CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 10 luglio 2008
31.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante modificazioni ed integrazioni al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, attuativo della direttiva 2005/85/CE, in materia di riconoscimento dello status di rifugiato. (Atto n. 4).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La I Commissione,
esaminato, ai sensi dell'articolo 96-ter del regolamento, lo schema di decreto legislativo concernente modifiche e integrazioni al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, recante attuazione della direttiva 2005/85/CE, relativa alle norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (atto n. 4);
tenuto conto delle audizioni informali svolte;
rilevato che la direttiva comunitaria 2005/85/CE, cui il citato decreto legislativo n. 25 del 2008 dà attuazione, prevede che il richiedente asilo abbia diritto a un mezzo di impugnazione efficace (articolo 39, paragrafo 1);
ritenuta, d'altra parte, condivisibile la finalità del provvedimento in esame, vale a dire quella di impedire l'uso strumentale della richiesta di protezione internazionale da parte di quanti intendono servirsene al fine di protrarre la propria permanenza in Italia senza possedere i requisiti;
visto il parere espresso dal Comitato per la legislazione;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente osservazione:
valuti il Governo l'opportunità di apportare al testo le seguenti modifiche:
1) sostituire la lettera f) con la seguente:
f) all'articolo 32, comma 1, è aggiunta la seguente lettera «c) rigetta la domanda per manifesta infondatezza quando non è emerso alcun collegamento tra la richiesta di protezione internazionale ed i presupposti fissati dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ovvero quando la domanda è stata presentata a fini strumentali, al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione di un provvedimento di espulsione o di respingimento»; e, al comma 4, sostituire le parole: «lettera b)» con le seguenti: «lettere b) e c);
2) sostituire la lettera h) con la seguente:
h) all'articolo 35, comma 7, dopo le parole «dell'articolo 22, comma 2» aggiungere le seguenti: «e dell'articolo 32, comma 1, lettera c)»;
3) sostituire la lettera i) con la seguente:
i) all'articolo 35, al comma 8, primo capoverso, le parole: «di cui agli articoli

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20, comma 2, lettera d), e 21» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all'articolo 20, comma 2, lettere b) e c), e all'articolo 21», e, al medesimo comma, secondo capoverso, le parole: «ai sensi dell'articolo 20, comma 2, lettera d)» sono sostituite dalle seguenti «ai sensi dell'articolo 20, comma 2, lettere b) e c)»;
4) sopprimere la lettera l);
5) sopprimere la lettera n).

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante modificazioni ed integrazioni al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, attuativo della direttiva 2005/85/CE, in materia di riconoscimento dello status di rifugiato. (Atto n. 4).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL DEPUTATO COSTANTINI

La I Commissione,
esaminato, in sede di esame di atti del Governo, lo schema di decreto legislativo recante modificazioni ed integrazioni al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, attuativo della direttiva 2005/85/CE, in materia di riconoscimento dello status di rifugiato,
premesso che:
lo schema di decreto legislativo suddetto mira a correggere e sopprimere alcune delle più significative innovazioni in materia di diritto d'asilo introdotte dal decreto legislativo n. 25 del 2008 in attuazione della direttiva sulle norme sull'esame delle domande di protezione internazionale;
il Governo non dovrebbe procedere a modifiche del decreto legislativo n. 25 del 2008, la cui efficacia non è stata neppure ancora sperimentata, ma dovrebbe provvedere a deliberare tempestivamente il regolamento di attuazione di tale decreto, ferma restando la possibilità che possano essere successivamente adottate precise e circostanziate misure integrative e correttive sulla base di quanto emergerà completamente dall'implementazione del testo vigente;
le lettere f), g), h), i), j), k), l), m) dell'articolo 1 dello schema di decreto legislativo integrativo e correttivo prevedono notevoli restrizioni alle modalità di tutela giurisdizionale contro le decisioni di rigetto della domanda di asilo e la soppressione dell'efficacia sospensiva del ricorso giurisdizionale. In primo luogo è vero che l'articolo 39, paragrafo 3, lettera a), della direttiva dà ad ogni Stato la facoltà di stabilire che la presentazione del rimedio giurisdizionale comporti o meno l'effetto di consentire ai richiedenti di rimanere nello Stato membro interessato in attesa del relativo esito. Il citato articolo 39, paragrafo 1, della direttiva prevede tuttavia che ogni Stato membro deve disporre «che il richiedente asilo abbia diritto a un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudice». Lo stesso articolo 13 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo esige che ognuno abbia diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo.
In proposito appare assai dubbio che possa ritenersi efficace o effettivo qualsiasi rimedio giurisdizionale allorché si prevede - come dispone la lettera f) - che il termine entro il quale deve lasciare il territorio nazionale è quello della consegna della decisione di rigetto e non più la scadenza del termine per impugnazione che viene portata a soli 15 giorni rendendo oltremodo difficile per lo straniero esercitare il diritto alla difesa. Nessun rimedio sarà mai effettivo se colui che potrebbe

