CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 27 luglio 2009
210.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013 (Doc. LVII, n. 2).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VIII Commissione,
esaminato il documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013 (Doc. LVII, n. 2), con il relativo Allegato II, contenente il «Programma delle infrastrutture strategiche», ai sensi della legge n. 443 del 2001;
apprezzato l'inserimento, come più volte sollecitato da questa Commissione, delle schede di dettaglio relative alle opere deliberate dal Cipe, nonché l'identificazione di un quadro regionale comprensivo delle opere deliberate e degli interventi programmatici che hanno modificato le Intese generali quadro e di particolari specifiche relative alle modalità di accesso ai capitali privati;
ritenuto opportuno che il Governo adempia a quanto previsto dall'articolo 6-quinquies del decreto-legge n. 112 del 2008, secondo il quale le Commissioni parlamentari competenti devono esprimersi sullo schema delle delibere CIPE destinate alla ripartizione delle risorse relative al Fondo per il potenziamento delle rete infrastrutturale;
valutate positivamente le priorità di intervento definite dall'Allegato, sia in termini di sforzo programmatico che in relazione alle emergenze ed alle azioni da effettuare nelle regioni;
valutata positivamente l'approvazione del piano sull'edilizia residenziale, che prevede un insieme di interventi di edilizia residenziale pubblica, project financing, agevolazioni alle cooperative edilizie e un sistema integrato di fondi immobiliari, per un stanziamento 200 milioni di euro che diventeranno 550 milioni con prossimi stanziamenti;
ritenuto che la politica economica del Governo non può prescindere dall'elaborazione di una strategia per uno sviluppo sostenibile, supportata da un nuovo tipo di imprenditorialità che consenta di conciliare risultato economico, responsabilità sociale e tutela dell'ambiente;
considerato che per rilanciare il settore economico occorre sviluppare operazioni dirette alle piccole e medie imprese, al rilancio del settore degli investimenti e dell'edilizia ed al miglioramento dell'efficienza energetica e della sostenibilità ambientale dei processi produttivi, nonché allo snellimento e semplificazione delle procedure di autorizzazione degli impianti che utilizzano fonti di energia rinnovabili;
rilevato che, tra gli obiettivi strategici da prendere in considerazione assumono importanza l'accelerazione nel campo delle infrastrutture delle opere per la tutela del territorio, la difesa del suolo e la prevenzione del rischio idrogeologico, la promozione di politiche volte alla riduzione della produzione dei rifiuti e alla definizione di soluzioni economicamente ed ecologicamente compatibili per il loro riciclaggio, il rilancio degli investimenti in innovazione tecnologica e in tecnologie pulite, la riduzione dei consumi energetici e l'incremento dell'efficienza, incentivando soprattutto lo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore delle costruzioni e automobilistico,

