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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 686 di lunedì 17 settembre 2012

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 14.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 10 settembre 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Dozzo, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Iannaccone, Leone, Melchiorre, Migliavacca, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Pisacane, Pisicchio, Stefani e Valducci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente trentatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione del Comitato per la legislazione (ore 14,02).

PRESIDENTE. Comunico che, a norma dell'articolo 16-bis, comma 1, del Regolamento, il Presidente della Camera ha chiamato a far parte del Comitato per la legislazione l'onorevole Roberto Cassinelli, in sostituzione dell'onorevole Vincenzo Gibiino, dimissionario.

Discussione congiunta dei disegni di legge: Rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2011; Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2012. (A.C. 5324 e 5325-A) (ore 14,04).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge: Rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2011; Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2012.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 5324 e 5325-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Il relatore, onorevole Calvisi, ha facoltà di svolgere la relazione.

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GIULIO CALVISI, Relatore. Signor Presidente, ho presentato un testo contenente la relazione scritta e quindi rinvio i colleghi al testo presentato; in questo mio intervento, che non deve eccedere i 20 minuti, cercherò di fare una sintesi quanto più possibile fedele.

PRESIDENTE. Quindici minuti, onorevole Calvisi.

GIULIO CALVISI, Relatore. Bene, signor Presidente, se i minuti sono 15 allora già le chiedo il permesso di allegare il testo scritto in calce al resoconto. La relazione esamina congiuntamente i testi dei disegni di legge di rendiconto per il 2011 e di assestamento per il 2012. Sul rendiconto 2011, come Commissione Bilancio, che ha operato in sede referente, abbiamo svolto una specifica indagine conoscitiva nella quale abbiamo ascoltato il Presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, l'ispettore generale capo dell'ispettorato generale del bilancio, Biagio Mazzotta, e i responsabili dei nuclei di valutazione della spesa istituiti presso i singoli ministeri.
La presentazione del rendiconto, da un punto di vista formale e procedurale, rappresenta il momento in cui far valere la responsabilità del Governo dinanzi al Parlamento per quanto riguarda la gestione del bilancio dello Stato. È, naturalmente, però un passaggio politico decisivo e cruciale, non solo un passaggio contabile da parte del Parlamento, considerando che la mancata approvazione del rendiconto costituisce impedimento per l'apertura della sessione di bilancio dell'anno successivo. Senza l'approvazione del rendiconto infatti non si può approvare il bilancio di assestamento dell'anno in corso, non si può approvare la legge di stabilità e il bilancio di previsione per il 2012. Tutti ricordiamo che la mancata approvazione del rendiconto 2010 in un'altra stagione politica ha determinato rilevanti conseguenze politiche e istituzionali con l'apertura di una nuova fase politica che portò poi alla nascita del Governo attualmente in carica. In questo momento, pertanto, l'approvazione del rendiconto costituisce un atto dovuto nell'interesse del Paese.
Dico questo perché il fatto che, oggi, chi svolge il ruolo di relatore del rendiconto e chiede al Parlamento di votare favorevolmente un documento contabile che esprime per intero la politica economica e di gestione della finanza pubblica di una maggioranza e di un Governo che non ha sostenuto e, anzi, ha osteggiato con forza, non deve trarre in equivoco. La votazione del rendiconto per chi, come me, un anno fa si trovava all'opposizione non può essere considerata come un'adesione a quella politica, magari in ritardo, ma come un atto obbligato di responsabilità nell'interesse del Paese. Per esprimere il proprio consenso le forze che oggi sono in maggioranza e che lo erano anche un anno fa hanno, quindi, una duplice motivazione: da una parte riconoscersi in una politica di gestione della finanza pubblica di un Governo che hanno sostenuto e poi è anche un atto di responsabilità verso il Paese.
Quindi, faccio questa premessa, signor Presidente, per dire che è giusto attendersi un'ampia maggioranza parlamentare a sostegno di questo provvedimento. Fatta questa premessa politica, dirò alcune cose sul contenuto. La prima da dire è che con questo Rendiconto dell'esercizio 2011, per la prima volta, si attuano per intero le disposizioni introdotte dalla nuova legge di contabilità del 2009. Il Rendiconto viene articolato alla stregua del bilancio, per missioni e per programmi, ed esso è composto dal conto del bilancio, che espone l'entità effettiva delle entrate e delle uscite previste dal Bilancio dello Stato dell'anno precedente e dal conto del patrimonio, che espone le variazioni intervenute nelle attività e nelle passività che costituiscono il patrimonio dello Stato. Quindi, il rendiconto relativo all'esercizio 2011 è il primo a individuare 173 programmi, in cui si articolano le 34 missioni. I programmi costituiscono il Bilancio dello Stato e le unità di voto, cioè le grandezze attorno alle quali si dovrebbe esprimere il voto del Parlamento. Inoltre, in questo Rendiconto, per ciascun programma, vengono esposti i risultati relativi alla gestione di competenza, alla gestione di cassa e ai residui. Al Pag. 3Rendiconto, poi, è allegata, per la prima volta, una Nota integrativa per ciascuna amministrazione - articolata anch'essa per missioni e programmi -, che illustra sostanzialmente i risultati conseguiti con la gestione, in riferimento agli obiettivi fissati con le previsioni di bilancio, le risorse finanziarie impiegate, l'individuazione dei residui e gli indicatori che ne misurano il grado di raggiungimento. Una terza novità - anche se l'anno scorso fu presentato in via sperimentale - è data dal cosiddetto eco-Rendiconto, cioè una relazione illustrativa delle risorse impiegate per finalità di protezione dell'ambiente e di uso della gestione delle risorse naturali da parte delle amministrazioni centrali. Un'altra novità è rappresentata dalla presentazione del Rendiconto economico al fine di integrare la lettura dei dati finanziari con le informazioni economiche fornite dai referenti dei centri di costo delle amministrazioni centrali. Per i numeri rinvio sempre alla relazione scritta, per brevità di esposizione, qui cercherò di richiamare le novità più importanti. Per quanto riguarda i risultati complessivi dell'esercizio finanziario 2011 in termini di competenza le entrate sono pari a 750 miliardi 164 milioni di euro e gli impegni di spesa a 706 miliardi 957 milioni di euro (si tratta della gestione di competenza), e quindi possiamo registrare un avanzo, fra il totale di tutte le entrate accertate e tutte le spese impegnate, di 43 miliardi e 207 milioni di euro. La situazione del patrimonio, invece, è rappresentata da attivi per 820 miliardi di euro e passività per 2.343 miliardi. Riguardo al patrimonio, mi limito a ricordare che la legge finanziaria del 2010 aveva previsto un censimento di tutti gli immobili utilizzati dalle amministrazioni statali ai fini di una loro migliore utilizzazione. In merito vi sono dei dati disponibili nel sito del Ministero dell'economia e delle finanze dai quali risulta che, al 31 marzo 2011, erano pervenute al riguardo comunicazioni da parte del 53 per cento delle amministrazioni pubbliche ed erano state censite 530 mila unità immobiliari e circa 760 mila terreni, con un valore di mercato pari a 239-319 miliardi di euro. Ritengo, naturalmente come tutti i colleghi, di tutte le parti politiche, che tale censimento debba essere, quanto prima, completato, anche ai fini delle prospettive di valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, con la finalità di riduzione del debito pubblico, ma anche per politiche destinate alla crescita e all'occupazione. In merito ai saldi: in termini di competenza, ma non in termini di cassa, i saldi di bilancio del Rendiconto 2011 hanno registrato a consuntivo valori migliori delle previsioni. Il saldo netto da finanziare, al lordo delle regolazioni debitorie e contabili, risulta di valore positivo, pari a 920 milioni di euro, con un miglioramento di 22 miliardi di euro rispetto al saldo negativo del 2010. Anche il saldo corrente, il cosiddetto risparmio pubblico, risulta di valore positivo ed evidenzia un miglioramento rispetto all'anno precedente, risultando pari a 46 miliardi di euro. Il ricorso al mercato si è attestato sulla cifra negativa di meno 185 miliardi 215 milioni di euro, con un miglioramento, però, di 24,8 milioni di euro rispetto al 2010.
I numeri variano se prendiamo in considerazione le regolazioni debitorie e contabili, cioè se facciamo questo calcolo al netto delle regolazioni debitorie e contabili. Non richiamo tali dati perché li ho richiamati nella relazione scritta. Richiamo, però, i risultati di cassa, perché qui i saldi risultano tutti peggiorati.
Il saldo netto da finanziare è pari a 66 miliardi di euro, con un peggioramento di oltre 6 miliardi di euro. Il risparmio pubblico ha registrato un valore negativo di 22 miliardi di euro, con un peggioramento di quasi 12 miliardi di euro e l'importo del ricorso al mercato ammonta a 253 miliardi di euro, con un peggioramento di circa 3,8 miliardi di euro rispetto al 2010.
Cosa ci dicono questi saldi? Lo ha detto la Corte dei Conti, rapportando questi numeri ai dati della contabilità nazionale e raffrontando gli stessi con gli altri Paesi dell'Unione europea, numeri che già conosciamo perché hanno fatto parte della discussione Pag. 4parlamentare durante tutto l'anno in corso, ma che però è bene richiamare.
L'indebitamento delle pubbliche amministrazioni scende al 3,9 per cento, quindi ci avviciniamo a quel percorso che ci porterà al pareggio di bilancio nel 2013, mentre il saldo primario è tornato in avanzo per oltre 15 miliardi di euro, pari all'1 per cento del prodotto interno lordo. In entrambi i casi sono stati centrati gli obiettivi del DEF del 2011.
Va detto che tale miglioramento di queste grandezze che esprimono le politiche di finanza pubblica si inserisce in una generale tendenza che ha attraversato tutti gli Stati europei, in quanto nel 2011 tutti i principali Paesi dell'Unione europea hanno migliorato i saldi di bilancio, nella maggior parte dei casi anche con una intensità maggiore rispetto a quello che è avvenuto in Italia.
Nella media europea l'indebitamento in rapporto al PIL è infatti diminuito di 2 punti, mentre il confronto con il disavanzo italiano in termini percentuali è risultato superiore a quello tedesco, ma inferiore a quello di Francia, Spagna e alla media europea. Insieme alla Germania poi, l'Italia ha registrato il valore più elevato di avanzo primario che, come sappiamo tutti, costituisce una grandezza importante per misurare il grado di possibilità che esprime un Paese nell'aggredire il proprio debito pubblico.
Il punto, a fronte di queste grandezze positive che abbiamo registrato su questi parametri che richiamavo prima, è che il debito è continuato a crescere: dal 118,6 per cento del 2010 siamo passati al 120 per cento nel 2011. Naturalmente, in questo aumento bisogna considerare anche il sostegno finanziario che il nostro Paese ha erogato a Paesi in difficoltà dell'area dell'euro (penso alla Grecia).
Però c'è un dato politico fondamentale che dobbiamo saper leggere dietro queste grandezze e cioè che la politica - che è un tema anche di oggi - di riduzione della spesa pubblica e di un aumento della pressione fiscale, se può momentaneamente correggere alcune grandezze della finanza pubblica, provoca - senza politiche di sostegno alla crescita e come ormai sappiamo - recessione e decrescita. Il PIL, quindi, non cresce e di conseguenza anche il debito non decresce, ma anzi tende ad aumentare. Quindi, questa è la sintesi che possiamo fare di questo rendiconto e in parte anche del provvedimento di assestamento.
Da un punto di vista descrittivo è importante sapere a quali politiche e a quali scelte di finanza pubblica bisogna attribuire questi numeri. Secondo la Corte l'effetto complessivo della manovra del 2011 è solo in piccola parte (hanno fatto anche una quantificazione: il 18 per cento) riconducibile ai provvedimenti varati nel corso dell'anno. Si pensi alle manovre correttive di luglio e di agosto dello scorso anno con lo spread sopra i 500 punti.
Ricordo anche che nella manovra di assestamento dello scorso anno non furono conteggiati gli effetti della manovra di luglio, quindi parliamo di provvedimenti quasi interamente attribuibili alle scelte di politica di finanza pubblica riferite al 2008 e al 2010. Per la Corte dei conti per il 2008 parliamo di una percentuale di incidenza del 36 per cento e per il 2010 dell'oltre il 41 per cento.
Due considerazioni sulle entrate e sulle spese (nella relazione scritta troverete particolari sicuramente più analitici). Vi è un calo degli accertamenti di entrata, quindi ci dovremmo preoccupare.
In verità non ci dobbiamo preoccupare perché tale calo è dovuto, in pratica, soprattutto al calo della cessione dei prestiti più che ad una caduta delle entrate finali, entrate tributarie ed extra tributarie. Tant'è vero che, invece, le entrate tributarie ed extra tributarie hanno registrato un aumento, che però, per la Corte dei conti, è dovuto per circa due terzi all'incremento delle entrate tributarie e per circa un terzo a quello delle entrate extra tributarie. Inoltre, per la Corte dei conti vi è una sovrastima delle entrate tributarie e, in pratica, i nostri accertamenti non corrispondono agli incassi.

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PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Calvisi.

GIULIO CALVISI, Relatore. Le spese finali, invece, registrano una riduzione di quasi otto miliardi di euro. Tuttavia, analizzando nel dettaglio le spese, e quindi la loro riduzione, notiamo che c'è una forte contrazione della spesa in conto capitale (meno 7,2 per cento) a fronte di una minima riduzione della spesa in conto corrente. Inoltre, pesano su questa diminuzione della spesa i mancati trasferimenti, il taglio dei trasferimenti agli enti territoriali, alle famiglie e alle istituzioni sociali (meno 4 miliardi e mezzo di euro), mentre si registra un aumento delle spese per consumi intermedi (più 11 per cento) rispetto al 2010, confermando da più parti tutte le perplessità sui tagli lineari.
La spesa per interessi passivi è stata in crescita, è stata pari a 73 miliardi e 748 milioni di euro. Riguardo alla spesa in conto capitale, la Corte ha osservato come la caduta accumulata nei pagamenti, negli anni 2010 e 2011, sia vicino al 40 per cento. Prossima al 45 per cento è, inoltre, la diminuzione dei trasferimenti in conto capitale alle imprese, mentre i trasferimenti agli enti locali pubblici, quindi agli enti pubblici, essenzialmente agli enti locali, risultano ridotti di circa il 28 per cento nel corso del biennio.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Calvisi.

GIULIO CALVISI, Relatore. Devo concludere, signor Presidente? Allora chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Calvisi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà per due minuti.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, dato il tempo a disposizione, le chiedo l'autorizzazione di poter allegare agli atti il mio intervento scritto.

PRESIDENTE. Assolutamente sì, onorevole Cambursano.

Testo sostituito con errata corrige volante RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, il tasso di democraticità di un Paese si misura anche in relazione al grado di trasparenza dei conti, in modo tale che il Parlamento, le assemblee elettive e, in ultima analisi, i cittadini siano messi in grado di conoscere l'operato degli Esecutivi. Ne deriva, quindi, la centralità della funzione del giudizio sul Rendiconto generale dello Stato. Tuttavia non mi pare che questa centralità sia pienamente avvertita, intanto incominciando da quest'Aula, vedendo anche la scarsa partecipazione.
Lo dico subito, Presidente, mi asterrò sul voto relativo al Rendiconto perché esso non risponde appieno ai due requisiti richiesti di trasparenza e di capacità del Governo, che l'ha gestito per undici dodicesimi, a gestire le risorse finanziarie che gli sono state nel tempo affidate. I risultati quantitativi sono possenti, ma non basteranno se, da un lato, non si ha chiaro quale debba essere l'arco temporale di riferimento entro il quale inquadrare il giudizio sul controllo della spesa, ma anche se non si interviene per eliminare la polvere nascosta sotto il tappeto, cioè se non si interviene per eliminare le persistenti zone grigie, come le ha definite la Corte dei conti, ma soprattutto se non si interviene puntualmente sulla qualità dell'azione amministrativa per migliorare la capacità di gestire vecchi e nuovi problemi.
Ecco perché, Presidente, io credo che sia assolutamente indispensabile procedere alla riorganizzazione profonda e a un ripensamento complessivo degli stessi confini dell'intervento pubblico. Nel breve si è intervenuto sulla quantità con successo, ma anche al costo di effetti distorsivi e di rischio di avvio di un circolo vizioso per quanto riguarda la crescita. A proposito Pag. 6della crescita - e concludo, signor Presidente - voglio citare un articolo già apparso su un quotidiano, che riferisce di uno studio fatto da Intesa Sanpaolo, con il quale viene detto che dei sei punti percentuali di riduzione del prodotto interno lordo, almeno due punti percentuali sono da attribuire a provvedimenti decisi dal Governo precedente.
Al contrario, «soltanto» lo 0,5-0,6 per cento sono da attribuire ai provvedimenti di questo Governo. Possiamo facilmente immaginare cosa sarebbe l'Italia oggi se non avessimo provveduto a fare quelle scelte diverse. Se non avessimo approvato il fiscal compact non ci troveremmo nelle condizioni di poter dire: «Bravo Draghi», ma anche: «Grazie Governo Monti» (Applausi del deputato Duilio).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, il tasso di democraticità di un Paese si misura anche in relazione al grado di trasparenza dei conti, in modo tale che il Parlamento, le assemblee elettive e, in ultima analisi, i cittadini siano messi in grado di conoscere l'operato degli Esecutivi. Ne deriva, quindi, la centralità della funzione del giudizio sul Rendiconto generale dello Stato. Tuttavia non mi pare che questa centralità sia pienamente avvertita, intanto incominciando da quest'Aula, vedendo anche la scarsa partecipazione.
Lo dico subito, Presidente, mi asterrò sul voto relativo al Rendiconto perché esso non risponde appieno ai due requisiti richiesti di trasparenza e di capacità del Governo, che l'ha gestito per undici dodicesimi, a gestire le risorse finanziarie che gli sono state nel tempo affidate. I risultati quantitativi sono possenti, ma non basteranno se, da un lato, non si ha chiaro quale debba essere l'arco temporale di riferimento entro il quale inquadrare il giudizio sul controllo della spesa, ma anche se non si interviene per eliminare la polvere nascosta sotto il tappeto, cioè se non si interviene per eliminare le persistenti zone grigie, come le ha definite la Corte dei conti, ma soprattutto se non si interviene puntualmente sulla qualità dell'azione amministrativa per migliorare la capacità di gestire vecchi e nuovi problemi.
Ecco perché, Presidente, io credo che sia assolutamente indispensabile procedere alla riorganizzazione profonda e a un ripensamento complessivo degli stessi confini dell'intervento pubblico. Nel breve si è intervenuto sulla quantità con successo, ma anche al costo di effetti distorsivi e di rischio di avvio di un circolo vizioso per quanto riguarda la crescita. A proposito Pag. 6della crescita - e concludo, signor Presidente - voglio citare un articolo già apparso su un quotidiano, che riferisce di uno studio fatto da Intesa Sanpaolo, con il quale viene detto che dei 2,6 punti percentuali di riduzione del prodotto interno lordo, almeno due punti percentuali sono da attribuire a provvedimenti decisi dal Governo precedente.
Al contrario, «soltanto» lo 0,5-0,6 per cento sono da attribuire ai provvedimenti di questo Governo. Possiamo facilmente immaginare cosa sarebbe l'Italia oggi se non avessimo provveduto a fare quelle scelte diverse. Se non avessimo approvato il fiscal compact non ci troveremmo nelle condizioni di poter dire: «Bravo Draghi», ma anche: «Grazie Governo Monti» (Applausi del deputato Duilio).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Cambursano, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Marsilio. Ne ha facoltà.

MARCO MARSILIO. Signor Presidente, sarò estremamente sintetico. Il quadro che emerge dal rendiconto generale dell'esercizio 2011 conferma un percorso avviato sin dall'inizio della legislatura, che rivendichiamo pienamente, sull'abbattimento dei livelli della spesa pubblica e del disavanzo.
I risultati conseguiti fino ad oggi sono stati notevoli, ma non basteranno se non si interviene per eliminare le persistenti zone grigie di scarsa trasparenza dei conti pubblici che lasciano intravedere potenziali rischi di emersione di oneri latenti, ma soprattutto se non si interviene puntualmente sulla qualità dell'azione amministrativa per migliorare la capacità di gestire, giorno dopo giorno, la soluzione e la manutenzione dei problemi collettivi, vecchi e nuovi. Se si è riusciti a ridurre la quantità della spesa pubblica, è ora necessario concentrarsi sulle economia e sugli aumenti di produttività che si potranno ottenere migliorando la qualità ed eliminando tutte le zone franche, senza eccezioni, senza esclusioni, quale che sia ancora oggi la motivazione della loro presenza.
Ciò vale anche per il versante delle entrate. La pressione fiscale è elevata, troppo elevata. La massa di risorse acquisita con il prelievo tributario è massiccia, anche se ci sono segnali in alcuni settori in cui l'eccesso di pressione tributaria sta paradossalmente provocando delle contrazioni o delle entrate minori rispetto alle attese. Sul piano della lotta all'evasione e della riscossione coattiva è stato fatto molto, ma vanno consolidati i risultati dell'attività repressiva monitorando i comportamenti successivamente tenuti da parte di chi è stato sottoposto a controllo e vanno premiati e aiutati i comportamenti adesivi e virtuosi. Bisogna evitare l'esasperazione dei controlli formali e le trappole della minuta e vessatoria regolamentazione che vi sono associati.
È chiaro che l'azione di risanamento finanziario non solo costituisce una precondizione affinché l'Italia possa riprendere il cammino della crescita economica, ma è essa stessa fattore di crescita economica. Nel giudicare positivamente i dati del consuntivo relativi alla riduzione dell'indebitamento e all'avanzo primario, che ammonta a circa l'1 per cento del prodotto interno lordo, si rileva come a questi risultati abbia contribuito una forte riduzione della spesa per gli investimenti, specialmente di quella sostenuta dagli enti territoriali, mentre gli impegni relativi ai consumi intermedi si incrementano di circa l'11 per cento rispetto al 2010. Però una caduta degli investimenti ha effetti di lungo periodo sull'efficienza del sistema produttivo e, con essa, sulle prospettive di crescita dell'economia.
Questa sequenza ha trovato palese conferma nelle vicende più recenti che hanno caratterizzato l'economia e la finanza pubblica nazionali. Da ultimo, Bankitalia ha stimato che una riduzione di 200 punti base dello spread fra il rendimento dei nostri titoli e gli equivalenti titoli tedeschi Pag. 7determinerebbe - da qui all'anno prossimo e a parità di altre circostanze - un PIL più elevato di oltre un punto percentuale, che da solo sarebbe sufficiente a determinare entrate fiscali aggiuntive di importo pari a quelle attese dal previsto innalzamento di due punti dell'aliquota IVA ordinaria, risorse equivalenti a quelle necessarie per aumentare di circa un quarto la spesa per investimenti fissi delle amministrazioni pubbliche.
L'altra componente della spesa pubblica particolarmente rilevante ai fini della promozione della crescita economica è quella destinata alla formazione del capitale umano. Come sappiamo e come ci fa osservare l'OCSE ogni anno nei suoi rapporti sul tema, nel confronto internazionale l'alta formazione garantita nel nostro Paese è scadente. La posizione delle nostre università nelle graduatorie qualitative internazionali, pur con tutti i caveat che debbono essere tenuti presenti quando si guarda a questi confronti, è infatti tutt'altro che lusinghiera. Solo in parte è una questione di risorse. È, invece, principalmente una questione di meccanismi e di incentivi. Se c'è un settore della pubblica amministrazione nel quale l'introduzione di efficaci meccanismi di valutazione dell'impegno di ciascuno, dei risultati individuali e dei risultati delle singole unità organizzative è assolutamente urgente, questo è il settore della scuola e dell'università. Negli ultimi anni, alcune innovazioni in questa direzione sono state introdotte.
Si tratta ora di perseguire lungo questa strada senza deflettere, sapendo che nelle società moderne in larga misura sempre più la ricchezza delle nazioni dipende dalla ricchezza del capitale umano (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, il rendiconto ha avuto quest'anno una più ampia attenzione nel lavoro della Commissione bilancio e delle altre Commissioni; occorrerà affinare maggiormente i diversi passaggi affinché in Aula arrivi una valutazione complessiva e articolata, sia sugli aspetti finanziari che sul livello di raggiungimento degli obiettivi, dei programmi e delle missioni. Sostanzialmente gran parte dell'esame è avvenuto sugli aspetti finanziari, li ha evidenziati il relatore, onorevole Calvisi.
Vorrei iniziare la mia valutazione su tre aspetti, il primo è sugli strumenti. Gli strumenti di analisi si stanno arricchendo, tra questi segnalo l'eco-rendiconto dello Stato, è il secondo anno, è un elemento positivo. È utile avere una relazione illustrativa delle risorse impiegate per finalità di protezione dell'ambiente e di uso e gestione delle risorse naturali da parte delle amministrazioni centrali. Certo non è positivo che tale spesa sia passata da circa 8,3 a circa 6 miliardi dal 2010 al 2011, quindi con una riduzione in un anno del 27 per cento, ma non è tanto questo il punto che vorrei evidenziare. Credo che abbiamo bisogno di altro, cioè di una vera contabilità ambientale nella pubblica amministrazione e di un vero bilancio ambientale. Abbiamo bisogno di misurare lo stato dell'ambiente e lo sviluppo sostenibile, si parla tanto di nuovi indicatori, non solo il PIL, sarebbe opportuno esaminare in questa fase finale di legislatura le proposte di legge delega sulla contabilità e il bilancio ambientale.
Il secondo aspetto sono i risultati del rendiconto in sintesi e la sua affidabilità. I saldi di competenza sono migliori di quelli del 2010 e delle previsioni, i saldi di cassa invece evidenziano un miglioramento rispetto alle previsioni, ma un peggioramento rispetto al 2010. L'andamento delle entrate è sostanzialmente conforme alle previsioni della manovra estiva triennale del 2008, che incideva sul 2009, 2010 e 2011 e quella del 2010 incidente sul 2011 e 2012. La spesa si riduce, ma soprattutto quella in conto capitale e quella relativa ai trasferimenti agli enti locali, aumenta la spesa per consumi intermedi, permangono problematiche rilevanti sulla gestione dei residui, evidenziate dal relatore. Pag. 8
La Corte dei conti ci ha detto che il grado di affidabilità del rendiconto è piuttosto alto, insomma un quadro con luci ed ombre, ma che di per sé potrebbe rendere incomprensibile il terzo aspetto iniziale che vorrei sottolineare, cioè il fatto che la gestione 2011 vede per dieci mesi e mezzo un Governo, il Governo Berlusconi, con una maggioranza politica di centrodestra e un mese e mezzo come un altro Governo, il Governo Monti, con una maggioranza parlamentare diversa dalla precedente, tra l'altro un passaggio avvenuto proprio in seguito alle modalità ed i numeri con cui è stato prima non approvato e poi approvato il rendiconto 2010.
Dai numeri del rendiconto 2011 non è comprensibile pienamente perché sia avvenuto questo, non sembra essere un anno così peggiore degli altri, io penso invece che non possiamo non cercare di esaminare anche gli aspetti che hanno provocato quella crisi di Governo. Se leggo il rapporto 2012 sulla finanza pubblica italiana, curato da Alberto Zanardi, che analizza il 2011, noto che si afferma: il periodo compreso tra l'inizio del 2011 e i primi mesi del 2012 è stato un altro annus horribilis per l'economia e la finanza pubblica italiana, ma questa volta più degli anni precedenti netta è stata la sensazione di essere arrivati vicini al punto di non ritorno.
Ecco quindi cos'è stato il 2011, un annus horribilis: arrivati vicino al punto di non ritorno, cioè al default, al fallimento dello Stato evitato grazie al cambio di Governo, lo spread oltre i 550 punti lo ha evidenziato. Questa grave crisi di sfiducia dei mercati sulla sostenibilità del debito pubblico italiano è figlia di fattori esterni, cioè le tensioni sui debiti sovrani dei Paesi periferici della zona euro e la miope gestione dell'insolvenza greca da parte delle autorità europee, ma anche della combinazione economia stagnante - elevato debito pubblico con cui l'Italia si è presentata alle soglie della crisi, inoltre la caduta di credibilità internazionale del Governo di centrodestra.
Anche sulla gestione errata della crisi greca da parte delle autorità europee, in particolare quando il coinvolgimento, non solo volontario, del settore privato nel default greco, poi realizzato nel marzo di quest'anno, è stato anticipato dai mercati all'inizio dell'estate 2011 - cioè quando, per la prima volta, ne è stata dichiarata la necessità, fino ad allora esclusa, dalle autorità greche -, su questo c'è da chiedersi: «Dov'era il Governo italiano? Dov'era Tremonti?». O ha condiviso, ed è quindi pienamente corresponsabile di quelle scelte e di avere sottovalutato gli effetti sull'Italia, o non ha condiviso, dimostrando, però, lo scarso peso politico dell'Italia nelle scelte europee. In entrambi i casi vi è almeno una inadeguatezza.
Sull'andamento dello spread nel 2011, sull'atteggiamento dei mercati, sulla credibilità internazionale dell'Italia, hanno inciso le manovre estive con eccessivi elementi di indeterminatezza. Ricordo che le manovre combinate prevedevano interventi sui saldi al 2014 per 60 miliardi di euro, ma su 20, cioè su un terzo di questi 60 miliardi - e già negli anni precedenti per 4 miliardi nel 2012 e 16 nel 2013 - non si aveva la certezza delle risorse. Tagli all'assistenza, o tagli lineari alle detrazioni e deduzioni fiscali, o aumento ulteriore dell'IVA, oltre al punto deciso con la seconda di queste manovre. Tutto indeterminato e incerto.
Va dato atto al Governo Monti di aver fatto subito la scelta dell'IVA con l'obiettivo, però, di non farla scattare attraverso tagli di spesa, cosa già avvenuta, totalmente, fino al 30 giugno 2013, ridimensionata per il 2014, ma con l'obiettivo della completa eliminazione, possibilmente già in occasione della prossima legge di stabilità.
In Commissione i colleghi della Lega hanno detto: «Sì, il Governo è cambiato, il Governo è cambiato, ma lo spread è ancora a alto, l'Italia è andata in recessione, il debito pubblico in rapporto al PIL aumenta». Non si può negare che lo spread sia ancora alto, nonostante i dati incoraggianti: eravamo a 575 punti base al 9 novembre del 2011, oggi siamo a 340. I rendimenti dei BOT a 12 mesi sono passati dal 6,08 all'1,692 per cento, vi è stata Pag. 9un'evoluzione rispetto alla Spagna, da 167 punti base in più a 74 in meno, però è evidente che tutto questo dipende soprattutto dalle politiche europee. È innegabile, però, che il peso e il contributo dell'Italia sulle politiche europee è notevolmente mutato e cresciuto.
Noi siamo per il rispetto dei vincoli europei e i Governi di centrosinistra hanno sempre dato attuazione a questo principio. Non vuol dire che tali vincoli siano un dato assoluto per sempre. Occorrono, a nostro avviso, profondi mutamenti delle politiche europee. I progressisti europei sono impegnati in questo senso, lo dimostra la Francia, da cui è venuto un forte stimolo per il cambiamento dopo la vittoria di Hollande. È bene farsi valere quando la trattativa è aperta, è inutile prendersela dopo con il Governo in carica, come ha fatto la Lega per la ratifica del fiscal compact, che nei suoi punti fondamentali aveva già visto il «sì» del precedente Governo di cui faceva parte. È un ragionamento che vale anche per ciò che ha detto in questi giorni l'ex Premier. Occorre un lavoro per dare forza politica alla scelta dell'euro, sapendo che solo andando avanti, verso gli Stati uniti d'Europa, l'Europa e l'Italia potranno rafforzarsi. L'uscita dall'euro sarebbe un disastro in un Paese già in grave difficoltà.
Si dà poi, da parte dell'opposizione nel dibattito in Commissione, la responsabilità al Governo Monti della recessione. L'Italia ha avviato la recessione alla fine del 2011, cioè ci siamo entrati con il precedente Governo. La crescita complessiva dell'anno è solo dello 0,4 per cento, contro l'1,8 del 2010, cioè già a metà anno vi sono segnali della crisi e già a fine anno 2011 vi sono le previsioni di un 2012 in recessione. Il «salva Italia», infatti, corregge precedenti previsioni e 20 miliardi di euro di miglioramento dei saldi derivano proprio dal combinato di nuove previsioni su PIL e spesa per interessi.
Nondimeno, questo della recessione del lavoro e dell'occupazione è il principale problema italiano. La nostra crescita è notevolmente sotto la media europea, lo è stata anche nel 2011, è l'area del mondo dove si cresce meno. Le politiche solo di rigore, alla fine, non migliorano nemmeno i conti pubblici. In questi anni siamo passati da una manovra all'altra di tagli e aumenti di tasse e certo alcuni risultati si sono ottenuti, l'indebitamento netto, il deficit annuale; l'Italia va dal 4,6 per cento del 2010 al 3,9 del 2011 e puntiamo al pareggio nel 2013, la media europea è 4, 5, l'Irlanda arriva al 13,1, la Spagna all'8,5, la Gran Bretagna all'8,3, la Francia al 5,2.
Quindi, l'Italia ha avuto dei risultati positivi: abbiamo chiuso il 2011 con un avanzo primario dell'1 per cento, il migliore in Europa dopo la Germania (e l'Europa ha una media non positiva, ma negativa, con meno 1,5 per cento). Nonostante questo, il rapporto debito pubblico-PIL, che il centrosinistra aveva lasciato al 103 per cento, continua a crescere: 118,6 nel 2010, 120,1 nel 2011 e si prevede il 123,5 nel 2012.
Quindi, il problema numero uno per l'Italia e per l'Europa è la crescita, senza la quale il debito aumenta, in percentuale sul PIL. Uscire quindi dalla spirale austerità-rigore-recessione è il principale problema, un tema che il Partito Democratico ha posto in tutta questa legislatura, basta guardare i dibattiti sulle manovre e le leggi finanziarie di stabilità. Le modifiche delle politiche europee devono andare in questa direzione, ma la questione riguarda pure le politiche nazionali. Anche qui bisogna fare i compiti a casa, perché altrimenti diventano inefficaci i compiti sul rigore.
Il Governo Monti aveva cominciato bene: 10 miliardi su 30 miliardi di manovra del «salva Italia» per la crescita con riduzioni fiscali per le imprese ai fini di ricapitalizzazione delle stesse per nuova occupazione ed altri interventi. Poi vi è stata la ripresa del tema delle liberalizzazioni, anche se troppo timidamente. Poi vi è stata l'impostazione di azioni per l'accelerazione dei pagamenti della pubblica amministrazione. Ma qui devo dire che, oltre all'impostazione, occorre davvero arrivare a punto ed a segno, perché nel frattempo tante aziende falliscono, con effetti su occupazione, PIL e entrate dello Stato, e altre vengono prese dalle mafie, che Pag. 10non hanno problemi di liquidità. Lo dico soprattutto al Ministero dell'economia e delle finanze: è inutile rincorrere gli evasori se nel frattempo il campo di azione delle mafie si allarga, in particolare al Nord ed al Centro. Se continua così è sempre una partita a saldo negativo e, quindi, i conti è bene farli a 360 gradi. Accelerare i pagamenti della pubblica amministrazione aiuta le imprese a sopravvivere e toglie acqua all'illegalità ed alla criminalità organizzata. Certo, è necessario anche il credito da parte delle banche, ma questo non esime sul fronte dei pagamenti della pubblica amministrazione.
Poi c'è stato qualche segnale da parte del Governo sulla green economy, anche se con qualche contraddizione. Si ha spesso l'impressione che gli interventi che servirebbero di più - come credito di imposta per la ricerca, modifica del Patto di stabilità interno per favorire gli investimenti degli enti locali - quando vanno bene, fanno un passo avanti nell'enunciazione e due passi indietro nella realtà, negli atti concreti.
Non si può non essere preoccupati del fatto che l'istruzione scolastica ed universitaria sia una delle voci che ha visto il segno meno nel corso di questi anni, sia sul piano del peso sulla spesa pubblica complessiva che sul piano della spesa in termini assoluti. Senza investimenti sul sapere e la cultura, l'Italia perderà continuamente posizioni sul versante dell'innovazione e conseguentemente della competitività del nostro sistema e non vi sarà crescita. Così come difficilmente vi sarà ripresa dei consumi senza riduzione del carico fiscale sul lavoro e sui redditi più bassi oltre che sulle imprese.
Do atto al Governo di avere gravato di più nella manovra «salva Italia» su patrimonio e rendite rispetto al passato. Penso soprattutto all'IMU, anche se sarebbe meglio un'IMU più bassa ed una patrimoniale sui grandi patrimoni. Ma senza dare qualcosa a chi lo spenderebbe subito, è ben difficile fare ripartire i consumi. È una questione di equità, perché si interverrebbe a favore dei più deboli e di chi è in regola con le tasse, ed anche una questione economica, perché se si concentra la ricchezza l'economia si blocca. È successo e sta succedendo l'esatto contrario di quanto predicato dalle teorie liberiste.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Marchi.

