CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 27 luglio 2009
210.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013 - Doc. LVII, n. 2.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VII Commissione cultura,
esaminato, per le parti di propria competenza, il Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanzia pubblica per gli anni 2010-2013;
pur in considerazione della difficile situazione finanziaria che il Governo si trova ad affrontare, preso atto dei positivi segnali di attenuazione delle spinte recessive, ciò anche a seguito delle misure adottate dall'Esecutivo, tra la fine del 2008 ed i primi mesi del 2009, per fronteggiare la crisi economica;
tenuto conto, in riferimento al settore dell'istruzione, del processo di razionalizzazione del personale, accompagnato da una serie di interventi volti a premiare il merito e l'impegno degli studenti, tra i quali l'avvio del sistema nazionale di valutazione degli apprendimenti; nonché la riorganizzazione della rete scolastica e la valorizzazione dell'autonomia delle istituzioni scolastiche;
rilevato che il sistema universitario è stato interessato da un più generale riordino delle procedure di reclutamento dei docenti che favoriscono il merito - compresa la possibilità di chiamata diretta di studiosi provenienti da università straniere -; da nuovi criteri di assegnazione delle risorse che tengono conto della qualità dell'offerta formativa degli atenei; da interventi per favorire il diritto allo studio dei meritevoli, nonché dalla facoltà di trasformare le università in fondazioni di diritto privato mantenendo il sistema di finanziamento pubblico;
considerato che è stato anche avviato un processo di riorganizzazione della politica del settore ricerca, mirata a sostenere e accompagnare la ristrutturazione e il rilancio competitivo del sistema produttivo e dei servizi;
rilevato peraltro che nel settore della ricerca si registrano forti ritardi nell'attuazione del PON Ricerca e competitività 2007-2013, secondo quanto emerge dall'Allegato I al DPEF, tanto che a metà 2009 non risulta essere ancora avviato ad operatività;
ritenuto che nell'ambito delle politiche culturali è stato definito un insieme di interventi per garantire la tutela, rilanciare la valorizzazione dei beni e delle attività culturali e offrire risposte efficaci ai bisogni di innovazione e qualità dei servizi, tra i quali il completamento della sede che ospiterà il museo nazionale delle arti del XXI secolo (MAXXI); l'attuazione delle convenzioni UNESCO; la tutela e la protezione dal rischio sismico e l'attività svolta in occasione del recente terremoto in Abruzzo, per la salvaguardia del patrimonio danneggiato; la valutazione ambientale strategica e i tavoli tecnici attivati con gli enti territoriali ai fini di copianificazione; le attività atte a garantire migliori condizioni per l'accessibilità e la fruizione del patrimonio archivistico e documentario e per la sua diffusione attraverso la rete web; il monitoraggio sull'attuazione della carta della qualità e dei servizi;
tenuto conto che nel settore del cinema sono state rese operative le misure

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di incentivazione fiscale (tax-shelter) per agevolare la produzione, mentre per il settore dello spettacolo dal vivo è stata attuata la ricapitalizzazione delle fondazioni lirico sinfoniche, pur in una situazione di generale crisi del settore;
considerato peraltro che la razionalizzazione definita dal Governo con particolare riferimento agli interventi previsti dal disegno di legge C. 2561-A, di conversione del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali, in corso di esame presso questo ramo del Parlamento, è risultata particolarmente penalizzante per i settori di competenza della Commissione, senza che sia stato possibile correggere le iniziali previsioni del Governo in tal senso, con particolare riferimento al settore dell'istruzione e dello spettacolo dal vivo;
rilevato che tra gli obiettivi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca previsti nel DPEF risultano essere stati inseriti, tra gli altri, l'avvio di un sistema di valutazione degli apprendimenti, nonché la promozione di un sistema di valutazione delle scuole e della dirigenza, oltre a modalità più efficaci di reclutamento, di carriera e di formazione permanente, argomenti che sono all'esame della Commissione con le proposte di legge C. 953 Aprea e abbinate;
rilevato che tra gli obiettivi del Ministero per i beni e le attività culturali risulta inoltre l'incremento dello stanziamento per il FUS nell'esercizio finanziario 2010, con la previsione di un adeguamento ai livelli del 2008; la riforma del settore delle fondazioni lirico-sinfoniche e, più in generale, del sistema di finanziamento agli organismi operanti nell'ambito dello spettacolo dal vivo.
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) in relazione agli obiettivi del Ministero dell'istruzione, università e ricerca previsti dall'Allegato al DPEF 2010-2013, recante i contributi ai Ministeri, appare necessario riconsiderare gli stanziamenti destinati al suddetto dicastero per la realizzazione dei medesimi obiettivi;
2) con particolare riferimento al settore della ricerca, si ritiene necessario recuperare i forti ritardi registrati nell'attuazione del PON Ricerca e competitività 2007-2013, secondo quanto emerge dall'Allegato I al DPEF, avviando ad operatività i relativi programmi;
3) in ordine al settore dei beni e delle attività culturali, si ritiene altresì necessario assicurare le risorse necessarie al Ministero competente, con particolare riferimento al Fondo unico per lo spettacolo.