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che sono tra i più colpiti dalla crisi economica mondiale;
considerato che la promozione della mobilità sostenibile rappresenta un obiettivo strategico per la costruzione di politiche volte a sostenere strategie di crescita economica e di progresso sociale, migliori condizioni di tutela della salute dei cittadini, nell'ottica e nel rispetto degli accordi del Protocollo di Kyoto e del programma di riduzione di gas serra, offrendo strumenti innovativi che privilegino il trasporto intermodale e incentivino i mezzi a basso impatto ambientale, come i veicoli elettrici e ibridi;
ritenuto che la desertificazione, i dissesti idrogeologici, i deboli equilibri tra patrimonio naturale ed insediamenti urbani, la forte antropizzazione di alcune aree del Paese rappresentano costanti criticità, che, nei casi di eccezionalità degli eventi naturali, spesso diventano disastrose emergenze e che, pertanto, rendono indispensabile individuare una strategia politica rivolta maggiormente alla prevenzione, alla cura del territorio, all'adozione di pratiche di vigilanza attiva e di manutenzione costante del suolo, che sia in grado di mantenere in uno stato di concreta sicurezza le aree più sensibili dal punto di vista delle calamità naturali;
valutata, quindi, la necessità di:
proseguire nell'adozione di misure per il sostegno degli investimenti diretti al risparmio energetico, alla ricerca ed allo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore delle costruzioni, adottando misure dirette a ridurre i consumi energetici degli edifici privati, nonché degli edifici pubblici e della pubblica illuminazione attraverso una più diffusa messa in opera di un concreto efficientamento degli impianti;
incoraggiare la certificazione energetica degli edifici, aumentare l'efficienza energetica degli edifici pubblici attraverso interventi di carattere strutturale e promuovere l'ammodernamento del parco immobiliare residenziale pubblico e privato, secondo criteri di sostenibilità ambientale e di efficienza energetica, nonché di qualità della costruzione, attraverso l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili nell'impiantistica, la domotica e l'interattività domestica, la sicurezza e il risparmio nelle fonti energetiche e nei costi di gestione;
omogeneizzare e semplificare le procedure delle autorizzazioni per gli impianti che producono o che utilizzano fonti rinnovabili, nonché per i privati che ricorrono ad interventi strutturali per l'utilizzo di fonti rinnovabili, salvaguardando, al contempo, il parere delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale e paesaggistica nelle procedure di autorizzazione e realizzazione delle opere;
rafforzare il sistema della tutela del territorio e della prevenzione del rischio idrogeologico, prevedendo un organico programma di interventi diretti principalmente alla prevenzione del rischio idrogeologico ed alla manutenzione del territorio ed individuando, in tale ambito, confacenti risorse economiche, effettuando, in particolare, una ricognizione con finalizzazione convergente di quelle esistenti ma allocate in maniera non coordinata tra differenti regie, oppure valutando l'opportunità di autorizzare pertinenti limiti di impegno o mutui quindicennali, tali da permettere un investimento di almeno 5.000 milioni di euro attraverso cui i soggetti competenti possano provvedere all'adeguamento ed all'ammodernamento delle strutture deputate alla funzione di regimazione delle acque quali canali, impianti idrovori, sistemazioni, idrauliche, canali collettori, vasche di laminazione, sistemi di consolidamento, ed altre opere con analoghe finalità;
verificare tutti i possibili benefici derivanti da un programma di adeguamento e ammodernamento delle reti idrica e fognaria, che definisca strumenti capaci di migliorare nel breve, nel medio e nel lungo periodo lo stato della rete idrica nazionale, al fine di adeguarla agli standard europei con l'obiettivo del risparmio di risorse e della tutela dell'ambiente e

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della salute, anche attraverso l'individuazione di modelli locali efficienti già esistenti a cui ispirarsi per l'adeguamento dell'intera rete nazionale;
incentivare il riciclo dei rifiuti e l'industria ad esso collegata, individuando soluzioni economicamente ed ecologicamente compatibili, a tal fine sollecitando la diminuzione della produzione dei rifiuti, l'incremento delle percentuali di raccolta differenziata, il finanziamento di impianti di trattamento dei rifiuti da parte di privati, fatte salve apposite garanzie fideiussorie a tutela degli interessi pubblici, e superando, in particolare, le disomogeneità territoriali;
perseguire politiche innovative in favore dello sviluppo dei trasporti puliti a basse emissioni e a bassi consumi, incentivando la diffusione di veicoli elettrici e ibridi, promuovendo, al contempo, sistemi di mobilità alternativi come tramvie e piste ciclabili, ed incentivando, in particolare, lo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore automobilistico attraverso la subordinazione in maniera permanente degli incentivi per la rottamazione delle auto all'acquisto di veicoli a basso impatto ambientale;
prevedere, nell'ambito della ripartizione delle risorse destinate agli interventi di realizzazione delle opere strategiche e di quelle collegate alle reti transeuropee di trasporto TEN, il completamento, nel più breve tempo possibile, delle opere dei corridoi multimodali paneuropei che interessano il territorio nazionale, nonché dei necessari collegamenti trasversali e dei valichi alpini, al fine di facilitare il superamento della barriera naturale delle Alpi verso l'Europa centrale e garantire all'Italia un ruolo di ponte tra l'Unione europea e i Paesi del bacino mediterraneo e di cerniera tra l'Est e l'Ovest, nell'ambito del crescente traffico europeo e dell'economia internazionale;
integrare il programma delle opere strategiche della legge obiettivo di cui all'allegato infrastrutture con la previsione di un'ulteriore opera relativa alla costruzione di un nuovo ponte sul Po, di collegamento tra le province di Lodi e Piacenza, in considerazione del crollo avvenuto il 30 aprile scorso;
integrare il programma delle opere medio piccole di competenza dei Provveditorati alle Opere Pubbliche, già previsto dall'allegato infrastrutture per un importo di 815 milioni di euro, con risorse ed opere riguardanti tutto il territorio nazionale, come più volte sollecitato nei dibattiti della Commissione VIII, tenendo conto di criteri di ripartizione delle risorse che si basano sull'immediata cantierabilità dei progetti e sull'incidenza degli stessi con il sistema della sicurezza stradale;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