MAINO MARCHI. Non condivido la considerazione che spesso fanno i colleghi della Lega, per cui il Governo Monti ha bloccato il federalismo fiscale. Il federalismo fiscale lo avevano già fatto «incartare» Calderoli e Tremonti, nel mix tra decreti attuativi della legge delega non in sintonia con la legge stessa. Penso all'assenza di LEA e LEP, ai fabbisogni standard confusi con i costi standard, a tutto il pacchetto sul federalismo municipale, ai tagli, ai trasferimenti e all'inasprimento del Patto di stabilità interno.
Il Governo Monti ha semplicemente un po' peggiorato la situazione, in particolare su IMU e trasferimenti, nonostante la necessità di revisione del Patto fosse scritta nel «salva Italia».

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Marchi.

MAINO MARCHI. Sto per concludere, signor Presidente. Occorre cercare di riprendere il filo, considerando regioni ed enti locali una risorsa per lo sviluppo e non un problema, e lo dico ricordando il ruolo che hanno avuto, ad esempio nella gestione del terremoto in Emilia, proprio gli enti locali e la regione.
Probabilmente queste sono questioni che in gran parte hanno bisogno di un Governo sostenuto da una maggioranza politica, con un chiaro orientamento politico, per essere affrontate e risolte non in una condizione di emergenza. Mi auguro invece che la questione creata dal decreto-legge «salva Italia» e solo parzialmente corretta, quella degli esodati, possa trovare una soluzione piena in questa legislatura. Sottolineo positivamente come un tema critico quale l'aumento della spesa per Pag. 11consumi intermedi sia stato oggetto per primo degli interventi sulla spending review da parte del Governo Monti.
Sull'assestamento il relatore ha evidenziato come si tratti di elementi relativi alla registrazione di diversi aspetti già decisi, quelli derivanti dal rendiconto e che nel complesso i risultati conseguiti in questi mesi sul piano del consolidamento dei conti pubblici emergono anche dall'assestamento stesso.
Sono quindi - mi avvio a concludere - due atti meritevoli di approvazione in un contesto critico che, bisogna sempre ricordarlo, questo Governo ha sempre ereditato e non prodotto. Condivido le riflessioni che ha svolto il relatore sull'atteggiamento dei gruppi e sull'auspicio che ha fatto rispetto al voto su questi atti ed in modo particolare sul rendiconto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, il rendiconto 2011 e l'assestamento del bilancio possono a grandi linee rispettivamente rappresentare, il primo, la conclusione, l'ultimo anno di Governo Berlusconi, mentre la parte di assestamento può in qualche modo rappresentare l'attività del Governo Monti. Devo dire che, per entrambi, siamo di fronte a conclusioni che, dal nostro punto di vista, non possono che essere negative. C'è intanto uno scenario largamente sbagliato - per carità, nel fare i conti si sbaglia - ma nel momento in cui ci si rende conto che c'è stato un errore, si dovrebbe immediatamente capire come correggerlo. Ora è indubbio che i nostri Governi hanno da un lato inizialmente considerato, al momento della presentazione del bilancio di previsione, che quest'anno ci sarebbe stata una riduzione del PIL dello 0,4 per cento; ad aprile l'hanno corretta all'1,2 per cento ma ad agosto il dato drammatico dell'ISTAT è che siamo al 2,5 per cento e probabilmente finiremo addirittura al di sopra di questa cifra. Questo fatto, come è evidente, implica, rispetto ai conti così come sono stati fatti, tanto per quanto riguarda il consuntivo, anzi il bilancio di previsione, quanto per quanto attiene il successivo assestamento, che siamo di fronte a dei conti che non possono più tornare, considerando che ogni punto di PIL significa 18-20 miliardi in meno e significa anche da 8 a 10 miliardi di tasse e quindi di entrate dello Stato in meno. Evidentemente, questo crea dei buchi che devono essere colmati. E allora su questo io credo che sia necessario fare una riflessione.
Devo anche dire, riguardo alla questione del bilancio di Berlusconi, che dal rendiconto emerge che si è trattato di 145 miliardi di tasse. Qui è il punto: chi le ha pagate queste tasse? È evidente che, contrariamente a quanto noi suggeriamo da tempo, a pagarle sono stati sempre i soliti, sono stati i lavoratori, sono state le famiglie, sono stati i pensionati e realmente non abbiamo visto toccare evasori fiscali, non abbiamo visto toccare corruttori, non abbiamo visto toccare speculatori, non abbiamo visto toccare chi ha di più, quindi chi è proprietario di grandi patrimoni. E allora in ciò sta il nostro giudizio negativo che si è consolidato anche con Monti, perché Monti ha aggiunto altri 63 miliardi di tasse - perché questo ha fatto - non invertendo l'ordine del fattori, che era ciò che noi gli abbiamo chiesto all'inizio, dandogli persino fiducia, e cioè facendo pagare a ritroso, rispetto a quello che dicevo prima, i proprietari di grandi patrimoni, facendo pagare gli speculatori, facendo pagare i corruttori, facendo pagare gli evasori fiscali e poi eventualmente andando a chiedere ancora qualcosa a pensionati, lavoratori e famiglie.
No, l'ordine dei fattori è rimasto quello, e da qui anche il nostro giudizio negativo sulla parte di Governo, che incide qui, fatta dal Presidente Monti. C'è anche da dire che, secondo studi abbastanza significativi, in particolare il CER che usa un modello macroeconomico che spesso o quasi sempre si è rivelato molto efficace, sappiamo che comunque i tecnici hanno sovrastimato le entrate fiscali di una ventina di miliardi e quindi ci sarà un problema di come colmare questi 20 miliardi. Pag. 12Siamo di fronte ad una situazione che è difficile. Lo stesso Monti alla fine ha dovuto riconoscere che la dimensione della recessione è stata causata anche dal suo intervento, e questo perché lo spread di cui tanto si parla in realtà ha inciso negativamente sulla crescita solo dello 0,4 per cento, quindi molto meno di quel 2,6 per cento che probabilmente ci troveremo alla fine. In più ci vorranno una trentina di miliardi l'anno prossimo per poter raggiungere l'obiettivo del pareggio di bilancio, e poi non dimentichiamo che, nel momento in cui entra in vigore il fiscal compact e bisogna anche recuperare il debito pubblico, parliamo di altri 40 miliardi all'anno. E qui nessuno ci dice come e dove; siamo di fronte ad una situazione con riferimento alla quale stiamo registrando i peggiori risultati e mi riferisco ai consumi delle famiglie (sono negativi) e ad un'inflazione (tutti dicono che la recessione impedisce che si formi l'inflazione) del 3,2 per cento annua (quindi un disastro da questo punto di vista). Vorrei poi richiamare l'attenzione sul fatto che, guardando il Governo Berlusconi e quindi il rendiconto, ci troviamo di fronte all'evidenziazione di ciò che abbiamo sempre detto sui tagli, tagli assolutamente lineari che hanno colpito prevalentemente l'università, la ricerca scientifica, la scuola e che hanno colpito gli enti locali (è veramente gigantesco il prelievo di 5 miliardi agli enti locali).
D'altronde c'è un altro dato sconfortante, per me sconvolgente, che è quello dei residui attivi. Mentre i residui passivi sostanzialmente sono rimasti invariati nel tempo, i residui attivi negli ultimi anni sono pressoché raddoppiati: sono passati da 100 miliardi a 215 miliardi nel giro di cinque o sei anni. Vorrei ricordare che i residui attivi sono entrate non incassate; si tratta cioè prevalentemente di tasse che il Governo non è stato in grado di incassare, ed è questo un dato realmente drammatico perché vuol dire che c'è un punto di domanda gravissimo, perché è possibile che una larga parte di questi residui attivi non si riuscirà mai ad incassarla, con il risultato, alla fine, poiché quelle tasse non sono certo quelle che pagano i lavoratori dipendenti, i lavoratori a reddito fisso a cui vengono detratte immediatamente, che si tratta ancora una volta di tasse che vanno ad alimentare quelle del circuito dell'evasione.
Questo vuol dire ancora di più che il peso fiscale sarà ancora più forte (ed è ancora più forte) sempre sui soliti. Non vorrei aggiungere altro a quello che ho detto. È implicito in ciò che abbiamo affermato il giudizio negativo, che nasce anche dalla qualità, dalla composizione delle entrate, perché, se bene andiamo a vedere, le entrate sul reddito calano, l'IVA cala, e ciò che va ad aumentare sono le tasse nuove come l'IMU, ma soprattutto (questo è un altro dato drammatico per i consumatori e per i cittadini) sono le entrate derivanti dalle accise sui carburanti e sugli oli minerali che sono passate - pensate - nel giro di quattro anni da 20 miliardi a 25 miliardi: una crescita di un quarto dovuta alle accise. Questo è un modo sbagliato, perché colpisce tutti i cittadini, ed è il motivo principale per il quale noi - lo preannunzio già fin d'ora - voteremo sia contro il rendiconto dello Stato sia contro l'assestamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, vorrei scegliere una chiave di lettura un poco diversa da quella dei colleghi che mi hanno preceduto, se non altro per il fatto che i dati sono stati riassunti in modo brillante dal relatore e sono stati commentati nella loro oggettività, sia pure con valutazioni diverse. Quindi, innanzitutto, vorrei spendere due parole sull'apparato, sulla strumentazione che ci viene messa a disposizione per la prima volta nel nostro Parlamento con il rendiconto 2011 e con l'assestamento 2012 e, peraltro, rimanere dentro questo perimetro per esprimere anch'io qualche breve valutazione perché avremo modo di parlare, invece, in altre occasioni delle questioni più contingenti che hanno poco a che vedere in questa sede Pag. 13con il rendiconto 2011 e con l'assestamento 2012. Il primo aspetto che vorrei richiamare, come peraltro è affermato in modo brillante nella relazione che accompagna il disegno di legge che il Governo ha presentato entro fine giugno, è che questo è il primo esercizio durante il quale noi ci cimentiamo con una stesura del bilancio che è fatta con un approccio funzionale, nel senso che ci viene presentata quella struttura che fu decisa a suo tempo durante il Governo Prodi, nel 2008, e, cioè, una struttura del bilancio per missioni e per programmi, cosa molto importante perché, traguardando la contingenza, questo ci porterà sempre di più ad interrogarci su quale sarà la funzione del nostro Parlamento - non solo del nostro in verità - in prospettiva rispetto al processo di europeizzazione che è in corso. E siccome è verosimile presagire che il ruolo del Parlamento in futuro sarà quello di intervenire in sede ex ante per la programmazione delle grandi politiche pubbliche per il governo dei flussi di spesa e di entrata e, in sede ex post, per quella che sarà la funzione cosiddetta di accountability, credo sia molto interessante che noi ci cominciamo a cimentare, appunto, con una stesura del bilancio strutturato per missioni e per programmi che ci consenta, come diceva l'allora Ministro Padoa-Schioppa, che cito sempre, di valutare l'andamento della situazione attraverso queste grandi finalità che, poi, si articolano in diversi programmi e, soprattutto, di concentrarci, come diceva lui, sui muri maestri della politica di economia e finanza pubblica e non sugli stucchi e sui gessi.
Ecco, questo è il primo aspetto che vorrei richiamare in questa strutturazione del bilancio che ci viene presentato e che ritengo piuttosto interessante, come dicevo prima. Peraltro, la stessa ci permette di analizzare quelle che sono le possibili variazioni tra i programmi, tra programma e programma, sia all'interno dei programmi di spesa e di entrata, sia tra programmi e programmi, che permette, appunto, di superare quella rigidità che avevamo prima quando avevamo i capitoli, le unità previsionali di base in particolare, che non consentivano di effettuare questa operazione e, quindi, rappresentavano un ostacolo per il governo dei processi rispetto ai quali la finanza pubblica poi viene governata. Vorrei anche ricordare, peraltro, che noi, considerata l'eccezionalità della situazione di questa crisi che dal 2008 ci accompagna, abbiamo «accettato», lo dico tra virgolette, che si possa realizzare una flessibilità per il triennio che arriva fino al 2013, anche per quanto riguarda il discorso delle missioni, cioè il Governo può spostare le risorse da missione a missione, sia pure mettendone al corrente il Parlamento e, quindi, lasciando al Parlamento, come di fatto non può che essere, l'ultima parola su queste operazioni.
Tutto questo armamentario, che peraltro comprende anche la nota integrativa per le missioni e per i programmi da cui emerge, per come si sarà potuto constatare con la lettura, quelli che sono i risultati, gli scostamenti, le risorse che sono state utilizzate, i residui, gli indicatori e così via, così come le tabelle dei costi delle amministrazioni e, quindi, avendo anche la possibilità di ottenere dei risultati economici e non solamente finanziari che possono servire alle nostre valutazioni, tutto questo apparato strumentale, insomma, va verso una prospettiva di un ammodernamento degli strumenti che il Parlamento deve sempre più avere a sua disposizione perché possa esercitare un effettivo ruolo nel governo delle politiche pubbliche del Paese.
Infatti, se non ci si dota di una strumentazione adeguata credo che questo poi diventi complicato, per non dire impossibile. Vi sono alcune questioni che sono emerse in questa valutazione, lo dico sin da ora. Sentivo il collega che si riferiva al tema dei residui, ci tornerò dopo con i numeri, ma io credo che sia il discorso dei residui attivi sia quello dei residui passivi debba portare il nostro Paese all'esigenza di un approfondimento delle categorie di impegni di spesa e di accertamenti di entrata che nelle amministrazioni vivono di logiche che ormai si sono sedimentate e che Pag. 14portano in molti casi ad avere impegni di spesa che sono superiori a quelle che sono le spese effettivamente da sostenere ed accertamenti di entrata che non sempre corrispondono poi a quelli che sono i flussi di entrata veri e propri, perché in mezzo ci sono molte vischiosità. Pertanto, prima di arrivare ad esprimere giudizi radicali sull'entità di questi residui, sia attivi sia passivi, penso che anche qui dobbiamo fare uno sforzo per ridefinire appunto questo approccio all'assunzione di impegni di spesa e all'accertamento di entrate che nelle amministrazioni - lo dico anche per esperienza personale - lasciano un pochino a desiderare. Infatti gli impegni di spesa seguono spesso delle logiche puramente incrementali e gli accertamenti molto spesso invece registrano annotazioni a cui dovrebbero corrispondere delle entrate che però poi in mezzo, come dicevo prima, hanno tutta una serie di fattori per cui l'entrata stimata in sede di accertamento è abbastanza lontana da quella che sarà poi l'entrata vera e propria che verrà effettuata.
Venendo ai dati del rendiconto, in questi 5 minuti che mi restano, va preliminarmente osservato che, in termini aggregati e sintetici, la situazione risulta migliorata complessivamente rispetto all'esercizio 2010 (l'onestà intellettuale credo da parte di tutti vorrebbe che lo si riconoscesse); ho parlato in termini di aggregati e sintetici e da un punto di vista quantitativo e ciò non è poco, soprattutto se si tiene conto del periodo di crisi che stiamo attraversando dal 2008 in avanti. Sfido chiunque a dire che, con la crisi che dal 2008 in avanti noi stiamo vivendo, il fatto di avere dati sintetici e aggregati, che sul versante della competenza registrino gli andamenti brillantemente prima citati dal relatore, non sia qualcosa che si debba giudicare positivamente. Noi abbiamo un indebitamento netto della pubblica amministrazione del 3,9 per cento che cala rispetto al 4,6 per cento dell'anno prima e dopo la Germania è il miglior risultato che c'è in Europa. Abbiamo un saldo primario su un avanzo di 15 miliardi di euro che è circa l'1 per cento del PIL, contro lo 0 per cento, vorrei ricordare - cioè nulla - nel 2010. Anche qui dopo la Germania è il miglior risultato che emerge in Europa.
La stessa Corte dei conti lo ha annotato, evidentemente poi dicendo che bisogna preoccuparsi che non vi sia un indebolimento di questo andamento, soprattutto a causa della mancata crescita del Paese e quindi la Corte dei conti auspica una ripresa dell'economia e una ripresa della crescita. Questo auspicio in verità ormai è diventato un coro da parte di tutti. La Corte poi dice anche un'altra cosa che non posso commentare più di tanto, ma che ha una sua obiettiva delicatezza politica; afferma che bisogna ridurre la spesa, anche puntando «ad un complessivo processo di ripensamento e perimetrazione dei confini dell'azione pubblica dell'economia». Questo discorso andrebbe molto argomentato, perché ha una sua obiettiva delicatezza. Infatti, significa domandarsi quali sono i nuovi confini dell'azione dello Stato nell'economia, cioè qual è la parte di territorio di intervento dello Stato in economia che deve ritrarsi per lasciare l'iniziativa al mercato. Più mercato e meno Stato si diceva una volta in termini di slogan e questo credo sia un tema molto delicato - lo sottolineavo poc'anzi - sul piano politico.
La Corte, poi, aggiunge che bisogna ridurre lo stock del debito attraverso la dismissione del patrimonio mobiliare e immobiliare, perché dobbiamo incidere su quelli che sono i fondamentali del Paese, affinché si possa uscire da questa spirale, che rischia di diventare perversa, con una crescita che non decolla e un debito che tende ad aumentare, come pure registrava prima il relatore.
Gli andamenti analitici che sono sottesi a queste grandi questioni, per il 2011 - mi soffermo in particolare sul rendiconto -, vedono un rallentamento della spesa corrente e una diminuzione delle entrate rispetto al volume delle entrate attese. In particolare, con riferimento alla spesa, si riduce non solo la spesa primaria corrente, ma anche la spesa in conto capitale: questo evidentemente non è un dato positivo. La spesa per interessi, invece, aumenta; Pag. 15anzi, l'aumento della spesa per interessi si è mangiato circa il 40 per cento dei benefici derivanti dalla riduzione della spesa. Nel complesso, comunque, abbiamo una riduzione della spesa dello 0,5 per cento che, sommata alla riduzione che era avvenuta nel 2010, comporta una riduzione in termini assoluti di circa 7 miliardi di euro rispetto al 2009.
Le entrate, come dicevo, sono aumentate un po' meno rispetto a quanto ci si attendeva: c'era stata una stima del 2,7 per cento mentre, invece, si sono realizzate entrate per un incremento pari all'1,7 per cento. Anche questo, ovviamente, è andato a mitigare gli effetti positivi della riduzione della spesa. Il saldo netto da finanziare, al netto delle regolazioni contabili e debitorie - anche questo è un dato che vorrei venisse tenuto presente -, a consuntivo e a cifra assestata, è molto al di sotto, anzi, assume un valore positivo, con un avanzo di circa 9 miliardi di euro, anche se qui dentro vi è, per quanto riguarda il tema degli accertamenti, il discorso che facevo poc'anzi.
In conclusione, le valutazioni complessive che possiamo fare ci portano a dire - lo afferma anche la Corte - che ci sono dei cambiamenti: questo è il dato che politicamente io credo dobbiamo assumere, perché parliamo, lo ribadisco, del 2011; sembra passato un secolo, ma è passato appena un anno rispetto al 2012 che tra poco andremo a chiudere. Vi sono dei cambiamenti che, comunque, sono importanti, in particolare nella politica fiscale. Per anni, abbiamo predicato in quest'Aula che bisognava incidere con prelievi strutturali e non una tantum: adesso ascolto i colleghi che fanno opposizione, ma si ricordano forse poco delle stagioni di finanza creativa e dei prelievi una tantum che hanno massacrato la finanza pubblica italiana negli anni precedenti e hanno contribuito - o concorso, almeno - a determinare la situazione che ci troviamo sotto gli occhi oggi; bene, questo dato di tendenza sembra adesso cambiato, lo dice anche la Corte.
Non si è utilizzato un altro espediente, e lo dico sempre a beneficio dei colleghi che hanno smarrito un po'la memoria: non si sono messe a bilancio le entrate che derivavano dalla lotta all'evasione fiscale, cioè le speranze di entrata, o le illusioni di entrata, molte volte, che erano divenute un dato quantitativo e che «drogavano» quelli che erano i risultati di bilancio. È migliorata la compliance fiscale, cioè il grado sostanzialmente di adesione del cittadino a quelli che sono i doveri che competono al cittadino stesso.
Vi sono, dunque, elementi positivi che, nelle luci o nelle ombre di un percorso che non potrà che essere inevitabilmente lungo, vanno censiti. Ovviamente, tra le ombre figurano - anche in questo caso lo ha detto il relatore - i debiti pregressi, che sono una montagna, che si riversano poi sull'anno di riferimento, e che ci saranno ancora negli anni successivi. Allo stesso modo, la Corte dice che bisognerà andare a rivedere, in questo esercizio che richiamavo all'inizio, che è molto importante, la definizione delle missioni e dei programmi. Infatti, abbiamo 34 missioni e 143 programmi, ma, poi, sostanzialmente, i due terzi degli oneri sono concentrati in cinque missioni.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LINO DUILIO. 13 missioni - ho concluso, signor Presidente - raggruppano il 90 per cento degli oneri, mentre su 21 missioni c'è meno del 10 per cento. Quindi, è un lavoro che, a mio avviso, è da interpretare positivamente, innanzitutto perché è la prova provata della nuova filosofia che, con orgoglio, possiamo dire abbiamo introdotto noi nel nostro Paese, una specie di rivoluzione che poi è stata fatta propria dalla legge n. 196. Vi è qualche elemento positivo, come dire, rispetto al quale segnaliamo una preoccupazione in ordine ai costi sociali, in particolare per gli enti locali e le famiglie, per cui ci dovremo impegnare per migliorare, anche e soprattutto sul piano della qualità, le manovre che dovremo effettuare nel corso Pag. 16degli anni, a partire da questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Ciccanti, che era iscritto a parlare; si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Volpi. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, le chiedo, già da ora, di poter lasciare agli atti il nostro contributo a questa discussione sulle linee generali, consegnando il testo del mio intervento scritto. L'unica considerazione che voglio fare è che è evidente che non potremo mai aderire agli interventi entusiastici che ha appena fatto il collega, perché è chiaro che la situazione è ben più drammatica.
Ovviamente, su questi provvedimenti troveremo il modo di esercitare un controllo maggiore, vista la nuova forma con cui sono, peraltro, presentati, e dovremmo anche ricordare che, a fronte dei risultati, che non ci sono, abbiamo visto, però, parimenti, un assoluto incremento delle tassazioni, che sono state surrettiziamente trasformate.
Comunque, signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Volpi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5324 e 5325-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunziano ad intervenire in sede di replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Di Pietro ed altri n. 1-01123 in ordine alla costituzione di parte civile dello Stato nel procedimento penale in corso di svolgimento a Palermo relativo alla cosiddetta trattativa Stato-mafia (ore 15,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Di Pietro ed altri n. 1-01123 in ordine alla costituzione di parte civile dello Stato nel procedimento penale in corso di svolgimento a Palermo relativo alla cosiddetta trattativa Stato-mafia (Vedi l'allegato A - Mozione).
Avverto che in data odierna la mozione Di Pietro ed altri n. 1-01123 è stata sottoscritta anche dagli onorevoli Di Biagio e Lo Presti.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.
È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi, che illustrerà anche la mozione Di Pietro n. 1-01123, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, vorrei ricordare che presso il tribunale di Palermo è in corso un procedimento penale sulla trattativa tra Stato e mafia, o meglio tra pezzi di Stato e mafia, negli anni tra il 1992 e il 1994, anni nei quali nel nostro Paese vi furono attentati in Sicilia, a Roma, a Firenze, stragi e così via.
L'inchiesta è stata chiusa a metà giugno di quest'anno e non è la prima. Bisogna dire che già in passato, più volte, altre inchieste hanno dimostrato che vi è stato un tentativo di rapporto e di trattativa tra Stato e mafia.
Basti ricordare che nel 1998 la sentenza della corte d'assise di Firenze sulle stragi del 1993, certificò i colloqui degli Pag. 17ufficiali del Ros dei carabinieri Mori e De Donno con l'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino.
Quei rapporti avevano tutta l'aria, secondo i magistrati, di essere una trattativa per convincere i capi mafiosi ad evitare interventi come quelli delle stragi. Quei magistrati pensarono che quei contatti avessero aperto la strada all'arresto di Totò Riina, dietro una serie di concessioni ai mafiosi, e in particolare l'allentamento del carcere duro, del 41-bis.
I contraenti di questa trattativa sarebbero stati, da una parte, gli ufficiali dell'Arma, ed eventuali mandanti politici, dall'altra, e come beneficiari, ovviamente, i boss mafiosi. I pubblici ministeri di Palermo ritengono di avere ricomposto un altro pezzo di questo mosaico e di avere identificato gli uomini dello Stato Mario Mori, Giuseppe De Donno, Antonio Subranni, Calogero Mannino, Marcello Dell'Utri, che sono, per questo, accusati di minaccia o violenza a un corpo politico dello Stato, proprio per aver rafforzato la volontà ricattatoria dei mafiosi nei confronti del Governo.
Dall'altra parte sono stati identificati altri rappresentanti di Cosa nostra come Totò Riina, Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella, Bernardo Provenzano, Nino Cinà; inoltre, sono stati indagati per false informazioni ai pubblici ministeri Giovanni Conso, Giuseppe Gargani e, per falsa testimonianza, Nicola Mancino. È evidente che di fronte a reati contestati come questi appare doveroso che vi sia la costituzione di parte civile da parte del Governo. Il Governo è parte lesa e come tale può esercitare tale facoltà in base alla legge, ma nello specifico, in un caso del genere, pensiamo che non si tratti di una facoltà, ma che non possa che essere un dovere da parte del Governo. Una decisione diversa non potrebbe che apparire come un gesto di disinteresse e di incuria nei confronti dello Stato. Ora, vorrei ricordare che l'udienza preliminare di questo processo è già fissata per il 29 ottobre 2012 e non posso non ricordare che nella seduta della Camera del 5 settembre, rispondendo ad un'interrogazione a risposta immediata dell'onorevole Di Pietro, il Ministro per i rapporti con il Parlamento disse che il Governo si era reso parte attiva per accertare se vi fossero i presupposti formali per intraprendere iniziative. Un documento, questo, molto «politichese», alla fine del quale si trovava che non c'era nessun avviso, ai sensi dell'articolo 419 del codice di procedura penale, notificato per ordine del tribunale di Palermo, sulla base del quale sarebbe eventualmente scattata la ricognizione, la valutazione e la decisione da parte del Governo. Per cui, solo a seguito di fissazione dell'udienza vi sarebbe stata questa valutazione governativa. In realtà, come è noto, ai sensi di legge, la parte lesa si può costituire sin dall'udienza preliminare, proprio perché la legge vuole dare la possibilità a chi si sente leso di intervenire fin dall'inizio del processo; se vuole l'accertamento della verità, il Governo non ha bisogno di notifiche di nessun genere per impegnarsi e per costituirsi parte civile in questo processo.