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ALLEGATO 2

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013 - Doc. LVII, n. 2.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA DAI DEPUTATI GHIZZONI, COSCIA, DE PASQUALE, DE TORRE, BACHELET; DE BIASI, LEVI, LOLLI, MAZZARELLA; NICOLAIS, PES, PICIERNO, ROSSA, RUSSO, SARUBBI, SIRAGUSA

La Commissione VII della Camera dei Deputati,
esaminato il Documento di programmazione economica e finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013;
premesso che:
il Documento di programmazione economica e finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013, è stato presentato all'esame del Parlamento il 15 luglio 2009, rispetto al termine ultimo del 30 giugno stabilito dalla legge 468/78 in materia di contabilità e di bilancio;
tale ritardo nella disponibilità materiale del DPEF e degli allegati costringe le Camere ad un esame affrettato, a ridosso della chiusura estiva, contestuale all'esame di altri provvedimenti, che di fatto impedisce gli approfondimenti necessari ad acquisire tutti gli elementi conoscitivi anche attraverso le audizioni
anche in questa occasione ci troviamo di fronte a una grave violazione delle prerogative del Parlamento, cui la Costituzione attribuisce attraverso l'articolo 81 una funzione di indirizzo e controllo in ordine alla destinazione e allocazione delle risorse pubbliche in relazione ai fini da perseguire nell'interesse della collettività;
prima della presentazione del DPEF, e quindi prima di definire il quadro programmatico di finanza pubblica per gli anni 2010-2013, e le necessarie misure per dare impulso alla competitività e alla crescita, il Governo ha presentato al Parlamento in data 1o luglio 2009, il decreto-legge 78, ancora all'esame della Camera, che reca provvedimenti anticrisi;
dall'esame del DPEF appare evidente che la politica di bilancio prospettata dal Governo per il periodo 2010-2013 appare del tutto inadeguata a contemperare il superamento dell'attuale fase congiunturale e dei problemi strutturali del paese con il controllo del disavanzo pubblico e il riequilibrio dei conti;
nel DPEF, il Governo stima che il PIL, che si è ridotto dell'1,0 per cento nel 2008, si contragga del 5,2 per cento quest'anno e riprenda a crescere a ritmi positivi (lo 0,5 per cento) solo nel 2010; la graduale ripresa del commercio mondiale, gli interventi di politica monetaria e i provvedimenti anticiclici concordati a livello comunitario dovrebbero attenuare la fase recessiva già a partire dalla seconda metà del 2009; nel triennio successivo al 2010 la crescita media annua è prevista attestarsi al 2 per cento, con una ripresa sostenuta in particolare dall'atteso recupero del commercio internazionale;
le valutazioni del Governo appaiono più ottimistiche di quelle dei principali

