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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 694 di lunedì 1 ottobre 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 10.

EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 27 settembre 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Barbi, Barbieri, Bergamini, Bocchino, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, Corsini, D'Alema, D'Amico, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Renato Farina, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guzzanti, Iannaccone, Leo, Mecacci, Melchiorre, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mogherini Rebesani, Nucara, Pisicchio, Rigoni, Stefani, Stucchi, Tenaglia, Valducci, Vernetti, Vitali e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione della proposta di legge costituzionale: S. 3057 - d'iniziativa del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia: Modifica dell'articolo 13 dello Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Approvata, in prima deliberazione, dal Senato). (A.C. 5148) e dell'abbinata proposta di legge costituzionale: d'iniziativa del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia (A.C. 4834) (ore 10,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge costituzionale d'iniziativa del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, già approvata in prima deliberazione dal Senato: Modifica dell'articolo 13 dello Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (A.C. 5148) e dell'abbinata proposta di legge costituzionale d'iniziativa del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia. (A.C. 4834).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5148)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente. Pag. 2
L'onorevole Bruno, Presidente della Commissione, ha facoltà di svolgere la relazione, in sostituzione del relatore.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, la proposta di legge costituzionale A.C. 5148, della quale l'Assemblea inizia oggi l'esame, è d'iniziativa del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia.
Il testo del Consiglio regionale è stato già approvato, in prima deliberazione, dal Senato, che lo ha modificato solo su un punto, di cui diremo. Il testo che la Commissione sottopone oggi all'Assemblea è, invece, lo stesso approvato dal Senato in quanto la Commissione, in sede referente, non ha ritenuto di apportare modificazioni.
Per completezza va detto che il progetto di legge deliberato dal consiglio regionale è stato presentato anche alla Camera ed è abbinato al testo che viene dal Senato, l'atto Camera n. 4834.
Venendo al merito, il provvedimento in esame prevede la riduzione del numero dei consiglieri regionali della regione Friuli Venezia Giulia. Come si legge nella relazione illustrativa, l'intervento ha la finalità di incrementare l'efficienza del sistema e fa parte di un progetto di cambiamento del principio della partecipazione democratica alla vita pubblica ed istituzionale.
La proposta consta di due articoli.
L'articolo 1 novella l'articolo 13 dello Statuto speciale della regione Friuli Venezia Giulia, di cui alla legge costituzionale n. 1 del 31 gennaio 1963, apportandovi due modifiche. In primo luogo, pur mantenendosi il meccanismo vigente di determinazione dei consiglieri regionali non in numero fisso, bensì in proporzione alla popolazione, viene adottato un nuovo rapporto, ossia quello di un consigliere regionale ogni 25 mila abitanti, anziché uno ogni 20 mila, come previsto dallo Statuto vigente, all'articolo 13, secondo comma. Rimane, invece, inalterata la previsione di un consigliere aggiuntivo per la frazione superiore ai 10 mila abitanti.
In secondo luogo, viene sostituita la fonte statistica recante i dati demografici relativi alla popolazione ai fini della determinazione dei consiglieri regionali. Attualmente la fonte è costituita dall'ultimo censimento generale della popolazione, che viene effettuato ogni dieci anni. Ora si farebbe invece riferimento, secondo la proposta in esame, all'ultima rilevazione annuale ufficiale dell'ISTAT, movimento e calcolo della popolazione residente antecedente al decreto di convocazione dei comizi elettorali. Il riferimento a tale documento ISTAT è stato introdotto dal Senato, in quanto la proposta di legge del consiglio regionale prevedeva, genericamente, di fare riferimento ai dati desunti dall'ultima rilevazione ufficiale dell'Istituto nazionale di statistica.
Attualmente il Consiglio regionale è composto da 59 membri, quale risultato del rapporto di un consigliere per 20 mila abitanti della regione. Con i nuovi criteri introdotti dall'articolo in esame, un consigliere per 25 mila abitanti, il Consiglio risulterebbe composto da 49 membri, prendendo come base i dati contenuti nel bilancio demografico e popolazione residente per sesso al 31 dicembre 2010, che riporta i risultati dall'ultima relazione annuale ufficiale dell'ISTAT movimento e calcolo delle popolazioni residenti.
Il criterio di determinazione della popolazione ai fini del procedimento elettorale, basato sul censimento generale della popolazione, è attualmente utilizzato per tutte le elezioni. Per le elezioni politiche tale criterio è stabilito dalla Costituzione, che prevede che la ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, alla Camera, e tra le regioni, al Senato, sia effettuato in proporzione alla popolazione risultante dall'ultimo censimento generale della popolazione (articoli 56 e 57 della Costituzione).
Anche nel caso dell'elezione dei membri del Parlamento europeo l'assegnazione del numero dei seggi alle circoscrizioni è effettuata sulla base dei risultati dell'ultimo censimento generale della popolazione (legge n. 18 del 1979, articolo 2). Analoga disposizione si rinviene nella legge elettorale regionale (legge n. 108 del 1968, articolo 2). Pag. 3
La rilevazione annuale ufficiale dell'ISTAT, movimento e calcolo della popolazione residente, è una rivelazione annuale effettuata dall'ISTAT in base ai dati forniti dai comuni. Mentre, dunque, il censimento generale è basato sulla comunicazione diretta dei dati dei residenti all'ISTAT tramite i questionari distribuiti capillarmente nel territorio, le rilevazione periodiche dell'ISTAT si basano su tutt'altra metodologia, in quanto la fonte è rappresentata dagli uffici anagrafici comunali. L'articolo 2 dispone in ordine all'entrata in vigore della riduzione operata dall'articolo 1, la cui applicazione è prevista a decorrere dalla prima legislatura consiliare successiva alla data di entrata in vigore della legge. Si ricorda che la scadenza naturale della legislatura è prevista per la primavera del 2013.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

PIERO GNUDI, Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. Signor Presidente, il Governo sì riserva di esprimersi alla fine del dibattito.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, ci troviamo oggi a discutere della proposta avanzata dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, per quanto riguarda la modifica statutaria che prevede la ridefinizione del numero dei consiglieri della regione stessa.
Vorrei sottolineare che questa proposta è stata avanzata da tutti i gruppi consiliari del Friuli Venezia Giulia, con differenziazioni sulle modalità della messa in atto della proposta stessa, ma non della sostanza. Oltretutto è stata proposta in un momento nel quale c'era, come adesso, una forte e giusta pressione da parte dell'opinione pubblica sulla riduzione dei costi della politica, ma non erano ancora venuti a galla gli scandali che hanno contraddistinto la regione Lazio nelle ultime settimane. Dunque, devo dire che, con senso di responsabilità, tutti i gruppi regionali, sia di maggioranza che di opposizione, del Friuli Venezia Giulia sono andati in tale direzione, che, signor Presidente, sicuramente poteva essere più incisiva. Credo, però, che un passo avanti sia stato fatto, che però, visto lo status di regione a statuto speciale, necessita di una revisione costituzionale e quindi la doppia lettura, sia alla Camera che al Senato. Dunque, auspico che tutti i gruppi presenti in questa Camera vogliano velocizzare al massimo l'iter al fine di riuscire ad approvare queste modifiche e a dare una risposta ai cittadini, che chiedono costantemente e giustamente una riduzione dei costi della politica.
Se ciò non avvenisse, rischieremmo solamente di avere acceso un dibattito nell'opinione pubblica del Paese senza dare le dovute risposte.
Per questo, come ho detto, si poteva fare di più, ma in questo caso l'alternativa non sarebbe fare di più, ma sarebbe non fare niente, se incidessimo modificando il testo stesso.
Voglio oltretutto ricordare e fare presente ai colleghi presenti in quest'aula, ma soprattutto a quelli che leggeranno i resoconti, che esiste una differenza tra le regioni a statuto speciale. Non tutte le regioni a statuto speciale sono la Sicilia, Presidente, e non tutte le regioni a statuto speciale hanno 21 mila operai forestali. La regione Friuli Venezia Giulia, che è una regione, come sappiamo tutti, con una forte presenza di zone montuose, con le Alpi e le Prealpi, ha 190 operai forestali. La regione siciliana - lo ribadisco - ne ha 21 mila.
La regione Friuli Venezia Giulia è stata sempre presa come esempio di regione a statuto speciale e come modello da esportare per l'efficacia, un'efficacia che però non vuole essere la perfezione, anzi, penso che nella regione da cui provengo si possano fare autentici miglioramenti dal punto di vista della spesa pubblica. Voglio ricordare, per esempio, che una manovra incisiva bisognerebbe farla su tutti gli enti di secondo grado che rappresentano un costo cospicuo per la popolazione. Pag. 4
Voglio altresì ricordare che la nostra regione - anche questo per ricordarlo ai colleghi - è assolutamente autosufficiente dal punto di vista economico per quanto riguarda la sanità e le autonomie locali, a differenza di altre regioni a statuto speciale.
Inoltre, se mi permette, signor Presidente, vorrei rispondere ad alcune perplessità sollevate da alcuni gruppi di opposizione all'interno della discussione nella regione stessa. Infatti, alcune liste, come quella dell'Italia dei Valori, di Sinistra Arcobaleno e della Slovenska skupnost, si erano espresse contrariamente alla riduzione del numero dei consiglieri regionali in quanto - sto leggendo dalla relazione pervenutaci - produrrebbe, secondo queste liste, non secondo me, una carenza di rappresentanza democratica, una penalizzazione delle forze politiche minori e delle minoranze linguistiche. Al contrario questi stessi gruppi sostenevano che c'era e c'è la priorità di diversi e altri interventi normativi per ridurre i costi della politica. In questa seconda affermazione mi riconosco, signor Presidente, non nella prima, perché l'una non esclude l'altra. Penso che in una regione di un milione e 200 mila abitanti circa, 49 consiglieri, come parrebbe venire dal calcolo di un consigliere ogni 25 mila abitanti, siano più che sufficiente, anzi, come dicevo, forse, si poteva essere più incisivi, ma sicuramente tale numero garantisce sia la maggioranza che l'opposizione, garantisce sicuramente la governabilità per quanto riguarda la potestà legislativa che ha la stessa regione Friuli Venezia Giulia, ma dà una risposta a quelle istanze, di cui parlavo prima, che vengono dall'opinione pubblica.
Dall'altro lato, credo si possa assolutamente agire sulla riduzione dei costi della politica in altri modi. Qualcosa si è fatto già e spero si vorrà procedere su questa strada ancora, perché quanto è avvenuto in queste ultime settimane in altre regioni sicuramente merita una risposta di responsabilità da parte di tutte le autonomie locali.
Concludo, signor Presidente, ricordando che questa legge di revisione costituzionale dovrà fare un altro passaggio al Senato e quindi tornare alla Camera. I tempi sono molto stretti e dunque - come ho ricordato in premessa, ma voglio ribadirlo nel concludere il mio intervento - qualsiasi modifica venisse apportata a questo testo, anche migliorativa e condivisibile, farebbe però correre il rischio fortissimo, anzi, direi che darebbe quasi la certezza di non vedere ridurre il numero di consiglieri nel Friuli Venezia Giulia. Dunque, sarebbe una beffa verso chi si è impegnato in tal senso e verso i cittadini che, in particolar modo in un momento di crisi, devono vedere, soprattutto quando si chiedono loro sacrifici, che le inefficienze e gli sprechi del pubblico e, in particolar modo, della politica, sono tagliati e trovare una risposta da parte nostra, che siamo i legislatori, con una intervento immediato, senza tergiversare, che non deve trovare altre vie che rischiano di ledere ogni sforzo in tale direzione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Strizzolo. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, prima di entrare nel merito specifico di questo provvedimento, vorrei ricordare che esso deriva da un'iniziativa del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia volta a modificare lo Statuto della regione. Quindi, come è stato ricordato dal presidente Bruno prima, si tratta di un provvedimento di rango costituzionale, che prevede un percorso particolare, con la doppia approvazione da parte di Camera e Senato.
Come dicevo, vorrei fare qualche riflessione sul contesto politico in cui la Camera si trova ad esaminare la modifica dello Statuto del Friuli Venezia Giulia; ricordo che, successivamente, in calendario, abbiamo anche la modifica relativa allo Statuto della regione Sardegna e della regione Sicilia. In questa fase, effettivamente, vi è un clima generale contro il ruolo della politica e dei partiti, anche a seguito di tutte le vicende che hanno occupato le Pag. 5cronache di questi ultimi tempi. A tal riguardo, certamente, affermo e ribadisco che chi ha utilizzato in maniera impropria le risorse messe a disposizione per un servizio pubblico deve essere giustamente perseguito. Tuttavia, dobbiamo fare anche una considerazione, che è legata alla funzione stessa della politica, dei partiti e delle istituzioni democratiche.
È vero che, in questa fase, per raccogliere facili consensi, c'è la tendenza a dire di chiudere, di tagliare, di ridimensionare; una fase in cui i cittadini, le persone e le famiglie vivono una gravissima difficoltà come conseguenza di una crisi economica e sociale, che ha portato alla chiusura di tantissime aziende. Non mi riferisco solo a quelle di grandi dimensioni che, naturalmente, attirano l'attenzione della stampa nazionale e del sistema mediatico nel suo complesso; mi riferisco soprattutto a quella miriade di piccole e medie aziende che, spesso, chiudono nel silenzio proprio per la loro dimensione ridotta. Quindi, in una fase così drammatica di crisi economica e sociale, in questo clima, è facile alimentare anche populismo e demagogia, che potrebbero rischiare di travolgere il senso stesso della democrazia e la funzione della politica, dei partiti e delle istituzioni democratiche. Pertanto, quando affrontiamo questi argomenti, dobbiamo avere la capacità e la forza, talvolta, anche di andare contro corrente per salvaguardare il principio della rappresentanza democratica. La rappresentanza democratica, ovviamente, non deve essere eccessiva, non deve superare certi limiti, e deve trovare un giusto equilibrio, un giusto ancoraggio nella necessità di rappresentare i territori, la pluralità - per esempio, quella che noi riscontriamo nella nostra regione, il Friuli Venezia Giulia -, la presenza di storie, di tradizioni, di culture e di lingue diverse tra di loro. Quindi, c'è sì la necessità di ridurre, ma a mio modo di vedere, c'è anche la necessità di non andare sotto una certa soglia.
Quindi, lo sforzo che è stato fatto con questo provvedimento, con questa proposta, è quello di avviare un percorso di riduzione complessiva, con l'introduzione del rapporto non più di un consigliere regionale ogni 20 mila abitanti, ma di uno ogni 25 mila abitanti. A questo proposito, devo fare subito una precisazione, affermando che il testo licenziato dal Senato - poi ne spiegherò le ragioni -, a mio modo di vedere, deve trovare l'approvazione di questa Camera senza apportare modifiche. Come dicevo, nell'ambito del Consiglio regionale c'è stata giustamente e doverosamente una discussione e c'è stato un confronto tra le varie componenti politiche.
Alla fine c'è stata l'approvazione di questo testo che, ripeto, prevede il rapporto di un consigliere ogni 25 mila abitanti, rispetto ad un'altra tesi che pure aveva l'obiettivo di ridurre il numero dei consiglieri, però di fissarlo direttamente in legge. Questa è stata la posizione assunta dal gruppo consiliare regionale del Partito Democratico nel consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia proprio perché - a nostro giudizio, a giudizio del Partito Democratico - era preferibile indicare esplicitamente e chiaramente il numero dei consiglieri. Questo perché? Perché, se noi andiamo a vedere la modifica che è stata introdotta, c'è un particolare che potrebbe - e dico potrebbe - rischiare di creare qualche problema, come ben evidenziato anche nella relazione che accompagna questo provvedimento, quella fornita dal servizio studi della Camera dei deputati, dove si mette in evidenza che, con la modifica prevista dalla proposta di legge che deriva dal voto del consiglio regionale, il numero dei residenti sulla base del quale fare il calcolo per assegnare il numero dei consiglieri, rischia di creare qualche problema applicativo. Mi spiego: qui si fa riferimento non più all'ultimo censimento generale fatto nel Paese con una procedura ben definita e ben precisa, che si conclude con l'approvazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che stabilisce, regione per regione, provincia per provincia, comune per comune, il numero degli abitanti e dei residenti; qui si fa riferimento al dato ufficiale che l'ISTAT emana al termine di ciascun anno solare. Pag. 6
Vi è, quindi, una discrasia tra quanto previsto in questa modifica e il calcolo all'interno della regione e del territorio nella suddivisione del numero dei consiglieri, circoscrizione per circoscrizione. Infatti, per l'assegnazione del numero dei consiglieri oggi è in vigore la norma che dice: si fa riferimento all'ultimo censimento generale. Quindi, c'è una discrasia applicativa, per cui mi permetto di suggerire al legislatore regionale - una volta approvato questo testo e i tempi tecnici ci sono - di intervenire subito per apportare una modifica alla legge regionale del 2007, che ha introdotto alcuni meccanismi.
È, dunque, importante che questo provvedimento vada avanti in questo testo e qui svolgo un'altra riflessione: nei giorni scorsi c'è stata una riunione della Conferenza dei presidenti delle regioni sull'onda dello scandalo del Lazio e di altri problemi che sono presenti anche in altre regioni del nostro Paese per quanto riguarda il problema rimborsi, finanziamenti ai gruppi consiliari e via discorrendo; ebbene c'è stata un'intesa di massima, di cui la stampa ha dato abbondantemente notizia, circa la prossima emanazione da parte del Governo di un decreto-legge che dovrebbe, appunto, intervenire sui costi non solo delle regioni, ma anche degli altri livelli di governo locale e, quindi, province e amministrazioni comunali.
Alla luce di questo, la regione Friuli-Venezia Giulia è la prima regione che andrà al voto, in quanto, presumibilmente, si troverà a rinnovare il proprio consiglio regionale in occasione dell'appuntamento delle elezioni politiche: non è ancora stabilito, non è deciso, ma in linea di massima dovrebbe esserci il famoso election day. Ebbene, i tempi tecnici sono brevi, perché presumibilmente si andrà al voto o a fine marzo, o nella primissima parte del mese di aprile. Pertanto, questo provvedimento, in questo testo, consentirebbe una riduzione da 59 a 49 consiglieri regionali, una riduzione di per sé già significativa, ma, secondo alcuni potrebbe essere un primo passo verso un'ulteriore riduzione.
Qui, si fa riferimento al famoso dato dei trenta consiglieri che sarebbe uscito da questa intesa di massima sancita a livello di Conferenza delle regioni e che il Governo starebbe per assumere e poi codificare in questo decreto-legge che è stato annunciato. Tuttavia, qual è il problema, qual è la difficoltà? Se, oggi, in sede di esame di questo provvedimento, qui alla Camera, a Montecitorio, dovessimo introdurre delle modifiche al testo che è uscito dal Senato, ripartirebbe ex novo tutta la procedura della doppia lettura Camera e Senato che, realisticamente, rischierebbe di non poter rispettare i tempi tecnici necessari per poter applicare il testo modificato sin dal prossimo rinnovo del consiglio, e cioè dalla prossima primavera nell'ambito, appunto, delle elezioni regionali del Friuli-Venezia Giulia. Perciò, la ragione per la quale il Partito Democratico è favorevole a una rapidissima approvazione del testo uscito dal Senato è quanto meno quella di realizzare le condizioni per ridurre a 49 il numero dei consiglieri, fatto salvo l'aspetto di cui parlavo prima e cioè la necessità, subito, di un intervento anche della regione che, con un correttivo, faccia riferimento ai dati ISTAT per l'assegnazione, nell'ambito delle singole circoscrizioni, del numero dei consiglieri, così come richiamato dal comma 2 dell'articolo 13 dello Statuto del Friuli-Venezia Giulia, che con questo provvedimento si va a modificare.
A proposito del clima generale, credo che bisogna avere la forza e il coraggio, in questo momento, di intervenire complessivamente sulla riduzione dei costi della politica ma sottolineo un punto che purtroppo è emerso in questi anni: nelle regioni, e lo dico in punta di piedi e con il massimo rispetto, negli anni si sono stratificati degli apparati burocratici amministrativi che hanno sostanzialmente imitato l'apparato burocratico amministrativo dei ministeri a livello nazionale, aumentando così i costi complessivi della gestione burocratica amministrativa; però in questo momento si parla prevalentemente dei costi della politica.
Anche qui mi permetto di fare una considerazione - sia ben chiaro - non per giustificare in alcun modo gli errori e le Pag. 7trasgressioni che sono state commesse in questa o in quella regione, in questa o in quella amministrazione pubblica, però non è accettabile che si tenda ormai, anche con certi articoli di giornale, a gettare un discredito complessivo sull'intera classe dirigente, su tutti partiti, su tutte le forze politiche. Questo rischia di essere, a mio modo di vedere, un pericolo per i giusti e doverosi equilibri democratici del Paese; infatti, una volta delegittimate le istituzioni, come oggi accade, può anche scattare una corsa a dimostrare chi è più bravo a proporre i tagli e allora si parla di dimezzare i parlamentari, ma in base a cosa? Ma allora perché dimezzarli, qualcuno può proporre di ridurli dell'80 per cento, di ridurre tutto a una persona che decida e governi da sola questo Paese; sicuramente i costi non ci sarebbero più, però saremmo in un altro tipo di sistema politico, saremmo in una sorta di dittatura, magari formalmente elettiva e questo è, quindi, un ossimoro.
Credo che sia necessario attenersi ad un percorso che deve fare pulizia, eliminare effettivamente gli sprechi senza però mettere in discussione la funzione della politica come impegno, come missione per la ricerca e la costruzione del bene comune, la politica deve sempre e comunque mettere al centro dei propri programmi e della propria azione la dignità e il rispetto della persona umana soprattutto quando è in condizioni di difficoltà, di disabilità, di debolezza e di emarginazione.
Il recupero della politica, cioè, come strumento per la promozione di una maggiore giustizia sociale e per la promozione del bene comune. Credo si debba fare questa riflessione, anche se io ho fatto solo dei flash e certamente servono momenti ulteriori di approfondimento, perché gli aspetti sono moltissimi. Infatti, come dicevo, l'errore nelle regioni, compresa la mia, il Friuli-Venezia Giulia, è stato anche quello di costituire degli enti e dei consorzi, delle realtà burocratiche e amministrative che hanno appesantito ulteriormente, non solo il rapporto con i cittadini, le famiglie e le imprese e i territori, ma hanno appesantito, evidentemente, anche il costo complessivo della gestione degli enti e delle istituzioni. Quindi, lo sforzo deve essere assolutamente fatto, però, volendo rispondere in maniera immediata e talvolta con qualche venatura di demagogia a questa ondata legittima di protesta dell'opinione pubblica, attenzione a non assumere dei provvedimenti che poi mettono in discussione la rappresentanza democratica e il dato complessivo dell'impegno e della funzione della politica.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, toccherò rapidissimamente qualche altro aspetto. Nel contesto di questo provvedimento bisogna tenere assolutamente presente - l'ho detto un attimo fa, ma è bene che io lo ribadisca - che la regione Friuli-Venezia Giulia è la prima che andrà al voto. Ogni tanto emerge anche la discussione fra regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale: credo che, per quanto riguarda la mia regione, le ragioni della specialità persistano anche oggi, nonostante un cambiamento, anche radicale, soprattutto nei rapporti est-ovest, come l'apertura di Paesi dell'ex blocco sovietico che sono entrati nell'Unione europea, che sono entrati nell'area Schengen, e così via. Vi è comunque, a mio modo di vedere, la necessità di tutelare, soprattutto, le peculiarità linguistiche, anche se non solo queste; ciò è dovuto alla presenza di minoranze come quella slovena e all'uso della lingua friulana, e qui apro e chiudo subito una parentesi.
In questi giorni vi è anche un dibattito, un confronto, talvolta con dei toni anche polemici, su uno degli ultimi provvedimenti che il Governo ha presentato e che l'Aula, anche alla luce dei voti di fiducia, ha approvato, per i quali vi è il rischio, non solo per la lingua friulana, ma anche per la lingua sarda - e qui accanto a me vi è il collega Melis, che forse farà un cenno in merito -, dando un certo tipo di interpretazione ad un articolo della spending review, che queste lingue, che trovano tutela e riconoscimento nella legge n. 482 del 1999, siano declassate a dialetto. Attenzione, perché qui non si tratta di difendere qualcosa di campanilistico, come talvolta viene detto, ma si tratta di riconoscere Pag. 8e tutelare qualcosa che è previsto nella Costituzione della Repubblica italiana - e dico questo al rappresentante del Governo, che ringrazio per essere presente e per l'attenzione che presta a questo nostro dibattito - e che è contenuto anche in alcune direttive, in alcuni provvedimenti, in alcuni accordi e trattati che sono stati sottoscritti a livello di Unione europea. Anzi, mi corre l'obbligo di sollecitare l'approvazione del disegno di legge di ratifica dell'accordo sulle regioni e sulle lingue minoritarie, che in questo momento è fermo alla III Commissione (Esteri) dopo che tutte le Commissioni di Montecitorio hanno già espresso i propri pareri. Quel disegno di legge, signor rappresentante del Governo, deve essere assolutamente portato avanti, perché fa riferimento alla Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, che è stata siglata e già approvata da diversi Stati appartenenti all'Unione europea da parecchi anni. Chiudo questa parentesi ricordando e richiamando l'importanza della specialità, anche proprio in riferimento alle lingue che devono essere tutelate.
Proprio ieri ho preso parte a Cervignano del Friuli al congresso annuale della società filologica friulana, un'istituzione antichissima che ha come obiettivo proprio la tutela della cultura e della lingua friulana come occasione di sviluppo, di crescita, di migliori relazioni e di rapporti di cooperazione e di amicizia con tutti i popoli che sono vicini alla nostra regione e che ha quindi la finalità di far comprendere, anche a chi oggi magari sottovaluta questo aspetto, che la tutela delle lingue, anche quelle minoritarie, è una ricchezza per l'intero Paese e una potenzialità per le comunità locali.
Quindi, credo che talvolta questo dibattito dovrebbe più che altro orientarsi, piuttosto che sull'aspetto che le regioni a statuto speciale hanno dei privilegi, a cui mi pare il collega Fedriga prima abbia fatto qualche riferimento, al fatto che le regioni a statuto speciale - parlo della mia perché ovviamente la conosco di più - hanno il meccanismo delle compartecipazioni. Qui apro e chiudo un'altra parentesi: devo dire che, fra le regioni a statuto speciale, la regione Friuli-Venezia Giulia è quella che ha la quota di compartecipazione minore rispetto alle altre. Questo non significa - badate bene - voler ridurre le compartecipazioni delle altre regioni.
Si tratta di promuovere con gradualità un elevamento, quindi una parificazione, del meccanismo della compartecipazione. Questo dovrebbe essere il meccanismo da perseguire - lo ripeto: gradualmente - anche per le regioni ordinarie. Qui abbiamo avuto tutto il discorso, l'ambaradan (scusate questo termine), sul federalismo fiscale che si è arenato, ma non per colpa di questa o quella forza politica o del Governo Monti, che è venuto dopo il Governo Berlusconi, ma per come è stato impostato quel provvedimento di legge.
Infatti, nonostante le notevoli migliorie introdotte grazie anche al lavoro dei colleghi del Partito Democratico della Commissione bicamerale specifica per il federalismo fiscale e delle Commissioni affari costituzionali e bilancio, grazie all'intervento e all'apporto, lo ripeto, anche degli appartenenti al gruppo del Partito Democratico, ma nonostante quei miglioramenti, quella legge si è arenata proprio per difficoltà applicative perché, se andiamo a leggerla, ci sono tutta una serie di rinvii a successivi decreti e regolamenti.
Si tratta di una miriade, un coacervo di ulteriori provvedimenti e, sin dall'inizio, si sapeva che non avrebbe portato da nessuna parte l'impianto che è stato scelto per un provvedimento che avrebbe dovuto portare ad un effettivo miglioramento nei rapporti tra l'utilizzo delle risorse pubbliche e i cittadini, con tutto il meccanismo dell'imposizione e della equità fiscale, rispetto al quale il Parlamento dovrà, purtroppo, fare ancora un lungo lavoro.
In questi giorni in Commissione finanze è stato avviato l'esame del disegno di legge di delega fiscale. È un percorso molto complicato, ma fondamentale, se vogliamo rivedere l'impianto complessivo del sistema fiscale nel nostro Paese, combattere l'evasione fiscale, porre un freno all'elusione fiscale e all'abuso del diritto e recuperare Pag. 9risorse, perché le drammatiche situazioni di questi ultimi anni derivano anche dall'elevato tasso di evasione che per anni è stato tollerato in questo Paese.
Non dimentichiamo che il Governo Prodi, che cercò di contrastare l'evasione fiscale, è stato accusato un po' da tutti di essere il Governo delle tasse, salvo poi pagare profumatamente, sulle spalle di tutti cittadini, o comunque in particolare dei cittadini onesti, il tentativo di recuperare e di rimettere in sesto i conti pubblici. Quindi, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, credo che questo provvedimento possa e debba essere approvato da quest'Aula.
Facciamo in modo che ci sia una accelerazione nel completamento della doppia lettura, in maniera tale che ci possa essere l'approvazione definitiva in tempo utile per poter applicare questa riduzione del numero dei consiglieri sin dal prossimo rinnovo che, lo ripeto, è previsto per la prossima primavera.
Concludo, signor Presidente, dicendo che sui temi e i rapporti dei costi della politica ci sarebbe molto ancora da dire, però ripeto un concetto di fondo: stiamo attenti perché quelli che ai tempi di Tangentopoli erano qua fuori a gridare «ladri, corrotti», mi pare che alcuni siano quelli che nella regione Lazio hanno prodotto una situazione di discredito che poi viene gettata sull'intero Parlamento, sull'intera classe politica. Questo è il rischio.
Io non lo so, non voglio fare dietrologie, ma viene il dubbio ogni tanto, leggendo certi articoli di giornale e seguendo un po' anche l'andazzo di certi talk show televisivi, che solo per fare audience vogliono alimentare le polemiche, che veramente qui c'è il rischio che ci sia qualche forza, qualche potere forte, come si suol dire, che magari preferirebbe, con la scusa legittima della riduzione dei costi della politica, di ridimensionare pesantemente il ruolo della politica stessa e il ruolo dei partiti. Questo sarebbe un rischio gravissimo per il sistema democratico.
Credo che se l'impegno della politica torna ad essere, o sforziamoci tutti di tornare a farlo diventare appieno, completamente, l'impegno e lo strumento per promuovere il bene comune e l'interesse generale, ecco così forse si comincia a recuperare fiducia e credibilità davanti ai cittadini, davanti agli elettori, che io spero non cadano ancora una volta nel tranello di qualche pifferaio magico. In questi vent'anni ne abbiamo visti diversi e abbiamo visto come è ridotto il Paese.
Quindi, impegniamoci tutti, lo dico prima di tutto a me stesso, nel legittimo dibattito, confronto, alternatività tra questa e quella componente politica, però con l'obiettivo di fondo di non consentire lo scardinamento delle istituzioni democratiche del nostro Paese, pur portando avanti una rigorosa azione di ridimensionamento dei costi superflui e degli sprechi, che ci sono e vanno combattuti. Però, come si suol dire, attenzione a non buttare via con l'acqua sporca anche il bambino (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Di Centa. Ne ha facoltà.