Per questo, con questa mozione, che vuole essere anche una cartina di tornasole di come si voterà in questo Parlamento per fare chiarezza su un momento davvero buio della nostra storia - perché non possiamo immaginare che vi sia un momento più buio se non quello nel quale lo Stato e un'organizzazione criminale come la mafia possano trovare linee di accordo - vogliamo impegnare il Governo ad autorizzare la costituzione di parte civile dello Stato, da proporsi già nell'udienza preliminare, nel procedimento in corso presso il tribunale di Palermo relativo alla trattativa Stato- mafia, in cui il Governo è parte lesa.
Vorrei ricordare che il sito Internet internazionale Avaz - che è una comunità transnazionale che vuol significare «voce» in tante lingue europee, mediorientali ed asiatiche e che si prefigge di organizzare i cittadini di tutte le nazioni per avvicinare il mondo che le persone oneste vorrebbero - ha raccolto, in sole 72 ore, 50 mila sottoscrizioni della petizione che corrisponde a quello che noi chiediamo oggi al Pag. 18Governo e cioè di costituirsi senza indugio parte civile nel processo a Palermo che riguarda la trattativa Stato-mafia.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho ascoltato, registrando con molta attenzione, quanto ci diceva l'onorevole Borghesi, che ha illustrato la mozione di Pietro su una vicenda certamente articolata e complessa che ci riporta ai drammi e alle tragedie del 1992 e del 1993.
Ci riporta a quella che è stata l'esplosione della criminalità organizzata, con le uccisioni dei giudici Falcone e Borsellino, di cui allora si parlò con forza, e si sta parlando, in questo momento, con molto impegno, all'interno anche delle istituzioni parlamentari, al di là di quelli che possono essere e sono i commenti, anche giornalistici. Il dato che si evidenzia e che posso sottolineare in questo momento, signor Presidente, nonché portare all'attenzione sua e dei colleghi, è che su questi fatti certamente vi è un'attenzione e soprattutto un impegno, e quando vi sono attenzione e impegno tutto va bene. Però, quando poi vi sono alterazioni, o quanto meno tentativi di forzare quelli che sono gli avvenimenti a fini particolari, di interesse o di ritorno sul piano politico, questo non va. Non va perché la battaglia e il contrasto alla criminalità organizzata sono fatti seriamente e fortemente ritrovando una coesione per riproporre, in termini culturali, una via della civiltà contro quello che è l'espressione dell'inciviltà, dell'antistato e della negazione di ogni principio umano di difesa dei valori umani. Ritengo che questa sia la discriminante.
Quante volte la lotta alla criminalità organizzata è stata appannaggio o quanto meno è stata alterata e strumentalizzata da chi, tanto per riportare e riproporre quello che è stato un giudizio di un famosissimo giornalista, svolge il professionismo dell'antimafia, della criminalità organizzata. Vi è una vera attenzione, oggi, nel Paese, nel combattere seriamente tutto ciò che altera lo sviluppo e l'ordinato evolversi della vita e la convivenza civile, se è vero, com'è vero, che alcuni territori e alcune zone del nostro Paese sono appannaggio e sono controllate dalla criminalità organizzata, con tutte quelle che sono le ricadute economiche, le ricadute civili e quelle che sono, ovviamente, le distanze che si determinano verso quelle esigenze di un approdo ad una umanità, una civiltà e a uno Stato più giusto e più equo? Tuttavia, credo che tutto ciò non interessi semplicemente alcune regioni più volte individuate e monitorate: ormai anche dagli studi e dalle valutazioni fatte, soprattutto dalle conoscenze e dalle conquiste conoscitive, sappiamo che si tratta di un fenomeno che si distribuisce «equamente» su tutto il territorio nazionale, con appigli e con approdi anche oltre i confini del nostro Paese, in Europa e oltre l'Europa.
Allora ritengo che la lotta alla criminalità organizzata debba essere una lotta di civiltà, una lotta sul piano culturale. Sarebbe veramente molto modesto se riproponessimo alcuni schemi di «infeudamento» di questo problema verso posizioni che sono di parte. O il contrasto alla criminalità organizzata è una battaglia, un patrimonio comune di tutte le forze politiche, di tutte le forze sociali, una rivolta morale di tutto il Paese, della sua parte più sana e più forte, che è la stragrande maggioranza del Paese, oppure anche questo è un argomento come gli altri, che viene a volte utilizzato per affermare alcune posizioni in termini certamente non oggettivi, ma attraverso forzature che sanno di strumentalizzazione.
Questo è un dato che non possiamo certamente accettare. Chi vive in alcune zone e in alcuni territori sa quali sono i grandi ritardi, quali sono state le alterazioni e qual è la difficoltà di trovare un momento di riferimento forte e impegnativo. Voglio ricordare in questo momento le parole che in questi giorni sono state pronunciate nella mia regione calabrese da un vescovo illuminato, come è Monsignor Morosini (vescovo di Locri), proprio dal santuario di Polsi, quando ha detto chiaramente che vi è una stragrande maggioranza Pag. 19di calabresi che vuole reagire e che deve reagire, e ha richiamato tutti a una comune responsabilità e a un senso del dovere anche nel rivedere alcune posizioni di chi resta nel peccato.
È un richiamo forte anche sul piano culturale che cerca di sollecitare e soprattutto di spingere e di incentivare le grandi iniziative e prese di coscienza di questo nostro Paese, di questo nostro Mezzogiorno, di questa nostra regione.
Ecco perché noi ci siamo impegnati, signor Presidente, come forza, e facevo poc'anzi riferimento all'istituzione parlamentare. Certamente c'è la magistratura che indaga tra varie vicende, tra varie - molte volte - difficoltà, o molte volte confusioni o disarticolazioni, diciamolo con molta chiarezza, sulle vicende del 1992 e 1993, incominciando dagli attentati dell'Addaura e poi quello che è stato, come ricordavo poc'anzi, il clou dell'azione con l'uccisione di Borsellino e di Falcone, l'attentato abortito all'Olimpico di Roma, una strage, e poi tutte le altre vicende che hanno interessato Milano, Firenze e la stessa Roma.
La Commissione antimafia, signor Presidente, ha lavorato con molto impegno e alacremente in questi giorni. Certamente sta per chiudere un difficile lavoro, ma lo ha fatto attraverso il coinvolgimento di tutte le forze politiche. Ricordo, signor Presidente, che quando noi abbiamo deciso, come Ufficio di presidenza allargato ai rappresentanti di gruppo, di avviare questa nostra indagine e questo nostro lavoro, ci sono state delle posizioni in contrasto.
Dico al mio amico onorevole Borghesi: io prendo atto, onorevole Borghesi, della mozione che ha fatto e oltretutto condividevamo qualche valutazione, che ricordo bene, con la collega Garavini. Quando noi abbiamo deciso, onorevole Borghesi, di avviare questa indagine non abbiamo avuto tanto il conforto - allora ne faceva parte - dell'onorevole Di Pietro, perché Di Pietro lo vedeva come un attentato ai magistrati e al loro lavoro.
Che significa l'interessamento e l'intervento della Commissione antimafia quando ci sono i magistrati che stanno lavorando? Sembrava come se fosse un attentato ai magistrati, ma mettendo così in discussione una istituzione di carattere parlamentare, tanto è vero che abbiamo aperto un grande dibattito in Commissione antimafia su quello che era il ruolo dei magistrati e quelli che erano il ruolo e le competenze della Commissione parlamentare antimafia.
Questo discorso non si è mai chiuso. Non capisco qual è il giudizio definitivo del collega, onorevole Di Pietro. Lo capisco in questo momento, quando c'è una mozione. Se ci sono questi precedenti, onorevole Borghesi, ovviamente il sospetto di una forzatura e di una strumentalizzazione ritengo che ci possano essere e mi sta veramente molto a cuore capire soprattutto come si evolve ed articola tutto il processo.
Allora non c'è dubbio, come dicevo poc'anzi, che stiamo chiudendo. L'altro giorno abbiamo dedicato moltissime delle nostre ore e del nostro impegno di lavoro a sentire gli ultimi auditi. Altri auditi li ascolteremo anche nei prossimi giorni e poi andremo ad una relazione definitiva, certamente fermo restando il ruolo della magistratura e della Commissione parlamentare.
Noi certamente siamo rispettosi delle regole nel momento in cui rivendichiamo una lotta seria alla criminalità organizzata, tutto questo nasce infatti dal rispetto delle regole. Ritengo che anche la risposta al question time data dal Ministro ad un atto di sindacato ispettivo, mi pare il 5 settembre, non sia stata una risposta negativa.
C'è una risposta molto seria, che si rifà a delle valutazioni sul piano giuridico volte ad acquisire elementi, non escludendo anche la richiesta fatta attraverso questa mozione, e certamente non soltanto in questa mozione, di una costituzione di parte civile da parte del Governo.
Tuttavia, ritengo che bisogna procedere e concludere tutta una serie di iniziative, a mio avviso, per avere dei punti fermi e dei dati certi su una vicenda caratterizzata da momenti oscuri e parti ancora da chiarire. Pag. 20Ritengo che bisogna certamente lavorare perché queste ombre vengano ad essere rimosse.
Se vogliamo semplicemente fare della propaganda, molte volte le propagande, soprattutto gli articoli giornalistici e le trasmissioni televisive, non aiutano a sapere e a conoscere la verità dei morti ammazzati e del cancro forte che c'è in alcuni territori all'interno del nostro Paese. Allora - e le nostre valutazioni le faremo anche in sede di dichiarazione di voto - perché non considerare con attenzione, e soprattutto con grande rispetto, la posizione che qui ci ha rassegnato il Governo?
Io ritengo che sia questo un atto doveroso proprio nel concetto a cui facevo riferimento prima, ossia senza violare le regole ma nel loro rispetto, visto e considerato che nella lotta oggi alla criminalità organizzata non ci deve essere un primo e un secondo della classe, ma io ritengo che chi ha un minimo di senso delle istituzioni, di senso dello Stato, di senso della storia di questo nostro Paese, si pone a lottare contro chi vuole creare le condizioni per un ritorno ai secoli bui, come si suol dire, e aprire una prospettiva seria e forte per dare fiducia alle nuove generazioni, una prospettiva seria in questo nostro Paese.
Signor Presidente, come dicevo poc'anzi, avremo modo di riprendere questo tema e di avere poi una posizione definita anche del mio gruppo nel prosieguo di questo nostro dibattito. Ho voluto anticipare una certa posizione senza nessuna polemica, ma per capire se questa mozione è fine a se stessa oppure innesca un processo diverso. Tuttavia io ritengo che così com'è stata posta, così com'è stata rappresentata è un po' fine a se stessa, ha un fine di parte, e questo non va bene perché, se è di una parte, ovviamente non esprime una volontà di una lotta seria alla criminalità organizzata all'interno del nostro Paese.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, intervengo sulla mozione Di Pietro ed altri n. 1-01123 all'ordine del giorno, volta ad impegnare il Governo a costituirsi parte civile nel processo sulle stragi a partire dall'udienza preliminare convocata per il 29 settembre prossimo. Che lo Stato e, dunque, per suo conto, il Presidente del Consiglio dei ministri, possa costituirsi parte civile in un processo è un'ipotesi legittima. La Corte di Cassazione ha avuto modo di precisarlo in diverse occasioni e nessuno lo mette in dubbio. Ma è legittima pure la valutazione su quale sia il momento migliore per costituirsi parte civile. Infatti, la legge offre due possibilità: ci si può costituire parte civile nell'udienza preliminare oppure al dibattimento, prima delle formalità di apertura dello stesso.
Il Governo la sua posizione in relazione al processo sulle stragi l'ha già espressa nella persona del Ministro Giarda, il quale, in risposta ad un question-time qui alla Camera, ha evidenziato che valuterà, al momento dell'udienza preliminare, rassicurando che non sussistono ombre sulla volontà dello Stato di contrastare l'attacco mafioso sino alla sua completa e definitiva sconfitta e in un contesto di rispetto assoluto dei doveri istituzionali. La legge parla chiaro anche su un altro punto. Il fatto che lo Stato si costituisca parte civile in un processo non è oggetto di decisione del Parlamento, ma compete al potere dell'Esecutivo.
Allora di che cosa stiamo parlando? Ci sono due aspetti politici dietro questa mozione. In primo luogo, è evidente l'intenzione dell'autore di voler insinuare ad arte il dubbio che il Governo non sia interessato a trovare la verità. Questa è, a mio parere, una insinuazione gratuita e fuori luogo. Il Governo in diverse occasioni ha chiarito la sua posizione sulle stragi, non ultimo in occasione del ventennale della strage di Capaci, quando il Presidente del Consiglio - cito - disse: «Mai stancarsi di cercare la verità sulla morte di Falcone e Borsellino. In questi anni sono venuti alla luce pezzi mancanti che devono essere analizzati fino in fondo. È una ferita del nostro Paese ancora aperta, una ferita Pag. 21che brucia e brucerà finché non avremo fatto chiarezza anche sulle ombre della cosiddetta trattativa». Questa è la citazione di Monti alle celebrazioni per l'anniversario di Capaci.
La posizione di questo Governo e del suo Presidente del Consiglio mi sembra chiara. Dunque, la mozione di oggi pone un problema che non c'è. Ma c'è un secondo aspetto politico espresso da questa mozione, è l'intenzione di spingere il Parlamento a dare un segnale, pretendere chiarezza sulle stragi. Ma anche in questo caso - il collega Di Pietro lo dovrebbe sapere bene - noi questo segnale l'abbiamo già dato in questa legislatura, anzi abbiamo dato il segnale più forte che il nostro Parlamento in questa materia possa dare.
Lo abbiamo fatto - lo diceva bene il collega Tassone poco fa -, e dispiace dirlo, senza il sostegno dell'onorevole Di Pietro. Su forte pressione del Partito Democratico abbiamo messo le stragi e i contatti tra Stato e mafia in cima all'agenda dei lavori della Commissione antimafia, una Commissione di cui inizialmente faceva parte anche l'onorevole Di Pietro stesso, che poi ha lasciato i nostri lavori proprio là dove si sono resi più intensi sui temi delle stragi.
La Commissione antimafia per legge è la sede in cui il Parlamento e, in particolare, i parlamentari commissari hanno la possibilità e il dovere di dare il loro contributo in quel lavoro di inchiesta di cui il popolo italiano giustamente ci chiede conto. È un lavoro dettagliato che stiamo portando avanti da diversi mesi, nonostante le difficoltà legate ai numerosi tentativi di strumentalizzazione da parte della destra.
Si tratta di un lavoro a cui - anche questo mi preme sottolinearlo - i colleghi dell'Italia dei Valori, del partito dunque dell'onorevole Di Pietro, danno un grande contributo. Ma chi era ad essere contrario al fatto che ci occupassimo di questa tematica e di questo buio capitolo delle stragi? In Commissione antimafia a non volere che ci occupassimo politicamente proprio come Parlamento di questa questione era proprio il collega Di Pietro.
Dunque, chi oggi chiede al Parlamento di dare un segnale politico di chiarezza sulle stragi è esattamente la stessa persona che in Commissione antimafia - lì dove si può e si deve fare davvero un lavoro efficace e concreto sul problema - ha cercato di evitare che il Parlamento si occupasse di questo argomento. Non si tratta di un comportamento con il quale si aumenta la propria credibilità.
Allora, riepilogando: da un lato il Governo ha chiarito la sua posizione; dall'altro il Parlamento ha dato un segnale forte mettendo le stragi in cima al lavoro dell'antimafia. Dunque, a che cosa serve la mozione all'ordine del giorno? Temo che serva semplicemente a spingere sull'acceleratore mediatico. È l'ennesima sceneggiata simbolica e strumentale purtroppo. Ma sul tema delle mafie c'è bisogno di tutto tranne che di questo. Tra l'altro, di farse mediatiche su questi temi ne abbiamo subite fin troppe recentemente. La gente ne ha abbastanza e vuole la verità, vuole che venga fatta luce su questo oscuro capitolo della storia italiana.
La mozione di oggi in questo senso dà un contributo pari a zero. È puramente demagogica, così com'è impostata almeno. È una mozione che serve a fare fumo e non serve a produrre arrosto. Abbiamo a che fare con un processo di mafia importante e molto complesso, anche solo per il fatto che cerca di far luce su drammatiche vicende risalenti a vent'anni fa. Si tratta di vicende per le quali si era giunti a sentenze definitive di terzo grado, rimesse in completa discussione da nuove rivelazioni di collaboratori di giustizia.
Nel luglio di quest'anno la procura di Palermo ha esercitato l'azione penale nei confronti di Riina e di altre nove persone per aver concorso con differenti ruoli nel reato di minaccia aggravata e continuata a rappresentanti di un corpo politico per impedirne o comunque turbarne l'attività a partire dal 1992. Mi preme esprimere vivo apprezzamento nei confronti delle autorità inquirenti e giudiziarie che hanno lavorato su questa vicenda, la cosiddetta Pag. 22«trattativa Stato-mafia». È una vicenda sulla quale abbiamo l'obbligo di fare chiarezza senza guardare in faccia nessuno. Ma proprio perché si tratta di un argomento serio, anzi serissimo, abbiamo l'obbligo di agire pacatamente: più lavoro concreto e meno protagonismo fumoso a fini mediatici.
In generale, è questo che giova alla lotta alle mafie e anche a fare luce sulle stragi. Indipendentemente dalla mozione, per noi del Partito Democratico è importante che venga fatta luce su questo capitolo. Ecco perché in questi anni ci siamo impegnati fortemente in antimafia con l'obiettivo di pervenire a risultati concreti e trasparenti. La gente non vuole l'ennesima montatura ad effetto. C'è finalmente bisogno di una politica efficace contro le mafie attraverso interventi precisi come l'introduzione del reato di autoriciclaggio, il recepimento di leggi europee in materia di confisca, la modifica e l'aggiornamento del reato di voto di scambio, l'entrata in vigore della legge sulla corruzione e anche attraverso l'apposizione della parola «fine» ai tanti misteri sulle stragi.
In questo, ci rivolgiamo al collega Di Pietro e, insieme a lui, a tutte le forze del Parlamento per associarsi a noi per realizzare i passi necessari per combattere le mafie oggi e per chiarire con un lavoro concreto le cupe ombre che gravano ancora sul passato. Tutti coloro che si vorranno mettere al nostro fianco in questa lotta sono di certo benvenuti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, intervengo sulla mozione Di Pietro ed altri scevro da ogni tentativo - e lo dico - di speculazione. A vent'anni dalla stagione stragista di questi eventi che hanno macchiato la storia recente del nostro Paese non ci possiamo limitare a poche riflessioni, qualche commemorazione e tanta retorica, agire e progredire dovrebbe essere la nostra parola d'ordine, soprattutto se lo scenario entro cui questo auspicio prende forma è quello dell'imminente processo sulla «trattativa Stato-mafia». Vi è adombrato uno scenario nel quale infamia, contaminazione, connivenza si mescolano in maniera vergognosa e dinanzi al quale lo Stato deve agire energicamente in tutti i modi possibili.
La mozione di oggi si colloca proprio in quest'ottica, chiede cioè che lo Stato sia protagonista, quale parte lesa, di un affare losco e drammatico. È non solo un diritto riconosciuto dall'ordinamento italiano, ma un dovere nei confronti di coloro la cui vita è stata strappata e nei confronti degli italiani che verranno. Per questo imbrigliare questo atto nelle rigide e sterili categorie di questo o quel partito o di quella ideologia rischia di snaturare vistosamente la nostra missione principale, quella di consentire che il Paese faccia finalmente i conti con la sua storia, una storia recente e oscura che pesa ancora notevolmente sulla coscienza degli italiani.
Futuro e Libertà per il Terzo Polo esige verità e giustizia sulle stragi del 1992, in nome di Paolo Borsellino, ed è per questo che io sostengo la necessità morale e politica della costituzione di parte civile del Governo della Repubblica e del Presidente Monti nel processo sulla trattativa Stato-mafia che si aprirà a Palermo il 29 ottobre prossimo. Fatelo, quando volete voi, ma fatelo, prima o dopo, non ci interessa quale partito lo farà prima, ma è importante che si faccia e sappiate che gli italiani onesti vogliono un segnale chiaro da parte del Governo che non può che concretizzarsi in questo atto fondamentale.
Per questo io e altri colleghi abbiamo convintamente voluto portare un contributo a questa mozione; sia il Parlamento in modo trasparente ad esprimersi e a dare un forte segnale al Governo per far tornare a credere alla politica e alla rappresentanza. Gli italiani devono sapere che lo Stato non si limita a perseguire i crimini e gli esecutori materiali, ma pretende chiarezza sulle zone grigie della nostra storia recente.
La Costituzione dimostra che la stagione dell'omertà è definitivamente chiusa, che Pag. 23non esiste nessuna ragione di Stato che possa ancora giustificare il non raggiungimento della verità. Lo dobbiamo alle vittime di quelle stragi e a tutti gli italiani onesti. Nonostante siano trascorsi vent'anni da quel doloroso 23 maggio rimane ancora viva nell'opinione pubblica la memoria di una tragedia che rappresenta il simbolo di una giustizia colpita a morte, una giustizia nella quale gli italiani hanno dimostrato di volere ancora fortemente credere.
Nel maggio del 1992 per la prima volta il Paese ha avuto coscienza della giustizia schiacciata sotto il peso della mafia, l'estremo sacrificio di un giudice ha rappresentato una sorta di iniziazione dell'Italia verso la cultura dell'antimafia. La stagione delle stragi, la morte di donne e uomini dello Stato per mano di Cosa Nostra rappresenta una lente attraverso cui guardare l'Italia di allora e quella di adesso e attraverso la quale è possibile costruire l'Italia futura. Vent'anni dopo quelle stragi il nostro Paese è completamente cambiato, oggi c'è un livello di sensibilità e di conoscenza impensabile nei primi anni Novanta, questo vuol dire che il sangue versato per mano della mafia è stato e continua ad essere un riferimento di coraggio e di amore. Nell'opinione pubblica fino a quel momento la mafia era additata come qualcosa di astratto, impalpabile, lontano dalla realtà e dallo Stato; dopo quei giorni di sangue la mafia è diventata di colpo qualcosa di reale da combattere. Questa è la prima conquista di quel sacrificio enorme, oggi c'è una consapevolezza nuova: la mafia non è solo chi ha premuto quel telecomando sull'autostrada, ma chi ha deciso e chi ha negoziato con lo Stato permettendo tutto questo.
L'infamia maggiore è nella connivenza, nelle trattative tra Stato e Cosa Nostra che faticosamente e soltanto adesso stanno uscendo allo scoperto, perché si sappia e perché si condanni.
Davanti a questa consapevolezza lo Stato italiano, in quanto supremo riferimento istituzionale, politico e culturale, deve assumersi la responsabilità di incarnare ed accompagnare questa meravigliosa cultura dell'antimafia che si sta rafforzando sicuramente grazie anche a questo processo. Come può farlo? Anche costituendosi come parte civile in questo storico processo, senza la banale scusa di attendere notifiche e di assecondare i formalismi. Queste cose le lasciamo fare ai burocrati. Lo Stato, questo Stato, non può permettersi il lusso di agire come un burocrate, deve scendere in prima linea per fare chiarezza e per la trasparenza che deve a tutti i suoi cittadini, per rimettere ogni tassello al suo posto, per rinnovare questa credibilità offuscata da anni di parole dette da personaggi ambigui. Questa non è una provocazione, ma è una richiesta all'Italia, quella di non lasciarsi sfuggire un'opportunità così importante, affinché la democrazia e lo Stato di diritto non siano un concetto astratto da sbandierare soltanto nelle occasioni ufficiali, ma un modo di agire.
Ora dobbiamo chiederci qual è l'eredità del 1992: l'eredità più bella è la certezza che l'Italia riuscirà a fare i conti con la propria storia, riconoscendo chi ha colpa, chi ha permesso che tutto questo, a distanza di vent'anni, resti ancora impunito. In questi vent'anni abbiamo imparato a dire «no» e continuiamo a farlo con forza. Se ne parla poco, ma è importante urlare che esiste nel Paese un'Italia che ha raccolto l'eredità di Falcone e Borsellino, un'Italia vivace e varia, composta di donne e uomini, gente comune e uomini di Stato, senza distinzioni, gerarchie, che sa dire «no» alla mafia e ai suoi derivati. Noi abbiamo deciso di essere parte di quell'Italia meravigliosa che alla vergogna delle trattative con Cosa Nostra preferisce lo scontro con l'arma della legge. Non esistono patti, accordi segreti di Stato o opportunità politiche, esiste soltanto la giustizia. Questa Italia è l'eredità più grande di questo sacrificio. Per questo riteniamo vergognoso il turbinio di accuse, insinuazioni e scaricabarile a cui stiamo assistendo in questi giorni, quasi come fosse un tentativo maldestro di distogliere l'attenzione dalle questioni più importanti o forse il tentativo di strumentalizzare Pag. 24strumenti investigativi come le intercettazioni telefoniche e ambientali a proprio vantaggio.
Siamo stanchi, i cittadini italiani sono stanchi, vogliamo con forza ribadire che non vogliamo in nessun modo una deriva di giustizialismo integralista di quanti vogliono strumentalizzare fatti che, ancorché gravi, vanno comunque risolti attraverso la giustizia e il diritto. Lo diciamo anche a chi, come noi, è convinto della ratio di questa mozione.
Questo vortice di confusione e provocazione politica non fa che alimentare una esasperazione sociale di cui l'Italia, in questo momento, non ha bisogno. Un Paese moderno e socialmente e storicamente maturo dovrebbe essere capace di accantonare, in questo momento, la pastoia delle fumosità politiche. Bisogna mettere in primo piano la difesa della giustizia in tutte le sue forme, soprattutto se questa stessa giustizia è stata, purtroppo, contaminata e violentata da piccole parti malate del mondo istituzionale.
Non possiamo più aspettare! Lo Stato faccia questo meraviglioso e doveroso passo avanti! Lo dobbiamo a Giovanni, a Paolo e a tutti i giovani caduti che credevano, amavano e speravano! Noi continuiamo a credere, amare e sperare anche per loro, con coraggio e sempre a testa alta! Noi non abbiamo paura e l'Italia di oggi è con noi (Applausi dei deputati dei gruppi Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali della mozione.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Antonio Malaschini.