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organismi internazionali: per il 2010 l'OCSE prevede valori positivi del tasso di crescita del PIL italiano per lo 0,4 per cento; il Fondo Monetario una nuova flessione (-0,1 per cento); il Consensus Economics uno stallo della crescita;
dai dati del DPEF emerge un grave deterioramento dei conti pubblici: l'obiettivo di indebitamento netto, viene aggiornato al ribasso, fissandolo al 5,3 per cento del PIL per il 2009, rispetto al 4,6 per cento indicato dal Governo ad aprile nella Relazione Unificata per l'economia e la finanza pubblica (RUEF); il valore dell'indebitamento netto stimato per il 2009 risulta anche da un peggioramento del saldo primario, che scende ad un valore negativo di 0,4 per cento del PIL; la spesa per interessi, nonostante il sensibile calo dei tassi, si mantiene sostanzialmente stabile, pari al 5,0 per cento, in relazione al consistente incremento dello stock del debito; per il rapporto debito pubblico/PIL, la previsione del DPEF per il 2009 è fissata al 115,3 per cento, con un incremento di 9,6 punti percentuali rispetto al 2008;
il quadro tendenziale delineato dal DPEF evidenzia un indebitamento netto ampiamente al di sopra del livello del 3 per cento per il periodo 2010-2013, anche a fronte del peso crescente della spesa per interessi, la cui incidenza passa dal 5,1 per cento del PIL del 2010 al 6,0 per cento nel 2013;
nel DPEF il Governo prevede di intervenire a correzione degli andamenti tendenziali di finanza pubblica solo a partire dal 2011, in attesa di un netto miglioramento del quadro economico;
il DPEF prospetta una manovra correttiva sul saldo primario pari, in termini cumulati, a circa l'1,2 per cento del PIL nel triennio 2011-2013; si prevedono interventi «non peggiorativi della pressione fiscale», e «non riduttivi del livello dei servizi alla collettività» bensì finalizzati all'efficienza e all'ottimizzazione dell'impiego delle risorse; ma i provvedimenti anticrisi sono, complessivamente restrittivi, e senza effetti finanziari «netti»; in alcuni casi determinano anche miglioramento dei saldi di finanza pubblica, sia con riferimento al saldo netto da finanziare, sia in termini di indebitamento netto e di fabbisogno; gli interventi sulla finanza locale, con il taglio dell'ICI e con le modifiche introdotte a più riprese sul patto di stabilità hanno determinato una contrazione severa delle risorse a disposizione degli enti decentrati per gli investimenti e per le politiche sociali, con ricadute significative sui servizi e sul benessere delle collettività locali;
considerato che:
la riduzione dell'attività economica, già molto rilevante nel quarto trimestre del 2008 (-2,1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2007) si è ulteriormente aggravata nel primo trimestre del 2009 (-2,6 per cento) con una contrazione dei principali aggregati macroeconomici senza precedenti per intensità e durata;
secondo le stime più aggiornate della Banca d'Italia, la perdita cumulata del PIL al primo trimestre del 2009, pari a -5,9 per cento in termini reali, è già largamente superiore alle contrazioni registrate nelle due più severe recessioni dell'economia italiana del dopoguerra, quelle del 1974-75 e del 1992-93, in corrispondenza, rispettivamente, della prima crisi petrolifera e di quella valutaria, quando la flessione cumulata del PIL risultò pari al -3,8 per cento nella crisi del 1974-1975 e -all'1,9 per cento in quella del 1992-93;
permane elevata l'incertezza circa i tempi e l'intensità della ripresa della domanda interna, su cui pesa il rischio di un ulteriore peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro;
nell'attuale fase congiunturale è il settore industriale quello che ha risentito con maggiore rapidità degli effetti dell'andamento negativo del ciclo; la crisi industriale è più ampia e intensa che in passato, con una diminuzione cumulata del valore aggiunto del settore sinora pari a quasi il -17 per cento, contro il -14 e