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fruirne non dispone di un periodo minimo di tempo utile per scegliere un difensore di sua fiducia, per far preparare un ricorso adeguatamente motivato e fornire tutti gli elementi necessari alla sua redazione.
La generalizzata drastica limitazione dei diritti fondamentali appare irragionevole, in quanto non avviene in presenza del bilanciamento con gravi e precise esigenze di tutela di altri beni costituzionalmente garantiti, né è graduata dal legislatore delegato sulla base della situazione personale del richiedente, poiché non si distingue neppure tra il richiedente asilo che debba essere espulso anche in virtù di una misura di sicurezza o di una misura alternativa alla detenzione o sostitutiva della detenzione breve, ed ogni altro richiedente asilo.
Né una garanzia in tal senso può essere rappresentata dall'ambiguo istituto dell'autorizzazione prefettizia a restare per gravi motivi, del quale non si precisa le modalità di presentazione della domanda, né i criteri per ravvisare i «gravi motivi», essendo evidente che così si dà discrezionalità amministrativa alla medesima autorità di pubblica sicurezza che potrebbe disporre il provvedimento amministrativo di espulsione contro il quale potrebbero esercitarsi i ricorsi giurisdizionali.
In proposito si ricorda la giurisprudenza della Corte di Strasburgo sull'applicazione dell'articolo 13 della CEDU (articolo 13 - diritto ad un ricorso effettivo) in relazione alle possibili violazioni dell'articolo 3 della stessa CEDU (articolo 3 - divieto di tortura). La giurisprudenza della Corte relativamente all'applicazione dell'articolo 3 appare chiaramente orientata a ritenere che la nozione di effettività prevista dall'articolo 13 debba trovare piena applicazione laddove, nel procedimento, sia ravvisabile la possibile violazione dell'articolo 3 della Convenzione stessa, ovvero il ricorrente sia sottoposto al serio rischio di subire, in caso di rientro nel suo Paese, la tortura o un trattamento disumano e degradante. La garanzia di un effetto sospensivo del ricorso, in materia di accertamento del diritto d'asilo, appare pertanto necessaria ad assicurare il pieno rispetto dell'articolo 3 CEDU. Tra i precedenti giurisprudenziali della Corte in questa materia, ha assunto particolare importanza, per la chiarezza con la quale la Corte si è espressa, il caso dell'»affaire Gebremedhin [Gaberamadhien] c. France (Requête no 25389/05);
nelle modifiche al decreto legislativo n. 25 del 2008 ideate dal Governo dunque appare una gravissima violazione, del nucleo essenziale del diritto di asilo garantito dall'articolo 10, comma 3 della Costituzione, e del diritto alla difesa previsto dall'articolo 24 della Costituzione nonché un insanabile contrasto con il principio di effettività di cui all'articolo 13 della CEDU.
Inoltre, nell'assenza di efficaci ed effettivi strumenti di controllo giurisdizionale, le autorità italiane di pubblica sicurezza potrebbero consegnare alle polizie dei paesi di provenienza o di transito persone potenzialmente assoggettate a torture ed a trattamenti inumani e degradanti, magari per il solo fatto di aver presentato la richiesta di asilo, intesa come manifestazione di condanna per il regime del paese dal quale si proviene.
Ciò crea la concreta possibilità che la nuova procedura violi l'inderogabile divieto di torture e pene o trattamenti inumani o degradanti, previsto dall'articolo 3 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo. Una decisione errata in prima istanza può infatti comportare conseguenze gravi ed irreparabili per il richiedente asilo espulso nel suo paese di origine e perciò giustamente l'Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati ha chiesto al Governo italiano di riconsiderare completamente tutte le restrizioni introdotte prevedendo che i richiedenti asilo, prima di essere eventualmente espulsi o respinti, debbano poter avere accesso ad un ricorso efficace, come previsto dal diritto europeo ed internazionale;
nel mese di febbraio 2008 la Commissione europea ha inviato all'Italia una lettera di messa in mora per mancato recepimento della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure

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applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (procedura di contenzioso n. 2008/144). A seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, attuativo della direttiva 2005/85/CE, la procedura risulta archiviata,
delibera di esprimere

PARERE CONTRARIO.