ANTONIO MALASCHINI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, la mozione presentata dall'onorevole Di Pietro ed altri parlamentari, qui illustrata dall'onorevole Borghesi, richiede al Governo di autorizzare la costituzione di parte civile dello Stato nel processo, come è stato qui ampiamente ricordato, riguardante la cosiddetta trattativa tra Stato e mafia negli anni 1992-1994.
In particolare, si richiede l'impegno a formalizzare la costituzione in giudizio sin dall'udienza preliminare, fissata innanzi al tribunale di Palermo per il prossimo 29 ottobre.
Premessa la straordinaria rilevanza dei fatti contestati e del processo in questione, che riguarda accadimenti tragici che hanno segnato la più recente storia repubblicana, occorre precisare che la scelta se autorizzare o meno la costituzione di parte civile dello Stato passa necessariamente attraverso l'attenta verifica della sussistenza della legittimazione ad agire, ex articolo 74 del codice di procedura penale, e richiede, ancor prima, la piena conoscenza degli atti, che sarà conseguente alle comunicazioni di rito, ex articolo 419 del codice di procedura penale.
Come è noto, infatti, tra i requisiti previsti dalla legge, a pena di inammissibilità della costituzione di parte civile, vi è non solo l'indicazione di dati che possono trarsi esclusivamente dagli atti processuali, ma anche l'esposizione delle ragioni che giustificano la domanda, a proposito dell'articolo 78, comma 1, lettera d) del suddetto codice, il che comporta la necessità di procedere alla completa illustrazione del rapporto tra fatto-reato e danno lamentato, nonché delle ragioni in forza delle quali si ritiene che dal reato stesso siano scaturite conseguenze pregiudizievoli per il danneggiato.
Tanto dimostra l'impossibilità di strutturare un atto di costituzione di parte civile, dotato dei requisiti, anche minimi, di ammissibilità, sulla base di una semplice notizia giornalistica, relativa alla data di celebrazione dell'udienza preliminare in questione. Occorre poi considerare che, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del codice di procedura penale, la costituzione di parte civile può senz'altro avvenire, come Pag. 25ha ricordato l'onorevole Borghesi, per l'udienza preliminare, ma che essa può ben essere formalizzata anche successivamente, sino alla fase introduttiva del dibattimento di primo grado. Non è secondario sotto questo profilo richiamare la natura dell'udienza preliminare nell'odierno sistema processuale penale quale luogo deputato al primo vaglio di fondatezza dell'imputazione formulata dal pubblico ministero nel contraddittorio tra le parti.
Allo stato, dunque - allo stato - il Governo non può assumere l'impegno in esame nei termini in cui esso è stato articolato, poiché esso involge aspetti e scelte di natura prettamente tecnica che attengono ai presupposti sostanziali per la costituzione in giudizio, rispetto ai quali è preliminare la conoscenza piena degli atti ed a valutazioni, strettamente processuali, circa la decisione di attendere o meno l'esito dell'udienza preliminare.
Per queste ragioni e - sottolineo - pur non essendovi alcuna preclusione alla costituzione di parte civile da parte dello Stato, il Governo non può assumere oggi l'impegno richiesto.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 71-355-399-1119-1283 - D'iniziativa dei senatori Legnini ed altri; Pastore ed altri; Mugnai; Carrara ed altri; Valentino: Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (A.C. 4041-A); e delle abbinate proposte di legge: Vitali; Galati; Torrisi e Sisto; Duilio ed altri; Maggioni ed altri; Giammanco ed altri (A.C. 541-2514-2608-3682-4139-4168) (ore 15,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata, in un testo unificato, dal Senato, d'iniziativa dei senatori Legnini ed altri; Pastore ed altri; Mugnai; Carrara ed altri; Valentino: Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Vitali; Galati; Torrisi e Sisto; Duilio ed altri; Maggioni ed altri; Giammanco ed altri.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4041-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Torrisi, ha facoltà di svolgere la relazione.

SALVATORE TORRISI, Relatore. Il testo oggi sottoposto all'esame dell'Assemblea è il risultato di un'approfondita attività istruttoria e di un ampio e vivace dibattito svolto dalla Commissione, in parte nell'ambito del comitato ristretto, al quale hanno partecipato in modo intenso e costruttivo tutti i gruppi parlamentari ed il Governo.
Il dibattito si è incentrato sul testo trasmesso dal Senato, le cui proposte di modifica alla disciplina del condominio negli edifici sono state attentamente valutate alla luce delle diverse possibili soluzioni prospettate dalle altre proposte di legge abbinate e dai contributi dei soggetti auditi.
La Commissione ha infatti svolto un ciclo molto ampio e completo di audizioni, facendo tesoro di molte delle indicazioni e dei suggerimenti provenienti da esperti della materia e da rappresentanti delle categorie interessate. Ne è risultato un nuovo testo della proposta di legge Atto Camera n. 4041-A, approvata dal Senato, che Pag. 26è stata adottata quale testo base e poi ulteriormente modificata dagli emendamenti approvati dalla Commissione.
Uno dei punti nodali dell'esame è stato rappresentato dalla necessità di verificare la tenuta della tradizionale configurazione giuridica del condominio di fronte all'indiscutibile esigenza di ammodernamento dell'istituto, unanimemente sentita dalla società civile. Sotto questo profilo la Commissione ha ritenuto di dovere mantenere ferma l'impostazione seguita dal Senato nel senso di non attribuire al condominio ex ante, con una norma di carattere generale, la capacità giuridica.
Una simile innovazione da un lato è sembrata in contrasto con le esigenze sistematiche ravvisabili nel codice civile, che attribuisce la capacità giuridica espressamente in via generale solo alla persona fisica, e dall'altro avrebbe aperto la via a nuove configurazioni giuridiche del condominio che non sono apparse indispensabili al fine di conseguire quel necessario ammodernamento dell'istituto che costituisce lo scopo della riforma, né prive di effetti collaterali. Si è quindi voluto escludere che il condominio possa assumere l'autonoma titolarità di diritti reali sulle cose comuni e si è confermata la configurazione pluralistica dell'istituto, in base alla quale i proprietari esclusivi delle unità abitative sono anche comproprietari delle parti di uso comune e vi è un'organizzazione unica competente a gestire le parti comuni, raffigurata dall'assemblea dei proprietari e dall'amministratore da essa nominato.
Alcune soluzioni proposte dal Senato in merito alla riduzione dei quorum costitutivi e deliberativi dell'assemblea hanno destato perplessità e sono state riviste e attenuate. Mi riferisco in particolare alle disposizioni che consentono di modificare le destinazioni d'uso delle parti comuni a maggioranza anziché all'unanimità e a quelle che prevedono una significativa riduzione dei quorum deliberativi in materia di innovazioni. Su queste parti della disciplina il dibattito è stato particolarmente serrato ed è prevalso l'orientamento volto a garantire la piena tutela dei proprietari delle singole unità immobiliari, giacché il valore e il pregio di queste ultime dipende anche dalla destinazione d'uso delle parti comuni. Si è voluto inoltre limitare la possibilità che le spese, anche gravose, per le innovazioni siano imposte con maggioranze ridotte ai proprietari che non vogliono o non possono sostenerle. Nel nuovo articolo 1120 quindi la riduzione del quorum deliberativo è prevista solo per le innovazioni di interesse sociale.
È stata compiuta una complessiva revisione del testo, in un'ottica di generale semplificazione e snellimento. In particolare, sono state soppresse alcune norme dall'applicazione delle quali si è ritenuto che potesse derivare un aumento della litigiosità nel condominio o un incremento del contenzioso giudiziario. Tale scelta è stata anche influenzata dalla considerazioni che, a decorrere dal 21 marzo 2012, le controversie in materia di condominio soggiacciono alla disciplina della mediazione obbligatoria di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. È stata quindi introdotta una disposizione di raccordo tra la disciplina del condominio e quella della mediazione obbligatoria, che definisce anche il concetto di controversia in materia di condominio, lasciato sostanzialmente in bianco dal citato decreto legislativo n. 28 del 2010.
Sono state inoltre modificate o attenuate alcune altre disposizioni che sembravano attribuire ulteriori poteri all'amministratore laddove quei poteri siano stati considerati eccessivi o invasivi nei confronti della sfera privata dei singoli condomini anche per quanto concerne la riscossione dei contributi. Il tema della morosità del condomino è stata comunque oggetto di un serio approfondimento all'esito del quale si è optato per la semplificazione di talune disposizioni e per il mantenimento della possibilità, prevista dal Senato, che l'amministratore ricorra al decreto di ingiunzione senza che sia necessaria la previa delibera dell'assemblea.
Particolare attenzione è stata riservata all'esigenza di introdurre o perfezionare Pag. 27meccanismi che possano facilitare l'ingresso nel condominio della tecnologia finalizzata al complessivo miglioramento della qualità della vita. Mi riferisco in particolare alle fonti di energia rinnovabili, agli impianti di videosorveglianza e alle reti in fibra ottica. Con riferimento alla trasparenza e alla conoscibilità delle vicende che riguardano il condominio, si è prevista l'istituzione del repertorio dei condomini presso l'ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio, nonché la possibilità che l'assemblea deliberi la costituzione del sito Internet del condominio.
Ultimo tra i grandi temi affrontati nell'articolato predisposto dalle Commissione, ma assolutamente preminente in termini di rilevanza e di efficacia della riforma, è quello della valorizzazione e qualificazione della figura dell'amministratore di condominio. In primo luogo si è stabilito che l'amministratore, all'atto della nomina, deve presentare ai condomini una polizza individuale di responsabilità civile per gli atti commessi nell'esercizio del mandato, i cui oneri sono a carico dei condomini. Si è quindi optato per l'istituzione, presso ogni ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio, di un registro degli amministratori di condominio, con indicazione dei requisiti di onorabilità e di formazione richiesti ai fini dell'iscrizione, con la precisazione tuttavia che agli iscritti al registro è riconosciuta competenza specifica all'esercizio dell'attività di amministratore di condominio. L'iscrizione al registro tuttavia non costituisce requisito per esercizio di tale attività. È necessario precisare che le ipotesi valutate dalla Commissione sono state molteplici e che l'istituzione del predetto registro e la configurazione dell'iscrizione come non obbligatoria ai fini dell'esercizio dell'attività dell'amministratore è stata ritenuta dalla Commissione una valida soluzione di compromesso tra chi non voleva alcun tipo di registro e chi richiedeva requisiti di qualificazione particolarmente severi.
Si tratta inoltre di una soluzione compatibile con la disciplina comunitaria ed i principi fissati in materia di professioni non organizzate in ordini o collegi dal testo unificato delle proposte di legge n. 1934 e abbinate, approvato dalla Camera il 17 aprile 2012. Ricordo infatti che l'articolo 7 del citato testo unificato prevede un sistema di attestazioni che tuttavia non possono rappresentare requisiti necessari per l'esercizio dell'attività professionale.
Passando all'esame dell'articolato, rilevo che il testo elaborato dalla Commissione giustizia consta di 32 articoli che novellano il Capo II del Titolo VII del Libro III del codice civile, gli articoli 63 e seguenti delle disposizioni di attuazione e alcune leggi speciali.
L'articolo 1 sostituisce l'articolo 1117 del codice civile, introducendo una definizione più articolata di parti comuni dell'edificio; sono ora esplicitamente compresi nelle parti comuni le facciate, i parcheggi, i sottotetti, gli impianti di condizionamento, quelli per la ricezione radio TV, anche satellitare o via cavo.
L'articolo 2 introduce due nuovi articoli nel codice civile. L'articolo 1117-bis chiarisce l'ambito applicativo della disciplina sul condominio, esteso a complessi immobiliari composti da unità unifamiliari - condominio «orizzontale», ad esempio villette a schiera - nonché ai cosiddetti supercondomini. L'articolo 1117-ter detta una specifica procedura per la tutela contro le attività che incidano negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d'uso delle parti comuni; non solo l'amministratore, ma anche il singolo condomino, può diffidare l'esecutore della condotta e chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione, anche attraverso azioni giudiziarie.
L'articolo 3 interviene sull'articolo 1118 del codice civile per precisare che il singolo condomino può distaccarsi dall'impianto centralizzato di riscaldamento in presenza di due condizioni: l'unità abitativa non gode della normale erogazione di calore per problemi tecnici all'impianto condominiale che non vengono risolti nel corso di una intera stagione di riscaldamento; il distacco non comporta squilibri tali da compromettere la normale erogazione Pag. 28di calore agli altri condomini o aggravi di spesa. In tali casi il rinunziante è tenuto a concorrere esclusivamente al pagamento delle spese di manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma.
L'articolo 4 modifica l'articolo 1119 del codice civile, in materia di indivisibilità del condominio, prevedendo che le parti comuni possano essere soggette a divisione solo in presenza di una delibera unanime che le sottragga all'uso comune.
L'articolo 5 novella l'articolo 1120 del codice civile, in materia di innovazioni. Il testo conferma che i condomini - a maggioranza degli intervenuti all'assemblea, che rappresentino almeno i 2/3 dei millesimi - possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni, ma aggiunge che per le innovazioni che hanno ad oggetto...

PRESIDENTE. Onorevole Torrisi...

SALVATORE TORRISI, Relatore. C'è un problema di tempo, mi pare...

PRESIDENTE. C'è la possibilità di consegnare il testo...

SALVATORE TORRISI, Relatore. Se lei mi autorizza, consegno il testo. Concludo senza ulteriormente dettagliare gli articoli, dicendo che, così come è avvenuto in Commissione, auspico che anche in quest'ultimo passaggio dell'iter parlamentare di questa Camera il dibattito sia improntato al confronto costruttivo, libero da precostituite posizioni politiche o ideologiche - che su questo provvedimento certamente non vi possono essere - perché l'intento che tutti i gruppi parlamentari hanno manifestato è quello di raggiungere l'obiettivo di una nuova legge che definisca i problemi esistenti di natura tecnico giuridica che riguardano la maggioranza dei cittadini che sono proprietari di beni condominiali.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Torrisi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente. È iscritto a parlare l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, sarò breve, faccio riferimento al testo presentato dal relatore per tutti gli aspetti tecnici di questa proposta di legge e utilizzo questi pochi secondi soltanto per indicare questo testo che oggi abbiamo in discussione come esempio di come vi sia stata una rischiosa involuzione del processo legislativo, in particolare per quanto riguarda i testi di origine parlamentare. Il relatore, forse con un ottimismo che non è il mio, ha detto che questo è l'ultimo passaggio. Sono tre legislature che si parla di una riforma del testo della legge sui condomini. Sappiamo che sono settant'anni che tutto sommato nel codice civile si mantengono delle norme che sono state originate nel 1942.
Non credo che questo sarà il penultimo. Debbo augurarmi che sarà il penultimo, appunto, ma difficilmente sarà l'ultimo. Eppure, è un argomento che ci è caro a tutti noi come cittadini; oltre 40 milioni di cittadini vivono in un condominio. Sappiamo che la movimentazione finanziaria di risorse che riguarda i condomini è dell'ordine di 10 o 15 miliardi di euro e, quindi, anche dal punto di vista economico è qualcosa di estremamente rilevante, come comunque è rilevante e importante il fatto che sono oltre 300 mila gli amministratori di condominio. Questa rilevanza, questa attenzione della classe politica e del Parlamento è anche sottolineata dal numero di proposte di legge e pure dalla partecipazione non ideologica, come testimoniato peraltro dal fatto che, in questa particolare fase politica in cui il Governo è appoggiato da forze parlamentari anche eterogenee che hanno avuto sino all'altro ieri momenti di grave dissidio, si riesce lo stesso ad andare avanti.
Ebbene, difficilmente dopo tre legislature, dopo due passaggi parlamentari, noi riusciremo, Pag. 29prima della fine di questa legislatura, a concludere quella che non è una rivoluzione, ma è una manutenzione straordinaria di norme che nel tempo, anche per il loro effetto sul contenzioso giuridico, sono diventate confliggenti ed obsolete. Questo è un grave problema. Stiamo diventando un sistema come quello anglosassone in cui, com'è noto, l'iniziativa parlamentare nelle leggi di fatto non esiste. Il Governo fa il calendario delle Camere e di fatto fa anche le leggi. Ebbene, su questi punti così importanti per tutti noi cittadini qualche modo per uscire da questo circolo vizioso bisogna trovarlo. Infatti, se tutti siamo d'accordo e in tre legislature non siamo in grado neanche di fare una manutenzione straordinaria di una legge così sentita da tutti come quella dei condomini, vuol dire che questo Parlamento qualche problema lo ha veramente.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, anch'io intervengo su questo tema. Visto che è stato evocato un qualche pessimismo dal collega che mi ha preceduto circa il fatto che questa riforma della legislazione sul condominio giunga in porto, devo dire che anch'io sono un poco pessimista e, quindi, svolgo alcune considerazioni, esprimendo pure un poco di rammarico. Infatti, è vero quello che dice il collega Cossiga, però bisognerebbe approfondire. Non abbiamo il tempo di farlo in questa sede, non abbiamo mai tempo, è paradossale questa situazione. In un Parlamento dove si dice che non c'è un impiego ottimale del tempo, poi non c'è mai tempo di approfondire niente. Tornando a noi comunque, sarebbe interessante entrare un poco nel merito. È stato detto dal collega che questo tema è molto importante e condivido perché riguarda 42-43 milioni di italiani; quattro quinti delle popolazioni che abitano nelle città, abitano nei condomini. Ci sono fenomeni di evoluzione sociale e culturale profondissimi che caratterizzano il condominio per cui sfido chiunque a dire che il condominio di oggi è il condominio del 1942. Abbiamo a Milano condomini di 5 mila unità. Un solo condominio di 5 mila unità. Abbiamo fenomeni per cui gli immigrati prendono in affitto una casa in condominio, poi tornano al proprio Paese, si fanno pagare l'affitto da quelli che subentrano e fin quando la procedura arriva a metterli fuori; intanto quegli immigrati ottengono una sorta di rendita e noi non riusciamo a disciplinare questi fenomeni prevedendo in qualche modo che, quando pure si arriva alla procedura esecutiva, le spese condominiali comunque il condominio abbia diritto di riscuoterle. Potrei fare molti esempi, ma non ho il tempo.
Abbiamo esempi di social housing o altro anche un po' più sofisticato in cui si comincia a pensare a condomini con la biblioteca condominiale a piano terra perché se ne avverte l'esigenza da parte dei condomini, soprattutto con un trend demografico che, ahimè, inclina all'anzianità. Evidentemente, quindi, si dovrebbe disciplinare questa materia. Invece noi siamo fermi ad un approccio romanistico che celebra il trionfo assoluto del dogma della proprietà, della proprietà assoluta, per cui io sono proprietario di un alloggio e sono anche proprietario di una parte comune e per questo, se quella parte comune che una volta era adibita a servizio di portineria, adesso la vogliamo trasformare in sala giochi per bambini, perché fortunatamente ci sono molti bambini in quel palazzo, o sala gioco carte per anziani, perché ci sono molti anziani, come succede più frequentemente, soggiacciamo tutti al principio dell'unanimità del consenso dei condomini. Se vi sono emicranie diffuse, soprattutto nelle zone dove abito io, dovute forse alla nebbia, questo rende praticamente impossibile prendere decisioni. Ciò mi è stato scritto da alcuni e mi piacerebbe leggervi alcune mail che mi sono arrivate dove si documentano situazioni paradossali in cui dieci millesimi di proprietà non consentono di fare una operazione che porterebbe benefici per tutti i soggetti che abitano in quel palazzo. Pag. 30
Ora io mi appassiono molto al tema, ovviamente non ritenendo di essere depositario di certezze - non sono un giurista, come mi è stato detto, quindi sono un artigiano del diritto - ma ritengo che noi dovremmo passare da un approccio che considera la legislazione del condominio un poco anacronistica, secondo me, rispetto a quello che era previsto nel 1942, tutta centrata sulla proprietà assoluta dell'alloggio e delle parti comuni, ad un approccio che invece tenga conto anche della collettività che sta nel condominio, individuando evidentemente un punto di equilibrio che metta insieme gli interessi della proprietà e nello stesso tempo gli interessi della «collettività», della comunità che insiste su quel condominio. Da qui nasce evidentemente il problema - lo sa il sottosegretario - dell'esatta definizione della natura giuridica del condominio. In un appunto informale tecnico che ci è stato dato in Commissione è ben inquadrata, non ho il tempo di leggerlo, ma si dice che l'esatta natura giuridica del condominio rimane però controversa. Poi si articola questo discorso andando a parare anche sull'eventualità di una definizione in termini di una distinta soggettività giuridica, non una capacità giuridica, ma almeno una distinta soggettività giuridica del condominio, che renda più semplice la vita ai condomini. Pertanto non c'è bisogno, nel supercondominio, di andare tutti dal notaio quando si vende per esempio una parte comune; oppure si può escludere il patrimonio del condominio prima di aggredire il patrimonio del singolo inquilino, nel caso in cui vi siano dei creditori; oppure evitare cose assurde come per esempio è emerso da una sentenza recente della Corte di Cassazione, per cui se c'è un furto in una parte comune e non c'è la denuncia di tutti i condomini non si può denunciare il furto, con l'assurdità ulteriore e paradossale per cui, se a commettere il furto è stato uno dei condomini, questo per definizione rende impossibile che si denunci il furto.
Vado a concludere rapidamente, perché il mio tempo si sta esaurendo: signor Presidente, qui forse risentiamo tutti del fatto che il condominio, nella trattatistica culturale del nostro Paese, è considerato un argomento minore. Io non voglio teorizzare la metafisica del condominio, però forse se ci dedicassimo un poco di approfondimento in più, visto che ci abitano dentro milioni e milioni di persone, forse usciremmo da questa situazione e forse potremmo riconoscere, come a suo tempo abbiamo fatto per le associazioni non riconosciute, alle quali comunque abbiamo riconosciuto - scusate il bisticcio - un minimo di capacità, non una personalità giuridica che rinvia ad un'autonomia patrimoniale perfetta, ma un minimo di capacità: questo lo potremmo riconoscere, perimetrandola agli atti di manutenzione e di amministrazione del condominio, evidentemente subordinatamente alle decisioni di assemblea, la quale non debba soggiacere alla sacralità del principio dell'unanimità, per cui anche il proprietario di dieci millesimi in un palazzo di otto piani evidentemente può bloccare qualsiasi decisione su quel che riguarda il bene di tutta quella comunità di persone.
Quindi io mi limito a dire che presenterò - e vado a concludere - i miei emendamenti non perché io speri che si cambi opinione: ho preso atto da un giurista che l'orientamento culturale e giuridico nel nostro Paese è di tipo romanistico, ne prendo atto e mi inchino, ma nello stesso tempo ritengo questo sia un anacronismo rispetto a quello che sta accadendo e almeno vorrei che rimanesse traccia di un Parlamento che vota contro la possibilità di un minimo di innovazione, anche per evitare il fatto che, da una parte, diciamo che c'è bisogno di un ammodernamento e, dall'altra, diciamo che non cambiamo una virgola rispetto a questo aspetto, che è particolarmente rilevante, io credo, per il futuro del condominio.
Le declinazioni le lascio agli interventi sugli emendamenti: potremmo parlare della modifica della destinazione d'uso e mi riferisco (almeno abbiamo provato: siamo finiti 12 a 12 in Commissione) ai quattro quinti dei partecipanti e ai quattro quinti del valore dell'immobile, per cercare Pag. 31di modificare la destinazione d'uso. Ci è stato detto che ci deve essere il cento per cento e quindi non si modifica niente. Parlo di una parte di cui sia cessata l'utilità e di cui non vi sia più utilizzo; sia chiaro, non sto parlando di una parte che è utilizzata per altre cose, sarebbe una cosa che, ad andarla a raccontare in giro, si direbbe: «Ma voi siete matti!» (chiedo scusa, non voglio offendere nessuno).
Ma la stessa cosa si può dire per quanto riguarda l'alienazione di una parte comune di cui sia cessata l'utilità, con il riconoscimento del diritto di prelazione di un condomino che sia eventualmente interessato; così come potremo parlare di altro, signor Presidente, ma non ho tempo. Vorrei solo dire che avevo previsto nelle mie proposte emendative - e riproporrò anche questo - un fondo di garanzia nel caso di mala gestio, per evitare, anche in questo caso, che il condomino debba pagare due volte per il carburante, per fare un esempio, perché sono spariti i soldi per la gestione di quel condominio con un incrocio di denaro che «viaggia». Infatti - si è accennato anche a questo, forse, in un intervento precedente -, c'è anche molto «nero» che viaggia come fiumi all'interno dei condomini.
Tratteremo più specificatamente questa serie di questioni durante l'esame delle proposte emendative, le quali per quanto mi riguarda - apprezzando, peraltro, il lavoro che è stato svolto nel rispetto di ciascuno, ma ovviamente esprimendo un'opinione diversa - ci consentiranno di confrontarci nel merito delle questioni e, forse, di offrire qualche soddisfazione anche al collega Cossiga. Egli, infatti, potrà risolvere il suo dilemma intellettuale - che è anche il mio - per cui, dopo tre legislature, continuiamo a parlare di condominio, ma non riusciamo a fare una riforma incisiva che si possa chiamare tale, perché questa rischia di essere più che una manutenzione, forse, qualcosa che potevamo anche conseguire con qualche piccolo emendamento in qualche altro provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole D'Ippolito Vitale. Ne ha facoltà.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, colleghi, anche dalle relazioni che hanno preceduto la mia, risulta di tutta evidenza l'opportunità di riformare la normativa vigente in materia di condominio negli edifici, considerando le leggi speciali succedutesi nel tempo, nonché le interpretazioni giurisprudenziali che ne suggeriscono l'aggiornamento per l'elaborazione di una sorta di testo unico del condominio.
Non vi è alcun dubbio, infatti, che il corpus di norme codicistiche sul condominio oggi in vigore appare datato, ampiamente superato dall'enorme mutamento economico-sociale verificatosi negli ultimi sessant'anni, nonché incongruo rispetto alle nuove problematiche determinate dalla diversa organizzazione di vita delle famiglie, dai nuovi servizi di cui essi usufruiscono e dalle caratteristiche diverse delle abitazioni. Basta riflettere sul fatto che, all'epoca dell'emanazione delle norme vigenti, solo una quota minoritaria delle famiglie italiane viveva in condominio, mentre oggi tale condizione riguarda i più, nonché una parte importante di esercenti ed attività economiche.
La vetustà dell'impianto normativo attuale è stata solo in parte superata dall'orientamento della giurisprudenza che in numerose occasioni si è fatta carico di affermare un'interpretazione evolutiva necessaria a far fronte al consistente e sempre più crescente volume di contenzioso. Il risultato è che, a tutt'oggi, la disciplina in questione trova a volte fondamento più nelle pronunce giurisprudenziali che nelle norme del codice civile. Il percorso riformatore di una materia così complessa non si presenta agevole, trattandosi, da un lato, di incidere sui diritti dei condomini al contempo proprietari esclusivi e comproprietari delle parti comuni e, dall'altro lato, di modernizzare una normativa che nella sua applicazione ha dato luogo ad una sedimentazione interpretativa e di costume difficilmente modificabile. Pag. 32
Nel corso degli anni, si è assistito ad un notevole ampliamento delle funzioni svolte dall'amministratore, dovuto sia all'aumento degli adempimenti che nei fatti è chiamato a svolgere, sia alla maggiore complessità delle situazioni da amministrare. Per questi motivi, è stato ritenuto necessario definire con chiarezza le responsabilità e i poteri di chi assume questo delicato ruolo e di prevedere, al contempo, un'adeguata tutela dei diritti dei condomini e dei terzi. A tale riguardo, abbiamo proposto emendamenti finalizzati ad attenuare alcune situazioni che parrebbero eccessive per realtà di piccole dimensioni. Si è posto il problema di intervenire sulla normativa vigente, riscrivendo ex novo le norme in modo tale da renderle coerenti con gli obiettivi modernizzatori e tali da originare una disciplina nuova ed omogenea.
In sintesi, la necessità di una revisione del quadro normativo sul condominio negli edifici deriva dall'insufficienza della disciplina civilistica, dalla necessità di superamento del concetto di verticalità dello stesso, oltre che dall'adeguamento alle nuove realtà edilizie - villette a schiera, supercondomini -, e infine, dall'esigenza di cristallizzare normativamente gli indirizzi giurisprudenziali divenuti prevalenti in una massa enorme di contenziosi civili che la riforma intende contribuire a ridurre in maniera significativa.
Tra le novità principali introdotte dal testo trasmesso dal Senato, che non deve prestarsi a letture ideologiche o di parte, perché riguarda la vita quotidiana di moltissimi cittadini, si segnalano: l'esplicita previsione del condominio orizzontale - penso alle villette a schiera - e del cosiddetto supercondominio (con un nostro emendamento si è inteso, tuttavia, salvaguardare la facoltà dei proprietari di incidere sulle decisioni dell'amministratore supercondominiale); le nuove maggioranze richieste per la modifica delle destinazioni d'uso delle parti comuni; la procedura urgente per i lavori della messa in sicurezza del condominio in caso di pericolo (l'Unione di Centro ha proposto un emendamento assai significativo per la salvaguardia degli edifici, specie di vecchia costruzione e in zone sismiche, ad evitare che modifiche succedutesi nel tempo nelle varie porzioni di edificio, delle quali si è persa nozione, possano rendere pericolosa l'intera struttura); la disciplina speciale per la realizzazione di interventi di utilità sociale (rimozione delle barriere architettoniche, risparmio energetico e altro); la nuova disciplina relativa all'amministratore (nomina, revoca, attribuzioni e doveri), la cui figura esce rafforzata nei poteri a fronte di un ampliamento delle responsabilità connesse alla gestione condominiale; l'introduzione dell'obbligo di polizza di assicurazione per gli atti compiuti dall'amministratore, con esclusione della fideiussione ove i condomini lo deliberino per interventi di rilevante entità, come proposto da un nostro emendamento; l'istituzione, infine, del registro degli amministratori presso l'Agenzia del territorio.
Come già osservato dal relatore Torrisi, il testo licenziato per l'Aula costituisce il risultato dell'integrazione di molte delle proposte e delle indicazioni pervenute dai colleghi e dal Governo, nonché da un'intensa attività di collaborazione tra i gruppi e con l'Esecutivo stesso.
Con riferimento al tema della soggettività giuridica è emerso un chiaro e sostanziale unanime disappunto limitatamente alla possibilità e all'opportunità di configurare il condominio quale soggetto titolare di diritti reali sulle parti comuni dell'edificio. Si è confermata, quindi, la tradizionale configurazione pluralistica, secondo la quale i proprietari esclusivi delle unità abitative sono anche comproprietari delle parti di uso comune. Alcune scelte del Senato in merito alla riduzione dei quorum costitutivi e deliberativi dell'assemblea hanno destato perplessità.
Mi riferisco, in particolare, alle già citate disposizioni che consentirebbero di modificare le destinazioni d'uso delle parti comuni a maggioranza, anziché all'unanimità, soprattutto se poste in relazione all'ipotesi di una soggettività del condominio intesa come autonoma titolarità di diritti reali sulle parti comuni, nonché a Pag. 33quelle che prevedono la significativa riduzione dei quorum deliberativi in materia di innovazioni.
Varie considerazioni hanno suggerito la soppressione o la modifica delle predette norme, al fine di garantire la piena tutela dei proprietari delle singole unità immobiliari, giacché il valore e il pregio di queste ultime dipende anche dalla destinazione d'uso delle parti comuni.
Si è voluto, inoltre, limitare la possibilità che le spese, anche gravose, per le innovazioni siano imposte con maggioranze ridotte ai proprietari che non vogliano o non possano sostenerle. Nel nuovo articolo 1120 del codice civile, quindi, la riduzione del quorum deliberativo è prevista solo per le innovazioni di interesse sociale.
È stata, inoltre, compiuta una complessiva revisione del testo in un'ottica di generale semplificazione e snellimento. In particolare, si è prevista la soppressione di alcune norme dall'applicazione delle quali si è ritenuto che potesse derivare un aumento della litigiosità nel condominio o, addirittura, un incremento del contenzioso giudiziario.
La scelta è stata anche influenzata dalla considerazione che, a decorrere dal 21 marzo 2012, le controversie in materia di condominio soggiacciono alla disciplina della mediazione obbligatoria di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 28 del 2010. Si è, quindi, ritenuto di inserire un nuovo articolo 71-ter nelle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, volto a delineare l'ampiezza del concetto di controversia in materia di condominio.
Rispetto al testo licenziato dal Senato, è stata prevista la modifica o la soppressione di alcune disposizioni che attribuiscono nuovi poteri all'amministratore, laddove questi siano stati ritenuti eccessivi o invasivi della sfera privata dei condomini, anche per quanto concerne l'attività di riscossione dei contributi.
Il tema della morosità del condominio rimane senza dubbio centrale, ma si è ritenuto che potesse essere sperimentata, quale sistema di coazione indiretta al pagamento, la sospensione del diritto di voto nell'assemblea, come previsto in altri Paesi europei. Del testo approvato dal Senato, resta comunque ferma la possibilità per l'amministratore di ricorrere al procedimento di ingiunzione senza che sia necessaria la previa delibera dell'assemblea. È stata già richiamata la particolare attenzione riservata nel testo alle disposizioni volte a consentire un più facile ingresso della tecnologia nel condominio per il complessivo miglioramento della qualità della vita: fonti di energia rinnovabili, impianti di videosorveglianza, reti di fibra ottica; ma ritengo che occorrerà porsi in allineamento alla normativa anche per ciò che riguarda l'accesso alle parti comuni per l'installazione di reti telematiche, ormai non più vietabile.
Con riferimento alla trasparenza dell'attività di amministrazione, si è accolta con particolare interesse la proposta di istituire, con apposita previsione inserita nelle disposizioni per l'attuazione del Codice civile e disposizioni transitorie, il sito Internet del condominio. Si è inoltre privilegiato il recepimento della giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia di quorum costitutivo dell'assemblea in seconda convocazione, di parziarietà delle obbligazioni e di revisione delle tabelle millesimali ma anche, confermando la disposizione elaborata dal Senato, in relazione al distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato.
Rimane tuttavia aperto il tema della professionalità e della qualificazione e formazione dell'amministratore di condominio. L'Unione di Centro esprime, a nome del proprio gruppo, e confidando nell'accoglimento degli emendamenti proposti, una valutazione favorevole sul testo elaborato in Commissione dal Comitato ristretto, nel corso del quale sono stati affrontati in modo approfondito tutti i temi più rilevanti della disciplina, compresi quelli già sottolineati della capacità giuridica e della soggettività, ritenendo non praticabile la configurazione di un condominio titolare di diritti reali sulle parti comuni. La ratio del complesso degli emendamenti da noi presentati è infatti, Pag. 34anzitutto, quella di garantire la tutela del diritto di proprietà: principio questo affermato con particolare forza dal nostro emendamento, già accolto in Commissione, volto ad introdurre nell'articolo 1119 del Codice civile la precisazione che le parti comuni possono essere sottratte all'uso comune solo con delibera unanime.
Altre proposte modificative sono finalizzate a ridurre il livello di conflittualità nel condominio, a volte potenziando, ed altre volte limitando, l'iniziativa dei singoli condomini, nonché a garantire che determinate deliberazioni siano assunte dall'assemblea con maggioranze realmente rappresentative. Particolare importanza riveste l'emendamento volto a rendere obbligatoria la redazione di una relazione comprovante la regolarità formale edilizio-urbanistica degli interventi effettuati nelle unità immobiliari, nonché l'osservanza delle normative di sicurezza. La proposta, come già precedentemente osservato, è tesa ad una più realistica formulazione dell'esigenza di accertare che opere significative non si effettuino recando potenziali pericoli nell'edificio. Il cosiddetto fascicolo di fabbricato, ove annotare tali opere, viene automaticamente a costituirsi come documento obbligatorio condominiale senza oneri. Il testo non risolve l'esigenza di una raccolta e conservazione delle opere effettuate succedutesi nel tempo che, se non accertabili con adeguata documentazione, possono rendere problematica la statica dell'edificio per ogni intervento successivo, in apparenza di modesta entità, ma viceversa magari significativo nel quadro generale comparato di tutte le opere effettuate nel tempo; ciò, specie nelle aree sismiche, come di recente, fatti drammatici hanno dimostrato.
L'attenzione del provvedimento a varie esigenze e necessità anche moderne, quali la previsione di normativa sulla ricezione dei segnali via etere e le agevolazioni per gli interventi tesi a promuovere l'acquisizione di fonti energetiche alternative, non può sottacere la gravità della situazione in essere nel patrimonio edilizio nazionale con 12 milioni di abitazioni a continuo rischio sismico. Da segnalare anche la rimodulazione dell'onere, anche economico, connesso alla polizza di assicurazione di cui all'articolo 1129 del Codice civile che, come attualmente configurato, non consentirebbe, soprattutto a molti giovani, di svolgere l'attività di amministratore di condominio, nonché il coinvolgimento dello stesso in programmi promossi da enti locali o da soggetti privati qualificati, finalizzati al recupero del patrimonio edilizio, alla vivibilità urbana, alla sicurezza e alla sostenibilità ambientale.
Allo stato inapplicabili e onerose per la pubblica amministrazione, con conseguente manifesta perplessità rilevata dal parere della V Commissione (Bilancio), anche le disposizioni di cui agli articoli 25 e 26. Concludendo, mi pare importante e mi preme ribadire l'importanza di una rapida approvazione di questo provvedimento, che ha molto impegnato la Commissione, nella prospettiva di una sua definizione in sede legislativa, ma che oggi giunge all'attenzione dell'Aula, proprio per la consapevolezza della rilevanza del tema affrontato e, quindi, per consentire un più ampio, approfondito e - mi auguro - risolutivo dibattito sui punti di maggiore criticità, anche da noi evidenziati.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Follegot. Ne ha facoltà.