MANUELA DI CENTA. Signor Presidente, Ministro Gnudi, colleghi, il prossimo gennaio, esattamente il 31 gennaio, ricorre il cinquantesimo anniversario dello Statuto di autonomia speciale della regione Friuli-Venezia Giulia. Permettetemi, me lo ricordo in modo particolare perché io sono nata il 31 gennaio di, ahimè, cinquant'anni fa e, quindi, mi lega anche in modo particolare questa data alla mia terra, ovviamente. Una terra, il Friuli-Venezia Giulia, che è una terra di confine, forse più di ogni altra perché segnata da eventi che hanno caratterizzato l'Europa nel XX secolo.
In regione ci accingiamo a celebrarli con l'essenzialità che caratterizza la nostra identità, friulana e giuliana, e, personalmente, anche quella fortemente carnica, la mia, che tanto più oggi è dovuta. Vi è la consapevolezza che autonomia comporta un di più di responsabilità verso chi te l'ha concessa, in nome dell'Italia, ma soprattutto verso la comunità a cui questa fa anche riferimento. La comunità regionale Pag. 10attraverso l'autonomia vuole e deve di più saper dimostrare una vera cittadinanza, cioè una cittadinanza consapevole.
Noi, donne e uomini del Friuli-Venezia Giulia e anche della Slovenia, abbiamo sempre concepito l'autonomia come un fatto che genera un di più di responsabilità e che deve saper dare prova di saper spendere meno e governare meglio nell'interesse sia proprio che nell'interesse del Paese. Più volte questa comunità regionale è stata messa in ginocchio, veramente in ginocchio, da tragedie sia belliche che naturali, ma con grande tenacia, prima ancora che sulla solidarietà, che è sempre stata garantita, si è risollevata.
La tragedia, in particolare, del terremoto del 1976 e l'efficiente ricostruzione che ne è seguita dimostrano tutto il valore di quel principio di sussidiarietà che l'ha caratterizzata e rimangono prova intangibile della positiva identità del nostro popolo.
Abbiamo subito per lunghi anni la guerra fredda, ma non ci siamo rassegnati e, nonostante il grande muro che ci divideva da altri popoli lì vicini, siamo stati però artefici di quella comunità, l'Alpe Adria, primo esempio vero di «euroregione» politica, protesa alla cooperazione transfrontaliera, che penetrava anche quel grande muro che era lì vicino a noi. Si tratta di un confine spesso doloroso e di cui ancora adesso portiamo il segno, ma che è stato anche luogo, come nella Prima guerra mondiale, di un grande esempio di Italia unita come le indimenticabili - e io direi uniche - portatrici carniche, uniche donne che rifornivano con immani sofferenze soldati di ogni parte d'Italia che combattevano sul nostro fronte, quello italo-austriaco per cercare di tenerci liberi. Queste sono le donne di casa mia, signor Presidente e colleghi, sono la mia nonna e tante nonne come la mia.
La nostra è un'autonomia mai concepita come distinguo o desiderio di separazione. Per tutti giovi ricordare quella indimenticabile pagina di Trieste, dove nel 1954 alla proclamazione di Trieste libera e italiana, l'intera popolazione nelle piazze cantava il nostro inno «Fratelli d'Italia». È un sentimento che io, come atleta, ho portato sempre nel mio cuore ovunque mi trovassi a gareggiare: vincere o non vincere sotto il Tricolore.
Vi è stata la grande prova in quest'unica Aula di una grandissima lungimiranza con cui Alcide De Gasperi tenne quel memorabile discorso a sostegno della proposta di concedere un'autonomia speciale ad alcune realtà di confine caratterizzate da etnie, storie e culture diverse, nella convinzione che tutto ciò non avrebbe prodotto separazione, ma inclusione verso il nostro Paese, l'Italia. De Gasperi, tuttavia, già allora ammoniva coloro che ne fossero destinatari a dimostrare un di più di responsabilità, a farne un uso per governare meglio, spendere nel modo più efficace le tasse che rimanevano sul territorio. Infatti, l'autonomia non si conquista una volta per tutte, ma si conferma nel suo valore giorno per giorno con il buon Governo. In secondo luogo, vi è soprattutto il principio di sussidiarietà.
Ebbene, signor Presidente, signor Ministro, colleghi, siamo consapevoli tutti oggi che le regioni speciali, tanto più alla luce della crisi economica che incombe, vengono considerate in modo indiscriminato luogo di privilegio. Alcune fastidiose e negative pratiche di Governo improntate ad assistenzialismo denotano di non aver saputo far tesoro di quell'ammonimento di De Gasperi e di suffragare con pratiche sbagliate questo sentimento. Noi rivendichiamo per il Friuli-Venezia Giulia il diritto a venire giudicati secondo la nostra individualità che caratterizza ovviamente ogni regione, perché diversi sono gli statuti speciali nella forma e nella sostanza, perché diverso è l'uso che se ne è fatto e che è all'evidenza della comunità nazionale.
Voglio ricordare qui che cosa ha detto il professor Giarda, il nostro attuale Ministro per i rapporti con il Parlamento, in occasione al Senato di un convegno propedeutico alla legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale: ricostruì la genesi delle regioni a statuto speciale ricordando le unicità dello statuto del Friuli-Venezia Giulia, l'unico - tra i vari statuti - improntato ad un sano e corretto principio Pag. 11federalista. Fu l'unica regione speciale per la quale prima vennero definite le competenze da esercitare in modo esclusivo e poi quantificati in modo esatto i decimi di tasse da lasciare nella regione per far fronte a quelle competenze.
Vorrei qui condividere con tutti voi che, nel caso del Friuli-Venezia Giulia, sono solo sei i decimi di IRPEF che rimangono nella regione e non nove, come da altre parti. Ricordo, inoltre, che fra le competenze esclusive che la regione ha, vi sono le autonomie locali, i trasporti, molto altro e, soprattutto, la sanità, che sottolineo. Non fummo beneficiati di nessun premio da parte dello Stato. La regione Friuli-Venezia Giulia è l'unica in Italia - l'unica! - che ha un servizio sanitario autonomo, completamente sganciato dal Fondo sanitario nazionale. Si tratta di una scelta fatta non per convenienza, perché, anzi, sarebbe convenuto il contrario, ma per senso di responsabilità, dandoci la sfida di fare della salute del cittadino un esempio di buon governo.
Se oggi, come dimostrano le ricerche statistiche, la sanità in Friuli-Venezia Giulia ha il pieno gradimento della popolazione - il 70 per cento mentre solo il 7 di questa non è soddisfatta -, questo dimostra che dall'esercizio di questa autonomia dobbiamo trarne un esempio positivo e, quindi, una best practice anche da portare avanti, un esempio forte e non un esempio debole.
Se in Italia la pubblica amministrazione soffre dell'endemica colpa di pagare i fornitori con grave ritardo, in Friuli-Venezia Giulia la statistica redatta da Il Sole 24 Ore, dimostra che il servizio sanitario della regione paga in 60 giorni e che la media della pubblica amministrazione in regione è di 84 giorni. Certo, chiaramente si può fare di più! Però, questo è un buon punto di partenza sapendo sempre, appunto, che si può fare molto di più.
Nel contempo, siamo consapevoli che la specialità, appunto perché speciale, è sempre un'arma a doppio taglio e che il rischio di forme di assistenzialismo e di spesa improduttiva sono sempre incombenti. Per questo è importante promuovere, sempre e fortemente, la cultura della responsabilità. Soffriamo di una burocrazia insostenibile e verso la quale poco possiamo fare, se non se ne fa carico, insieme a noi, lo Stato. Subiamo sul nostro confine lo svantaggio di una concorrenza fiscale molto forte da parte, soprattutto, dei Paesi limitrofi, Austria e Slovenia, e per questo stiamo combattendo per avere attenzioni e misure da parte del Governo.
Da soli ci stiamo facendo carico di un'infrastruttura come la terza corsia sulla A4, divenuta indispensabile per l'Italia dopo che il Centro e il Sud Europa sono entrati nel mercato comune. È, secondo voi, un'opera di cui doveva farsi carico solo il Friuli-Venezia Giulia? È una domanda, ma per ora è così! Noi non siamo abituati a rimanere fermi o a dare la colpa allo Stato. Noi cerchiamo di fare anche se fare, in questo caso, vuol dire fare da soli. Ma, non è un'opera solo per noi ma anche per gli altri!
Governare meglio e spendere meno è stato sempre il motto del nostro presidente della regione, Renzo Tondo, che non a caso ha improntato la propria amministrazione regionale, fin dall'inizio del suo mandato nel 2008 e, quindi, ben prima dello scoppio della crisi e della spending review del Governo Monti, alla riduzione della spesa. Sì, alla riduzione della spesa e al taglio del debito pubblico regionale, che in quattro anni è stato ridotto del 40 per cento.
In questa spesa pubblica regionale da tagliare, ridotta con azioni costanti e mirate di ben 72 milioni annui, ha dato priorità ai costi diretti e indiretti della politica. Ha tagliato molte figure non essenziali, come gli assessori per esempio. Il numero degli assessori è stato diminuito, già dal presidente, da 10 a 8. Ha voluto che il consiglio regionale si facesse promotore di una legge regionale costituzionale per la riduzione del numero dei consiglieri regionali. Ed è con orgoglio e, devo dire, anche con fierezza che oggi possiamo dire che la legge costituzionale che stiamo esaminando è voluta fortemente dalla nostra regione, dal Friuli-Venezia Giulia, Pag. 12il cui presidente Tondo ne ha sollecitato l'esame in quest'Aula e che il gruppo parlamentare Popolo della Libertà qui sostiene convintamente.
Vi è un ultimo punto infine. Come potete osservare, nello Statuto del Friuli Venezia Giulia, non era e non è fissato in modo preciso il numero dei consiglieri regionali, ma se ne indicava prima uno ogni ventimila, ora, con questa modifica, uno ogni venticinquemila.
Perché questa particolarità per il solo Friuli Venezia Giulia? Il costituente, allora, in modo lungimirante, tenne conto di una regione che, di fatto, è un piccolo, ma un piccolo compendio fatto di etnie, lingue e culture, diverse tra loro, di minoranze nazionali, di una terra amputata dell'Istria, Fiume e Dalmazia, che produsse e condusse 350 mila - scusate l'emozione - profughi con forti immigrazioni. Si tratta di una terra, insomma, dove la realtà e la misura della rappresentanza dei singoli territori non poteva essere certo numerica o statistica, ma doveva avere una radice, una natura ed una dinamica completamente diverse. Tutt'oggi, queste necessità, seppure attenuate, rimangono comunque tali e integrali.
Quindi, concludendo, signor Presidente, hanno fatto bene il consiglio regionale, prima, ed il Senato, poi, a mantenere questa impostazione di proposta di modifica. Auspico - e auspichiamo tutti noi del Popolo della Libertà - un'approvazione celere alla modifica della legge che, come sappiamo, ha bisogno di una doppia lettura, ma noi siamo convinti che ce la facciamo se ce la vogliamo veramente fare. Noi siamo convinti di questo. Andiamo avanti velocemente (Applausi)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, ho ascoltato con attenzione tutti gli interventi e, da ultimo, quello della collega Di Centa, che è intervenuta con un intervento bello, romantico e commovente. Ne approfitto anche per farle anticipatamente gli auguri per il compleanno: io purtroppo quegli anni li ho già passati da tempo e la collega se li porta bene. Devo dire anche che, nel mio intervento, non entra in discussione minimamente la grandezza delle genti friulane, giuliane e carniche di una terra alla quale io sono particolarmente legato. Sono, peraltro, iscritto all'associazione dei giuliano-dalmati delle Marche. Mio padre ha vissuto lungamente a Zara e, quindi, capisco perfettamente tutte le sue parole. Tuttavia, mi sia consentito dire che sia la rappresentanza, che le territorialità e le etnie possono essere garantite con previsioni statutarie, ma che ciò, che è giustissimo garantire, non può incidere minimamente su un ragionamento relativo ai costi della politica.
Faccio riferimento anche all'intervento dei colleghi che hanno sostenuto la necessità di non modificare questo testo per accelerarne l'approvazione. Questo lo comprendo perfettamente, ma se c'è volontà politica - lo abbiamo visto più volte - l'altra Camera approva nel giro di una settimana, quindi non è che perché il testo è arrivato qui dal Senato, diventa blindato e immodificabile. Se noi lo modifichiamo e la settimana prossima il Senato lo riapprova, abbiamo allungato i tempi di una settimana non di chissà quanto tempo anche perché siamo all'interno della struttura di approvazione che poi rinvia a tre mesi. Quindi, il Senato può tranquillamente approvare il provvedimento in sette giorni.
Allora mi sia consentito fare qualche critica: non credo che reggano le motivazioni che sono state addotte in quest'Aula rispetto alla fissazione non di un numero di consiglieri, ma di una logica e di una parametrazione.
Si dice: prima era uno ogni 20 mila, ora è uno ogni 25 mila. Faccio rilevare che il Friuli Venezia Giulia, terra che adoro, ha 1 milione 200 mila abitanti e porterebbe i consiglieri da 59 a 49; la mia regione, che ha 1 milione e mezzo di abitanti, ha 40 consiglieri; la normativa nazionale, ma anche proposte di legge già presentate, stanno per portare i consiglieri a 30, Pag. 13quindi uno ogni 50 mila abitanti, mentre attualmente siamo a uno ogni 40 mila.
La proposta di legge di cui parleremo tra poco sulla Sicilia - per carità, ha mille altre criticità che posso condividere - porta i consiglieri da 90 a 70, con 5 milioni di abitanti, quindi parliamo di un rapporto di un consigliere ogni 70 mila abitanti. Quindi, francamente - noi abbiamo presentato degli emendamenti in tal senso - trovo che sia sbagliato il riferimento al numero degli abitanti, cioè dire che i consiglieri sono uno ogni «x» abitanti. A mio giudizio, in una struttura ormai moderna, in un Friuli Venezia Giulia ormai, come dire, «mutilato ma libero», con la sua grande storia, che per fortuna non c'è più, con un problema certamente di rappresentanze etniche che possono essere però garantite statutariamente altrimenti, noi pensiamo che si debba stabilire un numero fisso di consiglieri, anche perché poi gli statuti, come vediamo, non sono assolutamente immodificabili.
Altra cosa che mi sento di dire è a proposito del secondo comma del nuovo articolo 13, nella seconda parte, dove si fa riferimento ai dati desunti dall'ultima rilevazione ufficiale dell'ISTAT, Movimento e calcolo della popolazione residente annuale antecedente il decreto di convocazione dei comizi elettorali. Questo è un dato che l'ISTAT riceve direttamente dai comuni: noi crediamo che andrebbe fatto riferimento all'ultimo censimento - come avviene per tutte le elezioni - o quanto meno al dato comunicato dai comuni, verificato e certificato dal Ministero dell'interno e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, altrimenti diventa un dato estremamente aleatorio. Di questo abbiamo parlato anche in I Commissione con riferimento ad una normativa già approvata dal Senato, molto simile a questa, c'è stato un dibattito e si è ritenuto di dover arrivare quanto meno a garantire la certificazione del numero nel modo che io ho detto poc'anzi.
Peraltro, si tenga presente che, nel momento in cui si andasse a votare con questa normativa per le regionali, per altre elezioni, ad esempio le politiche, il corpo elettorale sarebbe diverso, nel senso che per le regionali ci sarebbe un corpo elettorale e per le politiche ce ne sarebbe un altro. Quindi, francamente crediamo che sia una situazione del tutto particolare così come, ripeto, quella che vorrebbe impedire a quest'Aula delle modifiche in nome di una veloce approvazione, che potrebbe comunque esserci se noi modificassimo il testo e se l'Aula del Senato lo approvasse rapidamente a sua volta, nel corso della prossima settimana.
Detto questo, ovviamente salutiamo con favore ogni tipo di riduzione dei costi della politica, quindi anche quello del numero dei consiglieri regionali. Teniamo anche presente che 30 consiglieri regionali - che secondo me sarebbe il numero corretto - rappresentano uno sbarramento implicito del 3,3 per cento che, con il gioco dei resti, scende sotto il 3 per cento, quindi uno sbarramento nettamente inferiore a quello delle elezioni politiche e comunque in grado di garantire la rappresentanza.
Detto questo, non posso che condividere alcune delle cose che sono già state dette, nel senso che la riduzione del numero dei consiglieri, fatta salva la rappresentanza politica ed etnica, come ho detto più volte, è soltanto una delle cose che andrebbero fatte per ridurre i costi della politica.
Soprattutto richiamerei il costo delle pubbliche amministrazioni, perché l'esplosione dello scandalo nel Lazio lo ha messo sotto gli occhi di tutti, ma sono tantissime le voci di costo della pubblica amministrazione sulle quali si potrebbe agire.
Certamente - sembra che il Governo ci stia lavorando e vedremo cosa partorirà - c'è il discorso dei danari che utilizzano i gruppi consiliari nelle regioni, ma noi aggiungeremmo anche il numero e la remunerazione dei dirigenti, che in alcune regioni sono veramente troppi e molto pagati, e anche una revisione del costo della sanità. Non intendo ovviamente discutere la necessità di finanziare il servizio pubblico della sanità, ma di farlo in maniera corretta: ad esempio - non parlo Pag. 14solo di questo settore -, al netto del costo della corruzione, che è stato stimato in 60 miliardi l'anno.
Credo che dovremmo ragionevolmente intervenire su tutti i costi della pubblica amministrazione. Certo, simbolicamente è necessario farlo a partire dai costi della politica, ma andando ad incidere in maniera significativa su tutti i costi della macchina.
Concludendo, per quanto riguarda la regione Friuli-Venezia Giulia, noi ci riserviamo di decidere il voto, fermo restando che siamo favorevoli a qualunque tipo di riduzione, all'esito del voto sugli emendamenti, perché francamente crediamo che questo intervento, seppur sempre da salutare con favore, sia estremamente debole ed estremamente confuso, che ci consegna una normativa certamente non soddisfacente.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lusetti. Ne ha facoltà.

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, anch'io, come il collega Favia, non sono friulano, ma colgo l'occasione per fare una riflessione sul tema che riguarda i costi della politica, la riduzione dei consiglieri e così via.
Nel merito, al di là dei ragionamenti sulle competenze legislative e sui parametri demografici, sulle dinamiche storiche e culturali, sulla composizione linguistica delle regioni a statuto speciale, penso che oggi il tema che emerga in questa riflessione sia quello di una riduzione di numeri che sicuramente creerà innovazione nel lavoro istituzionale, imporrà riforme nelle regioni e contribuirà a ridurre i costi della politica locale.
Lo dico perché da questo punto di vista, indipendentemente dalle specifiche norme contenute in questo provvedimento, che riguarda le modifiche allo Statuto della regione Friuli Venezia Giulia, il provvedimento in qualche modo cade in un momento particolarissimo per la vita politica del nostro Paese, proprio dopo gli scandali della regione Lazio e del consiglio regionale del Piemonte, che sicuramente hanno alimentato sempre di più il sentimento negativo dei cittadini nei confronti della politica e dei rappresentanti politici. Pertanto, dobbiamo enfatizzare il lavoro che stiamo facendo che, al di là dei parametri individuati da questo provvedimento, riduce enormemente il numero dei consiglieri regionali.
D'altra parte, anche le regioni hanno capito il contesto di difficoltà della politica, al punto tale che l'ultima riunione della Conferenza delle regioni all'unanimità ha approvato un documento nel quale si chiede al Governo di tagliare per decreto il numero degli eletti e di punire chi non si adeguerà. È un concetto che ha ripreso proprio ieri il presidente della Conferenza delle regioni Vasco Errani, secondo il quale in tempo di crisi servono risposte rapide per ridare dignità alle istituzioni e non sarebbe nemmeno la prima volta che le regioni cedono una parte di autonomia di fronte all'urgenza di una scelta.
E ancora, il Governo ha annunciato di voler accelerare l'approvazione di un provvedimento che riguardi la riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori, attraverso un decreto-legge, tra qualche giorno - il Ministro Gnudi lo potrà confermare - che riguardi non solo la riduzione del numero, ma anche le indennità, i rimborsi, i benefit e i contributi pubblici che i gruppi consiliari hanno avuto, in qualche modo, in questi anni. Si tratta di una riduzione drastica di questo tipo; è importantissima, se vogliamo riconciliare i cittadini con la politica.
Ora, senza atti concreti, colleghi, il Paese rischia di nutrire sempre di più l'antipolitica, anche perché, con questi provvedimenti concreti, possiamo dare risposte concrete. Certo, questo è un provvedimento che è nato prima della crisi di questi giorni, è un provvedimento che parte da una regione a statuto speciale, il Friuli, come gli altri due che discuteremo dopo, che riguardano la Sardegna e la Sicilia, però è importante fare tesoro dell'esperienza di ciò che è avvenuto negli Pag. 15ultimi mesi, per poter spiegare ai cittadini che il Parlamento risponde alle loro esigenze.
Però, se noi - lo dico al collega Favia, con rispetto per le sue posizioni - riducessimo tutta la questione dei costi della politica al problema dei costi del Parlamento (oggi discutiamo il bilancio in questa Aula) o ai costi delle assemblee di rappresentanza, faremmo un cattivo servizio, perché la lotta ai costi della politica, essenzialmente, è la lotta ad un sistema di sprechi e malversazioni che vive alle spalle delle istituzioni e degli apparati pubblici. Per questo, penso che questa riforma inizi giustamente dalle regioni a statuto speciale, che, non a torto, sono state in passato, e anche nel presente, contestate per una troppo accentuata imitazione degli istituti del Parlamento nazionale. È quindi importante che questo tema si affronti a partire dalle regioni a statuto speciale.
Certo, come diceva prima la collega Di Centa, l'autonomia di queste regioni nasce in tempi non sospetti, in cui, ad esempio, la regione Friuli-Venezia Giulia si trovava al confine con la «cortina di ferro». Ormai quest'ultima, da 23 anni, non c'è più, è finita quell'epoca storica, però, forse, un ragionamento più complessivo sulle competenze e sulle funzioni delle regioni a statuto speciale ci deve essere; comunque, partire da un rapporto più equilibrato tra popolazione e numero di eletti forse è significativo. Il fatto che lo si faccia nella regione Friuli Venezia Giulia, con una rappresentanza che mette in relazione un eletto ogni 25 mila abitanti, è sicuramente importante. Nelle altre due regioni di cui ci occuperemo dopo, si fa riferimento ad un numero complessivo di consiglieri regionali, e non al rapporto tra eletti e popolazione, però è importante che vi sia questa riduzione.
Forse, tutto ciò può essere significativo, se vogliamo fare in modo che si affronti il tema vero in discussione, quello della revisione del Titolo V della Costituzione, cioè di quella riforma della Costituzione che è entrata a regime dieci anni fa e che oggi, forse, sarebbe il caso, anche in maniera autocritica, di rivisitare - il collega Fedriga non c'è -, però il punto centrale vero è che la riforma del 2001 ha valorizzato il ruolo delle assemblee elettive regionali, conferendo ai consigli e alle assemblee regionali, forse, poteri legislativi superiori.
Fare un ragionamento sulla riforma di tutto il Titolo V non è sbagliato. Credo che la consegneremo al prossimo Parlamento, perché ormai sappiamo che questa legislatura volge al termine, però è importante cominciare a discutere tale tema, anche in materia di legislazione concorrente e di legislazione esclusiva attribuite alle regioni.
Penso che l'approvazione di queste proposte di legge costituzionale, che sono pervenute dalle singole assemblee regionali, sia una prima significativa risposta ai problemi che stiamo vivendo in termini di costi della politica. È importante farlo: questo vale per il Friuli, varrà per la Sardegna e anche la Sicilia.
Vi è già stato un pronunciamento da parte del Senato e quindi è giusto che si proceda. Non penso che si debba perdere tempo: ormai mancano poche settimane alla fine della legislatura ed è giusto che si proceda, affidando al prossimo Parlamento, al Parlamento della prossima legislatura, un riordino più complessivo che si faccia carico di riformare tutto il Titolo V e anche di affrontare la specificità delle regioni a statuto speciale.
In tutto ciò - sto per concludere - penso che vi debba essere una maggiore sobrietà nell'ambito delle attività politiche e istituzionali, puntando su una razionalizzazione dei consigli regionali. Questo è il messaggio che vogliamo dare, tentando anche di fare una sorta di autocritica.
Colleghi, forse la globalizzazione senza regole e senza governance e anche «l'ubriacatura» di federalismo che in questi anni abbiamo dovuto subire - grazie ad una ex maggioranza che, in questo Parlamento, la faceva da padrone - sono state veramente un errore. Rivendico il ruolo dell'Unione di Centro che ha contrastato questa voglia sfrenata di federalismo Pag. 16che non voleva occuparsi dei problemi veri della gente. Forse un po' di autocritica si dovrebbe fare.
Questo è un segnale doveroso che vogliamo dare ai cittadini, proprio nel momento in cui sono chiamati a compiere grandi sacrifici per il risanamento dei conti pubblici e per fronteggiare gli esiti di una crisi globale che sta sfiancando il Paese.
Per questo noi, a partire dal provvedimento in esame, vogliamo operare per un riordino complessivo della macchina amministrativa (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5148)

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Bruno, Presidente della I Commissione, rinuncia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

PIERO GNUDI, Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire al termine del dibattito.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge costituzionale: S. 2923-2991 - d'iniziativa dei senatori: Sanna ed altri; d'iniziativa del Consiglio regionale della Sardegna: Modifica degli articoli 15 e 16 dello Statuto speciale per la Sardegna, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di composizione ed elezione del Consiglio regionale (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato) (A.C. 5149) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Palomba; d'iniziativa del Consiglio regionale della Sardegna (A.C. 4664-4711) (ore 11,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge costituzionale d'iniziativa dei senatori Sanna ed altri; d'iniziativa del Consiglio regionale della Sardegna, già approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato: Modifica degli articoli 15 e 16 dello Statuto speciale per la Sardegna, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di composizione ed elezione del Consiglio regionale (A.C. 5149) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Palomba; d'iniziativa del Consiglio regionale della Sardegna. (A.C. 4664-4711).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5149)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
L'onorevole Bruno, Presidente della Commissione, ha facoltà di svolgere la relazione, in sostituzione del relatore.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, la proposta di legge costituzionale n. 5149 è stata approvata, in prima deliberazione, dal Senato e giunge all'attenzione dell'Aula della Camera nello stesso testo approvato dal Senato stesso, in quanto la Commissione, in sede referente, non ha ritenuto di apportare modificazioni.
Il testo del Senato nasce dall'unificazione di una proposta di legge costituzionale d'iniziativa del Consiglio regionale della Sardegna, S. 2991, e di una proposta Pag. 17di legge costituzionale d'iniziativa del senatore Sanna ed altri, S. 2923. La proposta di legge d'iniziativa del Consiglio regionale era stata, peraltro, presentata anche alla Camera ed è abbinata al testo che viene dal Senato; si tratta dell'atto Camera n. 4711.
Ricordo che alle proposte di legge costituzionale A.C. 4711 e A.C. 5149 è abbinata, altresì, la proposta di legge costituzionale A.C. 4664 d'iniziativa dell'onorevole Palomba, la quale, tra l'altro, prevede per il Consiglio regionale una composizione di 40 consiglieri.
Sulla proposta di legge costituzionale dell'onorevole Palomba è stato richiesto il parere del Consiglio regionale della Sardegna, ai sensi dell'articolo 54 dello Statuto speciale per la regione Sardegna stessa. Il Presidente del Consiglio regionale ha comunicato che il Consiglio regionale non si sarebbe espresso, in quanto la proposta di legge costituzionale d'iniziativa del Consiglio regionale della Sardegna, già all'esame della Camera, costituisce la posizione ufficiale del Consiglio regionale stesso in merito alla composizione dell'Assemblea.
La proposta di legge iniziale del Consiglio regionale conteneva, semplicemente, una novella all'articolo 16 dello Statuto speciale per la Sardegna, volta a ridurre da 80 a 60 il numero dei consiglieri regionali. Le modifiche introdotte dal Senato non hanno riguardato questo punto, che resta, quindi, confermato.
Il Senato, recependo alcune indicazioni della proposta n. 2923, introduce, invece, ulteriori modifiche allo Statuto speciale.
All'articolo 15 dello Statuto viene soppresso il secondo periodo, contenente un riferimento al principio della parità di genere. Tale principio non viene però eliminato dallo Statuto, ma semplicemente riformulato e spostato nel nuovo comma 2 dell'articolo 16, il quale viene integralmente sostituito.
All'articolo 16 viene, infatti, modificato il primo periodo del primo comma, dove viene introdotto il principio per cui il voto è personale, uguale, libero e segreto (nel testo vigente il voto è diretto, uguale e segreto). Viene ridotto da 80 a 60 il numero dei consiglieri regionali, come anticipato e, infine, viene introdotto un nuovo comma 2, in base al quale: «La legge elettorale per l'elezione del Consiglio regionale può disporre al fine di assicurare la rappresentanza di determinate aree territoriali dell'Isola, geograficamente continue ed omogenee, interessate da fenomeni rilevanti di riduzione della popolazione residente». Si tratta di una disposizione collegata alla riduzione del numero dei seggi al Consiglio regionale ed è volta ad impedire che a tale riduzione consegua la sottorappresentanza di determinati territori regionali.
Inoltre, come accennato, il nuovo articolo 16 contiene il riferimento al principio della parità di genere, che viene riformulato in modo da chiarire che la legge regionale è volta a promuovere l'accesso alla carica di consigliere regionale, non come prevede più genericamente la norma attuale all'accesso alle consultazioni elettorali.
Nulla è previsto in ordine all'entrata in vigore della legge. Si tratta di un punto importante, ma la Commissione ha ritenuto per questa come per le altre proposte di modifica degli Statuti speciali, intese alla riduzione del numero dei consiglieri, che si dovesse accelerare l'esame del provvedimento, evitando quindi un'ulteriore lettura del Senato, in considerazione del tempo che resta prima della fine della legislatura e di quello che occorre per l'approvazione di una legge costituzionale. Per inciso, la scadenza naturale della legislatura in corso è prevista per il 2014.
Va ricordato, infine, per completezza, che il 6 maggio 2012 si sono svolti in Sardegna dieci referendum regionali, tra cui il referendum consultivo sull'eventuale riduzione a 50 del numero dei componenti del Consiglio regionale. La maggioranza dei cittadini sardi (98,27 per cento) si è espressa a favore della riduzione in questo senso.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

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PIERO GNUDI, Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. Signor Presidente, il Governo sì riserva di esprimersi alla fine del dibattito.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, innanzitutto una nota personale. Voglio salutare il rappresentante del Governo, il professor Gnudi. Ci unisce l'amicizia per un amico che non c'è più, il professor Roberto Ruffilli. Voglio ricordare qui che Roberto Ruffilli scrisse forse il libro più importante sulle regioni italiane. «La questione regionale in Italia» è un libro del 1972: se lo avessimo tenuto più presente, credo che quel libro e quelle riflessioni ci sarebbero stati utili nel percorso che si è verificato poi negli anni successivi. Ma, si sa, alle volte la scienza non ha questa capacità di incidere sui fatti della politica e ciò non è certamente bene.
Prendo la parola questa mattina su questa proposta di legge, che riguarda la Sardegna, con una sentimento confuso, di orgoglio e anche di autocritica. Orgoglio, perché sento di avere alle spalle una grande e nobile storia, la storia del primo movimento autonomista e regionalista del Novecento, sorto dalle trincee della grande guerra, proseguito nella repentina ascesa del movimento contadino dei combattenti e poi del Partito sardo d'azione di Emilio Lussu e di Camillo Bellieni, interrotto con la violenza dal fascismo, ripreso potente nel secondo dopoguerra sotto la guida dei partiti democratici di massa, fino alla decisiva conquista nel 1962 del piano di rinascita della Sardegna.
Si è trattato di un grande, consapevole e maturo movimento di popolo. È da lì che derivano le nostre istituzioni autonomistiche ed è in quel passato che affonda le sue radici la nostra specialità di unica regione italiana che sia veramente un'isola, con tutto ciò che ne consegue in termini di svantaggi, a cominciare dai problemi drammatici della continuità territoriale oggi all'ordine del giorno, come lo erano del resto anche ieri, ma anche con chance nuove di opportunità per il futuro.
Anche autocritica, ho detto però, per i limiti evidenti e, vorrei dire, per gli scacchi subiti dal disegno autonomistico sardo specie negli ultimi anni. Una regione che è andata sempre più riducendosi ad una macchina burocratica, incapace di realizzare la sua pur necessaria riforma interna, interlocutore ingombrante e talvolta anche arrogante e spesso centralista nei confronti delle autonomie minori, con organi ridondanti, 80 consiglieri regionali con una popolazione di 1.675.278 abitanti e soprattutto inefficiente, debolissima nei confronti dei grandi poteri esterni, siano essi la potente industria petrolchimica degli anni Settanta o gli speculatori delle coste di tutte le epoche.
Si potrebbe riassumere così, almeno in gran parte e al netto di alcuni episodi in controtendenza, la nostra storia recente. E oggi, mentre inesorabili processi di globalizzazione modificano le gerarchie di potere a livello mondiale e sottraggono ovunque nel mondo al controllo dal basso le decisioni che pesano sul futuro di milioni di persone, per riservarle in alto, a soggetti per lo più incontrollabili e incontrollati, oggi, che le sorti di una regione periferica come la Sardegna, in un Paese che sta diventando, ahimè, esso stesso periferico come l'Italia, si decidono a Bruxelles o a Strasburgo, o forse nel limbo inarrivabile dei mercati internazionali; oggi il senso di questo fallimento dell'autonomia, di questa sua incapacità di incidere su ciò che pure ci riguarda direttamente appare, in Sardegna almeno, in clamorosa evidenza. Di qui c'è una crisi di credibilità profonda e drammatica dell'istituto autonomistico, crisi aggravata dalla recente infelice esperienza di governo ma direi meglio di non Governo, da parte del centrodestra, cui corrisponde anche in Sardegna uno stato di prostrazione diffuso, una delusione generale in tutti i settori della società sarda, la disperazione sociale di quei ceti - e sono i più deboli e i più esposti - che stanno subendo in questi mesi l'aggressione della crisi economica. È un bollettino di guerra: Alcoa, Carbosulcis, Vinyls, Eurallumina e si potrebbe continuare. Pag. 19
Uno ad uno tutti i capisaldi dell'industria sarda sono caduti o stanno cadendo. Un solo dato: la disoccupazione è al 16,3 per cento. Voglio ricordare che la media nazionale, che pure non è certo una buona media, è stata nel quarto trimestre del 2011 del 9,6 per cento, che in Trentino-Alto Adige, un'altra regione a statuto speciale della quale ci occupiamo in queste sedute, il tasso è del 4,8 per cento e in Valle d'Aosta è del 6,1 per cento, da noi, in Sardegna, come ho detto, è del 16,3 per cento. È in questo contesto che viene in discussione la proposta di modifica agli articoli 15 e 16, in particolare il 16, dello Statuto di autonomia della Sardegna, ridefinendo tre punti essenziali: numero dei consiglieri, eliminando la possibilità che la legge elettorale regionale consenta l'aumento ad organetto in rapporto al premio di maggioranza o per altri motivi; la cosiddetta riserva di rappresentanza territoriale; l'introduzione di misure atte a realizzare la parità di genere. Condividiamo pienamente queste tre modifiche. Le abbiamo volute al Senato e le difendiamo alla Camera.
Quanto alla riduzione dei consiglieri regionali sardi, qui prevista da 80, quanti sono oggi, a 60, voglio dire che è il taglio più ingente tra quelli che discutiamo questa mattina e corrisponde alla misura del 25 per cento - mi pare che le altre regioni si attestino sul 20 per cento - e porta la proporzione tra consiglieri ed abitanti a un consigliere per quasi 35 mila abitanti, esattamente un consigliere ogni 34.189 abitanti.
È stato detto che si poteva fare di più. Il referendum sardo si è attestato sulla cifra di 50. In una tabella apparsa ieri sul Corriere della Sera alla Sardegna si assegnano ipoteticamente 30 consiglieri. Tutto si può fare, naturalmente. Dobbiamo, però, anche immaginare un consiglio regionale organizzato per commissioni, operativo in tempi rapidi, efficace nella sua azione, composto di soli 30 consiglieri. Dobbiamo domandarci se una cifra del genere consentirebbe certi standard di pronta risposta ai bisogni della società sarda. Rifletterei bene non solo sulla minore capacità di rappresentare i territori interni, territori che in Sardegna sono particolarmente mal collegati tra di loro, ma specialmente sul rendimento di una istituzione ridotto in termini così minuscoli. Noi, signor Presidente, intendiamo affermare qui il principio non solo di una politica che spende di meno - siamo tutti d'accordo su questo principio - ma anche di una politica che proporziona più equamente la sua rappresentanza rispetto ai territori rappresentati, che fa più sintesi come compito della buona politica, piuttosto che rispecchiare pedissequamente interessi microterritoriali che non hanno capacità di sintesi.
Una politica più sobria, più snella, più rapida nelle sue articolazioni e nelle sue decisioni, più legata ai cittadini e ai loro problemi reali.
In Sardegna, noi vogliamo una regione che sia davvero - come diciamo ormai da tanti anni, ma non lo abbiamo realizzato - solo ente di governo, con compiti solo di programmazione e di indirizzo, che lasci interamente alle autonomie minori, con le quali deve stare in rete, le funzioni attive sul territorio. Una regione senza più il corollario dispendioso e clientelare degli enti regionali, una regione senza più consulenze fuori controllo. In Sardegna, abbiamo il record nazionale: 34 milioni di euro in sei anni; con le collaborazioni siamo arrivati a 135 milioni di euro in dieci anni: più 540 per cento rispetto al 2001 (parlo delle consulenze). Una regione che limiti i contratti a tempo determinato: siamo a 5 milioni 280 mila euro di contratti; una regione che risani la sanità, che è il vero tallone d'Achille delle finanze della regione sarda: nel quinquennio del centrodestra questo settore ha avuto un'impennata strabiliante rispetto al quinquennio governato dal centrosinistra e dal presidente Renato Soru; una regione che riformi in profondo la sua antiquata, ministeriale, burocratica struttura interna.
Il provvedimento contiene anche due disposizioni, che il relatore ha opportunamente ricordato, che sono peculiari alla sola Sardegna. La prima è quella che concerne la tutela della rappresentanza di Pag. 20determinate aree territoriali dell'isola - dice il testo - geograficamente continue ed omogenee, interessate da fenomeni rilevanti di riduzione della popolazione residente. Si affronta qui uno dei nodi più drammatici della questione sarda in questi ultimi anni: lo spopolamento delle zone interne a favore delle zone costiere, quello che noi chiamiamo «l'effetto ciambella», cioè l'abnorme concentrazione sul polo di Cagliari e sul suo hinterland di oltre due terzi della popolazione sarda.
Ciò non solo perché intendiamo valorizzare i valori identitari del passato tipici della Sardegna, che ancora resistono, se resistono, nella società agropastorale delle aree interne: tra questi valori, vi è certamente anche la rilevanza della lingua sarda come mezzo di comunicazione tra i sardi. Non solo questo, non è solo un elemento di valorizzazione identitaria: è specialmente una scommessa sul futuro, un futuro che, dopo il declino della grande industria, potrebbe sostanziarsi in politiche economiche non più monocolturali, ma articolate su agricoltura e piccola industria di trasformazione, nelle quali inserire un rilancio saggiamente equilibrato di nuove e vecchie produzioni, e favorire anche, chissà, con forme nuove di immigrazione, chissà, anche dall'Africa, il ripopolamento di quei territori che sono divenuti marginali e che sono sostanzialmente, come direbbero i francesi, désertés, abbandonati.
La seconda disposizione particolare concerne la parità di accesso uomo-donna nella rappresentanza: saggia previsione sulla quale non ho da soffermarmi in modo particolare, se non per dire che, anche da questo forte innesto di energie nuove, la classe politica sarda può trarre l'occasione di un rinnovamento culturale, sociale, antropologico e, persino, etico, del quale tutti sentiamo il bisogno.
In conclusione, queste sono le ragioni, signor Presidente, che mi inducono a condividere la proposta di legge costituzionale, raccomandandone fortemente, come ha fatto prima di me l'onorevole Strizzolo per il Friuli-Venezia Giulia, ai colleghi e alla Presidenza stessa, una regia attentissima ai tempi. La legislatura precipita verso la sua fine: sarebbe davvero disastroso se le prossime elezioni regionali in Sardegna - che potrebbero anche conoscere un'anticipazione, perché la giunta attuale non naviga in acque particolarmente calme - dovessero svolgersi sulla base di vecchi criteri e non sulla base dei nuovi vincoli e dei nuovi criteri qui delineati. Ne va della legittimazione delle istituzioni; ne deriverebbe - se accadesse questa sciagurata ipotesi - un ulteriore spreco di risorse, ma ben più grave di questo, che pure è grave, un danno residuo alla credibilità delle istituzioni autonomistiche (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, anche in questo caso, dobbiamo dire che poco è meglio di niente: chiaramente, questo non ci consola, così come il continuo richiamo alla necessità di andare avanti rapidamente perché, altrimenti, chissà cosa succederebbe, quando invece - lo ha già detto prima, e lo ripeto, l'onorevole Melis -, se ci fosse la volontà politica, perderemmo una settimana.
Quindi, i toni catastrofistici che vengono utilizzati in questa'Aula e che sembrano voler coprire la volontà di non fare meglio, come si potrebbe fare, mi inducono a censurare comunque la debolezza di questi provvedimenti.
Anche in questo caso siamo davanti ad una regione poco più grande del Friuli, di cui abbiamo parlato prima, grande quasi quanto le mie Marche, che già oggi prevedono quaranta consiglieri e che stanno elaborando una legge per portarli a trenta, così come previsto dalla normativa nazionale e così come nelle proposte. Quindi, per cortesia, certi toni riserviamoli ad altre cose.
Ricordo che stiamo qui discutendo anche la collegata proposta di legge del collega onorevole Palomba, che propone di portare i consiglieri a quaranta, e ricordo anch'io, come hanno fatto altri, che c'è Pag. 21stato addirittura un referendum, il 6 maggio di quest'anno, in cui, con percentuali bulgare, come si diceva una volta, 98,27 per cento, gli elettori sardi hanno chiesto una riduzione a cinquanta.
Quindi, io credo che andare ad approvare questa norma in spregio e in barba alle normative che stanno venendo avanti e alla volontà del popolo sardo, non ci faccia fare una bella figura, anche se, come dicevo all'inizio, poco è meglio di niente e anche se, come ho già ricordato parlando della modifica dello statuto del Friuli-Venezia Giulia, anche altri, soprattutto altri, sarebbero i settori di intervento sui costi delle amministrazioni pubbliche, quali un miglior utilizzo dei fondi per la sanità e una battaglia seria contro i costi della corruzione, che ammontano a 60 miliardi all'anno. Tra l'altro, ricordo incidentalmente a quest'Aula vuota che la normativa debolissima, oserei dire vergognosa per la sua debolezza, che abbiamo approvato in quest'Aula, ancora giace al Senato e non si trova la forza di approvarla. Parlo della legge contro la corruzione purtroppo uscita da questa'Aula con fattezze debolissime.
Andrebbero rivisti sia il numero che la remunerazione dei dirigenti, andrebbero rivisti i costi dei gruppi consiliari nelle regioni, e non lo dico solo per quanto è emerso qui dalla regione Lazio. Insomma, colleghi, io credo che dovremmo avere più coraggio. La rappresentanza sarebbe comunque salvaguardata, perché trenta o quaranta consiglieri rappresentano uno sbarramento implicito inferiore al 3 per cento, quindi inferiore alla soglia nazionale, a maggior ragione quella di cui stiamo parlando. Ecco, ci vuole più coraggio per dare risposte ai cittadini e non bisogna ammantarsi dietro a una cronologia che potremmo tranquillamente piegare e condizionare per fare in modo che una migliore normativa venga poi approvata dal Senato nel giro di una settimana, perché fare così significa prendere in giro le persone che stanno fuori di qua.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mereu. Ne ha facoltà.

