CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 30 giugno 2009
195.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione
ALLEGATO
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ALLEGATO

RELAZIONE SULLA MISSIONE SVOLTA IN GRECIA DA UNA DELEGAZIONE DEL COMITATO
(21-22 maggio 2009)

Conformemente a quanto deliberato dall'Ufficio di Presidenza del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia d'immigrazione, giovedì 21 e venerdì 22 maggio 2009 una delegazione del Comitato si è recata in missione in Grecia.
Il primo giorno, giunta ad Atene, la delegazione del Comitato ha incontrato il Vice Ministro degli Esteri Iannis Valinakis, il quale ha inteso evidenziare il livello di collaborazione tra i due paesi, anche nell'ambito della partecipazione a consessi multilaterali come l'Unione europea, nonché il rilievo che la visita assume in un momento particolarmente delicato sul fronte migratorio.
In Grecia, come in Italia, il problema dell'immigrazione clandestina è di dimensioni massicce, aggravato dal particolare momento di sfavorevole congiuntura economica mondiale, e dalla peculiarità geografica della Grecia, costituita da molti complessi insulari, in alcuni casi vicinissimi alle coste della Turchia.
Nel 2008 sono stati ben 150.000 i tentativi di ingresso clandestino in Grecia, in molti casi attraverso l'approdo su isole caratterizzate da bassa densità abitativa, che si sono così trovate a dover affrontare invasioni inadeguate alle proprie dimensioni e strutture di accoglienza.
Si è concordato nel valutare il problema dell'immigrazione clandestina come un problema europeo, non solo quindi dei Paesi direttamente esposti in prima linea, che hanno maturato una particolare sensibilità nei confronti del fenomeno. Recente è infatti l'intesa tra i due Paesi affinché il contrasto dell'immigrazione clandestina venga affrontato nel corso del vertice di giugno del Consiglio Giustizia e Affari interni (GAI).
La delegazione del Comitato ha ricordato la recente missione in Spagna, svolta nel mese di febbraio scorso, cui seguiranno, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche migratorie europee, analoghe visite a Malta e a Cipro, in una visione comune dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, per il miglioramento del contrasto del fenomeno, causato essenzialmente da fattori economici e umanitari.
Il Governo italiano ha iniziato ad utilizzare lo strumento del respingimento per riaccompagnare gli immigrati nei porti libici di partenza, in virtù di un recente accordo tra Italia e Libia, la cui applicazione ha anche sollevato polemiche e contrasti con organismi dell'ONU.
A seguito del recente incontro tra il Presidente Boniver ed il Vice Presidente della Commissione Europea, Jacques Barrot, si è delineata la necessità di una vera collaborazione europea per l'accoglienza, la concessione di asilo politico ed il contrasto dell'immigrazione clandestina, che devono essere affrontati nell'ottica di una strategia comune, in quanto problemi che riguardano l'intera comunità europea.
All'interno del Comitato parlamentare Schengen c'è l'intento di affrontare in modo bipartisan la ricerca di soluzioni al problema dell'immigrazione clandestina, al fine di evitare che il tema, già spinoso, diventi motivo di scontro politico interno, che pregiudicherebbe un adeguato governo del fenomeno.
La missione della delegazione intende rafforzare la collaborazione tra i due

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Paesi, al fine di armonizzarne le iniziative di contrasto all'immigrazione clandestina nell'ambito di un'Europa più coesa politicamente, e più consapevole della dimensione globale del fenomeno migratorio, che non può rimanere a carico dei soli Stati rivieraschi.
Pur non dichiarandosi d'accordo con la politica dei respingimenti, il Vice Ministro Valinakis ha auspicato che la Turchia osservi gli accordi di riammissione e che l'Italia possa cooperare a questo obiettivo. Nel condividere l'esigenza di una maggiore solidarietà comunitaria, ha ricordato la proposta del Primo ministro greco di istituire una vera e propria Guardia costiera europea con il compito di prevenire gli sbarchi degli immigrati clandestini: nel frattempo, occorre implementare la cooperazione tra i Paesi del Mediterraneo, ed in questo senso ha espresso apprezzamento per il contributo assicurato dalla Guardia costiera italiana nelle attività di pattugliamento delle coste insulari vicine alla Turchia. La limitata ricettività delle isole greche sta spingendo il governo a valutare il possibile ricorso ad unità navali da adibire a centri «mobili» di prima accoglienza degli immigrati, anche ai fini di un primo sommario esame di eventuali richieste di asilo.