FULVIO FOLLEGOT. Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo oggi all'esame, per la discussione sulle linee generali, le modifiche alla disciplina del condominio negli edifici. Il testo, già approvato dal Senato, è stato profondamente modificato, segno evidente di un dibattito che ha coinvolto i membri della Commissione su un tema che è particolarmente sentito, anche perché tocca oltre 40 milioni di persone. È opportuno ricordare come la normativa vigente sia per lo più contenuta nel codice civile, e quindi compie settant'anni: un lungo periodo in cui ha dimostrato, comunque, di reggere il peso degli anni e di aver saputo, anche attraverso un'interpretazione delle norme, mantenersi attuale. Peraltro, alla luce dei Pag. 35cambiamenti che vi sono stati, non solo nelle modalità di realizzazione degli immobili, ma anche nella vita sociale, e alla luce di una giurisprudenza che si è andata via via consolidandosi, ci è parso opportuno, vista anche l'elevata litigiosità presente tra i condomini, modificare la normativa vigente e integrarla, per cogliere quelle innovazioni che possono migliorare la qualità della vita di chi vive in condominio.
Il dibattito ha coinvolto i membri della Commissione nel tentativo di elaborare un testo non solo il più possibile condiviso, ma soprattutto in grado di cogliere le osservazioni e risolvere le problematiche che via via sono emerse. Lo stesso Governo è più volte intervenuto dando il suo apporto, a volte anche contestando alcune soluzioni proposte. Inutile negare che vi sono ancora alcuni punti su cui il dibattito prosegue. Quello che è uscito è comunque un testo che, a nostro avviso, è migliore rispetto a quello approvato dal Senato. Va peraltro fatto un inciso, che riguarda il bicameralismo perfetto. Una legge, per essere approvata, deve avere via libera, sullo stesso testo, sia alla Camera che al Senato, e mancano pochi mesi alla fine della legislatura: si corre il rischio che questo, come altri provvedimenti, non veda la luce. Ci auguriamo, quindi, che il testo approvato da quest'Aula sia condiviso da quella del Senato. Auspichiamo, peraltro, che alcune proposte emendative che abbiamo presentato, siano accolte dalla maggioranza, visto lo spirito di collaborazione che ha contraddistinto i lavori in Commissione. Ulteriori modifiche possono, infatti, dare risposta ad interrogativi che ancora permangono.
Il dibattito iniziale si è soffermato attorno alla questione personalità giuridica sì, personalità giuridica no. Non vi è dubbio che essere favorevole all'una o all'altra soluzione comporta pesanti riflessi sulla configurazione del condominio negli edifici. Una scelta piuttosto che un'altra deve tener conto non solo della normativa vigente, ma anche e soprattutto della cultura e della sensibilità dei cittadini, o meglio dei condomini proprietari delle unità immobiliari costituiti in condominio. La proprietà privata rimane e deve rimanere un valore. Solo pensare che vi sia un altro soggetto o ente che decide sulle parti comuni dell'immobile in maniera autonoma rispetto al proprietario o ai proprietari, o che vi sia sulle parti comuni un proprietario diverso dai proprietari delle singole unità immobiliari, è decisamente inaccettabile da parte della stragrande maggioranza di chi vive quella realtà. Allora meglio lasciare le cose come stanno, dare comunque soluzione ai problemi reali e lasciare eventualmente alla dottrina e alla giurisprudenza eventuali considerazioni sulla natura giuridica del condominio negli edifici. L'importante è che i proprietari delle singole unità immobiliari siano loro a decidere, all'unanimità o a maggioranza, sulla destinazione e sull'uso delle parti comuni.
Una volta superato questo dubbio i membri della Commissione hanno dovuto affrontare tematiche pratiche, reali, e valutare se il provvedimento approvato dal Senato fosse in grado di soddisfare le esigenze e le richieste che provengono non solo dalla categorie interessate, ma anche e soprattutto da chi è condomino in una realtà più o meno complessa. Nell'esame del testo del Senato sono sorte alcune criticità, che la II Commissione (Giustizia) della Camera ha inteso superare. In particolare, si è ritenuto che alcune norme approvate dal Senato costituissero i presupposti per un aumento della litigiosità dei condomini e un conseguente aumento delle cause legali.
Il ricorso all'autorità giudiziaria non può essere, infatti, che l'estrema ratio nella composizione delle liti, e la normativa deve fare in modo di limitare il ricorso alla giustizia, risolvendo le problematiche all'origine. Ad esempio, il secondo comma dell'articolo 1117-quater a tutela delle destinazioni d'uso, aggiunto dall'articolo 2 nel testo approvato dal Senato, prevedeva che l'amministratore è tenuto a convocare senza indugio l'assemblea; decorso il termine di 30 giorni dalla richiesta senza che sia Pag. 36stata convocata l'assemblea, è ammesso il ricorso all'autorità giudiziaria, che provvede in via d'urgenza.
Allo stesso modo, l'articolo 1122-bis (interventi urgenti a tutela della sicurezza negli edifici), aggiunto dall'articolo 7 del provvedimento, prevedeva che, nel caso in cui l'interpellato non consenta l'accesso o non si raggiunga l'accordo sulla nomina del tecnico, previa - ove possibile - convocazione dell'assemblea, possono essere richiesti al tribunale gli opportuni provvedimenti, anche in via d'urgenza.
Ora, non v'è chi non veda come il ricorso al giudice debba essere una ipotesi residuale. Siamo convinti che questa sia la strada giusta, a maggior ragione ora che è entrato in vigore il decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 che, all'articolo 5, comma 1, prevede che le controversie in materia di condominio ricadono sotto la disciplina della mediazione obbligatoria.
È stato perciò aggiunto in Commissione giustizia alla Camera un nuovo articolo 71-quater delle disposizioni per l'attuazione del codice civile che prevede il ricorso alla mediazione. Viene così coordinata la normativa del condominio con quella della mediazione. Una norma, che è stata invece soppressa, contenuta nel testo del Senato, con la condivisione di tutti i membri della Commissione, è quella contenuta nell'aggiunta all'articolo 1117-bis, dove si prevedeva che il godimento individuale di parti comuni si intende tollerato dagli altri condomini ai sensi dell'articolo 1144. La cessazione della tolleranza può essere provata soltanto mediante atto scritto comunicato all'amministratore o, in mancanza di amministratori, a tutti i condomini.
Evidentemente chi ha approvato tale testo non si è reso conto che così si va a scardinare un principio importante del nostro ordinamento giuridico, quello dell'usucapione. Obiettivo della nuova normativa è quello di garantire maggiore trasparenza nella gestione del condominio. È stato introdotto l'articolo 71-ter delle disposizioni per l'attuazione del codice civile: su richiesta dell'assemblea, che delibera con le maggioranze di cui al secondo comma dell'articolo 1136 del codice civile, l'amministratore è tenuto ad attivare un sito Internet del condominio che consenta agli aventi diritto di consultare ed estrarre copia in formato digitale dei rendiconti mensili di cui all'articolo 1129, ottavo comma.
L'attivazione del sito Internet non è quindi obbligatoria, ma avviene su richiesta dell'assemblea. Si vuole con questo rendere i condomini partecipi e in grado di controllare in tempo reale la vita del condominio, ma non solo questo. Si prevede anche, nel nuovo articolo 1129 del codice civile, che l'amministratore sia obbligato a far transitare le somme ricevute a qualsiasi titolo da condomini o da terzi, nonché quelle erogate a qualsiasi titolo per conto del condominio, su uno specifico conto corrente postale o bancario intestato al condominio.
Si prevede, inoltre, che ciascun condomino possa accedere al conto per prendere visione della rendicontazione periodica. Su questa ultima parte sorge, a nostro avviso, qualche perplessità. In primo luogo, perché potrebbe ravvisarsi una violazione della legge sulla privacy e, in secondo luogo, perché bisognerebbe che il condomino abbia almeno una delega in conto. In merito abbiamo presentato un emendamento che potrebbe superare il problema.
Proseguendo nell'esame del testo, l'articolo 1129 modificato prevede che l'amministratore, all'atto della nomina, deve presentare ai condomini una polizza individuale di responsabilità civile, per gli atti compiuti nell'esercizio del suo mandato. I relativi oneri sono a carico dei condomini. Ci poniamo anche qui una domanda: perché gli oneri della polizza devono essere a carico dei condomini?
Altra norma che ha fatto riflettere è l'ultimo comma dell'articolo 1118 modificato, dove si prevede che il condomino, qualora sussistano determinate condizioni, può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato, sempre che il distacco non comprometta la normale erogazione di calore agli altri condomini e non vi siano aggravi di spesa. Anche su questo noi Pag. 37abbiamo presentato un emendamento, in maniera tale di ristabilire un equilibrio tra gli interessi in campo.
È utile, nel proseguire la disamina del provvedimento, valutare attentamente anche i pareri espressi dalle Commissioni interessate in sede consultiva.
Si tratta di pareri che presentano osservazioni o pongono condizioni relativamente all'articolo 25, avente ad oggetto il repertorio dei condomini, e all'articolo 26, riguardante l'istituzione del registro degli amministratori di condominio. Va detto subito che la V Commissione (Bilancio) non ha espresso alcun parere, ma ha deliberato di richiedere al Governo la predisposizione di una relazione tecnica anche per evitare di esprimere un parere negativo sugli articoli citati. La V Commissione, con riferimento all'articolo 25, chiede che nella determinazione degli oneri relativi all'istituzione del repertorio, si tenga conto degli oneri amministrativi e, con riferimento all'articolo 26, rileva che mancano forme di copertura per gli oneri derivanti dall'istituzione e dalla tenuta del registro degli amministratori di condominio.
La domanda resta: chi è che sopporta poi, alla fine, la spesa? Gli stessi articoli 25 e 26 vengono, peraltro, analizzati sotto altre chiavi di lettura dalle altre Commissioni. Ad esempio, l'VIII Commissione (Ambiente) chiede di valutare l'opportunità di rivederne i contenuti al fine di evitare appesantimenti burocratici, mentre la IX Commissione (Trasporti) chiede di valutare l'opportunità, con riferimento al repertorio dei condomini, di limitare gli obblighi di annotazione ai soli dati essenziali del singolo condomino e, con riferimento all'articolo 26, di sopprimere il registro degli amministratori, facendo confluire alcune annotazioni essenziali in esso contenute nel repertorio dei condomini. Ben più selettivo è il parere della X Commissione (Attività produttive), che pone invece delle condizioni.
Il lavoro che è stato fatto in Commissione è stato sicuramente positivo, anche se emergono alcune perplessità che ho evidenziato nel mio intervento. La materia è complessa e va a toccare una buona parte della nostra popolazione. Le norme, se verranno approvate, incideranno in maniera sensibile sulla qualità della vita di un numero estremamente vasto di persone. A maggior ragione, quindi, dobbiamo essere molto attenti a valutare le conseguenze di ogni singola norma. Il fatto, poi, di aver modificato sensibilmente il testo approvato dal Senato ci porta a fare un'ulteriore considerazione: serve un maggiore dialogo, almeno finché vige il bicameralismo perfetto, tra Commissioni della Camera e del Senato, pur rimanendo esse ovviamente autonome.
Si evita così di perdere tempo e non si rischia, come può accadere per questa proposta di legge, che non riesca a completare l'iter. Auspichiamo, dunque, Presidente, che gli emendamenti proposti dalla Lega Nord Padania siano tenuti nella dovuta considerazione e ovviamente approvati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Vale per tutti, naturalmente, l'autorizzazione a consegnare eventualmente il testo scritto.
È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Naturalmente quanto ho appena detto vale anche per lei, onorevole Borghesi. Ha facoltà di parlare.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, la ringrazio, ma purtroppo io non uso testi scritti per cui non posso consegnarlo, comunque le garantisco la brevità del mio intervento. Io penso che la legificazione che c'è stata in Italia e che si continua a sovrapporre, sta creando un problema, per cui continuiamo a dire che dobbiamo delegificare, dobbiamo semplificare, facciamo i decreti per semplificare, e poi ci troviamo provvedimenti come questo che, a parte alcune cose che era giusto fare, invece complicano, aumentano gli oneri a carico della gente, aumentano le gabelle, perché di vere e proprie gabelle si tratta, a carico dei cittadini.
Noi non siamo d'accordo su questa linea, per cui preannuncio già il nostro parere contrario, perlomeno se non vengono Pag. 38cancellate alcune delle norme contenute nel provvedimento, che sono quelle che danno più fastidio e di cui parlerò tra un attimo. Solo per dire che capisco che ci si poteva limitare a fare alcune cose positive: maggioranze più facili, ad esempio, per decidere l'innovazione, va benissimo, maggioranza ridotta in seconda convocazione, il quorum richiesto, cambiare le tabelle, anche questo per carità va bene, come va bene la garanzia del proprio operato, che comunque sarà pagato ovviamente dai condomini, dopodiché vanno bene le modifiche legislative che permettano ai creditori di non rivalersi sui condomini che siano in regola con le rate, e altre norme, come la prededucibilità delle rate condominiali per manutenzione ordinaria e straordinaria.
Tutto questo va bene, però dopo che si fa? Si pensi ad alcuni elementi discutibili sui poteri di rappresentanza, perché il fatto che l'amministratore possa rappresentare anche condomini assenti e dissenzienti per alcuni aspetti, mentre invece per altri addirittura non possa e non sia così, anche questo è un potere troppo forte che viene dato in mano all'amministratore.
Ma c'è una cosa che noi non accettiamo e che rifiutiamo. Infatti, in un periodo in cui la pressione fiscale è diventata inaccettabile per i cittadini (prima si è discusso del bilancio dello Stato: 145 miliardi di nuove tasse da parte del Governo Berlusconi nel 2011 e 65 miliardi di nuove tasse da parte del Governo Monti l'anno dopo), noi che cosa ci si inventa? Ci si inventa che tutte le volte che c'è da fare qualcosa, siccome i soldi non ci sono anche se c'è un certo interesse pubblico a farlo, inventiamo una gabella a carico dei cittadini. Sto parlando dei registri che riguardano l'amministratore di condominio e soprattutto questa assurdità dell'obbligo di comunicare le delibere: migliaia, centinaia di migliaia di delibere che debbono andare all'Agenzia del territorio. Ma per farne che cosa? Siamo veramente ad una complicazione, a delle incombenze, a dei pesi e degli oneri assurdi che però i cittadini debbono pagare.
Infatti, ogni volta che si va a depositare una delibera - ed è obbligatorio farlo - bisogna pagare un contributo che pagano i cittadini. Quindi, noi su questi aspetti siamo assolutamente contrari, così come l'obbligo del sito Internet, che pagheranno ancora i condomini e, quindi, i cittadini. Non ce n'è bisogno, perché ci sono svariati altri modi oggi per sapere che cosa succede dentro ad un condominio. Non c'è bisogno né di sito, né di registro delle delibere che sono pesi assolutamente assurdi.
Per questo motivo noi, anche in Commissione bilancio, abbiamo proposto che vengano cancellate queste norme. Sicuramente ci sarà un voto contrario se questi aspetti restano. In caso contrario, valuteremo complessivamente il provvedimento quando arriverà alla fine del suo iter in Assemblea.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, innanzitutto volevo dare atto al relatore e alla Commissione tutta di avere svolto un lavoro costruttivo su una materia che sicuramente ha un'incidenza economico-sociale di rilievo. Sappiamo come la disciplina del condominio nel codice civile sia vecchia, ma sicuramente su questo ha inciso in maniera sicuramente evolutiva - e, quindi, positiva - l'attività della giurisprudenza e della dottrina. Non entrerò nel dettaglio del provvedimento perché lo hanno fatto prima di me i colleghi intervenuti, con particolare riferimento al relatore e anche agli altri deputati.
Voglio soltanto dire che sicuramente alla Camera, pur apprezzando il testo pervenuto dal Senato, si è cercato di rivederlo (d'altro canto, tuttora vive questo principio del bicameralismo perfetto). Del resto, non sarei così pessimista: dipende anche da noi poi cercare di portare avanti un testo di legge e di fargli vedere la fine, anche riuscendo a fare quella sintesi e quella mediazione costruttiva che credo faccia parte della responsabilità del parlamentare. Pag. 39
Il dibattito è sempre importante, quando poi arriva ad una conclusione. Credo che questa riforma stia per arrivare ad una conclusione. Sicuramente dovrà far un altro passaggio al Senato e sarà nostro impegno (e credo anche del relatore) tener conto anche dei suggerimenti in qualche modo su questo testo che verranno dai colleghi del Senato. Farà da raccordo anche il rappresentante del Governo.
Tuttavia, credo che su un punto noi non possiamo nasconderci dietro la scelta politica che si è fatta in Commissione, anche tenendo presente altre linee di tendenza, ma che abbiamo ritenuto - io per lo meno ne sono particolarmente convinta, ma con me altri colleghi - di mantenere la scelta riguardante la preminenza della privata autonomia e del diritto di proprietà, quindi il condominio come insieme di riferimento ai proprietari esclusivi che sono anche comproprietari delle parti comuni.
Non abbiamo ritenuto di abbandonare l'attuale configurazione pluralistica e dotare la nuova struttura giuridica della soggettività o, come si voleva da parte di alcune proposte, della personalità giuridica. Ciò, non perché - questa è una cosa che assolutamente rifiuto, anche come etichetta, non credo sia corretta e credo sia meramente demagogica - non vogliamo modernizzare, non vogliamo andare verso un diritto nuovo e magari alcuni di noi di formazione giuridica sono conservatori a tutto campo e ad ogni costo. Abbiamo infatti ritenuto - e credo che questa sia una proposta che viene in Aula e che può essere migliorata, che sicuramente avrà un altro passaggio nel Comitato dei nove e che sicuramente l'avrà in Aula - di fare una scelta politica conforme anche alla nostra struttura del diritto di proprietà che ci deriva anche dalla Costituzione.
Quindi non riteniamo che l'autonomia privata e quindi la libertà, la proprietà, l'iniziativa privata debbano essere ridotte al minimo indispensabile con riferimento ai poteri autoritativi della maggioranza. Ecco perché - lo diceva prima, anche bene, la collega D'Ippolito Vitale - abbiamo rivisto alcuni quorum che prevedevano poteri incisivi di alcune maggioranze sulle destinazioni d'uso, sulla vendita degli immobili e quindi sulla gestione e l'organizzazione delle cose comuni.
Tra l'altro, noi riteniamo - questo lo voglio dire anche perché non sono parole solo mie, ma noi abbiamo lavorato molto seriamente su questa proposta, facendo delle audizioni, sentendo il parere di professori, di giuristi e di persone che vivono questa materia prettamente specialistica e molto tecnica oltre che di impatto economico-sociale - che il ricorso eccessivo - mentre noi abbiamo cercato di individuare un equilibrio - al metodo collegiale del principio di maggioranza, che vincola gli assenti e i dissenzienti, non è un principio che va verso la modernità e l'economia moderna, ma in realtà realizza un principio di autorità perché sostanzialmente mette nel nulla o comunque in disparte le opinioni dei dissenzienti o comunque degli assenti. Va quindi valorizzata questa formula quando ci sono delle esigenze preminenti per l'uso del bene comune, che possono riguardare anche il rapporto con il sociale e con delle esigenze primarie dell'uso collettivo, ma che devono essere calibrate.
Non abbiamo ritenuto politicamente di accettare - lo diceva poco fa il collega Duilio - la tesi di una soggettività autonoma del condominio, la parola soggettività autonoma attrae molto perché automaticamente può scaturire nell'immaginario comune il fatto che c'è qualcosa che può essere gestito, anche in maniera migliore e più dinamica, ma in realtà noi stiamo parlando di una soggettività autonoma che andrebbe ancora definita, visto che in quelle proposte non viene definita. Poi l'Assemblea sarà sovrana, quale sarà la posizione che più convincerà tutti i colleghi, io credo che ognuno di noi poi accetterà quella soluzione, però vorrei rappresentare i pericoli che ci sono dietro un'individuazione di quel genere laddove ad un certo punto bisogna stabilire se questo soggetto ha la personalità giuridica o no, è proprietario delle cose comuni, quindi ci sono accanto alla propria proprietà, Pag. 40la proprietà del titolare, il soggetto che è proprietario delle cose comuni.
A questo punto, per esempio, sempre in audizione, vi è stato chi, documentando, ha sollevato questa eccezione che rappresento all'Aula: nel caso di appartenenza delle parti comuni in capo ad un soggetto a sé e di inadempimento dell'obbligazione delle parti del soggetto condominio, per conseguire la soddisfazione del credito i creditori dovrebbero rivolgere l'azione esecutiva non contro le cose comuni, gli impianti e i servizi - risultando inutile l'esecuzione posto che queste parti, evidentemente, non possono rivendersi - ma contro i beni in proprietà solitaria.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Ferranti.