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante modificazioni ed integrazioni al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, attuativo della direttiva 2005/85/CE, in materia di riconoscimento dello status di rifugiato. (Atto n. 4).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL DEPUTATO ZACCARIA

La I Commissione,
esaminato, in sede di esame di atti del governo, lo schema di decreto legislativo di modifica del decreto legislativo n. 25 del 2008 in materia di attuazione della direttiva 2005/85/CE relativa alle norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato,
premesso che:
ai sensi della direttiva 2005/85/CE un regime europeo comune in materia di asilo costituisce uno degli elementi fondamentali dell'obiettivo dell'Unione europea relativo all'istituzione progressiva di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nella Comunità, e in quest'ottica, obiettivo principale della direttiva è stabilire un quadro minimo nella Comunità sulle procedure per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato;
sempre secondo la direttiva, discende dalla natura stessa delle norme minime che gli stati membri dovrebbero avere facoltà di stabilire o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli per i cittadini di paesi terzi o per gli apolidi che chiedono ad uno stato membro protezione internazionale;
il decreto legislativo di modifica del decreto legislativo n. 25 del 28 gennaio 2008 di attuazione della direttiva appare invece orientato ad una visione di grave diffidenza verso i richiedenti asilo, laddove la necessità di contrastare gli abusi o le false motivazioni conduce ad una illegittima e pregiudiziale diffidenza in palese contraddittorietà con la retorica ufficiale sulla maggiore tutela dei diritti umani nelle democrazie consolidate e sulla necessità di estenderla il più possibile;
sulle modifiche introdotte dall'articolo 4, comma 3, appare assai meno garantista la previsione di rimettere la nomina delle commissioni territoriali esclusivamente al Ministro dell'Interno e non più al Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta di tale ministro;
sulle modifiche introdotte all'articolo 7, comma 1, appare inopportuno e grave che un atto del prefetto possa limitare il diritto di circolazione di richiedenti asilo sul territorio nazionale, stabilendo un luogo di residenza o un'area geografica ove questi possano circolare, laddove l'articolo 7, paragrafo 1 della direttiva si limita a prevedere che i richiedenti asilo sono autorizzati a rimanere nello stato membro ai fini esclusivi della procedura, fintantoché l'autorità accertante non abbia preso una decisione;
sempre sulle modifiche introdotte all'articolo 7, comma 1, non si comprende

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la ragione della limitazione del richiamo effettuato dal decreto legislativo di modifica al solo comma 1 dell'articolo 11 del d.lgs. 30 maggio 2005, n. 140, in materia di lavoro e formazione professionale, considerando che i commi successivi si configurano come ulteriori specificazioni del comma 1.
la soppressione della lettera d) dell'articolo 20 comma 2, che determina la conseguenza per il richiedente asilo già destinatario di un provvedimento di espulsione - perché entrato sottraendosi ai controlli di frontiera o perché oggetto di un provvedimento di respingimento alla frontiera - di essere trattenuto non più in un centro di accoglienza per i richiedenti asilo, bensì in un centro di identificazione ed espulsione, si scontra con la realtà dei fatti che vede per molti richiedenti asilo l'impossibilità di giungere legalmente in Italia, ed è indice di quella grave diffidenza che sottende il decreto legislativo, considerando in più punti il richiedente asilo a tutti gli effetti come un immigrato clandestino;
l'obbligo per il richiedente asilo, sancito dalle modifiche introdotte all'articolo 32, comma 4, del decreto legislativo n. 25 del 2008, di lasciare il territorio nazionale non più alla scadenza del termine di impugnazione, ma a seguito della sola decisione di rigetto della domanda da parte della Commissione territoriale competente - in combinato disposto con la modifica introdotta all'articolo 35, comma 6, che abolisce l'effetto sospensivo del ricorso - determinerebbero, se introdotti nell'ordinamento, la necessità per il richiedente asilo che voglia ricorrere di farlo dal suo paese di origine;
tale disposizione, qualora venisse recepita, appare del tutto incongrua, scontrandosi con la realtà dei fatti che vede l'accoglimento di molte delle richieste d'asilo presentate solo in seconda istanza, e determinerebbe la grave conseguenza per il richiedente asilo che voglia ricorrere di dover tornare nel paese di origine, dal quale era fuggito per cercare protezione;
come sottolineato anche dall'Alto commissariato per i Rifugiati, essa lederebbe l'articolo 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti fondamentali - ratificata dall'Italia e da tutti i paesi europei - che prevede che ogni persona abbia diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un istanza nazionale;
il rovesciamento operato dal decreto legislativo correttivo della regola generale circa la sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato a seguito di presentazione del ricorso viene poi confermata dal capovolgimento delle deroghe disciplinate all'articolo 35, comma 7; inoltre, la possibilità che il prefetto, e non più il tribunale, per gravi motivi personali o di salute possa autorizzare il richiedente asilo a rimanere sul territorio nazionale fino alla decisione del ricorso, è subordinata, tra gli altri requisiti, alla sussistenza di un interesse a permanere sul territorio dello Stato italiano, ancora una volta confermando che il bene primario tenuto in considerazione non è più quello del richiedente asilo che chiede protezione alla Comunità, ma quello dell'interesse dello Stato a che il richiedente asilo permanga sul suo territorio, in ciò contrapponendosi a consolidati principi di diritto internazionale vigenti in materia;
la riduzione del termine di impugnazione a soli 15 giorni non più solo per i richiedenti trattenuti in centri di identificazione ed espulsione, bensì anche per quelli che si trovano nei centri di accoglienza, come stabilito dalle modifiche apportate all'articolo 35, comma 1, determina ancora una volta la tacita equiparazione tra richiedenti asilo e immigrati clandestini, rivelando quell'impostazione pregiudiziale che configura la richiesta di asilo solo come un modo per eludere la disciplina sull'immigrazione clandestina;
la direttiva 2005/85/CE era stata correttamente recepita dal decreto legislativo n. 5, dell'8 gennaio 2007, che ne rispettava la lettera e lo spirito, in un ottica di rispetto dei principi internazionali

