospita, attualmente, circa 300 immigrati provenienti in maggioranza dal Sudan. Viene gestito da una cooperativa che organizza attività per impiegare gli ospiti, come corsi di lingua e di pittura, e gestisce rivendite di beni di prima necessità.
Rispetto alla gestione esclusivamente statale dei centri di Hal Far, nel caso di Marsa è subito emersa la differente organizzazione che fa capo ad una cooperazione tra pubblici poteri e soggetti privati: essa sembrerebbe improntata al tentativo di intraprendere processi di integrazione degli immigrati, ma alto sembra anche il rischio di ghettizzazione della comunità ospitata.
L'ultimo incontro istituzionale della delegazione ha avuto luogo il giorno 17 luglio nel Palazzo presidenziale con lo speaker del Parlamento maltese, on. Louis Galea, che, dopo avere evidenziato l'importanza delle missioni finora svolte dal Comitato Schengen, ha ricordato i tradizionali rapporti di amicizia e solidarietà che intercorrono tra Italia e Malta sin dagli anni '60, allorché l'Italia avviò un programma di aiuti finanziari che sarebbero poi risultati determinanti per la crescita dell'isola, fino all'ingresso della stessa nell'Unione europea, per il cui conseguimento ancora una volta è stato decisivo il ruolo svolto dall'Italia.
La visita della delegazione parlamentare italiana rappresenta una rilevante occasione per approfondire la conoscenza di una realtà che, per civiltà, storia e cultura, è molto vicina all'Italia: entrambi i Paesi si affacciano sul Mediterraneo, e questo rappresenta un tratto distintivo delle rispettive identità nazionali, che a suo avviso meriterebbe maggiore considerazione.
Anche il Presidente Boniver, nel rimarcare l'ottimo livello delle relazioni tra i due Paesi, ha richiamato le missioni già compiute dal Comitato Schengen in Spagna ed in Grecia: con la visita a Malta, e con quella che in autunno avrà luogo a Cipro, si consolida un processo di conoscenza di realtà che presentano molte similitudini sul fronte della lotta all'immigrazione clandestina, specie di quella proveniente dall'Africa sub-sahariana. Questi Paesi hanno dovuto fronteggiare, nell'ultimo biennio, flussi migratori praticamente raddoppiati rispetto ad un pur recente passato, e se da poco nel Mediterraneo gli sbarchi si sono drasticamente ridotti, fin quasi a scomparire negli ultimi due mesi, questo risultato è interamente ascrivibile alle recenti intese stipulate con la Libia ed alle conseguenti operazioni di respingimento in acque internazionali.
Anche a seguito degli incontri avuti con le autorità del Governo maltese, la delegazione ha ormai maturato il fermo convincimento che in Europa serve maggiore coesione politica e più coraggio nel collocare l'immigrazione tra le priorità assolute della sua agenda politica, e quindi anche degli sforzi finanziari da compiere: poiché il fenomeno ha infatti origini socio-economiche, ridurne la portata e gli effetti è possibile solo attraverso l'attivazione di più incisivi strumenti di cooperazione, e di politiche che perseguano un attento contemperamento tra il doveroso rispetto dei diritti umani e l'incomprimibile esigenza di tutela dell'integrità territoriale degli Stati più esposti ad ingenti flussi migratori.
In questo senso giudica molto positivamente i risultati che, a livello comunitario, stanno sortendo le lodevoli iniziative politiche intraprese dai Paesi del cd. Gruppo Quadro, che contribuiranno a consolidare un approccio europeo più coeso ed unitario alle problematiche migratorie: l'Europa deve superare la contraddittoria proibizione sia di rimpatri che di sanatorie di massa, anche perché sul proprio suolo si contano circa 9 milioni di clandestini.
Il Presidente Boniver ha infine espresso il pieno sostegno italiano alla candidatura di Malta ad ospitare la sede dell'Ufficio europeo per l'asilo, di auspicabile prossima istituzione.
Il Vice Presidente Strizzolo ha richiamato l'esigenza che l'Europa istituisca una sorta di task force umanitaria che supporti

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i Paesi del Mediterraneo in quanto più esposti a massicci arrivi di clandestini: inoltre, verso i Paesi di origine e transito dei flussi migratori devono essere messi in campo seri programmi di aiuto allo sviluppo, per contenere esodi che altrimenti assumeranno col tempo dimensioni inimmaginabili.
