CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 22 luglio 2009
207.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013 (Doc. LVII, n. 2).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La XI Commissione,
esaminato il Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013;
condiviso l'obiettivo essenziale di tenere il Paese al riparo dalla grave crisi mondiale in atto, in particolare attraverso una prudente gestione della spesa pubblica;
considerato che il Documento opportunamente rileva che negli ultimi due-tre mesi si sono ripetuti «segnali non negativi», per l'economia mondiale e per quella italiana, mentre le tensioni sui mercati finanziari si sono gradualmente allentate, tanto che - sebbene l'incertezza sulle prospettive economiche rimanga elevata - si sta tuttavia evidenziando un'attenuazione delle spinte recessive;
osservato che, con riferimento agli effetti della crisi sul mercato del lavoro, i dati sul ricorso alla Cassa integrazione guadagni (CIG) evidenziano un incremento del 283,3 per cento nel primo semestre del 2009 rispetto al primo semestre del 2008, per un totale di 373 milioni di ore autorizzate, e tuttavia, a partire dal mese di marzo 2009, la tendenza di crescita sembra rallentare;
constatato, in proposito, che il decreto-legge n. 78 del 2009, attualmente in fase di conversione alle Camere, reca rilevanti misure per fronteggiare la crisi, tra cui anche, all'articolo 1, nuove norme in materia di ammortizzatori sociali, di formazione professionale e per l'avvio di un'attività imprenditoriale autonoma (traendo spunto, per tale ultimo intervento, dalla innovativa proposta di legge n. 2424, di natura più organica ed omogenea, il cui esame in sede referente è stato avviato da tempo dalla XI Commissione e proseguirà tenendo conto di quanto anticipato, in via sperimentale, dal decreto-legge in esame);
rilevata, quindi, l'opportunità di implementare ulteriormente le positive misure già intraprese dal Governo sul versante delle relazioni industriali e dell'utilizzo degli ammortizzatori sociali, mediante ogni possibile sforzo che incrementi il sostegno del sistema produttivo e occupazionale;
apprezzato, al riguardo, che nel DPEF venga sottolineata l'importanza, da un lato dell'Accordo quadro siglato il 22 gennaio 2009 tra il Governo e le parti sociali, con il quale sono state poste le basi per un complessivo ammodernamento del sistema di relazioni industriali nel Paese, dall'altro dell'Accordo Stato-regioni del 13 febbraio 2009, che ha previsto una spesa complessiva di circa 8 miliardi, consentendo la concentrazione di fondi comunitari, nazionali e regionali per il finanziamento degli ammortizzatori sociali;
preso atto che il Documento prevede che il nuovo modello sociale - coerentemente con il «Libro bianco» presentato dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali - dovrà basarsi sull'idea del lavoro come prima risposta al bisogno e sulla coerente applicazione del principio dell'universalismo selettivo, che implica