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, signor Ministro, oggi intervengo per sostenere questa proposta di modifica dello statuto sardo, che interviene sui numeri, ma che di fatto potrebbe anche creare quelle premesse per avere una Sardegna diversa, con più responsabilità e più efficacia.
Però, contemporaneamente, oggi, sono in difficoltà dovendo scegliere un argomento da dibattere a difesa della regione che modestamente qui rappresento; viviamo, infatti, una situazione terribile per cui, a fronte di una situazione economica e sociale che in Sardegna non ha mai visto una comparazione così reale, potrebbe diventare insignificante qualunque azione politica e amministrativa vogliamo fare per il prosieguo dell'attività regionale. Infatti, siamo arrivati veramente ai minimi termini; la situazione non è più controllabile e quindi bene farebbe il Governo a guardare con più attenzione a queste problematiche che mettono persino a repentaglio la sicurezza della vita sociale della nostra regione.
Per tornare all'argomento del giorno, ribadisco che è importante, oggi, affrontare questo problema e affrontarlo anche in tempi ristretti; i nostri giornali, in questi giorni, nel riportare la notizia si ponevano alcuni dubbi, evidentemente perché esperienze precedenti avevano dato risultati negativi. I giornali, per esempio, ponevano in risalto che già nel 1993 - e quindi in tempi non sospetti come possono sembrare quelli di oggi - la regione Sardegna aveva chiesto una diminuzione dei consiglieri, quindi la regione già sentiva la necessità di migliorare la propria situazione interna; purtroppo però il Parlamento di allora, come qualche volta accade anche in questo, nel tentativo di migliorare le cose in realtà poi è arrivato a non concludere niente. Chi fa non solo il parlamentare ma ha lavorato precedentemente sa che quando qualcuno cerca di raggiungere l'obiettivo della perfezione, intraprende proprio il cammino per non affrontare e per non risolvere nessun problema; quindi, anche oggi dobbiamo cercare Pag. 22di essere più concreti e soprattutto dobbiamo cercare di rispettare una proposta che viene dalla stessa regione.
Oggi, in Sardegna si aspettano tutti che questa proposta di legge costituzionale che modifica lo statuto sardo, in particolare l'articolo 16, e che dispone che il consiglio regionale sia composto da 60 consiglieri, sia approvata al più presto. Il nostro partito all'interno del consiglio regionale è stato protagonista nel portare avanti, insieme ad altri, ovviamente, questo problema e quindi anche noi non possiamo che essere consequenziali in quest'Aula e sostenere, con forza, che il provvedimento vada in porto e vada in porto, come già tutti colleghi che mi hanno preceduto hanno detto, senza modifiche. Infatti, questo provvedimento ha due caratteristiche: non possiamo modificarlo e dobbiamo fare anche molto in fretta perché i tempi che ci aspettano sono abbastanza brevi. La fine della legislatura è prevista per i primi mesi di febbraio per cui, poiché il provvedimento deve essere approvato in doppia lettura, cioè dovendo passare per due volte alle Camere, e quindi un'altra volta alla Camera e un'altra volta al Senato, è chiaro che i tempi possono allungarsi se pensiamo di migliorare questa legge. Dobbiamo soprattutto prendere atto di una cosa importante che è l'autodeterminazione del popolo sardo che con questa proposta di legge ci chiede non solo la diminuzione del numero dei consiglieri - che non può più essere, fra l'altro, cambiato, come diceva il collega precedentemente, se non modificando ancora una volta lo statuto - ma chiede anche proprio di esprimere la volontà di rendere paritario l'accesso alla carica di consigliere regionale tra uomini e donne. Anche questa è una novità che potrebbe realizzare una maniera diversa di affrontare le tematiche della nostra regione, ma non solo, che sono abbastanza complesse e dove occorre porre un'attenzione diversa da quella che oggi abbiamo. Quindi, innovare, dare la possibilità di innovare non solo nell'età, non solo nelle persone ma anche introdurre e facilitare la partecipazione attiva delle donne, è un bene. Credo che la società femminile, oggi, sia in grado di dare grossi contributi, non sono alla politica.
Quindi, come abbiamo già detto, questo provvedimento è stato già approvato dal Senato, e quindi lo dobbiamo approvare noi, per i motivi detti. La situazione finanziaria del nostro Paese, a cui si aggiunge, purtroppo, il comportamento, che non sappiamo più come definire, di alcuni rappresentanti della politica - che non solo fanno male a se stessi, ma fanno male anche agli altri e a tutti -, ci mette fortemente in imbarazzo, e si richiedono oggi interventi necessari volti al risparmio e alla trasparenza della politica, che deve trovare la forza e la volontà di modificare un sistema che non può più essere sostenuto. Le modifiche che la Sardegna chiede vanno proprio in questo senso. La diminuzione del numero dei consiglieri porterà, per esempio, a un risparmio di 5 milioni di euro per il bilancio sardo, ma questo aspetto, pure importante, può considerarsi secondario rispetto al fatto che la diminuzione che si rappresenta in tutte le sue parti, amministrative e politiche, porterà sicuramente a più trasparenza e responsabilità personale e di gruppo, perché diminuendo i consiglieri è chiaro che nelle Commissioni sia i rimborsi dei partiti che le azioni diventeranno sempre più personali. Quindi, oggi, avere venti consiglieri in meno rispetto agli attuali ottanta permetterà un'attenzione nella scelta della classe dirigente di ciascun partito e un interesse più concentrato, perché anche l'elettorato dovrà scegliere tra un minor numero di onorevoli che verranno eletti. Per cui la selezione sarà abbastanza naturale: si restringe il numero sempre di più e, quindi, vi sarà una ricerca maggiore per trovare persone fuori da situazioni che oggi penalizzano i partiti, rinnovando anche una politica che, come diceva prima, necessita di nuove idee e di nuova forza.
Quindi, questo non è un fatto secondario, ma dico che darà, a questo consiglio, più responsabilità, darà più autorevolezza, e probabilmente tutto ciò comporterà un'azione più efficace di quella che oggi siamo in grado di avere. Oggi, il Pag. 23consiglio regionale della Sardegna, con questa proposta di legge costituzionale, manifesta, in realtà, una capacità di autoriforma che, per esempio, altre regioni, fino ad oggi, hanno solo detto di voler adottare. In realtà, una volta tanto, la Sardegna si segnala all'attenzione del Paese come una tra le prime regioni che sente la necessità di modificare una situazione che non può più essere sostenuta. Quindi, questa nostra modifica di statuto ha l'obiettivo principale di poter creare quelle premesse di responsabilità e di efficacia che deve avere un consiglio regionale, perché oggi, probabilmente, con ottanta persone, spesso e volentieri, per i problemi che devono essere affrontati tempestivamente e, comunque, con azioni concrete, si tende ad allungare i tempi di adozione delle soluzioni. Quindi, credo che il dovere del nostro Parlamento, il dovere della Camera, in questo momento, sia sostenere questo provvedimento, che significa anche, però, parlarne un po' di meno. Cioè, dobbiamo fare azione di voto rispetto ad una azione di analisi. Rispettiamo quello che ci chiede una regione, diamole sostegno, e questo sostegno lo possiamo dare solo esprimendo un voto che permetta, in tempi certi e veloci, di poter far diventare ciò, per le future elezioni in Sardegna, un qualcosa di concreto e necessario (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5149)

PRESIDENTE. Prendo atto che il presidente della I Commissione (Affari costituzionali) rinuncia alla replica. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

PIERO GNUDI, Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. Signor Presidente, anche in questo caso ci riserviamo di replicare alla fine della discussione.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge costituzionale: S. 3073 - D'iniziativa dell'Assemblea regionale siciliana: Modifiche all'articolo 3 dello Statuto della Regione siciliana, in materia di riduzione dei deputati dell'Assemblea regionale siciliana. Disposizioni transitorie (Approvata, in prima deliberazione, dal Senato) (C. 5150) e dell'abbinata proposta di legge costituzionale: d'iniziativa dell'Assemblea regionale siciliana (C. 4856) (ore 11,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge costituzionale, già approvata, in prima deliberazione, dal Senato, n. 5150: Modifiche all'articolo 3 dello Statuto della Regione siciliana, in materia di riduzione dei deputati dell'Assemblea regionale siciliana. Disposizioni transitorie, e dell'abbinata proposta di legge costituzionale n. 4856.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5150)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il presidente della I Commissione (Affari costituzionali), onorevole Bruno, ha facoltà di svolgere la relazione in sostituzione del relatore.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, le proposte di legge nn. 4856 e 5150 sono entrambe di iniziativa della Assemblea regionale siciliana e provvedono, negli stessi Pag. 24termini, a ridurre il numero dei deputati regionali della regione Sicilia da 90 a 70. Nel dicembre 2011 l'Assemblea regionale siciliana ha infatti presentato un'identica proposta di legge volta a ridurre il numero dei deputati regionali sia alla Camera (la n. 4856), sia al Senato (la n. 3073).
Il Senato ha approvato la proposta del consiglio regionale senza modifiche e l'ha trasmessa alla Camera dove la proposta ha assunto, nella numerazione delle proposte di legge, il n. 5150. Le due proposte abbinate sono dunque identiche nel testo. Come si legge nella relazione illustrativa, la proposta è finalizzata a dare un significativo segnale nella direzione di un contenimento della spesa per il funzionamento degli organi politici.
Essa consta di due articoli: il primo recante la riduzione del numero dei consiglieri, il secondo la disciplina transitoria. Più precisamente, l'articolo 1 novella l'articolo 13 dello Statuto della Regione siciliana, adottato con il regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, riducendo il numero dei deputati regionali da 90 a 70.
L'articolo 2, al comma 1, prevede che la riduzione decorra dal primo rinnovo dell'Assemblea regionale siciliana successivo all'entrata in vigore della legge in esame. La naturale scadenza del consiglio regionale sarebbe stata nel 2013, ma le dimissioni anticipate del presidente della regione hanno portato, come è noto, alle elezioni anticipate che si terranno domenica 28 ottobre 2012, secondo quanto disposto dal decreto del presidente della regione del 10 agosto 2012 di indizione dei comizi elettorali.
Ciò implica che non sarà in ogni modo possibile applicare la nuova legge al prossimo consiglio regionale, considerato che l'articolo 138 della Costituzione impone, per l'approvazione delle leggi costituzionali, due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, il che significa che, se anche la proposta in esame viene ora approvata dalla Camera in questa prima lettura e poi confermata al Senato nello stesso testo, la seconda deliberazione della Camera non potrà comunque intervenire prima delle nuove elezioni regionali.
Passando al comma 2 dell'articolo 2 della proposta in esame, questo reca una disposizione transitoria che modifica la legge elettorale regionale siciliana al fine di coordinarla con la riduzione del numero dei deputati regionali. Infatti, la legge regionale n. 29 del 1951 contiene diversi riferimenti alla determinazione numerica di quote di seggi, ad esempio quelli da attribuire in maniera proporzionale, incompatibili con la riduzione del numero dei consiglieri operata con la proposta della presente legge.
Si tratta, peraltro, di una misura transitoria destinata ad essere applicata unicamente nel caso che non siano approvate le conseguenti modifiche alla legge elettorale prima dello svolgimento delle prime elezioni regionali in cui si applicherà la norma. Il sistema di elezione degli organi regionali, disciplinato dalla legge regionale 3 giugno 2005, n. 7, è, nella sostanza, ma con alcune varianti, quello comune alle regioni a statuto ordinario.
L'elezione avviene a turno unico, con sistema misto, proporzionale nella ripartizione dei seggi tra liste concorrenti nelle circoscrizioni provinciali che abbiano superato la soglia del 5 per cento dei voti validi espressi nella regione e maggioritario per la composizione dell'Assemblea in base a liste regionali. Nelle circoscrizioni provinciali vengono assegnati 80 dei 90 seggi alla lista regionale che ottiene la maggioranza relativa dei voti e alle liste provinciali collegate.
Sono assegnati 54 dei 90 seggi dell'Assemblea, attingendo, se quelle liste non ottengono questo numero di seggi dalla ripartizione proporzionale, ad un premio di maggioranza costituito dalla disponibilità di 9 seggi riservati, a questo fine, per il collegio unico regionale. Al fine di rendere omogeneo il sistema elettorale con la nuova composizione del consiglio, il comma in esame provvede a ridurre da 80 a 62 il numero dei seggi assegnati in ragione proporzionale, da 9 a 7 il numero Pag. 25dei candidati della lista regionale, da 54 a 42 il numero massimo dei seggi da attribuire, compreso il premio di maggioranza.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

PIERO GNUDI, Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. Signor Presidente, anche in questo caso, come negli altri casi, il Governo si riserva di intervenire alla fine del dibattito.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, in questo caso parliamo di una regione che è stata agli onori della cronaca e sotto gli occhi dei riflettori un esempio di sprechi su cui bisogna mettere le mani con molta, molta urgenza. Però, la nota positiva è che la riduzione da 90 a 70 rappresenta percentualmente il rapporto consigliere/abitante più alta di quella di cui discutiamo oggi, ma probabilmente tra le migliori d'Italia, uno ogni settantamila abitanti.
Certamente anche in questo caso si sarebbe potuti essere molto più generosi, in quanto 70 consiglieri rappresentano uno sbarramento implicito dell'1,5 per cento scarso, quindi, con il gioco dei resti, circa dell'1 per cento. Quindi, lavorare sui 70 e ridurli ancora non avrebbe dato nessun problema quanto alla rappresentanza. Altro dato negativo è che non si farà in tempo ad applicare questa normativa per le elezioni imminenti, purtroppo. Quindi, questo ci fa rammaricare perché si sarebbe dovuto intervenire prima.
Mai come in questo caso, detto questo, viene da ripetere quanto abbiamo sostenuto nei precedenti interventi, in quanto intervenire sulla riduzione del numero dei consiglieri regionali è sicuramente atto dovuto, un gesto significativo nei confronti del popolo italiano e della crisi che sta soffrendo. Ma, per tutte le cose che abbiamo visto (il numero immenso di dirigenti, di dipendenti, quanto vengono pagati), mai come trattando della Sicilia, viene da dire che è obbligo morale della classe politica intervenire perché i gruppi consiliari regionali abbiano meno soldi, perché si intervenga sui costi della corruzione, perché il Senato approvi la legge, pur modestissima, pur timidissima, che abbiamo varato alla Camera, che si intervenga sui costi della sanità, che si intervenga sui costi in generale della macchina amministrativa dello Stato.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lusetti. Ne ha facoltà.

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, il provvedimento che stiamo discutendo si pone sulla stessa scia dei provvedimenti discussi in precedenza, sia per quanto riguarda la regione Friuli Venezia Giulia, sia per quanto riguarda la regione Sardegna. Quindi, si è già detto molto nei precedenti interventi. Mi richiamo alle osservazioni fatte sui costi della politica e sul significato politico della riduzione del numero dei consiglieri. A me pare anche abbastanza equo, lo dico al collega Favia che è intervenuto prima: si passa da 90 a 70 e c'è un rapporto sicuramente superiore tra eletti e abitanti rispetto a quello del Friuli Venezia Giulia, per esempio. Comunque, la Sicilia è una regione molto grande.
Io pure sono rammaricato del fatto, come ha detto anche il presidente Bruno, che non si possa applicare questa legge per le prossime consultazioni regionali siciliane, visto che avvengono alla fine di questo mese che è iniziato oggi. Però, l'importante è farlo perché le norme debbono essere scritte nel tempo e non possono essere fatte solo per le legislature più prossime. Immaginiamo che una norma strutturale, istituzionale e ordinamentale come questa possa valere anche quando, tra cinque anni, si faranno le successive elezioni regionali.
Quel che è certo è che la crisi politica della regione siciliana, che è avvenuta qualche mese fa, è dovuta al fatto che la giunta Lombardo è caduta perché alcuni gruppi, che la sostenevano, hanno tolto la fiducia allo stesso Lombardo. Quindi, è Pag. 26evidente che si è creata una crisi di ingovernabilità politica, che ha condotto alle elezioni anticipate in quella regione. Nel frattempo, il Parlamento aveva già cominciato ad affrontare questa norma. Io penso che sia comunque giusto e doveroso proseguire su questa strada, facendo sì che, almeno questa norma venga approvata, sia per la riduzione del numero dei deputati regionali da 90 a 70, sia per quanto riguarda le disposizioni transitorie, che debbono in qualche modo far sì che l'Assemblea regionale recepisca l'adeguamento e la riforma dello Statuto.
Forse, se si fosse votato a scadenza, probabilmente ci sarebbe stato anche il tempo di approvare la legge regionale che in qualche modo modificava e adeguava le norme rispetto allo Statuto. Così non è stato. Mi pare che si possa andare avanti ugualmente. Quindi, ritengo che sia giusto approvare questa norma, così come ci è pervenuta dal Senato e così come ci ha chiesto l'Assemblea regionale siciliana, e che sia altrettanto giusto portarla a termine anche se produrrà effetti con la successiva legislatura e non a partire dalle prossime elezioni regionali che si svolgeranno il 28 e il 29 ottobre.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5150)

PRESIDENTE. Prendo atto che il presidente della I Commissione, onorevole Bruno, rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

PIERO GNUDI, Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. Signor Presidente, anche per questa proposta di legge costituzionale il Governo si riserva di intervenire al termine della discussione.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione congiunta del disegno di legge e del documento: Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2012 (C. 4925-A) e della Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2011 (Doc. LXXXVII, n. 5) (ore 12,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta del disegno di legge e del documento: Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2012; Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2011.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 4925-A e Doc. LXXXVII, n. 5)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta sulle linee generali.
Avverto, altresì, che la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore sul disegno di legge comunitaria 2012, onorevole Gozi, ha facoltà di svolgere la relazione.

SANDRO GOZI, Relatore sul disegno di legge n. 4925-A. Signor Presidente, vorrei sottolineare in via preliminare e con soddisfazione che, nonostante i ritardi registrati nell'esame del disegno di legge comunitaria per l'anno 2010, prima, e del disegno di legge comunitaria per l'anno 2011, poi, il Governo abbia provveduto a presentare il disegno di legge comunitaria per il 2012 il 1o febbraio quest'anno.
Quindi, finalmente, ciò avviene nel rispetto dei tempi previsti dalla legge n. 11 del 2005.
Purtroppo, vi è il travagliato iter dei precedenti disegni di legge comunitaria. Pag. 27Come è noto quella relativa al 2011 è tuttora all'esame del Senato, bloccata da questioni che nulla hanno a che fare, in realtà, con la politica europea, ma molto hanno a che fare, invece, con il pessimo spettacolo che spesso la politica italiana riesce a dare di se stessa. È certo, comunque, che anche questo blocco dimostra l'urgenza di una riforma del sistema delle leggi comunitarie. Ma, tornerò in conclusione del mio intervento, signor Presidente, su questo punto. Tra l'altro, signor Presidente, se lei me lo consente, consegnerò la relazione e così eviterò di appesantire il mio intervento con dei dettagli procedurali e temporali che do per acquisiti per i presenti e che consegno agli atti per chi vorrà leggerli.
Credo che vi siano degli aspetti molto rilevanti in questa legge comunitaria 2012 che dobbiamo sottolineare. Innanzitutto, vi sono aspetti rilevanti per l'Europa che fa cose concrete per i cittadini; in secondo luogo, per un Parlamento italiano che, nonostante quello che si legge spesso sui nostri lavori, si sta adeguando rapidamente e, a mio modo di vedere, in maniera efficace, almeno a livello di norme, all'evoluzione molto rapida della politica europea e, in particolare, all'evoluzione molto rapida della questione fondamentale della crisi dell'euro e della governance economica e finanziaria.
Credo che questa legge comunitaria 2012 dimostri che questi due aspetti sono ben portati avanti in questo provvedimento. Da una parte, vi è l'Europa che tenta di migliorare la qualità della vita dei cittadini. Lo dimostra la prima direttiva, che vorrei sottolineare e che ci accingiamo a recepire dopo averla esaminata, signor Presidente, come ricorderà lei stesso, in fase ascendente circa tre anni fa. Si tratta della direttiva che disciplina i diritti dei pazienti riguardo all'assistenza sanitaria transfrontaliera e al rimborso delle spese sostenute, al fine di garantire la libertà di scelta del paziente sul prestatore di assistenza sanitaria in Europa, sia per l'assistenza di base sia per le cure ospedaliere. È la libera circolazione dei pazienti. È certamente un provvedimento fondamentale per dare un senso concreto alla libera circolazione degli europei all'interno dell'Unione europea. È anche un provvedimento che richiede una preparazione e un adeguamento molto rilevante, soprattutto a livello regionale, che certamente dovrà essere seguito con molta attenzione da questo Parlamento nel momento in cui questa direttiva, che ora entra nel nostro ordinamento, verrà attuata da leggi nazionali e da provvedimenti regionali.
L'altro aspetto è quello relativo alla direttiva «Euratom», che stabilisce un quadro comunitario al fine di garantire una gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. Sappiamo benissimo che in Italia abbiamo una questione aperta anche su questa delicatissima questione e, tra l'altro, abbiamo evitato che, proprio in questa materia, nella precedente legge comunitaria, la legge comunitaria stessa venisse utilizzata per fini che nulla hanno a che fare con gli obiettivi della legge comunitaria stessa. È evidente che questa direttiva mira a garantire un elevato livello di sicurezza, al fine di proteggere i lavoratori e la popolazione dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. Non ci riguarda per quello che faremo in futuro, perché come sappiamo gli italiani hanno detto «no» al ritorno del nucleare in Italia, ma ci interessa per la questione dei rifiuti radioattivi, che ancora dobbiamo gestire. Con questa direttiva dovremo farlo in maniera più sicura per i cittadini e per gli addetti ai lavori in Italia.
L'altro aspetto è quello relativo ai diritti d'autore musicali. Si tratta di un altro aspetto molto controverso in questo momento. La direttiva n. 2011/77/UE estende da 50 a 70 anni la durata della protezione delle composizioni musicali. Credo che anche questo sia un passo in avanti molto importante, in un ambito che certamente va rivisto.
Allo stesso modo, è un passo avanti, a tutela del consumatore, la direttiva volta a stabilire norme standard per gli aspetti comuni dei contratti a distanza e dei contratti negoziati fuori dai locali commerciali. Pag. 28
È evidente che anche in questo settore è importante un approccio più comune e meglio regolato a livello europeo. Infine, un altro tassello relativo alle direttive che devono migliorare la tutela dei cittadini, anche quando hanno a che fare con imprese finanziarie, è la nuova direttiva, che introduce una vigilanza supplementare sulle imprese finanziarie appartenenti ad un conglomerato finanziario: è un altro tassello di quell'esigenza di più trasparenza, di maggiori controlli e di migliore regolamentazione nel settore finanziario, che è certamente di grande attualità.
Direi che questa è la prima parte della legge, relativa ad interventi specifici e puntuali della legge comunitaria per il 2012, interventi specifici e puntuali che mirano a dare una tutela migliore ai cittadini europei. Poi ci sono, invece, su nostra iniziativa, delle importanti modifiche sistemiche proprio per evitare che, di fronte alle crisi sistemiche ed economico-finanziarie, il Parlamento sia totalmente tagliato fuori dal processo decisionale o informato una volta che gli accordi, le intese e le decisioni a livello europeo vengano prese. Mi riferisco all'articolo 5 di questa legge, che introduce, signor Presidente, modificando la legge n. 11 del 2005, una disposizione di grande importanza perché, se questo provvedimento verrà approvato dall'Assemblea, questo Parlamento avrà la possibilità non solo sui progetti legislativi comunitari, ma in tutti i casi di accordi ed intese in ambito comunitario e in ambito intergovernativo in materia economico-finanziaria, di essere informato prima. Il Parlamento infatti dovrà esprimere un parere obbligatorio, potrà dare degli indirizzi politici al Governo prima che il Governo concluda degli accordi come il «Fiscal compact», ad esempio, o come il Patto «Euro Plus», che ha introdotto nell'ambito della politica europea degli Stati membri il tema, ad esempio, della riforma del mercato del lavoro o della riforma delle pensioni, a prescindere dall'opportunità o meno. Io credo, personalmente, che questo sia stata opportuno, ma credo anche che sarebbe stato opportuno che il Parlamento fosse informato previamente dal Governo prima di concludere un patto come l'Euro Plus e che il Parlamento avesse avuto la possibilità di indicare se questo era l'orientamento e la direzione giusta verso cui l'Unione europea, con un metodo intergovernativo, si accingeva ad andare. Questo è solo un esempio.
Tutti gli accordi che, di fronte al blocco del sistema comunitario, vengono discussi o negoziati in queste materie, al di fuori del sistema comunitario, dovranno anch'essi passare al vaglio delle Commissioni parlamentari competenti. Ovviamente è chiaro che ci impegniamo anche ad esaminare e ad esprimere il nostro parere obbligatorio rapidamente, in dieci giorni, che possono diventare tre giorni se ci sono dei motivi di particolare urgenza, e, del resto, vogliamo importare, signor Presidente, in Italia le buone prassi parlamentari, ma non vogliamo importare gli abusi parlamentari rispetto al sistema comunitario e gli eccessi parlamentari nazionali rispetto al sistema comunitario.
Non crediamo, ad esempio, che il modello tedesco o il modello finlandese - che prevedono, ogni volta, per ogni singolo atto del Governo, l'adozione di un parere obbligatorio e vincolante del Parlamento e il fatto che, di fronte a negoziati molto complessi, spesso l'Europa debba bloccarsi in attesa non tanto, con tutto il rispetto per i finlandesi, del parere del Parlamento di Helsinki, ma il parere del Bundestag - ci conducano in una direzione auspicabile, perché è chiaro che occorre costruire...

PRESIDENTE. Onorevole Gozi, la prego di concludere.

SANDRO GOZI, Relatore sul disegno di legge n. 4925-A. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, dicendo che occorre costruire una nuova dimensione parlamentare, senza che però questa nuova dimensione leghi totalmente le mani, in negoziati molto complessi, al Governo. Ovviamente il Governo si assumerà la responsabilità politica di rendere conto al Parlamento di come ha eseguito l'indirizzo politico e di motivare le ragioni per le Pag. 29quali eventualmente questo indirizzo politico non è stato seguito.
L'ultimo punto, signor Presidente - e veramente concludo - è relativo alla questione che gli operatori chiamano del gold-plating.
Siamo degli attuatori ritardatari delle norme comunitarie e, a volte, troppo zelanti: ritardatari perché accumuliamo ritardi nell'attuazione delle direttive comunitarie e poi zelanti perché, forse, per compensare il nostro ritardo, spesso aggiungiamo, in particolare per gli operatori economici e finanziari, degli oneri eccessivi e aggiuntivi che li mettono in condizioni di difficoltà dal punto di vista della concorrenza e della competitività rispetto ai loro concorrenti di altri Paesi.
Credo che anche da questo punto di vista occorra una norma sistemica, che introduciamo in questa legge comunitaria, e credo che sia un segnale di ascolto e di sensibilità molto importante che questo Parlamento dà agli operatori economici ma anche ai cittadini italiani (Applausi).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Gozi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il relatore sulla Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2011, onorevole Fucci, ha facoltà di svolgere la relazione.

BENEDETTO FRANCESCO FUCCI, Relatore sul Doc. LXXXVII, n. 5. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, intendo limitare il mio intervento ad alcune considerazioni sui profili di maggior rilievo politico del documento al nostro esame, rinviando quindi alla relazione scritta l'illustrazione dettagliata dei contenuti e dell'iter svolto.
L'esame della Relazione consuntiva per l'anno 2011 ha evidenziato, come già avvenuto per la Relazione sull'anno 2010, una corrispondenza solo parziale del documento rispetto al dettato dell'articolo 15 della legge 4 febbraio 2005, n. 11. La Relazione, infatti, non fornisce, nella maggior parte dei casi, riscontro puntuale del «seguito dato» ai «pareri, alle osservazioni e agli atti di indirizzo delle Camere» (comma 2, lettera e)), mentre la stessa posizione italiana nel corso del negoziato non appare sempre emergere con chiarezza. Le varie sezioni del documento, inoltre, appaiono predisposte secondo approcci e criteri redazionali eterogenei.
Ricordo che queste lacune erano state già richiamate nella risoluzione approvata dall'Assemblea al termine dell'esame della Relazione consuntiva per l'anno 2010, nel gennaio 2012, che aveva impegnato il Governo, tra le altre cose, a predisporre la relazione «secondo criteri più omogenei ed in forma più sintetica» e dando «adeguatamente e specificamente conto del seguito dato dal Governo agli atti di indirizzo approvati dalle Camere in merito alla formazione delle politiche e della normativa dell'Unione europea».
La mancata indicazione del seguito dato agli indirizzi delle Camere non consente inoltre la verifica del puntuale adempimento dell'obbligo posto in capo al Governo dall'articolo 4-bis della legge 4 febbraio 2005, n. 11. Tale disposizione impone infatti al Governo di assicurare che «[...] la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio dell'Unione europea, ovvero nelle relazioni con altre istituzioni od organi dell'Unione europea, tenga conto degli indirizzi definiti dalle Camere in esito all'esame di progetti [...]», atti o questioni relativi all'Unione europea. Inoltre «Il Presidente del Consiglio dei ministri ovvero il Ministro per le politiche europee riferisce regolarmente alle Camere del seguito dato agli indirizzi [...]» parlamentari e «Nel caso in cui il Governo non abbia potuto conformarsi agli indirizzi in questione, il Presidente del Consiglio dei ministri ovvero il Ministro per le politiche europee riferisce tempestivamente alle Camere, fornendo le appropriate motivazioni della posizione assunta».
La mancanza di un riscontro sul seguito dato dal Governo agli atti di indirizzo Pag. 30approvati dalle Camere assume particolare gravità in considerazione del crescente intervento del Parlamento nella fase di formazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea e dell'importanza dei temi affrontati.
L'esame della Relazione consuntiva per il 2011 conferma dunque la difficoltà, per il Parlamento, di esercitare le proprie funzioni di indirizzo e controllo sull'attività del Governo in materia europea, nonostante alcuni innegabili progressi. Non intendo naturalmente disconoscere i meriti del Governo in carica, che ha tenuto costantemente informate le Camere, sia in Assemblea che in sede di Commissioni, sulle grandi questioni all'esame delle istituzioni dell'Unione europea, quali in particolare la governance economica e le misure di risposta alla crisi. Quello che manca è un dialogo sistematico con il Governo su specifici progetti legislativi e questioni all'esame delle singole Commissioni parlamentari. Alla crescita esponenziale in questa legislatura dell'intervento della Camera in fase ascendente ha dunque fatto riscontro un miglioramento solo parziale dell'interlocuzione a livello politico con il Governo.
È urgente porre rimedio a queste carenze. Le prossime tappe del processo di integrazione, con la creazione di un'unione bancaria, di un'unione fiscale e di un Governo economico, in una prospettiva federale, prospettano ampie cessioni di sovranità nazionali in settori fondamentali che non potranno che essere operate con il pieno e sistematico coinvolgimento delle Camere in tutte le scelte politiche e normative dell'Unione europea.
Al tempo stesso, mi preme ricordare e sottolineare che il riconoscimento ad alcuni Parlamenti nazionali, come quello tedesco, per effetto di disposizioni o prassi interne o pronunce delle Corti costituzionali, del potere di opporsi all'adesione dei rispettivi Governi in merito a decisioni dell'Unione europea di particolare importanza e delicatezza, crea il rischio di un pericoloso, ulteriore disallineamento tra Stati membri e Parlamenti nazionali dell'Unione europea.
È evidente che i Paesi, come la Germania o la Finlandia, in cui il Governo dovrà acquisire il concerto preventivo dei rispettivi Parlamenti, avranno un potere negoziale maggiore rispetto a quelli in cui le Assemblee elettive hanno in materia un ruolo marginale e formale.
Il consolidamento del raccordo tra Parlamento e Governo in materia europea, non solo risponde quindi all'esigenza di rispettare i princìpi costituzionali italiani, ma è anche funzionale ad uno sviluppo equilibrato del processo di integrazione, in cui il nostro Paese possa continuare a giocare un ruolo centrale. Sulla base delle considerazioni svolte ho già predisposto una risoluzione che ribadisce pertanto la necessità di un puntuale adempimento degli obblighi previsti dagli articoli 5-bis e 15 della legge n. 11 del 2005, nell'auspicio di una rapida approvazione della riforma della medesima legge.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Razzi. Ne ha facoltà.