La visita della delegazione nell'isola rafforza le già eccellenti relazioni che, nonostante alcune recenti incomprensioni, intercorrono da decenni tra i due Paesi, e, come detto dal Presidente Boniver, l'Italia sostiene la candidatura maltese ad ospitare l'Ufficio europeo per l'asilo.
Lo speaker Galea ha voluto sottolineare che, anche nei Paesi con estrema vocazione all'accoglienza, l'enorme afflusso di clandestini può diventare un fattore di destabilizzazione degli equilibri politici interni, favorendo il formarsi di posizioni estremistiche.
Il fenomeno migratorio va gestito nel suo complesso e, al di là degli ottimi risultati conseguiti nel breve periodo dallo storico, ma oneroso, accordo italo-libico (di cui sta grandemente beneficiando anche Malta), la via maestra non può che essere rappresentata, a suo avviso, da una superiore strategia di partnership con il continente africano, dal quale altrimenti presto partiranno esodi di massa verso l'Europa: di questa strategia non può non far parte anche un calibrato programma di regolarizzazione delle quote di immigrati rispondenti alle esigenze del mercato del lavoro dei Paesi di destinazione.
Il Senatore Stiffoni, intervenendo su quest'ultima considerazione dell'on. Galea, ha invocato con forza l'assoluto rispetto dell'accordo da parte delle autorità libiche che, anche visti i cospicui investimenti finanziari assicurati dall'Italia, non possono tenere costantemente «sotto scacco» gli interessi dell'altro contraente.
Ha quindi preso la parola l'on. Delfino, che, nel dichiararsi d'accordo con quanto espresso dal Presidente Boniver, ha inteso sottolineare come questi incontri bilaterali, oltre a rafforzare le già ottime relazioni tra i due Stati, consentano di cogliere un aspetto ulteriore, finora poco evidenziato: l'immigrazione rappresenta infatti un'imperdibile occasione per delineare il potenziamento delle strategie di sviluppo dell'area del Mediterraneo, anche nei consessi politici internazionali che fanno capo al G8 ed al G14.
Le visite compiute nei centri di Hal Far hanno fatto emergere una dura realtà, con standard di vita certamente da migliorare anche stanziando a livello europeo maggiori risorse economiche; al contempo, non può non esprimersi apprezzamento per la totale apertura che le autorità maltesi hanno voluto accordare nei sopralluoghi alla delegazione italiana ed alla stampa al seguito, che ha potuto svolgere un prezioso lavoro di documentazione senza alcuna restrizione: nelle precedenti missioni del Comitato questo non sempre è avvenuto, ed è il segno che il Governo maltese, proprio perché profonde notevoli sforzi finanziari ed organizzativi nel settore dell'immigrazione, non intende nascondere all'Europa le precarie condizioni degli ospiti dei centri di detenzione e di accoglienza.
L'onorevole D'Ippolito Vitale ha dichiarato di condividere il richiamo all'identità mediterranea che accomuna i Paesi del cd. Gruppo Quadro, le cui istanze devono essere fortemente veicolate nelle sedi decisionali di un'Europa che troppo spesso guarda più al nord che al sud del mondo.
Consapevole del carattere globale dell'immigrazione e delle sue cause prevalentemente socio-economiche, l'Italia auspica un rigoroso ma spedito cammino verso la definizione di politiche sempre più integrate dell'Unione europea in materia migratoria, ed è senz'altro positiva l'attenzione mostrata verso l'Africa nel recente vertice del G8 tenutosi a L'Aquila.
È infine intervenuto il sen. Livi Bacci, che ha espresso un giudizio molto critico sulle politiche europee dell'immigrazione: a suo avviso, l'UE non ha ancora sviluppato una politica comune in materia, e anzi si può piuttosto sostenere che in realtà vigono 27 politiche migratorie diverse, tante quanti i Paesi membri. Se esiste una politica migratoria dei Ministri

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degli interni e dei capi delle polizie dei singoli Stati, non si intravede all'orizzonte il delinearsi di una politica globale che, per esempio, regolamenti compiutamente gli accessi legali nel mercato del lavoro da parte degli immigrati.
Oltre a mancare una vera volontà politica, è sua opinione che, al momento, difettino anche adeguati programmi di finanziamento di aiuti allo sviluppo verso i Paesi di origine dei flussi migratori: anche l'Italia, assieme ad altri Stati occidentali, deve pertanto compiere maggiori sforzi economici e fare passi più coraggiosi verso un global approch che oggi si presenta come obiettivo di non facile raggiungimento.