CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 8 luglio 2009
199.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-00470 Gozi: Sulla realizzazione di dieci nuovi centri di identificazione e di espulsione (ex CPT).

TESTO DELLA RISPOSTA

Signor Presidente, On.li Colleghi,
il Ministero dell'Interno, nello svolgimento delle proprie funzioni di contrasto all'immigrazione clandestina, si ispira all'esigenza di tutelare la legalità e la sicurezza dei cittadini, senza mai trascurare il rispetto dei diritti fondamentali delle persone.
L'individuazione, la realizzazione e la gestione dei Centri di identificazione ed espulsione (CIE) è improntata proprio a tali principi, in linea anche con le conclusioni della Commissione presieduta dall'ambasciatore De Mistura.
La direttiva ministeriale, emanata in seguito ai lavori della Commissione, ha trovato una compiuta attuazione, soprattutto attraverso la ristrutturazione e la riqualificazione della maggior parte dei Centri a quel tempo funzionanti, proprio al fine di migliorare ogni possibile aspetto della permanenza presso tali strutture dei cittadini stranieri in attesa di esecuzione dell'espulsione.
In Sicilia, il Comune e la Provincia di Ragusa hanno concordato di riconvertire la struttura che ospitava l'ex CPTA a Centro polifunzionale dell'immigrazione per il sostegno delle attività di inserimento e di raccordo degli immigrati con il territorio, anche avvalendosi del supporto di organizzazioni internazionali quali l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), la Croce Rossa Italiana (CRI), l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).
Sempre recependo le proposte della Commissione De Mistura, è stata ampliata la tipologia dei soggetti autorizzati ad accedere ai Centri per immigrati, ricomprendendovi anche i rappresentanti degli Enti Locali, delle Agenzie umanitarie e i rappresentanti degli organi di stampa e dei mezzi di comunicazione, nazionali e internazionali.
In linea generale, il Ministero dell'interno è costantemente impegnato in una attenta e scrupolosa attività di controllo e vigilanza sulle condizioni di vivibilità all'interno delle strutture per immigrati, affinché l'intero sistema gestionale sia improntato al rigoroso rispetto delle disposizioni vigenti e degli standard qualitativi e quantitativi fissati dalle direttive ministeriali diramate e, peraltro, recentemente rivisitate con il nuovo schema di Capitolato unico di appalto per la gestione dei Centri per immigrati, approvato con decreto del Ministro dell'Interno del 21 novembre 2008.
Con esso sono state introdotte una serie di modifiche volte a far sì che l'organizzazione delle strutture sia improntata - secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa - a sempre maggiori standard di qualità, economicità ed efficienza il più possibile omogenei e verificabili mediante l'introduzione di un sistema di «audit», che prevede il monitoraggio e il controllo di tutta l'attività assistenziale che fa capo all'Ente gestore.
Tale monitoraggio è finalizzato, in particolare, ad assicurare che agli ospiti dei centri siano garantiti: il rispetto delle diverse appartenenze culturali, etniche, religiose e linguistiche; una adeguata assistenza socio-sanitaria, l'informazione legale (anche usufruendo del gratuito patrocinio), la mediazione culturale, nonché