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in materia e mantenendo in vigore, come previsto nella direttiva, le disposizioni più favorevoli per i cittadini di paesi terzi o per gli apolidi che chiedono ad uno Stato membro protezione internazionale, mentre le modifiche apportate sembrano rispondere in maniera strumentale più ad esigenze di politica interna, che non a quelle di corretto recepimento della direttiva comunitaria,
delibera di esprimere

PARERE CONTRARIO.

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ALLEGATO 4

DL 112/08: Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. (C. 1386 Governo).

PARERE APPROVATO DAL COMITATO

Il Comitato permanente per i pareri,
esaminato il testo del disegno di legge C. 1386 Governo, recante «Conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria»;
rilevato che il decreto-legge in esame realizza un intervento organico diretto a conseguire, unitamente agli altri provvedimenti indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013, gli obiettivi macroeconomici indicati dallo stesso Documento, promuovendo altresì un incremento del tasso di crescita del PIL attraverso misure volte a promuovere lo sviluppo economico e sociale del Paese;
osservato che, in ragione di tale finalizzazione, il contenuto del decreto è riconducibile in via prevalente alla materia «sistema tributario e contabile dello Stato», demandata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione;
considerato inoltre che, in base al terzo comma dello stesso articolo 117 della Costituzione, l'armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, rientrano tra le materie di potestà legislativa concorrente, e che tale ambito è altresì richiamato dalla stessa Costituzione, all'articolo 119, secondo comma, ove si prevede che comuni, province, città metropolitane e regioni stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
ritenuto, altresì, che, con più specifico riferimento agli interventi contenuti nel decreto, che recano misure volte al sostegno o al rilancio dell'economia, assume rilevanza la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «tutela della concorrenza» di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, la quale, in base alla costante giurisprudenza costituzionale, comprende nel proprio ambito gli interventi di politica economica funzionali allo sviluppo dell'intero Paese;
osservato inoltre che, con riferimento a specifiche disposizioni del decreto-legge, rilevano numerosi altri ambiti materiali attribuiti alla competenza legislativa esclusiva o concorrente dello Stato;
considerato che gli articoli 11 e 13 del decreto-legge prevedono rispettivamente l'adozione di un piano nazionale di edilizia abitativa e misure volte alla valorizzazione del patrimonio degli Istituti autonomi per le case popolari, intervenendo in ambiti materiali nei quali, come evidenziato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, si realizza un intreccio tra le competenze legislative statali e regionali;
rilevato, con riferimento ai medesimi articoli 11 e 13, che, nel rispetto del