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l'erogazione dei benefici sulla base di una accurata selezione degli aventi diritto e meccanismi incentivanti di comportamenti virtuosi da parte dei beneficiari;
condiviso che il Documento individui, come presupposto per la sostenibilità del sistema di welfare, il corretto funzionamento del mercato del lavoro, che deve porsi tre obiettivi centrali: il diritto ad ambienti di lavoro sicuri; il diritto a un compenso equo, proporzionato anche ai risultati d'impresa e al costo della vita; il diritto all'incremento delle conoscenze lungo tutto l'arco della vita;
rilevata - in questo ambito di intervento complessivo - anche l'esigenza di attuare in tempi celeri il piano di azione sull'occupazione femminile, del cui avvio dà conto il Documento in esame;
segnalato positivamente che, in relazione alla spesa previdenziale (oltre che a quella assistenziale), nel Documento si sottolinea la necessità di ricercare con perseveranza e lungimiranza un confronto con le parti sociali, per individuare possibili percorsi di contenimento della spesa pensionistica, trattandosi di un intervento di prospettiva ritenuto necessario e non rinviabile da molti organismi internazionali;
preso atto dell'obiettivo della riforma del lavoro pubblico, che si inserisce nel quadro di una più complessiva strategia di ammodernamento delle pubbliche amministrazioni, di cui il DPEF stima gli effetti virtuosi sul sistema economico per il prossimo quinquennio;
apprezzato, quanto allo specifico profilo della contrattazione collettiva nel pubblico impiego, che il Documento confermi come, in ottemperanza agli accordi del nuovo modello contrattuale, il Governo - previa concertazione con le confederazioni sindacali rappresentative nel pubblico impiego - provvederà anche a definire l'ammontare delle risorse da destinare agli incrementi salariali, nel rispetto e nei limiti della programmazione prevista dalla legge finanziaria;
ricordato, infine, che presso le Commissioni riunite 1a e 11a del Senato è in corso d'esame, in sede referente, il disegno di legge di iniziativa governativa n. 1167, già approvato dalla Camera, che interviene in materia di lavoro pubblico e privato, previdenza sociale e processo del lavoro;
osservato che appare utile che il citato disegno di legge, collegato alla manovra di finanza pubblica ai sensi dell'articolo 123-bis del Regolamento, possa conservare tale qualificazione di «collegato» anche nell'ambito della nuova manovra finanziaria annuale,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

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ALLEGATO 2

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013 (Doc. LVII, n. 2).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEI DEPUTATI DAMIANO ED ALTRI

La XI Commissione,
esaminato il Documento di programmazione economica e finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013;
premesso che:
il Documento di programmazione economica e finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013, è stato presentato all'esame del Parlamento il 15 luglio 2009, rispetto al termine ultimo del 30 giugno stabilito dalla legge 468/78 in materia di contabilità e di bilancio;
tale ritardo nella disponibilità materiale del DPEF e degli allegati costringe le Camere ad un esame affrettato, a ridosso della chiusura estiva, contestuale all'esame di altri provvedimenti;
le Camere non possono pertanto disporre del tempo necessario per acquisire i necessari elementi conoscitivi con le audizioni;
prima della presentazione del DPEF, e quindi prima di definire il quadro programmatico di finanza pubblica per gli anni 2010-2013, e le necessarie misure per dare impulso alla competitività e alla crescita, il Governo ha presentato al Parlamento in data 1o luglio 2009, il decreto-legge 78, ancora all'esame della Camera, che reca provvedimenti anticrisi;
dall'esame del DPEF appare evidente che la politica di bilancio prospettata dal Governo per il periodo 2010-2013 appare del tutto inadeguata a contemperare il superamento dell'attuale fase congiunturale e dei problemi strutturali del paese con il controllo del disavanzo pubblico e il riequilibrio dei conti;
nel DPEF, il Governo stima che il PIL, che si è ridotto dell'1,0 per cento nel 2008, si contragga del 5,2 per cento quest'anno e riprenda a crescere a ritmi positivi (lo 0,5 per cento) solo nel 2010; la graduale ripresa del commercio mondiale, gli interventi di politica monetaria e i provvedimenti anticiclici concordati a livello comunitario dovrebbero attenuare la fase recessiva già a partire dalla seconda metà del 2009; nel triennio successivo al 2010 la crescita media annua è prevista attestarsi al 2 per cento, con una ripresa sostenuta in particolare dall'atteso recupero del commercio internazionale;
le valutazioni del Governo appaiono più ottimistiche di quelle dei principali organismi internazionali: per il 2010 l'OCSE prevede valori positivi del tasso di crescita del PIL italiano per lo 0,4 per cento; il Fondo Monetario una nuova flessione (-0,1 per cento); il Consensus Economics uno stallo della crescita;
dai dati del DPEF emerge un grave deterioramento dei conti pubblici: l'obiettivo di indebitamento netto, viene aggiornato al ribasso, fissandolo al 5,3 per cento del PIL per il 2009, rispetto al 4,6 per cento indicato dal Governo ad aprile nella Relazione Unificata per l'economia e la finanza pubblica (RUEF); il