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ottimali standard nelle prestazioni e nei servizi resi alla persona (igiene personale, vitto, lavanderia, eccetera), ai fini di una decorosa permanenza nella struttura.
Questa recente rimodulazione del capitolato di appalto ha permesso di garantire più elevati livelli di accoglienza in tutte le strutture per immigrati presenti sul territorio, potenziando i servizi alla persona in relazione alle effettive necessità degli ospiti e alla particolare tipologia del centro, in un'ottica di contenimento delle spese.
In tale contesto, va vista, ad esempio, la differenziazione del servizio di assistenza sanitaria nei centri di primo soccorso, caratterizzati, tendenzialmente, da una permanenza breve dell'ospite, rispetto ai centri di più lunga permanenza, dove hanno molto più peso la prospettiva prognostica, in caso di accertata malattia, oppure, più genericamente, le necessità di cura, di prevenzione, di diagnosi e quant'altro si coniughi alla ordinaria tutela della salute.
Allo stesso modo, si è tenuto conto della sostanziale differenza di esigenze da soddisfare tra le varie tipologie di Centri anche per altri servizi, come la mediazione linguistica, l'assistenza generica ai minori ed altre forme di assistenza.
In generale, non si è mancato di prestare la dovuta attenzione affinché i servizi erogati a tutti gli ospiti fossero sempre improntati al massimo rispetto della dignità e dei diritti della persona.
Altro aspetto rilevante, sul quale si è intervenuti nella revisione del Capitolato, ha riguardato la determinazione del prezzo dell'appalto, effettuata non più con esclusivo riferimento al costo pro-die/pro-capite, ma al costo del servizio su base annua.
L'impegno profuso dal Ministero dell'interno è volto anche ad evitare che si verifichino situazioni di promiscuità. Ricordo che in attuazione di una direttiva interministeriale del Ministro della giustizia e del Ministro dell'interno - con la quale sono state individuate procedure standardizzate finalizzate ad effettuare l'identificazione dello straniero detenuto direttamente in carcere - sono state avviate diverse iniziative per limitare o evitare il trattenimento nei Centri di identificazione ed espulsione degli stranieri al termine della pena.
Quanto agli altri paventati rischi di promiscuità, va assolutamente evidenziato che, in tutti i casi in cui nella medesima località vengono istituiti centri di diversa natura - i cosiddetti centri polifunzionali - si tratta sempre e comunque di strutture distinte e autonome l'una dall'altra, che occupano spazi separati con estensione ed ambienti diversi (ad esempio numero di fabbricati, disposizione dei locali interni, recettività alloggiativa diversa, eccetera). Ricordo che nei CIE sono presenti solo individui adulti e sottoposti a regime di trattenimento, mentre gli stranieri ospitati nei CARA possono allontanarsi durante il giorno. Particolare attenzione viene rivolta alle condizioni dei minori - categoria non espellibile - e dei nuclei familiari.
Per assicurare la funzionalità delle procedure di espulsione e garantire il ritorno nei Paesi d'origine degli stranieri in posizione irregolare, il Governo ha avviato un piano straordinario di ampliamento della ricettività dei centri di identificazione ed espulsione esistenti.
Nei mesi scorsi - in relazione all'eccezionalità degli sbarchi lungo le coste italiane - si è dovuto intervenire inserendo nell'ambito del decreto-legge n. 151, del 2 ottobre 2008, recante «Misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina», una disposizione che ha consentito di procedere immediatamente all'ampliamento della ricettività di 1.000 posti e ad avviare l'iter per l'individuazione e la realizzazione di nuovi centri di identificazione ed espulsione.
Inoltre, il disegno di legge in materia di sicurezza pubblica, approvato la scorsa settimana da parte del Parlamento, prevede il prolungamento del periodo di trattenimento sino ad un massimo di 180 giorni (in linea con la nuova direttiva europea sui rimpatri) al fine di consentire

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maggiori margini di tempo per il completamento delle operazioni necessarie al rimpatrio.
Quanto all'esigenza di un maggior numero di posti per il trattenimento, evidenzio che nelle province che non sono sedi di CIE, a fronte di 16.096 posti richiesti dalle Questure nei primi sei mesi del 2008, ne sono stati assegnati 2.750; nel corso dello stesso periodo del corrente anno, invece, a fronte di 16.335 posti richiesti, ne sono stati assegnati 3.200.
Alla luce del quadro descritto, l'eventuale istituzione di nuovi CIE risponderebbe, pertanto, anche ad una obiettiva esigenza operativa.
Quanto alle sedi ove sorgeranno le nuove strutture, nell'ottica di pervenire ad una più omogenea distribuzione delle stesse, è stata avviata una intensa attività di studio e di ricerca, con una prima valutazione sulla idoneità degli immobili, delle aree libere o con fabbricati, indicati dall'Agenzia del Demanio, nell'ambito delle regioni nelle quali non sono, al momento, operativi centri di identificazione e di espulsione.
Le caratteristiche dei siti sono oggetto della massima attenzione: si stanno valutando anche gli eventuali vincoli di natura archeologica o paesaggistica, nonché l'attuale destinazione d'uso degli immobili.
Preciso che per la scelta delle sedi verranno comunque sentite sia le regioni che gli enti locali interessati.