Nel pomeriggio del 21 maggio la delegazione è poi stata ricevuta dal Vice Ministro dell'Interno Markoiannakis, il quale, dopo avere brevemente richiamato le competenze del suo dicastero, ha evidenziato come il tasso di criminalità nel Paese, pur mantenendosi complessivamente basso, è comunque recentemente aumentato in conseguenza sia della crisi economica che dei crescenti flussi di immigrazione clandestina. Questi ultimi, in particolare, dovuti principalmente alla posizione geografica della Grecia nel Mediterraneo - peraltro simile all'Italia -, hanno portato in pochi anni la quota di immigrati clandestini a circa un milione di persone, ovvero oltre il 10 per cento della popolazione complessiva del Paese: si calcola che il 60 per cento dei reati perpetrati in territorio greco siano commessi da soggetti clandestini, specie da quelli provenienti da aree povere del mondo.
Nonostante i confini greci siano parte della frontiera esterna dell'Unione, manca ancora un efficace approccio europeo comune al problema migratorio: mentre in Grecia sono ormai integrati i cittadini provenienti da paesi limitrofi al confine settentrionale (soprattutto bulgari ed albanesi), i grandi flussi di ingresso illegale nel Paese si verificano dal sud e dall'est, ovvero dall'Africa e dall'Asia, sfruttando la frammentazione del territorio greco nelle moltissime isole, le cui coste sono evidentemente difficili da sorvegliare. Data la breve distanza dalla Turchia, ci si può introdurre in una o più di queste isole anche con imbarcazioni di fortuna: il problema è tanto più grave in quanto, secondo quanto riferito dal Vice Ministro dell'Interno, la Turchia non disincentiva le partenze degli irregolari, ma è piuttosto teatro dell'azione di organizzazioni di trafficanti che lucrano proprio sul transito dei clandestini ed il loro imbarco verso le isole greche più vicine.
La Grecia si attiene agli accordi internazionali vigenti, ed è consapevole che la gestione di questi enormi flussi di ingresso irregolare postula comunque l'esigenza di valutare eventuali richieste di asilo, così come - lungi da ogni atteggiamento xenofobo - non si sottrae ai doveri di soccorso e prima accoglienza. Tuttavia, una volta entrati in territorio greco, i clandestini, ovviamente, non hanno documenti di riconoscimento, così che le difficoltose procedure di identificazione rendono spesso, di fatto, impossibile il rimpatrio: peraltro, anche in presenza di un accordo bilaterale di riammissione, la Turchia non lo applica, così da lasciare alla Grecia l'intero onere della gestione degli irregolari.
Markoiannakis ha quindi rivolto alla delegazione italiana la richiesta di unirsi alla Grecia nelle istanze attraverso le quali investire del problema le autorità europee, che a suo avviso non possono lasciare i Paesi del sud del Mediterraneo da soli nell'affrontare l'emergenza migratoria: l'intera

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Unione europea deve farsene carico, secondo principi di solidarietà e cooperazione.
La delegazione italiana ha sottolineato le analogie riscontrabili tra le questioni migratorie dei due paesi, sia per quanto riguarda l'analisi del fenomeno, sia a proposito dell'esigenza di una maggiore attenzione dell'UE sulle sue frontiere meridionali.
Come già emerso in occasione di un recente incontro che il Presidente del Comitato Schengen ha avuto con il Vice Presidente della Commissione europea, Barrot, occorre porre in essere adeguate forme di burden-sharing tra gli Stati membri dell'Unione europea affinché non siano i soli Paesi del mediterraneo meridionale ad assumere l'intero onere del respingimento degli immigrati illegali e dell'accoglimento dei richiedenti asilo: bisogna, insomma, «comunitarizzare» oneri e mezzi di contrasto all'immigrazione clandestina, anche se trattasi di un obiettivo di non agevole conseguimento. In ogni caso, poiché l'Europa finora si è fatta carico solo occasionalmente del problema (ad esempio, con la proposta di direttiva sui rimpatri), la delegazione ha condiviso la necessità di un forte impulso politico unitario da parte dei paesi del mediterraneo meridionale (Italia, Grecia, Malta e Cipro), finalizzato ad ottenere in sede europea maggiore attenzione, anche attraverso la rivisitazione del quadro normativo e della disponibilità dei fondi finanziari destinati alla gestione dell'immigrazione.