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il -5 per cento segnati, rispettivamente, alla metà degli anni settanta e nei primi anni novanta; fra aprile 2008 e marzo 2009 l'indice della produzione industriale è sceso ai livelli del 1987, una riduzione senza precedenti anche in occasione di altre gravi crisi economiche;
il drastico calo della domanda nei principali mercati di sbocco dell'economia italiana ha determinato una forte contrazione delle esportazioni (-21,4 per cento in volume al primo trimestre del 2009, rispetto alla fine del 2007); il Governo, nel DPEF, in un quadro di generale deterioramento dei conti con l'estero, segnala una dinamica di crescita delle esportazioni più accentuata al sud; in contrasto rispetto ai dati dei più autorevoli centri studi, come la Svimez, che segnala che il Mezzogiorno, che nel corso dell'anno 2008, aveva incrementato la propria quota dall'11,4 per cento all'11,7 per cento del totale delle esportazioni nazionali, nell'ultimo trimestre dell'anno ha subìto un crollo del 20,8 per cento;
la riduzione della spesa delle famiglie si manifesta in una forte diminuzione dei consumi di beni durevoli e semidurevoli e della spesa corrente e perfino in una contrazione dei consumi alimentari;
i dati sulle forze di lavoro e sulle ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni, aggiornati rispettivamente a marzo e a giugno, mostrano un preoccupante deterioramento del mercato del lavoro: il DPEF registra un aumento della cassa Integrazione Guadagni nel primo semestre 2009 del 282,3 per cento rispetto al primo semestre 2008 e prevede un aumento del tasso di disoccupazione sia nel 2009 (+8,8 per cento) che nel 2010 (8,9 per cento);
contrariamente a quanto affermato dal Governo nel DPEF, la recessione economica che dalla fine del 2008 ha interessato l'economia nazionale, si sta manifestando con particolare intensità nelle aree deboli del paese, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno, con gravi ricadute in particolare sul mercato del lavoro meridionale, con brusche riduzioni dell'occupazione, contestuali incrementi del tasso di disoccupazione e conseguente contrazione dei redditi da lavoro delle famiglie; tra gennaio 2008 e gennaio 2009 si sono persi al Sud 114 mila posti di lavoro: molti tra questi lavoratori, precari e a termine, sono privi della copertura del sistema di ammortizzatori sociali; in un area dove lavora appena il 44 per cento della popolazione in età di lavoro, e le donne che lavorano sono meno di 3 su 10, questo configura una situazione di potenziale emergenza sociale;
sul fronte del credito bancario secondo l'Indagine trimestrale sul credito bancario nell'area dell'euro (Bank Lending Survey) nell'ultimo periodo si registra un'ulteriore restrizione dei criteri di erogazione dei prestiti alle imprese, con incremento dei margini applicati e riduzione delle quantità erogate; i provvedimenti adottati dal Governo per favorire un migliore accesso al credito del settore produttivo si sono pertanto rivelati, di fatto, inefficaci, mentre cresce la domanda delle imprese di prestiti per operazioni di ristrutturazione del debito a fronte di una ridotta disponibilità di fonti di finanziamento alternative;
l'inflazione armonizzata al consumo si porterebbe allo 0,8 per cento nella media del 2009, quasi tre punti percentuali in meno rispetto al 2008; dopo aver toccato un minimo nel terzo trimestre per effetto del confronto del livello dei prezzi energetici con quello di un anno prima, l'inflazione comincerebbe a riportarsi gradualmente verso valori più elevati; al netto della componente energetica, l'indice aumenterebbe dell'1,7 per cento, contro il 2,9 per cento dell'anno scorso; la Banca d'Italia segnala che nel 2010, con il rafforzamento delle quotazioni delle materie prime, i prezzi al consumo potrebbero crescere fino all'1,6 per cento (anche al netto della componente energetica);
la marcata riduzione della produttività del lavoro induce una forte accelerazione del costo del lavoro per unità di prodotto, che nel settore privato tende a