ANTONIO RAZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con la discussione congiunta della legge comunitaria 2012 e della relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2011 si affrontano dei nodi politici fondamentali in un momento estremamente delicato dell'Unione europea. Per quanto riguarda la legge comunitaria, si è puntato a non pregiudicare il recepimento delle direttive contenute in allegato al disegno di legge in discussione. Ciò in virtù delle innovazioni introdotte dal Trattato di Lisbona che prevedono, in caso di mancato recepimento di direttive, sanzioni economiche per gli Stati membri che non rispettano i termini per l'adeguamento della normativa nazionale a quella europea, già a partire dalla fase di accertamento. È noto a tutti noi quanto sia urgente sanare questa discrepanza insita nel nostro sistema che ha trascinato e trascina il Paese in ben 136 procedure d'infrazione. In 98 Pag. 31casi si tratta di violazione del diritto europeo, nei restanti 38 casi si tratta di mancata trasposizione di direttive comunitarie nell'ordinamento italiano.
Quanto alla ripartizione per materia, le aree meno ottemperanti nella nostra legislazione sono quelle: ambientali (33 procedure, di cui 29 per violazione del diritto UE e 4 per mancata trasposizione di direttive); fiscale e doganale (17 procedure, 2 per mancato recepimento); il lavoro e gli affari sociali (11); la salute insieme ai trasporti (10); la libera circolazione delle merci (9).
Con le nuove norme il recepimento delle direttive europee sarà anticipato di due mesi rispetto alla scadenza fissata a livello comunitario. L'articolo 1, infatti, stabilisce un principio molto importante, cioè che il termine per l'esercizio della delega legislativa non coincide più con la scadenza del termine previsto in ogni direttiva per il suo recepimento, come stabilito dalle precedenti leggi comunitarie, ma è anticipato ai due mesi precedenti la scadenza del termine di recepimento delle singole direttive. Si prospetta che tale legge permetterà di chiudere ben 23 procedure di infrazione aperte dalla Commissione europea contro l'Italia.
Altro tema rilevante è quello proposto dall'onorevole Gozi sulla necessità di un approfondimento della direttiva 2011/24/CE in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera con l'attenta valutazione dell'impatto economico e finanziario di riflesso diretto sui sistemi sanitari nazionali e regionali, ma di sicuro interesse dal punto di vista del diritto alla salute costituzionalmente garantito.
In sede di Commissione si è approvato un emendamento teso a ribadire che la posizione negoziale del Governo debba essere coerente con i pareri parlamentari, dando, al contempo, la possibilità al Governo di potersene discostare, in ragione dell'andamento negoziale, che non si può disconoscere in un ambito come quello dell'Unione europea.
D'altra parte, nel testo in esame vi era già una proposta di intensificazione del rapporto tra Parlamento e Governo in sede di attuazione delle deleghe con la previsione del meccanismo del «doppio parere parlamentare» su schemi di decreti legislativi, limitatamente a quelli che prevedono sanzioni penali ovvero ai casi in cui il Governo non intenda conformarsi alle condizioni formulate dalle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, al fine di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione.
Per quanto riguarda la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2011, è necessario rimarcare il ritardo con il quale essa è arrivata all'esame del Parlamento, rendendo, di fatto, poco significativo il suo esame. A cosa serve, ci domandiamo, esaminare oggi quale è stata, nel 2011, l'attività del Governo in sede europea?
In tal senso, va ribadita la richiesta, già più volte formulata, di una rapida approvazione delle modifiche alla disciplina della legge comunitaria prospettate dal disegno di legge di riforma della legge n. 11 del 2005, approvato dalla Camera in prima lettura il 23 marzo 2011, che potrebbero garantire tempi di esame certi anche per la relazione consuntiva.
È necessario, in una fase storica così delicata, rafforzare il rapporto tra il Governo, il Parlamento, le istituzioni locali, le parti sociali e le rappresentanze delle forze produttive, al fine di arrivare ad un'azione congiunta in difesa degli interessi nazionali in sede europea. Per questo il Parlamento deve essere, oggi più di ieri, vigile e attento, garantendo tempi certi per l'esame e l'approvazione del disegno di legge comunitaria.
Purtroppo, però, si continua a non vedere quell'unità politica necessaria ad affrontare l'attuale crisi economica e la forte speculazione esercitata nei confronti della nostra moneta europea.
Per il gruppo di Popolo e Territorio rimane irrinunciabile l'obiettivo di arrivare ad un'Europa dei popoli che spazzi via questa Europa, fondata, troppo spesso, sui singoli egoismi nazionali, che rischiano Pag. 32di affondare un grande progetto ed una grande speranza, che ci ha visti sempre, come Paese, in prima fila.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pescante, presidente della Commissione politiche dell'Unione europea. Ne ha facoltà.

MARIO PESCANTE. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, il provvedimento oggi al nostro esame costituisce l'ultimo disegno di legge comunitaria di questa legislatura e si presta, pertanto, ad alcune considerazioni di carattere generale, così come avete notato essere stato già fatto presente sia dal relatore Gozi, sia dall'onorevole Fucci, sia dallo stesso collega Razzi.
Si tratta di considerazioni di carattere generale volte a delineare un bilancio complessivo dell'esperienza che abbiamo maturato in questi anni. Il disegno di legge comunitaria, come è noto, in un ordinamento ben funzionante dovrebbe costituire un atto di ordinaria amministrazione, trattandosi di recepire ed attuare, secondo scadenze precise, obblighi normativi e giurisprudenziali discendenti dall'Unione europea.
Purtroppo, nessuno dei disegni di legge sinora esaminati nel corso della legislatura in corso ha avuto un iter facile e tutti sono stati approvati oltre l'anno di riferimento.
Ciononostante, in seno alla Commissione politiche dell'Unione europea i colleghi di maggioranza e di opposizione e il Governo hanno agito secondo un approccio collaborativo, malgrado la complessità e la delicatezza delle questioni da risolvere.
La vicenda del provvedimento al nostro esame, però, è esemplare. Il disegno di legge è stato presentato dal Governo rispettando sostanzialmente i termini previsti dalla legge n. 11 del 2005. La Commissione da me presieduta ha concluso rapidamente l'iter, approvando pochissimi emendamenti. Tuttavia la calendarizzazione del provvedimento in Aula non è stata possibile per alcuni mesi, in attesa della conclusione dell'iter del disegno di legge di riforma della legge n. 11 del 2005, che è all'esame del Senato da ben 18 mesi.
Preso atto del permanere di forti divergenze politiche sul disegno di legge comunitaria 2011, abbiamo ritenuto di insistere per esaminare il disegno di legge comunitaria 2012 per due ragioni principali. In primo luogo, abbiamo voluto ribadire la necessità di dare attuazione tempestiva agli obblighi derivanti dall'ordinamento europeo che non possono costituire una variabile legata a motivi di politica interna. In secondo luogo, abbiamo voluto prevenire pericolose sovrapposizioni, tenuto conto del fatto che nelle prossime settimane il Senato potrebbe approvare, in seconda lettura, la riforma della legge n. 11 del 2005 per la quale andrà avviato immediatamente l'esame alla Camera in vista della sua definitiva approvazione entro il termine della legislatura.
La riforma della suddetta legge n. 11, approvata dalla Camera 18 mesi fa, il 23 marzo 2011, prospetta profonde innovazioni, in merito sia alla formazione, sia all'attuazione della normativa europea, che potrebbero contribuire al superamento delle difficoltà procedurali e politiche che ho richiamato sopra. In particolare, lo sdoppiamento della legge comunitaria in due distinti provvedimenti, la legge di delegazione europea e la legge europea, assicurerà una corsia preferenziale per il recepimento delle direttive il cui inadempimento, come è noto, può portare all'immediata condanna pecuniaria dello Stato responsabile.
A questo intervento legislativo, forse uno dei più significativi provvedimenti d'iniziativa parlamentare approvato in questa legislatura, occorre, tuttavia, dare seguito con un mutamento delle procedure parlamentari e dell'approccio politico agli affari europei. Per un verso, andranno stabiliti dei regolamenti parlamentari, con tempi certi e vincolanti, per la conclusione dell'esame della legge europea e della legge di delegazione europea in ciascuna Camera, istituendo una vera e propria sessione europea, sul modello di quella di bilancio. Per altro verso, occorre che tutti Pag. 33gli organi e gruppi parlamentari acquistino consapevolezza dell'importanza e della peculiarità degli affari europei rinunciando, così come ha già fatto osservare il relatore, onorevole Gozi, al tentativo di utilizzarli strumentalmente, per logiche di parte o interessi microsettoriali.
Il miglioramento della nostra partecipazione all'Unione europea è cruciale in questa fase del processo di integrazione. Siamo alla vigilia di importanti decisioni che determineranno, come auspichiamo, ampie condivisioni di sovranità in materia di politica economica e di finanza pubblica, in una prospettiva federale di medio e lungo termine. I nuovi meccanismi di governance che ne conseguiranno si articoleranno in poteri di coordinamento, vigilanza e sanzione sempre più rigorosi in seno alle istituzioni europee. Se il nostro Paese vuole continuare, come sta facendo, a giocare un ruolo chiave sia nella costruzione, sia nel funzionamento, di questa nuova architettura decisionale europea deve dimostrare affidabilità ed autorevolezza. La tempestiva attuazione degli obblighi europei, così come la partecipazione matura del Parlamento alla formazione della posizione dell'Italia sui grandi temi e provvedimenti dell'Unione, sono un indice fondamentale in questa direzione.
Per concludere mi riferisco anche alla riduzione del numero delle procedure di infrazione - sono state ben rilevate dal collega Razzi - ancora troppo elevato nonostante gli sforzi dei Governi succedutisi in questa legislatura, ma deve costituire una priorità per tutto il sistema Paese. Sono certo che questi obiettivi potranno essere conseguiti se nella prossima legislatura si consoliderà tra le forze politiche l'approccio costruttivo e collaborativo, emerso nella legislatura che volge al termine, nella nostra Commissione e poi, conseguentemente, nel nostro Parlamento (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Maggioni. Ne ha facoltà.

MARCO MAGGIONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, siamo qui su questa discussione sulle linee generali sulla legge comunitaria 2012 e sulla Relazione, che ha presentato il collega Fucci, sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea.
Per la legge comunitaria 2012 va detto che è una legge che molti sostengono essere un provvedimento squisitamente tecnico. È tecnico perché dovrebbe essere il luogo dove tutto ciò che ha prodotto in termini normativi l'Europa, e in particolare le direttive, viene trasposto nel nostro sistema interno.
Evidentemente questa è una visione tecnica, ma indubbiamente parziale, perché invece la legge comunitaria dovrebbe essere il luogo dove si recepiscono le direttive che l'Unione europea ha prodotto, ma, si dovrebbe, attraverso questo strumento, intervenire in modo puntuale per porre rimedio a tutti quei problemi, che questo Paese presenta ormai da 150 anni a questa parte.
Dobbiamo fare rilevare come questa legge comunitaria arriva in Aula in grandissimo e gravissimo ritardo. Si è trattato di un iter avviato in primavera e si doveva viaggiare spediti. Ci troviamo ormai ad inizio ottobre e, quindi, significa che troppo tempo è stato perso. È un tempo che avrebbe consentito invece di procedere ad inserire nel nostro ordinamento interno quelle direttive, che, per tanto e troppo lungo tempo, ci siamo sentiti accusare - da parte in particolare del Partito Democratico, ma in generale da tutte le opposizioni al Governo precedente - di non inserire con le tempistiche giuste.
Ebbene, oggi, attraverso questo Governo tecnico il Partito Democratico si trova a sostenere il Governo e, nonostante abbia anche il relatore di questa comunitaria, noi siamo in presenza, come dicevo, di un grave ritardo, che forse è anche il frutto di quello stallo che si è verificato sulla legge comunitaria 2011.
Si tratta di uno stallo dovuto non tanto, come sostiene qualcuno, alla Lega, che avrebbe inserito con propri emendamenti dei passaggi all'interno della legge comunitaria 2011 che non sono attinenti a quello che è propriamente il tema della Pag. 34legge comunitaria stessa. In realtà siamo davanti ad uno stallo sulla legge comunitaria 2011 perché evidentemente questa maggioranza rabberciata ed eterogenea non riesce a fare chiarezza al proprio interno. Allora eccoci fermi con la legge comunitaria 2011 e Governo e maggioranza tentano di salvare il salvabile, lanciando e portando in Aula la legge comunitaria 2012 - ripeto - con un gravissimo e pesantissimo ritardo.
Certo, parlando di legge comunitaria, abbiamo anche modo di ragionare e riflettere su quella che è l'attività normativa che l'Unione europea ha sottoposto ai vari Stati membri.
Qui vediamo come ormai, sempre più spesso, le direttive assomigliano a regolamenti mascherati. Le direttive dovrebbero essere provvedimenti che fissano i principi, lasciando poi agli Stati membri l'opportunità e la capacità di declinarli, a seconda delle diverse realtà che li caratterizzano. Spesso, a sproposito, si cita il principio di sussidiarietà; ebbene, in questo caso abbiamo dei veri e propri regolamenti mascherati che introducono paletti stretti al punto che, più che fissare gli obiettivi generali, fissano in modo già fin troppo preciso e stretto i criteri con cui le direttive vengono applicate.
Ma entrando anche più nel merito di questa legge comunitaria 2012 non posso non ricordare quanto veniva detto fino all'anno scorso, quando si accusava la Lega Nord e si accusava in generale il Governo precedente di non aver affrontato, nelle leggi comunitarie precedenti, i temi veri, di non aver affrontato i problemi di recepimento delle decine e decine di direttive che giacciono nel dimenticatoio. Ebbene, è cambiato il Governo, è arrivato un Governo che avrebbe dovuto fare miracoli, sostenuto da una maggioranza che doveva, con il sostegno al Governo Monti, salvare il Paese. Ebbene queste direttive dimenticate erano e dimenticate sono oggi. Noi non abbiamo visto grandi interventi, non abbiamo visto l'inserimento di quelle direttive che oggi rischiano davvero di innescare sul domani delle procedure di infrazione. Quindi resta un grave ritardo anche in termini di recepimento.
Quanto poi alla Relazione, che ha presentato il collega Fucci, sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2011, va detto che, è vero, nel 2011 per dieci dodicesimi l'Italia ha partecipato all'Unione europea con un Governo che la Lega Nord ha sostenuto, ma forse più che parlare di partecipazione dell'Italia all'Unione europea bisognerebbe parlare di quanto l'Unione europea ha consentito all'Italia di partecipare al processo normativo e decisionale dell'Unione stessa. E allora qui vediamo e dobbiamo rimarcare quanto ha fatto l'Unione europea per entrare direttamente nella gestione delle dinamiche politiche del nostro Paese, uno Stato membro che è stato attaccato più volte in sede di Unione europea con l'obiettivo evidentemente di sostituire un Governo democraticamente eletto con un Governo squisitamente tecnico che si mettesse ad eseguire in modo pedissequo quanto i grandi capi della Commissione europea intendevano introdurre nel nostro ordinamento, e questo è quello che è stato fatto. Abbiamo assistito a quanto è avvenuto nel novembre scorso con questo cambiamento, antidemocratico del Governo, quindi oggi abbiamo un Governo ed una maggioranza che in modo supino accettano tutto ciò che arriva dall'Unione europea. Bella partecipazione all'Unione europea! Questo dovrebbe, a mio modo di vedere, contenere in fatto di denuncia la relazione. L'Unione europea ha prodotto questo cambiamento sostanzialmente tenendo in scacco tutti quei Paesi che avevano problemi con la collocazione dei titoli di debito pubblico. Quindi, se da un lato abbiamo i Trattati dell'Unione europea che danno pari dignità indipendentemente dalla capacità economica e dalle dimensioni dei vari Paesi membri, dall'altra abbiamo una realtà completamente differente dove esistono Paesi di «serie A», Paesi di «serie B» e Paesi di «serie C», a seconda della capacità economica di sostenere i debiti sovrani. È quindi evidente che in questa fase, anziché avere un Pag. 35Governo che ha sostenuto le posizioni, andando anche in contrasto a quelle che erano le richieste a volte folli ed esagerate delle istituzioni europee, ebbene noi abbiamo avuto da novembre 2011 a questa parte un Governo che invece si è totalmente appiattito rispetto ai voleri di Bruxelles e di Francoforte.
Abbiamo assistito ad uno stravolgimento anche dell'iter nell'arrivare e nell'addivenire a quelli che sono gli accordi in sede di Unione europea. L'Unione europea, nei propri Trattati, prevede criteri precisi di funzionamento e, invece, abbiamo assistito ad accordi studiati tra Francia e Germania, poi - per così dire - sottoposti, con il vincolo di approvazione, al resto dei Paesi membri, in primis il nostro Paese.
L'Unione europea ha ribadito con forza, nel 2011, di non volere la difesa e di non voler sostenere le imprese - le imprese europee in particolare e le piccole e medie imprese nel nostro Paese -, nonostante la posizione dei rappresentanti del Governo di cui noi facciamo parte sostenesse la necessità di difendere e tutelare le nostre produzioni rispetto a quanto arriva dall'Indocina sui nostri mercati. Quindi, da un lato, il Governo Berlusconi aveva sostenuto in sede europea queste necessità e, più volte, noi della Lega abbiamo ribadito la necessità che in sede europea si discutesse dell'introduzione di forme di protezione delle nostre produzioni: abbiamo sempre ricordato la necessità di difendere e tutelare il nostro sistema imprenditoriale e manifatturiero. Invece, abbiamo assistito ad una svendita di queste posizioni da parte dell'Unione europea nei confronti di Paesi che producono con costi estremamente inferiori e con condizioni anche sociali davvero da terzo mondo.
Ebbene, qui abbiamo avuto il grosso vuoto da parte dell'Unione europea, un vuoto che segna una grave colpa, che pagano i nostri cittadini. I cittadini, infatti, non percepiscono l'Unione Europea, perché l'Unione europea ha istituzioni estremamente ed eccessivamente distanti rispetto a quella che è la realtà, e, quindi, sentono soltanto gli effetti degli errori che vengono compiuti in sede europea, pagando il conto di questa grave crisi economica.
Come sappiamo, la crisi economica non è stata generata in Europa, non è stata generata dal Governo precedente, ma è il frutto di scelte scellerate al di là dell'oceano Atlantico; tuttavia, la capacità di reazione che ha messo in campo l'Unione europea è andata a senso unico, perché ha tutelato i grandi poteri finanziari, ma non ha sostenuto, invece, la capacità di fare economia delle piccole e medie imprese e, quindi, di tutelare in questo senso anche i livelli occupazionali in particolare del nostro Paese e, ancora più precisamente, della parte settentrionale, del nostro Nord produttivo, dove è presente la maggior parte delle imprese del Paese.
Noi abbiamo visto come, di fatto, l'Unione europea si stia nascondendo rispetto agli effetti che vengono prodotti dalle scelte degli Stati membri. Quindi, oggi, gli Stati membri e il nostro Paese, in particolare, stanno facendo da paravento rispetto a quanto arriva dall'Europa: l'Europa decide, l'Europa ordina, e questo Paese, con questo Governo, va nella direzione che chiede l'Europa; i cittadini percepiscono, quindi, gli errori che compie sì questo Governo, ma che questo Governo compie insieme ai propri amici che sono a Bruxelles e a Francoforte.
Questo è un concetto importante perché, altrimenti, le istituzioni europee, che sono distanti e non riescono a tutelare i cittadini europei, men che meno quelli del nostro Paese, rischiano di essere al di fuori delle critiche che, invece, dovrebbero piovere su queste istituzioni, forse più ancora rispetto alle critiche che oggi, in giro per l'Europa, si stanno facendo ai vari Stati membri.
La situazione è indubbiamente complicata e quello che sta emergendo in diversi Stati e in diverse aree di questa Unione è che l'Europa, così come è stata concepita, non può più funzionare. Gli Stati nazionali, che compongono questa Unione Europea a 27, ormai, nella stragrande maggioranza, non hanno più ragione di esistere perché la loro funzione storica si è Pag. 36inevitabilmente esaurita. È, quindi, necessario andare in una nuova direzione, che è fatta da aree economicamente omogenee: questo è il futuro di una nuova Europa, che non significa essere antieuropei, ma significa, con questa nuova definizione di Europa, riuscire a dare quella spinta che i cittadini si attendono.
E attenzione, perché qualora non si andasse su questa strada, qualora invece l'Europa volesse perseverare nella direzione di chiudersi all'interno di un super-Stato, che addirittura andrà a decidere le politiche che i vari Stati membri dovranno porre in essere, posto che devono raggiungere il pareggio di bilancio, a quel punto anche le posizioni meno europeiste, che vogliono un'Europa dei popoli, rischiano di essere superate da posizioni, invece, profondamente antieuropeiste, le quali, invece, vorrebbero davvero lo smantellamento di tutto l'apparato europeo.
Quindi, in questo momento diventa indispensabile dare maggior voce ai rappresentanti dei cittadini e ai cittadini: maggior voce ai rappresentanti dei cittadini, perché questo Parlamento, insieme ai vari Parlamenti degli Stati membri, deve avere la possibilità di incidere maggiormente rispetto al processo decisionale che si fa e che si persegue nelle istituzioni europee. È necessario, insomma, che, un po' come accade in Germania, si ribadisca che tutto ciò che è vincolante per gli Stati membri, ebbene, lì, i nostri Parlamenti, il nostro Parlamento deve entrare pesantemente e deve avere quella capacità di sintesi e di prendere posizione a tutela delle politiche del nostro Paese.
Ma a maggior ragione dobbiamo ribadire come sia necessario che in questo processo di devoluzione di poteri dagli Stati membri all'Europa debbano entrare in modo chiaro i cittadini, per potersi esprimere e poter dire ciò che pensano rispetto a quella che è oggi l'Unione europea e rispetto a quello che è oggi il sistema monetario europeo. Non è più possibile che decisioni di questo tipo vengano calate dall'alto e che, insomma, si faccia una Europa intesa come un super-Stato europeo, di nascosto e senza la partecipazione democratica.
Questo è un passaggio che noi auspichiamo e penso che in questa direzione si debba andare anche fin da subito, cercando di approvare nel modo più veloce possibile e, quindi, più che approvare, concludere l'iter di approvazione del disegno di legge di riforma della legge n. 11, che, anche in questo caso, un po' come il disegno di legge comunitaria 2011, giace al Senato e anche lì per motivi che esulano dall'azione politica della Lega, ma per problemi che sono nati all'interno della maggioranza.
Sulla legge n. 11 si è fatto un importante lavoro, siamo arrivati ad approvare la nuova legge n. 11 all'unanimità con un buon lavoro in Commissione, con un altrettanto buon lavoro in Assemblea; ebbene, ciò che qui è stato prodotto di positivo rischia di perdersi nei meandri del Senato. Quindi, è importante che si ritorni in quest'Aula con tempi celeri per concludere quell'iter di approvazione che riteniamo indispensabile per snellire la procedura parlamentare in merito all'analisi dei provvedimenti che arrivano dall'Europa.
Complessivamente credo che sia necessario, attraverso la relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, porre le basi affinché, negli anni a venire, si possa ragionare su una Europa diversa. Non ci sono alternative, o si cambia impronta a questa Europa che sta drammaticamente prendendo forma, altrimenti le istituzioni europee rischiano davvero di implodere e di trascinare in questa implosione tutti i cittadini e quindi tutto ciò che è il sistema socio-economico che ha fatto grande l'Europa nei secoli scorsi e che dobbiamo riuscire, con una nuova forma di Europa, a fare grande anche nei secoli a venire.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Adinolfi. Ne ha facoltà.

MARIO ADINOLFI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli Pag. 37colleghi, questa sulla legge comunitaria 2012 non può esser una discussione che affrontiamo distrattamente; è una discussione centrale dal punto di vista politico e dal punto di vista delle norme che ci accingiamo a discutere e, mi auguro, ad approvare; è una discussione sull'Europa come valore, come orizzonte politico. Il Partito Democratico intende riaffermare questo orizzonte politico con estrema nettezza, con estrema forza, in virtù di una cultura politica e di un impegno politico che deriva fin dalla radice della fondazione europea, con De Gasperi, Schuman, Adenauer, con la grande intuizione profetica di Spinelli, con i valori espressi da Delors, da Romano Prodi. Non è una discussione qualsiasi, non è una discussione distratta, è una discussione che vede attraversare una faglia: c'è una «faglia» in questo Parlamento - lo abbiamo ascoltato anche nell'intervento precedente - tra chi prova a dipingere l'Europa come un male e chi prova da assegnare ad altre parti politiche la difesa di una sorta di male necessario. Non è così, l'Europa è un orizzonte; da questo punto di vista stiamo affermando, anche in questa legge comunitaria, un cambio di passo importante, perché questo Governo, il Governo che ci onoriamo di sostenere, ha presentato nei tempi dovuti il provvedimento di legge che non è più un provvedimento omnibus, non ci si attaccano mille vagoni, è un provvedimento compatto in cui gli elementi che dobbiamo andare ad affrontare hanno si delle caratteristiche tecniche, evidentemente, il cui significato particolare può sfuggire a qualche cittadino meno attento, ma il valore della discussione politica tra di noi deve essere molto chiaro. L'Europa è in questo momento un elemento a cui guardare con fiducia e aspettativa per il futuro, anche per l'intervento che nel presente ha svolto nei destini che riguardano il nostro Paese. Non è la SPECTRE, non è il male, non sono i «mercati» né i «mercanti»; l'Europa è l'Europa, il luogo di una traversata democratica importante che i popoli di questo continente stanno compiendo in mezzo a mille difficoltà. Difficoltà date da nazionalismi, particolarismi, localismi, fascismi a cui noi dobbiamo opporci con estrema nettezza; è un grande sogno collettivo che non muore in un altalenare tra spread, bund, btp, parole che non si capiscono. È un grande sogno collettivo che dobbiamo far vivere magari a partire, proprio, da questo provvedimento che non è un provvedimento banale e che il lavoro nella XIV Commissione presieduta dall'onorevole Pescante non ha svolto come lavoro banale.
Siamo intervenuti con nettezza e precisione per dare forza alle necessità di democratizzazione dei passaggi, che è un aspetto di estrema rilevanza, evidentemente.
L'articolo 5 di questo provvedimento, come hanno detto con chiarezza sia il relatore Gozi che il presidente Pescante, da questo punto di vista, ha un valore particolare. Certo, non ci mettiamo nella trincea finlandese o, peggio, tedesca di chi vuole condizionare a tutti i costi, con i localismi, ancora una volta, e con questa attenzione egoistica, per certi versi colorata di versanti nazionalistici - lasciatemelo dire -, il dibattito europeo, ma certamente si vuole - l'articolo 5 lo esprime con chiarezza - che il nostro Parlamento nazionale abbia da dire la sua parola a nome del popolo italiano. Questo è quello che noi faremo, evidentemente, approvando questa norma: noi vogliamo che il popolo italiano abbia parola, ma che l'abbia in una prospettiva europea, in una prospettiva che è capace di parlare al continente tutto. Per questo, prego l'opinione pubblica, in particolare, di guardare a questo articolo come a un elemento valoriale e non a una banale technicality giuridica. Noi vogliamo intervenire e vogliamo far sentire la nostra voce, non vogliamo porre veti, non ci poniamo sul terreno ostativo alla costruzione di un'Europa solidale.
Questo è quello che faremo e il gruppo del Partito Democratico si è impegnato, da questo punto di vista, con particolare nettezza in Commissione, anche per correggere un approccio che, per esempio, nell'emendamento di base della Lega Nord aveva delle coloriture diverse. Pag. 38
Voglio però sottolineare, da questo punto di vista - rivolgendo davvero un encomio al Governo, troppo spesso bistrattato su questi temi, come se fossero semplicemente una propaggine di decisioni prese altrove -, che la decisione di presentare la normativa il 1o febbraio 2012 ha un importantissimo significato politico, che segna davvero una novità e segna davvero un cambio di passo. Noi del gruppo del Partito Democratico con rammarico notiamo che, evidentemente, la calendarizzazione in Aula è arrivata tardi, per necessità, perché è successo di tutto (e, magari, per fare in modo che io potessi intervenire in quest'Aula visto che sono un subentrante da qualche mese), ma evidentemente si può ancora correggere qualcosa, con grande nettezza, così come si può correggere l'approccio complessivo che ha questo Paese alla parola Europa.
L'accenno è stato fatto dal presidente Pescante, ma permettetemi di essere netto da questo punto di vista: risultano aperte ufficialmente - ed è evidente -, nella normativa che stiamo discutendo e che spero approveremo, nei confronti dell'Italia 136 procedure di infrazione, signor Presidente. È interessante notare che al 22 marzo 2012 vi è un contenzioso pendente finalmente diminuito: solo 124 procedure. Ma voglio far notare che, nell'ambito di queste procedure di infrazione che devono essere ancora sanate, il fascicolo sulla legge Gasparri sulle frequenze radiotelevisive, aperto nel 2006 per violazione delle regole di concorrenza, è il più cospicuo, il più importante. Notiamolo, perché anche questo non è un territorio neutro, ma è un territorio che politicamente il gruppo del Partito Democratico sottolinea con forza. Quelle infrazioni vanno evidentemente sanate.
Bisogna poi evidentemente accelerare i tempi, da molti altri punti di vista. È già stato sottolineato con favore il lavoro dell'onorevole Gozi sul gold plating, ma fatemi anche sottolineare in particolare, per la battaglia che il Partito Democratico ha svolto in Commissione, la questione dello status di soggiornante di lungo periodo. Le nostre proposte emendative che sono state approvate riguardano l'esplicitazione di principi e criteri direttivi di delega al Governo che migliorano la formulazione dell'articolo originario predisposto dall'Esecutivo, in accoglimento di alcune preoccupazioni dell'Agenzia delle Nazione Unite per i rifugiati. Sono principi volti ad estendere l'applicazione della direttiva n. 2011/51/UE ai beneficiari di protezione internazionale, senza appesantire la richiesta di ulteriori condizioni che non tengano conto della condizione di particolare venerabilità dei medesimi soggetti.
Da questo punto di vista, anche questo elemento, evidentemente, ha un suo valore politico simbolico: è un'Europa che vogliamo mescolata. Non vogliamo l'Europa delle patrie, meno che mai dei regionalisti e meno che mai dei nazionalismi.
Vogliamo un'Europa aperta, solidale, capace di essere faro di civiltà per il mondo intero, criterio di accoglienza e di solidarietà reale verso i bisogni delle popolazioni che, in particolare, affacciandosi sul Mediterraneo in questo momento di profonda crisi internazionale, vivono le stimmate della disperazione (non riesco ad avere alcuna altra immagine in testa). Noi siamo questa Europa qua. In particolare, noi del Partito Democratico credo abbiamo davvero nel DNA questo orizzonte. Non vogliamo vederlo svillaneggiato, non lo faremo svillaneggiare in quest'Aula. Difenderemo questa legge, difenderemo la comunitaria, difenderemo l'Europa, perché ci crediamo, perché è il nostro orizzonte politico ideale a cui leghiamo, più di altro, il nostro futuro (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Porcino. Ne ha facoltà.