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valore dell'indebitamento netto stimato per il 2009 risulta anche da un peggioramento del saldo primario, che scende ad un valore negativo di 0,4 per cento del PIL; la spesa per interessi, nonostante il sensibile calo dei tassi, si mantiene sostanzialmente stabile, pari al 5,0 per cento, in relazione al consistente incremento dello stock del debito; per il rapporto debito pubblico/PIL, la previsione del DPEF per il 2009 è fissata al 115,3 per cento, con un incremento di 9,6 punti percentuali rispetto al 2008;
il quadro tendenziale delineato dal DPEF evidenzia un indebitamento netto ampiamente al di sopra del livello del 3 per cento per il periodo 2010-2013, anche a fronte del peso crescente della spesa per interessi, la cui incidenza passa dal 5,1 per cento del PIL del 2010 al 6,0 per cento nel 2013;
nel DPEF il Governo prevede di intervenire a correzione degli andamenti tendenziali di finanza pubblica solo a partire dal 2011, in attesa di un netto miglioramento del quadro economico;
il DPEF prospetta una manovra correttiva sul saldo primario pari, in termini cumulati, a circa l'1,2 per cento del PIL nel triennio 2011-2013; si prevedono interventi «non peggiorativi della pressione fiscale», e «non riduttivi del livello dei servizi alla collettività» bensì finalizzati all'efficienza e all'ottimizzazione dell'impiego delle risorse; ma i provvedimenti anticrisi sono, complessivamente restrittivi, e senza effetti finanziari «netti»; in alcuni casi determinano anche miglioramento dei saldi di finanza pubblica, sia con riferimento al saldo netto da finanziare, sia in termini di indebitamento netto e di fabbisogno; gli interventi sulla finanza locale, con il taglio dell'ICI e con le modifiche introdotte a più riprese sul patto di stabilità hanno determinato una contrazione severa delle risorse a disposizione degli enti decentrati per gli investimenti e per le politiche sociali, con ricadute significative sui servizi e sul benessere delle collettività locali;
considerato che:
la riduzione dell'attività economica, già molto rilevante nel quarto trimestre del 2008 (-2,1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2007) si è ulteriormente aggravata nel primo trimestre del 2009 (-2,6 per cento) con una contrazione dei principali aggregati macroeconomici senza precedenti per intensità e durata;
secondo le stime più aggiornate della Banca d'Italia, la perdita cumulata del PIL al primo trimestre del 2009, pari a -5,9 per cento in termini reali, è già largamente superiore alle contrazioni registrate nelle due più severe recessioni dell'economia italiana del dopoguerra, quelle del 1974-75 e del 1992-93, in corrispondenza, rispettivamente, della prima crisi petrolifera e di quella valutaria, quando la flessione cumulata del PIL risultò pari al -3,8 per cento nella crisi del 1974-1975 e -all'1,9 per cento in quella del 1992-93;
permane elevata l'incertezza circa i tempi e l'intensità della ripresa della domanda interna, su cui pesa il rischio di un ulteriore peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro;
nell'attuale fase congiunturale è il settore industriale quello che ha risentito con maggiore rapidità degli effetti dell'andamento negativo del ciclo; la crisi industriale è più ampia e intensa che in passato, con una diminuzione cumulata del valore aggiunto del settore sinora pari a quasi il -17 per cento, contro il -14 e il -5 per cento segnati, rispettivamente, alla metà degli anni settanta e nei primi anni novanta; fra aprile 2008 e marzo 2009 l'indice della produzione industriale è sceso ai livelli del 1987, una riduzione senza precedenti anche in occasione di altre gravi crisi economiche;
il drastico calo della domanda nei principali mercati di sbocco dell'economia italiana ha determinato una forte contrazione delle esportazioni (-21,4 per cento in volume al primo trimestre del 2009, rispetto alla fine del 2007); il Governo, nel