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ALLEGATO 2

5-00204 Siragusa: Sul campo rom della Favorita a Palermo.

TESTO DELLA RISPOSTA

Signor Presidente, On.li Deputati,
riferisco sulla base delle informazioni acquisite presso il Comune di Palermo, per il tramite della locale Prefettura.
Com'è noto la comunità rom presente sul territorio di Palermo è attualmente stanziata in un'area situata all'interno del Parco della Favorita. Il campo, non autorizzato, ospita 51 nuclei familiari, per un totale di circa 280 persone provenienti in prevalenza da Kosovo, Montenegro e Belgrado. Tale insediamento risulta in contrasto sia con le norme allegate al decreto istitutivo della Riserva della Favorita, sia con quelle fissate dal Piano d'uso. Difatti l'area sulla quale sorge il Parco della Favorita è sottoposta sia a vincolo paesaggistico (D.A. n. 117 del 14 dicembre 1981) sia a vincolo monumentale (Regio decreto n. 1795 del 4 ottobre 1926).
L'esigenza di individuare un sito adatto alla realizzazione di un campo per la comunità rom è stata affrontata dall'Amministrazione Comunale fin dal 1997, attraverso una proposta di variante al piano regolatore generale, con la quale venivano indicate tre aree, ritenute successivamente non più idonee.
Anche un fondo rustico di 41.227 mq., confiscato alla mafia, è risultato non idoneo per le particolari caratteristiche orografiche della zona.
Negli anni successivi il Comune di Palermo ha redatto un elenco di aree potenzialmente idonee, scelte tra quelle acquisite a seguito di confisca alla criminalità organizzata; le aree individuate, tuttavia, sono risultate non idonee dal Servizio di Protezione Civile del Comune per motivi concernenti la tipologia e l'estensione delle stesse.
La necessità di individuare un sito all'interno del quale realizzare il nuovo campo nomadi è stata affrontata di recente in due diverse riunioni di una Conferenza di servizi appositamente istituita, tenute presso il Comune di Palermo rispettivamente il 10 marzo e il 22 giugno scorsi, alla presenza dei responsabili dei vari Settori dell'Amministrazione Comunale.
In tali sedi è stata ribadita la volontà del Comune di liberare l'area della Real Tenuta della Favorita e di individuare un sito alternativo, all'interno del quale realizzare il nuovo insediamento. È stata individuata un'area di 11.008 mq., situata presso il parco Ciaculli, che potrebbe rispondere alle caratteristiche richieste, ma solo per un'accoglienza transitoria.
Attualmente sono in corso tutte le verifiche per accertare l'idoneità del sito dal punto di vista igienico-sanitario, della destinazione urbanistica e della presenza di eventuali vincoli paesaggistici.
In attesa di trovare una nuova destinazione, i servizi primari (rifornimento idrico, energia elettrica, raccolta dei rifiuti) necessari ad assicurare adeguate condizioni igienico-sanitarie alla comunità rom stanziata nell'area del Parco della Favorita sono attualmente garantiti dall'Amministrazione Comunale, che, attraverso il Settore Servizi Socio-Assistenziali, opera inoltre un costante monitoraggio sulle condizioni di vita dei rom.
Sono stati altresì avviati percorsi di integrazione che hanno portato alla scolarizzazione di quasi tutti i minori.

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ALLEGATO 3

5-00789 Siragusa: Su un avviso orale del questore di Palermo nei confronti di un sindacalista.