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principio di leale collaborazione, viene assicurato un adeguato coinvolgimento delle regioni sia nella procedura di approvazione del piano nazionale di edilizia abitativa, che nelle procedure di alienazione degli immobili residenziali appartenenti agli Istituti autonomi delle case popolari;
osservato che l'articolo 58 prevede che regioni, province, comuni e altri enti locali predispongano un «Piano delle Alienazioni immobiliari», al fine di individuare i beni immobili non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali che ricadono nel territorio di propria competenza, stabilendo in modo dettagliato i caratteri dell'intervento, attraverso l'imposizione di specifiche procedure amministrative per l'adozione del piano, nonché delle modalità che gli enti territoriali debbono utilizzare per la valorizzazione dei propri beni;
considerato che l'articolo 61 conferisce alle sezioni regionali della Corte dei conti un generale potere di controllo sulla gestione delle amministrazioni regionali, attivato anche d'ufficio dalla Corte, la quale, mediante decreto, può intimare agli organi amministrativi competenti per la gestione controllata l'immediata sospensione sia dell'impegno di somme già stanziate sui pertinenti capitoli di spesa, sia del pagamento di somme impegnate;
tenuto conto, con riferimento allo stesso articolo 61, che la giurisprudenza della Corte costituzionale ha chiarito che il controllo della Corte dei conti sulle gestioni degli enti territoriali deve assumere natura collaborativa;
rilevato che l'articolo 24 dispone l'abrogazione, a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto, di oltre tremila atti normativi di rango primario riportati nell'allegato A al decreto-legge, i quali, secondo quanto indicato nella relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, hanno esaurito i propri effetti, in quanto si tratta di leggi provvedimento ad efficacia temporanea, di leggi implicitamente abrogate che appesantiscono l'ordinamento vigente ovvero di leggi tuttora vigenti considerate, tuttavia, dalle amministrazioni di riferimento palesemente obsolete;
osservato, in tale contesto, che si prevede l'abrogazione del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1954, n. 1217, il quale è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale, con la sentenza 4-10 aprile 1962, n. 32;
considerato che l'elenco 1, richiamato all'articolo 60, comma 1, prevede la riduzione delle dotazioni finanziarie delle missioni di spesa del Ministero dell'interno, incidendo in modo particolarmente significativo sulle missioni relative all'ordine pubblico e sicurezza ed al soccorso civile;
tenuto conto della necessità di incrementare le risorse finanziarie previste per le forze dell'ordine e per i vigili del fuoco, in considerazione della situazione di reale necessità nella quale questi versano a seguito delle riduzioni di stanziamento progressivamente apportate negli anni;
considerato l'obiettivo prioritario di assicurare il mantenimento dell'ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini, nonché un efficace sistema di soccorso civile;
considerato che l'articolo 66 reca disposizioni inerenti alle assunzioni di personale e alla stabilizzazione del personale precario di pubbliche amministrazioni, volte a contenere ulteriormente il turn over presso le pubbliche amministrazioni, tra le quali le forze di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
considerato che l'articolo 74 dispone che tutte le amministrazioni statali e varie categorie di enti pubblici nazionali, tra cui le forze di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, provvedano al ridimensionamento degli assetti organizzativi esistenti, riducendo in corrispondenza le relative dotazioni organiche,

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esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:
valutino le Commissioni di merito:
all'articolo 58, l'opportunità di definire una disciplina meno analitica del procedimento di ricognizione e valorizzazione degli enti territoriali al fine di configurare le norme in questione alla stregua di princìpi di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi del terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione;
all'articolo 61, comma 2, l'opportunità di ridefinire la complessiva procedura di adozione del decreto con il quale la Corte può intimare agli organi amministrativi competenti per la gestione controllata l'immediata sospensione sia dell'impegno di somme già stanziate sui pertinenti capitoli di spesa, sia del pagamento di somme impegnate, garantendo una più netta separazione tra la funzione di controllo della Corte dei conti e l'attività amministrativa degli enti e assicurando, in particolare, nell'adozione del decreto, il rispetto del contraddittorio con gli enti interessati;
all'articolo 24, l'opportunità di eliminare, tra le disposizioni abrogate elencate all'allegato A, il riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1954, n. 1217;
all'elenco 1 di cui all'articolo 60, comma 1, l'opportunità di ridefinire l'entità della dotazione finanziaria delle missioni di spesa del Ministero dell'interno, con particolare riferimento a quelle relative all'ordine pubblico e sicurezza ed al soccorso civile, in modo da garantire alle forze di polizia ed al Corpo nazionale dei vigili del fuoco adeguate risorse per l'espletamento delle rispettive funzioni;
agli articoli 66 e 74, l'opportunità di prevedere che le forze di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco restino esclusi dall'ambito di applicazione delle norme.