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DPEF, in un quadro di generale deterioramento dei conti con l'estero, segnala una dinamica di crescita delle esportazioni più accentuata al sud; in contrasto rispetto ai dati dei più autorevoli centri studi, come la Svimez, che segnala che il Mezzogiorno, che nel corso dell'anno 2008, aveva incrementato la propria quota dall'11,4 per cento all'11,7 per cento del totale delle esportazioni nazionali, nell'ultimo trimestre dell'anno ha subìto un crollo del 20,8 per cento;
la riduzione della spesa delle famiglie si manifesta in una forte diminuzione dei consumi di beni durevoli e semidurevoli e della spesa corrente e perfino in una contrazione dei consumi alimentari;
i dati sulle forze di lavoro e sulle ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni, aggiornati rispettivamente a marzo e a giugno, mostrano un preoccupante deterioramento del mercato del lavoro: il DPEF registra un aumento della cassa Integrazione Guadagni nel primo semestre 2009 del 282,3 per cento rispetto al primo semestre 2008 e prevede un aumento del tasso di disoccupazione sia nel 2009 (+8,8 per cento) che nel 2010 (8,9 per cento);
contrariamente a quanto affermato dal Governo nel DPEF, la recessione economica che dalla fine del 2008 ha interessato l'economia nazionale, si sta manifestando con particolare intensità nelle aree deboli del paese, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno, con gravi ricadute in particolare sul mercato del lavoro meridionale, con brusche riduzioni dell'occupazione, contestuali incrementi del tasso di disoccupazione e conseguente contrazione dei redditi da lavoro delle famiglie; tra gennaio 2008 e gennaio 2009 si sono persi al Sud 114 mila posti di lavoro: molti tra questi lavoratori, precari e a termine, sono privi della copertura del sistema di ammortizzatori sociali; in un area dove lavora appena il 44 per cento della popolazione in età di lavoro, e le donne che lavorano sono meno di 3 su 10, questo configura una situazione di potenziale emergenza sociale;
sul fronte del credito bancario secondo l'Indagine trimestrale sul credito bancario nell'area dell'euro (Bank Lending Survey) nell'ultimo periodo si registra un'ulteriore restrizione dei criteri di erogazione dei prestiti alle imprese, con incremento dei margini applicati e riduzione delle quantità erogate; i provvedimenti adottati dal Governo per favorire un migliore accesso al credito del settore produttivo si sono pertanto rivelati, di fatto, inefficaci, mentre cresce la domanda delle imprese di prestiti per operazioni di ristrutturazione del debito a fronte di una ridotta disponibilità di fonti di finanziamento alternative;
l'inflazione armonizzata al consumo si porterebbe allo 0,8 per cento nella media
del 2009, quasi tre punti percentuali in meno rispetto al 2008; dopo aver toccato un minimo nel terzo trimestre per effetto del confronto del livello dei prezzi energetici con quello di un anno prima, l'inflazione comincerebbe a riportarsi gradualmente verso valori più elevati; al netto della componente energetica, l'indice aumenterebbe dell'1,7 per cento, contro il 2,9 per cento dell'anno scorso; la Banca d'Italia segnala che nel 2010, con il rafforzamento delle quotazioni delle materie prime, i prezzi al consumo potrebbero crescere fino all'1,6 per cento (anche al netto della componente energetica);
la marcata riduzione della produttività del lavoro induce una forte accelerazione del costo del lavoro per unità di prodotto, che nel settore privato tende a raggiungere un ritmo di crescita superiore al 6 per cento;
le prospettive restano molto incerte: a fronte di una perdurante debolezza del ciclo economico, le imprese italiane potrebbero attuare, a partire dalla seconda metà dell'anno, una politica di ancor più deciso ridimensionamento dell'occupazione, che si tradurrebbe in una ulteriore decurtazione della capacità di spesa delle famiglie e in una più forte flessione della domanda interna;