TESTO DELLA RISPOSTA

Signor Presidente, On.li Deputati,
il 12 novembre 2008, l'esponente sindacale citato dalla S.V. On.le ha rivolto istanza al Questore di Palermo per ottenere la revoca dell'avviso orale in precedenza notificatogli ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 1423 del 1956, come modificata dalla legge n. 327 del 1988.
Tale provvedimento era stato fondato sul fatto che l'interessato, tra il maggio 2006 ed il luglio 2008, aveva promosso, organizzato e diretto manifestazioni pubbliche senza darne preventiva comunicazione agli organi competenti, contravvenendo alle disposizioni di legge di cui all'articolo 18 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, che impongono ai promotori di riunioni in luogo pubblico l'obbligo di darne, nel termine di tre giorni, comunicazione scritta al Questore della provincia ove la manifestazione stessa viene organizzata.
Va innanzitutto evidenziato che, successivamente ai fatti oggetto dell'interrogazione, il Sig. Milazzo si è reso protagonista in altre due occasioni di inosservanza delle normative che disciplinano lo svolgimento di manifestazioni in luoghi pubblici: rispettivamente il 5 febbraio ed il 23 maggio del 2009.
Seppure le reiterate violazioni compiute dal Milazzo non sono mai sfociate in atti violenti, occorre tener presente che le norme violate sono funzionali alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza.
Inoltre, da quanto riferito dalla Questura di Palermo, nel corso di alcune di tali manifestazioni l'interessato si sarebbe reso responsabile di altre illegalità, quali l'occupazione di edifici pubblici, l'interruzione di pubblici servizi e il rifiuto di obbedienza all'ordine di scioglimento di riunione pubblica intimato dall'Autorità di P.S.
La gravità dei comportamenti tenuti in relazione alla reiterazione delle violazioni - otto violazioni dell'obbligo del preavviso in poco più di due anni, a cui vanno aggiunti i due ulteriori episodi sopracitati -, hanno indotto il Questore di Palermo ad adottare, in via preventiva, i provvedimenti dissuasivi previsti dall'ordinamento giuridico, applicando la misura di prevenzione dell'avviso orale.
La richiesta di revoca del provvedimento, in ogni caso, è stata sottoposta ad accurato esame e, non ravvisandosi ragioni per riconsiderare la fondatezza giuridica, l'opportunità e l'indifferibilità del provvedimento monitorio, è stata rigettata dal Questore con decreto adeguatamente motivato in relazione alle singole obiezioni mosse dall'interessato.
Va tenuto conto, peraltro, che alcune delle manifestazioni organizzate dal sindacalista hanno riguardato temi difficilmente inquadrabili nel sostegno agli appartenenti alle classi deboli palermitane: ad esempio quelle inscenate dopo la sentenza di condanna emessa nei confronti dell'ex Presidente della Regione Siciliana, o quelle per protesta contro la presenza nel porto di una nave militare statunitense; o, ancora, il corteo di protesta dopo lo sgombero coattivo effettuato dalle Forze dell'ordine, di un immobile pubblico occupato abusivamente da appartenenti all'area anarchica.
Pertanto, l'antigiuridicità delle condotte in argomento è stata ricondotta proprio al