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ALLEGATO 2

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013 (Doc. LVII, n. 2).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE

La VIII Commissione,
visto il Documento di programmazione economico-finanziaria 2010-2013 e il relativo Allegato Infrastrutture;
premesso che:
il Dpef delinea un quadro piuttosto fosco della nostra economia. Al di là delle dichiarazioni di ottimismo degli esponenti dell'esecutivo che invitano ad una non meglio specificata «fiducia» nella auspicabile ripresa, a mettere nero su bianco la situazione sono i dati macroeconomici, tutt'altro che rassicuranti. Secondo le stime del Governo il PIL, che ha subito un calo dell'1 per cento nel 2008, dovrebbe calare di un ulteriore 5,2 per cento nell'anno in corso, per poi dare timidi segnali di ripresa solo a partire dal 2010 (si parla dello 0,5 per cento, un auspicio più che una vera previsione). Tale previsione è considerata ottimistica dalla Corte dei Conti che nella audizione al Senato sul Dpef non considera credibile la riduzione spontanea del disavanzo dal 2011 alla base del Dpef 2010-2013; il Dpef continua la Corte «parla di potenziamento delle infrastrutture mentre i tendenziali indicano una caduta di 11 miliardi delle relative risorse»;
in tale contesto il patto di stabilità impedisce agli enti locali, anche virtuosi, di dare concreta attuazione ai propri programmi di investimento: ciò avviene nonostante l'Anci e l'Upi dichiarino circa 3,2 miliardi di euro di avanzi di esercizio e si registrino circa 15 miliardi di residui attivi complessivi, mentre la Confindustria in uno studio calcola in 4,5 miliardi di euro le risorse in tal modo bloccate che potrebbero proficuamente essere mobilitate in funzione anticrisi;
in tutti gli altri Paesi dell'Europa e dell'Occidente le misure di politica economica per contrastare la crisi comprendono l'attivazione di programmi infrastrutturali diffusi a valenza locale, a partire dalla manutenzione dei beni pubblici, dall'edilizia popolare, dalle opere di dimensione piccola e media;
è evidente che in una situazione così difficile sono necessari interventi di carattere anticiclico, che però possano innescare nel breve periodo un circuito virtuoso, puntando su una maggiore liquidità ed una maggiore propensione al consumo; è altrettanto evidente che sotto questo aspetto gli investimenti nelle infrastrutture sono quelli che hanno una risposta più «lenta»: lo stesso Allegato infrastrutture non usa mezzi termini nel riconoscere che il perseguimento del piano delle opere pubbliche della legge obiettivo è reso molto più arduo dalla difficile congiuntura economica e, in pratica, «mette le mani avanti» su quanto si riuscirà effettivamente a realizzare, non senza una certa contraddizione con quanto asserito dal Ministro delle infrastrutture che attribuisce alla legge obiettivo meriti incommensurabili sulla ripresa della realizzazione di opere nel nostro Paese;
nella premessa all'Allegato infrastrutture il ministro Matteoli afferma che sono state «appaltate e/o cantierate» opere per 49 miliardi di euro su oltre 116 mld di