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dall'analisi dei dati di bilancio emerge che sono in crescita tutte le voci di spesa corrente mentre non sono state previste risorse aggiuntive per tutti i settori sensibili, tra cui quello, strategico, degli investimenti per opere pubbliche;
dal lato delle entrate, mentre la pressione fiscale non si riduce, il crollo delle entrate sembra essere determinato dall'effetto congiunto della crisi, dall'inefficacia delle misure di sostegno al consumo delle famiglie e dall'indebolimento delle misure per il recupero dell'evasione fiscale;
le misure una tantum, e interventi quali lo scudo fiscale incrementano solo in apparenza il gettito, perché hanno un impatto strutturalmente negativo in termini di diffusa incertezza sulle regole e incentivano comportamenti devianti da parte dei contribuenti;
constatato che:
nel testo del DPEF non è chiaro con quali strumenti il Governo intenda conseguire l'aggiustamento strutturale dei conti pubblici né le misure espansive che dovrebbero garantire l'innalzamento del tasso di crescita reale e potenziale dell'economia del paese; il documento di programmazione economica e finanziaria appare gravemente carente; mancano contenuti essenziali, e in particolare:
a) l'individuazione degli strumenti per conseguire gli annunciati obiettivi di sviluppo territoriale, in particolare nel mezzogiorno e nelle aree sottoutilizzate del centro-nord;
b) un quadro definito degli interventi collegati alla manovra di finanza pubblica per il 2010-2013;
valutato che:
gran parte degli oneri connessi alle misure anticicliche adottate dal Governo sono stati compensati mediante tagli, riprogrammazioni e riallocazioni delle risorse nazionali finalizzate in prevalenza allo sviluppo del Mezzogiorno, presenti nel Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS);
gli impieghi delle risorse FAS, sovente non coerenti con le finalità proprie del Fondo, hanno ridotto in misura considerevole l'entità dei fondi da ripartire per le aree sottoutilizzate ed esteso anche al Centro-Nord la possibilità di finanziamento sistematico su fonti vincolate alle politiche di coesione a valere sulle risorse stanziate per il periodo 2008-2012, con implicazioni rilevanti anche sul Quadro Strategico Nazionale 2007-2013, indebolendone significativamente la componente nazionale;
l'area meridionale si trova pertanto a competere, in termini di capacità di assorbimento, con le aree a più alto tasso di sviluppo del Paese che riescono ad attivare una più efficiente programmazione di spesa e più elevati livelli di progettualità, anche in una non favorevole situazione congiunturale;
nelle condizioni prospettate dal DPEF la pressione fiscale non diminuisce, ma sale in una certa misura, e vi sono rischi concreti di consistenti aumenti, in particolare per effetto della compressione delle risorse per i servizi pubblici e dei provvedimenti sulla spesa della sanità regionale, i cui tagli potrebbero essere recuperati attraverso l'aumento dei tributi trasferiti;
il forte declino delle politiche di coesione, sta accrescendo progressivamente la sperequazione nella distribuzione del reddito nel paese, mentre il blocco dei consumi e la precarizzazione crescente dei rapporti di lavoro aumenta l'esigenza di incisive politiche sociali;
l'esiguità delle risorse aggiuntive mobilitate per contrastare la crisi, in particolare per finanziare gli investimenti in infrastrutture e per incentivi al sistema produttivo nelle aree più deboli e incise dalla crisi appare difficilmente sostenibile sia dal punto di vista economico che sociale
le politiche varate dal Governo sul lavoro sono state del tutto decontestualizzate e inadeguate, laddove, ad esempio, di