DONATELLA FERRANTI. Sto concludendo, signor Presidente.
È artificiosa, meramente formale e non sostanziale l'idea di una semplificazione derivante dalla soggettivizzazione, e quindi da un soggetto autonomo, mentre noi, con queste norme, abbiamo cercato di individuare soprattutto un modo ed una disciplina che tendano a rendere più agile, più incisiva e anche a responsabilizzare maggiormente la figura degli amministratori.
Certo, mi rendo conto - come ho sentito dire da alcuni colleghi della Lega Nord e da altri - che vi sono anche dei costi, come ad esempio la prevista polizza obbligatoria, la polizza di assicurazione che viene richiesta nei confronti degli amministratori, l'istituzione di nuovi registri, del condominio e degli amministratori, bisognerà verificare se siamo convinti fino in fondo di portarli avanti tutti e due. Questo può creare dei nuovi costi. Questo dei maggiori costi è uno dei problemi. È un problema anche sociale che va a gravare sui proprietari perché poi, anche in quella soggettività di cui si parlava, signor Presidente, chi sostiene questi costi del soggetto autonomo? Non vi può essere un soggetto autonomo perché sostanzialmente il soggetto autonomo poi fa capo ai proprietari, ai titolari della proprietà esclusiva, che sono anche comproprietari delle cose comuni, come i muri maestri e altre situazioni strettamente connesse al diritto di proprietà.
Quindi ritengo che con questa proposta di legge si sia scelta una strada non conservatrice tout court, ma che si inserisce nel nostro sistema giuridico e, visto come è configurata la proprietà, anche nel nostro sistema costituzionale. Ma è uno strumento che può essere migliorato e che, ci auguriamo, questo Parlamento possa dare ai cittadini prima della chiusura della legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 4041-A)

PRESIDENTE. Avverto che il relatore ed il rappresentante del Governo hanno già comunicato alla Presidenza che intendono rinunciare alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 18 settembre 2012, alle 15:

Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 7 agosto 2012, n. 129, recante disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto (C. 5423).
- Relatori: Ghiglia, per la VIII Commissione; Vico, per la X Commissione.

La seduta termina alle 17.

Pag. 41

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO GIULIO CALVISI IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE N. 5324 E N. 5325-A

GIULIO CALVISI, Relatore. Onorevoli colleghi, la presente relazione esamina congiuntamente i disegni di legge di rendiconto per il 2011 e di assestamento per il 2012, dedicando una specifica attenzione al primo provvedimento, oggetto di una specifica indagine conoscitiva svolta nell'ambito dell'istruttoria legislativa, nella quale hanno avuto luogo le audizioni del Presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, dell'Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato, Biagio Mazzotta, e dei responsabili dei nuclei di valutazione della spesa istituiti presso i singoli ministeri.
La presentazione del rendiconto, da un punto di vista formale e procedurale, rappresenta il momento in cui far valere la responsabilità del Governo dinanzi al Parlamento per quanto riguarda la gestione del bilancio dello Stato. È anche un passaggio politico decisivo e cruciale, considerando che la mancata approvazione del rendiconto costituisce impedimento per l'apertura della sessione di bilancio dell'anno successivo. Tutti ricordiamo che la mancata approvazione del rendiconto per il 2010 determinò rilevanti conseguenze politiche e istituzionali. In questo momento, pertanto, l'approvazione del rendiconto costituisce un atto dovuto nell'interesse del Paese.
Quest'anno la Commissione bilancio, cogliendo l'opportunità rappresentata, come vedremo, dalla prima attuazione delle innovazioni introdotte in materia dalla legge n. 196 del 2009, ha stabilito di approfondire l'esame del rendiconto che, come di norma avviene, si svolge congiuntamente a quello dell'assestamento relativo all'anno in corso.
Nel corso della breve indagine conoscitiva alla quale ho accennato è emersa la trama delle nuove modalità di predisposizione del rendiconto che dovrebbe consentire alle Camere di svolgere un controllo assai più puntuale ed efficace sulla gestione finanziaria, verificando il conseguimento degli obiettivi di bilancio dei singoli comparti dell'amministrazione.
Implementare il disegno legislativo sarà compito delle singole amministrazioni, con il coordinamento dell'amministrazione dell'economia e delle finanze, ma anche il Parlamento, e in particolare tutte le Commissioni, dovranno fare la propria parte, sviluppando una cultura nuova in materia di conti pubblici, attenta all'efficacia ed all'efficienza della spesa pubblica.
Il rendiconto, alla stregua del bilancio, viene articolato dalla legge n. 196 in missioni e programmi ed è composto dal conto del bilancio, che espone l'entità effettiva delle entrate e delle uscite previste dal bilancio dello Stato dell'anno precedente, e dal conto del patrimonio, che espone le variazioni intervenute nelle attività e nelle passività che costituiscono il patrimonio dello Stato.
Il rendiconto relativo all'esercizio finanziario 2011 è il primo ad individuare 173 programmi in cui si articolano le 34 missioni. I programmi costituiscono nel bilancio dello Stato le unità di voto e per ciascun programma vengono esposti i risultati relativi alla gestione di competenza, alla gestione di cassa e ai residui.
Al rendiconto è per la prima volta allegata, per ciascuna amministrazione, una Nota integrativa, articolata per missioni e programmi, che illustra i risultati conseguiti con la gestione in riferimento agli obiettivi fissati con le previsioni di bilancio, le risorse finanziarie impiegate, con l'individuazione dei residui, e gli indicatori che ne misurano il grado di raggiungimento. Per quanto concerne gli indicatori, risulta evidente come dovranno essere affinati ed implementati al fine di dare conto in maniera convincente dell'effettiva capacità delle amministrazioni di conseguire gli obiettivi loro assegnati attraverso un utilizzo efficiente delle risorse.
Una terza novità è rappresentata dalla presentazione del rendiconto economico, al fine di integrare la lettura dei dati finanziari Pag. 42con le informazioni economiche fornite dai referenti dei centri di costo delle amministrazioni centrali.
Come già è avvenuto per l'esercizio 2010, al rendiconto è infine allegato l'eco-rendiconto dello Stato, una relazione illustrativa delle risorse impiegate per finalità di protezione dell'ambiente e di uso e gestione delle risorse naturali da parte delle amministrazioni centrali.
Per quanto riguarda i risultati complessivi dell'esercizio finanziario 2011 in termini di competenza, dagli articoli 1, 2 e 3 del disegno di legge risultano entrate, in termini di accertamenti, pari a 750.164 milioni di euro e spese, in termini di impegni, pari a 706.957 milioni di euro, con una gestione di competenza, intesa come differenza tra il totale di tutte le entrate accertate e di tutte le spese impegnate, che registra un avanzo pari a 43.207 milioni di euro.
Dal Fondo di riserva per le spese impreviste risultano prelevamenti per un importo di circa 1.124 milioni di euro; mentre tra le eccedenze di impegni di spesa di maggiore consistenza vanno segnalati i 227,4 milioni del programma «Istruzione prescolastica» e i 113,1 milioni del programma «Giustizia civile e penale».
La situazione del patrimonio dello Stato è invece rappresentata da attività per 820,7 miliardi e da passività per 2.343,9 miliardi.
Riguardo al patrimonio, mi limito a ricordare come la legge finanziaria per il 2010 avesse previsto un censimento di tutti gli immobili utilizzati dalle amministrazioni statali ai fini di una loro migliore utilizzazione.
Dai dati disponibili sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze, risulta che al 31 marzo 2011 erano pervenute a riguardo comunicazioni da parte del 53 per cento delle amministrazioni pubbliche ed erano state censite 530 mila unità immobiliari e circa 760 mila terreni, per un valore di mercato delle unità immobiliari censite stimato pari a 239-319 miliardi di euro. Ritengo che tale censimento debba essere quanto prima completato anche ai fini delle prospettive di valorizzazione del patrimonio immobiliare finalizzate alla riduzione del debito pubblico, alla crescita, all'occupazione.
In termini di competenza, ma non in termini di cassa, i saldi di bilancio hanno registrato, a consuntivo, valori migliori delle previsioni. Il saldo netto da finanziare, al lordo delle regolazioni debitorie e contabili, risulta di valore positivo, pari a 920 milioni di euro, con un miglioramento di 22.539 milioni rispetto al saldo negativo del 2010. Anche il saldo corrente (risparmio pubblico) risulta di valore positivo ed evidenzia un miglioramento rispetto all'anno precedente, risultando pari a 46.109 milioni di euro (17.367 milioni). Il ricorso al mercato si è attestato a -185.215 milioni di euro, con un miglioramento di 24,8 milioni di euro rispetto al 2010. Al netto delle regolazioni debitorie, i risultati sono migliori. Il saldo netto da finanziare in termini di competenza ha un valore positivo (tecnicamente si tratta di un «saldo netto da impiegare») ed ammonta a 9.754 milioni di euro, mentre il risparmio pubblico assume un valore positivo ed ammonta a 56.393 milioni di euro.
In termini di cassa, invece, i saldi risultano tutti peggiorati. Il saldo netto da finanziare è pari a 66.718 milioni di euro, con un peggioramento di 6.872 milioni di euro. Il risparmio pubblico ha, a sua volta, registrato un valore negativo di 22.126 milioni di euro, con un peggioramento di quasi 12.000 milioni rispetto al 2010. L'importo del ricorso al mercato ammonta a sua volta a 253 miliardi di euro, con un peggioramento di circa 3,8 miliardi rispetto al 2010. Al netto delle regolazioni debitorie, il saldo netto da finanziare ammonta a 58.191 milioni di euro, mentre il risparmio pubblico ha un valore negativo per 12.235 milioni di euro.
Sempre con riferimento ai saldi, particolare interesse riveste l'analisi condotta nella relazione della Corte dei conti che pone a raffronto i dati del nostro Paese, in termini di contabilità nazionale, con quelli dei principali Stati dell'Unione europea. In questo quadro, si evidenzia come, nel 2011, l'indebitamento delle pubbliche amministrazioni sia sceso al 3,9 per cento del PIL, Pag. 43mentre il saldo primario è tornato in avanzo per oltre 15 miliardi di euro (pari a circa l'1 per cento del PIL), in entrambi i casi rispettando gli obiettivi assunti nel DEF dell'aprile 2011. Tale miglioramento della situazione finanziaria riflette, peraltro, una più generale tendenza europea, in quanto nel 2011 tutti i principali Paesi dell'Unione europea hanno migliorato i saldi di bilancio, nella maggior parte dei casi con intensità maggiore di quanto avvenuto in Italia. Nella media europea, l'indebitamento in rapporto al PIL è, infatti, diminuito di due punti, mentre nel confronto, il disavanzo italiano in termini percentuali è rimasto superiore a quello tedesco, ma inferiore a quello di Francia e Spagna e alla media europea. Insieme alla Germania, l'Italia ha registrato inoltre, tra i maggiori Paesi europei, il valore più elevato di avanzo primario. Il divario crescente tra crescita nominale del PIL e onere medio del debito ha, invece, contribuito a determinare un aumento dell'incidenza del debito delle amministrazioni pubbliche sul prodotto dal 118,6 per cento del 2010 al 120,1 per cento del 2011, anche se l'aumento risulta inferiore se non si tiene conto del sostegno finanziario concesso ai Paesi in difficoltà dell'area dell'euro.
L'analisi della gestione di competenza evidenzia un calo degli accertamenti di entrata, pari a 750.164 milioni di euro, dovuto alla dinamica in calo dell'accensione di prestiti. Gli impegni complessivi di spesa ammontano a 706.957 milioni di euro ed evidenziano una diminuzione di 8,4 miliardi di euro (-1,2 per cento). Le entrate finali hanno registrato un aumento di 16.417 milioni di euro dovuto per circa due terzi all'incremento delle entrate tributarie e per circa un terzo a quello delle entrate extratributarie.
Con specifico riferimento alle entrate, i maggiori accertamenti registrati nell'esercizio 2011 sono dovuti per oltre due terzi del totale alle entrate extratributarie, le cui modalità di quantificazione determinano una sistematica sovrastima in sede di accertamento, rispetto agli effettivi incassi. Quanto all'effetto complessivo della manovra del 2011 - pari a circa 15 miliardi di euro - è solo in piccola parte (meno del 18 per cento) riconducibile ai provvedimenti varati nel corso dell'anno, mentre per il resto deriva dalle misure adottate nel triennio precedente e, in particolare, nel 2008 (circa il 36 per cento) e nel 2010 (oltre il 41 per cento). Le misure varate nel corso del 2011 segnano, tuttavia, una prima svolta, ancora incerta ove si consideri la parte di manovra immediatamente operativa nell'anno, ma che diventa più marcata ove si tenga conto della rilevanza delle ulteriori misure operative dal 2012: al rinnovato ricorso a forme di prelievo una tantum o per loro natura incerte, come i giochi, si associano, infatti, prelievi di natura strutturale, quali l'aumento dell'aliquota ordinaria IVA, revisione della tassazione delle attività finanziarie e degli immobili. Le entrate derivanti dal contrasto all'evasione, inoltre, non vengono più conteggiate ai fini della copertura della manovra di bilancio.
Le spese finali, al netto del rimborso prestiti, registrano una riduzione di 8.423 milioni di euro. Tuttavia, analizzando le singole componenti, emerge come la diminuzione sia da ricondurre per 2.342 milioni (-0,5 per cento) alla parte corrente e per 3.780 milioni (-7,2 per cento) alla quota in conto capitale. Inoltre, la riduzione è sostanzialmente da ricondurre alla diminuzione dei trasferimenti in favore degli enti territoriali e soprattutto alle famiglie ed alle istituzioni sociali (-4.562 milioni di euro), mentre si registra un aumento delle spese per consumi intermedi (11 per cento rispetto al 2010), confermando tutte le perplessità ripetutamente manifestate da più parti rispetto ai tagli lineari.
Il Presidente della Corte dei conti ha osservato in merito come, secondo la contabilità nazionale, i consumi intermedi siano aumentati del 2 per cento a fronte di una prevista diminuzione del 6 per cento, mentre nell'anno precedente, il 2010, si era effettivamente registrata una riduzione del 6 per cento. La circostanza che nel rendiconto gli impegni del 2011 segnino un aumento addirittura del 12 per cento Pag. 44rispetto al 2010, fornisce per il Presidente della Corte l'impressione di una sostanziale inefficacia dei tagli imposti alle amministrazioni centrali con i ripetuti provvedimenti di questi anni. Sempre con riferimento ai consumi intermedi, l'accelerazione registrata dalla massa dei debiti pregressi negli ultimi esercizi, in concomitanza con consistenti riduzioni di bilancio, che hanno riguardato spese delle amministrazioni solo formalmente rimodulabili, ma di fatto difficilmente comprimibili, ha favorito la formazione di obbligazioni giuridicamente perfezionate ma prive di copertura in bilancio. Sono quindi proprio i debiti pregressi, relativi a spese concernenti esercizi precedenti, a far lievitare la spesa per consumi intermedi del 2011, che, depurata da tale fattore, segna una diminuzione di quasi il 2 per cento.
Anche le spese per interessi passivi, pari a 73.748 milioni, risultano aumentate di oltre il 6 per cento rispetto al 2010.
Riguardo alla spesa in conto capitale, la Corte ha osservato come la caduta cumulata dei pagamenti negli anni 2010-2011 sia vicina al 40 per cento. Al netto dei proventi derivanti dall'uso delle frequenze televisive, la flessione nel biennio risulta del 26 per cento. Prossima al 45 per cento è inoltre la diminuzione dei trasferimenti in conto capitale alle imprese, mentre i trasferimenti agli enti pubblici (essenzialmente gli enti locali) risultano ridotti di circa il 28 per cento nel corso del biennio.
Per quanto riguarda gli investimenti fissi lordi dello Stato, la crescita del 12,3 per cento ha consentito di recuperare solo in parte la netta flessione registrata nel 2010 (-8,6 per cento). Particolarmente colpite risultano anche in questo caso le amministrazioni locali, titolari del 70 per cento degli investimenti pubblici, che non a caso denunciano nel biennio 2010-2011 una flessione di tale tipologia di spesa pari al 20 per cento.
I tagli lineari, introdotti coi provvedimenti adottati dal 2008 al 2010, risultano avere ridotto del 29 per cento le spese in conto capitale e solo del 2 per cento le spese correnti.
Sia i residui attivi che i residui passivi hanno fatto registrare una diminuzione, rispettivamente, del 6,3 per cento e del 14 per cento. Riguardo ai residui passivi viene segnalato un aumento di quelli provenienti dagli esercizi precedenti (1.600 milioni di euro circa) che denota un rallentamento del processo di smaltimento. Secondo la Relazione della Corte dei conti, «alla base della perdurante anomalia del fenomeno dei residui passivi si collocano molteplici e diversificate cause: le misure di contenimento della spesa, spesso orientate allo slittamento dei pagamenti; la cattiva qualità della legislazione, non sempre supportata da specifici progetti di fattibilità; le procedure complesse e defatiganti in alcuni settori di intervento, gli schemi contabili spesso obsoleti; gli incongrui comportamenti gestionali».
Osservo come, più che riproporre un elenco di cause per quanto condivisibile, andrebbero individuate amministrazione per amministrazione, programma per programma, nell'ambito delle predette tipologie, le specifiche ragioni che determinano il persistere di un così elevato livello di residui e il formarsi di nuovi residui anche in una fase di forte contrazione della spesa, al fine di contrastare il fenomeno attraverso l'adozione di idonei provvedimenti.
In merito alla gestione di cassa, va aggiunto come l'incremento dei pagamenti finali, pari al 3,1 per cento (15.387 milioni di euro), sia interamente imputabile all'incremento dei pagamenti di parte corrente (19.104 milioni di euro, pari al 4,2 per cento del totale), mentre i pagamenti in conto capitale risultano, al contrario, ridotti (-3.717 milioni di euro, pari al 7,2 per cento del totale). Si tratta di una ulteriore conferma delle difficoltà incontrate a tenere sotto controllo la spesa corrente compensate attraverso riduzioni estremamente ingenti delle spese in conto capitale che rappresentano il principale motore della crescita.
Dalla gestione del patrimonio emerge, infine, un peggioramento dell'eccedenza passiva, pari a 78.860 milioni, che deriva in particolare dall'emissione dei titoli di Pag. 45Stato, prestiti esteri ed altri, per complessivi 56,7 miliardi. A ciò si aggiungono debiti diversi per 11,9 miliardi.
Il Presidente della Corte dei conti, nel corso dell'audizione svolta presso la Commissione, ha sottolineato l'indubbia utilità di una tempestiva rivisitazione delle missioni, ai fini di una più razionale definizione degli aggregati, valutando al contempo la struttura organizzativa che gestisce la spesa e la rilevanza politica della finalità perseguita.
Il Presidente ha inoltre sollevato un problema generale di grande rilievo che attiene alla rappresentazione di entrate e spese secondo la contabilità nazionale come richiesto in sede europea, che presenta difformità talvolta rilevanti rispetto al rendiconto oggetto della parificazione.
In sintesi, come ricordato dal suo Presidente nel corso dell'indagine conoscitiva svolta, numerosi sono i fenomeni analizzati dalla Corte dei conti: «per quanto riguarda i residui attivi, dalle discordanze fra i dati del rendiconto e le contabilità di entrata delle amministrazioni alle incongruenze interne al consuntivo; dall'inadeguatezza della valutazione del grado di esigibilità con l'effettivo indice di riscossione dei residui attivi; dal trascinamento di residui di versamento da un esercizio all'altro alla determinazione di una parte dell'accertato partendo dal versato; per ciò che attiene alla spesa, dalle insufficienze classificatorie del bilancio alla necessità di razionalizzare la struttura dei programmi e delle missioni; dalla persistenza di troppi capitoli promiscui alla tendenza crescente alla istituzione di capitoli fondo; dall'aumento dei residui perenti alla lievitazione dei debiti pregressi. Anomalie, queste, ultime, che mettono in crisi l'annualità del bilancio e la stessa rappresentatività del rendiconto».
In particolare, per quanto riguarda i residui, il dato contabile è stato infatti modificato sulla base di un complesso processo di valutazione del grado di esigibilità condotto dalla Ragioneria generale dello Stato e dall'Agenzia delle entrate. Per le entrate finali si è passati da un importo complessivo di 561 miliardi di residui attivi (una cifra enorme, pari a circa un terzo del PIL) ad una cifra di poco superiore ai 215 miliardi di euro. Ciononostante, dei residui iniziali nel 2011 risulta riscosso meno del 13,4 per cento, che si riduce al 3,5 per cento se si escludono i residui di versamento relativi all'anno precedente. Da rivedere, secondo un giudizio della Corte senz'altro condivisibile, è innanzitutto la prassi di considerare esigibili al 100 per cento le entrate extratributarie il cui indice di riscossione è stato nel 2011 di poco superiore al 2 per cento.
Nel biennio 2010-2011, a seguito delle ripetute manovre finanziarie effettuate, le spese delle pubbliche amministrazioni al netto degli interessi sono diminuite dell'1 per cento e la spesa primaria dello Stato si è ridotta del 5,5 per cento. Tuttavia, va rimarcato come tali risultati siano stati ottenuti con una riduzione di meno del 3 per cento delle spese correnti e con un taglio di oltre il 26 per cento delle spese in conto capitale.
L'esame delle diverse categorie di spesa si presta, inoltre, a letture non univoche. Ciò vale, in particolare, per i consumi pubblici che rappresentano più del 70 per cento della spesa statale al netto degli interessi e dei trasferimenti. I redditi da lavoro dipendente risultano, infatti, in diminuzione secondo la contabilità nazionale ma in aumento a leggere i dati del rendiconto. Ciò si spiega in quanto, a fronte di una diminuzione delle retribuzioni lorde, si registra un incremento dei contributi aggiuntivi versati all'INPDAP per il riequilibrio della gestione pensionistica dei dipendenti statali.
Per quanto riguarda i consumi intermedi, come già detto, si evidenzia un loro aumento nel 2011 pari al 2 per cento, mentre l'obiettivo era di una riduzione del 6 per cento. Il fattore distorsivo è rappresentato, come già ricordato, in questo caso dall'accelerazione registrata dalla massa dei debiti pregressi, che hanno riguardato spese di funzionamento delle amministrazioni solo formalmente rimodulabili ma rivelatesi in realtà incomprimibili nel breve periodo. Tuttavia se questo dato lo leggiamo insieme a quello che la Corte dei Pag. 46conti ha fornito circa il crollo delle spese in conto capitale (nel biennio 2010-2011 vi è stato una caduta dei pagamenti vicina al 40 per cento) si evidenzia con maggiore efficacia numerica il frutto avvelenato dei tagli lineari.
L'attività di auditing finanziario-contabile svolta dalla Corte ha evidenziato l'esistenza di una molteplicità di capitoli promiscui e la necessità di un'effettiva revisione del nomenclatore degli atti. Inoltre, le eccedenze di spesa appaiono configurare una anomalia programmatica e gestionale e i residui passivi sono risultati in costante crescita, evidenziando problemi di costruzione del bilancio.
Dall'audizione svolta dal dottor Mazzotta, accanto alle criticità, sono emersi i correttivi che la riforma del rendiconto attuata dalla legge n. 196 del 2009 rende possibile introdurre. La maggiore trasparenza ed analiticità delle risultanze di bilancio dovrebbe, infatti, consentire la verifica della correttezza della gestione e l'effettivo rispetto delle autorizzazioni disposte con il bilancio di previsione. È auspicabile che il rendiconto divenga un valido strumento conoscitivo e di supporto alle valutazioni del decisore politico circa l'allocazione a consuntivo delle risorse tra le funzioni assolte dall'intervento pubblico e l'effettivo conseguimento degli obiettivi assegnati a ciascuna amministrazione.
Perché questo si verifichi è tuttavia necessario un deciso rafforzamento dell'azione di controllo svolta dal Parlamento e, innanzitutto, dalle Commissioni permanenti. Occorrerà, infatti, sviluppare la capacità di monitorare in profondità l'attuazione finanziaria delle missioni e dei programmi coinvolgendo i responsabili della spesa dei singoli Ministeri. Tale attività non potrà essere limitata alle Commissioni bilancio e dovrebbe giovarsi dell'esercizio della delega prevista dall'articolo 40 della legge n. 196 del 2009, relativa alla revisione della struttura del bilancio che dovrà intervenire su un'articolazione delle missioni e dei programmi per molti aspetti inadeguata e scarsamente rappresentativa delle effettive linee di azione delle amministrazioni. Il Parlamento dovrà in particolare fare in modo che le previste Note integrative a consuntivo, che danno conto dell'effettivo conseguimento degli obiettivi assegnati a ciascuna amministrazione in relazione ai programmi gestiti, presentino contenuti informativi adeguati e vengano redatti, come evidenziato dallo stesso dottor Mazzotta, utilizzando indicatori di risultato e di impatto e non meri indicatori di tipo finanziario o di realizzazione fisica.
Il dottor Mazzotta ha, in particolare, richiamato alcuni provvedimenti assunti per fronteggiare il fenomeno dei residui che, come si è visto, rappresenta un perdurante elemento di debolezza del sistema dei conti pubblici. È stato ricordato come, al fine di liquidare i debiti commerciali dello Stato, il decreto-legge n. 1 del 2012 abbia incrementato i fondi per la riassegnazione dei residui passivi perenti per complessivi 2.700 milioni di euro ed abbia inoltre reso possibile emettere a tal fine titoli di Stato per complessivi 2.000 milioni di euro. Con il rendiconto relativo al 2012, si potranno, inoltre, apprezzare gli effetti della Circolare della Ragioneria generale dello Stato n. 6 del febbraio 2012 che ha disposto una revisione approfondita dello stock dei residui passivi perenti al fine di cancellare le somme per le quali non dovessero più sussistere i presupposti giuridici per il pagamento.
Un ulteriore elemento posto in luce dalla Ragioneria generale dello Stato che ritengo opportuno sottolineare riguarda la tendenza alla concentrazione della spesa. Quattro ministeri assorbono circa l'87 per cento della spesa. Nel dettaglio, il Ministero dell'economia e delle finanze, che gestisce una parte rilevante dei trasferimenti, circa il 50 per cento, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali circa il 18 per cento, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca circa il 12 per cento e il Ministero dell'interno circa il 6 per cento. Il fenomeno è tra l'altro in crescita. Dal 2003 sono aumentate le spese del Ministero della giustizia (28 per cento), del Ministero del lavoro (25 per cento), del Ministero dell'economia e delle finanze (20 per cento) e dell'interno (20 per cento). Ciò a motivo soprattutto dell'incremento Pag. 47dei trasferimenti ad altre amministrazioni pubbliche e dell'incremento della spesa per i redditi da lavoro dipendente.
Si sono viceversa ridotte le spese del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (-49 per cento), e dei beni e le attività culturali (-34 per cento), sui quali incide soprattutto la riduzione delle spese in conto capitale. Anche i Ministeri degli affari esteri e delle politiche agricole alimentari e forestali registrano una diminuzione della spesa pari a circa il 15 per cento. Questi ultimi dati destano preoccupazione non fosse altro che per il forte calo delle spese più orientate allo sviluppo o comunque fondamentali per promuovere le risorse migliori del Paese, penso ai beni culturali, ovvero la presenza dell'Italia nello scenario internazionale, come nel caso degli affari esteri.
Se si guarda al confronto tra le missioni per le annualità 2010 e 2011 si osserva come rispetto all'esercizio 2010 lo scorso esercizio si sia registrata una forte contrazione della spesa in settori strategici, quali quelli compresi nella missione Istruzione scolastica, che si riduce del 2,8 per cento rispetto all'esercizio precedente, e quelli della missione Istruzione universitaria, nella quale la riduzione è del 5,5 per cento. Al riguardo, segnalo che il parere della VII Commissione pone bene in luce i numerosi tagli alle risorse destinate ai settori dell'istruzione, dell'università, della ricerca e della cultura, sottolineando come essi incidano su settori strategici per la crescita del Paese.
Guardando poi le risultanze dell'ecorendiconto si evidenzia in circa 6 miliardi (pari all'1,1 per cento della spesa primaria complessiva del bilancio dello Stato) la spesa destinata, per il 2011, alla protezione dell'ambiente e alla gestione delle risorse naturali. Rispetto al 2010 questa spesa si è ridotta di circa 2,3 miliardi, ovvero di circa il 27 per cento. Sempre in tema di ambiente la missione «Casa e assetto urbanistico» ha registrato, nel corso dell'anno 2011, un ingente e inedito ridimensionamento: rispetto al 2010, vi è una riduzione evidente degli stanziamenti di competenza, da 702 a 302 milioni di euro, che equivale, in percentuale, ad un taglio netto del 61 per cento!
Nonostante la Commissione, per le ragioni in precedenza ricordate, abbia scelto di concentrare l'istruttoria sul rendiconto, non è possibile trascurare le informazioni e le indicazioni che derivano dall'esame dell'assestamento di bilancio per il 2012.
Le variazioni per atto amministrativo intervenute nel periodo gennaio-maggio derivano dall'applicazione di nuovi provvedimenti legislativi per i quali il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le necessarie variazioni di bilancio ovvero dall'applicazione di procedure previste dalla normativa contabile. Tra le variazioni compensative più significative ricordo i prelievi dai fondi di riserva e, in particolare, dal Fondo per la reiscrizione dei residui passivi perenti (211 milioni), e dal Fondo di riserva per le autorizzazioni di cassa (1.986 milioni), l'utilizzo del Fondo per lo sviluppo e la coesione (1.499 milioni in conto competenza e 2.629 milioni per cassa).
L'articolo 2 dispone alcune modifiche all'articolo 2 della legge di bilancio per il 2012. In particolare, viene aumentato il limite massimo di emissione di titoli pubblici che passa da 26.500 a 40.000 milioni di euro e il Fondo per la riassegnazione dei residui passivi perenti di parte corrente registra un incremento passando da 1.200 a 1.300 milioni di euro. Ricordo che il DEF per il 2012 stima per il 2012 un fabbisogno del settore pubblico pari a 26.262 milioni di euro, inferiore di 35.288 milioni rispetto a quello registrato nel 2011, evidenziando la forte accelerazione impressa al processo di risanamento della finanza pubblica.
Al riguardo, segnalo, inoltre, che nel corso dell'esame in Commissione, è stato approvato un emendamento di iniziativa governativa volto ad incrementare tale importo a 50.000 milioni di euro. Come evidenziato nella relazione allegata all'emendamento che ha introdotto tale modifica, l'incremento delle emissioni nette si rende necessario sia per assicurare la copertura del fabbisogno di emissione dei titoli Pag. 48di Stato, che si prevede in aumento rispetto a quando fu indicato l'importo di 40 miliardi di euro, in sede di predisposizione del provvedimento di assestamento di bilancio per il corrente anno, sia per la sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari che la banca Monte dei Paschi di Siena emetterà, ai sensi del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
In materia di flessibilità di bilancio, vanno menzionate le variazioni compensative tra autorizzazioni legislative di spesa all'interno di singoli programmi da parte del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero della salute. Le variazioni compensative tra autorizzazioni legislative di spesa iscritte in diversi programmi di una stessa missione hanno invece in particolare interessato il Ministero della difesa e il Ministero per i beni e le attività culturali, mentre il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è ricorso anche a variazioni compensative tra programmi appartenenti a missioni diverse.
L'analisi dei saldi evidenzia con chiarezza i risultati conseguiti in questi mesi sul piano del consolidamento dei conti pubblici. Le previsioni assestate per il 2012 attestano, rispetto alle previsioni iniziali di bilancio, un miglioramento del saldo netto da finanziare, al netto delle regolazioni debitorie e contabili, di oltre 5.000 milioni di euro, di cui 1.196 derivanti dal disegno di legge di assestamento. In tal modo il saldo si attesta su un valore positivo di 3.466 milioni di euro, rispetto ad una previsione iniziale di segno negativo (-1.568 milioni di euro).
Il risparmio pubblico, inoltre, registra un miglioramento rispetto alla previsione iniziale, pari a 32.808 milioni di euro, attestandosi su una previsione assestata di 40.231 milioni.
Il ricorso al mercato registra invece un peggioramento passando da meno 250.513 a meno 260.939 milioni di euro, un valore che va peraltro considerato con grande cautela poiché si tratta di stime prudenziali a fronte di un'instabilità dei mercati che potrebbe condizionare notevolmente i dati di consuntivo.
Il disegno di legge di assestamento non considera i possibili effetti finanziari derivanti dai provvedimenti del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, che contiene il cosiddetto fiscal compact, e dal Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità. Con riferimento a quest'ultimo, per il quale la valutazione dell'impatto finanziario appare necessaria, il Governo ha tuttavia a suo tempo precisato che le risorse necessarie alle quote di contribuzione sono assicurate dal netto ricavo derivante da emissione di titoli di Stato a medio-lungo termine aggiuntive rispetto a quelle previste dai documenti di finanza pubblica. Emissioni, ricordo, che anche a livello dell'Unione europea sono distintamente considerate e valutate con riferimento al livello del debito pubblico. Per quanto riguarda l'esigenza di fronteggiare una maggiore spesa per interessi, la Ragioneria generale dello Stato ha più volte chiarito che la spesa, prudenzialmente stimata in 120 milioni di euro, potrà essere assorbita dagli attuali stanziamenti a legislazione vigente in considerazione del trend dei tassi di interesse. Le stime dei relativi stanziamenti sono state infatti effettuate sulla base di un livello dei tassi di interesse che, nel corso dei primi mesi del 2012, si è rivelato inferiore e consente di realizzare risparmi rispetto alla spesa prevista. Allo stato, la diminuzione della spesa per interessi sul debito pubblico è stimata pari a 2 miliardi di euro.
Tra le variazioni di competenza proposte, va segnalato il buon andamento delle entrate finali che registrano un incremento di 3.122 milioni contribuendo, congiuntamente ad una diminuzione delle spese finali di 1.892 milioni di euro, in misura determinante al miglioramento del saldo netto da finanziare.
Ai fini della riduzione della spesa corrente, rileva in misura significativa la riduzione, per un importo di 4.532 milioni, dei trasferimenti dovuti alle amministrazioni Pag. 49locali, compensata solo parzialmente dai maggiori trasferimenti in favore delle regioni (1.817 milioni di euro). Come evidenziato nella relazione tale incremento è essenzialmente relativo alle maggiori risorse da attribuire alla regione Friuli-Venezia Giulia e alla regione Sardegna. Per quest'ultima si afferma nella relazione, al fine di adeguare il regime di compartecipazione erariale della regione al nuovo ordinamento finanziario e di funzioni attribuite alla regione Sardegna, regime stabilito dalla legge n. 296 del 2006.
I saldi di cassa denotano andamenti divergenti da quelli di competenza.
L'assestamento evidenzia in primo luogo un lieve peggioramento del saldo netto da finanziare che passa da -68.655, secondo le previsioni iniziali, a -68.841 milioni di euro. Registra, invece, un miglioramento il risparmio pubblico che passa da -31.001 a -24.475 milioni di euro. Il ricorso al mercato evidenzia, al contrario, un peggioramento, passando da -317.613 a -333.354 milioni di euro, in tal caso in linea con il saldo espresso in termini di competenza.
Tra le variazioni proposte si segnala un aumento delle autorizzazioni ai pagamenti finali per complessivi 3.057 milioni di euro, sostanzialmente compensato dall'aumento delle entrate per 2.871 milioni di euro. Va inoltre evidenziata una minore dotazione di cassa di natura corrente (-2.774 milioni di euro) e una maggiore dotazione di cassa per le spese in conto capitale (-2.380 milioni di euro). La spesa per interessi si riduce invece di 2.041 milioni di euro.
Alla fine dell'esercizio 2011, i residui passivi per le spese finali sono risultati pari a 92.964 milioni di euro (43.099 milioni di residui pregressi e 49.865 milioni di residui di nuova formazione), con un decremento di 15.239 milioni rispetto all'analoga consistenza accertata nel 2010. In realtà, dopo la flessione verificatasi nel 2007 in seguito alla riduzione dei termini per la perenzione amministrativa per le spese in conto capitale, negli anni successivi il trend è ripreso ad aumentare. La riduzione registrata nel 2011 è dovuta essenzialmente alla minore costituzione di residui di nuova formazione, dovuta prevalentemente ad un aumento dei pagamenti in conto competenza.
Occorre invece segnalare, come attesta la stessa relazione al disegno di legge di rendiconto per il 2011, un rallentamento del processo di smaltimento dei residui pregressi.
Con riferimento alla spesa complessiva, l'ammontare dei residui passivi, pari a 93.149 milioni di euro, risulta superiore a quello inizialmente stimato nel bilancio di previsione per il 2011, pari a 51.054 milioni di euro.
Segnalo, inoltre, che nel corso dell'esame in Commissione, sono stati approvati quattro emendamenti del Governo, un emendamento proposto dalla Commissione affari esteri e comunitari, che incide sull'articolato del disegno di legge e sono state apportate due variazioni compensative all'interno dello stato di previsione del Ministero dell'interno di iniziativa parlamentare.
Per quanto concerne gli emendamenti del Governo, questi intervengono sia sull'articolato del disegno di legge sia sugli stati di previsione dei Ministeri dell'economia e delle finanze e degli affari esteri. Oltre alla già citata modificata relativa all'articolo 2 del disegno di legge, che ha innalzato il livello massimo di emissione di titoli di debito pubblico, segnalo che è stato inserito un nuovo articolo, di carattere tecnico, volto a precisare che i fondi per il finanziamento di assegni una tantum in favore del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono ripartiti con decreti dei ministri competenti. Anche le modifiche compensative previste con riferimento alle Tabelle 2 e 6 hanno natura eminentemente tecnica e sono volte a sopperire carenze di dotazione finanziaria di alcuni capitoli. In particolare, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, si intende destinare circa 32,7 milioni di euro all'adeguamento dello stanziamento del Fondo corrispondente alla quota parte dell'otto per mille del gettito Irpef da utilizzare dallo Stato, tenuto Pag. 50conto delle somme versate in entrata quale gettito dell'Irpef e delle scelte operate dai contribuenti, sulla destinazione del gettito stesso, in sede di dichiarazioni presentate nell'anno finanziario 2009 per i redditi conseguiti nell'anno 2008. Vengono, inoltre, destinati 16 milioni di euro al ripristino della consistenza del fondo unico di amministrazione. Per quanto riguarda, il Ministero degli affari esteri, la variazione compensativa è destinata a far fronte al maggior fabbisogno in termini di spese per interpretariato attivo e passivo per i gruppi di lavoro del Consiglio dell'Unione europea, necessario ad assicurare la difesa del principio di parità di tutte le lingue dei Paesi membri dell'Unione europea. Per quanto riguarda, invece, le modifiche di iniziativa parlamentare, segnalo che si intende innanzitutto incrementare le dotazioni dei capitoli 2309 e 2310 dello stato di previsione del Ministero dell'interno, oggetto di precedenti riduzioni, in modo da ripristinare la misura dei contributi annui previsti, rispettivamente, a favore delle associazioni combattentistiche sottoposte alla vigilanza dal medesimo Ministero e dall'Associazione nazionale vittime civili di guerra.
Da ultimo, segnalo che con la soppressione dell'articolo 3 del disegno di legge di assestamento è stata ripristinata la norma della legge di bilancio che consente il mantenimento in bilancio delle somme non impegnate destinate alla cooperazione allo sviluppo, al fine di consentire la prosecuzione, anche nell'esercizio successivo, dei relativi interventi.
Infine ricordo che tutte le Commissioni si sono espresse favorevolmente sui disegni di legge all'esame dell'Assemblea, sia pure sottolineando le specifiche esigenze dei settori di competenza. In particolare, desidero ricordare come la Commissione affari esteri abbia segnalato, in riferimento al disegno di legge di rendiconto, la necessità di salvaguardare stanziamenti adeguati a preservare la funzionalità della rappresentanza dell'Italia nel mondo, mentre, come ricordato in precedenza, alle preoccupazioni relative ai programmi di cooperazione internazionale è stata data una risposta concreta con l'approvazione dell'emendamento proposto dalla medesima Commissione. La Commissione difesa, in relazione al disegno di legge di rendiconto, ha quindi evidenziato l'insostenibilità, per il futuro, di ulteriori riduzioni alle risorse destinate a finanziare le disponibilità di personale e mezzi, la formazione e l'addestramento, nonché la manutenzione di mezzi ed equipaggiamenti. La Commissione finanze ha svolto talune considerazioni in merito agli andamenti delle maggiori voci di entrata, evidenziando, con particolare riferimento al disegno di legge di assestamento, i segnali negativi che si stanno evidenziando relativamente al calo delle entrate derivanti dai giochi pubblici. Numerose considerazioni critiche sulle risorse a disposizione per i settori dell'istruzione, dell'università e dei beni culturali vengono svolte dalla Commissione cultura, evidenziando come le riduzioni di risorse degli ultimi anni abbiano creato una condizione difficile rispetto alla quale il legislatore, per il futuro, dovrebbe mostrare la propria attenzione. La Commissione ambiente, in riferimento al disegno di legge di rendiconto, ha svolto considerazioni in merito all'entità e allo smaltimento dei residui relativi al programma per le opere strategiche, edilizia statale ed interventi speciali per pubbliche calamità, nonché in merito alle somme derivanti dal risarcimento del danno ambientale, per la copertura degli oneri contrattuali per la realizzazione del SISTRI, ponendo, inoltre, l'attenzione sugli stanziamenti per le politiche abitative nonché sulle performance riguardanti la gestione della spesa con riferimento al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La medesima Commissione, in relazione al disegno di legge di assestamento, ha evidenziato la necessità di riservare risorse da destinare alla tutela del rischio idrogeologico. La Commissione lavoro, in riferimento al disegno di legge di rendiconto, ha formulato una osservazione volta a sollecitare l'intervento del Governo per porre rimedio all'eccessivo ammontare dei residui, mentre, con riferimento al Pag. 51disegno di legge di assestamento, ha formulato una osservazione che pone in evidenza la sottostima dei risparmi esposti nella tabella relativa allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Infine, la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha formulato un'osservazione in merito all'opportunità di delineare un assetto più equilibrato tra la finanza centrale e quella propria delle autonomie locali.
In considerazione dell'importanza che i disegni di legge al nostro esame rivestono anche in relazione alla prossima sessione di bilancio, auspico che l'Assemblea possa approvarli in tempi rapidi.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI RENATO CAMBURSANO E RAFFAELE VOLPI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE N. 5324 E N. 5325-A