Sotto il profilo giuridico, infatti, è stata rilevata la contraddizione derivante dal fatto che, mentre il diritto comunitario non consente il ricorso a regolarizzazioni di massa, non permette neppure l'attivazione di strumenti idonei a rimpatri di massa: ciò spiega la presenza, sul territorio dell'Unione, di un numero di clandestini che si stima tra 12 e 14 milioni di persone, ma anche l'enorme difficoltà delle operazioni di rimpatrio. Su quest'ultimo punto la delegazione, riscontrando il conforme avviso del Vice Ministro greco, ha espresso l'auspicio che in sede comunitaria si avvii quanto prima una appropriata riflessione circa la natura ed i reali poteri oggi conferiti all'Agenzia per la gestione delle frontiere esterne dell'Unione, FRONTEX, che potrebbe espletare funzioni più incisive. Peraltro, una politica europea solidale ed intransigente nei confronti della clandestinità deve coniugarsi con il doveroso rispetto dell'immigrazione legale, che porta un prezioso contributo all'economia ed al mercato del lavoro dell'Unione.
La mattina di venerdì 22 maggio la delegazione è stata ricevuta dal Vice Presidente del Parlamento greco, Nerantzis, con il quale il Presidente Boniver, nel sottolineare l'intesa bilaterale tra i due paesi, ha condiviso un approccio comune e sostanzialmente bipartisan nell'analisi del fenomeno migratorio e nella sua individuazione quale priorità assoluta nell'agenda politica delle rispettive istituzioni parlamentari: l'Italia e la Grecia chiedono che sia l'Europa ad esperire soluzioni concertate e pragmatiche, ed in questo senso giudicano favorevolmente sia l'iniziativa comunitaria volta ad istituire un vero e proprio ufficio europeo per l'asilo, sia l'ipotesi di creare una struttura per richiedenti asilo nei paesi di transito come la Libia.
Anche nelle azioni di contrasto all'immigrazione clandestina occorre una politica europea comune basata sulla solidarietà e sulla cooperazione con i paesi di provenienza dei flussi, in quanto si tratta di un impegno molto gravoso che non si può lasciare a singoli Stati, che pure devono difendere la propria sovranità.
Nel corso dell'incontro il Vice Presidente del Comitato Schengen, onorevole Strizzolo, ha portato il saluto dell'associazione interparlamentare di amicizia italo-greca, di cui è Vice Presidente, unendosi all'auspicio che l'Europa possa mettere presto in campo piani e programmi di azione comune per una gestione del fenomeno migratorio che sappia contemperare le esigenze di sicurezza con quelle, altrettanto primarie, del rispetto dei diritti umani dei migranti.
Successivamente, la delegazione del Comitato ha incontrato una ampia rappresentanza

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della Commissione parlamentare Pubblica amministrazione, ordine pubblico e giustizia del Parlamento greco.
È stata ribadita l'esigenza di un approccio comunitario al fenomeno migratorio: il 47 per cento degli ingressi illegali in Europa avviene dalle frontiere meridionali, specialmente attraverso le isole. È stata sottolineata l'importanza di giungere quanto prima alla realizzazione dell'Ufficio europeo per l'asilo, delineato nel Patto europeo adottato dal Consiglio dello scorso ottobre 2008, la cui adozione la Grecia sostiene senza riserve.
Le iniziative politiche portate avanti da Italia, Grecia, Malta e Cipro saranno tenute in considerazione nell'ambito della predisposizione del Programma di Stoccolma, che sui temi migratori seguirà quello dell'Aja e dovrà attenersi a quattro principi fondamentali:
a) la completa attuazione degli accordi di riammissione (che attualmente la Turchia non rispetta);
b) il potenziamento dell'Agenzia FRONTEX in vista dell'applicazione di protocolli di resettlement;
c) equa distribuzione degli oneri e delle responsabilità sull'attuazione del diritto di asilo;
d) istituzione di un servizio europeo dell'asilo.

La delegazione del Comitato, dopo avere richiamato le attività conoscitive che sta svolgendo sulle politiche europee dell'immigrazione, ha ribadito la necessità di «comunitarizzare» l'approccio e la disciplina del fenomeno. Anche il Governo italiano ha sempre rispettato gli accordi internazionali vigenti, specie quelli concernenti la protezione per motivi umanitari ed il diritto d'asilo: ciò non risulta peraltro incompatibile con i recenti provvedimenti di allungamento dei tempi di trattenimento nei Centri di identificazione ed espulsione, e con le recenti modalità di respingimento in acque internazionali.