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raggiungere un ritmo di crescita superiore al 6 per cento;
le prospettive restano molto incerte: a fronte di una perdurante debolezza del ciclo economico, le imprese italiane potrebbero attuare, a partire dalla seconda metà dell'anno, una politica di ancor più deciso ridimensionamento dell'occupazione, che si tradurrebbe in una ulteriore decurtazione della capacità di spesa delle famiglie e in una più forte flessione della domanda interna;
dall'analisi dei dati di bilancio emerge che sono in crescita tutte le voci di spesa corrente mentre non sono state previste risorse aggiuntive per tutti i settori sensibili, tra cui quello, strategico, degli investimenti per opere pubbliche;
dal lato delle entrate, mentre la pressione fiscale non si riduce, il crollo delle entrate sembra essere determinato dall'effetto congiunto della crisi, dall'inefficacia delle misure di sostegno al consumo delle famiglie e dall'indebolimento delle misure per il recupero dell'evasione fiscale;
le misure una tantum, e interventi quali lo scudo fiscale incrementano solo in apparenza il gettito, perché hanno un impatto strutturalmente negativo in termini di diffusa incertezza sulle regole e incentivano comportamenti devianti da parte dei contribuenti;
constatato che:
nel testo del DPEF non è chiaro con quali strumenti il Governo intenda conseguire l'aggiustamento strutturale dei conti pubblici né le misure espansive che dovrebbero garantire l'innalzamento del tasso di crescita reale e potenziale dell'economia del paese; il documento di programmazione economica e finanziaria appare gravemente carente; mancano contenuti essenziali, e in particolare:
a) l'individuazione degli strumenti per conseguire gli annunciati obiettivi di sviluppo territoriale, in particolare nel mezzogiorno e nelle aree sottoutilizzate del centro-nord;
b) un quadro definito degli interventi collegati alla manovra di finanza pubblica per il 2010-2013.
valutato che:
gran parte degli oneri connessi alle misure anticicliche adottate dal Governo sono stati compensati mediante tagli, riprogrammazioni e riallocazioni delle risorse nazionali finalizzate in prevalenza allo sviluppo del Mezzogiorno, presenti nel Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS);
gli impieghi delle risorse FAS, sovente non coerenti con le finalità proprie del Fondo, hanno ridotto in misura considerevole l'entità dei fondi da ripartire per le aree sottoutilizzate ed esteso anche al Centro-Nord la possibilità di finanziamento sistematico su fonti vincolate alle politiche di coesione a valere sulle risorse stanziate per il periodo 2008-2012, con implicazioni rilevanti anche sul Quadro Strategico Nazionale 2007-2013, indebolendone significativamente la componente nazionale;
l'area meridionale si trova pertanto a competere, in termini di capacità di assorbimento, con le aree a più alto tasso di sviluppo del Paese che riescono ad attivare una più efficiente programmazione di spesa e più elevati livelli di progettualità, anche in una non favorevole situazione congiunturale;
nelle condizioni prospettate dal DPEF la pressione fiscale non diminuisce, ma sale in una certa misura, e vi sono rischi concreti di consistenti aumenti, in particolare per effetto della compressione delle risorse per i servizi pubblici e dei provvedimenti sulla spesa della sanità regionale, i cui tagli potrebbero essere recuperati attraverso l'aumento dei tributi trasferiti;
il forte declino delle politiche di coesione, sta accrescendo progressivamente la sperequazione nella distribuzione

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del reddito nel paese, mentre il blocco dei consumi e la precarizzazione crescente dei rapporti di lavoro aumenta l'esigenza di incisive politiche sociali;
l'esiguità delle risorse aggiuntive mobilitate per contrastare la crisi, in particolare per finanziare gli investimenti in infrastrutture e per incentivi al sistema produttivo nelle aree più deboli e incise dalla crisi appare difficilmente sostenibile sia dal punto di vista economico che sociale;
inoltre è estremamente preoccupante constatare come l'attuazione del PON Ricerca e Competitività 2007-2013 presenti forti ritardi e, a metà dell'anno in corso, non sia divenuto ancora operativo;
ritenuto che, nelle materie di propria competenza, il Dpefmostra colpevoli lacune e non prospetta alcun intervento adeguato a sostegno dei settori che investono il sapere nelle sue declinazioni quali scuola, università, ricerca e istituti culturali, benché essi rappresentino il volano per un durevole sviluppo sociale ed economico, come bene hanno inteso i Paesi europei e gli Stati Uniti che hanno investito risorse ingenti in istruzione e ricerca per affrontare la crisi internazionale;
considerato in particolare che:
per quanto riguarda il settore dell'istruzione il fabbisogno finanziario ipotizzato dal Dpef risulta del tutto inadeguato a superare i disagi che metteranno a serio rischio il corretto avvio dell'ormai imminente inizio del prossimo anno scolastico e, al contempo, insufficienti a prospettare qualsiasi intervento di valorizzazione e potenziamento del comparto scuola;
i tagli definiti dall'articolo 64 del DL 112/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, relativo a disposizioni in materia di organizzazione scolastica, prevedono: un piano programmatico di riduzione di spesa pari a 7 miliardi 832 milioni di euro entro il 2012, nonché tagli indiscriminati agli organici del personale di ben 87.341 posti di docenti e di 44.500 posti di operatori ATA; l'insostenibile aumento del numero degli alunni per classe; la riduzione del tempo scuola nella scuola primaria e secondaria di primo grado; l'indebitamento delle istituzioni scolastiche che non sono messe nelle condizioni di pagare le supplenze effettuate; la riduzione degli orari scolastici e di insegnamento di alcune discipline; un grave impoverimento della scuola pubblica, alla quale sono venute a mancare le risorse indispensabili per il suo funzionamento quotidiano e per lo sviluppo dell'azione didattica, educativa, di istruzione e ricerca, smantellandone punti essenziali di qualità;
tali interventi colpiscono duramente la scuola pubblica e sono destinati a produrre effetti devastanti con un immediato impoverimento dell'offerta formativa e didattica, acuendo così le diseguaglianze sociali e territoriali esistenti, colpendo i soggetti e le realtà più deboli, limitando la possibilità di successo scolastico per i bambini e i ragazzi in condizioni di disagio e disattendendo le istanze delle famiglie anche relativamente al tempo scuola;
la scuola con i tagli già in atto è stata privata di risorse fondamentali a garantire il pieno mantenimento e lo sviluppo delle attività didattiche educative e di ricerca;
dal settembre dello scorso anno sono emersi in tutto il Paese un dissenso e una critica diffusa dei cittadini e delle cittadine contro le politiche scolastiche ingiuste ed inefficaci volute dal Governo;
le famiglie scegliendo l'opzione per il tempo pieno e per l'orario a 30 ore hanno palesemente espresso il proprio dissenso al «maestro unico» ma, per i tagli agli organici avviati dal Governo, tante di loro si sono viste respingere le proprie richieste;
la soppressione della programmata immissione in ruolo dei precari della scuola, approvata nelle precedenti leggi finanziarie e già avviata dal precedente