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fatto stesso che, in ogni occasione, il predetto, promotore di tali riunioni pubbliche, ha omesso di procedere al prescritto preavviso all'Autorità di pubblica sicurezza, in palese violazione della disposizione penale dell'articolo 18 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
In casi come questo all'Autorità di pubblica sicurezza compete ogni apprezzamento sulla pericolosità del soggetto che, ai fini della applicazione dell'avviso orale, può legittimamente essere desunta da una valutazione dei fatti operata in maniera disgiunta e del tutto autonoma rispetto alle determinazione dell'Autorità Giudiziaria.
La norma in questione, inoltre, disciplina un'ipotesi di reato di natura contravvenzionale, per la quale risulta superflua qualsiasi indagine circa la qualificazione da attribuire all'elemento soggettivo, essendo sufficiente la volontarietà della condotta a prescindere dalla circostanza che la stessa sia stata posta in essere con dolo o colpa da parte dell'agente.
Quanto ai tempi di decisione e di notifica del rigetto dell'istanza di riesame, evidenzio che quest'ultima è stata presentata l'11 novembre 2008; è stata acquisita il giorno successivo dall'archivio della Questura ed immediatamente posta all'attenzione del Questore, attesa la delicatezza della questione.
Alla fase istruttoria, in cui sono state attentamente valutate le eccezioni mosse dall'esponente sindacale, è seguita, in data 5 dicembre 2008, la predisposizione del motivato provvedimento di rigetto, che, inviato l'11 dicembre successivo al competente Commissariato di pubblica sicurezza, - tenendo presente, al riguardo, il carattere festivo dei giorni 7 ed 8 dicembre - è stato da tale Ufficio notificato all'interessato non appena possibile, alle ore 17,45 dello stesso 11 dicembre.
Lo svolgimento temporale del relativo procedimento, pertanto, ha seguito una sua regolarità, senza improvvise accelerazioni e/o periodi di ingiustificata inattività.
Peraltro, la notifica di un provvedimento di tale natura non può certamente comportare una «delegittimazione» del Sig. Milazzo nella sua veste di dirigente sindacale, tenuto conto, soprattutto, dell'assoluta riservatezza con cui il provvedimento gli è stato consegnato.
In conclusione, nella vicenda in esame non è stato mai oggetto di contestazione l'impegno sociale dell'esponente sindacale, così come mai il predetto è stato considerato soggetto violento: oggetto di puntuale contestazione è stata, invece, la oggettiva e reiterata inosservanza di norme a tutela dell'ordine pubblico che possono assumere connotazioni di gravità diverse a seconda del contesto territoriale.
In particolare nel capoluogo siciliano - pressoché quotidianamente interessato dalla contemporanea e contestuale presenza di manifestazioni incentrate su tematiche anche tra loro diverse - è fondamentale poter contare sulla piena e totale conoscenza preventiva degli avvenimenti da parte delle Autorità di P.S., al fine di poter formulare opportune valutazioni sulla necessità di adottare eventuali provvedimenti volti ad evitare che partecipanti a manifestazioni diverse possano interagire violentemente, con conseguenze dannose per l'ordine pubblico.

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ALLEGATO 4

5-00135 Grimoldi: Sulla carenza di organico del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco.

TESTO DELLA RISPOSTA

Signor Presidente, On.li Deputati,
l'adeguatezza delle dotazioni e delle risorse del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco costituisce una delle priorità del Governo, nella convinzione del fondamentale ruolo che il Corpo svolge da sempre nel più ampio sistema del soccorso pubblico, della difesa e della protezione civile. E lo straordinario impegno profuso nelle recenti vicende del sisma che ha colpito l'Abruzzo - a cui ha fatto seguito l'abnegazione ancora una volta dimostrata in occasione della tragedia di Viareggio - è solo l'ultima delle testimonianze.
Rispetto alle questioni sollevate nell'interrogazione, desidero preliminarmente evidenziare che il Governo - con le risorse finanziarie disponibili stanziate dal decreto legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 - intende procedere alla progressiva copertura del turn over, anche mediante procedure di stabilizzazione.
Al riguardo, fin dall'ottobre scorso è stata avviata l'assunzione di circa 1.300 nuove unità, che saranno a breve immesse in servizio nei Comandi Provinciali che risultano maggiormente deficitari. Ciò consentirà una prima riduzione delle carenze a circa 2.000 unità, rispetto alle quali il Governo è impegnato nel progressivo, ulteriore ripianamento degli organici.
L'assegnazione del nuovo personale avverrà nell'ambito di un progetto di potenziamento delle sedi operative. Attraverso tale progetto, tenendo conto della situazione complessiva dei Comandi Provinciali sul territorio, si potenzieranno soprattutto le aree settentrionali, ove maggiormente si è verificata una temporanea carenza di dipendenti nelle qualifiche operative di Capo Squadra e Capo Reparto, venutasi a creare in attesa della conclusione dei relativi concorsi interni.
Il raggiungimento di tale obiettivo, pertanto, consentirà nelle sedi del Nord di ridurre sensibilmente le carenze di personale operativo, portandole ad una misura sostanzialmente in linea con la media nazionale.
Quanto alle procedure di reclutamento, preciso che, ad oggi, il personale dei Vigili del Fuoco viene effettivamente reclutato a livello centrale. Tuttavia, si sta valutando, presso il Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, la possibilità concreta di decentrare tali procedure, in attuazione di uno specifico principio stabilito dall'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tale decentramento rappresenterebbe, comunque, uno strumento concorrente, e non esclusivo, per favorire il raggiungimento dell'obbiettivo del ripianamento effettivo delle carenze organiche, atteso che i vincitori dei concorsi che si svolgono su scala nazionale vengono già preferibilmente destinati nelle sedi più carenti.
Ma anche per ciò che riguarda i nuovi entrati, al fine di assicurare un più stretto legame del personale operativo dei Vigili del Fuoco con il territorio, è stata inserita nel regolamento della disciplina delle modalità di svolgimento del concorso pubblico per l'accesso al ruolo dei vigili del fuoco una specifica disposizione che prevede, per i vincitori, la permanenza nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni, in conformità a quanto previsto dall'articolo 35, comma 5-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