Anche il Commissario Barrot ha condiviso l'esigenza di addivenire a forme di burden sharing tra gli Stati membri dell'Unione, ovvero a soluzioni concertate in un'ottica di solidarietà e cooperazione, che superi le tradizionali difficoltà burocratiche (che attualmente ritardano molto le procedure di rimpatrio) e sappia coniugare, con pragmatismo, sicurezza e rispetto dei diritti umani. Non sono state espresse riserve sulle azioni di respingimento, rese finalmente possibili grazie alla recente entrata in vigore dell'accordo italo-libico, la cui sedimentazione è stata peraltro lunga e irta di difficoltà.
I commissari greci hanno nuovamente sottolineato la necessità di soluzioni politiche di portata europea al problema migratorio, richiamando la negativa immagine che il Paese subisce dalle invasioni di immigrati sulle proprie coste, che dovrebbero essere oggetto di calibrate misure di resettlement tra gli Stati membri: ciò non significa, tuttavia, non assicurare adeguata tutela dei richiedenti asilo. Piuttosto, occorre perseguire più severamente il fenomeno criminale della tratta dei clandestini, anche rivisitando le norme internazionali che formano il cd. diritto del mare, e colpire con sanzioni i paesi che non applicano gli accordi di rimpatrio.
Alcuni accenti diversi sono peraltro emersi negli interventi dei deputati dell'estrema destra e della sinistra radicale: nel primo caso è stata invocata l'apposizione di veri e propri limiti europei all'accoglienza dei flussi migratori, unitamente ad una forte iniziativa politica che induca finalmente la Turchia all'osservanza del trattato di riammissione; nel secondo caso, invece, sono state formulate critiche alla politica dei respingimenti attuata dal Governo italiano, nonché alla tendenza di quello greco a «militarizzare» la gestione della clandestinità, di cui non vanno dimenticate le cause di povertà, diseguaglianze sociali e crisi umanitarie.
La delegazione del Comitato ha replicato che le azioni di respingimento poste in essere dal Governo italiano sono pienamente conformi al diritto internazionale in quanto condotte in acque non territoriali, e che l'Italia è ai primi posti tra gli Stati europei per numero di domande di

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asilo accolte. Il dramma umanitario sotteso al fenomeno migratorio deve essere affrontato al riparo da polemiche propagandistiche e strumentalizzazioni che facciano leva sulle paure delle popolazioni: serve piuttosto, oltre ad una politica comunitaria rafforzata, anche una seria riconsiderazione degli strumenti di cooperazione con i paesi di provenienza dei flussi migratori, in quanto le origini del fenomeno sono prevalentemente socio-economiche.
Certo, non va dimenticato l'operoso apporto assicurato dagli immigrati regolari, perfettamente integrati nel tessuto sociale e nei sistemi economici dei paesi di destinazione, ma neppure può sottacersi l'alto tasso di criminalità diffuso tra quelli clandestini (il 38 per cento dei detenuti nelle carceri italiane è costituito da stranieri, quasi sempre irregolari): doveroso e condiviso risulta quindi l'appello che Italia e Grecia rivolgono alle Istituzioni europee affinché si prenda coscienza della necessità di politiche integrate, coraggiose e lungimiranti, che sappiano contemperare le giuste istanze di sicurezza avanzate dai popoli del Vecchio continente con la capacità di accoglienza degli immigrati onesti e di protezione dei soggetti più deboli.
Al termine degli incontri presso il Parlamento greco, la delegazione si è trasferita nell'isola di Samos: nei locali del Centro Direzionale della Polizia dell'isola, ha incontrato l'onorevole Thalassinos Thalassinos, eletto nella circoscrizione di Samos e membro della medesima Commissione Parlamentare.
Il Direttore della Polizia, Panaghiotis Kordonouris, ed il Comandante della Guardia Costiera, Stylianos Partsafas, hanno fornito dati statistici sul fenomeno dell'immigrazione clandestina relativamente all'arcipelago del quale Samos fa parte, distante solo un miglio marino dalle coste turche. A causa di tale vicinanza, gli arrivi sono frequenti, anche se meno massicci rispetto a quelli di Lampedusa, e si è registrato grave disagio da parte degli abitanti di Samos per l'aumento degli sbarchi: nonostante il buon livello di cooperazione con le forze di polizia di altri paesi europei, nei primi quattro mesi del 2009 si sono infatti registrati 400 ingressi illegali in più rispetto al medesimo periodo del 2008. Inoltre, gli sforzi che la polizia compie per contrastare l'immigrazione clandestina sottraggono e distolgono energie alla gestione di altri problemi di ordine pubblico.
Il capo della polizia ha riferito che, stando alle dichiarazioni degli interessati, i Paesi di provenienza degli immigrati sono, per lo più, Somalia, Afghanistan, Eritrea, Iraq, Palestina. Le nazionalità che fanno registrare un maggior numero di richieste di asilo politico sono l'irachena e l'afgana.
La procedura prevede che, una volta effettuato il fermo per ingresso illegale dell'immigrato, questi viene condotto nell'ospedale di Samos per gli opportuni controlli, poi trasferito presso il Centro di accoglienza, nel quale viene fotografato e dove vengono gli vengono rilevate le impronte digitali. Gli viene successivamente consegnato un documento che lo obbliga a lasciare la Grecia entro un mese: fanno eccezione coloro che provengono da Iran, Iraq, Siria, Georgia, che sono immediatamente rimpatriati grazie ad accordi bilaterali di riammissione.
Peraltro, il termine di 30 giorni viene largamente disatteso, e molti immigrati tendono a rimanere sull'isola, suscitando ulteriore disagio nella popolazione locale. Rispondendo ad un quesito posto dalla delegazione del Comitato, il capo della polizia ha chiarito che, nella maggior parte dei casi, le domande di asilo sono formulate dai richiedenti solo dopo avere raggiunto Atene.
Dall'incontro è emerso chiaramente come la collaborazione con la Turchia, nonostante la vigenza di un trattato di riammissione, sia pressoché inesistente: dal 2002, infatti, di 56.000 clandestini giunti in Grecia, ne sono stati rimpatriati solo 4.400 (il costo per ogni immigrato rimandato in Turchia è di 78 euro).
Con altri Paesi la Grecia pure ha stipulato accordi bilaterali, riscontrando tuttavia difficoltà nella identificazione degli immigrati analoghe a quelle che incontra

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l'Italia: positiva in tal senso, ma laboriosa, è risultata la collaborazione dell'Agenzia FRONTEX, che mettendo a disposizione interpreti coopera a riaccompagnamenti via terra, transitando da Atene.
Infine, al contrario di quanto avviene in Italia, dove si registra un aumento del fenomeno, il numero dei minori non accompagnati non è risultato significativo: la relativa procedura di accoglienza prevede che, una volta giunto sul territorio il minore, ne venga data informazione al Procuratore competente, il quale esercita la funzione di tutore temporaneo e adotta le misure necessarie per la nomina del tutore permanente, che ha l'obbligo di trasferire il minore sull'isola di Lesbo, dove è ubicato un apposito centro di accoglienza per minori non accompagnati.
Dopo alcune ulteriori specifiche tecniche rese dal Comandante della Guardia Costiera, Stylianos Partsafas, sulle modalità di pattugliamento delle zone costiere, la delegazione si è recata presso il Centro di raccolta temporanea nella zona di Vathy, che al momento ospitava 103 immigrati, a fronte di una capienza di 275 persone, che in periodo estivo si può ampliare fino ad 800 posti. Responsabile dello spazio interno del Centro è il personale civile della Prefettura, mentre la polizia greca è preposta al controllo delle aree esterne limitrofe.
La struttura, circondata da filo spinato e protetta da un'ulteriore «zona cuscinetto» che la separa da una seconda barriera, si compone di cinque blocchi prefabbricati, destinati agli uffici della Prefettura, ad una mensa, ad una lavanderia, ai locali riservati agli immigrati, tra i quali anche minori non accompagnati, che la delegazione ha potuto incontrare. Vi sono, inoltre, spazi per i bambini e per attività sportive.
Al termine della visita al Centro, prima di fare rientro in Italia la delegazione, grazie all'ottimale capacità organizzativa del personale della ambasciata italiana in Grecia, ha potuto brevemente incontrare l'equipaggio di una motovedetta della Guardia costiera italiana - Capitaneria di porto di Catania, che coopera con quella greca nell'ambito dell'operazione «Poseidon» di pattugliamento congiunto costiero che fa capo a FRONTEX: in tale occasione il personale di bordo ha illustrato le modalità di svolgimento delle attività di istituto, e anche a livello operativo è emersa l'importanza - più volte sottolineata da entrambe le parti nel corso della missione - di una gestione integrata del fenomeno migratorio, e di una forte concertazione in ambito comunitario tanto delle strategie di contrasto della clandestinità, quanto delle politiche di governo dei flussi di immigrazione regolare.