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Governo, che avrebbe portato a termine, entro il 2010, il programma di assunzione di 150 mila docenti e di 30 mila unità di personale ausiliare tecnico amministrativo (ATA) e i tagli avviati determinano già dal prossimo 1o settembre l'impossibilità a più di 225 mila dipendenti della scuola, docenti e non, di rientrare in servizio senza che il Dpef prospetti nessun intervento, più volte da noi ipotizzato, a tutela dei tanti lavoratori, come ad esempio l'indennità di disoccupazione;
con la sentenza n. 200 del 20 luglio 2009, la Corte Costituzionale ha stabilito che il Governo non può emanare regolamenti per definire il numero delle scuole e la loro distribuzione sul territorio e non può inoltre intervenire per limitare il disagio degli utenti che avrebbero subito la soppressione delle scuole nei piccoli comuni di residenza. La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale una parte dell'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008: in particolare, la norma con la quale sono state poste le premesse per tagliare 131mila posti di lavoro nella scuola. La Consulta si è pronunciata per rispondere ad alcune regioni, che avevano presentato dei ricorsi lamentando «invasioni di campo» da parte del Governo in ambiti di loro competenza. La Corte ha stabilito che quando non si tratta di norme generali, se lo Stato emana dei regolamenti, invade spazi riservati alla competenza esclusiva delle regioni;
per quanto riguarda il settore dell'università e della ricerca gli impegni finanziari che il Governo prospetta nel Dpef, anche alla luce dei tagli già avviati dalla finanziaria 2009, risultano inadeguati;
anche a questo proposito si ricorda che le misure previste dal Governo, aldilà delle intenzioni annunciate nel DPEF sul settore universitario, si sono tradotte nel suddetto decreto-legge n. 112 del 2008, che ha previsto un ingiustificato e irrazionale blocco del turn over (poi stemperato con il decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1) in una iniqua rimodulazione degli scatti stipendiali che penalizza soprattutto coloro che assolvono al proprio dovere con professionalità e competenza, contraddicendo palesemente il principio di valorizzazione del merito tanto auspicato dall'attuale Governo; in una insostenibile decurtazione del Fondo di finanziamento ordinario già in atto dal 2009 e per un quinquennio, fino all'anno 2013, una riduzione progressiva di oltre un miliardo e 400 milioni di euro e altresì un taglio, approvato con il decreto-legge che ha previsto l'abolizione dell'ICI, di 16 milioni di euro a partire dal 2008 (stanziamenti introdotti ad incremento del medesimo Fondo, dal cosiddetto «Milleproroghe», approvato nel febbraio scorso dal Governo Prodi) e di ben 467 milioni di euro permanenti a partire dal 2010;
tali scelte, unite alla possibile trasformazione delle università in fondazioni, avrà come effetto certo un insostenibile aumento delle tasse per gli studenti e in un prevedibile dissesto delle finanze di quasi tutti gli atenei, come peraltro paventato sia dagli organi di rappresentanza studenteschi che dagli organi di governo delle università;
anche il citato decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario, è stato approvato al fine di intervenire frettolosamente per rimediare parzialmente agli eccessivi tagli di spesa e di personale delle università previsti dal decreto-legge n. 112 del 2008 o addirittura dalla medesima legge finanziaria 2009, senza peraltro conseguire pienamente gli obbiettivi di valorizzazione del merito e di incentivazione della qualità delle università citati nel titolo;
infatti, l'intervento proposto dal suddetto decreto-legge n. 180, consistente nell'esclusione dalle commissioni di professori associati e ricercatori e nell'individuazione dei commissari mediante un sistema ibrido di elezione e sorteggio di professori ordinari, appare essere l'ennesima