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opere deliberate dal CIPE. Omette però di spiegare che gran parte di queste risorse sono ben lungi da essere disponibili. Un quadro disaggregato della situazione si trova al capitolo 3 dell'allegato e, attraverso di esso, viene evidenziato che gli importi effettivamente assegnati dal CIPE ammontano a 14 mld di euro (sul valore complessivo di 116 mld), mentre 27 mld vengono da «altre risorse pubbliche» e 26 mld dovrebbero venire da investimenti privati. Resta un fabbisogno - non certo irrilevante - di 49 mld di euro;
la tabella 12 dell'Allegato fornisce un quadro degli interventi previsti dalla delibera CIPE del 6 marzo 2009 - alcuni dei quali, come il sistema MO.SE. o la statale jonica, richiamati nei 21 obiettivi prioritari dell'Allegato - per un valore complessivo di oltre 10 mld di euro, ma la cui disponibilità effettiva è di appena 83 mln di euro per il 2009, 2,3 mld di euro per il 2010, 3,6 mld di euro per il 2011, e circa 4 mld di euro da ricercare negli esercizi finanziari successivi; il 2009 vedrà quindi la destinazione dei predetti 83 milioni di euro per sole due opere: il sistema Mose e la statale jonica;
l'Allegato richiama quindi il ricorso alle risorse private, dove si propongono due interventi, da una parte l'anticipo dei bandi di gara per le concessioni autostradali per un ricavo complessivo stimato tra gli 800 milioni e i 2,6 miliardi di euro (che si ripercuoterà sugli utenti chiamati a pagare tariffe più alte) e dall'altra il pedaggiamento di tratte convertibili in autostradali, sempre a scapito del cittadino; in sostanza ancora una volta i finanziamenti «privati» saranno a carico della comunità, altro che «non metteremo le mani nelle tasche dei cittadini»; per non parlare della mancata istituzione di una Autorità indipendente con il compito di vigilanza sul settore delle concessioni autostradali; a questo proposito il Ministro delle infrastrutture segnala un basso grado di liberalizzazione del settore e auspica un ripensamento sui diritti d'uso delle infrastrutture. Al contrario, però il primo provvedimento del governo Berlusconi ha approvato per legge tutte le concessioni autostradali in corso di rinnovo eludendo l'obbligo di gara e il vaglio del CIPE e del NARS. Così non c'è una concessione in Italia affidata con bando di gara;
ogni azione che fino ad oggi ha caratterizzato il governo Berlusconi ha inoltre perseguito una logica tesa a depotenziare controlli e verifiche soprattutto circa gli obblighi di rendicontazione degli investimenti e dei costi. Con il decreto legge n. 162 del 2008 è stato infatti abrogato l'obbligo dell'Anas di destinare una quota delle risorse derivanti dalle concessionarie alle attività di controllo e vigilanza;
l'Allegato reca anche il riferimento alla necessità di concludere la stesura delle intese generali quadro con le Regioni che dovrebbe migliorare gli effetti della programmazione e della definizione delle priorità. Rispetto alle Regioni merita di essere segnalata una sperequazione evidente nell'attribuzione delle risorse per cui la regione Sicilia vede investimenti programmati pari a 9,2 miliardi a fronte dei 460 milioni della Sardegna e di 1,547 miliardi della Puglia, quando il governo ha appena approvato nel federalismo fiscale una norma sulla perequazione infrastrutturale;
quanto alla ripartizione delle risorse da reperire per il Mezzogiorno assistiamo ad un auspicio da parte del Governo: a fronte di una percentuale dichiarata sul deliberato CIPE pari al 28,7 per cento del totale nazionale, gli impegni di spesa (equivalenti in sostanza alla copertura della spesa per il triennio) per il Sud ammontano a 7,5 miliardi di euro, pari a poco più del 20 per cento dei 30 miliardi impegnati; tali fondi sono stati peraltro sottratti al Fondo FAS che prevedeva altre destinazioni a favore delle aree sottoutilizzate, dirottando risorse da interventi specifici già programmati nel Mezzogiorno;
la questione che riguarda i tempi di attuazione è anch'essa molto interessante ed esemplificativa: negli ultimi due anni le