RENATO CAMBURSANO. La Corte dei conti il 28 giugno scorso ha reso al Parlamento, il giudizio di Parificazione del Rendiconto Generale dello Stato relativo all'esercizio finanziario 2011: funzione di assoluta centralità, che però non mi pare sia pienamente avvertita dal Parlamento, considerato che questa occasione - ben più di quella che riguarda l'impostazione delle manovre finanziarie - costituisce il momento cruciale di verifica del grado di effettiva capacità di un esecutivo nel gestire le pubbliche risorse e di indirizzarle secondo gli obiettivi stabiliti dalla sovranità popolare.
Il tasso di democraticità di un Paese si misura anche in relazione al grado di trasparenza dei conti, in modo tale che il Parlamento, le assemblee elettive e, in ultima analisi, i cittadini, siano posti in grado di conoscere l'operato degli esecutivi, titolari della gestione delle risorse finanziarie, in modo da verificare la rispondenza delle azioni di governo agli obiettivi definiti nella legislazione di spesa.
Lo dico subito, salvo poi ripeterlo in occasione della dichiarazione di voto, il Rendiconto 2011, non risponde pienamente a questi due requisiti: di trasparenza e di capacità dell'Esecutivo che per quasi 11 dodicesimi ha gestito le risorse pubbliche: ecco perché il mio sarà un voto di astensione.
Per quanto riguarda i risultati complessivi, in termini di competenza, risultano entrate, in termini di accertamenti, pari a 750.164 milioni di euro, e spese, in termini di impegni, pari a 706.957, con una gestione di competenza, intesa come differenza tra il totale di tutte le entrate accertate e di tutte le spese impegnate, che registra un avanzo pari a 43.207 milioni di euro.
La situazione patrimoniale è rappresentata da attivi per 820,7 miliardi e da passività per 2,343,9 miliardi.
I saldi di bilancio, in termini di competenza, ma non in termini di cassa, hanno registrato a consuntivo valori migliori delle previsioni.
Il saldo netto da finanziare, al lordo delle regolazioni debitorie e contabili, risulta positivo per 920 milioni con un miglioramento di ben 22.539 milioni rispetto al saldo negativo del 2010.
Il saldo corrente (risparmio pubblico) risulta positivo ed evidenza un miglioramento rispetto all'anno precedente.
Il ricorso al mercato si è attestato a -185.215 milioni, con un miglioramento di 24,8 milioni rispetto al 2010.
Al netto delle regolazioni debitorie e contabili, il saldo netto da finanziare, in termini di competenza, ha un valore positivo e ammonta a 9.754 milioni, il risparmio pubblico o saldo corrente ha un valore positivo e ammonta a 56.393 milioni.
In termini di cassa, invece, i saldi risultano tutti peggiorati.
I risultati quantitativi raggiunti sono impressionanti, ma non basteranno se, da un lato, non si ha chiaro quale debba essere l'arco temporale di riferimento entro il quale inquadrare i giudizio sul controllo della spesa e, dall'altro, se non si interviene per eliminare la polvere nascosta sotto il tappeto, se non si interviene, Pag. 52cioè, per eliminare le persistenti «zone grigie» di scarsa trasparenza dei conti pubblici.
Ma, soprattutto, se non si interviene puntualmente sulla qualità dell'azione amministrativa per migliorare la capacità di gestire i problemi vecchi e nuovi.
Sul fattore tempo non si può certo pensare di prolungare in un tempo infinito i tagli effettuati ed i livelli raggiunti. Questo vale anche per l'esercizio in corso, anche se ci sono ampi margini per distribuire in modo diverso e più equilibrato i tagli, cosa che si sta tentando di fare con l'avviata «spending review».
Ciò che sicuramente occorre fare è una riorganizzazione profonda ed un ripensamento complessivo degli stessi confini dell'intervento pubblico.
Nel breve si è intervenuti sulle quantità. Con successo, ma anche al costo di effetti distorsivi e del rischio di avvio di un circolo vizioso per quanta riguarda la crescita.
L'indebitamento delle pubbliche amministrazioni è sceso al 3,9 per cento sul PIL, mentre il saldo primario è tornato in avanzo per oltre 15 miliardi, pari. Circa l'1 per cento del Pil.
Per l'anno in corso si prospetta un avanzo primario doppio di quello tedesco (3,4 per cento rispetto a 1,7) e con tutti gli altri Paesi dell'U.E. In disavanzo.
Al netto degli interessi e dei trasferimenti alle amministrazioni locali, le spese dello Stato risultano diminuite, nel biennio 2010-2011, di circa il 6 per cento, ma con un forte sbilanciamento nella composizione: ad una riduzione del 3 per cento delle spese primarie correnti, fa riscontro la caduta delle spese in conto capitale del 26 per cento.
I consumi pubblici - reddito da lavoro (-1 per cento) e consumi intermedi (+2 per cento) - rappresentano il 70 per cento della spesa statale al netto degli interessi e dei trasferimenti agli enti locali.
Nel rendiconto dello Stato, gli impegni del 2011 segnano un aumento ancora più elevato (+ 12 per cento sul 2010), offrendo l'impressione di una sostanziale inefficacia dei tagli imposti alle amministrazioni centrali con i ripetuti provvedimenti di questi anni.
Nel caso dei consumi intermedi, va posta attenzione ad uno specifico fattore distorsivo - la massa dei debiti pregressi - che ha registrato una forte accelerazione negli ultimi esercizi, proprio in concomitanza con le considerevoli riduzioni degli stanziamenti di bilancio. Il che ha favorito la formazione di obbligazioni giuridicamente perfezionate, ma che non trovano adeguata copertura in bilancio.
Depurati da tale componente anomala, i consumi intermedi segnano ancora nel 2011 una diminuzione di poco inferiore al 2 per cento.
A proposito di contrazione della spesa, voglio qui ricordare ancora una volta alcuni settori fondamentali per la crescita del Paese, falcidiati dai tagli lineari: quali quelli compresi nella missione istruzione scolastica, che si riduce del 2,8 per cento rispetto all'esercizio precedente e quella dell'istruzione universitaria del 5,5 per cento, o quelli relativi al Ministero dell'ambiente. Guardando l'Ecorendiconto salta subito in evidenza la riduzione di circa 6 miliardi - pari all'1,1 per cento della spesa primaria.
Il 2011 è stato un anno orribile per la finanza pubblica ed in piena estate siamo stati sul punto di non ritorno, esplosa poi in autunno, quando lo spread è schizzato a 575 p.b.. Si è arrivati a tanto, certamente per fattori esterni - errori e difficoltà dell'Europa nel gestire la crisi greca - ma soprattutto per ragioni interne: credibilità del Governo, errori clamorosi nella gestione della cosa pubblica sia rispetto alle entrate che alle spese. Solo con il decreto-legge 201 c'è stata una svolta di credibilità interna ed internazionale. Non si può certo pensare che la recessione sia nata come un fungo in una notte d'estate, ma sia il frutto avvelenato di una politica sbagliata che dura nel tempo.
La crescente incidenza della spesa destinata al servizio del debito e di quella previdenziale, i cui andamenti giustificano pienamente l'intervento realizzato dall'attuale Pag. 53Esecutivo, non può essere argomento di scontro come invece sta avvenendo. Altri sono i temi caldi.
Gli Investimenti fissi lordi dello Stato, hanno segnato un aumento del 12,3 per cento, che ha consentito solo in parte il recupero della netta flessione del 2010 (-18,6 per cento).
Nel generale declino degli investimenti, le amministrazioni centrali sono meno colpite dagli effetti di contenimento, mentre le amministrazioni locali (titolari del 70 per cento degli investimenti pubblici), molte esposte a vincoli e restrizioni, nel biennio 2010-2011, cumulano una caduta dei pagamenti intorno al 40 per cento.
Vicina al 45 per cento è la diminuzione dei trasferimenti in conto capitale alle Imprese, mentre i trasferimenti agli enti pubblici risultano ridotti, in due anni, di circa il 28 per cento.
Persistono ampie zone grigie, di scarsa trasparenza dei conti pubblici, che vanno dalla espansione di fenomeni di ritardo nella regolazione di impegni di spesa (con la conseguente lievitazione dei Residui Perenti), alla tendenza all'esternalizzazione di prestazioni di servizi.
L'ammontare dei debiti pregressi, oggetto negli ultimi anni di ripetute operazioni di riconoscimento a copertura, testimoniano della serietà, ma anche del parziale insuccesso della forte compressione degli stanziamenti.
Il crescente peso dell'affidamento all'esterno, anche attraverso enti controllati e consulenze, di importanti compiti e funzioni - da parte delle amministrazioni centrali ma ancora più nel comparto delle amministrazioni locali, indice, questo, che la gestione è solo formalmente attribuita ad un soggetto esterno.
Le distorsioni, lette in termini di dimensioni di finanza pubblica, possono essere peraltro in parte ricondotte anche a «reazioni di adattamento» da parte delle amministrazioni. Qualche esempio:
alla riduzione della spesa per il pubblico impiego si è reagito distribuendo a pioggia le risorse che dovevano essere destinate a premiare il merito;
allo snellimento delle strutture amministrative si è reagito facendo ricorso alla moltiplicazione di convenzioni con organismi esterni (enti vigilati, gestioni commissariali, fondazioni società, ecc.);
ai vincoli del patto di stabilità ci si è sottratti con la moltiplicazione degli enti e delle società partecipate.

Si è ridotta la spesa primaria, ma cominciando dal comparto degli investimenti che è il meno presidiato e, all'interno del comparto, non preservando gli interventi con il più alto potenziale di crescita.
Valutiamo positiva la recente scelta della Ragioneria Generale dello Stato di disporre una «due diligence» diretta proprio ad una radicale revisione dello stock dei residui perenti dello Stato, al fine di eliminare le posizioni non più corrispondenti a vere e proprie partite debitorie.
Necessita una urgente riflessione sul criterio della competenza misto utilizzato per il patto di stabilità interno a livello regionale: le regioni infatti, hanno realizzato riduzioni di spese fortemente incentrate sul versante degli investimenti, mentre lo Stato e gli enti locali hanno proceduto ad una sensibile riduzione delle spese di personale. Occorre una chiara individuazione delle responsabilità di bilancio, superando le difformità esistenti nelle gestioni di competenza e di cassa, che costituiscono un elemento che limita in modo consistente la trasparenza e la comprensibilità dei bilanci pubblici.
Dopo essere riusciti a ridurre le quantità è ora necessario concentrarsi sulle economie e sugli aumenti di produttività che si potranno ottenere migliorando la qualità ed eliminando tutte le zone franche, senza eccezioni e senza esclusioni.
E ciò vale anche per le entrate, i cui risultati sono risultati nel 2011 inferiori alle previsioni, con un aumento complessivo dell'1,7 per cento a fronte di un preventivato 2,7 per cento.
I migliori introiti hanno riguardato sia le imposte dirette (per 4,2 miliardi) che quelle indirette (4 miliardi) nonché i contributi sociali (3,5 miliardi). Pag. 54
Si è determinata una perdita di gettito che ha contrastato ai fini della riduzione del disavanzo pubblico, gli effetti positivi che si sono determinati dal lato della spesa.
La riduzione delle entrate correnti è stata parzialmente compensata, da parte capitale, dalla rilevante (e ben superiore alle previsioni) dimensione degli introiti rinvenimenti dalla Imposta Sostitutiva sul riallineamento dei valori contabili ai principi IAS.
Gli accertamenti delle entrate finali (lorde) sono aumentati in termini nominali del 3,2 per cento:
entrate tributarie + 2,5 per cento (sul patrimonio, sui redditi, sugli affari, sui monopoli)
entrate extratributarie + 6,3 per cento.

La pressione fiscale è elevata. La massa di risorse rivenienti dal prelievo tributario è enorme.
La lotta all'evasione fiscale ha dato e sta dando buoni frutti, ma lo zoccolo duro è stato appena scalfito. Vanno consolidati i risultati dell'attività repressiva, monitorando i comportamenti successivamente tenuti dai controllati. Vanno premiati e aiutati i comportamenti adesivi. Vanno evitate le esasperazioni.
Per l'esercizio chiuso il 31 dicembre 2012, l'indicatore di maggiore significatività è rappresentato dal saldo netto da finanziare di competenza che, al netto delle regolazioni contabili e debitorie, diviene positivo, con un avanzo di 9.754 milioni.
La leggibilità del rendiconto è condizionata dalla massa di residui attivi che raggiungono i 215 miliardi e dei residui passivi che sfiorano i 93 miliardi e che per l'87,4 per cento sono residui propri, cioè che si tradurranno in pagamenti nel breve-medio periodo; quelli di stanziamento aumentano a più di 11 miliardi, maggiori di quelli a fine 2010.
Le cause della perdurante anomalia del fenomeno dei residui passivi, sono riconducibili a:
misure di contenimento della spesa, spesso orientate allo slittamento dei pagamenti;
cattiva qualità della legislazione non sempre supportata da specifici progetti di fattibilità;
procedure complesse e defatiganti in taluni settori di intervento;
schemi contabili spesso obsoleti;
incongrui comportamenti gestionali.

Alla diminuzione della consistenza dei residui passivi, fa riscontro la crescita dei residui perenti (+ 10 per cento).
Accanto al fenomeno, ormai strutturale, delle regolazioni contabili e debitorie, si è formata una massa di debiti pregressi e si è fatto ampio ricorso a «pagamenti in conto sospeso».
Nell'approfondimento fatto nella seconda audizione del presidente della Corte dei conti, è stato evidenziato che per quanto riguarda i residui attivi la situazione è dovuta a molteplici «cause»:
dalle discordanze fra i dati del rendiconto e la contabilità di entrata delle amministrazioni;
dalla inadeguatezza della valutazione del grado di esigibilità con l'effettivo indice di riscossione dei residui attivi;
dal trascinamento dei residui di versamento da un esercizio ad un altro;
dalla determinazione di una parte dell'accertato partendo dal versato.

Per quanto riguarda la spesa, sono state evidenziate anomalie che mettono in crisi l'annualità del bilancio e la rappresentatività del rendiconto:
dalle insufficienze classificatorie del bilancio, alla necessità di razionalizzare la struttura dei programmi e delle missioni;
dalla persistenza di troppi capitoli promiscui, alla tendenza crescente di istituzione di capitoli di fondo; Pag. 55
dall'aumento dei residui perenti, alla lievitazione dei debiti pregressi.