GAETANO PORCINO. Signor Presidente, vorrei in premessa fare una sintesi dei discorsi che ho ascoltato con molta attenzione sia da parte del collega Adinolfi sia da parte del presidente Pescante. Lei è un filosofo, Presidente, e qui davvero mi viene in mente la famosa teoria di Aristotele della non contraddizione, il tertium non datur. Pag. 39
Infatti, se ho ascoltato bene il collega Adinolfi, al quale mi lega una profonda simpatia - spero reciproca - egli ha detto che in questo Parlamento da tanto tempo si riscontra una faida. Tra chi non l'ha specificato, ma io ritengo, per quello che mi compete, di escludere che l'Italia dei Valori possa far parte di questa faida, anche perché noi ci riteniamo alleati del Partito Democratico, lo siamo in tutti i territori e speriamo di esserlo pure alle prossime politiche.
Egli diceva che ci sono provvedimenti un po' raffazzonati, alcune volte, proprio perché ci sono dei contrasti fra gruppi che non permettono di portare avanti le cose come si dovrebbe. Dall'altro lato, però - ringrazio il presidente Pescante - questa affermazione è in parte contraddetta dalla nota del presidente Pescante, al quale va tutto il mio plauso. Infatti, il presidente Pescante dice che tutti i membri, di maggioranza e di opposizione, hanno partecipato in modo fattivo e collaborativo a tutti gli adempimenti che riguardano la XIV Commissione affinché i provvedimenti andassero a buon fine.
Allora, intanto ringrazio l'onorevole Pescante, perché questo significa che, per quello che mi riguarda, l'Italia dei Valori non ha comportamenti pregiudiziali e precostituiti, visto che ha un comportamento fattivo. Però, allora io dico tertium non datur: se tutti i componenti sono collaborativi e fattivi e partecipano, è cambiato il Governo, è cambiato il Ministro (adesso abbiamo il Ministro Moavero al quale, sul piano personale, mi legano stima e simpatia e a cui riconosco il grande lavoro che sta facendo), però i provvedimenti non vanno avanti, non funzionano, si impantanano, bisognerebbe fare una riflessione.
Anche gli amici del Partito Democratico dovrebbero fare una riflessione, perché se Adinolfi dice che va il suo plauso al Governo e Pescante dice che tutti i componenti hanno collaborato, però le questioni non vanno avanti, allora l'inghippo dove sta?
Io volevo soltanto fare una prima sintesi - poi entrerò nel merito del contenuto del provvedimento - per i cittadini che ci ascoltano da casa. In questo momento, meno male che stiamo discutendo la comunitaria 2012, però, usando termini dell'edilizia, potrei dire che vogliamo costruire un grande stabile - che è l'Europa, alla quale tutti siamo interessati e per la quale partecipiamo -, stiamo costruendo il secondo piano, ma non abbiamo ancora costruito il primo. Infatti, stiamo discutendo oggi la comunitaria 2012 e non abbiamo approvato la comunitaria 2011.
Allora di chi sono le colpe? Dei commissari della Commissione XIV? Il presidente Pescante dice di no. C'è una faida, come diceva Adinolfi? Ma chi sono questi che hanno messo in pista una faida tale da non consentire di portare in Aula i provvedimenti e farli approvare, così come abbiamo fatto l'anno scorso all'unanimità sulle modifiche alla legge n. 11 del 2005, caso non unico, ma sicuramente raro in questo Parlamento?
Lascio a voi e a chi ci ascolta da casa le riflessioni. Veniamo al merito della questione. Un primo accenno, sempre per chi ha tutte le ragioni per capire di cosa stiamo parlando: il disegno di legge comunitaria 2012 è stato presentato il 1o febbraio 2012 e ha iniziato l'iter il 4 aprile 2012.
La legge comunitaria consente all'Italia di adempiere agli obblighi derivanti dalla sua appartenenza all'Unione europea, mediante il recepimento di direttive e la modifica della propria legislazione nelle materie di competenza dell'Unione. Viene presentata ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 11 del 2005 ed è opinione condivisa che la legge n. 11 debba essere modificata al fine di aggiornarla alle modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona, in modo da consentire di migliorare i meccanismi che regolano il recepimento delle direttive.
Però, vi chiedo ancora una volta: che fine ha fatto la legge comunitaria? Lo chiedo qui perché qualcuno faccia attenzione a quello che stiamo dicendo e, se lo ritiene opportuno come dovrebbe, intervenga in questa direzione. La legge comunitaria 2011 è stata approvata dalla Camera il 2 febbraio 2012 e inviata all'esame Pag. 40del Senato, dove la trattazione si è dilungata oltre ogni ragionevole durata. C'è stata tutta una serie di emendamenti, di proroghe, di rettifiche, di dilazioni, alla fine vi cito soltanto l'ultima del 12 settembre ultimo scorso, durante la quale la Presidente riferiva sugli esiti dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi parlamentari.
Relativamente all'esame del disegno di legge comunitaria 2011, dice la Presidente, le diverse opzioni regolamentari percorribili includono, oltre all'eventuale stralcio degli articoli 14 e 25, peraltro già ipotizzato in passato, anche la possibilità di travasare alcuni articoli del suddetto provvedimento nel disegno di legge comunitaria 2012, il quale, come è noto, è stato licenziato dalla XIV Commissione della Camera dei deputati. Allora io dico, ma perché, anche se legittimi, anche se proceduralmente corretti, bisogna fare questi travasi, questi sdoppiamenti, inventarsi queste soluzioni e non affrontare, come si dovrebbe in un Parlamento serio, la questione alla radice e fare le cose nei tempi e nei modi che le procedure, l'etica politica e la responsabilità nazionale vorrebbero? Questo mi chiedo e lo chiedo pure a voi. Speriamo che qualcuno dei capi partito, dei nostri colleghi senatori senta e prenda atto della situazione in cui siamo.
Passiamo alla relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea. Esporrò una breve sintesi per dire a chi ascolta da casa cosa significa la relazione consuntiva, poi entrerò nel merito delle questioni, facendo un accenno ad una risoluzione che io stesso ho presentato questa mattina in merito alla relazione consuntiva.
La relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea costituisce uno strumento informativo sulle politiche generali poiché dà conto dell'attività svolta dalle istituzioni comunitarie nei differenti settori e delle corrispondenti iniziative del Governo italiano. Si tratta, quindi, di un documento prevalentemente ricognitivo delle iniziative adottate, che rappresenta un'occasione di analisi sull'attuazione della politica europea del Paese.
In particolare, giusto per quelli che ci ascoltano da casa, la relazione consuntiva deve illustrare gli sviluppi del processo di integrazione europea registrati nell'anno di riferimento (quindi, se si fa l'anno dopo, penso che non serva a nulla, va di conseguenza); la partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea con l'esposizione dei principi e delle linee caratterizzanti la politica italiana nei lavori preparatori e nelle fasi negoziali svolte in vista dell'emanazione degli atti legislativi dell'Unione; la partecipazione dell'Italia alle attività delle istituzioni dell'Unione europea per la realizzazione delle principali politiche settoriali; l'attuazione in Italia delle politiche di coesione economica e sociale, nonché l'andamento dei flussi finanziari verso l'Italia e la loro utilizzazione. In tal caso, ci sarebbe da aprire un capitolo, non è questo il momento, non è questa la sede, ma sull'utilizzazione dei flussi finanziari verso l'Italia ci sarebbe da fare una sessione ad hoc e parlare approfonditamente per far sapere agli italiani punto per punto come stanno le questioni.
La relazione consuntiva deve, inoltre, illustrare il seguito dato e le iniziative assunte in relazione ai pareri, alle osservazioni, agli atti di indirizzo delle Camere nonché alle osservazioni della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e della Conferenza dei presidenti dell'assemblea. Questi sono i contenuti che dovrebbe avere la relazione consuntiva, che poi è divisa tecnicamente in due parti: la relazione preventiva, che deve essere presentata entro la fine di ogni anno, entro il 31 dicembre, e che riguarda l'anno successivo, e la relazione consuntiva, che riguarda l'anno precedente.
Esaminata la relazione di quest'anno, rileviamo che il documento in esame costituisce la seconda relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione Pag. 41europea, presentata ai sensi del nuovo testo dell'articolo 15 della legge n. 11 del 2005. In coerenza con l'impostazione del nuovo articolo 15, la relazione consuntiva dovrebbe fornire alle Camere gli elementi utili a valutare i principali sviluppi del processo di integrazione europea e delle politiche e delle normative dell'Unione europea, nonché l'efficacia dell'azione del Governo nelle sedi decisionali europee e la sua coerenza con gli indirizzi definiti dal Parlamento.
In più, la relazione in esame è stata trasmessa il 22 marzo 2012 alle Camere, con oltre un mese di ritardo rispetto al limite del 31 gennaio. Ma su questo possiamo transigere visti gli altri ritardi di altri provvedimenti. Si tratta certamente di un ritardo più contenuto rispetto a quello degli anni precedenti e, in particolare, dello scorso anno, primo anno in cui la relazione veniva presentata separatamente da quella preventiva, quando fu presentata con oltre quattro mesi di ritardo rispetto al termine di scadenza.
L'esigenza di una presentazione tempestiva, secondo noi, è sempre stata sollecitata dalle Commissioni della Camera al fine di poter partecipare in modo costruttivo alla definizione della partecipazione dell'Italia all'Unione europea. Il ritardo accumulato anche quest'anno, poiché la relazione giunge all'esame dell'Assemblea della Camera dopo sei mesi di esame delle Commissioni di merito e consuntive, è già di per sé significativo. Il ritardo complessivamente accumulato vanifica l'utilità e l'efficacia dell'esame parlamentare dell'azione svolta dal Governo a livello europeo nell'anno 2011. Questo dato speriamo che per gli anni a venire venga in qualche modo modificato perché, altrimenti, ci parliamo addosso, ma nulla ha poi di costruttivo e di concreto quello che si fa se viene vanificato il principio per cui si dovrebbe fare.
Va, peraltro, ribadito ancora una volta, così come faceva la risoluzione approvata alla Camera sulla relazione consuntiva relativa all'anno 2010, l'urgenza di una rapida approvazione delle modifiche alla disciplina della legge comunitaria prospettata dal testo di riforma della legge n. 11 del 2005, approvato all'unanimità dalla Camera il 23 marzo 2011 e all'esame del Senato da ben diciotto mesi.
Al Senato l'esame del testo in Commissione è terminato soltanto il 25 settembre ultimo scorso. Considerato che la XVI legislatura, questa in atto, è prossima al suo termine naturale vi è secondo noi il rischio probabile e possibile che non si approvi quel testo in tempo in via definitiva, considerando che dovrà tornare alla Camera in terza lettura e non è scongiurato un ulteriore successivo passaggio al Senato. Non lo possiamo ancora sapere.
Si tratterebbe, secondo noi, di un fatto di inaudita gravità, perché dimostrerebbe che il sistema istituzionale, per inerzia del Parlamento, non si è ancora adeguato alle novità introdotte dal Trattato di Lisbona. Va assicurato un accordo tra Camera e Senato con l'intermediazione del Governo - e qui noi richiamiamo le responsabilità del Governo - perché la riforma venga approvata nel più breve tempo possibile.
Detto tutto questo, per quanto riguarda la nostra risoluzione non vado oltre leggendovi tutti gli altri punti: ve li riassumo nella richiesta d'impegno che noi facciamo al Governo. Chiediamo al Governo di assicurare per le prossime relazioni consuntive annuali sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea il rispetto dei tempi e impegniamo il Governo affinché siano presentate improrogabilmente entro la scadenza del 31 gennaio di ogni anno di cui all'articolo 15 legge n. 11 del 2005.
Chiediamo che le relazioni diano adeguatamente e specificatamente conto del seguito dato dal Governo ai singoli atti di indirizzo approvati dalle Camere, dalle regioni, dalle province autonome, dagli enti locali, nonché alle parti sociali in merito alle formazioni delle politiche e della normativa dell'Unione europea, nonché dei casi di apposizione della riserva di esame parlamentare ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 11 del 2005. Pag. 42
Infine, chiediamo di favorire per i punti di competenza che il disegno di legge d'iniziativa governativa e parlamentare intitolato: «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea», che sostituirebbe la legge 4 febbraio 2005, n. 11, venga alla fine attuato (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 4925-A e Doc. LXXXVII, n. 5)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore sul disegno di legge comunitaria per il 2012, onorevole Gozi, e il relatore sulla Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2011, onorevole Fucci, e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.

(Annunzio di risoluzioni - Doc. LXXXVII, n. 5)

PRESIDENTE. Avverto che, ai sensi dell'articolo 126-ter, comma 6, del Regolamento, sono state presentate le risoluzioni Borghesi e Porcino n. 6-00112, Fucci, Buttiglione, Gozi, Pescante e Razzi n. 6-00113 e Maggioni ed altri n. 6-00114, riferite alla Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2011 (Vedi l'allegato A - Risoluzioni).
Ricordo che, a norma dell'articolo 126-ter, comma 7, del Regolamento, su tali atti di indirizzo l'Assemblea sarà chiamata a deliberare dopo la votazione finale sul disegno di legge comunitaria.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
A questo punto, sospendo la seduta, che, come previsto dall'ordine del giorno, riprenderà alle ore 15,30 per lo svolgimento della discussione congiunta sulle linee generali del conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2011 e del progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2012.

La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 15,30.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gianni Farina, Leone, Migliavacca e Zeller sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

In morte dell'onorevole Piero Melograni.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Piero Melograni, già membro della Camera dei deputati nella XIII legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Su un lutto della deputata Rita Bernardini.

PRESIDENTE. Comunico che la collega Rita Bernardini è stata colpita da un grave lutto: la perdita del fratello.
La Presidenza della Camera ha fatto pervenire alla collega le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.
Davvero, sinceramente e sentitamente partecipiamo al dolore della collega.

Pag. 43

Discussione congiunta dei documenti: Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2011 (Doc. VIII, n. 9); Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2012 (Doc. VIII, n. 10) (ore 15,32).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta dei documenti: Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2011 e Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2012.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame congiunto è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
Ricordo che il termine per la presentazione degli ordini del giorno riferiti al progetto di bilancio è fissato alle ore 17 di oggi.

(Discussione congiunta - Doc. VIII, nn. 9 e 10)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta.
Ha facoltà di parlare il deputato questore Colucci.

FRANCESCO COLUCCI, Questore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome dell'Ufficio di Presidenza, il Collegio dei Questori sottopone all'Assemblea il progetto di bilancio di previsione per il 2012 e il bilancio triennale 2012-2014, in esito ad un anno di grande intensità, caratterizzato da decisioni assai impegnative e di peculiare rilievo strategico per la vita dell'istituzione parlamentare.
Il cammino percorso sino ad oggi può ben dirsi eccezionale: ne dà puntuale testimonianza la relazione scritta, alla quale rinvio per brevità, limitandomi in questa sede alle considerazioni che il Collegio ritiene di maggior rilievo.
L'Ufficio di Presidenza sottopone oggi al vaglio dell'Assemblea un progetto di bilancio che registra la decisione di ridurre la dotazione della Camera dei deputati nella misura di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015; una decisione in questo senso non veniva adottata dalla nostra istituzione da oltre cinquant'anni. In conseguenza di questa scelta, nel 2013, la dotazione della Camera dei deputati tornerà allo stesso livello in cui si trovava nel 2006 e al medesimo livello si troverà ancora nel 2015.
Non può sfuggire ad alcuno l'esito concreto e tangibile di un simile processo, a fronte della crescita costante del livello dei prezzi, già incrementato, dal 2006 al 2012, del 13,2 per cento e a fronte dell'aumento dell'imposta sul valore aggiunto. Le risorse nominali a disposizione della Camera dei deputati nel 2015 saranno le medesime di dieci anni prima e quelle reali saranno diminuite drasticamente. In sostanza, il peso reale dei costi di funzionamento della Camera si è ridotto per i contribuenti, dal 2006 al 2012, nella misura di circa 125 milioni di euro.
Né può sfuggire quanto difficile possa essere stato il percorso che ha condotto alla decisione di ridurre la dotazione. Il Collegio intende sottolineare in proposito come un intervento di simile ampiezza sia stato affrontato e realizzato in tempi brevissimi, a fronte della straordinaria complessità dello sforzo richiesto in termini di analisi istruttoria delle misure da adottare, che ha richiesto anche l'acquisizione dei contributi da parte di una pluralità di soggetti direttamente coinvolti dalle conseguenze di tale riduzione.
In piena coerenza con i tempi previsti dal regolamento di amministrazione e contabilità, il progetto di bilancio di previsione per il 2012 ed il bilancio triennale 2012-2014, nonché il conto consuntivo per il 2011 erano stati approvati dall'Ufficio di Presidenza il 29 marzo 2012.
Tuttavia, il perdurare della condizione critica dell'economia internazionale e dei suoi gravosi riflessi sulla situazione economico-finanziaria del nostro Paese ha indotto negli organi di direzione politica la consapevolezza dell'esigenza di un impegno ancor più stringente e determinato nel senso del contenimento della spesa per il Pag. 44funzionamento della nostra Istituzione. È maturata in questo quadro la decisione di tagliare la dotazione della Camera dei deputati, che è stata portata a compimento in tutti i suoi numerosi e delicati aspetti in poco più di 4 mesi effettivi, senza considerare la sospensione estiva dei lavori parlamentari.
È dunque virtuosa la ragione per cui il bilancio di previsione giunge all'esame dell'Assemblea in una fase avanzata dell'esercizio finanziario. Gli interventi sopra ricordati consentono infatti di esaminare un bilancio che da oggi evidenzia risultati ancor più significativi rispetto a quelli - pure già consistenti - segnati dalla politica di contenimento e razionalizzazione della spesa perseguita negli scorsi anni, sia dal punto di vista del minor onere gravante sul bilancio dello Stato per il funzionamento dell'Istituzione sia dal punto di vista dell'andamento della spesa. È un dato di fatto che l'Ufficio di Presidenza presenta alla valutazione dell'Assemblea e al giudizio dell'opinione pubblica e che prova radicalmente gli argomenti, al di là di ogni possibile polemica, circa i tempi di esame dei documenti di bilancio oggi in discussione.
I documenti all'esame dell'Assemblea evidenziano già a partire dall'esercizio 2012 gli effetti della politica di bilancio perseguita dagli organi di direzione politica e danno ragione di come lo sforzo di contenimento e di razionalizzazione abbia riguardato tutte le voci di spesa e si sia giovato del contributo responsabile di tutti soggetti coinvolti.
Per quanto riguarda i deputati in carica, i numerosi interventi che hanno riguardato le indennità loro spettanti hanno determinato una riduzione della categoria I (deputati) pari al 3,52 per cento nel 2012 e del 8,63 per cento nel 2013, attestandosi nel 2014 allo stesso livello dell'anno precedente. Mi limito a ricordare che l'indennità parlamentare è stata ridotta nel suo ammontare lordo che sino al 2015 non sarà adeguato secondo i meccanismi previsti dall'ordinamento - e non lo è dal 2007 - e sarà altresì oggetto del contributo straordinario del 10 e del 20 per cento; parimenti, resteranno ridotte la diaria di soggiorno, il rimborso delle spese per l'esercizio del mandato e l'indennità di ufficio.
Per quanto riguarda i deputati cessati dal mandato, adempiendo ad un impegno assunto in vista del bilancio interno per il 2011, l'Ufficio di Presidenza ha approvato un nuovo sistema previdenziale a decorrere dal 1o gennaio 2012, basato sul metodo di calcolo contributivo e sul principio del pro rata che ha superato il precedente istituto dell'assegno vitalizio nella prospettiva di un progressivo contenimento della spesa in tale ambito. Si prevede in proposito che per i deputati che saranno eletti per la prima volta a partire dalla prossima legislatura l'importo del trattamento calcolato con il metodo contributivo potrà essere in taluni casi pari a circa un terzo di quello cui avrebbero avuto diritto sulla base della previgente disciplina.
Anche la spesa per i gruppi parlamentari è stata oggetto di misure di contenimento. In particolare, per tutto il triennio di riferimento e sino al 2015 è stato ridotto del 10 per cento il contributo per il funzionamento dei gruppi, il cosiddetto contributo unico, che resta così bloccato alla misura di 10,8 milioni di euro annui. Credo sia giusto sottolineare in proposito come i presidenti dei gruppi parlamentari siano stati concretamente coinvolti dall'Ufficio di Presidenza nel processo che ha condotto alla riduzione della dotazione ed abbiano manifestato piena disponibilità a contribuire all'obiettivo per la parte della spesa afferente ai gruppi medesimi.
Il Collegio ritiene peraltro che, fermo restando il rilievo dell'obiettivo della riduzione della spesa, l'innovazione di maggior momento nel settore dei gruppi parlamentari sia intervenuta la scorsa settimana, con l'approvazione da parte dell'Assemblea delle modifiche regolamentari volte ad introdurre un sistema di rendicontazione delle risorse finanziarie trasferite ai gruppi a carico del bilancio della Camera, assistito da un assetto di controlli esterni ed interni, al cui esito positivo viene subordinata l'erogazione delle risorse medesime. La nuova disciplina richiederà una Pag. 45serrata attività che dovrà considerare, tra l'altro, anche un potenziamento complessivo dell'attuale normativa in materia di personale dei gruppi, cui il Collegio intende riservare la massima attenzione in termini generali. Si tratta di un'iniziativa assunta dai deputati Questori firmatari dell'originaria proposta di modifica che testimonia l'impegno dell'istituzione non soltanto nella direzione del contenimento della spesa, ma anche della massima trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche nella disponibilità della medesima. Un contributo assai rilevante al conseguimento dell'obiettivo della riduzione della dotazione è stato assicurato dal personale dipendente della Camera dei deputati. Con senso di responsabilità, del quale il Collegio intende dare in questa sede atto, le organizzazioni sindacali hanno preso costruttivamente parte, nelle sedi di confronto previste dall'ordinamento interno, all'impegno degli organi di direzione politica volto all'individuazione di meccanismi di raffreddamento della dinamica della spesa per il personale. Ne sono conseguiti rilevanti risparmi per il bilancio della Camera dei deputati, cui sono corrisposti altrettanto rilevanti sacrifici a carico dei dipendenti. Ad essi non solo sono state sistematicamente applicate le misure di risparmio adottate per il personale delle altre amministrazioni pubbliche nell'ambito dei decreti-legge della manovra succedutisi nel tempo, ma sono state anche applicate ulteriori misure di riduzione non previste per l'ordinamento esterno, necessarie per consentire l'equilibrio di bilancio nel triennio in corso ed in quello successivo. Lo stesso deve dirsi per il personale in quiescenza, cui pure sono stati applicati tanto gli interventi previsti nell'ordinamento generale, quanto gli ulteriori interventi decisi autonomamente dalla nostra istituzione. In tema di personale, il Collegio desidera rimarcare un ulteriore elemento di grandissima rilevanza: lo scorso 27 settembre l'Ufficio di Presidenza, dando seguito ad un impegno assunto in vista dell'esame del bilancio interno per il 2011, ha deliberato che ai dipendenti della Camera assunti a decorrere dal primo novembre 2012 si applichino nuovi trattamenti retributivi da definire in sede di contrattazione con le organizzazioni sindacali dei dipendenti. Qualora entro la data del 1o novembre 2012 non sopraggiunga un accordo con questi ultimi, ai dipendenti di nuova assunzione si applicheranno i trattamenti retributivi definiti entro i successivi quindici giorni dall'Ufficio di Presidenza, su proposta del Comitato per gli affari del personale, in coerenza con i criteri recati dagli indirizzi approvati dall'Ufficio di Presidenza l'11 luglio 2012 e con la previsione di riduzione del 20 per cento dei medesimi trattamenti. Quanto alla spesa per l'acquisto di beni e servizi, di cui si dà ampiamente conto nella relazione scritta, con particolare riguardo agli interventi di revisione della spesa individuati a seguito del taglio della dotazione, il Collegio ritiene sufficiente segnalare all'attenzione dell'Assemblea un dato di sintesi straordinariamente eloquente: la quasi totalità degli stanziamenti esposti nell'ambito della Categoria V per l'acquisto di beni e servizi evidenzia per il 2012 una diminuzione rispetto agli stanziamenti dell'anno precedente. Le previsioni di spesa della categoria ammontano complessivamente, sempre per il 2012, a 163,6 milioni di euro, con un decremento del 9,96 per cento rispetto al 2011.
L'ammontare complessivo della spesa della Categoria V è diminuito, dunque, in termini di stanziamenti, da 175.870.000 euro nel 2008 a 163.654.354 euro nel 2012, con una riduzione percentuale pari a circa il 7 per cento, a fronte di un incremento dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per l'intera collettività, nel corrispondente periodo, pari a circa il 9 per cento.
Come si vede, l'azione di contenimento della spesa realizzata dal Collegio dei Questori e dall'Ufficio di Presidenza, in particolare nell'ultimo anno, può ben dirsi imponente. Peraltro, il Collegio ritiene doveroso sottolineare in questa sede come la politica amministrativa e di bilancio perseguita dagli organi di direzione politica non abbia avuto di mira esclusivamente l'aspetto della riduzione della spesa. Pag. 46
In particolare, mai si è ritenuto che questo fosse un obiettivo da perseguire in quanto tale, al di fuori di un disegno complessivo, colpendo ora questo ora quel settore, pur di ottenere un segno meno accanto al capitolo esposto in bilancio. A nome dell'Ufficio di Presidenza, il Collegio rivendica, invece, come il presente bilancio, lungi dall'essere frutto di scelte estemporanee o episodiche, sia il risultato di una coerente sequenza di decisioni strategiche assunte dagli organi di direzione politica negli ultimi anni non solo nel senso del contenimento della spesa, ma, per l'appunto, anche della sua riqualificazione.
Ogni decisione si è iscritta, invece, in un contesto chiaro e ha avuto di mira un obiettivo altrettanto chiaro: costruire una nuova identità dei servizi all'istituzione, mantenendoli al più alto livello qualitativo in un tempo di risorse sempre più scarse e di sacrifici sempre crescenti per il Paese. Per questa ragione, nella relazione scritta il Collegio ha ritenuto indispensabile rassegnare dettagliatamente all'Assemblea le linee dell'azione complessiva di guida e di indirizzo svolta al servizio dell'istituzione per il raggiungimento di tale obiettivo. Ricordo i continui interventi di riorganizzazione resi necessari, in particolare, dagli effetti del blocco del turnover, che ha determinato una riduzione del personale dalle 1.933 unità del 2003 alle 1.566 di oggi.
Ricordo anche la presenza, sempre più pervasiva, della tecnologia nel lavoro quotidiano della nostra istituzione, attraverso un processo di dematerializzazione che ha condotto, tra l'altro, a ridurre il volume complessivo di stampa degli atti parlamentari a 60 milioni di pagine su base annua, con un abbattimento del 50 per cento rispetto alla situazione precedente. In questo contesto, il Collegio intende segnalare come, nello sforzo di ripensamento complessivo dei servizi di supporto alla nostra istituzione, si è trattato, talvolta, di assumere decisioni e sacrifici che hanno richiesto un mutamento radicale nelle linee di politica amministrativa perseguite in passato.
Si è inserita in questo contesto la politica di progressiva dismissione dei contratti di locazione immobiliare, perseguita in maniera costante lungo l'arco dell'intera legislatura. A fronte del ripensamento del principio, a suo tempo approvato dall'Assemblea, secondo cui la Camera deve garantire un ufficio a ciascun deputato, si è convenuto di rivedere, in relazione alle esigenze che saranno via via riscontrate dagli organi di direzione politica, la situazione complessiva dei contratti di locazione.
Al riguardo, come è noto, è stato esercitato il diritto di recesso relativamente ai contratti di locazione concernenti palazzo Marini 1, il cui effetto finanziario ha determinato una riduzione del 25 per cento, a decorrere dal 2012, del capitolo 55, spesa per la locazione di immobili. Quanto all'acquisizione di immobili, oltre ai contatti con l'Agenzia del demanio, cui si fa riferimento nella relazione scritta, ricordo che tale Agenzia aveva dato luogo ad un'indagine di mercato di immobili in aree vicino a palazzo Montecitorio, cui è stata assicurata la più ampia pubblicità su una pluralità di testate giornalistiche.
All'esito dell'indagine il doveroso protrarsi della fase di forte contenimento della spesa, nonché la circostanza che una prima offerta riguardava edifici non costituenti un unico complesso immobiliare e un'altra si riferiva ad immobili sui quali verte una controversia in sede civile, hanno portato ad escludere la percorribilità di tali soluzioni e a concludere per una razionalizzazione degli spazi.
Risultati concreti e significativi sono stati conseguiti anche nel settore della ristorazione in appalto. A fronte di una spesa che aveva raggiunto, nel 2010, l'ammontare di 5,3 milioni di euro, al lordo dei contributi versati dagli utenti, le misure di risparmio adottate in attuazione degli indirizzi dell'Ufficio di Presidenza, approvati nella citata riunione del 21 luglio 2011, hanno permesso di abbattere, per l'anno in corso, la previsione di spesa a meno di 3,9 milioni di euro. Effetti economici ancora più consistenti, stimati in un ulteriore risparmio di circa 2,5 milioni di euro, si Pag. 47potranno conseguire, a decorrere dal 2014, con la prevista trasformazione del ristorante dei deputati in self service e l'affidamento dei servizi all'esito di una gara europea per mezzo di un contratto di concessione.
Per brevità, ritengo opportuno rinviare alle considerazioni svolte nella relazione scritta il riferimento agli esiti positivi registrati nell'ambito del processo di attuazione del nuovo Regolamento di amministrazione e contabilità.
Desidero in ogni caso sottolineare, da un lato, il processo di costante adeguamento dell'ordinamento interno a quello europeo e nazionale in tema di contratti pubblici - risultato coerente con l'indirizzo volto ad uniformare l'attività contrattuale della Camera alla disciplina comune per tutti gli aspetti che non coinvolgono direttamente l'ambito di autonomia costituzionalmente riconosciuto al Parlamento - e, dall'altro, il sempre più ampio ricorso agli strumenti che fanno capo alla Consip, con riferimento sia alle convenzioni e agli accordi quadro, sia alle procedure di mercato elettronico della pubblica amministrazione (Mepa).
Rispetto, inoltre, a quanto riportato nella relazione scritta, preciso all'Assemblea che nella riunione del 27 settembre scorso l'Ufficio di Presidenza ha approvato la ripartizione della spesa della Camera dei deputati secondo l'analisi funzionale proposta dal Collegio dei questori, dando così attuazione ad una delle più significative disposizioni del nuovo Regolamento di amministrazione e contabilità (Rac) sul piano della trasparenza e della conoscibilità del bilancio della Camera.
Vorrei, infine, sottolineare che i temi oggetto degli ordini del giorno esaminati in occasione dell'approvazione del bilancio interno per l'esercizio 2011, sono stati all'attenzione dell'Ufficio di Presidenza e del Collegio dei questori. Gran parte delle questioni sollevate in quella sede ha trovato soluzione o si avvia ad essere risolta. I risultati della relativa attività sono globalmente esposti nella relazione al progetto di bilancio interno, alla quale pertanto rinvio.
L'impegno a cui ho fatto brevemente cenno nella mia relazione, consente di esporre, nei documenti di bilancio oggi all'esame, dati finanziari senza dubbio soddisfacenti. Limitandomi all'aggregato totale della spesa corrente e di conto capitale, se ne evidenzia una diminuzione per il 2012, rispetto al 2011, nella misura dell'1,85 per cento, diminuzione che, al netto delle restituzioni al bilancio dello Stato, sale al 2,47 per cento. Lo stesso dato per il 2013, segna una riduzione di 25 milioni di euro rispetto alle previsioni del 2012, pari ad una diminuzione del 2,32 per cento, e si mantiene, inoltre, sostanzialmente invariato nel 2014, in cui segna un lieve incremento pari allo 0,5 per cento, rimanendo comunque ben al di sotto della previsione di spesa per il 2012 di 19,8 milioni di euro, con una diminuzione dell'1,82 per cento.
Quanto al conto consuntivo per l'esercizio 2011, rinvio all'ampia relazione scritta, limitandomi a ricordare come tale documento dia conto delle decisioni di riduzione della spesa maturate nel corso del 2011, che hanno provocato il ricorso ad una nota di variazione del bilancio di previsione, segnata dalla decisione di mantenere immutata la dotazione per l'intero triennio 2011-2013, previsione successivamente adottata anche con riferimento al triennio 2012-2014.
Il Collegio dei Questori ritiene conclusivamente che la relazione svolta a nome dell'Ufficio di Presidenza, rappresenti una testimonianza fedele e significativa degli sforzi che hanno portato alla presentazione del Progetto di bilancio per il 2012 e per il triennio 2012-2014, profusi nella ricerca di un difficile equilibrio tra le esigenze del rigore e del contenimento della spesa e la necessità della salvaguardia del ruolo istituzionale del Parlamento.
A nome del Collegio dei Questori e dell'Ufficio di Presidenza, desidero ringraziare e dare atto al Segretario generale ed a tutta l'amministrazione, dell'impegno profuso nel presentare un bilancio che risponde alle esigenze del Paese e della funzionalità della Camera dei deputati. Pag. 48
Il contenimento delle spese e le relative scelte, sono state raggiunte grazie ai suggerimenti formulati nella discussione dei bilanci degli anni precedenti dai singoli gruppi, che ci hanno consentito di raggiungere gli importanti obiettivi evidenziati nella relazione scritta, già sottoposta dal Collegio ai colleghi dell'Assemblea.
Con l'occasione il Collegio intende, tuttavia, confermare la convinzione che la partecipazione della Camera alla generale politica di stabilizzazione e di rilancio dell'economia del Paese, non dipende dal fatto che le spese sostenute per l'attività parlamentare siano di per sé spese improduttive, come talvolta si cerca di fare credere anche esasperando la tensione di coloro che maggiormente sopportano il peso della congiuntura, particolarmente severa per i Paesi europei. Al contrario la spesa per il funzionamento del Parlamento continua ad essere un costo essenziale per il funzionamento della democrazia, che trova nella composizione delle diversità, che si realizza in seno all'istituzione parlamentare, una garanzia imprescindibile di tenuta e di continuità ed una funzione centrale, che chiede di essere consolidata in ogni occasione nella sua autorevolezza e nella sua dignità, anche per quanto più interessa in questa sede, attraverso una gestione delle risorse ispirata a criteri di sobrietà, economicità e trasparenza, pienamente consapevole della responsabilità che essa comporta in ogni singolo atto, in cui essa si realizza nei confronti di tutto il Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dussin. Ne ha facoltà.

GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, ringrazio tutto il Collegio dei Questori e anche tutta l'amministrazione, per i documenti di bilancio all'esame di quest'oggi. Quindi il ringraziamento va proprio perché nella sostanza ci stiamo indirizzando verso un contenimento della spesa, che non può far altro che far bene a questa amministrazione.
Stiamo discutendo, ad ottobre, il bilancio interno della Camera per l'anno 2012 e per il triennio 2012-2014, rivisto in più occasioni dall'Ufficio di Presidenza, con tutte le modifiche ritenute opportune, in attuazione di vari provvedimenti legislativi di contenimento della spesa che si sono susseguiti fino al mese scorso.
Quella di quest'anno è quindi l'approvazione di un bilancio che si basa sulla riduzione delle previsioni di spesa per il 2013, come sottolineato dal Questore Colucci, di vari milioni di euro, derivanti da doverose misure di contenimento, approvate in Ufficio di Presidenza, di riduzione di spesa per l'intero triennio.
In conseguenza di tale misura, il risparmio complessivo per il bilancio dello Stato - derivante dal rallentamento della dinamica della dotazione prima, dal suo azzeramento poi, e da ultimo, dalla sua riduzione - è pari a circa 540 milioni di euro a partire dal 2006.
In momenti di grandi sacrifici e di costrizioni, ma più in generale direi sempre, a prescindere dalle delicate fasi di crisi economica, era sicuramente necessario che la Camera dei deputati desse un segnale visibile ai cittadini che rappresenta, riducendo laddove si può e si deve ridurre.
Per giungere a questo atteso traguardo l'Ufficio di Presidenza ha ritenuto di dover riesaminare tutte le singole voci di bilancio. Sicuramente, oltre alla revisione al ribasso delle varie voci di spesa riguardanti i deputati e i dipendenti, si è voluta riorganizzare tutta la miriade di spese che il bilancio contiene, cercando di razionalizzare i molteplici servizi di questo ramo del Parlamento, che sono essenziali al funzionamento dello stesso, ma che necessitavano di una profonda rivisitazione, che per alcuni aspetti deve ancora concludersi. Penso tuttavia che il processo di riforma intrapreso non possa terminare in poco tempo, ma che occorreranno ancora molti mesi. Dobbiamo quindi procedere in questa direzione per dimostrare ai cittadini che pagano le tasse, tante tasse, troppe tasse, imposte e quant'altro, che i loro soldi sono veramente spesi per l'ottimizzazione di una macchina parlamentare al loro servizio. È indispensabile quindi proseguire Pag. 49concretamente sulla strada di un significativo contenimento delle risorse che i cittadini pagano, per far funzionare il Parlamento e più in generale tutte le istituzioni democratiche, sapendo che bisogna eliminare anche la minima stortura.
Credo, come ho detto, che stiamo andando nella giusta direzione, ma non dobbiamo commettere l'errore di pensare di essere giunti alla fine del nostro ragionamento, anzi, al contrario, siamo nel mezzo di un cammino lungo e difficoltoso e abbiamo il dovere di percorrerlo per una questione di equità e di giustizia sociale. L'errore più grande commesso per più di sessant'anni dalla classe politica, è stato quello di spendere allegramente, pensando che tanto alla fine qualcuno avrebbe pagato. Non era e non può essere così, facciamo quindi attenzione alle proposte, magari quelle contenute negli ordini del giorno che verranno presentati, per verificare se ci sono ancora nuove idee razionali per predisporre ulteriori misure contenitive. Devono essere vagliate, dalla maggioranza insieme all'opposizione, tutte le strade possibili che possano portare benefici ai nostri conti.
Tutti dobbiamo prendere parte al rinnovamento di una istituzione che deve essere difesa, il Parlamento, o questo ramo di esso, e che il rispetto non lo può pretendere, ma se lo deve guadagnare. Oggi la nostra è un'istituzione che non ha certo molto credito agli occhi dell'opinione pubblica, e troppo spesso i politici danno dei contributi importanti e imbarazzanti per demolire quel poco di considerazione che ancora ci rimane. Riscattare questo stato di fatto tocca a noi, a tutti noi.
Entrando nel merito dei documenti al nostro esame, la riduzione delle spese tocca un po' tutte le voci di bilancio, ma credo si possa fare qualcosa di più. A livello di personale dipendente - e non c'è l'intenzione di delegittimare la professionalità di nessuno - si potrebbero ottenere nuove economie intervenendo quantitativamente sulla pianta organica. Per quanto riguarda gli innumerevoli servizi, sono state approvate dall'Ufficio di Presidenza, su proposta del Collegio dei questori, una serie di riduzioni di spesa. Tutti dobbiamo essere sensibilizzati. Penso ai troppi soldi spesi negli arredi, nella eccessiva manutenzione degli stessi, all'eccessiva quantità di carta utilizzata nella nostre dotazioni, che potrebbe essere tranquillamente sostituita con un uso spinto delle nuove tecnologie. Penso che sarebbe opportuno porre attenzione alle cose più semplici, come l'utilizzo della corrente elettrica. Penso che se tutti, ognuno per la sua parte, riducessero le spese di funzionamento della Camera, attuando poi tali riduzioni quotidianamente nella propria attività lavorativa, ne risulterebbero interessanti economie finali per il nostro bilancio. Potremmo in questo modo chiedere ancora meno fondi pubblici al Ministero dell'economia e delle finanze, lasciando preziose risorse nelle casse dello Stato per altre finalità.
Quindi ribadisco che le soluzioni vanno trovate e poi attuate. Rinnovo il ringraziamento al Collegio dei questori per il lavoro svolto, e a tutto il personale dell'amministrazione per quanto è stato fatto per l'attuazione dei documenti di bilancio, con l'auspicio che per il prossimo anno, e per quelli successivi, si possa fare di più e con la massima trasparenza, altra caratteristica che è necessario implementare relativamente alle nostre spese, rispetto ai cittadini che pagano le tasse (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, a lei e ai colleghi, voglio rappresentare la convinzione e la consapevolezza che la relazione dei questori ha posto in evidenza i tratti salienti che caratterizzano l'ultimo bilancio interno della Camera dei deputati in questa XVI legislatura.
Colgo l'occasione per ringraziare il Collegio dei questori e l'intero Ufficio di Presidenza per quanto questo ramo del Parlamento è riuscito a portare a compimento in mezzo a difficoltà, a spinte contrapposte, spesso, molto diversificate, che però, alla fine, hanno fatto prevalere Pag. 50le tendenze riformatrici, anche nel caso del lavoro attorno al nostro bilancio, al bilancio interno, e all'utilizzo della dotazione.
Tali tendenze hanno finito per prevalere sulle istanze conservatrici, consegnando alla prossima legislatura e agli eletti in questa Camera, che avranno la responsabilità di farla funzionare e di farle assolvere le funzioni che le sono proprie, una condizione nuova delle stesse finanze di cui dispone questo Parlamento, per garantire l'espletamento di quei compiti e di quelle funzioni che la Costituzione della Repubblica affida a questa Camera. Sono tratti importanti, con forti e significativi elementi di innovazione, che si sono concretizzati anche attraverso le necessarie determinazioni che sono state apportate nel tempo, a cui viene data conclusione al termine di un percorso di cambiamento che è iniziato sicuramente più di dieci anni fa - se vogliamo anche quindici, se contiamo la presidenza Violante -, ma che si sono profondamente accelerati in questi ultimi due, tre anni, attraverso scelte radicalmente nuove.
Voglio ricordare, anche se lo ha già fatto il Questore Colucci, il superamento del vitalizio, il passaggio al sistema contributivo pro rata sia per i deputati in carica che per il personale, il taglio delle indennità, della diaria, delle risorse, sia per il rapporto che un tempo si chiamava eletti-elettori sia per il funzionamento dei gruppi. Voglio ricordare anche significative novità apportate, che hanno un valore di carattere meno economico, ma che hanno reso più forte la nostra istituzione, come il voto attraverso l'impronta digitale, che ha caratterizzato questa legislatura. Tutte misure tese anche a rendere trasparente il procedimento, l'organizzazione, il funzionamento degli organi parlamentari e il comportamento anche dei singoli eletti. Penso alla pubblicazione delle dichiarazioni patrimoniali e di altri dati significativi.
Spesso, quest'opera di ridisegno dell'attività e della vita di questa istituzione, ha dovuto scontare - l'ho detto anche prima - resistenze, anche politiche, non piccole, da un lato, e anche incomprensioni, spesso strumentalizzazioni, prive, molte volte, di adeguati strumenti conoscitivi, agitate anche mediaticamente. Non tutto il cambiamento è stato motivato, ovviamente, da ragioni puramente economiche e di bilancio, anzi, spesso, si è trattato di ragioni che hanno accompagnato la sempre più diffusa esigenza dell'opinione pubblica di conoscere, con trasparenza, tutto ciò che avviene nei palazzi delle istituzioni e nei luoghi del potere politico - nel nostro caso, del potere legislativo - proprio di questa Camera. È stato perciò compiuto un percorso che rende un servizio alla più generale battaglia per la moralizzazione della vita pubblica e del servizio che ogni eletto dal popolo deve rendere alla società e alla Repubblica.
Signor Presidente, alla luce di queste considerazioni, ho così potuto meglio apprezzare le informazioni chiare che ci sono state rese dai colleghi questori, il collega Colucci, insieme ai colleghi Albonetti e Mazzocchi. Con questo mio intervento non vorrei troppo appesantire l'analisi particolare di ogni singola decisione innovativa contenuta nel bilancio di quest'anno e nelle proposte del triennio, né richiamare ogni singolo passaggio importante, che pure è stato richiamato, che ci ha condotto ai risultati e alle previsioni di bilancio odierne. Si pensi solo alla decisione di disdettare i contratti di affitto, che è stata una decisione non semplice, o alla riduzione di centinaia di dipendenti nell'arco di una serie di anni - che sono quasi 250 - oppure l'introduzione dell'obbligatorietà delle gare per l'assegnazione dei servizi.
Per non venire in questo modo tacciato di autoincensare il lavoro di una Camera i cui membri sono spesso accusati di supina obbedienza ai capi che li hanno nominati, dico che una Camera eletta con una legge elettorale diversa, anche se di questo non c'è una prova provata, probabilmente avrebbe fatto meglio anzi, credo che quanto più si crei un rapporto consolidato con i cittadini, ancor più sia possibile incidere nel lavoro di rinnovamento e di radicale riforma delle nostre Pag. 51istituzioni. Tuttavia, devo dire che non è provato il contrario; infatti, la Camera attuale, quella nella quale noi abbiamo operato in questo quinquennio e che va concludendo la legislatura, ha dovuto ereditare dal passato, e anche da legislature nelle quali si votava con le preferenze, o nelle quali gli eletti erano scelti attraverso il sistema uninominale, una condizione che abbiamo dovuto radicalmente modificare.
Certamente, in futuro, eletti più radicati, più collegati al territorio, meglio espressione della società e meno delle segreterie di partito, potranno fare più di quanto siamo stati capaci di fare noi, ma non è un problema fideistico cercare di riconoscere che abbiamo fatto molto per riformare questa istituzione e la sua vita interna, anche attraverso le iniziative di cambiamento che riguardano il bilancio interno. È semplicemente un problema di onestà intellettuale - credo - verificare che effettivamente si è trattato di un'opera di profondo cambiamento che è certo dovuta al Paese, perché ciò che abbiamo fatto era dovuto al Paese, ma che non per ciò scontata o era scontato che noi riuscissimo a portare a compimento; cosa che invece stiamo facendo.
Perciò, dunque, non per autoincensamento, voglio ricordare alcuni passaggi contenuti anche in questo bilancio e in alcune deliberazioni dell'Assemblea, oltre che dell'Ufficio di Presidenza, come la previsione della certificazione dei bilanci dei gruppi ad opera di una società di certificazione esterna, oppure quella del dimezzamento dei contributi dei rimborsi ai partiti politici, o quella di una costante diminuzione del contributo per il funzionamento dei gruppi, congelato negli anni precedenti e negli ultimi anni, compenso questo, ridotto del 10 per cento; ciò sul versante delle prerogative collettive dei gruppi parlamentari e dei partiti politici. Invece, sul versante delle prerogative individuali, ho già detto, ma voglio ricordare, il superamento del vitalizio, con il contributivo approvato e che è già vigente; il congelamento e poi la riduzione costante dell'indennità fino a portarla intorno ai 5 mila euro netti; la riduzione di mille euro per la diaria e il fondo per l'espletamento del mandato, che ora sono legati a più precisi elementi di controllo e di trasparenza, più stringenti controlli.
Grazie a questi cambiamenti, che hanno riguardato anche la razionalizzazione della voce «beni e servizi» e che hanno riguardato una voce rilevantissima come quella del personale interno, la dotazione diminuisce di 150 milioni di euro nei prossimi tre anni e non è mai aumentata negli anni scorsi, e tuttavia la diminuzione è significativa: una diminuzione del cinque o sei per cento ogni anno: si tratta di una vera spending review. Certo, nessuno deve dimenticare che quel che siamo riusciti a fare deve commisurarsi con il difficilissimo quadro economico e sociale della crisi che colpisce il Paese, le sue famiglie, le sue aziende, i suoi cittadini.
Nessuno può dimenticare che siamo nel mezzo di una crisi morale fortissima, amplificata da episodi di corruzione, di peculato, di abuso di risorse pubbliche di cui ogni giorno viene data notizia. A tale crisi non si può rispondere con le sole buone intenzioni, come noi, peraltro, non abbiamo fatto, ma si può e si deve rispondere con un radicale cambio di regole e di comportamenti e con una adeguata azione riformatrice. Radicale azione riformatrice della politica: uso questa terminologia, che è la stessa con la quale il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nei giorni scorsi, in uno dei suoi diversi interventi pubblici sul tema, ha voluto ricordare a tutti coloro che temono l'antipolitica che questa si combatte con una radicale riforma della politica. Voglio utilizzare queste stesse parole, perché credo che nel segno di questo indirizzo dobbiamo e abbiamo il dovere di continuare nell'opera di riforma e di rinnovamento, anche di quello che è il nostro bilancio interno e l'utilizzo adeguato delle risorse di cui dispone a questa alta istituzione.
All'interno di questo indirizzo dobbiamo collocare anche la nostra discussione e le nostre deliberazioni sul bilancio interno della Camera dei deputati, perché Pag. 52si possa percepire che il nostro sforzo è utile a ricondurre la politica e le istituzioni su un terreno di prossimità con i cittadini, con i loro problemi e con le loro istanze. Mi permettano il signor Presidente e gli onorevoli colleghi un'affermazione un po' forte, ma spero indicativa di una necessità di un approccio alle problematiche relative all'uso delle risorse pubbliche da parte delle istituzioni nazionali, regionali e locali, nonché da parte dei singoli rappresentanti nelle assemblee elettive e nei governi centrali e locali: smettiamola di argomentare con la frusta, frase che risuona come un mantra e che nulla spiega al cittadino, che testualmente recita così: vi sono costi della politica il cui limite è dato dal riconoscimento dei costi della democrazia. È un'inutile frase, anzi, meglio cancellarla dal vocabolario della politica italiana.
Signor Presidente, i costi della democrazia sono quelli che i cittadini e gli elettori sono disposti a riconoscerle, e noi ce lo dobbiamo meritare. Diversamente, nessun partito più, nessuna organizzazione politica più, nessuna istituzione rappresentativa più, nessuna istituzione di Governo o di garanzia più potrà sopravvivere se non saremo stati capaci di commisurare anche i costi per il loro funzionamento al sentire comune dei cittadini e alla percezione che hanno essi stessi di questi costi, del valore degli stessi costi, del loro impiego, che vanno motivati e certificati in modo trasparente. Noi su questa strada ci siamo incamminati.
Al Paese oggi dobbiamo consegnare un bilancio della Camera in grado di comunicare che stiamo facendo quel che si aspetta il Paese, che abbiamo fatto e faremo la nostra parte, anche oltre quello che abbiamo già deciso e che siamo orgogliosi di aver deciso, se necessario. Lo discuteremo oggi e nella giornata di domani, e nelle deliberazioni che prenderemo in questo senso dobbiamo marciare. Dalla Camera, anche oggi, deve venire quell'esempio che può, se non accrescere l'affezione dei cittadini verso questa istituzione e verso la politica, almeno attenuarne la crescente disaffezione. L'antiparlamentarismo, in fondo, è dettato da comportamenti che deviano dal comportamento atteso da parte dei cittadini.
La discussione del nostro bilancio perciò, benché auspicabilmente dovrebbe determinarsi al di fuori di una ingerenza che viene dalla contingenza esterna, non può tuttavia avvenire al di fuori del contesto di una generalizzata cattiva prova della politica che oggi viene fornita sia all'interno di alcune istituzioni centrali sia all'interno di istituzioni regionali e locali, a cominciare dalle vicende del Lazio.
Anzi, ancor di più, da parte nostra serve un atteggiamento nella quotidianità improntato a responsabilità, trasparenza e sobrietà - questo sì - per salvare e difendere la democrazia dalle generalizzazioni spesso alimentate anche da chi avrebbe la responsabilità di contribuire a dare soluzioni alla crisi della politica anche con il proprio operato e il proprio comportamento, soprattutto quando si sia parte di una classe dirigente diffusa che non può autoassolversi, semplicemente accusando la politica tutta, senza né fare distinzioni, né attenersi all'effettiva realtà di quanto è addotto in termini di argomentazioni ad uso e consumo di strumentali e interessate recriminazioni.
Sarebbe bene che, da qui alle prossime elezioni e alla prossima legislatura, che tutti ormai riconoscono debba essere costituente, si dismettessero i panni di una vecchia Italia in cui prevale quella identità di classe dirigente che più che dirigente tende a garantirsi i caratteri e le condizioni per esercitare il dominio, anziché il potere legittimamente e democraticamente determinato.
La radicale riforma della politica, come condizione per battere l'antipolitica, a cui ci richiamava il Presidente Napolitano, esige una collaborazione tra tutti gli attori dotati di responsabilità nel Paese. Noi stiamo cercando di farlo, con risultati tangibili che possono essere criticabili, ma che devono essere criticati con dovizia di argomentazioni e di conoscenza dei dati e con il senso di responsabilità che ciò che Pag. 53si comunica all'esterno determina maggiore o minore allontanamento dalla responsabilità civica in questo Paese.
Pertanto, quando si fanno alcune affermazioni, sarebbe bene almeno sapere che i deputati in carica costano l'8 per cento dell'intero importo che serve per fare funzionare la Camera e che quindi si può comprimere, fino ad azzerare, l'indennità, ma che questo sarebbe il risultato, indipendentemente da un ragionamento più di merito, che ridurrebbe questa Camera semplicemente a luogo in cui alla politica si avvicinerebbero solo coloro che hanno le risorse per poterlo fare.
Quindi, insieme a questi argomenti, con il sapere e la conoscenza di dati, occorre sapere che il costo dei deputati in carica è dell'8 per cento complessivamente del bilancio e che il trattamento complessivo dei deputati è ormai allineato alla media europea. Anche questo bisogna sapere. Poi si possono prendere decisioni di ulteriore riduzione, perché riteniamo, insieme ai cittadini e agli elettori, che serve una maggiore sobrietà e un'ulteriore riduzione dei costi anche per il funzionamento di questa istituzione rappresentativa, ma bisogna partire dalla conoscenza, e dalla conoscenza dei dati e della realtà. Questo dato, ad esempio, assieme a quello del contenimento del costo del personale interno, ha consentito al Collegio dei questori e all'Ufficio di Presidenza di presentarci la riduzione della dotazione pari a 150 milioni. Se non fosse stato così, non si sarebbero potuti raggiungere questi obiettivi e indicare questa strada, una strada che non si percorre nel Parlamento italiano - lo hanno ricordato i signori questori e mi piace ricordarlo di nuovo - dal lontano 1961.
Da cinquantun'anni la dotazione della Camera continuava a crescere o, al massimo, si stabilizzava. Quindi, questo è un dato importante. Non vogliamo esaltarlo più di tanto, ma bisogna riconoscere che questo è un risultato che potrà ulteriormente essere migliorato, ma che già mette su un cammino giusto il lavoro, anche per quanto riguarda il bilancio e le risorse disponibili, di questo Parlamento. La Camera costerà nel 2015 quel che costava nel 2006.
So che ci sono deputati, ad esempio, che hanno proposto di riformare la legge n. 1261 del 1965, che equipara l'indennità e la diaria a quella del giudice di Cassazione. Sono tutti contributi, credo, che, se non in questa legislatura, sicuramente nella prossima legislatura potranno aiutare a migliorare ancora di più l'impianto di bilancio e di utilizzo delle risorse di cui stiamo discutendo. Il Partito Democratico e il gruppo politico che rappresento hanno contribuito significativamente e con convinzione a determinare questi risultati, anche combattendo quelle resistenze non piccole al loro raggiungimento che ricordavo prima.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, a lei e ai colleghi, voglio rappresentare la convinzione e la consapevolezza che la relazione dei questori ha posto in evidenza i tratti salienti che caratterizzano l'ultimo bilancio interno della Camera dei deputati in questa XVI legislatura.
Colgo l'occasione per ringraziare il Collegio dei questori e l'intero Ufficio di Presidenza per quanto questo ramo del Parlamento è riuscito a portare a compimento in mezzo a difficoltà, a spinte contrapposte, spesso, molto diversificate, che però, alla fine, hanno fatto prevalere Pag. 50le tendenze riformatrici, anche nel caso del lavoro attorno al nostro bilancio, al bilancio interno, e all'utilizzo della dotazione.
Tali tendenze hanno finito per prevalere sulle istanze conservatrici, consegnando alla prossima legislatura e agli eletti in questa Camera, che avranno la responsabilità di farla funzionare e di farle assolvere le funzioni che le sono proprie, una condizione nuova delle stesse finanze di cui dispone questo Parlamento, per garantire l'espletamento di quei compiti e di quelle funzioni che la Costituzione della Repubblica affida a questa Camera. Sono tratti importanti, con forti e significativi elementi di innovazione, che si sono concretizzati anche attraverso le necessarie determinazioni che sono state apportate nel tempo, a cui viene data conclusione al termine di un percorso di cambiamento che è iniziato sicuramente più di dieci anni fa - se vogliamo anche quindici, se contiamo la presidenza Violante -, ma che si sono profondamente accelerati in questi ultimi due, tre anni, attraverso scelte radicalmente nuove.
Voglio ricordare, anche se lo ha già fatto il Questore Colucci, il superamento del vitalizio, il passaggio al sistema contributivo pro rata sia per i deputati in carica che per il personale, il taglio delle indennità, della diaria, delle risorse, sia per il rapporto che un tempo si chiamava eletti-elettori sia per il funzionamento dei gruppi. Voglio ricordare anche significative novità apportate, che hanno un valore di carattere meno economico, ma che hanno reso più forte la nostra istituzione, come il voto attraverso l'impronta digitale, che ha caratterizzato questa legislatura. Tutte misure tese anche a rendere trasparente il procedimento, l'organizzazione, il funzionamento degli organi parlamentari e il comportamento anche dei singoli eletti. Penso alla pubblicazione delle dichiarazioni patrimoniali e di altri dati significativi.
Spesso, quest'opera di ridisegno dell'attività e della vita di questa istituzione, ha dovuto scontare - l'ho detto anche prima - resistenze, anche politiche, non piccole, da un lato, e anche incomprensioni, spesso strumentalizzazioni, prive, molte volte, di adeguati strumenti conoscitivi, agitate anche mediaticamente. Non tutto il cambiamento è stato motivato, ovviamente, da ragioni puramente economiche e di bilancio, anzi, spesso, si è trattato di ragioni che hanno accompagnato la sempre più diffusa esigenza dell'opinione pubblica di conoscere, con trasparenza, tutto ciò che avviene nei palazzi delle istituzioni e nei luoghi del potere politico - nel nostro caso, del potere legislativo - proprio di questa Camera. È stato perciò compiuto un percorso che rende un servizio alla più generale battaglia per la moralizzazione della vita pubblica e del servizio che ogni eletto dal popolo deve rendere alla società e alla Repubblica.
Signor Presidente, alla luce di queste considerazioni, ho così potuto meglio apprezzare le informazioni chiare che ci sono state rese dai colleghi questori, il collega Colucci, insieme ai colleghi Albonetti e Mazzocchi. Con questo mio intervento non vorrei troppo appesantire l'analisi particolare di ogni singola decisione innovativa contenuta nel bilancio di quest'anno e nelle proposte del triennio, né richiamare ogni singolo passaggio importante, che pure è stato richiamato, che ci ha condotto ai risultati e alle previsioni di bilancio odierne. Si pensi solo alla decisione di disdettare i contratti di affitto, che è stata una decisione non semplice, o alla riduzione di centinaia di dipendenti nell'arco di una serie di anni - che sono quasi 250 - oppure l'introduzione dell'obbligatorietà delle gare per l'assegnazione dei servizi.
Per non venire in questo modo tacciato di autoincensare il lavoro di una Camera i cui membri sono spesso accusati di supina obbedienza ai capi che li hanno nominati, dico che una Camera eletta con una legge elettorale diversa, anche se di questo non c'è una prova provata, probabilmente avrebbe fatto meglio anzi, credo che quanto più si crei un rapporto consolidato con i cittadini, ancor più sia possibile incidere nel lavoro di rinnovamento e di radicale riforma delle nostre Pag. 51istituzioni. Tuttavia, devo dire che non è provato il contrario; infatti, la Camera attuale, quella nella quale noi abbiamo operato in questo quinquennio e che va concludendo la legislatura, ha dovuto ereditare dal passato, e anche da legislature nelle quali si votava con le preferenze, o nelle quali gli eletti erano scelti attraverso il sistema uninominale, una condizione che abbiamo dovuto radicalmente modificare.
Certamente, in futuro, eletti più radicati, più collegati al territorio, meglio espressione della società e meno delle segreterie di partito, potranno fare più di quanto siamo stati capaci di fare noi, ma non è un problema fideistico cercare di riconoscere che abbiamo fatto molto per riformare questa istituzione e la sua vita interna, anche attraverso le iniziative di cambiamento che riguardano il bilancio interno. È semplicemente un problema di onestà intellettuale - credo - verificare che effettivamente si è trattato di un'opera di profondo cambiamento che è certo dovuta al Paese, perché ciò che abbiamo fatto era dovuto al Paese, ma che non per ciò scontata o era scontato che noi riuscissimo a portare a compimento; cosa che invece stiamo facendo.
Perciò, dunque, non per autoincensamento, voglio ricordare alcuni passaggi contenuti anche in questo bilancio e in alcune deliberazioni dell'Assemblea, oltre che dell'Ufficio di Presidenza, come la previsione della certificazione dei bilanci dei gruppi ad opera di una società di certificazione esterna, oppure quella del dimezzamento dei contributi dei rimborsi ai partiti politici, o quella di una costante diminuzione del contributo per il funzionamento dei gruppi, congelato negli anni precedenti e negli ultimi anni, compenso questo, ridotto del 10 per cento; ciò sul versante delle prerogative collettive dei gruppi parlamentari e dei partiti politici. Invece, sul versante delle prerogative individuali, ho già detto, ma voglio ricordare, il superamento del vitalizio, con il contributivo pro rata e che è già vigente; il congelamento e poi la riduzione costante dell'indennità fino a portarla intorno ai 5 mila euro netti; la riduzione di mille euro per la diaria e il fondo per l'espletamento del mandato, che ora sono legati a più precisi elementi di controllo e di trasparenza, più stringenti controlli.
Grazie a questi cambiamenti, che hanno riguardato anche la razionalizzazione della voce «beni e servizi» e che hanno riguardato una voce rilevantissima come quella del personale interno, la dotazione diminuisce di 150 milioni di euro nei prossimi tre anni e non è mai aumentata negli anni scorsi, e la diminuzione è significativa: una diminuzione del cinque o sei per cento ogni anno: si tratta di una vera spending review. Certo, nessuno deve dimenticare che quel che siamo riusciti a fare deve commisurarsi con il difficilissimo quadro economico e sociale della crisi che colpisce il Paese, le sue famiglie, le sue aziende, i suoi cittadini.
Nessuno può dimenticare che siamo nel mezzo di una crisi morale fortissima, amplificata da episodi di corruzione, di peculato, di abuso di risorse pubbliche di cui ogni giorno viene data notizia. A tale crisi non si può rispondere con le sole buone intenzioni, come noi, peraltro, non abbiamo fatto, ma si può e si deve rispondere con un radicale cambio di regole e di comportamenti e con una adeguata azione riformatrice. Radicale azione riformatrice della politica: uso questa terminologia, che è la stessa con la quale il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nei giorni scorsi, in uno dei suoi diversi interventi pubblici sul tema, ha voluto ricordare a tutti coloro che temono l'antipolitica che questa si combatte con una radicale riforma della politica. Voglio utilizzare queste stesse parole, perché credo che nel segno di questo indirizzo dobbiamo e abbiamo il dovere di continuare nell'opera di riforma e di rinnovamento, anche di quello che è il nostro bilancio interno e l'utilizzo adeguato delle risorse di cui dispone questa alta istituzione.
All'interno di questo indirizzo dobbiamo collocare anche la nostra discussione e le nostre deliberazioni sul bilancio interno della Camera dei deputati, perché Pag. 52si possa percepire che il nostro sforzo è utile a ricondurre la politica e le istituzioni su un terreno di prossimità con i cittadini, con i loro problemi e con le loro istanze. Mi permettano il signor Presidente e gli onorevoli colleghi un'affermazione un po' forte, ma spero indicativa di una necessità di un approccio alle problematiche relative all'uso delle risorse pubbliche da parte delle istituzioni nazionali, regionali e locali, nonché da parte dei singoli rappresentanti nelle assemblee elettive e nei governi centrali e locali: smettiamola di argomentare con la frusta, frase che risuona come un mantra e che nulla spiega al cittadino, che testualmente recita così: vi sono costi della politica il cui limite è dato dal riconoscimento dei costi della democrazia. È un'inutile frase, anzi, meglio cancellarla dal vocabolario della politica italiana.
Signor Presidente, i costi della democrazia sono quelli che i cittadini e gli elettori sono disposti a riconoscerle, e noi ce lo dobbiamo meritare. Diversamente, nessun partito più, nessuna organizzazione politica più, nessuna istituzione rappresentativa più, nessuna istituzione di Governo o di garanzia più potrà sopravvivere se non saremo stati capaci di commisurare anche i costi per il loro funzionamento al sentire comune dei cittadini e alla percezione che hanno essi stessi di questi costi, del valore degli stessi costi, del loro impiego, che vanno motivati e certificati in modo trasparente. Noi su questa strada ci siamo incamminati.
Al Paese oggi dobbiamo consegnare un bilancio della Camera in grado di comunicare che stiamo facendo quel che si aspetta il Paese, che abbiamo fatto e faremo la nostra parte, anche oltre quello che abbiamo già deciso e che siamo orgogliosi di aver deciso, se necessario. Lo discuteremo oggi e nella giornata di domani, e nelle deliberazioni che prenderemo in questo senso dobbiamo marciare. Dalla Camera, anche oggi, deve venire quell'esempio che può, se non accrescere l'affezione dei cittadini verso questa istituzione e verso la politica, almeno attenuarne la crescente disaffezione. L'antiparlamentarismo, in fondo, è dettato da comportamenti che deviano dal comportamento atteso da parte dei cittadini.
La discussione del nostro bilancio perciò, benché auspicabilmente dovrebbe determinarsi al di fuori di una ingerenza che viene dalla contingenza esterna, non può tuttavia avvenire al di fuori del contesto di una generalizzata cattiva prova della politica che oggi viene fornita sia all'interno di alcune istituzioni centrali sia all'interno di istituzioni regionali e locali, a cominciare dalle vicende del Lazio.
Anzi, ancor di più, da parte nostra serve un atteggiamento nella quotidianità improntato a responsabilità, trasparenza e sobrietà - questo sì - per salvare e difendere la democrazia dalle generalizzazioni spesso alimentate anche da chi avrebbe la responsabilità di contribuire a dare soluzioni alla crisi della politica anche con il proprio operato e il proprio comportamento, soprattutto quando si sia parte di una classe dirigente diffusa che non può autoassolversi, semplicemente accusando la politica tutta, senza né fare distinzioni, né attenersi all'effettiva realtà di quanto è addotto in termini di argomentazioni ad uso e consumo di strumentali e interessate recriminazioni.
Sarebbe bene che, da qui alle prossime elezioni e alla prossima legislatura, che tutti ormai riconoscono debba essere costituente, si dismettessero i panni di una vecchia Italia in cui prevale quella identità di classe dirigente che più che dirigente tende a garantirsi i caratteri e le condizioni per esercitare il dominio, anziché il potere legittimamente e democraticamente determinato.
La radicale riforma della politica, come condizione per battere l'antipolitica, a cui ci richiamava il Presidente Napolitano, esige una collaborazione tra tutti gli attori dotati di responsabilità nel Paese. Noi stiamo cercando di farlo, con risultati tangibili che possono essere criticabili, ma che devono essere criticati con dovizia di argomentazioni e di conoscenza dei dati e con il senso di responsabilità che ciò che Pag. 53si comunica all'esterno determina maggiore o minore allontanamento dalla responsabilità civica in questo Paese.
Pertanto, quando si fanno alcune affermazioni, sarebbe bene almeno sapere che i deputati in carica costano l'8 per cento dell'intero importo che serve per fare funzionare la Camera e che quindi si può comprimere, fino ad azzerare, l'indennità, ma che questo sarebbe il risultato, indipendentemente da un ragionamento più di merito, che ridurrebbe questa Camera semplicemente a luogo in cui alla politica si avvicinerebbero solo coloro che hanno le risorse per poterlo fare.
Quindi, insieme a questi argomenti, con il sapere e la conoscenza di dati, occorre sapere che il costo dei deputati in carica è dell'8 per cento complessivamente del bilancio e che il trattamento complessivo dei deputati è ormai allineato alla media europea. Anche questo bisogna sapere. Poi si possono prendere decisioni di ulteriore riduzione, perché riteniamo, insieme ai cittadini e agli elettori, che serva una maggiore sobrietà e un'ulteriore riduzione dei costi anche per il funzionamento di questa istituzione rappresentativa, ma bisogna partire dalla conoscenza, e dalla conoscenza dei dati e della realtà. Questo dato, ad esempio, assieme a quello del contenimento del costo del personale interno, ha consentito al Collegio dei questori e all'Ufficio di Presidenza di presentarci la riduzione della dotazione pari a 150 milioni. Se non fosse stato così, non si sarebbero potuti raggiungere questi obiettivi e indicare questa strada, una strada che non si percorre nel Parlamento italiano - lo hanno ricordato i signori questori e mi piace ricordarlo di nuovo - dal lontano 1961.
Da cinquantun'anni la dotazione della Camera continuava a crescere o, al massimo, si stabilizzava. Quindi, questo è un dato importante. Non vogliamo esaltarlo più di tanto, ma bisogna riconoscere che questo è un risultato che potrà ulteriormente essere migliorato, ma che già mette su un cammino giusto il lavoro, anche per quanto riguarda il bilancio e le risorse disponibili, di questo Parlamento. La Camera costerà nel 2015 quel che costava nel 2006.
So che ci sono deputati, ad esempio, che hanno proposto di riformare la legge n. 1261 del 1965, che equipara l'indennità e la diaria a quella del giudice di Cassazione. Sono tutti contributi, credo, che, se non in questa legislatura, sicuramente nella prossima legislatura potranno aiutare a migliorare ancora di più l'impianto di bilancio e di utilizzo delle risorse di cui stiamo discutendo. Il Partito Democratico e il gruppo politico che rappresento hanno contribuito significativamente e con convinzione a determinare questi risultati, anche combattendo quelle resistenze non piccole al loro raggiungimento che ricordavo prima.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Quartiani.