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norma tampone non risolutiva e forse nemmeno efficace, la quale, per quanto temporanea, rischia di complicare ulteriormente la situazione per gli intricati contenziosi cui darà origine in quanto si applica a concorsi regolarmente banditi e i cui termini sono da tempo scaduti;
per quanto riguarda il settore per i beni e le attività culturali, l'impegno a riportare le risorse del Fondo unico per lo spettacolo (FUS) ai livelli del 2008 è stata tradita più volte nel corso dell'ultimo anno: in particolare, con l'approvazione della Legge finanziaria 2009 si è operato un taglio di ben 200 milioni di euro che, se non emendato, determinerà la chiusura di interi settori di attività e metterà a serio rischio i livelli occupazionali di un comparto che conta circa 250.000 addetti, tra artisti, tecnici, operatori e maestranze;
l'intervento per il settore dello spettacolo, oltre ad essere inadeguato dal punto di vista finanziario, risulta inefficiente in quanto non prospetta nessun intervento legislativo, che al contrario è urgente in considerazione del fatto che una riforma strutturale del settore è attesa da più di trent'anni;
esprime

PARERE CONTRARIO

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ALLEGATO 3

Riconoscimento della personalità giuridica alla Scuola per l'Europa di Parma. C. 2434 Governo.

TESTO RISULTANTE DALL'ESAME IN SEDE REFERENTE ADOTTATO COME TESTO BASE

Art. 1.
(Riassetto giuridico-funzionale della Scuola per l'Europa di Parma).

1. La Scuola per l'Europa di Parma, istituita in attuazione dell'articolo 3, comma 5, dell'Accordo di Sede tra la Repubblica italiana e l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), ratificato ai sensi della legge 10 gennaio 2006, n. 17, di seguito denominata «Scuola», a decorrere dal 1o settembre 2010, è istituzione ad ordinamento speciale con personalità giuridica di diritto pubblico e autonomia amministrativa, finanziaria e patrimoniale. La Scuola è associata al sistema delle Scuole europee e ne adotta gli ordinamenti, i programmi, il modello didattico e il modello amministrativo.
2. La Scuola è posta sotto la vigilanza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
3. La Scuola fornisce, ai sensi dell'articolo 3 della Convenzione recante lo Statuto delle Scuole europee, come ratificata ai sensi della legge 6 marzo 1996, n. 151, un'istruzione scolastica materna, elementare e secondaria ai figli dei dipendenti dell'EFSA, garantendo un apprendimento plurilingue coerente con il Sistema delle Scuole europee. Nei limiti stabiliti con il decreto di cui al comma 7, consente l'accesso anche ai figli dei dipendenti delle società convenzionate con l'Autorità medesima, nonché ai figli dei cittadini italiani.
4. La Scuola adotta gli ordinamenti per le sezioni linguistiche anglofona, francofona e italiana della scuola materna, elementare e secondaria dell'istruzione con programmi e con struttura conformi al sistema delle Scuole europee, in modo da consentire il rilascio, alla conclusione della settima classe, del titolo finale di «baccelliere europeo».
5. La costituzione delle sezioni e delle classi avviene in deroga al limite del numero di alunni frequentanti e ai parametri numerici previsti dalla normativa nazionale.
6. Gli organi della Scuola sono:
a) il consiglio di amministrazione;
b) il comitato tecnico-scientifico, con funzioni anche di raccordo con i consigli di ispezione delle Scuole europee;
c) gli organi collegiali presenti nelle scuole europee di tipo I;
d) il dirigente della Scuola, di cui al comma 9;
e) il collegio dei revisori dei conti.