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ALLEGATO 5

5-00995 Fiano: Sullo scioglimento del Consiglio comunale di Arconate.

TESTO DELLA RISPOSTA

Signor Presidente, On.li Deputati,
Il Consiglio comunale di Arconate (Milano), rinnovato nelle consultazioni elettorali del 28 maggio 2006, risultava composto da sedici membri, oltre il Sindaco.
In data 10 novembre 2008, undici consiglieri comunali sui sedici assegnati hanno rassegnato contemporaneamente le dimissioni al protocollo dell'Ente, venendosi così a creare la condizione prevista dall'articolo 141, 1o comma, lettera b) del Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli Enti locali, approvato con il decreto legislativo n. 267 del 2000.
Com'è noto, le dimissioni ultra dimidium dalla carica di consigliere comunale, contrariamente ad altre cause di scioglimento dei consigli comunali e provinciali (come ad esempio la mozione di sfiducia ai sensi dell'articolo 52 del citato Testo Unico), non necessitano di motivazione né di presa d'atto. Inoltre, sono irrevocabili ed immediatamente efficaci.
Pertanto, è stata conseguentemente valutata l'ipotesi che il consiglio comunale di Arconate fosse sciolto e fosse nominato un Commissario Straordinario per la provvisoria gestione del Comune, cosa che è avvenuta con Decreto del Presidente della Repubblica, in data 28 novembre 2008.
In un primo momento, con decreto del Prefetto di Milano, in data 11 novembre 2008, il predetto Consiglio era stato sospeso.
A seguito delle consultazioni elettorali del 6 e 7 giugno 2009, il Senatore Mario Mantovani è stato proclamato eletto Sindaco del Comune di Arconate, avendo ottenuto il 65,79 per cento dei voti utili.
In merito ai quesiti posti nell'interrogazione, evidenzio che la fattispecie derogatoria di cui all'articolo 51, comma 3, del Testo Unico non lascia dubbi interpretativi: come nel caso specifico, la possibilità di un terzo mandato amministrativo per un sindaco e per un presidente della provincia sussiste proprio esclusivamente nell'ipotesi che uno dei due mandati precedenti abbia avuto una durata inferiore a due anni, sei mesi ed un giorno, come avvenuto ad Arconate.
L'effetto derogatorio in argomento non può operare solo laddove l'interruzione anticipata di uno dei due mandati sia causata dalle dimissioni volontarie del sindaco o del presidente della provincia.
Il legislatore, in sostanza, sembra avere voluto ravvisare la possibilità di elusione del divieto di terzo mandato solo nel caso di dimissioni volontarie dei diretti interessati al divieto medesimo, non anche nell'ipotesi, come nel caso di specie, di dimissioni contestuali della maggioranza dei consiglieri che - è bene ricordarlo - rimane sempre un atto di autonoma ed insindacabile volontà politica, qualsiasi siano le specifiche motivazioni ad esso sottese.
Come ha più volte affermato anche la giurisprudenza, peraltro, l'articolo 51 del Testo Unico pone una norma di «stretta interpretazione», in quanto limitativa del diritto di elettorato passivo, e non è suscettibile di letture ed applicazioni estensive ed analogiche.
La casistica relativa all'applicazione di tale norma è estremamente variegata in connessione alle molteplici situazioni in cui si è manifestata la possibilità di interruzione della «consecutività» dei mandati.
In ognuno di tali casi, comunque, la sussistenza in concreto dell'operatività del divieto è stata valutata alla luce dei suddetti criteri interpretativi ristretti.