Testo sostituito con errata corrige volante ERMINIO ANGELO QUARTIANI. E hanno contribuito - concludo, signor Presidente - a disegnare un percorso virtuoso che consegna alla prossima legislatura un'istituzione trasparente, assai meno costosa, più permeabile al rapporto con l'opinione pubblica. Non vorrei, però, più sentire frasi del tipo: avete fatto un buon lavoro, ma è troppo poco. Se avremo superato questo luogo comune e domani e dopodomani anche i commentatori ci diranno non «sì, ma troppo poco», ma altro ed entreranno nel merito di quello che abbiamo fatto, sarà la controprova che abbiamo fatto bene.
Abbiamo fatto bene, e per questo ringrazio i colleghi, l'Ufficio di Presidenza, il Collegio dei questori e il ringraziamento, a nome mio e del gruppo, va anche al segretario generale, ai vice presidenti, ai capiservizio, ai consiglieri e a tutti coloro che svolgono un ruolo fondamentale per fare funzionare questa istituzione, per adeguarla con dignità, efficacia ed efficienza al livello della sua prerogativa, quella dell'attività legislativa di controllo e di indirizzo alla quale è chiamata dalla Costituzione repubblicana (Applausi).
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. E hanno contribuito - concludo, signor Presidente - a disegnare un percorso virtuoso che consegna alla prossima legislatura un'istituzione trasparente, assai meno costosa, più permeabile al rapporto con l'opinione pubblica. Non vorrei, però, più sentire frasi del tipo: avete fatto un buon lavoro, ma è troppo poco. Se avremo superato questo luogo comune e domani e dopodomani anche i commentatori ci diranno non «sì, ma troppo poco», ma altro ed entreranno nel merito di quello che abbiamo fatto, sarà la controprova che abbiamo fatto bene.
Abbiamo fatto bene, e per questo ringrazio i colleghi, l'Ufficio di Presidenza, il Collegio dei questori e il ringraziamento, a nome mio e del gruppo, va anche al segretario generale, ai vice segretari, ai capiservizio, ai consiglieri e a tutti coloro che svolgono un ruolo fondamentale per fare funzionare questa istituzione, per adeguarla con dignità, efficacia ed efficienza al livello della sua prerogativa, quella dell'attività legislativa, di controllo e di indirizzo alla quale è chiamata dalla Costituzione repubblicana (Applausi).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, naturalmente anch'io ringrazio il Collegio dei questori per il lavoro che svolgono di «amministratori» - lo dico tra virgolette - della Camera dei deputati. Devo, però, dire che il bilancio della Camera dei deputati è un atto anche politico e, quindi, in questa chiave, le osservazioni che andrò a fare sono osservazioni di natura politica.
Io penso che a un organo costituzionale oggi i cittadini chiedano di capire e di verificare se e in che modo ha contribuito alla situazione generale del Paese, che noi sappiamo essere una situazione fortemente di recessione, di interventi che hanno ridotto i redditi soprattutto di una parte dei lavoratori, dei lavoratori a reddito fisso, dei pensionati, una situazione che ha creato disoccupazione come non si vedeva nel nostro Paese da tanti anni. Per tale ragione, in una situazione di questo tipo, penso che il cittadino si chieda se tutti contribuiscano e in quale modo contribuiscano alla riduzione della spesa pubblica, che evidentemente, per un Paese come il nostro che ha un alto debito pubblico, è assolutamente necessaria. È chiaro che, dal punto di vista politico, io giudico che noi non abbiamo fatto abbastanza.
Si è detto che sono stati ridotti. Intanto, come è noto, il fondo di dotazione è rimasto fondamentalmente invariato e questo significa che, anche se è chiaro che c'è la svalutazione monetaria, noi ci troviamo di fronte comunque ad una dotazione che, in termini nominali, non è cambiata.
Ci chiediamo se si sono ridotti i costi della Camera. E di quanto si sono ridotti? Certamente c'è una previsione di riduzione, ci sono i famosi 50 milioni nell'arco di un certo periodo di tempo, ma abbiamo ridotto abbastanza ad oggi? Allora io vado a vedere le cifre, perché credo che da quelle noi dobbiamo partire per comprendere quello che è avvenuto. Dico francamente che, sotto questo profilo, ho qualche dubbio, nel senso che si poteva sicuramente fare di più, soprattutto dal lato delle spese correnti, e dopo magari richiamerò qualche ipotesi sulla quale mi piacerebbe richiamare l'attenzione, ma anche qui sono atti di natura politica che, quindi, la Camera - collettivamente come Assemblea - deve decidere se seguire oppure no. È chiaro che poi portare avanti queste azioni è compito dei questori, ma bisogna che l'Aula dica se certe cose le facciamo o no.
Guardando le entrate da contributi per il trattamento previdenziale dei deputati, si potrebbe dire: «Ohibò, abbiamo un calo da 11 a 8 e, quindi, un calo di 3 milioni di euro». Ma è proprio vero che è così? Infatti, questo è un tema che riproporrò come ho fatto il 21 settembre 2010 e lo scorso anno. Lo riproporrò in termini di ordini del giorno. Qui, se si vuole fare in parallelo quello che il Paese ha fatto e che si è fatto fare al Paese, non basta toccare il futuro, bisogna toccare il passato. Abbiamo toccato il passato? Assolutamente no, non lo abbiamo spostato di un millimetro.
Il passato continua ad avere le stesse condizioni che aveva prima e questo tanto per quanto riguarda i deputati quanto il personale dipendente di questa istituzione. Allora, però al Paese non abbiamo fatto la stessa cosa, perché al Paese siamo andati a cambiare le regole del gioco che aveva e noi le abbiamo cambiate pesantemente e in molti casi, soprattutto nel settore privato (vedi FIAT o altre realtà industriali), addirittura ai lavoratori sono stati ridotti gli stipendi e i salari che avevano prima, dicendo: «Se tu vuoi che continuiamo ad andare avanti o accetti la riduzione oppure avanti non si può andare e si va in un'altra direzione».
Allora, anche questi sono i compiti e le responsabilità che collettivamente dobbiamo assumere noi deputati e per fermarmi al caso dei vitalizi dei parlamentari, come noto, per il passato non si è toccato assolutamente nulla. Ciò significa - poi il fatto è confortato dai dati e soprattutto dalla progressione dei dati negli anni prossimi - che noi continueremo Pag. 55addirittura ad aumentare l'entità e l'importo dei vitalizi. Per quanto riguarda la Camera, siamo attorno ai 138 milioni di euro e per i prossimi anni probabilmente, noi lo vediamo già nelle proiezioni, dobbiamo aspettarci che queste somme tendano a crescere e, quindi, addirittura andiamo ad appesantire il conto degli italiani.
Anche per quanto riguarda la riforma che abbiamo fatto, in parte non è fedele quello che noi scriviamo qui dentro, perché ci dimentichiamo di dire che, se ogni anno avremo circa 8 milioni di euro di incassi con il sistema contributivo da parte dei deputati, ci dimentichiamo di dire che virtualmente la Camera ogni anno ce ne mette il doppio, ovvero altri 16, che ovviamente non sono riportati qui perché sono virtuali e ce li ritroveremo quando sarà il momento di pagare queste persone. Ma, se dovessimo fare un bilancio come fanno le aziende, qui dentro noi dovremmo prevedere 8 milioni, più altri 16 milioni. Quindi, quei 138-140 milioni sono in realtà virtualmente già 156 ogni anno.
E, allora, credo che parlare di riduzione di questa voce, cioè dei deputati, sia, in realtà, far vedere al Paese che è cambiato realmente assai poco e così sarà ancora, perlomeno per molti anni prossimi, mentre avevamo bisogno immediatamente di far capire al Paese che si era compreso che il Paese stava facendo sacrifici e che questi si dovevano fare nell'immediato.
Dunque, questo è un primo aspetto, perché anche laddove si dice che sono ridotte le indennità dei deputati queste sono effettivamente ridotte, ma sono ridotte semplicemente perché, passando a questo sistema, è cambiato l'importo che prima veniva erogato al deputato e così si è ridotto l'importo complessivo. Certamente, vi è una piccola parte anche di riduzione delle indennità ma, insomma, la maggior parte è legata, appunto, a questo cambio di metodo nel calcolo dei vitalizi.
Devo anche dire che molto più pesante è la situazione per quanto riguarda i dipendenti. Anche i dipendenti della Camera hanno partecipato a questa contribuzione di solidarietà, da dare al Paese per la sua ricostruzione e per toglierlo dalla situazione di crisi in cui si trova. Anche qui mi permetto di osservare che, soprattutto dal lato pensionistico, abbiamo una previsione di crescita che è già molto forte e che mi sembra sia di 7-8 milioni di euro, previsti per il prossimo esercizio. Ma, addirittura nel 2014 mi sembra che vi siano altri 10 ulteriori milioni di euro, perché evidentemente andrà in pensione una parte del personale, quella che aveva condizioni economiche e di contratto assolutamente al di fuori dei limiti dell'accettabilità per chi normalmente immagina un compenso legato ad una certa attività, al di fuori della Camera e nella vita normale della società. Pertanto, non andiamo a dire che non abbiamo minimamente intaccato il passato. Ora, qualcuno dirà: «Come si fa a toccare il passato?» Ribadisco che nel mondo reale, alla FIAT, hanno ridotto gli stipendi e i salari dei lavoratori. Allora, non vedo perché questo non possa accadere e chiederò al Collegio dei Questori di avviare una discussione anche con i sindacati interni, perché forse da questo lato si può fare sicuramente più di quanto non si sia fatto finora.
Passiamo alle spese. Vi è certamente una riduzione, almeno in parte, delle spese. Però, anche qui, se andiamo a guardare bene, la vera riduzione è una sola e riguarda la rinuncia ad uno dei palazzi Marini, con la riduzione dell'affitto di palazzo Marini. Quando andiamo a guardare le spese correnti non illudiamoci. Non è che vi sia una rilevante riduzione delle spese, quelle relative ai beni e ai servizi. L'unica vera forte riduzione è quella che riguarda i servizi accessori alle locazioni, che si riducono di circa 5 milioni di euro. Il grosso del risparmio è lì ed è esattamente correlato e conseguente al fatto che abbiamo ridotto gli affitti. Era doveroso e utile farlo ma, sostanzialmente, la vera riduzione delle spese correnti nasce da lì e non da altra parte.
Permangono spese sulle quali occorre fare una riflessione. Quando penso che continuano a essere mantenuti in bilancio 7 milioni di euro per la stampa degli atti Pag. 56parlamentari (più un altro milione di oneri aggiuntivi ai servizi di stampa) mi chiedo: ma, è possibile che, nell'era digitale, in questo Parlamento spendiamo ancora 8 milioni per il cartaceo? È una cifra immensa, colleghi Questori! È una cifra immensa. Ma, non mi rivolgo a voi, ma all'Ufficio di Presidenza della Camera. Mi rivolgerò all'Assemblea. È una cifra immensa! E vi chiederò, anche qui in un ordine del giorno, che si proceda ad una forte limitazione di questa voce nell'era digitale. Sono già 3 anni che ho chiesto che diventi obbligatorio, tutte le volte che i parlamentari hanno un qualche atto, che sia un atto ispettivo piuttosto che una proposta di legge, che questo atto sia consegnato anche in forma digitale.
Ancora non ho avuto risposta sul costo ed il numero dei dipendenti che oggi sono impegnati in questa Camera a riportare puntualmente tutto ciò che i deputati consegnano e a digitalizzarlo. Questa attività potrebbe essere benissimo evitata, mentre credo che ci sia molto personale che vi si dedica. Probabilmente, si poteva e si doveva intervenire in merito. Così come penso che non è che il cartaceo non serva a nulla - lo capisco - ma, per quanto riguarda gli atti parlamentari, ci si potrebbe limitare esattamente a quanto serve all'Aula ed alle Commissioni ed evitare la stampa di tutto il resto. Invece di stampare tutti i documenti, chi lo desidera, può trovarli al computer e stamparli se lo ritiene necessario.
Ho elencato una serie di atti e mi sono soffermato sulla chiarezza - ma questo lo sappiamo - con riguardo ai contributi destinati ai gruppi e credo che le modifiche del Regolamento potranno aiutare, quanto meno, a rendere trasparente questa situazione. Noi lo faremo perché abbiamo deciso di mettere a disposizione dei cittadini un bilancio assolutamente dettagliato delle nostre spese, come gruppo, e credo che sia un atto di trasparenza farlo. Credo che complessivamente - mi riservo poi con gli ordini del giorno che depositeremo di affrontare anche altri aspetti più specifici - che i cittadini non possano continuare a pagare tante spese.
Dai dati, possiamo anche dire che forse in futuro la Camera risparmierà, ma in questo momento siamo una struttura che continua a costare molto e che, secondo me, ha fatto abbastanza poco per partecipare alla situazione generale drammatica, che sta vivendo il Paese in questo momento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbieri. Ne ha facoltà.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, svolgerò alcune considerazioni, collocandomi sulla lunghezza d'onda del collega Quartiani, il cui intervento ho apprezzato, non solo per la pacatezza, ma per i contenuti del medesimo.
Prima però devo dire al collega Borghesi, che dice che non si è fatto abbastanza, che la cultura politica dalla quale provengo insegna - collega Borghesi - che, oltre a predicare, bisogna farle le cose. Credo che gli italiani apprezzerebbero molto il fatto che il gruppo dell'Italia dei Valori - quello che faccio è un piccolo esempio - rinunciasse al contributo che la Camera dà a quel gruppo parlamentare. Questo potrebbe consentire di dire che le cose non solo vengono praticate, ma vengono fatte perché, quando non si riconosce - come lei non ha riconosciuto nel suo intervento - sostanzialmente nulla di positivo rispetto all'operato del Collegio dei Questori, credo che si commetta anche un'ingiustizia, perché il Collegio dei Questori ha affrontato la questione della riduzione della spesa che, nell'arco di questi anni, è stata consistente.
Ma qui il nodo che dobbiamo affrontare - ha ragione il collega Borghesi - è un altro ed è un nodo politico. Stamattina sono andato a rileggermi quanto ho detto l'anno scorso, in occasione del progetto di bilancio della Camera per l'anno finanziario 2011. Avevo espresso una mia convinzione profonda, cioè che fossimo in presenza di un attacco fortissimo, proveniente dagli ambienti più disparati, nei confronti delle istituzioni democratiche di questo Paese.
A distanza di un anno, la mia convinzione resta immutata e devo - come allora Pag. 57- dire che, nella comunicazione, sia televisiva che su carta stampata, non v'è traccia del notevole sforzo posto in essere dalla Camera per il contenimento dei suoi costi. Voglio fare un esempio.
Negli anni scorsi noi abbiamo avuto trasmissioni televisive, devo dire reiteratamente ripetute, paginate di giornali e inchieste giornalistiche che portavano a dire che la gran parte dei deputati, per quanto riguardava il contributo relativo al rapporto - l'ha ricordato anche il collega Quartiani - eletto/elettore, cioè il territorio, utilizzavano in modo assolutamente improprio quei fondi, addirittura parlando di lavoro nero.
Il Collegio dei questori, con il voto dell'Ufficio di Presidenza, ha fatto una cosa devo dire fondamentale, rivoluzionaria per alcuni versi: ha sancito che il singolo parlamentare ha diritto al rimborso di metà di quella cifra - per la verità ridotta, rispetto a quello che era all'inizio, anche in modo sensibile - nella misura in cui documenta, con una casistica assolutamente precisa, non solo quanto dà alla propria assistente o segretaria ma anche documentando le iniziative che può fare sul territorio.
Di tutto questo, da quando è stata fatta questa cosa - che è partita ad aprile, prima rendicontazione il 31 luglio - non c'è più traccia sui giornali, nessuno più ne ha parlato, è come se la cosa non fosse mai avvenuta. Questo testimonia che il problema del pregiudizio nei confronti di quella che, con un termine assolutamente improprio, viene definita classe politica, è un pregiudizio fortemente radicato in questo Paese.
L'onorevole Borghesi dice, sul versante delle entrate, ma io ho devo ricordare, in modo tale che sia chiaro anche per chi interverrà dopo, che la riduzione della dotazione della Camera è stata pari al 5 per cento, cioè nel triennio 2013-2015 saranno 150 milioni di euro, non sono noccioline. Se poi consideriamo - mi dispiace che queste valutazioni non vengano mai fatte - l'effetto delle decisioni adottate in precedenza, volte al contenimento della dinamica della crescita della dotazione, il risparmio complessivo per il bilancio dello Stato è stato pari, collega Borghesi, a far data dal 2006, a 540 milioni di euro. Non stiamo parlando di cifre irrilevanti, stiamo parlando di cifre che hanno una loro consistenza, quindi credo che sia un risultato di tutto rilievo e faccio un auspicio: che gli organi di stampa assicurino evidenza a questo tipo di risultato.
Il conseguimento di questo risultato è stato possibile attraverso - come dicevo - il contenimento della spesa, e in questo ambito vanno ricordate le misure che hanno inciso in maniera significativa sulla spesa per i deputati: l'ammontare dell'indennità parlamentare è ferma dal 2007, sono cose che dobbiamo ricordare; l'adeguamento non verrà corrisposto sino al 2015. Alla riduzione delle indennità concorre anche il nuovo sistema previdenziale - ci è stato ricordato - per i deputati cessati dal mandato da quest'anno. Si è poi fatta applicazione del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, con la riduzione del 10 e del 20 per cento in relazione al reddito di ciascun deputato, cosa passata assolutamente sotto silenzio, è come se non fosse mai avvenuta. Chi è specialista nel produrre trasmissioni televisive in cui si parla dei privilegi della casta non ha mai prodotto una trasmissione televisiva relativa a questo aspetto. È stata confermata fino al 2015 la riduzione della diaria di soggiorno e, come ho già detto prima, del rimborso delle spese per l'esercizio del mandato.
Voglio fornire un dato sintetico che probabilmente è sfuggito alla pubblica opinione: l'indennità lorda è diminuita in termini nominali dalla fine del 2005 del 16 per cento e, tenendo conto dell'inflazione, di più del 25 per cento. Io non capisco perché non dobbiamo rivendicare questa cosa a merito dell'intera Assemblea ma, in modo particolare, del Collegio dei Questori e dell'Ufficio di Presidenza. Perché non dobbiamo mai ricordarlo? È come se fosse una cosa avvenuta perché non si poteva non farla. Non è vero, si poteva non farla, questa Camera ha deciso di farla e mi pare che vada a suo merito. Pag. 58
L'indennità è stata dunque ridotta in modo significativo, ma voglio dire con chiarezza che noi potremmo anche stabilire che l'attività parlamentare vada svolta gratuitamente e sono sicuro che questa cosa non avrebbe alcuna eco sui giornali. La questione è essenzialmente politica ed è necessario assumere questa consapevolezza, poiché diversamente rischiamo di correre dietro soltanto a suggestioni. Anche per quanto riguarda i prezzi di taluni servizi erogati va fatta chiarezza. Il Collegio dei Questori ha stabilito il periodico aggiornamento dei prezzi presso la buvette e presso il ristorante dei deputati nel dicembre dello scorso anno. I prezzi della buvette sono sostanzialmente allineati a quelli degli esercizi commerciali che sono qui intorno; basta fare solo una verifica. Quelli del ristorante dei deputati sono stati aumentati in modo significativo e in questo settore sono state comunque adottate misure di riduzione della spesa, la cui attuazione consentirà già da quest'anno un risparmio stimato maggiore di 500 mila euro, pari a circa un terzo della spesa annua storica relativamente al ristorante dei deputati, che sarebbe più corretto chiamare ristorante dei deputati e dei giornalisti, visto che anche i giornalisti possono accedere a quel ristorante. Questo per l'esattezza. C'era una trasmissione televisiva alcuni lustri fa in cui compariva, la domenica pomeriggio, un tal Ferrini che diceva delle cose ovvie. Un altro gli chiedeva: ma perché le dici? Egli rispondeva: per essere preciso, per la precisione. Quindi, per la precisione, è il ristorante dei deputati e dei giornalisti. Il previsto passaggio al sistema della concessione, con la soppressione di ogni forma di contributo a carico della Camera per il pasto dei deputati e la trasformazione del ristorante in self service porterà al pieno adeguamento ai prezzi esterni. Quanto al servizio di barbieria - difendo sempre coloro che di mestiere svolgono l'attività che ho come cognome - i prezzi sono sostanzialmente allineati a quelli del mercato dal 2007. Basta solo, perché chi la frequenta, andare a farsi la barba, i capelli o lo shampoo presso i barbieri qui intorno. Si vedrà che non c'è assolutamente differenza tra i prezzi che pratica il nostro servizio di barbieria e quelli che vengono praticato all'esterno. Sul versante della spesa va poi rilevata l'importanza delle decisioni adottate in materia di politica immobiliare. Lo ricordava correttamente il collega Quartiani. La Camera, che negli anni passati aveva progressivamente ampliato gli spazi occupati nel centro storico di Roma, ha innovato il proprio orientamento sulla base delle necessità di contenimento della spesa. Vi è stata un'importante riduzione degli spazi. In materia è sufficiente riferirsi al recesso dal contratto di locazione per Palazzo Marini 1, che ha comportato un decremento della spesa per le locazioni. D'altra parte, durante quest'anno sono venuti meno anche altri rapporti di locazione e questo determinerà anche il trasferimento della libreria in quello che è stato il punto Camera. Auspico quindi che possano essere realizzati - lo dico al Collegio dei Questori - nell'ex punto Camera anche spazi da destinare a riunioni di deputati per un recupero ancorché parziale dei locali lasciati nel complesso dei Palazzi Marini, laddove trovano sede ormai uffici solo per 400 deputati, mentre noi, fino a quando non avremo la riduzione, siamo 630. Domando se, oltre le postazioni già realizzate nella galleria Fontana, sia possibile realizzarne altre nel Palazzo Montecitorio, per facilitare il lavoro dei deputati. Va poi segnalato in modo positivo il grande sforzo ed i positivi risultati conseguiti dal Collegio dei Questori nella direzione dello sviluppo delle tecnologie. Penso ad esempio ai progressi conseguiti nel campo della dematerializzazione. Un esempio per tutti: la rassegna stampa per gli utenti diversi dai deputati è già oggi disponibile solo in versione elettronica e dalla prossima legislatura anche i deputati potranno fruirne sono on line. Da tempo è comunque fruibile su tablet e smartphone. Ma vi è di più: proprio lo scorso settembre ha visto il rafforzamento del segnale di telefonia mobile al primo e al secondo piano di Palazzo Montecitorio e, d'altra parte, nei mesi scorsi è risultato incrementato il numero Pag. 59delle aree dotate di accesso alla rete wi-fi, così come è stato reso più agevole l'accesso alla rete Intranet senza token, semplicemente con una password ad hoc. Questi sono risultati conseguiti, non sono intenzioni dell'Ufficio di Presidenza o del Collegio dei Questori.
Sono cose già avviate! Non riesco a capire perché non debbano essere rivendicate, non riesco a capire la logica per la quale qualcuno che siede in quest'Aula non fa altro che buttarsi sulla testa tonnellate di un materiale poco commendevole, senza rivendicare mai nulla di quello che di positivo è stato realizzato.
A fronte di tutto ciò, chiedo, però, ai Questori di sapere quali siano i riflessi che immaginano si determineranno in prospettiva, alla luce di queste scelte, sul lavoro parlamentare.
Desidero ora soffermarmi sul tema della trasparenza, spesso cavalcato dalla stampa per portare attacchi alle istituzioni. Nella seduta del 25 settembre scorso è stata approvata un'innovativa riforma dei contributi ai gruppi parlamentari che prevede la determinazione di un contributo unico e onnicomprensivo per i gruppi, ma, soprattutto, una verifica della regolare tenuta della contabilità e l'espressione di un giudizio sul rendiconto di esercizio di ciascun gruppo ad opera di una società di revisione legale.
Si tratta di un impianto normativo di una qualche complessità, che richiede, per divenire operativo, l'adozione di una serie di delibere da parte dell'Ufficio di Presidenza. Domando ai Questori quali siano i tempi perché questa operatività possa nel concreto essere assicurata. Voglio porre due questioni, e poi mi avvio alla conclusione: noi, fino ad ora, ci siamo serviti, per chi non ha la possibilità di prendere l'aereo, dei treni delle Ferrovie dello Stato.
Siccome, però, da qualche mese anche le Ferrovie dello Stato, grazie a Dio, hanno un concorrente, sarebbe bene che la Camera stipulasse per Italo, il nuovo treno dedicato al trasporto viaggiatori, la stessa convenzione che ha in essere con le Ferrovie dello Stato.
Altro suggerimento che mi permetto di dare: la Camera ha sempre più bisogno di concentrarsi sulle finalità istituzionali. Lo dico senza polemica: meno mostre e più servizi ai parlamentari. L'attività svolta dai Questori in questi anni ha posto le basi per una diversa modalità di lavoro dei deputati, un lavoro più moderno, che utilizza maggiormente le tecnologie e che potrà svilupparsi nella prossima legislatura in una linea di continuità con l'attività fino ad ora svolta.
È questa l'ultima discussione sul bilancio interno nel corso della XVI legislatura. Anche io, quindi, mi unisco ai ringraziamenti nei confronti del Segretario generale, dei Vicesegretari generali e di tutti i dirigenti di questa Camera. Voglio, però, ringraziare in modo particolare il Collegio dei Questori e l'Ufficio di Presidenza per l'attività svolta in questi cinque anni, nel corso dei quali hanno saputo coniugare la consapevolezza della difficoltà economica del Paese, adottando, quindi, le opportune misure di riduzione della spesa, con la necessità di dare un forte impulso, pure in questo quadro, all'attività amministrativa, nella direzione di un lavoro parlamentare più moderno (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, credo che questo mio intervento sarà diverso da quelli che abbiamo ascoltato, perché sarà incentrato soprattutto sulla trasparenza e sull'informazione. Devo dire che invidio molto i miei colleghi che ritengono di conoscere molto bene il bilancio interno della Camera, mentre ritengo che a ciascun deputato - questo, come delegazione radicale, lo abbiamo detto fin dall'inizio di questa legislatura - non siano dati gli strumenti di conoscenza dei bilanci.
Vi ricordate - non so se ve lo ricordate - che, all'inizio di questa legislatura, quando discutemmo il primo bilancio interno, chiedemmo, con un po' di ingenuità, di poter accedere alla lista dei fornitori e dei consulenti? Pag. 60
Dopo qualche tempo, grazie all'intervento del Presidente della Camera Gianfranco Fini - che ha dovuto riconoscere che vi era un articolo del Regolamento di amministrazione e contabilità in proposito - questa possibilità ci è stata data. Già dalla trasparenza e conoscenza - perché l'accesso è stato dato anche ad alcuni contratti - è stato possibile fare alcuni di quegli interventi che oggi sono stati rivendicati in quest'Aula come interventi positivi ai fini del risparmio.
Come delegazione radicale, come partito radicale, come radicali italiani, da tempo, da almeno dieci anni, proponiamo, ad ogni livello istituzionale, l'anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati. È chiaro che in questa sede ci riferiamo molto agli eletti, ma sarebbe interessante anche sapere qual è lo stato, in che situazione si trovano e quanto costano alle casse dello Stato i nominati dalla classe politica. Ebbene, se solo questa riforma fosse stata accolta ad ogni livello istituzionale, credo che i problemi e, scusatemi, anche le vergogne, che in alcune sedi istituzionali si devono affrontare, si sarebbero evitati.
Tengo a dire una cosa: noi radicali riteniamo di non essere migliori degli altri, più bravi, più morigerati. Assolutamente no. Riteniamo di essere come gli altri, però, a differenza degli altri, consideriamo fondamentale darsi delle regole di trasparenza che consentano agli elettori e ai cittadini di controllare l'operato di ogni singolo eletto nelle istituzioni. Questa è la direzione che dobbiamo prendere.
Guardate quello che è successo alla regione Lazio. Lo scandalo è scoppiato quando la delegazione della lista Bonino-Pannella ha deciso di pubblicare il bilancio della lista stessa, praticamente ha fatto trasparenza su se stessa. Allora gli altri si sono chiesti «Ma gli altri bilanci? Quelli degli altri partiti?». Questo è stato fatto sin dal 2010 ed è stato rivendicato più volte, sino a che il caso è esploso. Quindi è fondamentale l'elemento di conoscenza.
Questo riguarda la storia radicale. Andando molto indietro negli anni potremmo ricordare quando i radicali, in particolare l'onorevole Crivellini, chiedevano che, oltre al bilancio, si allegasse anche la situazione economico-finanziaria. Ebbene, allora si rispose che non era possibile. Non era possibile rendere pubblica la situazione economica perché vi era comunque una forma di pubblicità dei bilanci e del finanziamento pubblico dei partiti. Ci risposero che presentare il conto economico, quella realtà - lo disse la Presidente Nilde Iotti -, avrebbe messo in difficoltà alcuni partiti politici che avevano immense proprietà immobiliari e che la gente non avrebbe capito, allora, qual era effettivamente la situazione e il motivo per cui si doveva ricorrere al finanziamento pubblico dei partiti stessi.
Ci si disse all'epoca che era fondamentale. Vi ricordate quando fu approvata quella legge? Noi non eravamo ancora in Parlamento, ma ci si disse che era fondamentale per evitare le ruberie, i furti e le distrazione dei partiti politici. Sappiamo tutti che non è andata così e che, anzi, quella forma di finanziamento pubblico - essendo una forma appunto di finanziamento proprio in denaro, una dotazione in denaro che andava soprattutto a finanziarie le istituzioni ed i partiti centralmente - ha determinato non solo un potere maggiore dei partiti, che diveniva sempre più consistente nel tempo, ma non ha evitato le tangenti e le ruberie, che ci sono state in tutti questi anni, e che sono documentate.
Quindi il finanziamento pubblico non ha evitato, anzi ha aggravato questo problema. Promuovemmo il referendum nel 1977, con una sistema dell'informazione che non sto qui a descrivere, ma che probabilmente tutti voi conoscete. Comunque, si ottenne un successo significativo, che avrebbe dovuto mettere la pulce nell'orecchio ai partiti politici dell'epoca, perché da soli, noi che avevamo l'1 per cento, superammo il 40 per cento di «sì» a favore dell'abrogazione del finanziamento pubblico. Ci abbiamo riprovato più volte fino al successo del 1993.
Ma dov'è il grande tradimento? È nel fatto che i partiti politici decisero di approvare una legge - non vi dico delle Pag. 61leggi intermedie, saltando quella del 4 per mille e via dicendo - chiamata dei rimborsi elettorali, che in realtà erano dei veri e propri finanziamenti pubblici, perché non riguardavano la restituzione delle somme effettivamente spese in campagna elettorale.
Cosa c'è di più grave per uno Stato e per una democrazia che tradire il voto popolare, che tradire la volontà degli elettori che avevano deciso di togliere di mezzo il finanziamento pubblico dei partiti?
Allora arriviamo al concetto della trasparenza: anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati. Ho sentito dire che qui le cose vanno molto bene, che abbiamo risolto molti problemi, e che ci sarà un taglio progressivo di 50 milioni l'anno. Tutto vero, tutto vero e tutto scritto a bilancio, a parte il fatto che vorrei sottolineare che anche questa diminuzione della dotazione, sostanzialmente, è dovuta ad una operazione trasparenza - nessuno se ne è accorto e non ve ne siete accorti neanche voi - che abbiamo realizzato, quando abbiamo chiesto informazioni sul Fondo di solidarietà degli onorevoli deputati.
Infatti, a parte alcune informazioni che abbiamo messo in rete, risultava chiaro che nel corso degli anni, era stato insomma accumulato un tesoretto, un tesoretto che però è venuto fuori anche dal fatto che il bilancio della Camera, per un certo periodo - fino al 2000 se ricordo bene - aveva finanziato quel Fondo. Quindi erano andati lì dei soldi che evidentemente erano ad altro destinati o che si potevano tagliare.
Io chiederò in un ordine del giorno di restituire questa somma, che nel corso degli anni è stata assegnata dalla Camera al Fondo di solidarietà e che nel corso degli anni è stata continuamente mantenuta e messa a frutto.
Mi diceva l'onorevole questore Albonetti, che questa è anche l'intenzione del Collegio dei questori ed anche su questo c'è un ordine del giorno. Io ritengo che si possa decidere non in tre anni, ma che si possa fare questa restituzione immediatamente, perché, se ho fatto bene i conti, dovremmo parlare di oltre 100 milioni di euro, quindi possiamo farlo immediatamente.
Ma, vedete, ci tengo a dire che anche questa cosa, a mio avviso, viene fuori dalla conoscenza, dalla trasparenza. Ebbene, devo dire in questa sede che purtroppo i passi indietro sono molti. Quel Regolamento di amministrazione e contabilità che abbiamo «disseppellito», possiamo dirlo, perché non era a conoscenza di nessuno, e che adesso finalmente è stato messo sul sito Internet della Camera, è stato radicalmente modificato nel corso di questi ultimi tempi. Si dice che è stata una riforma radicale, strutturale, ma vediamo se questa riforma è andata effettivamente nella direzione giusta. Vedete, le amministrazioni pubbliche si ispirano tutte ormai a norme sia italiane, approvate recentemente, come la legge 31 dicembre 2009, n. 196, sia a disposizioni ed indirizzi di tipo europeo. Ebbene, tutti questi indirizzi, tutto quello che prevede, per esempio, la legge n. 196 del 2009, non sono assimilati, non sono assorbiti nel Regolamento di amministrazione e contabilità. Che cosa dice la legge n. 196 del 2009? Conferma un sistema contabile delle pubbliche amministrazioni italiane che devono avere una struttura duale, affiancando ad un sistema di contabilità finanziaria, un sistema di contabilità economico-patrimoniale. Ed è proprio quello che era previsto in un primo tempo nel Regolamento di amministrazione e contabilità, e che invece è stato abrogato da questa riforma che avrebbe dovuto renderlo migliore. Quindi questo è molto grave, perché questo obbligo della tenuta della contabilità per le pubbliche amministrazioni, vale per tutti, mentre noi, come Camera dei deputati - noi che non abbiamo controlli esterni, noi che non abbiamo il controllo della Corte dei conti, noi che non abbiamo la possibilità di verificare costantemente i conti andando a fondo delle varie voci di bilancio - ecco, vediamo che nemmeno le disposizioni generali che valgono per tutti sono rispettate dal nuovo Regolamento. Ma c'è di più, perché anche l'Europa ci Pag. 62dice che cosa bisogna fare e quindi siamo ancora nel tema della soppressione della contabilità analitica.
La norma soppressa in realtà risultava in linea non solo con il quadro nazionale ed europeo, ovvero la legge e le disposizioni che ho citato prima, ma anche con i criteri contabili dell'International public sector accounting standards IPSAS elaborati per il settore pubblico dall'International federation of accountants Ifac - stiamo parlando di organismi internazionali contabili, che raggruppano al loro interno dei contabili - disposizioni, indicazioni ufficialmente assunti come punto di riferimento a livello europeo per le istituzioni pubbliche di qualsiasi natura, incluse quelle parlamentari.
Che cosa richiedono questi criteri? Richiedono l'adozione di un sistema contabile duplice - e ci torneremo - in cui, accanto al bilancio a contabilità finanziaria, necessario per l'autorizzazione della spesa, viene elaborato un bilancio a contabilità economico-patrimoniale, detta anche generale o analitica, cioè quella che noi abbiamo - ma veramente noi deputati c'entriamo ben poco - che è stata abrogata.
Così come per altre questioni importanti che, probabilmente, agli occhi e alle orecchie di qualcuno di voi possono sembrare noiose: pensate, persino il Collegio dei questori avrà delle difficoltà a conoscere i conti, se non verrà approvato il nostro ordine del giorno che fa in modo che abbia a disposizione una struttura svincolata dalla dipendenza gerarchica del Segretario generale. Non so se ci si rende conto, ma che controlli possono fare gli stessi questori se non hanno lo strumento? Senza l'individuazione dei centri di costo in cui si articola l'amministrazione, su cosa possono vigilare? Su cosa si possono basare? Sulle relazioni prodotte dall'amministrazione? Ricordiamo che, fino a poco tempo fa, il Segretario generale svolgeva anche il ruolo di controllore di se stesso. Poi, ci si dice che, per sua stessa ammissione, per sua stessa scelta, perché voleva evitare polemiche, egli ha abbandonato questa funzione di controllo, che è passata ad un altro alto funzionario della Camera dei deputati. Meno male: almeno questo lo abbiamo evitato, sempre grazie a quelle polemiche - che so che molti di voi considerano fastidiose - fatte dalla delegazione radicale.
Proponiamo che, per esempio, visto che non c'è, per i conti della Camera - e stiamo parlando di poco meno di un miliardo di euro - ci sia almeno un controllo simile a quello che esiste all'Assemblea nazionale francese. C'è un comitato di quindici membri, presieduto da un membro dell'opposizione, che ha il compito di verificare ed appurare i conti: non ne fanno parte né i questori né i membri dell'Ufficio di Presidenza, che è proprio vietato che ne facciano parte.
A tal riguardo voglio dirvi che, insieme ai miei colleghi radicali, ho depositato una proposta di legge che riguarda il principio dell'autodichia, dietro al quale tutto si nasconde e con il quale tutto si giustifica. Ho depositato una proposta di legge che, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 68 della Costituzione, stabilisce che le guarentigie degli organi costituzionali vanno ricondotte solamente a quelle materie in cui vige il nesso funzionale con l'attività conferita dalla Carta costituzionale all'esclusiva capacità regolatoria dei regolamenti parlamentari. Dunque, un conto è la funzione del deputato e - scusate il bisticcio di parole - un conto sono i conti che, invece, richiedono un controllo esterno, che è indispensabile, a mio avviso, sempre se si vuole fare trasparenza.
Abbiamo ottenuto, in questa legislatura, con l'appoggio dell'onorevole Giachetti e dell'onorevole Della Vedova, la possibilità che siano messe on line le dichiarazioni dei redditi, cioè l'anagrafe patrimoniale di ciascun deputato. Abbiamo ottenuto, però, che questo potesse verificarsi solamente dietro liberatoria da parte del singolo deputato.
Vi do delle informazioni: se l'anno scorso erano solamente il 17 per cento i deputati che avevano firmato questa liberatoria e messo on line la loro situazione patrimoniale, adesso siamo al 41 per cento. Voi direte: tutto bene; beh, manca Pag. 63il 59 per cento; forse è il caso che nello scorcio di questa legislatura si approvi rapidamente la proposta di legge che ho il piacere di avere depositato, che vede come primo firmatario l'onorevole Questore Albonetti, e di cui sono seconda firmataria, per rendere obbligatoria l'anagrafe patrimoniale e la documentazione delle spese elettorali per tutti i livelli istituzionali e quindi anche senza liberatorie lo devono fare tutti. Credo che tutto ciò, questa trasparenza, questa cosa per cui lottiamo, sia importante; non perché siamo migliori degli altri, ma perché la trasparenza aiuta ad essere più virtuosi, e sarebbe buono, ottimo, se questa Camera e poi il Parlamento approvassero la proposta di legge per rendere obbligatoria l'anagrafe patrimoniale per tutti i livelli istituzionali.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lusetti. Ne ha facoltà.

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, francamente ascolto sempre con interesse l'onorevole Bernardini nei suoi interventi e devo dire che mi associo alla linea degli altri interventi: non è che sia tutto così autodistruttivo; i progressi che sono stati fatti in quest'Aula in questa legislatura sono veramente tantissimi. Mi rendo conto che si può fare ancora di più, ma mi rendo anche conto che non è che si può spiegare all'esterno che non si è fatto nulla; si è fatto molto e poi si deve anche difendere il Parlamento nelle sue prerogative costituzionali.
Lei, onorevole Bernardini, ha citato questa proposta di legge sull'autodichia; ritengo che non ci sia verso la Camera dei deputati una sorta di scudo giuridico con il quale impedire qualsiasi controllo esterno sui conti della Camera stessa; penso che in questi anni abbiamo fatto qualcosa di molto diverso, abbiamo valorizzato l'autonomia della Camera dei deputati così come è garantita dall'articolo 64 della Costituzione, abbiamo preservato l'istituto del Parlamento, però abbiamo fatto anche tanto, abbiamo dato più trasparenza alla nostra azione, abbiamo fatto tutto il possibile, complice il lavoro dei Questori e dell'Ufficio di Presidenza, per far sì che ci sia una attenzione molto forte nei confronti della Camera dei deputati.
Ben venga la previsione di ogni strumento volto ad aumentare il sistema dei controlli sulle Camere e sui gruppi parlamentari, ma penso che quello che lei ha detto, onorevole Bernardini, sia in qualche modo da un lato sbagliato e dall'altro smentito dai fatti. Sbagliato perché noi dobbiamo spiegare al Paese, alla pubblica opinione, che l'indipendenza del Parlamento non è un privilegio, è un qualcosa che è garantito dalla Costituzione proprio perché il Parlamento è sovrano e quindi il lavoro fatto in tutti questi decenni dal Parlamento è un lavoro fatto per difendere la volontà del popolo che elegge il Parlamento.
Sotto il profilo costituzionale anche la Corte di giustizia dell'Unione europea ha dato un contributo per spiegare che comunque si deve garantire al massimo l'attività del Parlamento da ogni possibile interferenza esterna nei confronti del potere del Parlamento stesso. Dico questo perché non possiamo sempre autoflagellarci rispetto a quello che il Parlamento ha fatto. L'altra cosa è sotto gli occhi di tutti, ed è la proposta che ha fatto recentemente il Presidente della Camera, accolta dalla Giunta per il regolamento, dall'Ufficio di Presidenza e dal Parlamento stesso, per introdurre nel controllo dei conti dei gruppi parlamentari una società esterna, legalmente riconosciuta, che possa dare l'idea che comunque non c'è nulla di segreto, ma c'è totale trasparenza anche nei confronti dei conti dei gruppi parlamentari.
Ciò è molto più e molto meglio di quanto hanno fatto certi gruppi consiliari regionali in certe regioni d'Italia, come è noto a lei e come è noto ai colleghi che sono intervenuti in questa giornata di dibattito. Inoltre, sui controlli interni, sappiamo che il Segretario generale svolge una funzione di indirizzo, vigilanza e di controllo, così come attribuito dal Regolamento della Camera, e quindi sicuramente vi è stata, in questi anni, una sorta di unitarietà di direzione e di guida dell'amministrazione Pag. 64della Camera dei deputati, ma ciò nonostante, qualche giorno fa, si è proceduto ad affidare questa funzione di controllo a un vicesegretario generale, appunto per evitare polemiche di questo tipo. Tuttavia, a me pare che la trasparenza sia in qualche modo garantita da questa Camera.
Lo dico non perché io debba difendere nessuno, voglio difendere il Parlamento rispetto a una stampa che è spesso ingenerosa verso il lavoro che questo Parlamento ha fatto, non solo in questa legislatura, ma anche da qualche anno a questa parte. Da un po' di tempo l'approvazione del bilancio interno della Camera è diventato un appuntamento al quale gli organi di informazione e la pubblica opinione attribuiscono un significato che va al di là del semplice adempimento contabile. Nell'analisi dei commentatori il meticoloso esame delle singole voci del nostro bilancio ormai è diventato un tema ricorrente, abilmente impiegato per denunciare sprechi e privilegi, reali o presunti che siano, della cosiddetta casta. Questo interesse dei media, però, non lo valuto come un'insidiosa minaccia nei confronti del Parlamento, ma penso sia un'opportunità da parte nostra per dimostrare che la gestione amministrativa della Camera è in grado di sostenere, a fronte alta e senza timori, qualunque osservazione critica, anche la più severa.
Il controllo diffuso dell'opinione pubblica sulle spese di funzionamento delle istituzioni e anche il legittimo esercizio di critica da parte dei mezzi d'informazione costituiscono, d'altra parte, i capisaldi dei sistemi democratici, ancor più auspicabili e necessari nel delicato momento storico che stiamo attraversando, in cui, purtroppo, la sfiducia nei confronti della classe politica e del ceto dirigente è sempre più forte. Per restituire fiducia ai cittadini e anche per contrastare il dilagare di quell'antipolitica che è figlia di una insicurezza molto forte che vi è oggi nel panorama economico nazionale, occorre in primo luogo un forte senso di responsabilità e anche una grande trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche. Da questo punto di vista il progetto di bilancio che stiamo esaminando, predisposto dal Collegio dei Questori, che sono qui davanti a noi, è stato redatto per la prima volta secondo il cosiddetto regolamento di amministrazione e contabilità, che in qualche modo la collega Bernardini ha criticato, ma penso sia la prima volta che le procedure introdotte da questo regolamento forniscono risposte concrete, e si muovono secondo me nella giusta direzione.
La dettagliata relazione svolta prima dal Questore Colucci penso abbia illustrato l'eccezionale consistenza dei risparmi derivanti dalla decisione di ridurre la dotazione del 5 per cento per ciascun anno del triennio 2013-2015. Le economie così conseguite, che ammontano complessivamente - lo ha già detto il Questore Colucci - a 150 milioni di euro in tre anni, si aggiungono ai notevoli risparmi già prodotti dalla meritoria azione di contenimento delle spese avviata con la Presidenza Casini e portata a compimento con le successive Presidenze della Camera dei deputati. Il contributo fornito in questi anni - lo ha già detto il collega Barbieri prima - dal 2006 ad oggi, alla riduzione della spesa pubblica, ammonta a ben 540 milioni di euro di risparmi, che in qualche modo sono stati assicurati al bilancio dello Stato. Non sarà forse chissà che, ma è una cifra consistente, a meno che non si decida di abolire il Parlamento, ma questo appartiene ad un'altra categoria della politica, che è quella della dittatura, ma poiché ne siamo usciti tanti anni fa, vorrei evitare che si arrivasse a una cosa di questo tipo.
Quindi, credo che di fronte ad un taglio finanziario così cospicuo il Collegio dei Questori, al quale voglio rivolgere un ringraziamento non formale e non di circostanza, abbia avuto un compito veramente arduo, cioè raggiungere l'ambizioso obiettivo di assicurare la migliore funzionalità di questo ramo del Parlamento, soddisfacendo al contempo l'esigenza di fornire un contributo concreto al risanamento dei conti pubblici del Paese. Per questo dico che, alla luce dei contenuti del progetto di Pag. 65bilancio presentato, si possa rivendicare con legittima soddisfazione che questo obiettivo è stato conseguito.
Quindi, non voglio soffermarmi sui singoli interventi che hanno reso possibile questa operazione, e sui quali molto è già stato detto nel corso del dibattito da coloro che sono intervenuti prima di me. Volevo solamente limitarmi a sottolineare come questi abbiano interessato in modo equilibrato e sostenibile tutte le componenti di spesa, anche se non ci sono i centri di costo, come ha detto prima la collega Bernardini, con la riduzione dell'indennità parlamentare, dell'indennità d'ufficio e della diaria dei deputati e con la riforma del vitalizio. Vorrei dire all'onorevole Borghesi, che non c'è più...

ANTONIO BORGHESI. Ci sono!

RENZO LUSETTI. Non lo avevo visto, chiedo scusa all'onorevole Borghesi. Comunque, voglio dire che, piaccia o non piaccia, il vitalizio è stato abolito da questo Parlamento, in questa legislatura e sostituito, dal 1o gennaio, da un nuovo sistema previdenziale a base contributiva. Non è un risultato da poco, credo. E, ancora, cito la riduzione del contributo di funzionamento dei gruppi e della spesa per beni e servizi e una serie di interventi che in qualche modo hanno inciso sul personale in servizio e in quiescenza.
A questo riguardo, voglio esprimere un apprezzamento per il senso di responsabilità e per lo spirito costruttivo che i dipendenti della Camera e le loro organizzazioni sindacali hanno in qualche modo dimostrato, assicurando piena collaborazione nella definizione di misure di contenimento della spesa di rilevante impatto finanziario, dalla riforma del sistema previdenziale al contributo di perequazione sulle pensioni, dal prelievo del 5 e 10 per cento sulle retribuzioni più elevate al blocco dell'adeguamento automatico e del turnover, dal congelamento degli scatti alla recente proroga del contributo di solidarietà ben oltre la scadenza prevista dalla legge per la pubblica amministrazione.
Ancora una volta questi dipendenti, l'intera amministrazione e i suoi vertici, quindi a partire dal Segretario generale, si sono confermati - penso - una eccellente riserva di professionalità, dedizione e indipendenza che, con lealtà e senza clamore, rende quotidianamente un prezioso servizio alle istituzioni e al funzionamento della vita democratica del Paese.
Onorevoli colleghi, lo scorso anno in quest'Aula, in occasione dell'esame del bilancio 2011, avevamo constatato, non senza rammarico, la tendenza di una consistente parte della stampa a sminuire le ingenti economie conseguite ed a considerare un'operazione di pura facciata le significative riduzioni di spesa programmate, con ciò dimenticando che in questi anni la Camera - penso - ha fatto più di qualunque altra istituzione in termini di contenimento delle spese di funzionamento.
Lo dico all'onorevole Barbieri, che si lamentava della scarsa pubblicità rispetto alle scelte che il Parlamento ha fatto: è noto a tutti che il bene non fa notizia, quindi non lo fa nemmeno l'economia del Parlamento, però da alcuni ingenerosi articoli pubblicati nei giorni scorsi e anche questa mattina su qualche giornale che non so nemmeno se di destra o di sinistra - ormai non c'è più, come dice Monti, questa distinzione tra destra e sinistra - è facile prevedere che anche per questo esercizio 2012 - lo vedremo domani mattina - assisteremo ad un clamoroso disallineamento tra la realtà dei fatti e l'immagine mediatica fornita dai giornali, un disallineamento che ha diverse ragioni e, prima fra tutte - penso - la crisi di autorevolezza della politica, e qui andiamo in un campo diverso rispetto a quello di oggi, del bilancio, crisi di autorevolezza che induce il mondo dell'informazione a valutare con severità e crescente scetticismo tutte le iniziative assunte dal Parlamento.
È una crisi profonda, alla quale occorre rispondere con efficacia e con determinazione, quindi non basta sicuramente il bilancio della Camera virtuoso per poter affrontare questo scollamento da parte della popolazione, però penso che al più presto - lo dico per l'ennesima volta - Pag. 66dobbiamo ripristinare, soprattutto con una nuova legge elettorale, un corretto rapporto tra eletto ed elettore, sennò non riusciremo ad avere una sintonia con i nostri elettori e con la società civile.
Inoltre, dovremo in qualche modo aprire le istituzioni e i movimenti politici alle istanze provenienti dalla realtà sociale ed economica del Paese, restituendo sobrietà, prestigio e dignità alle istituzioni democratiche, così come abbiamo fatto sino ad oggi sostenendo lealmente il Governo Monti in questa sua azione di risanamento economico e finanziario del Paese.
È questa, credo, onorevoli colleghi, la strada maestra che dobbiamo continuare a percorrere con serietà e coerenza, senza rincorrere le pericolose fughe in avanti dell'antipolitica, senza cedere alla tentazione della facile demagogia e senza tradire la fiducia dei cittadini.
E questo è anche il modo migliore per far comprendere ai contribuenti che la quota delle loro tasse che viene destinata al funzionamento delle Camere non è una voce di costo come le altre, non è la semplice sommatoria contabile delle spese riportate nei diversi capitoli dei nostri bilanci interni, ma rappresenta un investimento necessario e prezioso, da cui dipende l'esistenza stessa del nostro sistema democratico. In poche parole, onorevoli colleghi, e concludo, la democrazia non è una nostalgia del passato, ma una prospettiva di speranza per il futuro (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta. Il seguito del dibattito, a partire dalla replica dei deputati Questori, avrà luogo nella seduta di domani, 2 ottobre, a partire dalle ore 16.

Proposta di trasferimento a Commissioni in sede legislativa di proposte di legge (ore 17,37).

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, delle seguenti proposte di legge, delle quali le sotto indicate Commissioni permanenti, cui erano state assegnate in sede referente, hanno chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:
alla I Commissione (Affari costituzionali): S. 306-346. - Senatori Bianconi e Carrara; Senatori Di Giovan Paolo e altri: «Disposizioni per la ricerca delle persone scomparse» (Approvata, in un testo unificato, dalla I Commissione permanente del Senato) (4568) (La Commissione ha elaborato un nuovo testo). A tale proposta di legge sono abbinate le proposte di legge Villecco Calipari ed altri: «Disposizioni per favorire la ricerca delle persone scomparse e istituzione del Fondo di solidarietà per i familiari delle persone scomparse» (705); Carlucci: «Disposizioni per favorire la ricerca delle persone scomparse e istituzione del Comitato per il coordinamento delle iniziative di ricerca delle persone scomparse» (3214); Carlucci: «Disposizioni per favorire la ricerca delle persone scomparse e istituzione del Fondo di solidarietà per i familiari delle persone scomparse» (3728); Galati: «Istituzione di una sala operativa nazionale interforze permanente per la ricerca delle persone scomparse» (4187);
alla VIII Commissione (Ambiente): Nicco: «Modifica all'articolo 80 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, concernente le sedi dell'ente 'Parco nazionale Gran Paradiso'» (4913). (La Commissione ha elaborato un nuovo testo). A tale proposta di legge è abbinata la proposta di legge Togni e Lanzarin: «Modifiche al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 5 agosto 1947, n. 871, concernenti la sede dell'ente 'Parco nazionale Gran Paradiso'» (4540); Brandolini ed altri: «Modifica all'articolo 15 della legge 23 marzo 2001, n. 93, concernente il Parco museo delle miniere di zolfo delle Marche e dell'Emilia Romagna» (4258); Vannucci e Brandolini: «Modifica all'articolo 15 della legge 23 marzo 2001, n. 93, concernente il Parco museo delle miniere di zolfo delle Marche Pag. 67e dell'Emilia-Romagna» (4467) (La Commissione ha elaborato un testo unificato).

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 2 ottobre 2012, alle 11,30:

1. - Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

(ore 16)

2. - Seguito della discussione congiunta dei documenti:
Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2011 (Doc. VIII, n. 9).
Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2012 (Doc. VIII, n. 10).

3. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge C. 4568 ed abbinate.

4. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa delle proposte di legge C. 4913 ed abbinata e delle proposte di legge C. 4258 e C. 4467.

5. - Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:
S. 3057 - D'iniziativa del CONSIGLIO REGIONALE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA: Modifica dell'articolo 13 dello Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Approvata, in prima deliberazione, dal Senato) (C. 5148).
e dell'abbinata proposta di legge costituzionale: d'iniziativa del CONSIGLIO REGIONALE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA (C. 4834).
- Relatore: Distaso.

6. - Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:
S. 2923-2991 - D'iniziativa dei senatori: SANNA ed altri; d'iniziativa del CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA: Modifica degli articoli 15 e 16 dello Statuto speciale per la Sardegna, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di composizione ed elezione del Consiglio regionale (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato) (C. 5149).
e delle abbinate proposte di legge costituzionale: PALOMBA; d'iniziativa del CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA (C. 4664-4711).
- Relatore: Distaso.

7. - Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:
S. 3073 - D'iniziativa dell'ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA: Modifiche all'articolo 3 dello Statuto della Regione siciliana, in materia di riduzione dei deputati dell'Assemblea regionale siciliana. Disposizioni transitorie (Approvata, in prima deliberazione, dal Senato) (C. 5150).
e dell'abbinata proposta di legge costituzionale: d'iniziativa dell'ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA (C. 4856).
- Relatore: Distaso.

8. - Seguito della discussione delle mozioni Bersani, Cicchitto, Casini, Misiti, Angela Napoli, Nucara, Moffa, Belcastro e Mosella n. 1-01118 e Di Pietro ed altri n. 1-01129 concernenti iniziative a favore della Calabria.

Pag. 68

9. - Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 601-711-1171-1198 - D'iniziativa dei senatori: GIULIANO; CASSON ed altri; BIANCHI ed altri; MUGNAI: Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (C. 3900-A).
e delle abbinate proposte di legge: CONTENTO; PECORELLA; CAVALLARO; CAPANO ed altri; BARBIERI; MANTINI ed altri; FRASSINETTI ed altri; CASSINELLI ed altri; MONAI; RAZZI ed altri; CAVALLARO ed altri (C. 420-1004-1447-1494-1545-1837-2246-2419-2512-4505-4614).
- Relatore: Cassinelli.

10. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
CODURELLI ed altri; CAZZOLA ed altri: Disciplina del rapporto di lavoro tra i membri del Parlamento e i loro collaboratori (C. 2438-5382-A).
- Relatore: Moffa.

11. - Seguito della discussione del disegno di legge e del documento:
Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2012 (C. 4925-A).
- Relatore: Gozi.

Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2011 (Doc. LXXXVII, n. 5).
- Relatore: Fucci.

PROPOSTE DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

alla I Commissione (Affari costituzionali):
S. 306-346. - Senatori BIANCONI e CARRARA; Senatori DI GIOVAN PAOLO e altri: «Disposizioni per la ricerca delle persone scomparse» (approvata, in un testo unificato, dalla 1a Commissione permanente del Senato) (C. 4568). (La Commissione ha elaborato un nuovo testo). A tale proposta di legge sono abbinate le proposte di legge VILLECCO CALIPARI ed altri: «Disposizioni per favorire la ricerca delle persone scomparse e istituzione del Fondo di solidarietà per i familiari delle persone scomparse» (C. 705); CARLUCCI: «Disposizioni per favorire la ricerca delle persone scomparse e istituzione del Comitato per il coordinamento delle iniziative di ricerca delle persone scomparse» (C. 3214); CARLUCCI: «Disposizioni per favorire la ricerca delle persone scomparse e istituzione del Fondo di solidarietà per i familiari delle persone scomparse» (C. 3728); GALATI: «Istituzione di una sala operativa nazionale interforze permanente per la ricerca delle persone scomparse» (4187);

alla VIII Commissione (Ambiente):
NICCO: «Modifica all'articolo 80 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, concernente le sedi dell'ente "Parco nazionale Gran Paradiso"» (C. 4913). (La Commissione ha elaborato un nuovo testo). A tale proposta di legge è abbinata la proposta di legge TOGNI e LANZARIN: «Modifiche al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 5 agosto 1947, n. 871, concernenti la sede dell'ente "Parco nazionale Gran Paradiso» (C. 4540);
BRANDOLINI ed altri: «Modifica all'articolo 15 della legge 23 marzo 2001, n. 93, concernente il Parco museo delle miniere di zolfo delle Marche e dell'Emilia Romagna» (C. 4258);
VANNUCCI e BRANDOLINI: «Modifica all'articolo 15 della legge 23 marzo 2001, n. 93, concernente il Parco museo delle miniere di zolfo delle Marche e dell'Emilia-Romagna» (C. 4467).

(La Commissione ha elaborato un testo unificato).

La seduta termina alle 17,40.

Pag. 69

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO SANDRO GOZI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 4925-A

SANDRO GOZI, Relatore sul disegno di legge n. 4925-A. Signor Presidente, l'Assemblea avvia nella seduta odierna l'esame in prima lettura del disegno di legge comunitaria 2012.
In via preliminare, mi preme sottolineare con soddisfazione che, nonostante i ritardi registrati nell'esame del disegno di legge comunitaria 2010 prima e del disegno di legge comunitaria 2011 poi, il Governo abbia provveduto a presentare il disegno di legge comunitaria 2012 il 1o febbraio di quest'anno, nel rispetto dei tempi previsti dalla legge n. 11 del 2005. Il travagliato iter dei precedenti disegni di legge comunitaria - come è noto quella relativa al 2011 è tuttora all'esame del Senato (A.S. 3129) - conferma altresì l'urgenza di una riforma delle procedure di esame della legge comunitaria stessa.
Su questo punto tornerò più estesamente nella parte conclusiva della mia relazione.
La Commissione XIV (Politiche dell'Unione europea) ha iniziato l'esame del disegno di legge comunitaria 2012, congiuntamente alla Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2011, il 4 aprile 2012. Il provvedimento è stato poi esaminato per le parti di propria competenza da tutte le Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 126-ter del Regolamento. L'esame in sede referente si è quindi concluso il 6 giugno 2012 con l'approvazione di alcune modifiche al testo (in particolare sono stati approvati 5 emendamenti). A seguito di tali modifiche il disegno di legge all'esame dell'Assemblea consta ora di 9 articoli, nonché degli allegati A e B, che elencano le direttive da recepire mediante decreti legislativi (recanti rispettivamente 1 e 7 direttive).
Nel ddl presentato inizialmente dal Governo era già previsto il recepimento di alcune direttive di particolare rilievo: la direttiva 2011/24/CE, che disciplina i diritti dei pazienti riguardo all'assistenza sanitaria transfrontaliera e il rimborso delle spese sostenute, al fine di garantire la libertà di scelta del paziente sul prestatore di assistenza sanitaria in Europa, sia per l'assistenza di base che per le cure ospedaliere; la direttiva 2011/70/Euratom, la quale stabilisce un quadro comunitario al fine di garantire una gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. La direttiva prevede l'adozione di adeguati provvedimenti in ambito nazionale volti a garantire un elevato livello di sicurezza, al fine di proteggere i lavoratori e la popolazione dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. Prevede altresì la trasmissione delle informazioni necessarie e la partecipazione della popolazione interessata, con particolare attenzione alle questioni concernenti le informazioni proprietarie e di sicurezza; la direttiva 2011/77/UE, che estende da 50 a 70 anni la durata della protezione delle composizioni musicali con testo, a partire dalla morte dell'ultima persona sopravvissuta fra l'autore del testo ovvero il compositore. Conseguentemente la direttiva estende a 70 anni la tutela dei diritti connessi all'esecuzione del fonogramma, vale a dire i diritti degli artisti, interpreti ed esecutori dello stesso, a partire dalla data della prima pubblicazione o, se anteriore, da quella della prima comunicazione al pubblico; la direttiva 2011/83/UE, la quale è volta a stabilire norme standard per gli aspetti comuni dei contratti a distanza e dei contratti negoziati fuori dai locali commerciali, distanziandosi dall'approccio di armonizzazione minima di cui alle precedenti direttive e consentendo, al contempo, agli Stati membri di mantenere o adottare norme nazionali relative a taluni aspetti; la direttiva 2011/89/UE che modifica alcune direttive comunitarie relativamente alla vigilanza supplementare sulle imprese finanziarie appartenenti a un conglomerato finanziario. Pag. 70
Come ho anticipato all'inizio della relazione, nel corso dell'esame la Commissione ha proceduto all'approvazione di alcune modifiche.
Una prima importante modificata attiene ai principi e criteri direttivi di carattere generale per l'esercizio della delega, tra i quali è stato introdotto - recependo un emendamento da me presentato - il principio di cui all'articolo 2, lett. i). Tale principio interviene in ordine alla better regulation o qualità della regolazione al fine di evitare la possibilità per il legislatore delegato di introdurre, in sede di recepimento, eventuali «regole aggiuntive» (il c.d. gold plating). In particolare, in coerenza con quanto già previsto dall'articolo 14 della legge di stabilità per il 2012 (L. 246/2005), si prescrive che i decreti legislativi emanati in attuazione delle direttive dell'Unione europea di cui al disegno di legge in esame non devono contenere disposizioni recanti livelli di regolazione più restrittivi rispetto a quelli richiesti dalle direttive, consentendo deroghe, adeguatamente motivate, esclusivamente nel caso in cui tali disposizioni risultino indispensabili per la tutela di interessi pubblici o per la regolamentazione di specifici settori in conformità ai Trattati europei.
Abbiamo in questo modo recepito in via generale le istanze più volte avanzate dai rappresentanti del settore produttivo italiano, eliminando alla radice il rischio che i nostri operatori economici siano assoggettati ad oneri più stringenti rispetto a quelli previsti per i loro concorrenti in altri Stati membri.
Si tratta di un contributo non trascurabile al rilancio della competitività e quindi della crescita e dell'occupazione nel nostro Paese, in risposta alla crisi.
Una seconda modifica di particolare rilievo è costituita dal nuovo articolo, l'articolo 5, che introduce disposizioni in materia di informazione e consultazione delle Camere, da parte del Governo, su atti normativi, accordi e decisioni in materia economica e finanziaria.
In particolare, si stabilisce l'obbligo del Governo: di informare tempestivamente le Camere di ogni iniziativa volta all'adozione di atti normativi o alla conclusione di accordi o intese in materia economica e finanziaria tra gli Stati membri dell'Unione europea o tra quelli che hanno aderito alla moneta unica; di acquisire il preventivo parere delle competenti commissioni parlamentari qualora intenda votare a favore dei suddetti progetti normativi o aderire ad accordi o intese in materia economica e finanziaria che prevedano l'introduzione o il rafforzamento di vincoli di finanza pubblica e di politica economica ovvero la partecipazione a meccanismi di stabilizzazione che comportino l'erogazione di prestiti o la prestazione di garanzie. Il parere delle competenti commissioni parlamentari è espresso entro 10 giorni dalla trasmissione da parte del Governo di un progetto di decisione o di accordo. In casi di particolare e motivata urgenza il termine è ridotto a 3 giorni; di assicurare che la posizione rappresentata dall'Italia nella fase di negoziazione degli atti, accordi o intese sopra richiamati sia coerente con i pareri parlamentari. Nel caso in cui il Governo non abbia potuto conformarsi ai medesimi pareri il Presidente del Consiglio dei ministri ovvero il Ministro per gli affari europei riferisce tempestivamente alle Camere, fornendo le appropriate motivazioni della posizione assunta. Tale previsione ribadisce il principio generale di cui all'articolo 5-bis della legge n. 11 del 2005.
Abbiamo precisato che le disposizioni di cui all'articolo in esame si applicano anche nel caso di accordi o intese conclusi al di fuori del Trattato sull'Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea nonché in caso di modifica di precedenti accordi o decisioni.
In sostanza gli obblighi di informazione e consultazione si applicano anche agli accordi - come il Fiscal compact, il Trattato ESM o il Patto Europlus - stipulati tra alcuni degli Stati membri al di fuori del quadro istituzionale e delle procedure previste dai Trattati.
Con il nuovo articolo 5 abbiamo quindi inteso, alla luce dell'esperienza di altri Parlamenti nazionali, rafforzare e valorizzare Pag. 71il ruolo del Parlamento nei processi decisionali in materia economica e finanziaria, Al tempo stesso, abbiamo ritenuto opportuno non perseguire il modello «massimalista» previsto dagli ordinamenti tedesco e finlandese in cui il Governo, per aderire a qualsiasi decisione a livello europeo, deve ottenere la preventiva approvazione delle Camere.
Questi ordinamenti attribuiscono ad un singolo Parlamento nazionale una sorta di veto rispetto non solo all'azione del proprio Governo ma, in via più generale, all'operatività di importanti accordi, vitali per la sopravvivenza e l'evoluzione dell'area euro e dell'UE nel suo complesso.
Si tratta di uno strumento pericoloso che finisce per legare le sorti del processo di integrazione a dinamiche di politica interna di un singolo Paese.
La soluzione prospettata dall'articolo 5 del provvedimento in esame si ispira invece al principio «comply or explain»: il Governo deve acquisire il parere parlamentare ma può discostarsene, se l'andamento del negoziato o l'urgenza delle misure da assumere lo impone, dandone una circostanziata motivazione alle Camere.
Credo che si tratti di una soluzione equilibrata che rispetta le prerogative del Parlamento senza mettere tuttavia a repentaglio il funzionamento dell'Unione e la sua evoluzione.
La Commissione ha inoltre introdotto modifiche volte a specificare con maggior dettaglio i princìpi e criteri direttivi per il recepimento di direttive già previste nel disegno di legge originariamente presentato dal Governo. In particolare è stato modificato l'articolo 7 (corrispondente all'articolo 6 del testo originario) relativo al recepimento della direttiva 2011/51/UE. Tale direttiva estende il diritto all'ottenimento del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ai titolari di protezione internazionale, adeguando la disciplina del permesso di soggiorno UE alla nuova normativa comunitaria in materia di asilo. Le modifiche introdotte aggiungono due ulteriori princìpi direttivi per il recepimento, riguardanti l'individuazione del termine temporale iniziale per il calcolo del periodo di cinque anni di soggiorno regolare ed ininterrotto UE e i requisiti di reddito necessari ai fini dell'ottenimento del permesso di soggiorno UE di lungo periodo.
Di particolare rilievo è infine l'introduzione nel testo di un nuovo articolo, l'articolo 8 nel testo in esame, che reca uno specifico criterio direttivo di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/85/UE, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri. L'introduzione di questo articolo risponde all'esigenza formulata dalla Commissione Bilancio di coordinare l'attuazione del Capo IV della direttiva - che contiene norme in materia di regole di bilancio numeriche valevoli per tutti gli Stati membri - con le disposizioni previste nel nuovo testo dell'articolo 81 della Costituzione. Il sesto comma dell'articolo 81, infatti, demanda ad un'apposita legge, che dovrà essere approvata entro il termine del 28 febbraio 2013, la definizione del contenuto della legge di bilancio e dei criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese e la sostenibilità del debito. A questa legge è demandata inoltre l'istituzione presso le Camere di un organismo indipendente al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell'osservanza delle regole di bilancio. È evidente quindi l'importanza di assicurare nell'attuazione di questa direttiva un efficace coordinamento con le nuove disposizioni di rango costituzionale in materia di controllo sulle regole di bilancio.
In conclusione, voglio svolgere qualche breve considerazione di carattere metodologico sullo strumento della legge comunitaria e sulla sua adeguatezza ad assicurare il pieno e tempestivo adempimento degli obblighi europei.
Dalla introduzione di tale legge si è riusciti in due soli casi ad assicurarne l'adozione entro l'anno di riferimento. Le ragioni sono note.
In primo luogo, il ddl comunitaria, nella disciplina attuale dell'articolo 9 della legge n.11 del 2005, si presta alla presentazione Pag. 72di emendamenti che, pur connessi all'adempimento di specifici obblighi europei, prospettano riforme di sistema o interventi ad ampio raggio su materie complesse e delicate che richiederebbero appositi provvedimenti settoriali. Ne risulta rallentato l'iter del provvedimento mettendo soprattutto a rischio il recepimento delle direttive.
In secondo luogo, mancano nei regolamenti parlamentari tempi certi e vincolanti per la conclusione dell'esame in ciascuna Camera.
Al fine di rimuovere questi ostacoli, abbiamo prospettato un profondo riassetto degli strumenti di attuazione degli obblighi europei nell'ambito del testo di riforma della legge n.11 del 2005 (A.C. 2854 ed abbinate), approvato all'unanimità dalla Camera nella seduta del 23 marzo 2011 e attualmente all'ordine del giorno dell'Assemblea del Senato (S. 2646).
Il progetto prevede infatti la scissione dell'attuale legge comunitaria in due distinti strumenti: la legge di delegazione europea (limitata al conferimento di delega al Governo per il recepimento di direttive e ovvero per l'attuazione, ove necessario, di altri atti giuridici) e la legge europea (intesa all'attuazione di sentenze della Corte di giustizia, procedure di infrazione ed altre tipologie di obblighi per i quali non è utilizzabile il ricorso alla delega legislativa).
Questa soluzione risponde all'esigenza pragmatica di rendere più spedito, a fronte della difficoltà di modificare i regolamenti parlamentari, l'esame dei provvedimenti relativi all'attuazione degli obblighi europei nel nostro ordinamento, assicurandone in particolare il tempestivo recepimento delle direttive che saranno recepite mediante la legge di delegazione.
Ritengo tuttavia evidente che senza una modifica dei regolamenti parlamentari non viene meno il rischio che anche la legge europea e la legge di delegazione europea possano rimanere ostaggio di questioni che nulla hanno a che fare con l'ordinamento dell'UE.
Auspico pertanto che nella prossima legislatura sia considerata prioritaria l'introduzione di una vera e propria sessione comunitaria sul modello di quella di bilancio, con termini certi e perentori.