Relativamente al conto generale del patrimonio, ricordo soltanto due dati:
le attività chiudono con un saldo negativo di quasi 15 miliardi, mentre
le passività chiudono con un'eccedenza di quasi 79 miliardi, dovuti sopratutto all'aumento delle emissioni di Titoli di debito.

Assestamento 2012.
Ricordo soltanto che:
aumenta il limite massimo di emissione di titoli pubblici (da 26.500 a 40.000 milioni);
aumenta lo stanziamento del fondo per la rassegnazione dei residui passivi perenti di parte corrente (da 1.200 a 1.300 milioni);
autorizza il MEF a variazioni compensativi.

Al netto delle regolazioni debitorie e contabili, l'assestamento per il 2012 evidenzia un miglioramento dei saldi di bilancio rispetto alle previsioni iniziali:
miglioramento del saldo netto da finanziare di oltre 5.000 milioni;
miglioramento del risparmio pubblico (saldo corrente) di 7.400 milioni;
peggioramento del ricorso al mercato di oltre 10.400 milioni.

Sia le risorse necessarie alle quote di contribuzione all'E.MS., sia il maggior fabbisogno in termini di spesa per interessi per emissione aggiuntiva di titoli di Stato, potrebbero incidere sul livello dei saldi di bilancio.
Il mio voto sull'assestamento 2012 sarà positivo.
Chiudo, ricordando un'ultima cosa.
È stato fatto molto in questi dieci mesi, ma molto rimane da fare, soprattutto sul fronte della crescita con incentivazione dell'attività economica e con la detassazione degli investimenti produttivi e della maggiore produttività delle imprese e dei lavoratori.

RAFFAELE VOLPI. Onorevoli colleghi, siamo qui quest'oggi per discutere il rendiconto generale dello Stato, ovvero lo strumento attraverso il quale il Governo, alla chiusura del ciclo di gestione della finanza pubblica e in ottemperanza alla legge di contabilità e finanza pubblica 31 dicembre 2009, n. 196, rende conto a questa Camera sui risultati della gestione finanziaria.
E peraltro, il rendiconto in discussione quest'oggi rappresenta il primo documento di consuntivo redatto proprio secondo i dettami di questa legge, entrata in vigore il 1o gennaio 2010, così che, per la prima volta, si discute un simile provvedimento secondo l'articolazione per missioni, ovvero le funzioni, e programmi di spesa, unità di voto parlamentare, e che presenta una esposizione di tipo funzionale.
I primi articoli del documento espongono i risultati complessivi relativi alle amministrazioni dello Stato per l'esercizio finanziario 2011, con evidenziate da un lato le entrate, con accertamenti per 750.164 milioni di euro e le spese, per un totale di impegni per 706.957 milioni di euro. La gestione finanziaria di competenza segna pertanto un avanzo pari a 43.207 milioni di euro. Di particolare importanza anche i valori sul Patrimonio dello Stato da cui risultano attività per un totale di 820,7 miliardi di euro e passività per un totale di 2.343,9 miliardi di euro.
Per una migliore analisi del documento, molto utile risulta senza dubbio la relazione della Corte dei Conti trasmessa al Parlamento e che evidenzia come, nello scorso anno, l'evoluzione dei conti pubblici italiani si sia caratterizzata per un complessivo miglioramento dei saldi di bilancio, pur essendo questo un contesto economico sfavorevole e fortemente caratterizzato dall'accentuarsi dei segnali di recessione nell'intera area europea.
Il tasso di crescita del PIL italiano nel 2011 si è, infatti, assestato allo 0,4 per cento, in diminuzione rispetto al valore Pag. 56segnato nel 2010 (1,8 per cento). E sebbene lo scorso esercizio abbia segnato un contesto estremamente sfavorevole, l'indebitamento netto delle amministrazioni è sceso al 3,9 per cento del PIL (rispetto a 4,6 per cento del 2010), mentre il saldo primario è tornato in avanzo per oltre 15 miliardi centrando così gli obiettivi definiti all'interno del documento di economia e finanza del 2011.
Immagino faccia uno strano effetto, per questo Governo e per gli onorevoli colleghi, sentire questi dati. Sì, perché chi per molti mesi si è stracciato le vesti per colpevolizzare il passato governo dei pessimi risultati ottenuti, ora, a sentire il rendiconto dello scorso esercizio dovrà certamente fermarsi a riflettere.
Prendiamo anche il valore del deficit, risultato superiore a quello tedesco, ma comunque inferiore a quello di Francia e Spagna. Anche in questo, pur in un momento di estrema difficoltà economica, uno dei fondamentali più importanti per studiare ad analizzare l'economia, ha dimostrato di poter reggere il confronto con gli altri paesi europei.
È pur vero che restano criticità per quanto riguarda il debito pubblico, dal momento che il divario crescente tra crescita nominale del PIL e onere medio del debito ha contribuito a determinare un aumento dell'incidenza del debito pubblico sul PIL arrivato al 120,1 per cento. Ma è evidente come i buoni risultati ottenuti, al netto del valore del debito pubblico, sono stati registrati nonostante i principali indicatori economici abbiano iniziato evidenti segnali di criticità, diretta conseguenza della difficile situazione economica.
Ecco allora che si impone una riflessione, giunti a questo punto, sull'attuale situazione economica che sta attraversando il Paese. Sì perché ora, a distanza di soli nove mesi dal termine dello scorso esercizio finanziario, i dati della nostra economia sono nettamente ed evidentemente peggiorati.
La crescita del Paese, oggi, infatti, è a zero, anzi a sottozero. Siamo in recessione, e questo nonostante il passato Governo, e i numeri di questo Rendiconto lo dimostrano, avesse lasciato un Paese che, pur nella generale difficoltà di una situazione economica che per tutto lo scorso esercizio ha imperversato in tutta Europa, aveva degli ottimi fondamentali.
Un raggiungimento degli obiettivi, in misura peraltro anche superiore a quanto richiesto in sede europea, possibile grazie ad interventi correttivi operati nel corso dell'esercizio finanziario. Sono stati adottati provvedimenti, infatti, finalizzati al contenimento della spesa delle amministrazioni centrali e degli enti territoriali, al quale sono seguiti decreti d'urgenza finalizzati a ristabilire la tensione sui mercati finanziari iniziata nel secondo semestre del 2011.
Le azioni intraprese hanno determinato una contrazione generale delle spese confermando così il risultato del 2010, mentre le entrate registrano un aumento complessivo dell'1,7 per cento.
Ma oggi, onorevoli colleghi? Possiamo forse dire lo stesso oggi? No di certo! Perché i dati di oggi sono sotto gli occhi di tutti e non sono affatto positivi. Eppure questo Governo non si è tirato indietro quando è stato il momento di infilare le mani nelle tasche negli italiani. In effetti, a pensarci bene, non abbiamo dubbi che il 2011 verrà ricordato dagli italiani non per i valori di questo rendiconto, documento buono per i tecnici del settore, ma per il ritorno di una delle tasse più odiate dagli italiani: l'imposta sugli immobili.
In realtà, il Governo ora in carica, e che al tempo era subentrato al passato esecutivo da meno di un mese, è riuscito nella non facile impresa di rendere ancora più odiosa una tassa già di per sé abbastanza odiosa, rendendo un tributo come l'ICI ancor più pesante di quanto già non lo fosse, e trasformandola da imposta municipale ad imposta statale.
Ma dato che i buoni risultati nel 2011 comunque non erano così buoni, tale era l'affermazione del subentrante Governo, pareva giusto affossare ancora di più la stentata economia del Paese: come? Aumentando le accise sulla benzina e tagliando ulteriormente le risorse agli enti locali. Pag. 57Che, se qualcuno non se ne fosse ancora accorto, sono ormai arrivati al collasso. Avete posticipato per ben quattro volte i bilanci, per quale motivo, altrimenti? Perché non sapevate nemmeno voi cosa più fare, perché non sapete nemmeno voi cosa fare! E mentre i nostri sindaci si battono ogni giorno per cercare di fornire i servizi minimi ai propri cittadini, voi, cosa fate? Aumentate le tasse in modo indiscriminato! E ora che il vostro mandato sta finalmente per terminare, voi ci lasciate un Paese in recessione, senza speranza per i nostri lavoratori, che il lavoro lo stanno perdendo, e per i nostri giovani, per i quali il tasso di disoccupazione ha raggiunto livelli mai registrati prima.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO SALVATORE TORRISI SULLA PROPOSTA DI LEGGE N. 4041-A ED ABBINATE

SALVATORE TORRISI, Relatore. Il testo oggi sottoposto all'esame dell'Assemblea è il risultato di un'approfondita attività istruttoria e di un ampio e vivace dibattito svolto dalla Commissione, in parte nell'ambito del Comitato ristretto, al quale hanno partecipato in modo intenso e costruttivo tutti i gruppi parlamentari ed il Governo.
Il dibattito si è incentrato sul testo trasmesso dal Senato, le cui proposte di modifica alla disciplina del condominio negli edifici sono state attentamente valutate alla luce delle diverse possibili soluzioni prospettate dalle altre proposte di legge abbinate e dai contributi dei soggetti auditi. La Commissione ha infatti svolto un ciclo molto ampio e completo di audizioni, facendo tesoro di molte delle indicazioni e dei suggerimenti provenienti da esperti della materia e da rappresentanti delle categorie interessate. Ne è risultato un nuovo testo della proposta di legge n. 4041, approvata dal Senato, che è stata adottata quale testo base e poi ulteriormente modificata dagli emendamento approvati dalla Commissione.
Uno dei punti nodali dell'esame è stato rappresentato dalla necessità di verificare la tenuta della tradizionale configurazione giuridica del condominio di fronte all'indiscutibile esigenza di ammodernamento dell'istituto unanimemente sentita dalla società civile.
Sotto questo profilo la Commissione ha ritenuto di dover mantenere ferma l'impostazione seguita dal Senato, nel senso di non attribuire al condominio, ex ante, con una norma di carattere generale, la capacità giuridica.
Una simile innovazione, da un lato, è sembrata in contrasto con esigenze sistematiche ravvisabili nel codice civile (che attribuisce la capacità giuridica espressamente e in via generale solo alla persona fisica) e, dall'altro, avrebbe aperto la via a nuove configurazioni giuridiche del condominio che non sono apparse indispensabili al fine di conseguire quel necessario ammodernamento dell'istituto che costituisce lo scopo della riforma né prive di effetti collaterali.
Si è quindi voluto escludere che il condominio possa assumere l'autonoma titolarità di diritti reali sulle cose comuni e si è confermata la «configurazione pluralistica» dell'istituto, in base alla quale i proprietari esclusivi delle unità abitative sono anche comproprietari delle parti di uso comune e vi è un'organizzazione unica, competente a gestire le parti comuni, raffigurata dall'assemblea dei proprietari e dall'amministratore da essa nominato.
Alcune soluzioni proposte dal Senato in merito alla riduzione dei quorum costitutivi e deliberativi dell'assemblea hanno destato perplessità e sono state riviste o attenuate. Mi riferisco in particolare alle disposizioni che consentono di modificare le destinazioni d'uso delle parti comuni a maggioranza (anziché all'unanimità) e a quelle che prevedono una significativa riduzione dei quorum deliberativi in materia di innovazioni. Su queste parti della disciplina il dibattito è stato particolarmente serrato ed è prevalso l'orientamento volto a garantire la piena tutela dei proprietari delle singole unità immobiliari Pag. 58(giacché il valore e il pregio di queste ultime dipende anche dalla destinazione d'uso delle parti comuni). Si è voluto inoltre limitare la possibilità che le spese, anche gravose, per le innovazioni siano imposte, con maggioranza ridotte, ai proprietari che non vogliano o non possano sostenerle. Nel nuovo articolo 1120, quindi, la riduzione del quorum deliberativo è prevista solo per le innovazioni d'interesse «sociale».
È stata compiuta una complessiva revisione del testo in un'ottica di generale semplificazione e snellimento.
In particolare sono state soppresse alcune norme dall'applicazione delle quali si è ritenuto che potesse derivare un aumento della litigiosità nel condominio o un incremento del contenzioso giudiziario. Tale scelta è stata anche influenzata dalla considerazione che, a decorrere dal 21 marzo 2012, le controversie in materia di condominio soggiacciono alla disciplina della mediazione obbligatoria di cui all'articolo 5, comma 1, decreto legislativo n. 28 del 2010. È stata quindi introdotta una disposizione di raccordo tra la disciplina del condominio e quella della mediazione obbligatoria, che definisce anche il concetto di «controversia in materia di condominio», lasciato sostanzialmente «in bianco» dal citato decreto legislativo n. 28 del 2010.
Sono state inoltre modificate o attenuate alcune disposizioni che sembravano attribuire ulteriori poteri all'amministratore, laddove quei poteri siano stati considerati eccessivi o invasivi nel confronti della sfera privata dei singoli condomini, anche per quanto concerne la riscossione dei contributi. Il tema della morosità del condomino è stato comunque oggetto di un serio approfondimento, all'esito del quale si è optato per la semplificazione di talune disposizioni e per il mantenimento della possibilità, prevista dal Senato, che l'amministratore ricorra al procedimento di ingiunzione, senza che sia necessaria la previa delibera dell'assemblea.
Particolare attenzione è stata riservata all'esigenza di introdurre o perfezionare meccanismi che possano facilitare l'ingresso nel condominio della tecnologia finalizzata al complessivo miglioramento della qualità della vita: mi riferisco, in particolare, alle fonti di energia rinnovabili, agli impianti di videosorveglianza, alle reti in fibra ottica.
Con riferimento alla trasparenza e alla conoscibilità delle vicende che riguardano il condominio si è prevista l'istituzione del Repertorio dei condominii presso l'Ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio nonché la possibilità che l'assemblea deliberi la costituzione del sito internet del condominio.
Ultimo fra i grandi temi affrontati dall'articolato del testo predisposto dalla Commissione, ma assolutamente preminente in termini di rilevanza e di efficacia della riforma, è quello della valorizzazione e qualificazione della figura dell'amministratore di condominio.
In primo luogo si è stabilito che l'amministratore, all'atto della nomina, deve presentare ai condomini una polizza individuale di responsabilità civile per gli atti compiuti nell'esercizio del mandato, i cui oneri sono a carico dei condomini. Si è quindi optato per l'istituzione presso ogni Ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio di un Registro degli amministratori di condominio, con l'indicazione dei requisiti di onorabilità e di formazione richiesti ai fini dell'iscrizione, con la precisazione, tuttavia, che «agli iscritti al registro è riconosciuta competenza specifica per l'esercizio dell'attività di amministratore di condominio. L'iscrizione al registro, tuttavia, non costituisce requisito per l'esercizio di tale attività».
È necessario precisare che le ipotesi valutate dalla Commissione sono state molteplici e che l'istituzione del predetto Registro e la configurazione dell'iscrizione come non obbligatoria ai fini dell'esercizio dell'attività dell'amministratore è stata ritenuta dalla Commissione come una valida soluzione di compromesso (fra chi non voleva alcun tipo di registro e chi richiedeva requisiti di qualificazione particolarmente severi). Si tratta inoltre di una soluzione compatibile con la disciplina comunitaria ed i principi fissati in materia Pag. 59di professioni non organizzate in ordini o collegi, dal testo unificato delle proposte di legge n. 1934 e abbinate, approvato dalla Camera il 17 aprile 2012. Ricordo infatti che l'articolo 7 del citato testo unificato prevede un sistema di attestazioni che tuttavia non possono rappresentare requisiti necessari per l'esercizio dell'attività professionale.
Passando all'esame dell'articolato, rilevo che il testo elaborato dalla Commissione giustizia consta di 32 articoli, che novellano il Capo II del Titolo VII del Libro III del codice civile, gli articoli 63 e seguenti delle disposizioni di attuazione e alcune leggi speciali.
L'articolo 1 sostituisce l'articolo 1117 codice civile, introducendo una definizione più articolata di «parti comuni» dell'edificio; sono ora esplicitamente compresi nelle parti comuni le facciate, i parcheggi, i sottotetti, gli impianti di condizionamento, quelli per la ricezione radio TV, anche satellitare o via cavo.
L'articolo 2 introduce due nuovi articoli nel codice civile. L'articolo 1117-bis chiarisce l'ambito applicativo della disciplina sul condominio, esteso a complessi immobiliari composti da unità unifamiliari (condominio «orizzontale», esempio villette a schiera) nonché ai cosiddetti supercondomini. L'articolo 1117-ter detta una specifica procedura per la tutela contro le attività che incidano negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d'uso delle parti comuni; non solo l'amministratore, ma anche il singolo condomino, può diffidare l'esecutore della condotta e chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione, anche attraverso azioni giudiziarie.
L'articolo 3 interviene sull'articolo 1118 codice civile per precisare che il singolo condomino può distaccarsi dall'impianto centralizzato di riscaldamento in presenza di due condizioni: l'unità abitativa non gode della normale erogazione di calore, per problemi tecnici all'impianto condominiale, che non vengono risolti nel corso di una intera stagione di riscaldamento; il distacco non comporta squilibri tali da compromettere la normale erogazione di calore agli altri condomini o aggravi di spesa. In tali casi il rinunziante è tenuto a concorrere esclusivamente al pagamento delle spese di manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma.
L'articolo 4 modifica l'articolo 1119 codice civile, in materia di indivisibilità del condominio prevedendo che le parti comuni possano essere soggette a divisione solo in presenza di una delibera unanime che le sottragga all'uso comune.
L'articolo 5 novella l'articolo 1120 codice civile, in materia di innovazioni. Il testo conferma che i condomini (a maggioranza degli intervenuti all'assemblea, che rappresentino almeno i 2/3 dei millesimi), possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni ma aggiunge che per le innovazioni che hanno ad oggetto sicurezza e salubrità degli edifici e degli impianti, abbattimento di barriere architettoniche, contenimento dei consumi energetici, parcheggi, installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, impianti centralizzati radiotelevisivi e telematici è sufficiente la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà dei millesimi.
L'articolo 6 sostituisce l'articolo 1122 codice civile escludendo che il condomino possa eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza e al decoro architettonico dell'edificio. L'amministratore deve in ogni caso essere avvisato prima dell'avvio dei lavori ai fini della relativa comunicazione in assemblea.
L'articolo 7 introduce due nuovi articoli nel codice civile. L'articolo 1122-bis disciplina le installazioni non centralizzate di impianti autonomi per la ricezione radiotelevisiva nonché l'installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. La disposizione riconosce il diritto del condomino a provvedere, senza un preventivo voto dell'assemblea, e prevede che, per la progettazione e l'esecuzione dell'impianto, i condomini debbano lasciare libero accesso alle loro proprietà Pag. 60individuali. L'intervento dell'assemblea condominiale è richiesto (con la maggioranza degli intervenuti che rappresentino i 2/3 dei millesimi) soltanto quando siano necessarie modifiche alle parti comuni; in tal caso possono essere ordinate modifiche al progetto iniziale e richiesta garanzia per eventuali danni. L'articolo 1122-ter richiede, per l'installazione di impianti di videosorveglianza sulle parti comuni dell'edificio, la maggioranza degli intervenuti all'assemblea che rappresentino almeno la metà dei millesimi.
L'articolo 8 novella l'articolo 1124 codice civile sancendo l'equiparazione tra scale ed ascensori ai fini del riparto delle spese di manutenzione e sostituzione.
Gli articoli 9 e 10 della proposta di legge riguardano l'amministratore del condominio. In particolare, l'articolo 9 sostituisce l'articolo 1129 codice civile e pone in capo all'amministratore una serie di specifici obblighi da assolvere (comunicazione di dati anagrafici, professionali e fiscali, obbligo di pubblicità della documentazione condominiale, assicurazione professionale) a fini di trasparenza, verifica della qualifica professionale e controllo del suo operato. La disposizione prevede l'apertura di un conto corrente bancario o postale a nome del condominio nonché il raddoppio (da uno a due anni) della durata in carica dell'amministratore. Infine, l'articolo 9 amplia e tipizza i gravi motivi alla base della revoca dell'incarico: si segnalano, in particolare, l'omissione del rendiconto di gestione per un anno, irregolarità nella tenuta della documentazione del condominio, la mancata apertura del conto del condominio, irregolarità fiscali, l'inerzia nel promuovere l'azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute dal condominio.
L'articolo 10 integra l'attuale formulazione dell'articolo 1130 codice civile, in materia di attribuzioni dell'amministratore, aggiungendo in particolare l'esecuzione degli adempimenti fiscali; la tenuta di due nuovi registri obbligatori; la conservazione di tutta la documentazione; la consegna al condomino che ne faccia richiesta dell'attestazione dei pagamenti degli oneri condominali e delle eventuali liti in corso; la convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto annuale di gestione.
L'articolo 11 inserisce nel codice civile l'articolo 1130-bis relativo al rendiconto condominiale annuale prevedendo che in particolari ipotesi l'assemblea possa nominare a fini consultivi e di controllo contabile un consiglio di condominio.
L'articolo 12 modifica l'articolo 1131 codice civile, in materia di rappresentanza del condominio da parte dell'amministratore, specificando che l'amministratore rappresenta anche i condomini assenti o dissenzienti.
L'articolo 13 ha un duplice contenuto: riformula l'articolo 1134 codice civile confermando, nella sostanza, il contenuto della norma vigente relativa all'esclusione del diritto al rimborso per le spese fatte dal condomino che ha assunto la gestione delle cose comuni senza autorizzazione; novella l'articolo 1135 codice civile, in materia di attribuzioni dell'assemblea condominiale, prescrivendo la costituzione di un fondo speciale, di importo pari all'ammontare dei lavori, in caso di deliberazione di opere di manutenzione straordinaria o di innovazioni.
L'articolo 14 sostituisce l'articolo 1136 codice civile, abbassando i quorum costitutivi e deliberativi dell'assemblea.
In particolare, la disposizione prevede: la validità della costituzione dell'assemblea in prima convocazione ove sia presente la maggioranza dei condomini (attualmente servono i 2/3 dei condomini) che rappresentano i 2/3 dei millesimi (primo comma). In tal caso la deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio (secondo comma); le deliberazioni dell'assemblea in seconda convocazione sono valide se ottengono un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti (anziché 1/3 dei partecipanti al condominio); rimane ferma la necessità che i voti favorevoli alla delibera costituiscano 1/3 dei millesimi (terzo comma); le deliberazioni sulla nomina e revoca dell'amministratore, Pag. 61sulle innovazioni di interesse sociale (sicurezza, barriere architettoniche, parcheggi, impianti centralizzati etc.) e sulle riparazioni straordinarie sono valide se prese a maggioranza degli intervenuti e almeno la metà dei millesimi (attualmente sono necessari i 2/3 dei millesimi) (quarto comma); le deliberazioni su tutte le altre innovazioni (articolo 1120, primo comma) e sulle installazioni non centralizzate di impianti autonomi (TV ed energia) sono adottate con la maggioranza degli intervenuti ed i 2/3 dei millesimi (quinto comma); l'accertamento della regolarità della convocazione all'assemblea (sesto comma) e l'obbligo di redigere il processo verbale (settimo comma). L'articolo 15 sostituisce l'articolo 1137 codice civile, in materia di impugnazione delle deliberazioni assembleari attribuendo la legittimazione ad impugnare, oltre che al condomino dissenziente e all'assente, anche all'astenuto.
L'articolo 16 coordina il terzo comma dell'articolo 1138 (sull'approvazione del regolamento di condominio), con le nuove disposizioni dell'articolo 1130 codice civile (sulle attribuzioni dell'amministratore). Inoltre, con l'aggiunta di un comma all'articolo 1138, la Commissione ha specificato che le norme del regolamento di condominio non possono porre limiti alle destinazioni d'uso delle singole unità immobiliari né vietare di possedere animali da compagnia.
L'articolo 17 novella l'articolo 2659, primo comma, codice civile, stabilendo che chi domanda la trascrizione nei registri immobiliari di un atto tra vivi debba presentare al conservatore una nota nella quale devono essere indicati, per i condomini, anche l'eventuale loro denominazione, ubicazione e codice fiscale.
Gli articoli da 18 a 27 della proposta di legge intervengono sulle disposizioni di attuazione del codice civile. In particolare, l'articolo 18 sostituisce l'articolo 63, in tema di riscossione dei contributi dai singoli condomini.
La disposizione prevede: che per la riscossione delle somme dovute dai condomini l'amministratore può attivare la procedura d'ingiunzione senza autorizzazione dell'assemblea; che l'amministratore è tenuto a comunicare ai creditori del condominio i dati dei condomini morosi, affinché questi possano agire in prima battuta nei loro confronti (rivolgendosi solo in un secondo momento ai condomini in regola con i pagamenti); che l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato quando la mora nel pagamento dei contributi di sia protratta per un semestre (attualmente è necessaria una specifica disposizione del regolamento condominiale).
L'articolo 19 interviene con finalità di coordinamento sull'articolo 64 disposizioni attuative in tema di revoca dell'amministratore.
L'articolo 20 novella l'articolo 66 disposizioni attuative, in ordine alle modalità di convocazione dell'assemblea di condominio.
La disposizione stabilisce: che l'avviso di convocazione dell'assemblea - che può essere trasmesso anche per posta elettronica certificata o fax - deve contenere l'ordine del giorno della stessa (principio già ampiamente affermato dalla giurisprudenza); che ogni omissione relativa alla convocazione dell'assemblea rende le delibere assunte annullabili; che l'assemblea in seconda convocazione non può tenersi lo stesso giorno nel quale era prevista l'assemblea in prima convocazione; che nessuna assemblea di condominio può essere convocata nei giorni in cui ricorre una festività religiosa (riconosciuta dalla Chiesa cattolica o dalle confessioni che hanno stipulato intese con lo Stato); che per velocizzare la procedura è possibile già in sede di prima convocazione dell'assemblea indicare data e luogo delle eventuali successive convocazioni.
L'articolo 21 sostituisce l'articolo 67 disposizioni attuative, relativo alle modalità di partecipazione all'assemblea condominiale (caratteristiche e limiti della delega). La riforma disciplina inoltre l'assemblea per la gestione delle parti comuni a più edifici o a più condominii (ogni condominio designa il proprio rappresentante Pag. 62che agisce su mandato e riferisce all'amministratore del proprio condominio gli esiti dell'assemblea).
Con finalità di coordinamento, l'articolo 22 riscrive l'articolo 68 disposizioni attuative, in tema di tabelle millesimali mentre l'articolo 23 interviene sull'articolo 69 disposizioni attuative relativo alla revisione delle tabelle millesimali. In particolare, la proposta di legge afferma il principio per cui la revisione delle tabelle può essere effettuata, anche nell'interesse di un solo condomino, con la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio, nelle seguenti ipotesi: errore di calcolo materiale e mutate condizioni dell'immobile.
L'articolo 24 interviene sull'articolo 70 disposizioni attuative, per aggiornare il valore delle sanzioni pecuniarie per la violazione del regolamento di condominio.
L'articolo 25 riscrive l'articolo 71 disposizioni attuative, per introdurre una compiuta disciplina del Repertorio dei condomini istituito presso ogni ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio. Il repertorio dovrà contenere l'anagrafe di ogni condominio comprensiva di tutte le principali delibere condominiali, i regolamenti, i bilanci e gli atti di contenzioso. Spetterà all'amministratore comunicare ogni atto soggetto ad annotazione all'Agenzia del territorio entro 30 giorni dal compimento, pena una sanzione amministrativa pecuniaria.
L'articolo 26 inserisce tre nuovi articoli nelle disposizioni di attuazione. L'articolo 71-bis istituisce presso l'ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio il Registro degli amministratori di condominio, disciplinando i requisiti per l'esercizio della professione (godimento dei diritti civili, assenza di specifici carichi penali, titolo di studio, formazione, assicurazione professionale), che viene consentito anche in forma societaria. Peraltro, la disposizione che prevede una sospensione dal registro per gravi negligenze professionali, consente l'esercizio della professione anche a coloro che non sono iscritti nel registro.
L'articolo 71-ter prevede che l'assemblea possa disporre la creazione di un sito internet del condominio, ad accesso individuale e protetto, per consultare tutti gli atti e i rendiconti mensili.
L'articolo 71-quater definisce le controversie in materia di condominio (al fine dell'applicazione della disciplina sulla mediazione obbligatoria), come quelle derivanti dalla violazione o errata applicazione del capo Il del titolo VII del libro III del Codice civile (articoli 1117-1139) e degli articoli da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione. La disposizione disciplina inoltre alcuni specifici aspetti della mediazione di queste controversie.
L'articolo 27 introduce nelle disposizioni di attuazione l'articolo 155-bis che detta una disciplina transitoria per l'adeguamento degli impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva esistenti al momento dell'entrata in vigore della riforma.
Gli articoli 28, 29 e 30 hanno finalità di coordinamento sostituendo in alcune leggi speciali (su abbattimento delle barriere architettoniche, risparmio energetico e installazione di impianti televisivi) il riferimento all'articolo 1136 codice civile con l'articolo 1120, secondo comma, codice civile.
L'articolo 31 definisce i contributi per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché per le innovazioni come crediti prededucibili in caso di procedura concorsuale (conseguentemente, se il condomino fallisce il condominio avrà diritto di essere soddisfatto prima degli altri creditori).
Infine, l'articolo 32 novella l'articolo 23 codice procedura civile in tema di individuazione del giudice competente a conoscere delle controversie tra condomini e condominio.