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fronte ad una crisi economica internazionale che in Italia sta avendo pesanti ripercussioni sul mercato del lavoro il Governo ha varato la norma sulla detassazione degli straordinari a fronte di migliaia di lavoratori che in questo anno hanno perso o rischiano di perdere il posto di lavoro; anche l'ipotesi, prevista dal decreto-legge 78/2009, attualmente all'esame delle Camere, di corrispondere, in un'unica soluzione, al lavoratore le mensilità di cassa integrazione o di indennità di disoccupazione per l'avvio di una attività autonoma si configura come una misura del tutto irrealistica, in fase in cui, peraltro, le piccole e medie imprese risultano essere le più colpite dalla crisi economica in atto;
con particolare riguardo agli ammortizzatori sociali l'Esecutivo ha scelto un intervento parziale e frammentato, in luogo di una manovra complessiva e, di fronte ad una crisi economica che sta mettendo a dura prova soprattutto le piccole e medie imprese, non ha affrontato il problema principale, vale a dire il prolungamento della cassa integrazione ordinaria dalle attuali 52 a 104 settimane, per un periodo, dunque, tale da coprire il lasso di tempo giudicato critico da tutti i maggiori organismi internazionali;
i provvedimenti proposti dal Governo, inoltre, non prevedono alcuna misura di supporto in favore dei lavoratori precari che, come autorevolmente richiamato dal Governatore della Banca d'Italia, rischiano di essere totalmente esclusi da ogni forma di sostegno del reddito in caso di licenziamento. Dalle tabelle elaborate dalla Banca d'Italia su dati Istat, emerge che, in caso di perdita del lavoro tra coloro che rimarrebbero senza alcun tipo di sostengo al reddito, ci sarebbero 800 mila lavoratori autonomi parasubordinati (diversi dai collaboratori), la grande maggioranza dei quasi 400 mila collaboratori e quasi 700 mila lavoratori a tempo determinato e interinali; a tale riguardo le norme previste dal decreto legge 185/2009, risultano pertanto totalmente inadeguate e poco più che irrisorie a fronte anche dell'esiguo numero delle domande presentate pari a circa 1.800 persone;
per quanto riguarda i precari della pubblica amministrazione, il Governo ha proceduto al blocco del processo di stabilizzazione previsto dalle leggi finanziarie varate nel corso del Governo Prodi relative agli anni 2007 e 2008 e le misure proposte dal decreto legge 78/2009, in fase di approvazione, seppur apprezzabili, rimangono però ancora del tutto insufficienti alla luce, comunque, dei vincoli attualmente vigenti introdotti dal decreto legge 26 giungo 2008, n. 112, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, laddove le limitazioni contenute in ordine al il turn over ed i vincoli finanziari ivi stabiliti, non consentono di procedere alla reale stabilizzazione della platea degli aventi diritto; l'equiparazione delle società a partecipazione pubblica con le amministrazioni dello Stato per quanto riguarda le assunzioni di personale, previsto dal decreto legge n. 78/2009, determineranno il blocco del processo di stabilizzazione dei lavoratori precari già stabilito in sede di contrattazione;
il Governo, inoltre, ha proceduto ad una consistente revisione del testo del decreto legislativo 81/2008 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, approvato nel corso della precedente legislatura, le cui modifiche proposte, hanno indotto anche l'autorevole intervento del Presidente della Repubblica, oltreché il parere contrario delle regioni, di cui ancora non si conosce il testo definitivo, laddove si prevede, tra l'altro, la deroga anche agli principi attualmente vigenti del codice civile in termini di responsabilità in caso di incidenti sul luogo di lavoro, delimitandone l'applicabilità ad esclusivo vantaggio dei datori di lavoro, dirigenti, operatori ed altri a scapito di altri soggetti tra i quali, in primo luogo, i lavoratori;
particolarmente grave la proposta, in corso di approvazione, dell'innalzamento dell'età pensionabile delle donne nella Pubblica Amministrazione, del tutto priva di un confronto diretto sia con le

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parti sociali che con il Parlamento: mai una riforma di tale importanza era stata introdotta tramite emendamento del Governo ad un decreto-legge. La sentenza della Corte di Giustizia Europea, alla quale comunque dobbiamo ottemperare, è stata utilizzata in maniera strumentale per introdurre un sistema rigido per le lavoratrici, in luogo di una flessibilità che tenga conto anche delle loro condizioni reali, dal tempo di lavoro che hanno alle spalle, dal lavoro che stanno svolgendo e dalle condizioni in cui è svolto, dalle scelte di vita e dalle condizioni di reddito. La previsione delle nuove disposizioni non può tradursi in un peggioramento della condizione di vita delle donne, laddove tali misure non siano accompagnate dal sostegno all'accesso al mercato del lavoro, a pari condizione di salario e carriera nonché a misure volte a favorire la conciliazione tra i tempi di cura e tempi di lavoro,
esprime

PARERE CONTRARIO

«Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru».