CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 6 maggio 2009
173.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-01280 De Girolamo: Diniego opposto dagli uffici dell'Agenzia delle entrate di Napoli ad una richiesta di transazione fiscale.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento alla interrogazione in esame, l'Agenzia delle entrate ha evidenziato, relativamente alla procedura di concordato preventivo presso il Tribunale di Napoli, con relativa richiesta di transazione fiscale, che l'Ufficio locale dell'Agenzia ha constatato l'inosservanza, da parte della Società debitrice, di alcune delle disposizioni di legge che disciplinano la transazione fiscale. Da ciò è necessariamente conseguita l'espressione di un voto sfavorevole da parte dell'Ufficio stesso.
In proposito, il debito tributario è stato qualificato come chirografario, con conseguente disconoscimento del privilegio speciale, espressamente riconosciutogli dall'articolo 2759 del codice civile, quale causa di prelazione fondata sulla sola causa del credito.
Sulla base di tale qualificazione è derivato il riconoscimento di un trattamento economico del credito erariale, deteriore rispetto a quello garantito agli altri creditori privilegiati, appartenenti alla medesima classe (tra i quali, in particolare, i professionisti), cui è stato riconosciuto il pagamento integrale del credito vantato.
È opportuno rilevare, al riguardo, che l'articolo 182-ter della legge fallimentare dispone che gli Uffici dell'Agenzia delle Entrate non possono assentire ad alcuna transazione qualora «la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie siano inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica ed interessi economici omogenei (...)».
A tale circostanza si deve aggiungere che il Commissario giudiziale ha disconosciuto la certificazione attestante l'entità del credito rilasciata dall'Ufficio ai sensi del sopra citato articolo 182-ter, ammettendo alla procedura di concordato l'importo come determinato dall'Agenzia ai soli fini della votazione (e quindi non ai fini del soddisfacimento del credito), come risulta dal verbale dell'adunanza dei creditori, con un ulteriore violazione della procedura disciplinata dalla legge fallimentare.
Tale violazione ha determinato anch'essa, quale necessaria conseguenza, l'impossibilità, per l'ufficio finanziario, di addivenire alla transazione.
Secondo quanto ha riferito l'Agenzia, la competente Avvocatura distrettuale dello Stato, interessata alla problematica, ha proposto, in data 1o aprile 2009, reclamo alla Corte d'appello avverso il decreto di omologazione del concordato preventivo, ai sensi dell'articolo 183 della legge fallimentare.

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ALLEGATO 2

5-01382 Fluvi: Esenzione dall'ICI delle unità immobiliari locate a soggetti che le utilizzino come abitazione principale.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento alla problematica prospettata con il question time in esame dagli Onorevoli interroganti, si fa presente che il Dipartimento delle Finanze - Direzione del federalismo fiscale, con la risoluzione n. 1/DF del 4 marzo 2009, ha fornito ulteriori chiarimenti rispetto a quanto precisato con la risoluzione n. 12/DF del 5 giugno 2008, circa l'ambito di applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), che ha disposto l'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili (ICI) a favore delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale, nonché di quelle ad esse «assimilate dal comune con regolamento o delibera comunale vigente alla data di entrata in vigore» del decreto stesso.
Al fine di definire meglio il perimetro di applicazione dell'esenzione che opera solo nei casi di assimilazione stabiliti da specifiche disposizioni di legge, come si evince, altresì, dalla lettura della relazione illustrativa al decreto legge n. 93 del 2008, il Dipartimento delle finanze, con la cennata risoluzione n. 1/D del 4 marzo 2009, ha fatto presente che le ipotesi di assimilazione in esame sono riconducibili esclusivamente a quelle previste da:
a) l'articolo 3, comma 56, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che permette di considerare direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata;
b) l'articolo 59, comma l, lettera e), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che attribuisce ai comuni la possibilità di considerare abitazioni principali, con conseguente applicazione dell'aliquota ridotta od anche della detrazione per queste previste, quelle concesse in uso gratuito a parenti in linea retta o collaterale, stabilendo il grado di parentela.

Il medesimo Dipartimento specifica nella nuova risoluzione chiarificatrice che in ogni caso è necessario che il comune, nel proprio regolamento o deliberazione, abbia espresso la volontà di effettuare l'assimilazione all'abitazione principale anche mediante l'applicazione:
della medesima aliquota e detrazione per i soggetti residenti in istituti di ricovero, di cui alla lettera a);
della medesima aliquota e/o detrazione per i casi di abitazioni concesse in uso gratuito, di cui alla lettera b).

Alla luce delle considerazioni svolte, il Dipartimento precisa che i comuni devono provvedere al recupero del tributo nei confronti dei contribuenti che non hanno effettuato il versamento ICI relativa all'anno 2008, ritenendo, sulla base delle precedenti indicazioni fornite, di rientrare nelle condizioni di esenzione, fermo restando la non applicazione di sanzioni ed interessi, in virtù dell'articolo 10, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212.
Al fine di assicurare una capillare diffusione della citata risoluzione n. 1/DF

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del 4 marzo 2009, il Dipartimento delle finanze ha provveduto ad un'immediata ed adeguata pubblicità di detto documento di prassi amministrativa mediante la pubblicazione sul sito informativo del medesimo Dipartimento e l'invio all'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI).
Si segnala, infine, che i maggiori organi di stampa specializzata (Italia Oggi e Il Sole 24 ore) hanno dato ampio risalto al contenuto della risoluzione di cui trattasi.

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ALLEGATO 3

5-01383 Germanà: Applicazione della disciplina fiscale in materia di rivalutazione di immobili agli impianti di distribuzione di carburante.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il question time in esame l'Onorevole interrogante chiede chiarimenti in merito all'applicabilità concernente le disposizioni contenute nell'articolo 15, commi 16 e seguenti, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, relative alla rivalutazione dei beni immobili delle imprese che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio.
Nel documento in esame si fa presente che le società proprietarie di impianti di distribuzione di carburante si trovano in una situazione di incertezza relativamente alla possibilità di applicare le sopra citate disposizioni agli immobili-impianti situati nei punti vendita di distribuzione di carburante.
Nell'interrogazione si evidenzia che tali immobili-impianti, pur essendo iscritti in Catasto nelle categorie E, C e D, non sono iscritti in bilancio nella voce «terreni e fabbricati» bensì nella voce «impianti».
L'interrogante sottolinea che - in virtù delle modifiche normative introdotte dall'articolo 2, commi 40 e 41, del decreto- legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, - le società che esercitano l'attività di gestione di punti vendita per la distribuzione del carburante hanno dovuto procedere, durante l'esercizio chiuso al 31 dicembre 2007, ad una revisione del classamento degli impianti di distribuzione fino a quel momento classati nella categoria E, scorporando tutte quelle unità immobiliari suscettibili di inserimento in altra categoria catastale: C/1, C/3 o D/8.
L'interrogante chiede, pertanto, di conoscere quale sia la disciplina applicabile agli immobili-impianti di carburante ai fini della rivalutazione prevista dall'articolo 15, commi 16 e seguenti, del decreto- legge n. 185 del 2008, considerato che le società proprietarie di tali immobili potrebbero trovarsi di fronte a contestazioni da parte dell'Agenzia delle entrate circa la mancata inclusione di uno o più impianti nella rivalutazione.
Con riferimento al quesito posto, l'Agenzia delle entrate osserva quanto segue.
Il comma 16 dell'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008 prevede la possibilità di effettuare la rivalutazione esclusivamente sui «beni immobili ad esclusione delle aree fabbricabili e degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività di impresa».
Ai fini della corretta qualificazione dei predetti beni, appare opportuno far riferimento all'articolo 812 del codice civile che considera immobili «gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo».
Ne deriva che possono essere rivalutati anche gli impianti e i macchinari infissi al suolo ossia quelli che, sulla base dei chiarimenti contenuti nella circolare 38/E dell'11 aprile 2008 (in materia di credito d'imposta per l'acquisizione di beni strumentali nuovi in aree svantaggiate), non possono essere agevolmente rimossi e posizionati in altro luogo, mantenendo inalterata la loro originaria funzionalità.
Con la circolare n. 11/E del 2009, l'Agenzia delle entrate ha precisato che la

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rivalutazione, operata in ambito civilistico ed eventualmente rilevante anche sul piano fiscale, deve riguardare obbligatoriamente tutti i beni appartenenti alla medesima categoria omogenea. A tal fine, ai sensi del comma 17 dell'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008, i beni immobili vanno distinti in due categorie omogenee: quella degli immobili ammortizzabili e quella degli immobili non ammortizzabili.
Al riguardo si precisa che, nell'ipotesi in cui la rivalutazione produce effetti anche ai fini fiscali, l'appartenenza ad una delle due categorie omogenee deve essere verificata sulla base della qualificazione fiscale del bene.
Per tali ragioni, ai fini dell'applicazione della disciplina sulla rivalutazione, non rileva la diversa classificazione catastale dei beni, atteso che sia l'impianto che le unità immobiliari scorporate, ai sensi dell'articolo 2, commi 40 e 41, del decreto- legge n. 262 del 2006, rientrano nella categoria omogenea degli immobili ammortizzabili.

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ALLEGATO 4

Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda le aliquote ridotte dell'imposta sul valore aggiunto COM (2008) 428 def.

DOCUMENTO FINALE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VI Commissione Finanze della Camera dei deputati,
esaminata la proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda le aliquote ridotte (COM(2008)428 def.);
tenuto conto dell'accordo politico raggiunto sulla proposta di direttiva dal Consiglio Ecofin del 10 marzo 2009;
considerato che:
la proposta originaria di direttiva formulata della Commissione europea intendeva mettere a regime la facoltà degli Stati membri di applicare aliquote IVA ridotte ad alcuni servizi ad alta intensità di lavoro, già assoggettabili in via transitoria ad aliquota ridotta fino al 2010, nonché ad estendere le aliquote ridotte ad ulteriori categorie di servizi prestati localmente;
in particolare, la proposta di direttiva prevedeva l'inclusione, tra le categorie di cessioni di beni e prestazioni di servizi assoggettabili ad aliquota ridotta, dei servizi di ristorazione e catering, esclusa la fornitura di bevande alcoliche e dei servizi prestati localmente, inclusi i servizi ad alta intensità di lavoro;
la proposta della Commissione, inoltre, estendeva e razionalizzava la facoltà per gli Stati membri di applicare aliquote ridotte nel settore dell'edilizia abitativa e stabiliva, in relazione a categorie già assoggettate ad aliquota ridotta, adeguamenti tecnici e miglioramenti nella formulazione, e si eliminavano incongruenze nel trattamento di beni e servizi simili;
la proposta avrebbe pertanto consentito l'applicazione di aliquote ridotte IVA a numerose tipologie di servizi prestati essenzialmente dalle piccole e medie imprese europee, in coerenza con l'approccio definito dall'Atto europeo per le piccole imprese;
si sarebbe inoltre riavviato un riordino complessivo del sistema di aliquote ridotte IVA, che avrebbe consentito di superare l'incoerenza e la frammentazione della disciplina vigente, ed eliminato l'incertezza giuridica ed economica degli operatori economici in merito al futuro delle aliquote ridotte per i servizi ad alta intensità di lavoro;
rilevato che:
il Consiglio Ecofin del 10 marzo 2009 ha raggiunto un accordo politico sulla proposta di direttiva, che consente agli Stati membri che se ne avvalgano di applicare a titolo permanente aliquote ridotte IVA solo per alcuni beni e servizi ad alta intensità di lavoro, quali i servizi di ristorazione ed i libri su qualsiasi supporto fisico, anche non cartaceo;
l'accordo politico esclude espressamente la possibilità di applicare aliquote IVA ridotte a tutte le altre categorie di beni e servizi contemplate nella proposta originaria di direttiva;
il compromesso raggiunto dal Consiglio appare in evidente contrasto con

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l'obiettivo, enunciato nel Piano di ripresa economica europea, di estendere l'applicabilità di aliquote ridotte IVA ai servizi prestati dalle piccole e medie imprese europee per favorire la ripresa della crescita e dell'occupazione;
l'accordo politico, oltre ad essere in palese contraddizione con gli obiettivi stabiliti dall'Atto europeo per le piccole imprese, non appare favorevole per il sistema produttivo italiano, caratterizzato da un elevato numero di piccole e medie imprese;
il compromesso politico raggiunto costituisce inoltre la rinuncia ad un intervento legislativo più incisivo, che avrebbe potuto favorire un trasferimento di attività dall'economia sommersa e informale verso l'economia ufficiale, al fine di promuovere la crescita economica e contribuire alla lotta contro il lavoro nero;
non è altresì condivisibile la rinuncia al tentativo di operare una razionalizzazione delle aliquote ridotte IVA e l'introduzione di nuove deroghe a favore di singoli Stati membri;
sottolineata la necessità che il presente documento finale, unitamente al parere della Commissione politiche dell'Unione europea, sia trasmesso tempestivamente alla Commissione europea nell'ambito del cosiddetto dialogo politico, nonché al Parlamento europeo,

invita il Governo:
ad adoperarsi nelle competenti sedi decisionali comunitarie affinché:
a) siano avviate tutte le iniziative appropriate per riavviare un generale riordino del regime delle aliquote ridotte IVA, in particolare al fine di semplificarne e rendere più uniforme la disciplina vigente, eliminando le deroghe ed eccezioni attualmente previste per singoli Stati membri e delineando al contrario un sistema di aliquote ridotte unitario, che tuteli maggiormente gli interessi del sistema economico nazionale;
b) anche in considerazione della crisi economica e finanziaria, sia assicurata, in coerenza con tale approccio, l'estensione della facoltà, per gli Stati membri, di applicare aliquote ridotte IVA ai servizi prestati dalle piccole e medie imprese e, in ogni caso, ai servizi ad alta densità di manodopera ovvero prestati localmente, con particolare riferimento al settore turistico, che è attualmente soggetto a pratiche concorrenziali sleali da parte di altri Paesi membri dell'Unione europea, contemplati nell'originaria proposta di direttiva della Commissione europea;
c) siano avviate tutte le iniziative appropriate volte a promuovere un effettivo coordinamento delle politiche fiscali degli Stati membri, in particolare al fine di prevenire la concorrenza fiscale dannosa, soprattutto nel settore della tassazione delle imprese.