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previsioni e le valutazioni sullo stato di avanzamento delle opere hanno portato ad una decisa revisione dei tempi di realizzazione spostando in avanti le previsioni di molte opere; infatti, il Programma avrebbe dovuto raggiungere un consistente obiettivo in termini di completamento delle opere intorno al 2010. Secondo la stima attuale, all'avvicinarsi della scadenza del 2010, la previsione è drasticamente scesa della metà rispetto alla previsione del 2005: delle attuali 152 opere deliberate dal CIPE con data di ultimazione lavori nota, si ipotizza che 119 saranno ultimate dopo il 2010, pari al 78 per cento, e di queste 43, pari al 28 per cento, saranno utilizzabili dopo il 2015;
quello che maggiormente preoccupa dell'Allegato infrastrutture è la mancanza di una visione strategica. Da un lato infatti si citano - correttamente - aspetti di politica economica, energetica e trasportistica degni di un'attenta riflessione; dall'altro le scelte di politica dei trasporti sembrano in contrasto con tale analisi. Si pensi al paragrafo sul «Nuovo piano energetico nazionale» nel quale si evidenzia come il trasporto incida per oltre il 40 per cento sulla bilancia energetica, lasciando intendere che sarebbe necessario modificare il modello trasportistico (e forse anche quello produttivo-distributivo) e nel quale si opera un efficace raffronto tra i costi energetici di diverse modalità di trasporto, dal quale emerge che il sistema maggiormente «energivoro» è quello su gomma. Ossia la modalità di trasporto sulla quale questo DPEF investe di più, costringendo il sistema economico ad adeguarsi ad una infrastrutturazione sempre più sbilanciata verso l'ampliamento della rete viaria. Anche nel capitolo 2 vengono rilevate alcune criticità del modello trasportistico attuale, dallo squilibrio modale alla convenienza dello spostamento dei vettori non a pieno carico, dai problemi di congestione e di saturazione di molti assi viari alla mancanza di un trasporto pubblico efficiente nelle aree urbane;
un altro aspetto su cui si sofferma il documento del Governo è quello relativo all'emergenza sicurezza. Un problema che, ancora una volta, è strettamente connesso al «modello» di mobilità che si sceglie. E non è un caso che l'Italia sia il paese con il più alto numero di morti in incidenti stradali tra i paesi dell'Unione Europea a 15, nonostante una modesta, ma costante inversione di tendenza registrata negli ultimi anni;
il documento affronta con un certo «senso di responsabilità» l'esigenza di dare un sistema di opere e di infrastrutture che servano al Paese; tuttavia il Governo non ha la forza (o la capacità) di individuare davvero le opere che potrebbero rispondere alle esigenze della collettività e di rilanciare l'economia. Opere che vanno dalla messa in sicurezza del territorio agli interventi di bonifica, dal miglioramento e potenziamento del trasporto ferroviario (merci e passeggeri) anche e soprattutto sulle linee ad alta frequentazione agli investimenti per il trasporto pubblico nelle aree urbane, dalle opere idriche alle autostrade del mare. Nel documento non si tiene praticamente conto delle conseguenze che questo piano delle infrastrutture avrà in termini di produzione di gas climalteranti. Perché, se prodotta con combustibili fossili, alla maggiore energia necessaria per far funzionare il sistema corrisponderà un proporzionale aumento delle emissioni di gas serra;
da ultimo, quanto alle cosiddette aree tematiche trasversali, per l'emergenza Abruzzo, i 408 milioni di euro programmati nell'Allegato non corrispondono ai 4 miliardi di euro promessi dal Governo e non sono peraltro sufficienti a coprire le spese per le abitazioni. Le ultime ordinanze hanno infatti confermato i limiti di 150mila euro per l'abitazione principale e 80mila euro per la seconda casa contraddicendo quanto promesso dal Presidente del consiglio in Abruzzo. Rimangono da finanziare tute le infrastrutture danneggiate dal sisma e gli edifici scolastici;
riguardo al piano di edilizia pubblica, sul quale dall'inizio del mandato questo Governo ha insistentemente annunciato