7. Con decreto adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della pubblica amministrazione e l'innovazione e con il Ministro degli affari esteri, sono disciplinati l'assetto amministrativo della Scuola e il trattamento giuridico-economico del personale della Scuola stessa e sono indicati le funzioni e la composizione degli

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organi di cui al comma 6, il numero dei contratti attivabili ai sensi del comma 8 e i criteri di accesso per gli alunni appartenenti alle categorie di cui al comma 3, secondo periodo, del presente articolo.
8. Per l'assolvimento dei propri compiti la Scuola si avvale, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, dell'Accordo di Sede di cui al comma 1 del presente articolo, di personale assunto con contratto a tempo determinato. I contratti, di durata biennale, rinnovabili a seguito di valutazione positiva, sono stipulati previo espletamento di un'apposita procedura concorsuale, anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia di svolgimento delle prove concorsuali, definita con regolamento della Scuola. La Scuola può procedere all'assunzione di personale anche mediante contratti di prestazione d'opera.
9. Alla direzione della Scuola è preposto un dirigente, nominato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in possesso di specifiche competenze, di comprovate capacità di direzione, di adeguata conoscenza degli ordinamenti delle Scuole europee e di proprietà di espressione, scritta e orale, in almeno due lingue comunitarie. La durata dell'incarico non può essere inferiore a tre anni né eccedere il limite di cinque anni. Il dirigente della Scuola è il rappresentante legale dell'istituzione scolastica.
10. Il personale dirigente, docente, amministrativo, tecnico e ausiliario dei ruoli metropolitani destinatario dei contratti di cui al comma 8 è collocato in posizione di fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico conferito, con retribuzione a valere sulle risorse di cui all'articolo 3, comma 1. Il posto lasciato vacante nella sede di titolarità può essere coperto esclusivamente con altro personale di ruolo in soprannumero ovvero con personale assunto con contratto a tempo determinato. Il personale collocato fuori ruolo deve avere superato il periodo di prova. I docenti e il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, all'atto del rientro in ruolo, hanno priorità di scelta tra le sedi disponibili. Qualora il collocamento fuori ruolo abbia avuto durata non superiore a due anni scolastici, il predetto personale, all'atto della cessazione dall'incarico, è assegnato alla sede nella quale era titolare all'atto del collocamento fuori ruolo. Il servizio svolto nella Scuola è equiparato al corrispondente servizio prestato nelle scuole italiane.
11. Al dirigente, al personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario, tenuto conto dei particolari requisiti professionali e di conoscenza linguistica necessari, è corrisposta, per la sola durata dell'incarico presso la Scuola, una retribuzione equiparata a quella vigente nelle scuole europee di tipo I; la corresponsione della suddetta retribuzione non dà titolo alla sua conservazione all'atto del rientro nel ruolo di appartenenza. Ai docenti di madre lingua straniera è altresì riconosciuta un'indennità di prima sistemazione.

Art. 2.
(Strutture scolastiche).

1. Fermo restando il finanziamento previsto dall'articolo 1, comma 1342, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è autorizzata per gli anni 2009 e 2010, rispettivamente, la spesa di euro 569.000 e di euro 5.474.000, per la costruzione della nuova sede della Scuola. Gli ulteriori oneri necessari per la medesima finalità sono posti a carico della provincia e del comune di Parma, in conformità a quanto convenuto con l'accordo di programma stipulato in data 9 novembre 2007.
2. Ai sensi dell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge 11 gennaio 1996, n. 23, sono altresì poste a carico della provincia e del comune di Parma:
a) la manutenzione ordinaria e straordinaria dell'edificio destinato a sede della Scuola;
b) le spese per l'arredamento della Scuola e quelle per le utenze elettriche e telefoniche, per la provvista dell'acqua e del gas, per il riscaldamento e per i relativi impianti.

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3. Ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 11 gennaio 1996, n. 23, per l'allestimento e per l'impianto del materiale didattico e scientifico che implica rispetto delle norme sulla sicurezza e sull'adeguamento degli impianti, la provincia e il comune di Parma sono tenuti a dare alla Scuola un parere obbligatorio preventivo sull'adeguatezza dei locali ovvero ad assumere il formale impegno ad adeguare tali locali contestualmente all'impianto delle attrezzature.

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a 569.000 euro per l'anno 2009 e a 9,562 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010, si provvede:
a) quanto a 569.000 euro per l'anno 2009, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali per 426.000 euro e l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze per 143.000 euro;
b) quanto a 9,562 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010, mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.