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interventi risolutivi sia per l'emergenza abitativa che per il rilancio del comparto edile non vi sono nell'Allegato novità circa le disponibilità finanziarie. Il DPEF segnala come disponibili soltanto i 200 milioni di euro per le regioni che un conflitto provocato ha ritardato fino ad oggi, se si pensa che sin dal 2007 il Governo Prodi aveva destinato 550 milioni di euro alla edilizia residenziale pubblica, abbiamo ritardato di due anni il dovuto e paralizzato l'avvio di un programma condiviso che avrebbe consentito di mettere a disposizione in breve tempo 12.000 alloggi. Dei 100.000 alloggi annunciati le risorse attualmente disponibili potranno realizzarne una infinitesima parte e riguardo ai 150 milioni che il Governo destina al fondo nazionale per la promozione di una rete di fondi immobiliari istituzionali e privati riteniamo siano insufficienti per attivare un volano di investimenti necessari ad un piano credibile. Manca infine la destinazione di risorse concrete per integrare il contributo a sostegno degli affitti e non vi è traccia delle misure finalizzate a sostenere il mercato della locazione sia sul fronte degli inquilini che della proprietà: (cedolare secca per i locatori, fondo sociale di sostegno, regolarità e trasparenza del mercato);
riguardo al Piano per il rilancio dell'edilizia conseguente all'accordo Stato Regioni del 1o aprile 2009 il Governo appare in forte ritardo: dopo che molte Regioni hanno legiferato in merito si attende un provvedimento del Governo che nell'ambito delle proprie competenze provveda ad una semplificazione normativa in merito alla quale la Conferenza delle Regioni ha già avanzato specifiche richieste. Le regioni hanno segnalato proposte in relazione alla prevenzione antisismica, all'efficientamento energetico dei fabbricati pubblici e privati ed ancora attendono un confronto risolutivo: niente di fatto dall'esecutivo dopo gli annunci di Berlusconi;
anche per il Piano dell'edilizia scolastica all'annuncio dell'impegno straordinario di 1 miliardo di euro indicata in delibera Cipe del 26 giugno 2009 non corrisponde una disponibilità di cassa . Vengono citati i 489 milioni di euro della delibera CIPE del 10/2/2009 già stanziati da governo Prodi ma non c'è traccia di alcun provvedimento che assegni le risorse reali nel prossimo triennio, neanche con riguardo agli edifici scolastici in Abruzzo;
il volano di 200 milioni indicato dal governo per l'edilizia carceraria non trova corrispondenza nelle disponibilità di cassa del prossimo triennio;
degli 815 milioni di euro per il piano di piccole opere, le stime delle disponibilità di cassa escludono risorse per il 2009 ed assegnano 330 milioni nel 2010, 412 milioni nel 2011 e i rimanenti 82 milioni negli anni successivi;
infine, per Expo 2015 il Dpef reca, a fronte di un costo complessivo di 12.445 milioni di euro, risorse ancora da reperire pari a 1000 milioni a carico dello Stato, 315 dagli enti locali e 560 milioni a carico del privato. Su questo fronte a livello territoriale esistono ancora molte incertezze sia sul piano del reperimento delle risorse sia sul modello gestionale. Opere importanti come alcune linee della Metropolitana rischiano di essere stralciate per la carenza di fondi e la ristrettezza dei tempi;
relativamente all'Allegato contenente i «contributi» dei singoli ministeri, con riguardo al ministero dell'ambiente compaiono sei voci: bonifiche e ripristino siti inquinati, difesa del suolo, risorse idriche, tutela della biodiversità, educazione ambientale e protocollo di Kyoto per i quali le risorse disponibili non sono altro che la continuità di quanto già stanziato negli esercizi finanziari precedenti: si pensi al settore delle bonifiche e al risanamento delle aree industriali, che ha visto un costante impegno del precedente governo o alla difesa del suolo, per la quale già nella XIII legislatura era stata avviata una più incisiva ridefinizione del quadro normativo e finanziario;
peraltro il DPEF non reca l'allegato previsto dal decreto legge n. 159 del 2007

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sugli indirizzi e sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, in coerenza con gli obblighi derivanti dall'attuazione del Protocollo stesso;
il governo attuale ha prima ridotto del 38 per cento le risorse in materia ambientale ed ora presenta un piano di interventi senza alcuna copertura finanziaria. Decisamente insufficiente appare in particolare l'impegno di spesa previsto per le tecnologie a basso contenuto di carbonio e per l'attuazione del Protocollo di Kyoto, che ammonta a 1275 milioni di euro per il triennio. Probabilmente il Governo intende individuare ulteriori risorse, ma siamo ben lontani dagli investimenti che sarebbero necessari. Per quanto riguarda gli altri ambiti di intervento non sembra che vi siano particolari azioni positive, salvo l'affermazione di generici «buoni propositi»;
considerato che la delibera di ripartizione del Fondo infrastrutture andava trasmessa al Parlamento per il parere (ai sensi dell'articolo 6-quinques del decreto legge 112 del 2008);
vista la necessità, per garantire trasparenza e compiuta informazione del Parlamento, di ridurre i tempi di pubblicazione delle delibere CIPE;
considerata la gravità della norma introdotta con l'articolo 4 del decreto «anticrisi», il quale, secondo quanto affermato dallo stesso ministro dell'ambiente, «sopprime di fatto il ruolo del ministero dell' Ambiente nel delicato iter autorizzativo per la realizzazione di centrali di produzione e per le reti di distribuzione di energia», con inevitabili conseguenze sulla politica di programmazione e pianificazione delle infrastrutture del Paese;

esprime

PARERE CONTRARIO

«Mariani, Realacci, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti».