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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 680 di mercoledì 5 settembre 2012

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 15.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'8 agosto 2012.
(È approvato).

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per i rapporti con il Parlamento.

(Iniziative a tutela del patrimonio bovino della Campania, con particolare riferimento alle procedure di vaccinazione delle mandrie - n. 3-02444)

PRESIDENTE. L'onorevole Catone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02444, concernente iniziative a tutela del patrimonio bovino della Campania, con particolare riferimento alle procedure di vaccinazione delle mandrie (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

GIAMPIERO CATONE. Signor Presidente, signor Ministro, premesso che il patrimonio zootecnico della specie bufalina nella regione Campania consta di circa 250 mila capi, considerato che nel 2007 un'epidemia di brucellosi colpì i due terzi degli allevamenti, causando l'abbattimento dei capi infetti e la conseguente perdita di centinaia di posti di lavoro, preso atto, infine, della denuncia dell'Associazione salernitana allevatori bovini, equini, ovini e caprini che in data 5 maggio 2011 contestava alla regione Campania la mancata risposta ai numerosi solleciti ad avviare la procedura di vaccinazione delle mandrie contro la brucellosi, vorremmo sapere quali provvedimenti intenda adottare per salvaguardare il patrimonio bufalino della regione Campania e, conseguentemente, il livello occupazionale che da esso deriva, e se intenda attivare i controlli più opportuni per tutelare la salute dei bovini avendo un monitoraggio della situazione aggiornata al 2012.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Mario Catania, ha facoltà di rispondere.

MARIO CATANIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, in merito all'interrogazione a risposta immediata dell'onorevole Catone faccio presente che, fin dal 1991, le autorità nazionali e regionali, tenuto conto della situazione epidemiologica e del contesto economico e sociale che caratterizza l'allevamento bufalino in Campania, hanno adottato specifici provvedimenti tesi ad affrontare tale problematica. I medesimi provvedimenti non hanno però conseguito effetti significativi nel contenimento dell'infezione brucellare tanto che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 agosto 2007, è stato dichiarato lo stato di emergenza nel territorio della provincia di Caserta e zone limitrofe per fronteggiare il rischio sanitario Pag. 2connesso all'elevata diffusione negli allevamenti bufalini. È stato nominato, anche, un commissario di Governo e sono stati individuati gli interventi per fronteggiare in maniera definitiva detta emergenza.
Gli interventi posti in essere dalla struttura commissariale hanno conseguito risultati di notevole entità: la percentuale di infezione, del 33 per cento nel 2007, a fine 2011 si è ridotta all'1,6 per cento. Nel casertano, la provincia più interessata dalla brucellosi, dall'inizio del corrente anno ad oggi sono state riscontrate poco più di 1.800 positività su circa 245 mila soggetti testati, con una percentuale di infezione della popolazione bufalina pari all'1 per cento. Oggi risultano censiti circa ventiquattro focolai attivi e tutti i 992 allevamenti presenti nel territorio casertano sono monitorati dall'anagrafe nazionale. Una percentuale pari a circa il 17 per cento degli allevamenti attivi ha utilizzato la pratica della vaccinazione, così come previsto nel piano di risanamento. Tali livelli di infezione sono considerati ordinari e gestibili dai servizi veterinari competenti, e finalmente è possibile affermare che l'emergenza può essere considerata conclusa, fermo restando la continua prosecuzione delle azioni di profilassi e di monitoraggio della situazione. In proposito sono state già programmate una serie di attività utilizzando i fondi FAS, attraverso le quali si potrà garantire il mantenimento del buon livello di epidemiologia raggiunto, nonché adottare una serie di azioni volte proprio alla biosicurezza degli allevamenti.

PRESIDENTE. L'onorevole Catone ha facoltà di replicare.

GIAMPIERO CATONE. Signor Presidente, signor Ministro, tutti i dati che lei, ovvero il Ministero, ha fornito non hanno, comunque, determinato con esattezza una cosa: i vaccini, la regione Campania, non li sta facendo fare; questo è un dato certo. Nella regione Sicilia si è provveduto a tanto per tempo; quindi, sappiamo molto bene che la prevenzione è meglio e dà risultati notevolmente superiori alla cura.
Lei dice che si è programmato: benissimo; però non vorremmo, con questi benedetti fondi che in genere si cercano di utilizzare un po' dappertutto, che mentre il medico studia l'ammalato muore. Noi abbiamo una certezza: la regione Campania è leader nel mondo per i latticini; è leader nel mondo per quella produzione. Quindi, vorremmo un'attenzione più particolare e che il Governo incidesse in maniera determinata sulla regione Campania, affinché questi benedetti vaccini si facciano, e non semplicemente trovare la maniera e il sistema per dire: abbiamo ridotto l'infezione. L'infezione va debellata; troviamo il sistema per debellare l'infezione. Sappiamo benissimo che una vaccinazione preventiva porterà a questo. Capiamo bene che si tratta di spendere dei soldi, capiamo bene che questi soldi deve spenderli la regione Campania, ma facciamo in modo, comunque, anche nell'ottica della spending review, di prevenire spendendo meno.

(Iniziative di competenza per una corretta informazione circa lo stato di salute del mare e delle coste - n. 3-02443)

PRESIDENTE. L'onorevole Nucara ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02443, concernente iniziative di competenza per una corretta informazione circa lo stato di salute del mare e delle coste (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, signor Ministro, l'estate d'Italia, ma della Calabria in particolare, è stata deliziata dai dati che ha fornito Goletta Verde ai mass media, che portavano la Calabria come «maglia nera» della balneabilità in Italia. Goletta Verde non è un'associazione scientifica, è quasi un'associazione da diporto, perché se Goletta Verde prende soltanto i punti dove sbucano canali o torrenti o fogne per dire che su 800 chilometri di costa 19 punti risultano non in linea con le regole europee per la balneazione, è poca cosa, è come se ad un Pag. 3malato facessero un esame da laboratorio, risultasse la glicemia e si dicesse che dobbiamo rottamare l'ammalato. Invece dobbiamo curare la glicemia. Questo dovrà fare la regione Calabria con l'assistenza del suo Ministero.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, ha facoltà di rispondere.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, dalla stagione balneare 2010 il monitoraggio della qualità delle acque di balneazione è eseguito dalle Agenzie regionali per l'ambiente e segue le direttive della direttiva europea 2006/7/CE, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 116 del 2008.
Nel 2011, in base all'elaborazione dei parametri microbiologici analizzati dall'ARPA Calabria, solo il 2 per cento ha dato esito sfavorevole su 3.879 campioni, cioè 84 campioni sfavorevoli e 3.795 campioni favorevoli. I campioni che hanno dato esito sfavorevole riguardano sempre gli stessi punti di prelievo, che nel corso degli anni hanno dimostrato di avere problemi di inquinamento e insistenti, soprattutto, nella provincia di Cosenza e in quella di Reggio Calabria. Le problematiche che sono alla base di questi dati sono quasi sempre dovute al malfunzionamento di alcuni depuratori costieri e a discariche abusive, che giungono a mare tramite canali o torrenti.
La situazione appare peggiore in caso di campionamenti eseguiti in presenza di pioggia e vicino alle foci di fiumi soprattutto nel periodo tra aprile e maggio, o durante i mesi estivi, quando il maggior numero di abitanti equivalenti causa inconvenienti al funzionamento dei depuratori costieri. In tema di adeguamento dei sistemi fognari la regione Calabria ha comunque intrapreso un'intensa attività di programmazione dei lavori per il superamento delle criticità.
Questi sono i dati ufficiali che sono il risultato delle attività di monitoraggio che sono di competenza della Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, secondo la legge. I dati riferiti da Goletta Verde fanno riferimento ad un'attività di monitoraggio che viene esercitata sulla base di procedure e di standard che non sono quelli stabiliti dalla legge e, dunque, non possono essere assunti come dati di riferimento per la valutazione dello stato del mare.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Concludo, ricordando che i finanziamenti erogati a Legambiente da parte del Ministero dell'ambiente non hanno nulla a che vedere con le attività di Goletta Verde, cioè sono finanziamenti che riguardano altre attività e Goletta Verde svolge un'attività che non è sostenuta con finanziamenti pubblici.

PRESIDENTE. L'onorevole Nucara ha facoltà di replicare.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro perché ha santificato oggi che i dati di Goletta Verde non servono a nulla. Questo bisogna dirlo a tutti i giornali italiani. Questa è la rassegna stampa di questa estate: tutto questo fascicolo riguarda solo la Calabria. Tutti i giornali italiani, a cominciare dal Corriere della Sera, La Stampa, la Repubblica, Il Messaggero (per non parlare dei giornali locali), titolavano: «Calabria, maglia nera della balneabilità».
Inviterei il presidente della regione Calabria a denunciare Goletta Verde e a richiedere i danni che ha provocato con la fuga dei pochi turistici che c'erano in Calabria. Signor Ministro, lei ha sostenuto poco fa che non dà (il suo Ministero ovviamente, non lei) finanziamenti a Goletta Verde. Siccome non credo al volontariato - penso al volontariato pagato -, credo pure che Goletta Verde - direttamente o indirettamente - abbia delle risorse finanziarie che gli vengono sicuramente Pag. 4dalla regione Calabria (entro il 2011 sicuramente sono stati dati circa 150 mila euro dalla regione).
Non sapevo, e credo che comunque la sua risposta sia parziale, che il Ministero dà risorse finanziarie a Legambiente che poi le distribuisce. Sarebbe interessante sapere, delle risorse che come Ministero date alle associazioni ambientaliste, quanta parte va a Legambiente e quanta parte a tutte le altre associazioni, così vedremmo che Legambiente la fa da padrone all'interno del Ministero dell'ambiente.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCESCO NUCARA. Quindi, la sua risposta mi riempie e mi gratifica, perché santifichiamo oggi che i dati di Goletta Verde non hanno nessun valore, anche perché non hanno valore scientifico. Infatti, non c'è un metodo che possa indicare la scientificità di quella ricerca che ricerca non è. Prelevano in un posto che decidono loro - probabilmente giustamente - come la foce di un fiume o dei canali, acquisiscono un dato e dicono che lì c'è inquinamento, ma la balneabilità - come lei ha sostenuto poco fa - è ben altra cosa.

(Chiarimenti in merito alle dichiarazioni del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali rilasciate al quotidiano Avvenire - n. 3-02445)

PRESIDENTE. L'onorevole Rainieri ha facoltà di illustrare l'interrogazione Dozzo n. 3-02445, concernente chiarimenti in merito alle dichiarazioni del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali rilasciate al quotidiano Avvenire (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

FABIO RAINIERI. Signor Presidente, signor Ministro, lei in una recente intervista ha affermato la necessità che la prossima legislatura assicuri una linea di continuità con questo Governo e si è reso anche disponibile per farne parte, lasciando intendere che un Governo diverso da quello attuale si porrebbe in una logica di discontinuità rispetto a quello attuale e creerebbe gravi problemi all'economia, dimenticando che questo Governo, fino ad oggi, ha sbagliato tutto quello che poteva fare, tant'è che il livello della pressione fiscale è aumentato, come è aumentato anche il tasso di disoccupazione.
Noi le chiediamo se non ritenga opportuno chiarire quanto espresso nell'intervista citata al giornale, posto che tali dichiarazioni appaiano in netto contrasto con quanto stabilito dal dettato costituzionale in ordine alla necessaria legittimazione democratica del Governo. Ricordiamo che questo è un Governo che non è passato tramite il voto e che purtroppo continua a legiferare con decreti e con la conseguente fiducia posta su questi decreti.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Mario Catania, ha facoltà di rispondere.

MARIO CATANIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, in merito all'interrogazione presentata dall'onorevole Dozzo ed altri ritengo opportuno rappresentare che, nell'intervista recentemente rilasciata al quotidiano Avvenire, ho manifestato, rispondendo a specifiche domande, i miei convincimenti in merito ad alcuni aspetti di carattere generale, concernenti la situazione del Paese e le sue prospettive. Le mie opinioni sono state espresse in forma trasparente e assolutamente rispettosa dei principi e delle regole che sono alla base della nostra democrazia.
Prendo atto che gli interroganti non condividono le mie opinioni ed ho incondizionato rispetto delle considerazioni espresse nell'interrogazione, ma ciò in nessun modo incide sulla linearità del mio comportamento e sulla sua conformità al dettato costituzionale, che garantisce a tutti la facoltà di manifestare liberamente il proprio pensiero (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. L'onorevole Rainieri ha facoltà di replicare.

FABIO RAINIERI. Signor Presidente, non mi ritengo soddisfatto della risposta del Ministro anche perché, essendo lui un tecnico e, quindi, un dirigente dello Stato prima ancora che diventare Ministro, sarebbe tenuto perciò a conoscere e a rispettare le fondamentali regole di funzionamento del nostro ordinamento, sancite dalla Costituzione. Vorrei ricordare, inoltre, che questo Governo, e parliamo di agricoltura in questo caso, non mi sembra che abbia brillato in aiuti al settore.
Ricordiamo che le associazione allevatori non hanno i soldi per fare genetica e che sono stati tolti da questo Governo. La genetica in Italia è uno dei fiori all'occhiello che ci viene invidiato in tutto il mondo. Ricordiamo che da un anno a questa parte il prezzo del gasolio agricolo è aumentato di oltre un euro al litro e anche questo è un danno economico in un momento di siccità, come quello che abbiamo attraversato questa estate, che crea dei gravissimi problemi alle aziende agricole.
Ricordiamo i fondi che questo Governo ha tolto al Ministero dell'agricoltura e l'aumento, che in questo periodo tutti noi agricoltori - e parlo da agricoltore prima che da parlamentare - abbiamo dovuto subire, dei prezzi delle derrate alimentari. Abbiamo avuto un aumento dal 30 al 50 per cento dei prodotti più importanti, che sono il mais e la soia. Abbiamo visto e abbiamo notato una politica sbagliata a livello comunitario di questo Governo e chiediamo che questo Governo al più presto vada a casa perché di disastri, sia nel mondo agricolo che in tutte le altre categorie dei lavoratori, ne ha già fatti a sufficienza.

(Iniziative volte a tutelare le coltivazioni ortofrutticole, con particolare riferimento alla filiera del pomodoro da industria - n. 3-02446)

PRESIDENTE. L'onorevole De Camillis ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02446, concernente iniziative volte a tutelare le coltivazioni ortofrutticole, con particolare riferimento alla filiera del pomodoro da industria (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

SABRINA DE CAMILLIS. Signor Presidente, signor Ministro, è inutile rafforzare quanto il settore dell'agricoltura stia vivendo e stia attraversando un periodo di enorme crisi, in particolare la filiera del pomodoro. È su questo che oggi intendiamo sapere che cosa si riesce a mettere in campo, da un lato, per tutelare le imprese del comparto agricolo e, dall'altro, per tutelare il consumatore, perché ormai sono diversi anni che le imprese agricole non si vedono rispettate le clausole contrattuali, subendo un deprezzamento del prodotto, dall'altro non c'è tutela del consumatore attraverso l'arrivo e la trasformazione sul mercato di pomodoro dall'estero, e non solo dalla Cina come si immagina. Quindi, noi intendiamo sapere cosa il Governo intende mettere in campo per queste due grosse questioni che riguardano migliaia di aziende italiane.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Mario Catania, ha facoltà di rispondere.

MARIO CATANIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, sono perfettamente consapevole dell'importanza del comparto del pomodoro da industria e delle problematiche legate alla necessità di un'adeguata tutela a garanzia del rispetto delle regole di produzione e di trasparenza nei confronti del consumatore. Per tale ragione, sul versante nazionale premetto che l'attività di controllo esercitata dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità continuerà ad essere effettuata con il massimo livello di attenzione.
Vorrei evidenziare che, su mia iniziativa, il Governo ha approvato un disegno di legge riguardante i prodotti derivanti dalla trasformazione del pomodoro, con il quale sono stabilite norme per la definizione Pag. 6dei prodotti trasformati a base di pomodoro, i relativi requisiti qualitativi e le disposizioni sanzionatorie per le infrazioni a tali norme.
Sempre sul fronte nazionale, vorrei far presente che abbiamo avviato un confronto con tutti gli attori della filiera, al fine di procedere verso un percorso condiviso finalizzato ad un miglioramento complessivo del comparto, sia dal punto di vista strutturale che in merito agli accordi commerciali all'interno della filiera medesima.
Inoltre, in merito alla siccità, informo che sono state accelerate le procedure relative alla dichiarazione dello stato di eccezionale avversità atmosferica, che prevedono il coinvolgimento delle regioni interessate ai fini dell'attivazione delle misure previste dal Fondo di solidarietà nazionale. In ambito comunitario abbiamo sollecitato la Commissione europea al fine di ottenere la possibilità di erogare anticipi degli aiuti diretti nella misura del 50 per cento a causa degli sfavorevoli eventi climatici di questi mesi. La Commissione europea ha adottato il relativo regolamento, che consentirà l'erogazione delle predette anticipazioni a partire dal 16 ottobre prossimo. Infine, vorrei evidenziare che, nel quadro del negoziato sulla riforma della Politica agricola comune, stiamo lavorando per migliorare la proposta della Commissione in modo da prevedere un più incisivo sostegno nella gestione delle crisi di mercato in agricoltura.

PRESIDENTE. L'onorevole De Camillis ha facoltà di replicare.

SABRINA DE CAMILLIS. Signor Presidente, ringrazio il Ministro. Ci tengo ad evidenziare due aspetti in particolare. Il comparto è un comparto importante per diversi ordini di motivi, ma mi sento di evidenziarne qui due in modo particolare: da un lato il pomodoro trasformato può rappresentare una parte del made in Italy come prodotto base per una serie di piatti. Quindi, il food italiano è rappresentato anche dalla filiera del pomodoro, che in sé ha una peculiarità: quella di avere un altissimo livello occupazionale, sia da parte dell'impresa agricola, sia nella parte di trasformazione. Chiaramente la tutela di questa filiera è una tutela che prevede anche la conservazione di posti di lavoro.
Non nascondo la grande preoccupazione che viene dal settore, soprattutto perché, se non si riuscirà sul fronte trattativa comunitaria a riuscire ad avere le giuste garanzie per i controlli della concorrenza sleale, noi vediamo un comparto piangere e inginocchiarsi, non perché non fa un prodotto di qualità e non lo fa bene, ma perché c'è qualcuno che arriva sul nostro mercato con regole diverse o spesso non rispettando queste regole. Quindi, a noi interessa che il Governo si attivi quanto più possibile affinché sul fronte comunitario ci sia il rispetto di queste regole.
Allo stesso tempo, nella parte di politica interna è necessario controllare affinché le imprese di trasformazione non facciano soprusi sulle imprese di produzione, perché anche questo è un altro fatto su cui non abbasseremo l'attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Iniziative volte a salvaguardare il settore agricolo dai danni causati dalla siccità - n. 3-02447)

PRESIDENTE. L'onorevole Mario Pepe (PD) ha facoltà di illustrare l'interrogazione Oliverio n. 3-02447, concernente iniziative volte a salvaguardare il settore agricolo dai danni causati dalla siccità, (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, signor Ministro, il Ministro conosce la situazione meglio di me, perché è sensibile e si è lungamente soffermato sulla questione siccità, sulla carenza della produzione, sull'impoverimento del reddito agricolo, Pag. 7sul depauperamento del PIL del mondo dell'agricoltura per i fatti che conosciamo tutti bene.
Vorrei segnalare come già il Ministro sensibilmente ha operato ad arricchire e a fecondare quei bacini imbriferi che possano mantenere e garantire la morfologia della ruralità e dello sviluppo agricolo, unitamente alle politiche di ristoro cui lei ha fatto riferimento poc'anzi, avendo dichiarato lo stato di calamità, ma soprattutto facendo quelle politiche infrastrutturali che riteniamo fondamentali per l'agricoltura. L'agricoltura non è pars residua dell'economia, è parte sovrana dello sviluppo del nostro Paese.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Mario Catania, ha facoltà di rispondere.

MARIO CATANIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, per quanto riguarda la siccità, che ha colpito le produzioni agricole a ciclo primaverile-estivo causando notevoli riduzioni delle rese e la problematica delle infrastrutture irrigue, vorrei far presente che per rendermi conto della portata del fenomeno ho voluto visitare personalmente alcune delle aree colpite ed ascoltare le rappresentanze degli imprenditori agricoli.
Tenuto conto della grave situazione, l'amministrazione aveva già provveduto ad attivare un canale di collaborazione con le regioni più interessate dal fenomeno climatico e con le organizzazioni di produttori presenti sul territorio, onde accelerare le procedure volte alla dichiarazione dello stato di eccezionale avversità atmosferica, che rappresenta la condizione necessaria per consentire l'attivazione del Fondo di solidarietà nazionale.
Devo, però, far presente che lo strumento degli interventi compensativi, a causa della continua riduzione delle risorse messe a disposizione dal Fondo di solidarietà nazionale, dovrà essere progressivamente sostituito, nei prossimi anni, da soluzioni più organiche. È del tutto evidente la necessità di dare maggiore diffusione ad altri strumenti di intervento, senz'altro più adeguati per fronteggiare calamità naturali come quelle che stiamo vivendo come, ad esempio, le assicurazioni agevolate a cui, purtroppo, gli agricoltori non si rivolgono ancora con sufficiente decisione.
Per questo motivo stiamo studiando azioni mirate di sensibilizzazione, per far conoscere meglio la portata e le potenzialità dello strumento assicurativo, tenuto conto del fatto che le assicurazioni agevolate sono state inserite nel pacchetto di misure studiate dalla Commissione europea per far fronte alle crisi che interessano il settore nel periodo di programmazione 2014-2020. In ambito comunitario abbiamo sollecitato la Commissione al fine di ottenere la possibilità di erogare anticipi degli aiuti diretti nella misura del 50 per cento. La Commissione ha adottato il relativo regolamento e l'erogazione comincerà a partire dal 16 ottobre prossimo venturo.
Per quanto riguarda, poi, la problematica delle infrastrutture irrigue, ricordo che dal 2005 al 2011 il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha investito oltre un miliardo di euro nel settore irriguo e nella bonifica, attraverso il piano irriguo nazionale. All'inizio di quest'anno sono partite le procedure che consentiranno l'apertura dei cantieri entro l'anno per il nuovo piano irriguo nazionale. Si tratta di 600 milioni di euro di nuovi investimenti, messi a disposizione attraverso mutui quindicennali, destinati alla realizzazione di infrastrutture irrigue di rilevanza nazionale.
Occorre andare, comunque, al di là di tutto questo e per questo motivo serve un nuovo progetto strategico nel settore acqua su cui orientare i fondi comunitari che saranno messi a disposizione del nostro Paese, non solamente i fondi agricoli, già fortemente impegnati al riguardo, ma anche i fondi strutturali, in quanto la risorsa acqua non tocca soltanto il settore agricolo, ma comporta utilizzazioni che attraversano l'intera società.

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PRESIDENTE. L'onorevole Oliverio ha facoltà di replicare.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, signor Ministro, ho colto nelle parole del Ministro Catania la forte preoccupazione per la grave crisi che vive il settore agricolo, già provato dall'assoluta inadeguatezza delle politiche del precedente Governo di centrodestra. Nella risposta del Ministro, che ringrazio per il lavoro finora svolto, trovo soddisfazione per l'impegno assunto che - sono sicuro - darà sollievo ai tanti agricoltori che oggi rischiano di veder scendere al di sotto della soglia della povertà il proprio reddito.
Siamo veramente di fronte ad una catastrofe per l'agricoltura italiana. L'assoluta insufficienza di infrastrutture e di invasi idrici ha pesato ulteriormente sugli effetti della siccità, non risparmiando nessuna regione e nessuna coltivazione. Mi auguro che questa calamità sia l'occasione per affrontare seriamente due questioni che rappresentano una grande debolezza del comparto: l'eccessiva onerosità delle assicurazioni, che oggi pesano solo sugli agricoltori, e la carenza di un moderno sistema di infrastrutture idriche. Su questo, signor Presidente, ci siamo sentiti rassicurati.
Non sfuggono al Ministro Catania le proposte del PD sul tema, a cui i precedenti Ministri non hanno dato riscontro. Spero che si possa voltare pagina. Oggi è necessario che il Governo riconosca lo stato di calamità e metta in campo adeguate risorse per risarcire i considerevoli danni.
Le regioni dovranno poi fare la loro parte; alcune l'hanno fatta, come l'Emilia Romagna e la Toscana, altre, come la Calabria, sono ferme, campioni di inattività di fronte ad una siccità senza precedenti, che sta distruggendo i raccolti e mettendo in ginocchio l'intero comparto vinicolo crotonese.
Signor Presidente, contiamo sulla sensibilità del Ministro Catania, ma è necessario fare presto e bene: gli agricoltori attendono risposte concrete (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

(Iniziative volte a garantire la riscossione dei debiti dei produttori eccedentari nel settore lattiero-caseario - n. 3-02448)

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02448, concernente iniziative volte a garantire la riscossione dei debiti dei produttori eccedentari nel settore lattiero-caseario (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor Ministro, la questione delle quote latte ha una valenza emblematica e significativa per misurare la volontà del Governo di affermare nuovi e rigorosi criteri di legalità nelle attività economiche.
Con la risoluzione del 18 luglio scorso, la Commissione agricoltura ha impegnato il Governo a procedere con urgenza all'attuazione della legge n. 33 del 2009, sia per la riscossione dei prelievi supplementari, sia per la revoca delle quote latte per i produttori inadempienti ed, infine, anche per l'attivazione del Fondo previsto a favore dei produttori che, nel tempo, si sono messi in regola sopportando oneri molto gravosi. Dal 2009 fino ad ora nulla è successo.
Per questo, riteniamo fondamentale che su questa questione ci sia una parola chiara e definitiva da parte del Governo Monti.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Mario Catania, ha facoltà di rispondere.

MARIO CATANIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, desidero premettere che condivido in toto le considerazioni e le argomentazioni svolte dall'interrogante. Più in dettaglio e più in relazione a quanto richiesto, preciso che, in merito all'attuazione dell'impegno assunto dal Governo il 18 luglio scorso a seguito della risoluzione 8/00194 concernente la riscossione delle somme ancora dovute dai produttori di latte eccedentari, evidenzio che il Governo Pag. 9si è impegnato ad adottare in tempi brevi il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze previsto all'articolo 39, comma 13, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011.
Nel frattempo, l'amministrazione - tenuto conto dell'attuale quadro normativo - sta dando corso a tutte le procedure attualmente previste, finalizzate al recupero delle somme dovute.

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di replicare.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, prendo atto - diciamo con soddisfazione - dell'impegno e soprattutto dei tempi brevi perché, da quella legge che lei ha ricordato ad oggi, sono passati quasi dieci mesi senza che nulla sia accaduto anche se più volte da quei banchi del Governo è venuta l'assicurazione che, in tempi brevi, si sarebbe proceduto.
Desidero, altresì, evidenziare la costante attenzione degli organismi comunitari su questa questione. In capo, soprattutto, ai produttori inadempienti occorre agire per ripristinare pari condizioni di competitività all'interno della filiera per assicurare che quelli che si sono messi in regola, signor Ministro, abbiano quanto la legge Zaia del 2009 aveva promesso.
Bisogna, al riguardo, sanare la grave sperequazione che si è determinata nel comparto ed affermare con i fatti - e concludo - quella politica di rigore, di equità, di crescita che sta alla base e che è ispiratrice della politica del Governo Monti. Su questa questione debbo annotare - con rammarico - che i fatti non ci sono ancora, ma mi fido di lei, signor Ministro, e mi auguro che, nei prossimi giorni - e dico nei prossimi giorni - ci siano passi concreti in questa direzione se vogliamo dare sostanza e credibilità ad un Governo che aveva promesso, con quei criteri e con quella ispirazione, di mettere in condizione gli operatori economici che hanno operato nella legge di ottenere pari dignità e pari condizioni nella loro attività.

(Elementi in merito al progetto finalizzato alla conservazione, manutenzione e miglioramento del sito archeologico di Pompei - n. 3-02449)

PRESIDENTE. L'onorevole Granata ha facoltà di illustrare l'interrogazione Perina n. 3-02449, concernente elementi in merito al progetto finalizzato alla conservazione, manutenzione e miglioramento del sito archeologico di Pompei (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), che ha sottoscritto in data odierna, per un minuto.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, signor Ministro, Futuro e Libertà ha inteso con questa interrogazione riportare all'attenzione del Governo una vicenda che ha già visto protagonista il Parlamento nel corso di una mozione di sfiducia individuale nei confronti del Ministro Bondi proprio sulla gestione di quello che per noi rappresenta essere uno dei siti archeologici, storici e monumentali più importanti dello straordinario patrimonio italiano.
Si tratta di interventi doverosi per due motivi, il primo è il valore inestimabile del sito, il secondo perché testimonia la più grande infrastruttura italiana, che non è soltanto materiale, ma anche immateriale, dell'immagine che si riflette dalla corretta gestione di questo sito e soprattutto dalle opere di tutela, di manutenzione ordinaria e straordinaria e di valorizzazione del sito archeologico.
Per questo motivo vogliamo semplicemente - è il caso di dirlo, in maniera telegrafica - semplicemente sapere a che punto si trova il progetto «Grande Progetto Pompei» con uno stanziamento straordinario di fondi comunitari e tutte le rilevanze che il caso ha.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

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DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, in merito all'interrogazione dell'onorevole Perina, ricordo che per far fronte ai problemi di conservazione manifestatisi con maggiore intensità negli ultimi tempi e in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 2 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, la sovrintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, in accordo con la direzione generale per le antichità e il segretariato generale del Ministero, ha elaborato un programma straordinario di interventi che è stato approvato l'8 giugno 2011 dal Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici.
Il programma punta alla realizzazione di interventi sistematici e integrati che consentano di affrontare in modo organico problemi di manutenzione, conservazione e valorizzazione del sito, che è fra i più vasti del mondo. Esso si compone di cinque piani esecutivi, articolati per obiettivi ed azioni: piano della conoscenza, piano di rafforzamento della capacity building, piano delle opere, piano della sicurezza, piano della fruizione e della comunicazione. Il programma è oggi confluito nel «Grande Progetto Pompei», finanziato con risorse comunitarie - 105 milioni di euro - a valere sui fondi Poin - grandi attrattori. È un modello di cooperazione interistituzionale rafforzata, condiviso fra Ministero per i beni e le attività culturali e Ministro della coesione territoriale, ai quali si affianca, per gli aspetti legati alla sicurezza e alla legalità, il Ministero dell'interno.
Per la sua realizzazione, ai sensi dell'articolo 2 del citato decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, sono stati assunti 100 giovani funzionari, architetti e archeologi che, organizzati in squadre intersettoriali, stanno procedendo ad un'accurata ricognizione dell'intera area archeologica in vista delle attività di messa in sicurezza. Al momento sono state già avviate le procedure per i primi bandi relativi al consolidamento e restauro di 5 domus: la casa di Sirico, del marinaio, delle pareti rosse, del criptoportico e dei dioscuri e si sta lavorando al progetto per la mitigazione del rischio idrogeologico dei terrapieni a nord di via dell'abbondanza, per il quale sono già state realizzate indagini di approfondimento. Sono tuttora in via di ultimazione i progetti per la messa in sicurezza di ampie porzioni delle città antica secondo il cronoprogramma già ampiamente diffuso, nonché i progetti per la casa della venere in conchiglia e per la casa di Loreio Tiburtino.
Sempre sul problema della mitigazione del rischio idrogeologico, sono stati realizzati nel mese scorso ulteriori studi e indagini di approfondimento e a breve partirà il bando per la realizzazione. Si è in procinto inoltre di dare il via anche al piano della conoscenza, che prevede la creazione di un sistema informativo e di monitoraggio dell'area archeologica con nuove metodologie di misurazione.
Scopo di tale piano è di divenire uno strumento dinamico di orientamento per la programmazione delle attività di restauro e manutenzione. Si tratta quindi di una evoluzione della più tradizionale carta del rischio, tuttora utilizzata come strumento tecnico-operativo per la progettazione degli interventi di conservazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Granata ha facoltà di replicare.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, signor Ministro, siamo parzialmente soddisfatti della relazione del Governo, perché siamo consapevoli di una questione che ho brevemente accennato, così come il minuto precedente mi ha consentito, cioè che la variabile tempo in un progetto del genere è la sostanza del progetto stesso. Dietro Pompei infatti c'è un riconoscimento importante: è uno degli oltre quaranta siti inseriti nella World heritage list dell'UNESCO e, come sappiamo, l'UNESCO, rispetto ai crolli e alle questioni che sono intervenute sul sito, ha posto in essere una procedura per iscrivere il sito nella particolare lista di patrimonio culturale dell'umanità in pericolo, con tutta una serie di conseguenze estremamente negative, innanzitutto sull'immagine Pag. 11complessiva del sistema cultura italiano, ma anche in particolar modo di quell'area così rilevante. Questo sito, che rappresenta una testimonianza probabilmente tra le più grandi della stratificazione storico-culturale non soltanto italiana, ma della civilizzazione occidentale, abbisogna di una continua opera di monitoraggio sui tempi del progetto, che si realizzerà con la struttura che il Ministro ha voluto sottolineare, ma anche con questo contributo importante dei fondi POIN dell'Unione europea. Con questa finalità, senza alcun intendimento polemico, ma per stimolare il Governo a seguire e monitorare la vicenda, noi ribadiamo la nostra convinzione che vada seguito con una tempistica adeguata all'importanza del sito, ma soprattutto al riflesso negativo che tutto ciò che è accaduto a Pompei ha determinato nell'immaginario collettivo internazionale del sistema del turismo culturale e della cultura internazionale.

(Intendimenti del Governo in ordine alla costituzione di parte civile dello Stato nel procedimento penale relativo alla cosiddetta trattativa Stato-mafia - n. 3-02450)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02450, concernente intendimenti del Governo in ordine alla costituzione di parte civile dello Stato nel procedimento penale relativo alla cosiddetta trattativa Stato-mafia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, l'Italia dei Valori si rivolge a lei per ricordarle che, in relazione alle stragi mafiose del 1993, la Corte d'assise di Firenze ha già stabilito che una trattativa c'è stata tra esponenti di là ed esponenti di qua, di là la mafia, di qua uomini delle istituzioni. La procura di Palermo nel giugno 2012 ha richiesto il rinvio a giudizio e il 29 ottobre si terrà l'udienza preliminare per coloro che di qua avrebbero trattato con la mafia, ed in particolare uomini politici e uomini delle istituzioni. Ciò premesso, chiediamo a lei, signor Presidente del Consiglio che non c'è, ma che oggi doveva esserci: intende costituirsi parte civile? Questo Governo si sente parte lesa in questa trattativa? Come intende comportarsi? Vogliamo una risposta netta e certa, non da Ponzio Pilato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, lei sa benissimo che l'interrogazione non è al Presidente del Consiglio, ma al Governo, e quindi il Ministro per i rapporti con il Parlamento, il Ministro Giarda, adesso ha la facoltà di risponderle nel merito dell'interrogazione da lei presentata e poi lei ovviamente avrà la facoltà di replicare.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Gli interroganti chiedono se il Governo intenda autorizzare la costituzione di parte civile dello Stato, da proporsi già nell'udienza preliminare, nel procedimento penale in corso presso il tribunale di Palermo, relativo alla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Non sfugge a nessuno l'estrema delicatezza di questo procedimento, che certamente va apprezzato per l'impegno e lo sforzo investigativo, che sono stati profusi al fine di far luce su una delle pagine più drammatiche e tristi della nostra democrazia.
Non vi è dubbio che non debbano sussistere, e non sussistono, ombre sulla volontà dello Stato di contrastare con gli strumenti della legge l'attacco mafioso sino alla sua completa e definitiva sconfitta e che ciò debba realizzarsi in un contesto di lealtà e di rispetto assoluto dei doveri istituzionali.
È pertanto interesse primario delle istituzioni che il problema posto dagli interroganti sia affrontato in termini di piena e trasparente applicazione della legge, senza indulgere in tentazioni di facile demagogia. Proprio in considerazione di ciò, il Governo si è reso parte attiva per accertare se si siano verificati i presupposti formali per intraprendere le iniziative per acquisire i dati indispensabili e formulare Pag. 12le valutazioni giuridiche necessarie per assicurare l'ammissibilità della costituzione di parte civile.
È stata pertanto formulata apposita richiesta di notizie all'Avvocatura dello Stato, che ricordo essere la destinataria ex lege delle notifiche agli organi di Governo. La risposta è stata nel senso che nessun avviso, ai sensi dell'articolo 419 del codice di procedura penale, risulta ancora notificato per ordine del tribunale di Palermo sulla base della richiesta di rinvio a giudizio richiamata dagli interroganti.
Ne discende che, poiché, come è ben noto, la costituzione di parte civile potrà avvenire solo a seguito di fissazione dell'udienza preliminare, che non può essere evidentemente sostituita da notizie di stampa, le valutazioni attinenti alla costituzione di parte civile saranno assunte dal Governo una volta pervenuti gli avvisi di tale udienza, e comunque entro i termini fissati dall'articolo 79 del codice di procedura penale.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di replicare.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Ministro, non so se ridere o piangere, francamente, perché tale pavidità del Governo, tale ipocrisia, tale presa in giro da parte del Governo non ce l'aspettavamo. Da professori del diritto, poi, meno che mai!
Pure le pietre sanno che il prossimo 29 ottobre vi è l'udienza preliminare. Noi vogliamo sapere se, quando vi sarà l'udienza preliminare, il Governo si vuole costituire sin dall'udienza preliminare o vuole fare Ponzio Pilato. La questione è molto semplice: ai sensi di legge, la parte lesa si può costituire sin dall'udienza preliminare, e ciò perché la legge vuole dare la possibilità a chi si sente leso di potere intervenire sin dalla prima fase processuale, per produrre memorie, istanze, conclusioni, perché, sentendosi leso, vuole essere risarcito.
La domanda allora è: questo Governo si sente leso o no dal fatto che la mafia ha trattato con le istituzioni e viceversa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo)? In secondo luogo, quello che vogliamo sapere è se questo Governo vuole l'accertamento della verità o meno. Se vuole l'accertamento della verità, non ha bisogno di una notifica per dirlo. Lo può dire e lo deve dire subito (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Si vuole costituire parte civile o meno, o aspetta la notifica? Ma che presa in giro è questa? La verità è una e una sola: questo Governo si comporta in questo modo o per paura o per ignavia o per complicità. Vorrei ricordare che tra i rinviati a giudizio vi sono politici di primissimo piano di allora e di ora.
Ne cito alcuni: Mannino, Dell'Utri, Gargani, Conso e, soprattutto, Nicola Mancino, che, invece di correre dal giudice, correva dal Presidente della Repubblica, per non andare dal giudice. Questa è una vergogna di Stato, che questo Governo, complice, sta coprendo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16 con lo svolgimento della discussione sulle linee generali del disegno di legge di ratifica dell'Accordo di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica popolare cinese.

La seduta, sospesa alle 15,55, è ripresa alle 16,10.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Caparini, Cazzola, Cicchitto, Cirielli, Gianfranco Conte, Corsini, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Tommaso Foti, Jannone, Leo, Leone, Antonio Martino, Migliavacca, Migliori, Milanato, Moffa, Mura, Osvaldo Napoli, Palagiano, Pisacane, Razzi, Rigoni, Romani, Pag. 13Paolo Russo, Stefani, Valducci, Vitali e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente trentasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

In morte degli onorevoli Martino Bardotti e Alessandro Giordano.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Martino Bardotti, già membro della Camera dei deputati dalla V alla VII legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
Comunico che è deceduto l'onorevole Alessandro Giordano, già membro della Camera dei deputati dalla V alla VII legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Sull'ordine dei lavori (ore 16,11).

MARIO PEPE (Misto-R-A). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO PEPE (Misto-R-A). Signor Presidente, intervengo brevemente per richiamare l'attenzione dell'Assemblea sul logoro rito che ogni anno si ripete. Si tratta del rito dei test di ammissione alla facoltà di medicina.
Signor Presidente, è un rito che ogni anno getta nello sconforto migliaia di studenti e le loro famiglie perché, su 80 mila partecipanti, solo 8 mila vengono ammessi a frequentare l'università.
Non voglio entrare nella polemica circa il fatto se questi test siano o meno adatti ad individuare se i medici saranno bravi o meno e se i promossi saranno medici migliori dei bocciati, però una cosa è certa: quando si fanno dei quiz basati sul calcolo dell'IMU difficilmente si riuscirà ad individuare qualità come la passione, il discernimento e la capacità di stare vicino al dolore.

GIORGIO LA MALFA. Forse l'IMU.

MARIO PEPE (Misto-R-A). Sì, forse l'IMU.
Vorrei solo ricordare, signor Presidente, che vi è una mia proposta di legge, che giace in Commissione da più legislature, che riguarda la revisione della modalità di accesso alla facoltà medica.
Vi è una cosa, però, che il Governo può fare subito: richiamare dall'esilio migliaia di studenti che studiano nelle università europee e che fra poco potranno venire ad esercitare in Italia. Se possono venire ad esercitare in Italia perché non farli studiare in Italia durante gli ultimi anni di medicina? Questo, in un momento di crisi, significa alleggerire il peso economico per le famiglie.
Vorrei poi ricordare un episodio. L'Italia non è nuova al fatto di mandare in esilio i nostri giovani. L'università di Padova, un secolo fa, rifiutò l'accesso al dottorato di un giovane fisico che si presentò all'università di Vienna, dove fu ammesso l'anno dopo. Ebbene, questo giovane fisico si chiamava Albert Einstein. Quante persone così vi saranno tra quegli 80 mila esclusi?
È arrivato il momento di rivedere il meccanismo di accesso, anche perché nei prossimi cinque anni in Italia mancheranno 50 mila medici.

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica (16,14).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 4250, 5076, 5108, 5180-A e 5193. Pag. 14
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame di tali disegni di legge è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 7 agosto 2012.

Discussione del disegno di legge: S. 2117 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare cinese, firmato a Pechino il 4 dicembre 2004, con Nota di interpretazione dell'articolo 10 fatta il 19 marzo 2008 ed il 10 aprile 2008 (Approvato dal Senato) (A.C. 4250) (ore 16,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare cinese, firmato a Pechino il 4 dicembre 2004, con Nota di interpretazione dell'articolo 10 fatta il 19 marzo 2008 ed il 10 aprile 2008.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4250)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il vicepresidente della III Commissione, onorevole Narducci, ha facoltà di svolgere la relazione in sostituzione del relatore.

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'accordo di coproduzione cinematografica con la Repubblica popolare cinese, firmato a Pechino il 4 dicembre 2004, è diretto a favorire lo sviluppo delle industrie cinematografiche, nonché la crescita, degli scambi economici e delle relazioni culturali tra i due Paesi mediante la facilitazione della produzione comune di film commercialmente competitivi, tanto sul mercato delle due parti, quanto su quello dei Paesi terzi.
Segnalo che l'Accordo era già stato presentato alle Camere nel corso della XIV e della XV legislatura, ma l'iter del disegno di legge di ratifica si è in entrambi i casi arrestato, per la decisione della Commissione affari esteri della Camera di rinviarne l'esame per approfondire ulteriormente alcuni rilievi, concernenti in particolare gli ampi poteri autorizzativi riconosciuti alle autorità nazionali competenti nella gestione dell'Accordo, che di norma non si riscontrano in analoghi accordi vertenti sulla stessa materia.
Ciò premesso, vengo ai contenuti salienti dell'articolato ed in particolare all'articolo 2, in forza del quale la realizzazione dei film in coproduzione è soggetta, ai sensi dell'articolo 2, alla preventiva approvazione delle rispettive autorità competenti e, cioè, della Direzione generale del cinema del Ministero per i beni e le attività culturali per quanto riguarda l'Italia e del Film Bureau per la Cina.
Ai sensi dell'articolo 3 i produttori e gli studi cinematografici coinvolti nelle coproduzioni devono avere personalità giuridica o, per quanto riguarda la Repubblica popolare cinese, avere ottenuto l'autorizzazione, nonché disporre di una buona capacità professionale e un forte supporto finanziario.
In base all'articolo 4, la proporzione degli apporti, che sarà decisa di volta in volta dai produttori, non potrà scendere per nessuno dei due Paesi al di sotto del 20 per cento del costo del film.
L'articolo 5 stabilisce che produttori, sceneggiatori, registi, attori principali e tecnici impiegati nelle coproduzioni devono essere cittadini delle parti o degli Stati membri dell'Unione europea. Fra i cittadini cinesi sono inclusi anche quelli di Hong Kong e di Macao.
L'articolo 6 consente che le riprese in esterno vengano effettuate anche in Paesi che non partecipano alla coproduzione, previa autorizzazione e con la presenza di tecnici di almeno una delle due parti. Pag. 15
Con l'articolo 7 le parti si impegnano a fornire i visti temporanei per l'entrata del personale necessario alla coproduzione, nonché le autorizzazioni doganali per il materiale.
È sancito il rispetto di tutte le norme di legge, nonché della fede religiosa, della cultura e delle usanze del Paese nel quale si svolgono le riprese in esterno da parte di tutto il personale impiegato nella lavorazione del film.
L'articolo 10 aggiunge che, anche una volta ultimati, i film siano esaminati ed approvati dalle competenti autorità di entrambe le parti. Lo stesso articolo chiarisce che il film può essere distribuito e proiettato all'interno ed all'esterno di ciascun Paese solo quando il permesso di uscita in pubblico è accordato dall'autorità competente.
L'articolo 13 dispone, inoltre, che in occasione della partecipazione a festival cinematografici internazionali occorre effettuare una previa dichiarazione alle competenti autorità cinesi, ai fini della registrazione, trenta giorni prima dell'evento.
Rispetto ad altri accordi contenenti analoghi disposizioni, l'Accordo in esame prevede pertanto una doppia autorizzazione, poiché oltre al progetto - come di norma prevedono gli altri accordi - si dispone che venga autorizzato anche il film una volta realizzato. Inoltre, mentre altri accordi chiariscono che l'autorizzazione è esclusivamente finalizzata alla concessione dei benefici previsti dalle legislazioni nazionali per le opere realizzate in coproduzione - e gli accordi recano di norma dei protocolli dove sono contenute le relative norme di procedura - l'Accordo in esame non chiarisce in alcun modo contenuto e finalità delle autorizzazioni.
Va inoltre sottolineato come il rilascio del permesso di uscita in pubblico, previsto all'articolo 10, da parte delle autorità nazionali competenti - istituto che si ritrova menzionato in altri analoghi accordi - venga dichiarato necessario per distribuire e proiettare film non solo all'interno ma anche all'esterno di ciascun Paese.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Narducci.

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. Pertanto, qualora, ad esempio la parte cinese non rilasciasse tale permesso, occorrerebbe chiarire se il film possa essere comunque distribuito e proiettato, oltre che in Italia, in Paesi terzi.
Siccome rimane ancora un pezzo, signor Presidente, mi avvio alle conclusioni e consegnerò il testo per la registrazione.
Tuttavia, mi preme conclusivamente far rilevare che il disegno di legge di ratifica è stato approvato dal Senato nella seduta del 30 marzo scorso, contestualmente all'adozione di un importante ordine del giorno nel quale si rileva come sussista il pericolo che l'Accordo attribuisca alle autorità un inammissibile potere di censura, incompatibile con l'ordinamento italiano e contrastante, segnatamente, con i principi fissati dall'articolo 21 della Costituzione. Analogo ordine del giorno, di cui preannunzio la presentazione insieme a colleghi dei gruppi di maggioranza, è stato sollecitato in sede referente presso la Commissione Affari esteri anche di questo ramo del Parlamento.
Conclusivamente, ritengo che la ratifica in esame possa essere oggetto di una valutazione positiva da parte di questa Assemblea.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, come ad ogni ripresa dell'attività parlamentare, anche questa volta ci ritroviamo a dover affrontare una serie di Pag. 16ratifiche di accordi e di convenzioni internazionali tra i quali anche qualcuno di portata non indifferente, come è appunto il caso di cui ci stiamo occupando. Fra la serie di ratifiche che oggi sono alla nostra attenzione, questa, che riguarda l'Accordo di cooperazione cinematografica con la Cina, è senz'altro la più controversa, come ha già evidenziato il relatore, che ha ricordato come vi sia stata una serie di passaggi fra Camera e Senato in diverse legislature; e ancora non siamo riusciti a ratificare questo Accordo. Come dicevo, è stato un percorso legislativo contrastato, spezzettato, e, a nostro avviso, giustamente, in ragione di alcuni articoli che sono davvero discutibili e che proverò poi ad illustrare più avanti anche in merito alla loro costituzionalità.
Il provvedimento alla nostra attenzione, era già stato presentato alle Camere nella XIV legislatura ma l'iter, dopo il positivo passaggio al Senato, si bloccò il 1o febbraio 2006 con la decisione della Commissione Affari esteri della Camera di rinviarne l'esame, per cui siamo passati alla legislatura successiva. Ciò perché vi erano, con tutta evidenza, dei rilievi fondati circa gli ampi poteri autorizzativi, mai riscontrati in analoghi accordi vertenti sulla stessa materia; infatti, venivano ricordati, fra gli altri, l'Accordo con l'Uruguay del 2001, l'Accordo con l'Albania del 2002, l'Accordo con la Federazione Russa sempre del 2002, l'Accordo con il Sudafrica del 2003; insomma, il testo in esame riconosce poteri autorizzativi più ampi alle autorità nazionali competenti nella gestione dell'Accordo, nonché prevede requisiti più stringenti per le imprese coinvolte, in particolare per quelle della parte cinese. In breve, stiamo parlando dell'esercizio della censura, vocabolo che magari è sgradevole ma sembra essere tra i più cari del regime cinese, anzi, più cari al regime cinese. Nuovamente esaminato al Senato nella scorsa legislatura, la XV, il provvedimento fu sostanzialmente licenziato previa contestuale approvazione di due ordini del giorno che chiedevano al Governo un impegno a favore dello sviluppo e della verifica del rispetto dei diritti umani in Cina; alla Camera, però, il relatore ribadì nuovamente le ragioni di perplessità che erano già emerse nella precedente legislatura in ordine all'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo di coproduzione cinematografica italo-cinese. Dopo il rinvio, l'iter del provvedimento non ha poi avuto altro seguito.
Ci troviamo, oggi, dunque, per la terza volta, a deciderne la definitiva ratifica dopo che, nel frattempo, prendendo atto di quanto emerso più volte in sede di discussione parlamentare, le competenti autorità dei due Paesi, l'Italia e la Cina, in applicazione dell'articolo 14 dell'Accordo per risolvere eventuali controversie, hanno stipulato, nel 2008, una nota interpretativa dell'articolo 10, quello più delicato, dove stava la vexata quaestio anch'essa oggetto, appunto, oggi, di discussione. Lo scopo della nota interpretativa era ed è quello di prevenire interventi censori da parte cinese sulle opere coprodotte, incompatibili con l'ordinamento e, mi permetto di dire, con la cultura italiana, e a prevedere, innanzitutto, che la preventiva approvazione provvisoria dell'opera filmica avvenga, distintamente, in Italia e in Cina nel quadro delle rispettive regole interne.
Inoltre, l'approvazione in via definitiva dovrebbe conseguire automaticamente a quella provvisoria (salvo il caso di sostanziale scostamento tra l'opera realizzata e il progetto presentato) e il permesso di uscita del film all'interno e all'esterno dei due Paesi parti dell'accordo dovrebbe conseguire, a sua volta, in via automatica all'approvazione definitiva. Proprio rispetto a tale ultima questione è stata da più parti dichiarata ampia insoddisfazione per la nota, perché avvalora, di fatto, l'esistenza di una struttura preposta alla censura delle opere cinematografiche.
Al Senato, dopo un dibattito vivace sulla portata normativa di questa ratifica, il testo è stato licenziato, previa approvazione di un ordine del giorno presentato dal senatore Marcenaro, sottoscritto anche da altri parlamentari, che impegna il Governo a ricorrere alla procedura di denuncia, di cui all'articolo 17 dell'Accordo, qualora vengano riscontrate, nell'attuazione Pag. 17dell'accordo stesso, da parte delle autorità cinesi, comportamenti censori ovvero limitativi della libertà artistica o di espressione; francamente, però, questa soluzione non è apparsa granché rassicurante.
Si è detto e si dirà che l'Accordo ha una grande valenza economica, culturale e politica, dovuta principalmente alle prospettive di apertura del mercato cinese alla produzione cinematografica italiana (dubbia rilevanza); non solo, ma anche alle possibili coproduzioni che ne discenderebbero, viste le potenzialità del settore cinematografico cinese e l'ampiezza di quel mercato e considerate le grandi professionalità dei tecnici del settore nostri concittadini.
Altrettanto importante è la possibilità che la produzione cinematografica cinese possa effettivamente vincere le forti censure alle quali troppo spesso è stata ed è sottoposta. Manteniamo, tuttavia, più di una perplessità su questa eventualità, benché sia noto che rafforzare la collaborazione e il dialogo con i Paesi più fragili sul terreno del rispetto degli standard internazionali in tema di diritti umani possa promuovere un innalzamento del livello di tutela in quegli stessi Paesi, aiutarli a superare o ad allentare il problema della censura preventiva. Non dimentichiamo, però, che stiamo parlando di un Paese - la Cina - che in questi ultimi anni ha bloccato l'accesso alla posta di Google, ha bloccato Facebook e continua a bloccare Internet ogni volta si ritenga necessario non far sapere che alcune cose non vanno esattamente come il regime vorrebbe.
Resta, pertanto, il dubbio che possa essere conferito al Ministero per le attività culturali il potere di coprodurre dei film che possano avere a che fare con argomenti particolarmente sensibili sul tema delle libertà civili, in particolare.
Per ciò che concerne il concreto esercizio delle libertà politiche e civili, il grande sviluppo vissuto negli ultimi due decenni dalla società e dall'economia cinese e l'apertura all'esterno ha, senza dubbio, reso più difficile oggi il controllo sociale e culturale da parte delle autorità. Tuttavia, fonti indipendenti confermano la presenza di realtà significative di repressione, alcune della quali evolutesi alla luce della nuova situazione.
Insomma, la libertà di stampa, nonostante la vivacità delle discussioni negli ambienti privati e gli sforzi dei singoli giornalisti di affrontare tematiche sensibili, come quelle legate alla corruzione o ai problemi ambientali, in quel Paese appare davvero ancora pregiudicata. In particolare, le autorità governative consentono solo ai mezzi di comunicazione di massa di proprietà statale di «coprire», lo dico tra virgolette, i principali eventi, previa intesa sulle immagini e sui resoconti da mandare in onda.
Detto ciò, corollario necessario per contestualizzare al meglio il contenuto di questo accordo, riteniamo che dall'analisi dell'articolato qualche perplessità e qualche riserva rimangano. La formulazione dell'articolo 8, ad esempio, dove si afferma che il personale impiegato nella coproduzione dovrà rispettare la legislazione vigente nel Paese in cui le riprese hanno luogo, gli usi e costumi, nonché il credo religioso. Francamente, sembra una forzatura. È un articolo che rischia di incidere impropriamente sulla libera attività del personale impegnato nella produzione cinematografica.
Vediamo allora l'articolo 10, il quale aggiunge che, anche una volta ultimati, i film debbono essere esaminati e approvati dalle competenti autorità di entrambe le parti. Lo stesso articolo chiarisce che il film può essere distribuito e proiettato all'interno e all'esterno di ciascun Paese solo quando il permesso di uscita in pubblico sia accordato dall'autorità competente.
Andiamo poi all'articolo 13, che dispone, inoltre, che, in occasione della partecipazione a festival cinematografici internazionali, occorre effettuare una previa dichiarazione alle competenti autorità cinesi, ai fini della registrazione, trenta giorni prima dell'evento. Inoltre, l'Accordo in esame prevede una doppia autorizzazione, poiché oltre al progetto, come di norma prevedono gli altri accordi, si dispone Pag. 18che venga autorizzato anche il film, una volta realizzato. Insomma, va detto che, mentre altri accordi di analogo argomento e natura chiariscono che l'autorizzazione è esclusivamente finalizzata alla concessione dei benefici previsti dalle legislazioni nazionali per le opere realizzate in coproduzione (e gli accordi recano, di norma, dei protocolli dove sono contenute le relative norme di procedura), l'Accordo con la Cina - l'Accordo oggi al nostro esame - non chiarisce in alcun modo contenuto e finalità delle autorizzazioni. Pertanto, qualora, ad esempio, la parte cinese non rilasciasse tale permesso, occorrerebbe almeno chiarire se il film possa comunque essere distribuito e proiettato, oltre che in Italia, in Paesi terzi. Insomma, parliamo di un potere autorizzatorio non riscontrabile e neanche ammissibile in accordi di analoga natura stipulati con altri Paesi, che non ci piace, perché attribuisce alle autorità un inammissibile potere di censura, incompatibile con l'ordinamento italiano e contrastante segnatamente con i principi fissati dall'articolo 21 della nostra Costituzione, ed è un problema non risolto compiutamente nemmeno dalla nota interpretativa.
Insomma, il potere di approvazione definitivo e la concessione del permesso di uscita nelle sale avrebbe potuto essere affidato, come avviene in casi analoghi, ad una commissione mista, per una valutazione congiunta delle parti contraenti. Invece, viene affidato esclusivamente alla valutazione unilaterale delle autorità di ciascun Paese. Prima di essere sostituita dall'attuale sottosegretario agli affari esteri, l'onorevole Craxi, come sottosegretario, appunto, al Ministero degli Affari esteri, in sede di replica in III Commissione, ribadì l'opportunità di approvare, comunque, questo Accordo, e di fare affidamento ai canali diplomatici di cui il Governo italiano dispone nell'attuazione dell'Accordo. Sarà, ma restano davvero inevase, non chiarite, le ragioni che hanno portato alla sottoscrizione di un Accordo di tale portata e così formulato. In ogni caso, ancora una volta, nel passaggio alla Camera, pur facendo affidamento sul lavoro già svolto dal Senato, unanimi sono state le perplessità espresse in III Commissione sul testo, in particolare sull'accennato regime del doppio veto, ed è stato ritenuto necessario che la Commissione procedesse ad ulteriori verifiche sul testo in esame attraverso audizioni dei rappresentanti delle associazioni di categoria dei produttori cinematografici. Per cui - lo dico a nome del gruppo dell'Italia del Valori -, la nostra decisione finale sul provvedimento dipenderà anche da quello che verrà detto dal rappresentante del Governo, dal quale ci aspettiamo qualche rassicurazione in più e qualche chiarimento ulteriore, e certamente un comportamento vigile e responsabile, soprattutto sull'applicazione dell'articolo 17, a cui ho fatto più volte riferimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, colleghi, signor rappresentante del Governo, sarò molto breve, perché mi rifarò integralmente alla puntuale relazione dell'onorevole Narducci per sottolineare il punto di sostanza: il testo del provvedimento - lo sappiamo - ha subito un esame contrastato e vi sono stati rilievi, la cui entità non è stata sminuita nemmeno dalle migliori delle buone intenzioni. Il testo si presenta con alcune oggettive lacune e molte delle considerazioni espresse dall'onorevole Evangelisti appaiono convincenti, ma, d'altronde, erano le stesse rilevate prima dal vicepresidente Narducci.
Il punto è che al Senato per trovare, non una via di uscita, ma un esito e dare uno sbocco positivo, si è pensato (ed io penso che questa sia la strada giusta che riconfermeremo qui in Aula anche domani) ad un atto parlamentare impegnativo, sul quale mi auguro vi sia un'adesione la più vasta possibile, che consenta al Governo di avere qualche carta in più nella gestione dell'Accordo.
Penso che, da questo punto di vista, l'ordine del giorno che - lo ripeto - Pag. 19ricalca nelle grandi linee quello presentato dal senatore Marcenaro al Senato, vada nella direzione giusta. Può essere un ordine del giorno bipartisan senza difficoltà e - lo ripeto - conferisce al Governo una carta in più.
Penso che ci dobbiamo fermare qua, perché naturalmente la questione dei diritti umani in Cina è molto seria e su di essa dobbiamo esercitare tutta la vigilanza e tutta l'attenzione, nonché spendere tutte le carte che possiamo spendere, ma naturalmente sapendo che poi non ci possiamo contraddire nel momento in cui sappiamo tutti che la Cina è un decisivo mercato di cui auspichiamo un ulteriore e assai consistente allargamento per le nostre esportazioni.
Non la voglio fare lunga, però penso che in questa materia bisogna evitare toni un po' «di maniera» e cercare di essere molto concreti. La concretezza non è a discapito di una ferma posizione che, con questo ordine del giorno, crediamo il Governo possa essere aiutato ad assumere nello specifico. Naturalmente sappiamo che si tratta di un interlocutore difficile, ma sappiamo anche che la strada della chiusura dei ponti e dei rapporti sarebbe quella peggiore poiché impedirebbe qualunque possibile sviluppo dell'«opposizione», lo dico tra virgolette, di movimenti oppositivi in Cina.
Sappiamo che questo rapporto complicato e difficile fatto di stop and go, di atteggiamenti di chiusura, ma anche di collaborazione, è d'altronde quello con il quale le democrazie occidentali debbono inevitabilmente attrezzarsi per affrontare tematiche e problematiche come quelle che Paesi come la Cina determinano e ci impongono. Quindi, penso che l'approvazione del testo di questo ordine del giorno che, lo ripeto, nelle grandi linee ricalca quello del Senato, ci consentirà di uscire da questa difficoltà, che è una difficoltà vera.
Anch'io mi associo all'onorevole Evangelisti, nel senso che penso che, con questa indicazione che forniamo al Governo, esso avrà la possibilità, nel corso della sua replica, di mostrare la sua disponibilità e di chiudere questo cerchio un po' difficile che credo però facciamo bene a chiudere in questa occasione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, questo Accordo di coproduzione cinematografica tra Italia e Repubblica popolare cinese risale al 2004 e da allora non è, per così dire, rimasto in un cassetto, come si dice per gli atti a cui non si riserva attenzione, ma come ha avuto modo di dire puntualmente il relatore, è stato affrontato in due legislature, e poi la Camera non lo ha approvato perché c'era il timore, da parte italiana, di possibili interventi censori da parte cinese.
Questo indubbiamente, come hanno sottolineato i colleghi che mi hanno preceduto, rappresenta un tema di grande delicatezza e di grande complessità, nonostante il fatto che la Nota di interpretazione dell'articolo 10 del marzo 2008 è stata fatta in modo tale da evitare interpretazioni autorizzatorie da parte dell'autorità cinesi che avrebbero potuto delineare una forma di censura incompatibile con il nostro ordinamento. Però, nonostante queste precisazioni, i timori e le perplessità che sono stati espressi - lo sottolineo anch'io - non sono infondati.
Perché, in un Paese in cui la libertà di stampa appare problematica e le direttive del Partito Comunista forniscono a tutti i giornalisti, e anche a tutti gli operatori dei media, le linee guida, è chiaro che questo dà preoccupazione, e chi viola queste linee guida è sottoposto ad azioni abbastanza complesse e ad azioni legali. Anche Internet è sottoposto ad un filtraggio pervasivo, come è stato sottolineato, come pure la libertà di assemblea e di associazione che sembra sottoposta a severe misure restrittive. Ciò deriva principalmente dal fatto che il principale centro di potere all'interno della Repubblica popolare cinese è costituito dal Partito Comunista cinese che controlla e decide per quanto attiene gli aspetti politici e sociali, anche se il grande Pag. 20sviluppo economico di quel grande Paese e l'apertura verso l'esterno hanno reso più difficile il controllo sociale.
Sono passati tanti anni rispetto a quelle che erano state le indicazioni, il controllo politico e sociale da parte del Partito Comunista cinese, che tra l'altro è stato confermato anche dai successori di Mao, è passato tanto tempo però questa modalità è ancora attuale. Da una parte, infatti, il vertice cinese indirizza con attenzione la crescita economica e proprio il piano quinquennale, quello del 2011-2016, è ispirato al concetto di crescita inclusiva e di integrazione dello sviluppo economico per il miglioramento della vita del popolo cinese anche attraverso relazioni sindacali più armoniose, e quindi con una crescita più globale, più coordinata e più sostenibile. Si tratta di un elemento estremamente preciso che sta avendo anche un successo di carattere economico. Però, dall'altra parte, il vertice cinese, proprio in questi giorni, definisce in un ristrettissimo conclave, diciamo così, il nuovo organigramma del Politburo.
Quindi, queste sono considerazioni indubbiamente che evidenziano le caratteristiche di questo Paese, un Paese ed un potere che, tra l'altro, spaventa le altre economie proprio per la sua crescita economica e per il suo potere finanziario mondiale che prevede per il prossimo quinquennio - e questo è in qualche modo un elemento estremamente positivo per la realtà economica cinese - un tasso di crescita del 7 per cento annuo. Si tratta di un Paese che nel 1978 aveva i due terzi del suo popolo, circa 800 milioni di persone, che viveva con un dollaro al giorno e che nel 2009 aveva ridotto questa realtà a solo il 10 per cento, realizzando quindi un grande balzo, un grande sviluppo.
Questa è indubbiamente la Repubblica popolare cinese, con la quale abbiamo firmato l'Accordo al nostro esame, e qui dobbiamo dire che indubbiamente le perplessità e le preoccupazioni nascono dal fatto che l'arte è libertà e anche l'arte cinematografica, dunque, è libertà di espressione e di pensiero e la censura preventiva è negazione, è annientamento della libertà degli autori che, appunto, fanno di questa arte cinematografica un elemento di espressione e di libertà. Le preoccupazioni in ordine a questa fondamentale prerogativa trovano, quindi, ampio fondamento, lo ripeto, come è stato evidenziato da chi mi ha preceduto.
Quindi, anche se sappiamo che un trattato non si può emendare, è condivisibile il parere della Commissione cultura, espresso con una condizione, cioè che non sia previsto alcun tipo di potere autorizzatorio da parte delle autorità cinesi, che potrebbe delineare - dice la Commissione cultura - una forma di censura incompatibile con i principi generali del nostro ordinamento. Pertanto, l'Accordo di coproduzione cinematografica però ha un rilievo sotto il profilo economico e culturale anche per la sua capacità e la sua potenzialità politica, appunto di sviluppo e di contributo ad un'evoluzione.
Il rilievo economico e culturale è dato dalle prospettive di apertura del mercato cinese alla produzione cinematografica italiana, nonché delle potenzialità che tale partnership è in grado di offrire alla produzione italiana, tenuto conto da un lato della vivacità della produzione cinematografica cinese - che nel recente passato ha conseguito anche significativi riconoscimenti nelle manifestazioni culturali internazionali - e, dall'altro, del fatto che in passato diverse produzioni italiane sono state realizzate in Cina e la definizione dell'Accordo potrebbe consentire in futuro di disporre di maggiore sostegno in loco, ivi compresi possibili contributi cinesi.
Sotto il profilo politico, tenuto conto che alla ricca produzione ufficiale si accompagna una significativa produzione cinematografica da parte di operatori cinesi che tuttavia non possono produrre e diffondere le loro opere in loco, ovvero sono soggetti a pesanti restrizioni, è auspicabile e probabile che una intensificazione della cooperazione culturale in questo campo con l'Italia porti (e questo è un risultato importante che voglio sottolineare) ad una maggiore apertura di quel Paese in termini di rispetto dei diritti civili e politici come - lo ripeto - è stato sottolineato. Pag. 21
Quindi, e concludo, allo scopo di prevenire interventi censori da parte cinese si è addivenuti alla stipula di una apposita Nota di interpretazione dell'articolo 10 volta a evitare eventuali interventi autorizzatori da parte delle autorità cinesi, che avrebbero potuto delineare una forma di censura incompatibile con l'ordinamento italiano, come è stato sottolineato. Tale nota prevede, infatti, che l'approvazione provvisoria data a sceneggiature e progetto filmico non possa essere ritirata ad opera conclusa, salvo che l'opera completata si discosti in maniera sostanziale e fondamentale dal progetto approvato.
È alla luce di queste considerazione che indubbiamente, pur con tutte le considerazioni e perplessità, ma anche in ragione dell'ordine del giorno che presenteremo, di ciò che ci dirà il Governo, anche alla luce delle considerazioni che davanti alla III Commissione hanno espresso i rappresentanti delle associazioni di produttori di film dell'ANICA (che hanno espresso valutazioni non ostative), in questo senso e in questa dimensione preannuncio già ed esprimo un parere favorevole del gruppo del Popolo della Libertà.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rainieri. Ne ha facoltà.

FABIO RAINIERI. Signor Presidente, il provvedimento in esame riproduce il testo dell'analogo disegno di legge presentato nella scorsa legislatura durante la quale era giunto all'approvazione solo da parte del Senato. Questo Accordo, come altri di analogo contenuto sottoscritti con molti altri Paesi (secondo una formula che possiamo definire, dunque, collaudata), crea un quadro normativo di riferimento in cui si possono sviluppare collaborazioni bilaterali in campo cinematografico, che comprendono coproduzioni e che, di fatto, amplia anche la possibilità per il nostro cinema di trovare anche nel dialogo con Pechino influssi culturali, nuove sperimentazioni tecniche e anche - perché no? - opportunità economiche di sostegno alle produzioni anche da parte cinese.
Il principio fondamentale su cui si articola l'Accordo è la sostanziale parificazione in termini di vantaggi e possibilità ai film in coproduzione tra le parti rispetto a quelli nazionali. È normata anche la parte relativa all'ingresso dei cittadini nell'altro Paese allo scopo di svolgere una coproduzione. Le Commissioni di merito si erano a lungo arenate anche durante la scorsa legislatura sul dispositivo, assai insolito per noi e assente in altri Trattati di analogo obiettivo, che subordina la possibilità di proiettare una coproduzione ad una specifica autorizzazione rilasciata dalle pubbliche autorità cinesi, paventando la possibilità di una vera e propria censura.
Certamente questo è uno dei punti che hanno tanto ritardato la ratifica di questo Trattato, che si è cercato di superare con la apposita Nota di interpretazione, che tuttavia non appare del tutto convincente. Resta, infatti, discrezionale la valutazione di aderenza all'opera conclusa rispetto al progetto iniziale, limitando anche la possibilità di modificare l'opera seguendo l'ispirazione del regista.
Permangono, dunque, forti perplessità sulla possibilità che oggi si introduca di fatto nel nostro ordinamento un Accordo che non esclude e non tutela l'opera cinematografica in coproduzione sotto, dunque, il cappello e la garanzia del nostro Paese (nonché con l'impegno di fondi pubblici) da atti di limitazione di censura dei fenomeni espressivi, incompatibili con la nostra Costituzione, e rischiando anche di creare un pericoloso precedente per futuri Accordi in questo campo ed in altri che, a nostro avviso, abbiano impatto sul principio fondamentale della libertà di espressione.
Questo Accordo, seppur mirato ad esplicare la sua azione ad un ben circoscritto settore, quello, appunto, dell'arte cinematografica, comporta, comunque, alcune implicazioni strettamente politiche, sulle quali vorremmo richiamare l'attenzione dei colleghi. Come riteniamo infatti che tutti sappiano, la realtà odierna all'interno della Repubblica popolare cinese si riflette anche nel campo della produzione cinematografica, facendo sì che accanto a una produzione cinematografica in Pag. 22qualche modo ufficiale, che viene diffusa e accettata anche all'interno del Paese oltre che all'esterno, e che è certamente di qualità e anche internazionalmente riconosciuta e premiata, anche il cinema in Cina resta, laddove sia l'anima e la voce della dissidenza politica, uno strumento controllato, spesso censurato e condizionato come anche i suoi autori, i registi e gli interpreti.
Dunque, questo rischia di essere l'ennesimo e forse inutile richiamo alla necessità di fare pressioni su Pechino per un vero rispetto dei diritti civili e politici di tutti i cittadini ma, come gruppo, non lasceremo mai che questo possa accadere. È solo in forza di questo spirito dunque - e lasciando agli atti le nostre perplessità - che annunzio, trattandosi di un Accordo internazionale su cui il Paese si è impegnato già dal 2004, il voto a favore del mio gruppo, come esortazione alle autorità cinesi e non come accettazione dello status quo attuale, nella speranza che una costante collaborazione in campo cinematografico, lo scambio di esperienze e l'intensificarsi del confronto e del dialogo, comporti positive aperture da parte dei nostri partner (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 4250)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Vicepresidente della III Commissione.

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. Signor Presidente, mi riservo di intervenire successivamente.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, prima di tutto vorrei ringraziare il Vicepresidente della III Commissione, onorevole Narducci, e tutti gli intervenuti che hanno richiamato i punti decisivi e anche i punti dilemmatici di una lunga vicenda, relativa a questo Accordo sulla coproduzione cinematografica che voi avete seguito, in effetti, più da vicino di me. Si tratta di un Accordo la cui vita risale al 2004.
Nel frattempo, come veniva già richiamato, il mercato cinematografico cinese ha continuato una fortissima espansione e una parte dei nostri partner europei hanno, a loro volta, firmato Accordi cinematografici dello stesso tipo di quello che oggi stiamo discutendo. Ricordo, in particolare, che un Paese molto sensibile al rispetto dei diritti umani, come la Francia, ha firmato un importante Accordo in questo campo e sta sviluppando la cooperazione in questo settore.
Ho ascoltato con molta attenzione le vostre argomentazioni e vorrei dire che credo che questa discussione ci ponga, in particolare, dinanzi a due problemi: il primo problema è di non disperdere, in effetti, un lavoro molto importante che è stato fatto. Credo che l'Accordo, dal 2004 ad oggi, grazie alla discussione parlamentare abbia una serie di salvaguardie e grazie alla discussione parlamentare è stata introdotta questa Nota interpretativa, che avete richiamato, dell'articolo 10. Vorrei dunque rileggere, nella sua integralità, la nota di chiarimento ai dubbi interpretativi del 18 maggio 2010, perché mi sembra che l'abbiamo riassunta troppo frettolosamente. In effetti, la Nota interpretativa, se mi permettete un attimo, prevede che l'approvazione provvisoria data al progetto filmico non possa essere ritirata ad opera conclusa, salvo che l'opera completata si discosti in maniera sostanziale dal progetto approvato. È stato, altresì, stabilito un automatismo fra l'approvazione definitiva e la concessione del permesso di uscita nelle sale.
In particolare, come si evince da questa nota, ognuno dei due Paesi, ai fini della concessione dell'approvazione provvisoria Pag. 23e di quella definitiva, applicherà le proprie regole interne relative alla valutazione dell'intero dossier.
Qui, in effetti, si apre il caso di scuola sollevato dall'onorevole Narducci e - credo - a ragione. Cosa succede nel caso in cui il giudizio dell'autorità cinese si discosti da quello dell'autorità italiana, visto che il procedimento sarà distinto? Ho fatto la stessa domanda alla nostra autorità, che è la Direzione generale del cinema e dei beni culturali. In effetti, tecnicamente, ciò consentirà al film di essere distribuito in Italia ed in parte all'estero, ma non in Cina, quindi si avrebbe una distribuzione distinta. Il punto politico sostanziale - a mio avviso - è che tecnicamente un giudizio negativo da parte cinese non comporterebbe per noi di dover seguire assolutamente la stessa linea. Quindi, lei ha ragione: questo è effettivamente un dilemma che, secondo me, resta aperto e che ho voluto approfondire con questa risposta. Per quel che riguarda la distribuzione, tecnicamente, noi potremmo distribuire il film coprodotto, in caso di un giudizio distinto delle due autorità.
Volevo sottolineare un altro punto specifico che si riferisce all'ultimo intervento: in effetti, l'Accordo, di per sé, non regola l'erogazione di fondi pubblici per la produzione cinematografica, che invece vengono regolati da un decreto-legge ad hoc del 2004. Quindi, non è corretto dire che questo Accordo, di per sé, regola l'erogazione dei fondi pubblici. Mi sembra anche questo un punto importante. Quindi, la mia riflessione è questa: c'è stato un Accordo e c'è stato un lungo lavoro parlamentare, il lavoro parlamentare è servito perché, accanto alla nota interpretativa che prima richiamavo, è stato accolto un ordine del giorno al Senato che, secondo me, aiuta il Governo (sono d'accordo, da questo punto di vista, sia con l'onorevole Evangelisti, che con gli onorevoli Pianetta e Tempestini) in quanto conferisce una chiarezza - diciamo così - applicativa al Governo che, in parte, non è contenuta nel testo dell'Accordo.
Un'ultima riflessione: siamo di nuovo - voi come esponenti della Camera ed io come esponente del Governo - di fronte ad un dilemma che, molto spesso, abbiamo di contemperare, in qualche modo, l'importanza degli interessi economici che abbiamo e di cui non ci dobbiamo certo vergognare. Abbiamo anche in questa vicenda importanti interessi in gioco: è un mercato - come vi ricordavo - molto importante, ormai quello cinese è il secondo mercato del mondo in campo cinematografico, quindi abbiamo degli interessi che dobbiamo riconoscere in modo onesto, ma abbiamo anche dei valori altrettanto importanti da difendere. Tutto il problema che insieme ci poniamo - il Governo nella sua azione e voi nella vostra posizione, in parte di stimolo ed in parte di miglioramento - è proprio quella di riuscire a contemperare interessi e valori.
Penso che portare a conclusione l'Accordo serva anche alla Cina. Sul piano economico, un Accordo di questo genere, per essere onesti, serve più all'Italia che alla Cina. Sul piano della difesa della promozione dei diritti umani e dei valori, secondo me, è uno strumento per riuscire a provocare, da parte cinese, delle aperture maggiori: è una carta che dobbiamo tentare di giocare perché non è certamente rifiutando un Accordo del genere che potremmo favorire degli sviluppi nel campo dei diritti umani.
Dico questo per arrivare alla mia conclusione. Credo che l'ordine del giorno presentato al Senato sia stato molto utile e se l'ordine del giorno che verrà presentato anche alla Camera seguirà la stessa impostazione, lo considererò - come esponente del Governo - altrettanto utile.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra, fatto a Bruxelles il 10 maggio 2010 (A.C. 5076) (ore 17).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro tra Pag. 24l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra, fatto a Bruxelles il 10 maggio 2010.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5076)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente. Il relatore, onorevole La Malfa, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIORGIO LA MALFA, Relatore. Signor Presidente, l'Accordo quadro che lei ha menzionato tra l'Unione europea e gli Stati membri da una parte e la Repubblica di Corea dall'altra è stato firmato a Bruxelles il 10 maggio 2010. È certamente un Accordo molto importante sul terreno politico, perché pone le premesse per un sostanziale salto di qualità nelle relazioni fra l'Unione europea e la Corea del Sud. L'Unione europea è oggi il primo investitore in questo importante Paese asiatico ed è il secondo mercato di sbocco, a sua volta, per le esportazioni coreane.
L'Accordo delinea le linee strategiche dei rapporti tra l'Unione europea e la Repubblica della Corea del Sud, rimandando a particolari e specifici accordi - uno dei quali è stato già firmato, di cui dirò qualcosa e che verrà al nostro esame entro breve tempo - nei vari campi che sono previsti. I dieci titoli di questo Accordo comprendono, i primi il dialogo politico e la cooperazione in sede internazionale e nelle varie organizzazioni internazionali, il quarto titolo - gli articoli 9-20 - è quello in un certo senso cruciale perché riguarda la cooperazione in materia di sviluppo economico, quindi la cooperazione nei vasti campi dei problemi dell'economia e dei mercati. Poi la cooperazione nel campo dello sviluppo sostenibile e così via, il turismo, eccetera. Sono, come ho detto, 53 articoli, molto interessanti.
Nell'ambito degli accordi sul terreno economico ha particolare rilievo un Accordo sul libero scambio che è stato firmato il 6 ottobre 2010 fra l'Unione europea e gli Stati membri da una parte e la Repubblica di Corea dall'altra, e che trova provvisoria applicazione a partire dal 1o luglio 2011. Questo Accordo, che non è oggi all'esame del Parlamento, ma che verrà presto per la ratifica all'esame del Parlamento, è quello che ha sollevato nell'esame che noi abbiamo fatto in Commissione affari esteri le maggiori preoccupazioni, perché in alcuni campi questo Accordo di libero scambio può creare dei problemi seri alla nostra industria, in particolare alla nostra industria automobilistica, che rappresenta una componente importante dell'occupazione e della produzione manifatturiera nel nostro Paese. Questo Accordo di scambio, che naturalmente è fortemente voluto dai Paesi dell'Unione europea che non hanno gli stessi problemi nostri, è stato accompagnato dall'azione del Governo italiano in un negoziato non facile, perché si trattava di contemperare la necessità di aprire un maggiore e intenso rapporto di scambio economico con la Repubblica di Corea con la salvaguardia necessaria, indispensabile dei nostri interessi.
Nel corso dell'esame di questa nostra materia, che comprende - anche se ancora non lo dobbiamo esaminare - questo Accordo di libero scambio, il rappresentante del Governo ha ribadito l'impegno dell'Esecutivo a salvaguardare gli interessi del nostro sistema Paese ed ha anche delineato un insieme di meccanismi di salvaguardia che sono in essere e che in qualunque momento si riveli il funzionamento di questo Accordo di libero scambio deprimentale o pericoloso per le nostre condizioni economiche può essere messo in vita.
In questo quadro - naturalmente limitandomi a queste brevi linee, per la ristrettezza del tempo che hanno i relatori e riservandomi eventualmente di intervenire in replica se fosse necessario - e con queste precisazioni, per l'importanza politica, ma anche per quegli aspetti di Pag. 25qualche preoccupazione che solleva il complesso di questa materia, chiedo all'Assemblea di procedere all'approvazione di questo disegno di legge di ratifica di esecuzione dell'Accordo tra l'Unione europea e la Repubblica di Corea.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, l'Accordo quadro tra l'Unione europea e i suoi Stati membri e la Corea, come ha evidenziato il relatore, è un Accordo che è caratterizzato da una volontà di innovazione dei rapporti bilaterali e di fortificazione di questi rapporti per un'accelerazione e un miglioramento e per fare in modo che ci sia anche un salto di qualità per consentire un miglior posizionamento delle reciproche esportazioni e dei rapporti politici ed economici.
Questo Accordo rientra anche in un successivo Accordo di libero scambio che, come ha detto il relatore, ha rappresentato un momento di perplessità e di approfondimento in ragione soprattutto di alcuni comparti, che potrebbero avere delle conseguenze in ordine agli aspetti economici, primo fra tutti il comparto automobilistico. Ciò anche perché la Repubblica di Corea in questi anni, sta avendo sempre più peso nel contesto internazionale e l'Unione europea vede, quindi, di buon grado la possibilità di instaurare un vero e proprio partenariato strategico, in modo tale da affrontare le grandi sfide globali del mondo.
Oggi la Corea, come sappiamo, a livello economico è considerata una delle cosiddette quattro tigri asiatiche e, dopo la guerra coreana del 1953, ha avuto un rapidissimo processo di crescita economica e di conseguente capacità di integrazione della propria economia in ambito mondiale. Basti pensare al grande sviluppo tecnologico nel settore dell'elettronica, all'importanza del settore automobilistico, come dicevo prima, e dei trasporti e al grande successo mondiale della cantieristica. Ciò negli anni Ottanta è stato l'esito di una politica che ha incoraggiato il risparmio, gli investimenti, l'importazione di materie prime e anche l'acquisizione e l'importazione di tecnologie avanzate, anche con gli aspetti collegati alla concessione di crediti diretti. Il tutto è stato supportato da un forte aumento della capacità produttiva dei lavoratori e anche da grossi e forti investimenti nel campo dell'istruzione.
La Corea ha una storia e uno sviluppo economico di presenza a livello internazionale molto recenti, se pensiamo alla travagliata situazione successiva alla seconda guerra mondiale, che ha diviso in due la penisola coreana attorno al trentottesimo parallelo. Poi vi è stata la successiva invasione della Corea del nord nel 1950 fino all'armistizio del 1953, senza però nessuna forma di trattato di pace, tant'è vero che il confine tra il nord e il sud è il confine più militarizzato e fortificato del mondo.
Indubbiamente i rapporti tra le due Coree, che in un certo momento sembravano avere una prospettiva positiva, si sono aggravati, anche in ragione di alcuni episodi recenti. Anche le relazioni tra la Corea e il Giappone sono abbastanza complicate e turbolente, mentre i rapporti tra la Corea e gli Stati Uniti sono buoni e le due nazioni hanno forti legami economici, diplomatici e anche militari. È in questo contesto di rapporti internazionali quindi che va vista con particolare rilievo e in termini estremamente positivi la capacità e la volontà di creare migliori condizioni possibili tra la Corea e l'Unione europea. Non c'è dubbio che a livello popolare è anche diffuso un sentimento di riconoscenza per gli aiuti statunitensi successivi alla guerra.
Visitando la Corea si può indubbiamente vedere questo orgoglio e questa capacità di essere riusciti a mettere a frutto tutti questi aiuti che il popolo e il Governo coreano hanno potuto avere ed è un orgoglio diffuso che si basa su una grande laboriosità, su una grande dedizione al lavoro, anche in termini di competizione Pag. 26interna; una competizione anche politica, che ha visto succedersi, dal 1960 in poi, momenti di tensione, anche cruenti, che hanno dato luogo a forti cambiamenti e al succedersi anche di colpi di Stato, per approdare finalmente, nel 1980, alla V Repubblica.
Ma questi avvenimenti - lo sottolineo proprio per dare valore a questo Accordo - non hanno impedito l'affermarsi della Corea in campo economico, anche nell'ambito di acquisizione di posizioni a livello internazionale. Dal 1991, quindi da solo 20 anni, la Corea fa parte delle Nazioni Unite e dal 1o gennaio 2007, peraltro, Ban Ki-moon, coreano, ex Ministro degli esteri, è il Segretario generale delle Nazioni Unite.
Anche i grandi eventi internazionali hanno visto la Corea protagonista. Cito, per esempio, il fatto che nel 1988 ha ospitato le Olimpiadi, nel 2002 ha ospitato i campionati del mondo di calcio e quest'anno ha ospitato l'Esposizione mondiale. Si tratta di un Paese con quasi 50 milioni di abitanti su una superficie di un terzo dell'Italia e con un reddito pro capite di 30 mila dollari statunitensi, in grande espansione, che svolge un ruolo da protagonista.
Questo Accordo deve, quindi, essere visto positivamente - arrivo alla conclusione - perché, oltre agli intensi rapporti economici, viene instaurato un più intenso dialogo politico e vengono individuati alcuni settori di cooperazione prioritaria. È un Accordo che vuole dare maggiore e reciproca attenzione tra Corea e Unione europea, come ho detto prima, e che deve indurre l'Unione europea, e anche noi, ad assumere posizioni e maggiori modalità di capacità competitiva.
Avevo citato all'inizio - avevo ripreso, in questo senso, la sottolineatura del relatore - l'Accordo di libero scambio dell'ottobre 2010, che, come sappiamo, è applicato provvisoriamente dal 1o luglio 2011. Tale Accordo, che prevede la progressiva liberalizzazione degli scambi di beni e servizi, ha sollevato perplessità, soprattutto, come ho detto all'inizio, per quanto attiene il nostro comparto automobilistico.
Il Governo, durante un'audizione in Commissione affari esteri, ha evidenziato che l'entrata in vigore dell'Accordo è subordinata a un regolamento di salvaguardia che prevede la possibile reintroduzione di dazi doganali nei confronti delle merci coreane, ove sorgessero gravi pregiudizi per l'industria europea produttrice di beni simili. A tale riguardo, saranno particolarmente monitorati i settori dell'auto, del tessile e dell'elettronica, alla luce della loro particolare sensibilità nell'industria europea.
Quindi, rimandando ad un più approfondito esame dell'Accordo di libero scambio, quando lo dovremo esaminare e sarà oggetto di ratifica da parte nostra, per quanto attiene il provvedimento al nostro esame direi che è un provvedimento molto utile ed esprimo fin d'ora un giudizio positivo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, quello che affrontiamo adesso è un più che corposo e importante Accordo, che interviene, come è stato ricordato, fra l'Unione europea e i suoi Stati membri da una parte e la Corea del sud dall'altra, il tutto nell'ambito di un consolidamento dei già intensi rapporti economici in atto da tempo - l'Unione europea, come si sa, è il primo investitore in Corea del sud e il secondo mercato di sbocco per le esportazioni di quel Paese - ma anche per il rafforzamento di un proficuo dialogo politico e per l'avvio di una cooperazione in alcune aree ritenute prioritarie.
Testuale, nella relazione al disegno di legge, è scritto: «Fra le aree di cooperazione prioritaria figurano, in particolare, lo sviluppo sostenibile (salute, ambiente, affari sociali, cambiamenti climatici, agricoltura), istruzione e cultura, giustizia, libertà e sicurezza (cooperazione giuridica, immigrazione, lotta contro le droghe illecite, contrasto alla criminalità organizzata della corruzione e del riciclaggio)».
Questo sta a significare che la stipula di questo Accordo, che sostituirà quello precedente Pag. 27sul commercio e la cooperazione in vigore dal 2001, si è dunque resa necessaria proprio perché al consolidamento dei citati legami commerciali registratisi nel corso degli ultimi anni non è, tuttavia, corrisposto un parallelo rafforzamento della collaborazione politica, anche a causa di uno scarso interesse di Seul per la realtà delle istituzioni europee a fronte della grande importanza che loro attribuiscono agli Stati Uniti d'America e al grande vicino che è la Cina.
Particolare importanza, dunque, assume, in questo contesto, il nuovo Accordo, che potrebbe contribuire a fornire, oltre ad una maggiore sostanza al rapporto politico, una cornice giuridica più ampia e articolata al complesso delle relazioni bilaterali e a porre le basi per l'approfondimento del dialogo in numerosi settori di mutuo interesse. Il Paese del sud-est asiatico sta assumendo, del resto, sempre più un crescente peso su scala globale. Ricordiamo che la Corea del sud, anche in qualità di membro del G20, sta svolgendo una politica attiva e ciò dovrebbe consentire di inquadrare le relazioni bilaterali in un contesto di ampia portata strategica.
In ragione di ciò, e non solo, l'Unione europea ha mirato a sviluppare un vero e proprio partenariato strategico nell'ambito del quale affrontare congiuntamente le grandi sfide globali, auspicio ribadito nel corso del vertice tra l'Unione europea e la Corea del sud, nell'ottobre del 2010, che ha formalizzato la comune volontà di elevare a livello di partenariato strategico le relazioni bilaterali, prefigurando l'inizio di una nuova fase nelle relazioni e la base di partenza per realizzare l'auspicato salto di qualità di questo rapporto.
Come dicevo, il provvedimento è piuttosto corposo, visto che siamo in presenza di ben 53 articoli, dei quali, ovviamente, non starò qui a dettagliare il contenuto. Certamente - il relatore e altri intervenuti ne hanno giustamente sottolineato l'importanza - uno dei passaggi più rilevanti è il titolo II - gli articoli vanno dal 3 al 7 - riguardante il dialogo politico e la cooperazione in alcuni settori determinati.
L'articolo 3 individua gli obiettivi del dialogo politico, nonché le forme della sua attuazione, mentre, attraverso gli articoli 4, 5, 6 e 7 dell'Accordo, come si evince sempre dalla relazione introduttiva, verranno recepite le clausole standard dell'Unione europea in tema di armi di distruzione di massa, armi leggere di piccolo calibro, crimini di rilevanza per la comunità internazionale e lotta contro il terrorismo. In tutti i settori citati le Parti si impegnano ad approfondire il dialogo politico, assicurando il necessario coordinamento delle rispettive iniziative e con riferimento alla cooperazione contro il crimine internazionale convengono sulla necessità di istituire uno specifico dialogo.
Poi, ovviamente, vi sono gli altri titoli, il III, il IV, che riguardano più da vicino i temi della cooperazione in tema di commercio e di investimenti, le tariffe e quant'altro. Non starò a dilungarmi, ma posso fin da ora anticipare che il gruppo dell'Italia dei Valori non farà mancare il proprio consenso, quindi sarà un voto favorevole, su questo provvedimento di ratifica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rainieri. Ne ha facoltà.

FABIO RAINIERI. Signor Presidente questo Accordo quadro con la Corea del sud, come il nome stesso suggerisce, è il primo, fondamentale atto per avviare un dialogo e una cooperazione di ampia portata destinata, si spera e si auspica, ad investire una pluralità di campi. È dunque il segno tangibile della volontà di instaurare una partnership fruttuosa, è un modo di scegliersi e di dimostrarsi reciproca stima e amicizia, è un atto che, nonostante il taglio tecnico, è un atto squisitamente politico.
Tocca i temi sensibili di un dialogo che vuole essere di lungo e lunghissimo periodo, quali lo sviluppo economico, lo sviluppo sostenibile, l'energia, la sicurezza energetica, i trasporti, il turismo, la società civile, la pubblica amministrazione, l'istruzione e la cultura, la giustizia, la libertà e la sicurezza. Pag. 28
Considerato il difficile vicino di casa di Seul, l'Accordo di partenariato menziona giustamente un reciproco impegno nella lotta alla proliferazione delle armi di distruzione di massa attraverso l'attuazione degli obblighi assunti nell'ambito dei trattati e degli accordi internazionali sul tema, nonché di quelli sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite.
Per questo il gruppo della Lega Nord sostiene il provvedimento e voterà favorevolmente.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, il provvedimento che stiamo esaminando questo pomeriggio, come è stato sottolineato dal relatore e anche dagli altri colleghi, costituisce davvero un salto di qualità nei rapporti tra l'Unione europea - e quindi tra il nostro Paese - e questo grande Paese dell'Asia.
Passiamo sostanzialmente da un accordo che era basato su uno scambio economico intenso, vista anche la grande rilevanza economica di questo Paese e la sua importanza nei gangli vitali dell'economia globalizzata: tecnologia, telefonia mobile, oltre che i settori tradizionali, tra cui quello automobilistico, di cui il relatore e anche gli altri colleghi hanno parlato.
Siamo soddisfatti che questo accordo, raggiunto proprio per salvaguardare l'industria automobilistica europea e italiana, non abbia impedito altri punti dell'accordo, che è un accordo complessivo e globale, che va quindi al di là dei rapporti economici.
È interessante, signor Presidente, che all'inizio si parli di condivisione di valori, salvaguardia dei diritti umani, libertà fondamentali e condivisione dei principi della Carta delle Nazioni Unite. È importante che, stipulando questo Accordo con la Corea, si sottolineino questi aspetti, perché siamo di fronte ad uno dei presidi più avanzati degli ideali democratici e degli ideali di libertà, di fronte a quello che è rimasto l'anacronistico regime comunista della Corea del nord.
Proprio su questa condivisione di valori comuni si sviluppa poi una cooperazione più ampia. Il collega Evangelisti ha citato tutti i settori nei quali si articola questo accordo. Ne citerò solo alcuni molto importanti, anche perché si tratta strategicamente di settori chiavi, come la proliferazione delle armi di distruzione di massa. E sappiamo che in quella parte del mondo - non solo per la Corea del nord, ma per altri Paesi dell'Asia - la questione si pone con grande e drammatica attualità.
Vi sono poi il contrasto al commercio illegale di armi leggere di piccolo calibro, la cooperazione nella lotta contro il crimine internazionale. C'è la sottolineatura, che a noi piace qui ricordare, dell'attenzione alla Corte penale internazionale, di cui sicuramente ci sarà bisogno. Quando si aprirà finalmente il muro che separa le due Coree, ci dedicheremo a constatare quelli che sono stati in quel Paese anacronistico i diritti delle persone che sono stati violati.
Vi sono poi la lotta alla terrorismo e altri settori di grande importanza soprattutto perché si parla di una delle punte più avanzate della globalizzazione: l'informazione, la scienza, la tecnologia, la cooperazione giudiziaria e l'immigrazione.
È un accordo, quindi, di strategica importanza estremamente innovativo che, come dicevo all'inizio di questo mio breve intervento, introduce in un'era nuova le relazioni tra l'Unione europea e la Corea.
Secondo me è stato importante che l'Unione europea abbia in qualche modo ratificato questo accordo, perché si tratta di un'area del mondo non solo geopoliticamente strategica, ma dove si stanno svolgendo le cose più interessanti dal punto di vista delle economie globalizzate: la ricerca tecnologica, la capacità di attrarre ingenti investimenti, la capacità di esportazione di questo Paese. Vorrei terminare solo - proprio perché abbiamo sgomberato il campo da quello che potrebbe essere un intralcio per le nostre industrie, tra cui l'industria automobilistica - ricordando dal punto di vista bilaterale lo stato dei rapporti tra l'Italia e la Corea del sud. Sempre l'onorevole Pag. 29Evangelista ricordava che l'Unione europea è il primo investitore e il secondo mercato di sbocco delle esportazioni di questo Paese. Gli scambi bilaterali, secondo fonte ISTAT, hanno registrato un aumento delle esportazioni italiane del 16,7 per cento, mentre, per converso, le importazioni sono aumentate del 9 per cento, in misura quindi minore rispetto alla variazione registrata nel 2009. E quindi c'è un vantaggio nell'incremento delle nostre esportazioni e dei nostri investimenti in Corea. Non vorrei tralasciare un altro aspetto dei rapporti tra la Corea e il nostro Paese, che riguarda soprattutto i rapporti culturali. Si è parlato di cinematografia per la Cina nel provvedimento precedente, ma con la Corea i rapporti sono molto intensi, non solo dal punto di vista del settore della lirica ma in altri ambiti ancora. Quindi collaborare ed avere questo quadro strategico, politico ed economico con la Corea del sud ci fa fare un passo dentro una delle aree più dinamiche del mondo e quindi annuncio sin da ora il giudizio positivo del Partito Democratico rispetto a questo provvedimento, salvo restando ovviamente il monitoraggio richiesto dalle nostre industrie automobilistiche per quanto riguarda alcuni comparti produttivi dove siamo in diretta concorrenza, a volte anche non tanto leale, con gli imprenditori coreani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5076)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole La Malfa, rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, esprimo due osservazioni molto rapide, ringraziandolo l'onorevole La Malfa e tutti gli onorevoli intervenuti. È un accordo politico quadro importante, perché l'Unione europea sta cercando, in questi anni, di passare dal ruolo di potenza economica e commerciale e basta a quello di attore politico in grado di avere, con questi grandi Paesi emergenti - la Corea non è propriamente un Paese emergente ma insomma è un membro notevolmente influente del G20, un attore economico asiatico molto importante - delle relazioni strategiche generali.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 17,30)

MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Quindi è un segno della volontà dell'Europa, se volete, di uscire da una visione solo economica delle sue relazioni nel mondo. Accordi quadro simile a questo - per darvi uno schema di riferimento - sono oggi in negoziato o firmati con il Canada, l'Australia, la Nuova Zelanda e, per tornare agli argomenti che discutevamo prima, gli accordi quadro dell'Unione europea sono tutti ispirati a cinque clausole di fondo e cioè il rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali, della democrazia, dello Stato di diritto, del disarmo e della non proliferazione. Naturalmente quest'ultimo tema, quello del disarmo e della non proliferazione, come ci richiamava giustamente l'onorevole Pianetta, è particolarmente importante nello scenario coreano. Quindi è un accordo strategico politico, che naturalmente evoca invece anche l'accordo di libero scambio che è stato firmato e che sarete fra breve chiamati a discutere e a ratificare. Su quest'ultimo punto io credo che questo tipo di accordo quadro, in fondo, aumenti le possibilità di difesa e di interlocuzione anche sugli aspetti economici e commerciali e c'è, in fondo, un limite implicito già in questo accordo, laddove si richiama tutta la parte relativa alla cooperazione economica.
L'onorevole Pianetta, giustamente, ricordava che il Governo italiano ha subordinato Pag. 30l'entrata in vigore dell'altro Accordo, quello sull'area di libero scambio, ad un regolamento di salvaguardia di cui richiamava i punti essenziali e che io giudico molto importante, ed è vero che i dati commerciali dell'interscambio commerciale Italia-Corea del 2011 mostrano, per ragioni in parte anche diverse, e cioè il declino della domanda in Europa, che fino a questo momento c'è stato, semmai, un effetto di tipo diverso e cioè un aumento delle esportazioni dell'Italia verso la Corea e una diminuzione, invece, delle importazioni.
Quindi, vi ringrazio molto per queste giuste e valide argomentazioni; il Governo è molto favorevole a una rapida approvazione di un accordo che ha un po' il segno, se volete, del modo in cui l'Unione europea cerca di affermare, con i grandi Paesi extraeuropei, una presenza non solo economica e commerciale ma anche politica e strategica.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Mongolia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con protocollo aggiuntivo, fatta a Ulan Bator l'11 settembre 2003 (A.C. 5108) (ore 17,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Mongolia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con protocollo aggiuntivo, fatta a Ulan Bator l'11 settembre 2003.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5108)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Picchi, ha facoltà di svolgere la relazione.

GUGLIELMO PICCHI, Relatore. Signor Presidente, questo provvedimento si inquadra nel contesto generale di ratifiche che il Governo italiano sta portando avanti di trattati sulle doppie imposizioni; si tratta di una Convenzione che risale al 2003, quindi arriva alla ratifica con nove anni di ritardo nonostante non ci siano elementi cruciali che ne avessero impedito finora di inserirlo all'ordine del giorno della discussione dell'Aula. La sua finalità è quella di poter dare alle imprese dei due Stati un quadro giuridico stabile per poter operare, e in modo tale, soprattutto nel caso della Mongolia, da poter cominciare un percorso di interscambi che finora è stato assolutamente marginale se non del tutto assente.
La Mongolia sta vivendo una fase di apertura internazionale; ha recentemente chiesto di aderire all'OSCE, l'organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa; sta vivendo una fase positiva di consolidamento democratico; le elezioni si svolgono regolarmente e c'è apertura verso un modello democratico come noi, in Occidente, conosciamo. La Mongolia è «questo sconosciuto», nel senso che è ancora poco conosciuta in Italia però dobbiamo ricordare che la Mongolia ha riserve strategiche valutate in oltre 3 mila miliardi di dollari come controvalore monetario ai prezzi correnti; è un Paese che ha enormi risorse naturali sia di uranio - possiede circa un quarto delle riserve mondiali - sia di terre rare, che sono fondamentali per tutta una serie di applicazioni tecnologiche per la nostra manifattura e potrebbero essere un mercato molto importante per diversificare, soprattutto nel materiale delle terre rare, dal monopolio che attualmente ha la Cina. Pag. 31Quindi, è un Paese che si sta aprendo, che rappresenta una grossa opportunità per le imprese italiane e quindi la ratifica di questa Convenzione ci dà l'opportunità di porre l'attenzione sulla Mongolia.
Venendo al contenuto più tecnico del provvedimento, la Convenzione fa riferimento agli aspetti fiscali relativi ai beni immobili, agli utili delle imprese, alla navigazione marittima e aerea, ai dividendi, agli interessi, ai canoni, ai capital gain, ai redditi da lavoro autonomo e dipendente, alle pensioni, alle remunerazioni del personale con funzioni governative, agli artisti, agli sportivi secondo lo schema tipico che è quello dell'OCSE.
Tale Convenzione si compone di 31 articoli e di un protocollo aggiuntivo che ne è parte integrante e che contiene precisazioni relative a disposizioni di alcuni degli stessi articoli.
Per quanto riguarda la sfera oggettiva di applicazione, essa viene fissata dall'articolo 2, in base al quale le imposte specificamente considerate per l'Italia sono l'imposta sul reddito delle persone fisiche, l'IRPEF, e quella sul reddito delle persone giuridiche, l'IRES.
L'articolo 7 attribuisce il diritto esclusivo di tassazione degli utili delle imprese allo Stato di residenza dell'impresa stessa, fatto salvo il caso in cui questa svolga attività nell'altro Stato per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata. In tale ultima ipotesi, lo Stato in cui è localizzata la stabile organizzazione può tassare gli utili realizzati sul proprio territorio mediante tali stabili organizzazioni.
Il trattamento convenzionale riservato ai dividendi è previsto dall'articolo 10 ed è caratterizzato dalla previsione della tassazione definitiva nel Paese di residenza del beneficiario e della concorrente facoltà accordata allo Stato da cui esso provenga di prelevare un'imposta alla fonte entro i limiti espressamente previsti; in particolare, sono state stabilite aliquote differenziate di ritenuta alla fonte nello Stato da applicare sull'ammontare lordo rispettivamente del 5 per cento per partecipazioni fino al 10 per cento detenute per un periodo di almeno 12 mesi precedenti la data di delibera di distribuzione, mentre negli altri casi l'aliquota è prevista nella misura del 15 per cento.
L'articolo 13 definisce come avviene la tassazione degli utili da capitale.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole.

GUGLIELMO PICCHI, Relatore. Concludo, signor Presidente. La tassazione si applica nel Paese in cui sono situati i beni qualificati come immobili ai sensi della Convenzione. Nel caso in cui si tratti di tassazione di plusvalenze, essa si applica nel Paese in cui si trova la stabile organizzazione, secondo altre modalità.
Il disegno di legge, come sempre, prevede anche lo scambio di informazioni, mentre non ha necessità relative alla copertura finanziaria, in quanto l'onere previsto è solo di 7 mila euro l'anno.
Concludo il mio intervento preannunciando al Governo che presenterò un ordine del giorno affinché il Governo italiano si impegni a sostenere l'ingresso della Mongolia nell'OSCE.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, il relatore onorevole Picchi ha già ampiamente illustrato il tenore della Convenzione al nostro esame, che si propone di realizzare una equilibrata ripartizione della materia imponibile tra Italia e Mongolia, in un quadro giuridico di riferimento per gli operatori economici (in particolare per gli operatori italiani) che intraprendono o vogliano intraprendere un interscambio commerciale e finanziario con la Mongolia.
La Mongolia sta vivendo una fase di apertura internazionale caratterizzata anche, come ha già sottolineato il relatore, dalla recente richiesta di passare da Paese partner a Paese membro dell'OSCE. In questo trend di apertura si colloca anche Pag. 32l'inaugurazione, che ha avuto luogo nel febbraio 2011 da parte dell'allora Ministro dello sviluppo economico Paolo Romani, alla presenza dei due ministri mongoli dell'agricoltura e dell'industria leggera, della prima commissione mista tra Italia e Mongolia. Lo sottolineo, l'obiettivo della commissione è quello di rilanciare le relazioni bilaterali e di divenire interlocutore europeo privilegiato, soprattutto nei settori agroalimentare, del tessile e delle infrastrutture. La commissione mista, pertanto, è il primo passo verso una relazione politica ed economica sempre più proficua tra i due Paesi.
La Mongolia ha rafforzato i suoi rapporti con l'Italia nell'ambito di una strategia che la vede cercare un rapporto più stabile e maturo con l'Unione europea, al tempo stesso offrendo all'Italia importanti opportunità e buone prospettive di accesso al mercato e di forniture di materie prime e di servizi.
Tra l'altro, la Mongolia, con oltre 1 milione e mezzo di chilometri quadrati ed una popolazione di poco più di 2 milioni e mezzo di abitanti, è il Paese con la più bassa densità di abitanti del mondo. Il clima è freddo e soltanto una piccola area è oggetto di coltivazione, ma la popolazione è giovane. Infatti, circa il 60 per cento del totale è sotto i trent'anni, e ciò rappresenta un fattore importante per la crescita economica del Paese. Il reddito pro capite degli ultimi anni è intorno ai 4 mila dollari americani, ma è, al tempo stesso, destinato a crescere. In questo contesto, vediamo qual è l'interscambio con l'Italia: nel 2010 l'Italia ha esportato per 14,3 milioni di euro e ha importato per 33,9 milioni, e gli investimenti diretti esteri dell'Italia in Mongolia, negli ultimi anni, sono solo di 6 milioni di euro - questo dal 1992 al 2009 -, mentre non risultano investimenti mongoli in Italia.
Dal punto di vista politico, dopo gli anni Cinquanta, in Mongolia, che è sempre stata un fedele alleato dell'Unione Sovietica, solo nel 1992 fu introdotta una nuova costituzione e, rispettivamente nel 1993 e nel 1996, le elezioni presidenziali e parlamentari hanno dato la vittoria ad un partito non comunista. La Mongolia mantiene buone relazioni con la Russia, la Repubblica popolare cinese, gli Stati Uniti, il Giappone e le due Coree, ed ha partecipato in questi ultimi anni, con propri contingenti - lo voglio sottolineare -, proprio in ragione della volontà di esprimersi a livello internazionale, a missioni militari delle Nazioni Unite. Il Governo sta sviluppando una politica mirata ad incoraggiare gli investimenti esteri e a sviluppare il commercio interno. Esistono circa 30 mila piccole e medie imprese, anche se l'industria contribuisce relativamente alla produzione del PIL, e infatti contribuisce soltanto per un quarto del suo totale. È questo, quindi, a grandi linee, il contesto politico, sociale ed economico della Mongolia in cui si inserisce la Convenzione al nostro esame. Non esistono precedenti accordi in materia tra Italia e Mongolia e, pertanto, la Convenzione si propone di disciplinare gli aspetti fiscali delle relazioni economiche tra i due Paesi per eliminare il fenomeno della doppia imposizione e assicurare una più efficiente ed efficace cooperazione amministrativa mirata al contrasto dell'evasione fiscale. Si realizza così una più equilibrata ripartizione, per quanto attiene gli imponibili tra i due Paesi, e si definisce un quadro di riferimento certo per gli operatori economici italiani che vogliono intraprendere o consolidare un interscambio commerciale e finanziario con questo Paese.
Le imposte cui si applica la Convenzione sono, per quanto riguarda l'Italia, l'IRPEF e l'IRES, in quanto, per il momento, non sono previste, come sappiamo, imposte sul patrimonio. L'entrata in vigore della Convenzione potrebbe determinare un potenziamento - questo è quanto noi ci aspettiamo e auspichiamo - dell'interscambio commerciale sia a livello micro nonché macroeconomico. In particolare, si ipotizza lo sviluppo del trasferimento di know how tecnico e anche manageriale. È stato calcolato - e concludo - che, a seguito dell'entrata in vigore della Convenzione, si produrrà una perdita di gettito - come ha detto il relatore - di 7 mila euro annui, per professioni indipendenti e prestazioni Pag. 33da lavoro autonomo, ma è pur vero che si è altresì fatta l'ipotesi che questo svantaggio sarà compensato dai vantaggi che, nel corso degli anni, potranno prodursi a favore dei nostri operatori economici e delle nostre imprese. Quindi, si tratta di un Accordo che riteniamo possa essere utile e che, quindi, vede il nostro consenso. Quindi, preannunzio anche quello che sarà il voto favorevole del gruppo del Popolo della Libertà.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, come è noto, le Convenzioni internazionali contro la doppia imposizione sono uno strumento di politica tributaria necessario ad evitare il fenomeno per cui lo stesso cespite, lo stesso presupposto economico, sia soggetto due volte alla stessa tassazione in due diversi Stati e quindi, per evitare questa tassazione del reddito sia nel Paese in cui questo è stato prodotto, sia nel Paese di residenza del soggetto che lo ha prodotto, si interviene con questo tipo di Convenzione.
È una Convenzione elaborata sulla base di uno schema ormai consolidato, prodotto ed elaborato dall'OCSE e di cui appunto questa Convenzione con la Mongolia non fa certo eccezione. Devo dire che è sempre interessante e sempre importante approfondire queste tematiche, ora però ho avuto l'impressione che forse si sia data una enfasi eccessiva a questo accordo, perché la Mongolia, pur essendo un grande Paese dal punto di vista dell'espansione territoriale, non ha proprio un'economia fortissima, anche se sta crescendo soprattutto in virtù degli investimenti stranieri (cinesi, giapponesi, coreani del sud, tedeschi e russi).
Basti pensare che da Ulan Bator, la capitale, non c'è una strada asfaltata né che va verso il confine russo, né che va verso il confine cinese. Questo delle infrastrutture è un vero problema, tant'è che è in costruzione una grande arteria est-ovest, il cosiddetto Millennium road. Basti pensare che attualmente le piccole e medie imprese in Mongolia, quasi tutte concentrate nella capitale, sono 30 mila.
La maggioranza della popolazione, al di fuori delle aree urbane, praticamente vive di pastorizia e poco altro. Si pensi che l'industria rappresenta il 21,4 per cento del PIL, pur avendo risorse naturali come il petrolio, il carbone, il rame, e che il settore agricolo è pari al 20,4 per cento. Eppure, come dicevo, è un Paese che sta crescendo. Il 2010 è stato contrassegnato da una forte ripresa rispetto al biennio precedente con una crescita del PIL che dovrebbe attestarsi intorno al 6 per cento.
Insomma, rispetto a Paesi in recessione come il nostro, sono davvero cifre importanti ma - lo ripeto - stiamo parlando di percentuali, non di valori assoluti. Comunque anche per il prossimo quinquennio si parla di una media del 10 per cento di crescita legata soprattutto al ciclo espansivo cinese e al fabbisogno minerario della Cina stessa.
Quindi, da questo punto di vista, è assolutamente prioritario per la Mongolia allargare nel medio periodo la propria base manifatturiera. La stessa Commissione europea si è dichiarata pronta a sostenere la strategia di sviluppo della Mongolia, aumentando gli aiuti di ben il 40 per cento, ma quando andiamo a vedere le cifre assolute, si parla di 5 milioni di euro l'anno, il costo di un appartamento nel centro di Roma (un attico diciamo).
Quindi, dobbiamo avere il senso della misura delle cose di cui stiamo parlando che - lo ripeto - sono importanti perché non dobbiamo perdere nessuna opportunità, nessun aggancio. Dobbiamo aiutare tutti i Paesi a crescere, ma quando si dice che l'Unione europea focalizza il proprio intervento principalmente nello sviluppo rurale e nel rafforzamento delle istituzioni pubbliche e che altri due milioni di euro sono destinati a garantire la sicurezza alimentare, lo ripeto, stiamo parlando davvero di cifre ridotte, a fronte di un problema estremamente serio in quel Paese che è il tema della corruzione. Pag. 34
Credo che da questo punto di vista non siamo proprio il Paese più indicato a dare lezioni a chicchessia, però la Transparency International posiziona la Mongolia al centosedicesimo posto su 178 Paesi. Il sistema giudiziario è indipendente, ma la corruzione rimane una piaga del sistema.
Anche la trasparenza del Governo non è proprio al massimo, insomma, e quindi abbiamo una situazione complessa. È vero, ci sono state le elezioni. Ho sentito anche in questa sede un po' di trionfalismo sul fatto che non ci sono più i comunisti: i comunisti non ci sono più in Mongolia perché non ci sono più da nessuna parte. Il fatto è che, però, hanno votato il 28 giugno per eleggere il Grande Khural, il Parlamento mongolo, ma ad oggi la commissione elettorale non ha ancora proclamato i risultati.
Quello che sembra di capire è che non c'è alcuna forza in grado di avere la maggioranza assoluta, stando al primo conteggio delle schede, ed è in vista una trattativa per una grande coalizione. Insomma, tra corruzione e grande coalizione, la sensazione è che la Mongolia stia vivendo un momento di stallo politico poi non molto dissimile, mutatis mutandis, dal nostro. Questo non ci impedisce ovviamente, come gruppo, di preannunziare il voto favorevole alla ratifica di questo Accordo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rainieri. Ne ha facoltà.

FABIO RAINIERI. Signor Presidente, come detto anche dai colleghi, questa è una ratifica che parte da lontano, dal 2003, e quindi abbiamo anche un'esigenza temporale. La Convenzione in ratifica si conferma al modello OCSE, che il nostro Paese ha già largamente sperimentato, sottoscrivendo analoghi accordi con numerosi Paesi.
Sottolineo anch'io come sia importante, anzi fondamentale, per gli operatori economici che hanno rapporti con l'estero avere la certezza preventiva di quale sarà il regime fiscale applicabile e, soprattutto, rischiare il meno possibile di dover pagare due volte per gli stessi redditi o, peggio ancora, di incorrere in controversie tributarie internazionali, sapendo quali sono poi le difficoltà di queste azioni giudiziarie, pur avendo operato in buona fede. Quindi, è proprio a favore degli operatori corretti che noi auspichiamo con favore la ratifica di questa Convenzione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il provvedimento al nostro esame concerne la ratifica e l'esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Mongolia per evitare, come ha ampiamente illustrato il relatore, le doppie imposizioni e, cosa molto importante, prevenire le evasioni fiscali. La Convenzione è stata firmata a Ulan Bator l'11 settembre 2003.
La ratifica della Convenzione risulta necessaria, a nostro vedere, per garantire il principio di equità e impedire che il prelievo fiscale su un unico presupposto non venga ripetuto, due o più volte, per lo stesso contribuente. Il divieto della doppia imposizione, non universalmente riconosciuto in campo internazionale, va esplicitato, in questo caso nei rapporti tra Italia e Mongolia, attraverso la ratifica di questa Convenzione. L'obiettivo di incrementare l'interscambio commerciale e creare nuove opportunità di collaborazione tra Italia e Mongolia non può prescindere dalla eliminazione del rischio di discriminazione dovuto a diversi trattamenti fiscali delle persone fisiche e giuridiche di uno Stato che agiscono come operatori economici, industriali nonché culturali nell'altro.
La necessità, quindi, di adottare la Convenzione che esclude la doppia imposizione deriva dall'emergere di una forbice che attiva due forze. Da un lato, la volontà della Mongolia di uscire da una non troppo comoda posizione cuscinetto in cui, per motivi geografici e dimensionali, è posta da Russia e Cina e che la vincola economicamente al ruolo prevalente di Pag. 35esportatore di materie prime, prevalentemente rame in Cina. Il Governo della Mongolia è fortemente determinato nel mantenere le promesse derivanti dalla presenza del Paese in ottava posizione tra i maggiori generatori di sviluppo dell'economia mondiale, secondo Global Growth Generators, grazie anche alle sue immense riserve minerarie (rame, carbone, lantanidi, oro, stagno e tungsteno), cogliendo e favorendo le opportunità di diversificare l'economia nel settore dei servizi, delle infrastrutture e della trasformazione delle risorse agricole, con particolare attenzione ai prodotti pregiati, pelli e cashmere in primis.
Dunque, la ricerca di mercati alternativi alle due ingombranti superpotenze orientali è per la Mongolia quasi d'obbligo. In questo contesto espansivo, l'Italia rappresenta un partner privilegiato soprattutto nei settori strategici quali il tessile e il conciario.
Dall'altro lato, la forbice si apre grazie alla spinta propulsiva dell'iniziativa imprenditoriale italiana attivata fuori dal contesto europeo dallo sforzo che la Mongolia sta attuando sia a livello infrastrutturale che burocratico per eliminare tutte le distorsioni, anche con riferimento alle corruttele varie che sono state già sottolineate, per agevolare gli investimenti di capitali stranieri.
L'Italia ha la capacità di contribuire nel campo delle infrastrutture con know how specifico per lo sviluppo del piano di mobilità sostenibile per la capitale mongola grazie alla solidità di importanti aziende italiane operanti in tale ambito. Lo schema del do ut des si applica anche in settori strategici per lo sviluppo di rapporti economici bilaterali: il tessile conciario, l'agroalimentare e quello minerario e delle terre rare in cui l'Italia con le sue aziende mette a disposizione competenze, capacità, expertise, macchinari ad alta tecnologia e servizi, mentre la Mongolia consente la partecipazione alle fasi della lavorazione, produzione e distribuzione delle materie prime di alta qualità di cui è ricca e alla commercializzazione della pregiata lana cachemire, capi di bestiame e soprattutto, come detto, delle terre rare, fondamentali per le produzioni ad altissima tecnologia.
In tale prospettiva di opportunità commerciale e industriale in un ambito europeo che sta vivendo una delle sue più lunghe ed acute crisi in un Paese come l'Italia, con una vocazione alla ricerca e alla scoperta di nuovi orizzonti soprattutto in periodi fortemente critici come quello in cui ci troviamo, non è consentito il lusso di perdere occasioni di sviluppo di nuovi mercati e nuove frontiere culturali, oltre che commerciali, che indirizzino l'Italia su percorsi già tracciati nell'antichità da viaggiatori curiosi che ben altre difficoltà dovevano incontrare che non fossero semplici barriere fiscali.
Per queste ragioni riteniamo importante la ratifica di questa Convenzione e sin da adesso preannunzio il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5108)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Picchi, rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, l'accordo è utile nei rapporti economici e commerciali bilaterali per le ragioni che sono state ricordate anche potenziali e cioè le potenzialità di sviluppo in campi molto importanti (è stata ricordata l'importanza delle terre rare per la produzione dell'alta tecnologia). È un accordo poi che si inserisce in una linea di avvicinamento della Mongolia all'Europa. È stato appena fatto un accordo di partenariato tra l'Unione europea e la Mongolia che darà un quadro normativo ancora più Pag. 36solido a queste relazioni e c'è poi il problema di decidere che fare sulla richiesta di adesione della Mongolia all'OSCE, che veniva ricordata. Tale richiesta è stata presentata nel 2011 e in merito il Governo italiano nel summit di Vilnius ha già espresso la propria disponibilità.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel settore della difesa tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica islamica del Pakistan, fatto a Roma il 30 settembre 2009 (C. 5180-A) (ore 18).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel settore della difesa tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica islamica del Pakistan, fatto a Roma il 30 settembre 2009.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5180-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la II Commissione (Esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Stefani, ha facoltà di svolgere la relazione.

STEFANO STEFANI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'accordo in esame assume una valenza peculiare, poiché il quadro politico e militare pakistano si caratterizza oggi per una fase di grande fluidità.
Da un lato, cogliamo segnali preoccupanti di ritorno della minaccia del terrorismo islamista, che è tornato a colpire il 16 agosto scorso una base aerea nella provincia del Punjab; dall'altro, da un preoccupante peggioramento dei diritti civili e delle condizioni di vita delle minoranze religiose, emblematicamente segnato dalla tragica vicenda dell'arresto per blasfemia nei giorni scorsi della bambina cristiana, disabile peraltro, Rimsha Masih, che vive in un poverissimo slum di Islamabad, cui è seguita la detenzione dell'imam che l'aveva ingiustamente accusata.
In tale quadro, le Forze armate rappresentano uno degli attori più rilevanti della scena politica pakistana, poiché oltre al monopolio dell'uso della forza, potenziato dal controllo dell'armamento nucleare pari a circa 80-100 testate atomiche, possono godere di una forte legittimazione popolare, guadagnata negli anni grazie alla loro posizione di garante dell'indipendenza nazionale e della reputazione di costituire l'unica istituzione nazionale al riparo dalla corruzione.
Nella considerazione dei delicati equilibri che caratterizzano quel particolare quadro regionale e della necessità di corroborare il ruolo politico e diplomatico dell'Italia in tale strategico contesto, il Memorandum ha lo scopo di sviluppare la cooperazione bilaterale fra le Forze armate italiane e le Forze armate pakistane, nella prospettiva di consolidare le rispettive capacità difensive producendo, sia pure indirettamente, una serie di stimoli positivi in alcuni settori economici e commerciali dei due Paesi. Il Memorandum va altresì inquadrato nella prospettiva del ritiro del contingente internazionale dal territorio del vicino Afghanistan, cui deve corrispondere, peraltro, una forzata capacità, da parte degli attori regionali, nel mantenimento della pace e di elevati livelli di sicurezza.
Il testo, che si compone di 12 articoli, fissa in primo luogo gli scopi (articolo 1) e ne disciplina le modalità di attuazione (articolo 2), disponendo che siano determinati in una commissione paritetica bilaterale, formata dai rappresentanti dei due Stati, che si riunirà con cadenza annuale. Gli articoli 3 e 4 definiscono i settori e le modalità della cooperazione, riferibili principalmente ai settori della politica, della sicurezza e difesa, alle esperienze acquisite in operazioni umanitarie e Pag. 37di peacekeeping, allo svolgimento di esercitazioni militari, alla formazione militare, allo scambio di materiali per la difesa nonché al supporto alle iniziative commerciali nel settore dei sistemi per la difesa previsto dal Memorandum per i sistemi di difesa, che risale al 1990.
L'articolo 5 definisce ulteriormente le questioni riguardanti la cooperazione nel campo dei materiali per la difesa, prevedendo che il Memorandum possa essere attuato sia mediante operazioni dirette da Stato a Stato, sia mediante società private autorizzate dai rispettivi Governi. Le tipologie di materiali in questione sono le seguenti: aeromobili, sottomarini e unità navali di superficie, veicoli corazzati e blindati, sistemi di comunicazione e di difesa.
Segnalo, inoltre, come affermato dalla Commissione difesa nel parere reso il 6 giugno scorso, che il Memorandum non può essere considerato un'intesa intergovernativa, ai sensi della legge n. 185 del 1990, trattandosi di un Accordo di natura generale ed astratta, a differenza delle intese intergovernative contemplate da quella legge che, invece, deve avere un contenuto concreto e circoscritto.
L'articolo 6 disciplina, sulla base del principio di reciprocità, i profili finanziari del Memorandum, mentre l'articolo 7 regola le questioni derivanti dal risarcimento dei danni cagionati dalle attività di cooperazione. L'articolo 8 individua gli ambiti delle giurisdizioni nazionali per i reati commessi dal personale della nazione inviante operante nella nazione ospite.
L'articolo 9 disciplina il trattamento delle informazioni, dei documenti e dei materiali classificati sulla base delle normative dei due Paesi.
L'articolo 10 disciplina le eventuali controversie derivanti dall'interpretazione e dell'applicazione del Memorandum, che saranno regolate attraverso il canale diplomatico.
Gli ultimi due articoli disciplinano rispettivamente le modalità di revisione dell'intesa (articolo 11), la sua durata e le modalità di denuncia di cessazione della sua entrata in vigore (articolo 12).
Segnalo che la Commissione affari esteri ha apportato un emendamento all'articolo 3 del disegno di legge di ratifica, che tiene conto del parere favorevole condizionato, volto a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, approvato dalla Commissione bilancio il 19 giugno scorso. L'emendamento configura gli oneri pari a circa 6 mila euro annui, ad anni alterni, a decorrere dal 2012, di cui al comma 1 del medesimo articolo, in termini di valutazione di spesa e prevede la riduzione delle dotazioni finanziarie di parte corrente, aventi la natura di spese rimodulabili ai sensi dell'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge n. 196 del 2009 (Applausi).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, il memorandum del 2009 ha lo scopo di sviluppare la cooperazione bilaterale tra le Forze armate italiane e pakistane, nella prospettiva di consolidare le rispettive capacità difensive producendo - sia pure indirettamente - una serie di stimoli positivi in alcuni settori economici e commerciali dei due Paesi.
Da allora, il Pakistan è stato teatro di alterne vicende e, tuttavia, durante il vertice della NATO tenutosi a Chicago nel maggio scorso, c'è stato un positivo riavvicinamento tra il Pakistan e la NATO stessa. Il Pakistan ha firmato il 31 luglio un accordo con gli Stati Uniti che permetterà ai convogli della NATO di transitare in territorio pakistano per raggiungere l'Afghanistan fino al 2015. Islamabad aveva accettato di riaprire le vie di collegamento lo scorso 3 luglio, dopo una sospensione di sette mesi in segno di protesta per un raid aereo USA che aveva provocato la morte di 24 soldati pakistani. L'accordo, firmato il 31 luglio, mira a ricomporre i rapporti tra Washington ed Islamabad, che si sono progressivamente deteriorati dopo l'uccisione di Osama Bin Pag. 38Laden in un'operazione in territorio pakistano delle forze speciali USA e successivi raid aerei nelle zone tribali di confine.
Il Pakistan ha tolto il blocco dopo che il Segretario di Stato degli USA si è scusato per le morti nei raid aerei. In seguito all'intesa, Washington sbloccherà i fondi per 1,1 miliardi di dollari previsti dal Coalition Support Fund, il Fondo di supporto per la lotta al terrorismo. La situazione rimane comunque molto critica al confine con l'Afghanistan, infatti il Ministro degli esteri pakistano è tornato a chiedere agli Stati Uniti di porre immediatamente fine all'illegale e controproducente, secondo loro, utilizzo di droni sul territorio pakistano, riferendosi agli attacchi sferrati nel mese di agosto scorso. Per gli Stati Uniti, invece, le operazioni con i droni sono indispensabili nella lotta al terrorismo per colpire i covi degli insorti, come dimostra l'uccisione durante il raid del 21 agosto di Badruddin Haqqani, fratello del capo della rete Haqqani, nonché numero due della stessa organizzazione insurrezionale vicina ad Al Qaeda.
In ambito europeo i rapporti sono buoni ed il 5 giugno 2012 il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, è stato in Pakistan per una visita ufficiale volta a rilanciare il dialogo strategico tra Bruxelles ed Islamabad, nel quadro del piano quinquennale di finanziamento che lega le regioni.
Per quanto concerne l'Italia, si ricorda che il Pakistan nel 2007 è stato il primo cliente non NATO dell'industria italiana nel settore della difesa, grazie alla decisione di dotarsi del sistema di difesa antiaerea «Spada 2000 Plus» del valore di 415 milioni di euro.
Nell'ambito di tale programma, sono in via di definizione nuove collaborazioni e, pertanto, il Memorandum di cooperazione nel campo della difesa, firmato in occasione della visita a Roma del Presidente Zardari assicurerà, una volta in vigore, un'adeguata cornice giuridico-istituzionale per l'ulteriore progresso dei programmi di cooperazione industriale tra i due Paesi, nonché per l'intensificazione dei contatti tra le rispettive Forze armate.
Inoltre l'intesa contribuirà a garantire stabilità all'arco di crisi che va dal Pakistan al Mediterraneo, di assoluta valenza strategica per i nostri interessi, anche in considerazione dell'impegno internazionale assunto dall'Italia nell'area. Inoltre si sottolinea come sia già operativo il comitato bilaterale Pakistan-Italia e vi sono rapporti positivi anche nel campo dell'intelligence.
La storia recente del Pakistan, dopo l'indipendenza del 1947, è caratterizzata da periodi alternati di dittatura militare e Governi parlamentari democratici e da momenti di tensione sfociati anche con attentati e omicidi di leader politici, l'ultimo dei quali nel dicembre 2007 ha visto l'uccisione di Benazir Bhutto, ex Primo ministro e in quel momento leader dell'opposizione. L'attuale Presidente, Ali Zardari, eletto nel settembre 2008 è stato il marito di Benazir Bhutto e guida un Paese per il 97 per cento costituito da musulmani, dei quali l'80 per cento sunniti e il 20 per cento sciiti.
L'importanza del Pakistan dunque sullo scacchiere internazionale, oltre alla sua posizione geopolitica, è dovuta al fatto che è un Paese che possiede ufficialmente anche le armi nucleari. L'esercito pakistano gode di una forte simpatia e di legittimazione popolare perché è considerato il garante dell'indipendenza nazionale ed inoltre si è guadagnato una buona reputazione in quanto ritenuto esente da fatti di corruzione.
Ho ricordato che i rapporti fra Pakistan e Italia sono positivi e anche molto costruttivi, vi è un reciproco interesse a mantenerli tali e a svilupparli, quindi in questo contesto internazionale è in un clima bilaterale positivo che si colloca questo memorandum d'intesa e, conseguentemente, in particolare tale memorandum, nella prospettiva di considerare le rispettive capacità difensive, definisce ambiti e modalità riferibili ai settori della politica di sicurezza, di difesa, alle esperienze umanitarie e di peacekeeping, a esercitazioni militari e alla formazione nonché allo scambio di materiali di difesa. Tali attività potranno produrre anche per Pag. 39via indiretta una serie di opportunità in differenti settori economici e commerciali dei due Paesi.
Il relatore ha correttamente evidenziato che questo memorandum - questo lo voglio sottolineare anch'io - non può essere considerato quale intesa intergovernativa ai sensi della legge 9 luglio 1990, n. 185, che disciplina l'esportazione dei materiali di armamento come del resto ha voluto ribadire il parere della Commissione difesa. L'attuazione del memorandum può contribuire a svolgere un'azione stabilizzatrice, dati i buoni rapporti italo-pakistani, in un'area geografica dagli equilibri particolarmente instabili e difficoltosi. Inoltre, voglio sottolineare che in ragione di queste considerazioni può assumere un valore strategico rilevante questo provvedimento, con una valenza politica peculiare in considerazione degli impegni internazionali assunti dall'Italia nella stessa regione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, il provvedimento in esame, come è stato sottolineato più volte, riguarda un memorandum d'intesa sulla cooperazione nel settore della difesa fra il nostro Paese, l'Italia, e il Pakistan, ed è certamente relazionabile con il prossimo punto al nostro ordine del giorno che riguarda l'Afghanistan, ancorché vertenti su questioni differenti. Non so se sia solo un caso trovarli entrambi in sede di approvazione, ma questo ci consente sicuramente di fare qualche riflessione anche sulla nostra presenza in quella parte del mondo, il cosiddetto «Afpak», un termine coniato da Richard Holbrooke, rappresentante dell'amministrazione Obama in Pakistan e in Afghanistan, e per gli sviluppi politici e militari che potranno maturare da qui al 2014.
Il memorandum in oggetto, che appunto riguarda il settore della difesa, è particolarmente rilevante proprio per il ruolo cruciale che Islamabad, la capitale di quel Paese, che fa parte - lo ricordo - delle potenze nucleari -, riveste nei confronti della lotta al terrorismo internazionale e della situazione afghana, che vede impegnato anche un contingente militare italiano. Purtroppo il Pakistan nei tempi più recenti ha marcato un peggioramento dei propri rapporti con la NATO e, in maniera particolare, con gli Stati Uniti, rispetto ai quali solo nel recente vertice di Chicago vi sono stati timidi segnali di superamento, con la presenza al vertice NATO del Presidente Asif Ali Zardari, invitato in extremis ma di fatto ignorato da Obama che si è rifiutato di incontrarlo in assenza di un accordo di massima per la riapertura delle cosiddette «supply lines», le linee di approvvigionamento per i contingenti NATO dopo oltre sei mesi di blocco, in seguito al raid NATO che a fine novembre 2011, come è stato ricordato, avevano portato alla morte di 26 soldati pakistani al confine con l'Afghanistan.
La spirale discendente che le relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Pakistan hanno dunque imboccato in questi ultimi anni sembra essere entrata ormai in una fase irreversibile. Lo stesso segretario americano alla difesa, Leon Panetta, recatosi recentemente in territorio pakistano, con soste in Afghanistan e in India, ha deliberatamente espresso frustrazione nei confronti di Islamabad per la scarsa o nulla collaborazione che ha portato all'uccisione di Bin Laden con un raid unilaterale. Questa condizione di reciproche accuse e intransigenza non può che minacciare la delicata fase di transizione nel vicino Afghanistan e spalancare le porta all'ulteriore destabilizzazione del Pakistan, divenuta in prospettiva la principale preoccupazione non soltanto degli Stati Uniti, ma dell'intera comunità internazionale, alla luce dell'imminente ritiro delle truppe dall'Afghanistan. Non stupisce, quindi, in questo contesto che alcuni settori degli apparati militari e di sicurezza di Islamabad stiano cercando di intralciare con ogni mezzo possibile il processo che sembra escludere il Pakistan dalla determinazione dei futuri equilibri afgani. Comunque, il fulcro del decadimento dei rapporti insiste sulla percepita mancanza Pag. 40di volontà da parte delle forze pakistane di interdire a vari segmenti dell'insurrezione afgana l'utilizzo di spazi non governati del territorio pakistano, in primis nelle aree tribali ad amministrazione federale, al confine tra i due Paesi, dalle quali questi ultimi sferrano micidiali attacchi contro le forze di sicurezza afgane e ISAF.
Ciononostante è interesse prioritario di ambedue gli Stati quello di fare in modo che il rapporto non precipiti definitivamente, visto che a Washington, dopo il 2014, farà ancora comodo ricevere quella minima forma di cooperazione e di intelligence dal Pakistan che consente ai droni ad esempio di pattugliare le aree tribali e ad Islamabad l'appoggio americano per questioni di solvenza finanziaria e capacità militare. In un'ottica di disimpegno dell'Afghanistan, dunque, la cooperazione con il Pakistan è senza dubbio cruciale, specie nella ricerca di un compromesso politico con gli insorti entro il 2014, data - lo ricordo e lo sottolineo - in cui le forze da combattimento della NATO saranno fuori dal Paese afgano.
Questo è il delicato quadro geopolitico e militare dunque in cui si inserisce la ratifica del Memorandum oggi alla nostra attenzione. L'Italia, tra l'altro, è uno dei pochi Paesi a mantenere rapporti costruttivi con il Pakistan proprio nella prospettiva di rinsaldarli e svilupparli. Sappiamo bene che il Pakistan è un grande Paese, ma con evidenti difficoltà, fortemente collegato e condizionato dalle vicende afgane. Il Memorandum al nostro esame mira anche ad indurre positivi effetti indiretti in alcuni settori produttivi e commerciali dei due Paesi e ad avere una positiva azione stabilizzatrice di una regione dal valore strategico assoluto e di evidente valenza politica, considerati gli interessi nazionali e gli impegni assunti in ambito internazionale nella regione asiatica. Tra l'altro, il citato accordo, relativamente agli articoli 3 e 4, individua i settori e le modalità della cooperazione nel settore della difesa, allo scopo di sviluppare la cooperazione bilaterale tra le rispettive Forze armate, di consolidare le rispettive capacità difensive e di migliorare la comprensione reciproca sulle questioni della sicurezza. Per quanto riguarda l'articolo 5, il quale richiama la nostra legislazione nazionale in materia di controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, confortati anche dal parere della IV Commissione - è già stato detto e lo ricordo - il Memorandum non può considerarsi quale intesa intergovernativa ai sensi della legge n. 185 del 1990, perché si tratta di un Accordo di natura generale e astratta, a differenza delle intese intergovernative, che invece devono avere un contenuto concreto e circoscritto. Tuttavia, non credo che questo potrà impedire, da parte del gruppo dell'Italia dei Valori, di esprimere un voto favorevole alla ratifica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rainieri. Ne ha facoltà.

FABIO RAINIERI. Signor Presidente, l'Accordo in esame va considerato in tutta la sua delicatezza, che un partner come Islamabad richiede, soprattutto se si parla di strumenti per la difesa, e dunque in mano a dei militari. Si tratta di un Corpo che in Pakistan non è limitato alle funzioni difensive, ma che gioca un ruolo politico e influenza le questioni istituzionali e politiche.
L'esercito pakistano, forte e ben armato, rappresenta, tuttavia, nel contesto locale, una garanzia di laicità e di chiarezza, e come tale è stato ed è un interlocutore per l'Occidente. È dunque legittimo e comprensibile un Accordo di questo tenore, che individua nelle rispettive Forze armate un veicolo di dialogo e di confronto sulle rispettive politiche, nonché sugli strumenti e sulle capacità di difesa nazionale.
Si potrà lavorare sulla reciproca formazione e scambiare esperienze anche sulle operazioni di peacekeeping, ma anche arrivare ad iniziative dal risvolto economico e commerciale afferenti ai sistemi e agli strumenti di difesa, coinvolgendo anche le industrie e le società private. Resta, comunque, un Trattato di portata generale e di fissazione di un quadro di riferimento, senza alcun impegno specifico riguardante i materiali di armamento. Pag. 41
Auspico un'approvazione del provvedimento motivata anche dall'area del tutto particolare nella quale il Pakistan gioca un ruolo determinante. Quindi, come movimento della Lega Nord Padania, noi daremo un voto positivo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il Memorandum d'intesa fra Italia e Pakistan sulla cooperazione nel settore della difesa, che è all'esame dell'Aula per la ratifica, è stato firmato a Roma il 30 settembre 2009 e rappresenta uno strumento fondamentale per fornire la cornice giuridica necessaria alla cooperazione militare tra i due Paesi.
Esso è conforme all'articolo 11 della Costituzione ed è fondamentale per aiutare il Pakistan ad implementare le sue strutture di partecipazione alle missioni umanitarie di peacekeeping. Infatti, è noto a tutti l'impegno che il Pakistan sta profondendo nella lotta al terrorismo al fianco delle potenze occidentali e il ruolo che esso gioco per la stabilizzazione dell'Afghanistan, dalle cui terre si registrano ancora 1,7 milioni di rifugiati presenti sul suolo pakistano, mentre il Presidente afgano Karzai dice «siamo due Paesi gemelli» e i generali pakistani, in riferimento ai territori confinanti, affermano «siamo una cosa sola».
Il relatore ha documentato ampiamente, tra l'altro, l'articolato di questo Memorandum. Vorrei aggiungere che la cooperazione in materia di difesa potrà aiutare il percorso di riavvicinamento dei rapporti tra il Pakistan e gli Stati Uniti, unendo gli sforzi per sconfiggere Al Qaeda e stabilizzare l'Afghanistan.
In tutto ciò è importante procedere alla costruzione di un rapporto duraturo tra il Pakistan e le forze occidentali, e la cooperazione militare ne rappresenta una buona premessa. Vi è da segnalare la riapertura del percorso verso l'Afghanistan attraverso il Pakistan per le forniture al contingente NATO, chiuso precedentemente in seguito all'attacco nel novembre 2011 da parte di aerei da combattimento della NATO, che ha provocato la morte di 24 soldati pakistani al confine afgano. Però, tale riapertura del passaggio per le forniture della NATO ha determinato un aumento del già consistente livello di violenza nel Paese, venendo a creare una situazione problematica, che ha raggiunto vaste dimensioni in seguito all'offensiva di primavera «al-Farouq», portata avanti dai talebani e iniziata il 3 maggio 2012, con obiettivo varie zone dell'Afghanistan.
Quindi, oggi il Pakistan si trova nella situazione di fornire supporto strategico alla missione di pace in Afghanistan, un ruolo che sarà sempre più importante e destinato a cambiare con il progressivo ritiro delle forze multilaterali della missione ISAF da quell'area del mondo, contribuendo alla stabilità regionale e alla lotta all'estremismo religioso che degenera in terrore.
Del resto, l'esercito pakistano ha svolto un ruolo importante nella lotta al terrorismo internazionale e ha un ruolo importante per la stabilità e la coesione nazionale, in un Paese che sta muovendo importanti passi sulla strada della democrazia, in un contesto regionale caratterizzato dalle tante «primavere» e da un mondo che cerca di liberarsi dalle dittature. Per questa ragione il know how italiano è prezioso per aiutare il percorso di questo Paese che, tuttavia, fa parte del club delle potenze atomiche mondiali, questo non possiamo dimenticarlo.
Voglio ricordare, in questa occasione, l'incontro che abbiamo avuto il 5 giugno scorso in Commissione affari esteri con la delegazione pakistana della Scuola nazionale di politica pubblica, in cui si è detto, con grande convinzione, che l'intesa tra la Scuola amministrativa pakistana e la Scuola superiore della pubblica amministrazione italiana sarà certamente utile ai due Paesi. In tale occasione ho poi evidenziato che la Commissione affari esteri del Parlamento italiano, in seguito ad una missione ad Islamabad, riteneva opportuno ampliare l'assistenza al Pakistan al campo educativo. Sono convinto, infatti, Pag. 42che l'impegno del Pakistan nel dotarsi di una più efficiente e trasparente amministrazione pubblica, capace di accompagnare lo sviluppo sociale del Paese, sia un buon auspicio anche per l'implementazione della cooperazione nel campo della Difesa, fornendo all'esercito quel know how necessario al governo della sicurezza di un Paese democratico e moderno, in cui convivono differenze da tutelare, nel rispetto dei diritti umani e della democrazia. L'addestramento e la formazione dei militari in questo risulta essere fondamentale e speriamo sia di aiuto al processo di democratizzazione piena del Paese.
Ragioni sufficienti, signor Presidente, per ratificare il Memorandum, in linea con la tradizione di impegno per la pace sullo scenario globale che appartiene al nostro Paese (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5180-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Stefani, non intende replicare.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, ringrazio moltissimo sia il relatore, sia gli intervenuti.
Firmando questo Memorandum di cooperazione nel settore della difesa nel 2009 il Governo è stato mosso esattamente dall'obiettivo di conseguire una stabilità strategica in un'area così delicata per la sicurezza internazionale e, più in generale, dalle motivazioni di sicurezza ricordate in tutti vostri interventi. Quindi, vi ringrazio.
Aggiungo che, naturalmente, con gli impegni contenuti in questo Memorandum non verrà certo meno, anzi si rafforzerà, l'azione del Governo nel campo della difesa dei diritti civili e delle minoranze di cui è emblematica la vicenda che lei ricordava, presidente Stefani, della bambina cristiana Rimsha Masih.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sul partenariato e la cooperazione di lungo periodo tra la Repubblica italiana e la Repubblica islamica dell'Afghanistan, fatto a Roma il 26 gennaio 2012 (A.C. 5193) (ore 18,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sul partenariato e la cooperazione di lungo periodo tra la Repubblica italiana e la Repubblica islamica dell'Afghanistan, fatto a Roma il 26 gennaio 2012.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5193)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, Presidente della Commissione affari esteri, onorevole Stefani, ha facoltà di svolgere la relazione.

STEFANO STEFANI, Relatore. Signor Presidente, l'Accordo al nostro esame mira a promuovere lo sviluppo di un partenariato di lungo periodo fra l'Italia e l'Afghanistan, nel quadro della futura enduring partnership con l'Alleanza atlantica e dell'Accordo di cooperazione con l'Unione europea. L'intesa costituisce una condition unitaria entro la quale verranno ricondotti i vari filoni di collaborazione italo-afghana attualmente esistenti o da rafforzare, dal dialogo politico alla difesa e alla sicurezza, alla cooperazione allo sviluppo, alla collaborazione economica, alla lotta ai narcotici e agli aspetti culturali. Pag. 43
Osservo che l'Accordo all'articolo 1 auspica il rafforzamento della presenza diplomatica e civile del nostro Paese ad Herat e richiama il ruolo chiave svolto dalla cooperazione regionale per la stabilità e lo sviluppo dell'Afghanistan, definendo al contempo i settori prioritari sui quali si concentrerà la cooperazione italiana.
L'articolo 2 è focalizzato sull'impegno italiano per lo sviluppo dell'Afghanistan, che si concentra soprattutto sulla promozione del buongoverno, sul rispetto dei diritti umani, sulla partecipazione delle donne alla vita politica e sociale, sulla lotta al traffico di stupefacenti, in contrasto alla corruzione ed all'illegalità. L'articolo fa riferimento ad un importo di 570 milioni di euro, che rappresenta tuttavia, come precisato nella relazione tecnica allegata al disegno di legge, una mera indicazione della dimensione complessiva dell'impegno italiano a favore della ricostruzione e dello sviluppo dell'Afghanistan attraverso finanziamenti già deliberati dal Ministero degli affari esteri. Anche il credito di aiuto di 150 milioni verrà finanziato attraverso lo strumento del fondo rotativo, acceso presso l'Artigiancassa ai sensi della legge sulla cooperazione allo sviluppo.
Sottolineo che, sempre in base all'articolo 2, il Governo afghano si impegna ad un'efficace e trasparente allocazione delle risorse internazionali, ad una loro gestione responsabile ed a una maggiore capacità di assorbimento in ottica del risultato. Per garantire un efficace monitoraggio di questi impegni bilaterali, si prevede lo svolgimento di consultazioni annuali italo-afghane e tra il Ministero delle finanze di Kabul e il Ministero degli affari esteri italiano.
L'articolo 3, dedicato alle questioni strategico-militari, sancisce l'impegno italiano a sostegno delle forze nazionali di sicurezza afgane e si attuerà attraverso il canale ISAF ed Eupol nel settore della formazione e dell'addestramento.
L'articolo 4 è dedicato al contrasto alla coltivazione, produzione, lavorazione, traffico e consumo di stupefacenti ed in materia di polizia, rinviando all'Accordo di settore, firmato a Roma il 2 giugno scorso, oggetto di uno specifico disegno di legge di ratifica attualmente all'esame di diversi Ministeri competenti. Richiama, inoltre, l'esigenza di una stretta collaborazione bilaterale in raccordo con l'Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta al crimine ed agli stupefacenti.
L'articolo 5 disciplina la cooperazione in campo economico sulla base dell'esigenza di promuovere scambi di esperienze e formazioni basate sul modello italiano dei distretti industriali e delle piccole e medie imprese, richiamando lo specifico Memorandum di intesa italo-afghano del 12 aprile 2011, già entrato in vigore.
L'articolo 6 impegna le Parti a sviluppare la cooperazione in materia di cultura e mezzi di informazione, richiamando contestualmente l'impegno italiano, previa disponibilità di fondi, ad erogare 200 mensilità di borse di studio per corsi di formazione in Italia agli studenti afghani.
Stante la sua natura politica e programmatica, l'Accordo in oggetto non produce impegni diretti per le amministrazioni pubbliche coinvolte, né è fonte ulteriore di oneri per la finanza pubblica.
Per quanto riguarda il nostro contingente, si delinea senza clamore, come hanno notato altri commentatori, una exit strategy. Nelle scorse settimane il contingente italiano, infatti, ha ceduto alle forze armate afghane la base Ice, mentre è stata smantellata quella denominata Snow. La presenza italiana dovrebbe scendere, dagli attuali 4 mila effettivi, a poco meno di 3.500 in ottobre, anche se soltanto alla fine di quest'anno, come ha affermato nell'aprile scorso il Ministero della difesa, l'Italia valuterà, in coordinamento con gli alleati, il programma del ritiro dall'Afghanistan dei nostri militari impegnati in compiti operativi.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Stefani.

STEFANO STEFANI, Relatore. Credo che, in occasione del dibattito sul decreto-legge di finanziamento delle missioni internazionali, il Parlamento dovrà tornare Pag. 44ad occuparsi della tempistica della nostra exit strategy dall'Afghanistan, poiché da un lato stanno emergendo precise scelte di ridimensionamento della presenza in Afghanistan di alcuni nostri alleati - come la Francia, che punta a ritirare, entro dicembre 2012, 3.500 militari - e dall'altro lato c'è il vertice NATO di Chicago che sembra aver fatto sufficiente chiarezza sui tempi e modi della riduzione progressiva da qui al 2014 dei contingenti militari.
Quello stesso vertice ha confermato che, una volta terminata l'attuale configurazione della missione ISAF, il ruolo della NATO dovrebbe evolversi, attraverso una nuova missione, verso compiti di formazione, consulenza e supporto. Il costo di questa operazione è già individuato in 4.100 milioni di dollari annui, per un decennio, e al nostro Paese è stato chiesto di contribuire con un impegno complessivo pari a ulteriori 120 milioni annui. Il quadro economico e sociale dell'Afghanistan resta infatti ancora oggi disperato: il Paese è tra i più poveri del mondo, con tragiche disuguaglianze sociali, gravissime violazioni dei diritti umani, istituzioni ancora fragili ed inadeguate. Il traffico di oppiacei costituisce il 9 per cento del prodotto interno lordo e vale da solo 1,4 miliardi di dollari, permangono gravi insufficienze sotto il profilo sanitario e la corruzione registra tassi tra i più alti al mondo. Ciò conferma la necessità di proseguire l'intervento internazionale di assistenza al Paese per giungere, in un futuro non troppo lontano, ad uno sviluppo autonomo. In questo senso l'Accordo sembra andare nella giusta direzione, purché la transizione della gestione della sicurezza delle forze si concluda nei tempi stabiliti.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, il Vertice NATO di Lisbona del novembre 2010 aveva stabilito le linee strategiche per la transizione in Afghanistan. A Chicago, nel maggio scorso, la NATO ha confermato, con le parole del Presidente Obama, la strategia di transizione della NATO per mettere fine alla guerra entro il 2014. Il presidente Karzai, da parte sua, ha ribadito l'impegno del suo Paese per arrivare all'autosufficienza delle responsabilità della sicurezza in mani afghane entro la fine del 2014. Per così dire, la tabella di marcia prevede che, a partire dalla metà del 2013, le truppe dell'alleanza cessino di combattere e restino sul territorio con funzioni prevalentemente di supporto alle forze afghane che dovranno essere invece operative. Come sappiamo, il contingente statunitense è il più numeroso. Nel 2011 sono stati, però, rimpatriati 10 mila soldati statunitensi, nel corso del 2012 ne rientreranno 23 mila e dopo il 2012 resteranno in Afghanistan circa 72 mila militari statunitensi.
Dopo il surge di Petraeus del 2009 e 2010, che aveva visto il raddoppio del contingente militare statunitense, i responsabili militari americani si sono convinti che non è possibile sconfiggere militarmente la guerriglia afghana. Di fatto si rivela ancora una volta vera l'affermazione di Kissinger, il quale diceva: alla guerriglia è sufficiente resistere per vincere. A maggior ragione in Afghanistan, dove non hanno, per così dire, vinto, e si sono dovuti ritirare, i russi e, ancor prima, gli inglesi. Dunque questa war of necessity per la NATO dovrà essere per prima cosa non persa e in questo senso dovrà garantire dapprima una progressiva riduzione dei contingenti militari degli Stati Uniti, di Gran Bretagna, Germania, Italia e Francia, in modo tale che non si generi un vuoto di sicurezza.
Già il relatore ha particolarmente evidenziato la strategia di uscita italiana dal contesto afgano. Come dicevo, per quanto riguarda la strategia NATO, anche perché le opinioni pubbliche sono per la maggior parte contrarie - sappiamo, ad esempio, che negli Stati Uniti è contrario il 67 per cento dei cittadini - e quindi è necessario, contemporaneamente, raggiungere una soluzione politica. In tal senso la continuazione della pressione militare, secondo Pag. 45alcuni osservatori, può contribuire ad indurre gli insorti, o una parte di essi, a valutare la possibilità di deporre le armi e collaborare con le istituzioni afgane. È pur vero che recenti episodi o situazioni si sono incaricati di rendere problematico questo percorso politico, ne cito alcuni: il 17 agosto scorso, in occasione della fine del Ramadan, il Mullah Omar ha affermato che la guerra santa dovrà continuare; il 19 agosto, la festa dell'indipendenza dell'Afghanistan è stata festeggiata in un clima di tensione e preoccupazione in una Kabul deserta e presidiata; ancora, il 21 agosto vi è stato un segnale estremamente preoccupante con un razzo che ha centrato l'aereo del Capo di Stato maggiore degli Stati Uniti d'America, generale Dempsey, in visita alle truppe statunitensi. Sono questi episodi che danno la misura del clima, della tensione e della determinazione degli insorgenti, ma al tempo stesso una attività finalizzata all'azione politica e alla conseguente soluzione è iniziata e sta proseguendo con i colloqui USA insieme ai rappresentanti di alcuni movimenti talebani. Si è trattato di individuare gli interlocutori più credibili e le difficoltà non sono di poco conto. In tutto questo contesto è fondamentale avere anche un'interlocuzione e un assenso con il Governo di Islamabad per indurlo ad appoggiare una soluzione negoziata del conflitto afgano ed avere una collaborazione per far sì che impedisca o non faciliti che gli insorti afgani trovino rifugio in territorio pakistano. Le trattative si svolgono sotto gli auspici del Qatar ed ancora una volta è da rimarcare l'attivismo di questo Paese del Golfo. Proprio perché il Presidente Obama sa, e con lui lo sa la NATO, che in Afghanistan non è possibile conseguire una vittoria, ma sa anche, e con lui lo sa la NATO, che non ci si può permettere una sconfitta, oltre alla ricerca della soluzione politica, lo scorso 2 maggio, Obama stesso ha firmato con Karzai un accordo bilaterale di partnership strategica a lungo periodo. In base a questo accordo gli Stati Uniti dopo il ritiro del 2014 si impegnano a rimanere in Afghanistan per almeno un decennio con l'offerta di sostegno nei tre settori dell'addestramento, della ricostruzione e dello sviluppo delle istituzioni democratiche, con un impegno, come ha ricordato il relatore, il presidente Stefani, ipotizzato intorno ai 4 miliardi di dollari statunitensi all'anno.
L'Italia, da questo punto di vista, aveva anticipato questo tipo di partenariato di lungo periodo con l'Accordo del 26 gennaio 2012 che, appunto, è al nostro esame, un Accordo nel quadro della futura Enduring Partnership con la NATO e dell'accordo di cooperazione con l'Unione europea. È un Accordo che non reca nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato in quanto costituisce la cornice programmatica e giuridica di impegni bilaterali già deliberati o che fanno parte di ordinari stanziamenti già previsti. Il contenuto dell'Accordo fa riferimento alla continuazione del dialogo politico, alla promozione della difesa e della sicurezza, alla cooperazione allo sviluppo, alla collaborazione economica, alla lotta ai narcotici oltre alla promozione degli aspetti culturali. Si tratta dunque di un Accordo che può contribuire a sviluppare i rapporti tra i due Paesi e sul fronte afgano a sviluppare la realtà economica e sociale di quel Paese in particolare per quanto attiene le condizioni delle donne, dell'infanzia e delle modalità della giustizia.
Nel concludere, voglio ricordare in particolare l'articolo 2 di questo provvedimento, che si concentra soprattutto sulla promozione del buon governo, sul rispetto dei diritti umani, sulla partecipazione delle donne alla vita politica e sociale, sulla lotta al traffico di stupefacenti e sul contrasto alla corruzione e alla illegalità.
Ricordo che il Governo avrebbe voluto approvare questo provvedimento prima della Conferenza di Tokyo dei Paesi donatori dell'Afghanistan che si è tenuta l'8 luglio 2012. Ciò non è stato possibile, ma l'Italia è comunque riuscita nel perseguimento di un risultato fortemente voluto, in particolare da questo Parlamento. È stata introdotta la clausola che impegna Kabul alla protezione dei diritti umani, in particolare i diritti di donne e bambini, una Pag. 46modifica rispetto alla bozza sostenuta, insieme all'Italia, soprattutto dal Segretario di Stato statunitense Hillary Clinton, dall'Unione europea e dal Canada. Nella bozza iniziale le donne erano citate con la formula troppo generica di «diritti umani, comprensivi di quelli delle donne». Il sottosegretario agli affari esteri Staffan de Mistura ha riferito del colloquio avuto con il Segretario di Stato Usa che ha portato in seguito a fissare degli impegni che Kabul deve dimostrare di rispettare.
Ora, nella dichiarazione finale, si afferma l'importanza che l'Afghanistan abbia forze di sicurezza nazionale che proteggano, tra l'altro, la popolazione civile, in particolare donne e bambini. È affermato il principio della parità tra uomini e donne, fatto proprio dalla costituzione afgana. In aggiunta, ci sono anche gli strumenti per una verifica immediata sulla condizioni delle donne contenute nell'annex alla dichiarazione, «Tokio framework». L'Afghanistan dovrà dimostrare miglioramenti sul fronte della eliminazione della violenza e il rafforzamento normativo del piano nazionale di azione per le donne su base annua. In base a parametri e a indicatori e sulla base dei risultati verranno i decisi finanziamenti.
Infine, voglio sottolineare che l'articolo 3 è dedicato alle questioni strategico militari e che esso sancisce l'impegno italiano a sostegno delle forze nazionali di sicurezza afgane che si attuerà attraverso il canale ISAF ed Eupol nei settori della formazione e dell'addestramento.
Si tratta di elementi qualificanti dell'accordo di lungo periodo con il quale l'Italia vuole contribuire allo sviluppo di questo martoriato Paese che è l'Afghanistan.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, anche questo, come i precedenti argomenti oggi alla nostra attenzione, è un tema rilevante. Stiamo parlando sempre di situazioni molto complesse, di realtà molto complesse e delicate: la Cina, la Mongolia, il Pakistan e ora stiamo parlando dell'Afghanistan e della ratifica di un accordo sul partenariato e la cooperazione di lungo periodo con questo martoriato Paese.
Ricordo che nell'ambito delle comunicazioni del Governo sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali svolte dai Ministri degli esteri e della difesa nella seduta delle Commissioni riunite esteri e difesa di Camera e Senato del 18 gennaio di quest'anno, proprio pochi giorni prima la sottoscrizione dell'accordo che oggi è alla nostra attenzione, il Ministro degli esteri Giulio Terzi, in riferimento al quadro afgano, aveva evidenziato, tra l'altro, che per il futuro l'Italia intendeva continuare nel consolidamento delle amministrazioni afgane, nella formazione, nello sviluppo economico, e nella promozione dei diritti delle donne e bambini, anticipando, di fatto, la definizione di un accordo bilaterale di partenariato, quale è quello di cui oggi ci stiamo occupando.
L'accordo, sottoscritto tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica islamica dell'Afghanistan, è stato siglato a Roma il 26 gennaio di quest'anno e mira a promuovere lo sviluppo di un significativo partenariato, per il cui tramite realizzare il rafforzamento delle relazioni bilaterali anche nel contesto delle future relazioni del Paese asiatico con le organizzazioni internazionali di cui l'Italia è parte, quali la futura Enduring Partnership con la NATO e il futuro accordo di cooperazione sul partenariato e lo sviluppo con l'Unione europea.
L'Accordo, stando al merito, rappresenta in effetti una cornice unitaria rispetto ai vari filoni di collaborazione già esistenti. Esso, infatti, richiama l'accordo quadro di cooperazione del 2010 e l'accordo di cooperazione per la prevenzione e il contrasto al traffico illecito di stupefacenti del 2011, il cui disegno di ratifica è attualmente in fase di concertazione interministeriale. Il provvedimento che, però, oggi è al nostro esame è senza dubbio importante e consentirà di approfondire la collaborazione politica bilaterale e di svolgere consultazioni annuali a Pag. 47livello di alti funzionari dei due Ministeri degli affari esteri, come previsto dal memorandum d'intesa firmato a Roma dai due Ministri nel giugno dell'anno scorso, nonché di rafforzare la presenza diplomatica e civile dell'Italia a Herat, richiamando il ruolo chiave che la cooperazione regionale riveste per la stabilità e lo sviluppo dell'Afghanistan. L'Accordo è incentrato anche sull'impegno italiano in favore dello sviluppo di quel Paese e volto a sostenere il Governo afgano per la promozione di pratiche di buon Governo, di rispetto dei diritti umani, di sostegno al ruolo e alla partecipazione delle donne in ogni settore di attività pubblica (come hanno ricordato coloro che mi hanno preceduto), di rafforzamento della protezione dei minori e di lotta contro la droga, la corruzione e l'illegalità, nonché di impegno per la trasparenza e la regolarità delle elezioni. Come si fa a non essere d'accordo su questi punti? Inoltre, è previsto che, affinché la cooperazione civile italiana possa realizzare progressi, il Governo afgano dovrà garantire un efficace e trasparente allocazione delle risorse internazionali e una loro gestione responsabile, tenendo ben chiaro il riferimento all'accordo quadro bilaterale per la cooperazione e lo sviluppo chiamato a regolare l'attuazione dei principi e degli interventi menzionati. Nell'articolo 2 di questo accordo, ad esempio, vengono espressamente segnalati i settori prioritari su cui si concentrerà principalmente la cooperazione italiana, ovvero: sviluppo economico ed agricolo, con particolare riferimento alle colture alternative, come quella dello zafferano, in funzione antioppio, naturalmente; rafforzamento dello Stato di diritto; infrastrutture e risorse naturali; sostegno alla sanità e aiuto umanitario.
Per assicurare la sostenibilità e l'efficacia degli interventi l'Italia continuerà a erogare il proprio aiuto principalmente attraverso il bilancio dell'Afghanistan, sostenendo i programmi prioritari nazionali in linea con la strategia afgana per lo sviluppo e con le conclusioni della conferenza di Kabul del luglio 2010. Insomma, nel merito del provvedimento non si può che sostenerne l'impegno e la portata, ma sarà importante ribadire, con una sorta di condizionalità, che le risorse finanziarie messe a disposizione per i progetti di sviluppo diverranno concretamente disponibili solo a fronte di concreti miglioramenti in termini di tutela dei diritti umani, con particolare riguardo proprio ai diritti delle donne. D'altra parte, anche la recente conferenza di Tokyo sull'Afghanistan dello scorso 8 luglio, con il suo documento conclusivo, ha introdotto in termini netti la verifica dei progressi compiuti da Kabul in tutti i settori della partnership quale precondizione per l'erogazione degli aiuti successivi. Nel corso del vertice NATO di Chicago del 20 e 21 maggio - che ho già ricordato - erano anche state formulate alcune promesse di contributo nei seguenti termini: 2 mila 300 milioni di dollari da parte degli Stati Uniti, 110 milioni di dollari da parte della Gran Bretagna, 100 dall'Australia e 20 dalla Turchia. L'Italia aveva assunto un impegno complessivo di 360 milioni di euro nel triennio 2015-2016-2017, la Germania di 150 milioni di euro, mentre l'Austria e l'Olanda di 18 milioni di euro ciascuno e il Belgio di 12. La Francia non aveva dato indicazioni, ma, secondo indiscrezioni, gli Stati Uniti hanno fatto intendere di aspettarsi un contributo intorno ai 200 milioni di euro, considerato il risparmio di Parigi per il ritiro anticipato dei suoi 3.400 soldati già entro la fine di quest'anno. Allora il punto e l'inciso che vorrei fare è relativo proprio a quest'ultima affermazione, perché rafforza ancora di più l'esigenza di una riflessione sui tempi della ridefinizione della nostra presenza militare in Afghanistan proprio alla luce delle dichiarazioni del Presidente francese Hollande. Il vertice NATO di Chicago ha confermato il completamento del ritiro delle truppe della missione ISAF entro il 30 dicembre 2014, quando sarà concluso il graduale trasferimento in corso delle responsabilità per la sicurezza del Paese dalle truppe ISAF, appunto, alle forze di sicurezza afgane. Inoltre, gli alleati si sono impegnati a proseguire il loro sostegno all'Afghanistan nella marcia verso la sua Pag. 48autonomia in materia di sicurezza e verso una migliore governance ed uno sviluppo economico e sociale.
In tal senso, anche l'articolo 3 dell'accordo in esame, ai commi 1 e 2, fa esplicito e consolidato riferimento alla data del 2014. Chiedo, domando e in base alla risposta che verrà ovviamente il gruppo dell'Italia dei Valori valuterà il tipo di posizione da assumere e il voto da concedere: perché il nostro Governo continua a non ritenere possibile un ripensamento, attraverso l'adozione di un atteggiamento meno scontato, rigido, acquisito agli atti, di un ritiro anticipato anche del nostro contingente?

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rainieri. Ne ha facoltà.

FABIO RAINIERI. Signor Presidente, l'accordo di partenariato con l'Afghanistan è stato il primo siglato dal nuovo corso dell'Afghanistan post bellico con un Paese europeo. Proprio da qui è partito nel gennaio scorso il tour di Karzai tra le capitali europee che poi lo ha portato a siglare analoghe intese anche a Parigi e a Londra.
È un accordo, anzi è una serie di accordi, che simbolicamente intende segnalare la svolta del teatro afgano da teatro di guerra a Paese che vuole ripartire (questo dal punto di vista di Kabul, naturalmente). Da parte nostra, il messaggio è altrettanto chiaro: il rapporto con l'Afghanistan non si esaurisce con l'intervento militare, e ora con il ritiro delle forze armate, ma si pongono le basi per una partnership di lungo periodo e a 360 gradi.
L'accordo statuisce un reciproco impegno al dialogo politico e alla cooperazione sui temi della sicurezza, ma anche a una collaborazione economica e alla lotta soprattutto al narcotraffico. Proprio in occasione della sigla a Roma di questo accordo il presidente Karzai ha esplicitamente invitato il nostro Paese ad andare, a trarre e portare benefici in Afghanistan, soprattutto con lo sfruttamento delle risorse minerarie.
Correttamente il disegno di legge di ratifica dell'accordo prevede un rafforzamento della presenza istituzionale del nostro Paese in Afghanistan e ne delinea anche i principali settori di azione: la promozione del buon Governo, il rispetto dei diritti umani (molto carenti in quel Paese), la partecipazione delle donne alla vita politica e sociale, la lotta - come dicevo prima - al traffico degli stupefacenti e il contrasto alla corruzione e all'illegalità.
In base all'accordo, il nostro Paese si impegna a uno stanziamento - che intendiamo come massimo - di 570 milioni in favore della ricostruzione dello sviluppo del Paese, a cui si aggiungono altri centocinquanta milioni in crediti di aiuto. Per noi l'Accordo sarà votato e sostenuto perché la direzione che vogliamo intraprendere è quella della ricostruzione e della fine dell'intervento militare sul quale, tuttavia, non abbiamo ancora al momento certezze, né sulle modalità, né sui tempi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, sono ultimo quindi cercherò di parlare molto poco, anche perché credo non ci sia alcuna ragione di maratone oratorie. La vera discussione noi la dobbiamo mettere in calendario per la fine dell'anno, quando verremo chiamati a votare per gli adempimenti relativi alle missioni internazionali.
Io penso che dobbiamo ormai prendere atto che dobbiamo accelerare l'exit strategy dall'Afghanistan e dobbiamo anche prendere atto, in questo senso, del fatto che il Governo si sta comportando con senso dell'opportunità e con molto realismo.
Se mi si dovesse chiedere se è meglio un'iniziativa che acceleri un processo di fuoriuscita dall'Afghanistan e ciò avviene senza le fanfare, senza gli annunci, senza l'idea che, facendo così, si può vellicare qualcuno o qualcosa, io metto la firma, nel senso che l'obiettivo che noi dobbiamo raggiungere richiede le forme che mi pare il Governo ha avviato, e nell'intervento del relatore vi era un richiamo su questo Pag. 49punto. La linea che il Governo sta adottando è giusta, ossia quella di liberarci al più presto della presenza militare italiana in Afghanistan, la quale è stata una presenza dignitosa e onorevole; ha saputo tenere il punto nel contesto di un'iniziativa disgraziata che non produrrà nulla di positivo e alla quale noi continuiamo a mettere pezze su pezze ma in una certa condizione nei confronti della quale, è bene che ci intendiamo tutti, anche per ragioni che riguardano i nostri conti pubblici, ma anche per ragioni che riguardano la serietà più generale della vicenda, noi dobbiamo - lo ripeto - avere questo atteggiamento: nessuna fanfara ma fatti, riducendo rapidamente questa presenza e uscendo dal pantano afgano.
Naturalmente poi ci sono questi atti che vanno benissimo. Certo, quando leggo che noi ci impegniamo con il Governo afgano per la lotta alla corruzione e poi non riusciamo a produrre una legge, ad approvare il disegno di legge sulla corruzione in Italia, questo mi fa dire come l'esercizio un po' spericolato delle parole ci porta al solito punto, cioè a cose che non conducono molto lontano. Detto questo, con tutti i limiti di queste intese, che hanno come premessa indispensabile che rapidamente si esca dalla situazione afghana dal punto di vista militare, poi avremo modo di discutere se le nostre priorità, se il nostro futuro in quell'area non debba essere comunque ripensato prima di continuare in un impegno molto oneroso.
Quindi, dovremo discutere e ci sarà la sede del rinnovo del decreto cosiddetto missioni per farlo. Noi, in questo caso, prendiamo atto di questo testo. Si tratta di una cornice e va bene così, ne produciamo tante, una cornice in più o in meno non cambia niente. Tuttavia, forse questo Parlamento un punto di riflessione un po' più serio e un po' più definito su una lunga stagione politica e diplomatica, non tanto nostra quanto anzitutto degli Stati Uniti e dei suoi alleati, dovrà a un certo momento trovarlo.
Credo che lo dobbiamo fare tenendo conto di un'urgenza, che è l'urgenza di uscire da questa situazione. Credo che, come Partito Democratico, dobbiamo sostenere tutte le azioni del Governo e dell'amministrazione pubblica che vanno nella direzione di accelerare - lo ripeto - senza clamori, ma di accelerare questo processo di fuoriuscita militare per poi affrontare con realismo, con senso di responsabilità e senza pensare di impegnarci in una sorta di nuova missione top del nostro Paese in Afghanistan. Ridimensionando obiettivi, compiti e quant'altro, penso che avremo modo, entro la fine dell'anno, di tornare sull'argomento e produrre qualche significativo e ulteriore passo avanti nella realizzazione che io auspico (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5193)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Stefani, rinuncia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, mi dispiace che per ragioni di tempo non abbiamo veramente la possibilità di andare più a fondo in una discussione che è molto importante.
Vorrei ringraziarvi per gli elementi di valutazione che avete dato. L'accordo di partenariato e di cooperazione di lungo periodo con l'Afghanistan che il Presidente Monti ha firmato con il presidente Karzai lo scorso 26 gennaio è un accordo quadro che aiuterà l'Italia a sviluppare rapporti bilaterali con l'Afghanistan in quello che si presenta come un decennio di trasformazione (così è stato definito). Da questo punto di vista, come sapete, il 2012 è stato un anno molto importante, di fatto di riconfigurazione della presenza internazionale Pag. 50in Afghanistan, di grandi decisioni sui due volet, quello militare, quello civile ed economico.
Sul volet militare sapete che il vertice di Chicago ha preso decisioni in cui si inserisce anche la politica dell'Italia. La decisione è chiaramente quella di prefigurare un exit strategy. La decisione è che, nel 2014, lo sforzo principale della presenza internazionale residua sarà quello di contribuire alla formazione delle forze di sicurezza afgane, che avranno la responsabilità principale in tutti i settori già dalla metà del 2013. Quindi, il tema è questo. Credo che si possa dire che lo sforzo principale dell'Italia, che ha ancora in Afghanistan circa 4 mila soldati, è di non sprecare il grande sacrificio compiuto negli ultimi anni.
Ricordiamo ancora una volta che in Afghanistan abbiamo perso 51 giovani soldati. È stato un sacrificio che per un Paese come il nostro è molto importante. Credo che la Camera debba sempre riconoscerlo e, quindi, la grande riflessione aperta sulle modalità del ritiro militare sono legate anche a questo, cioè a come attuare un progressivo disimpegno nel modo migliore possibile, ovvero in modo da non vanificare gli sforzi già compiuti e in modo da far sì che le forze di sicurezza afgane riescano ad assumere la responsabilità della propria sicurezza. Da questo punto di vista, credo sia vero che le decisioni relative alla riconfigurazione ulteriore vadano prese nel decreto-legge missioni del 2013. Quindi, sono d'accordo su questo.
In secondo luogo, molto brevemente sul volet socio-economico, l'accordo di partenariato e di cooperazione contiene una serie di impegni in questo campo, perché, come avete detto, giustamente riassume in effetti una serie di accordi già sottoscritti, ma quello che è importante è che l'insieme di questi accordi sono presi tutti nell'ottica del principio della mutual accountability, ovvero della parità - se volete - di responsabilità e della condizionalità.
Da questo punto di vista, la conferenza di Tokyo è stata - anche grazie al lavoro del Parlamento italiano - molto indicativa e molto utile. Voi lo sapete ancora meglio di me: avete contribuito molto attivamente con la risoluzione sulla condizione femminile in Afghanistan ad un documento conclusivo di Tokyo che fa della difesa dei diritti delle donne una delle condizioni della cooperazione internazionale. È un punto importante perché, se c'è un dato rilevante della missione internazionale in Afghanistan, comunque se ne giudichino i risultati, è che in realtà la condizione delle donne - e delle bambine in particolare - è nettamente migliorata. Poi, naturalmente, i giudizi sulla situazione possono essere vari, ma questo è un dato di fatto che non va disperso.
Quindi, credo che su questi due volet - quello militare dopo Chicago e quello economico-sociale nel dopo Tokyo - l'Italia si muove coerentemente con questo accordo di partenariato e di cooperazione. Vi ricordo che questo accordo è in discussione anche al Parlamento afgano.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, la prego di concludere.

MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. È importante che venga ratificato rapidamente, anche perché è probabile una missione del Ministro Terzi in autunno dove vorremmo compiere altri sviluppi. Infine, ricordo che all'accordo firmato dall'Italia sono seguiti accordi molto simili firmati da Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania e Australia e, quindi, ciò dimostra che questo tipo di accordo riflette una sensibilità diffusa nella comunità internazionale.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Montagnoli, Beccalossi, Fogliardi, Volontè, Moroni, Borghesi ed altri n. 1-01078 e Braga ed altri n. 1-01121 concernenti iniziative in materia di gestione del servizio pubblico di navigazione sui laghi prealpini (ore 19,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Montagnoli, Pag. 51Beccalossi, Fogliardi, Volontè, Moroni, Borghesi ed altri n. 1-01078 e Braga ed altri n. 1-01121 concernenti iniziative in materia di gestione del servizio pubblico di navigazione sui laghi prealpini (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 7 agosto 2012.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi, che illustrerà anche la mozione n. 1-01078 da lui sottoscritta. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, credo che questa mozione venga molto opportunamente a sottolineare un problema, vale a dire che di fronte a tagli, spesso anche di natura lineare fatti negli ultimi anni, si è finito per colpire anche un'attività, quella di navigazione sulle acque interne, che ha anche dei riflessi economici importanti per le popolazioni che vivono nelle zone dei nostri grandi laghi.
In effetti, il problema è che in queste zone, che spesso sono anche a vocazione turistica - si pensi non solo al lago di Garda, ma anche al lago Maggiore e al lago di Como -, la navigazione ha un impatto rilevante sul turismo, soprattutto durante il periodo estivo. Ma, la navigazione su questi laghi ha anche un riflesso di natura essenzialmente trasportistica, perché spesso è utilizzata anche da chi vive nei paesi che si trovano sulle rive di questi laghi per spostarsi anche per motivi di lavoro.
Quindi, diciamo che di fronte a questa situazione e a questa attività, che ho descritto, vi è un problema di trasporto pubblico, così come vi è il trasporto pubblico nelle aree di natura marittima e così come vi è anche il trasporto pubblico locale. Ci si trova di fronte, perciò, al fatto che negli ultimi anni i trasferimenti statali si sono sostanzialmente dimezzati, passando da 26 a 13 milioni di euro.
Sostenere la navigazione pubblica significa, quindi, anche sostenere un'integrazione alla mobilità su gomma e il taglio del 50 per cento sul fondo di esercizio, ad esempio dell'azienda pubblica di trasporto pubblica Navigarda, ha portato a una drastica riduzione, anche in questo caso, delle corse e ad un notevole ridimensionamento, con previsioni per il futuro che sono assai drammatiche.
Anche le recenti disposizioni, in particolare quelle previste dalla legge n. 217 del 2011, prevedono che la Navigarda paghi sia le accise sia l'IVA sui carburanti, oltre alla stessa IVA sull'acquisto dei pezzi di ricambio, e questo si traduce in un aggravio di almeno 5 milioni di euro. Quindi, ho già fornito i dati prima del taglio che si è verificato con questa ulteriore disposizione.
Ma, oltre a tutto questo vi è da dire che si tratterebbe di dare attuazione anche a leggi già esistenti, in particolare al decreto legislativo n. 422 del 1997, che prevede che la gestione governativa per i tre maggiori laghi italiani - Maggiore, Como e Garda - sia trasferita alle regioni territorialmente competenti e alla provincia autonoma di Trento. Si tratta di un passaggio che, in realtà, non si è ancora verificato e, pertanto, ancora e tuttora la gestione è centralizzata e questa regionalizzazione, che risale a quasi 15 anni fa, in realtà non è avvenuta.
D'altro lato, è intervenuto anche il decreto legislativo che riguarda la devoluzione dei beni del demanio, che prevede che vengano trasferiti a livello territoriale, appunto, i beni appartenenti al demanio idrico e le relative pertinenze, ad eccezione dei laghi di ambito sovraregionale per i quali non intervenga un'intesa tra le regioni interessate.
Quindi siamo di fronte ad una serie di interventi che potrebbero, comunque, portare alla regionalizzazione ed al trasferimento in sede locale di questi servizi. Tra Pag. 52l'altro, questo fatto permetterebbe anche di raccogliere una sfida che potrebbe riguardare anche l'intervento di capitali privati, sia in funzione dell'esercizio delle attività turistiche, sia anche come possibilità di ulteriori sviluppi nel trasporto passeggeri e forse anche, ad esempio, nel trasporto di tipo postale.
Questa mozione vuole impegnare il Governo a reperire risorse per garantire un funzionamento efficiente e funzionale del servizio pubblico, sia come forma di mobilità alternativa, sia anche come forma di riduzione - ad esempio - dell'inquinamento, in particolare acustico e ambientale, a dare attuazione a questo decreto legislativo del 1997, che prevedeva il trasferimento a livello regionale della gestione della navigazione sul lago di Garda anche attraverso accordi tra la Lombardia, il Veneto e la provincia autonoma di Trento, ed a valutare la possibilità di intervenire - anche con strumenti di carattere normativo - per modificare l'attuale gestione dei laghi, rendendo così possibile - come dicevo prima - l'ingresso anche dei privati, prevedendo una gestione sia organizzativa, sia finanziaria autonoma per ciascuno di questi tre laghi.
Sostanzialmente, è questo il contenuto della mozione: è una mozione - come si vede dai firmatari - trasversale, che quindi è stata concordata e accettata da diversi gruppi politici e quindi penso che potrà raccogliere domani anche l'approvazione all'unanimità e ci auguriamo anche che sia accolta favorevolmente dal Governo.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Codurelli, che illustrerà anche la mozione Braga ed altri n. 1-01121, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, la mozione a prima firma dell'onorevole Braga, della sottoscritta ed altri che vado a illustrare pone all'attenzione del Governo l'importanza strategica della navigazione lacuale, di un trasporto pubblico dolce e di una mobilità alternativa, sostenibile e capace di contribuire a risolvere gli enormi problemi di viabilità presenti nel nostro territorio per la sua peculiarità stretta tra lago e montagna.
La viabilità esistente, oltre a dover sopportare un traffico intensissimo, deve fare i conti con la statale reggina, da una parte, e la Super 36, dall'altra, con problemi enormi. Ricordo che non solo il lago, ma la Valtellina è quella che paga un prezzo enorme per questa carente viabilità. Il sottosegretario Improta, che vedo presente, ha avuto modo subito dopo il suo incarico di rispondere a ben due interpellanze sulla Super 36 e poi sulla strada statale 38 che aspetta da anni interventi necessari e urgenti, ora in parte in via di espletamento, una delle strade, non definite da noi, come più pericolose e trafficate ed unico collegamento con la Valtellina, giudizio fornito da anni da ricerche sulla viabilità e la sicurezza. Infatti, anche quest'anno non siamo stati immuni ad agosto, ma abbiano avuto giornate di passione incredibile: basta un incidente per bloccare interamente il comuni rivieraschi e la Valtellina, non essendoci alternativa di sorta. Si tratta di situazioni veramente incredibili.
Occorrerebbe creare, invece, un trasporto efficiente e compatibile con le ricchezze ambientali, che fanno del territorio lacuale un'attrattiva unica tra lago e montagna: un trasporto del genere sarebbe un'altra cosa e diventerebbe strategico per il territorio e le sue potenzialità economiche e turistiche. Ma c'è un altro elemento che non si può ignorare. Questi territori, per la loro collocazione e conformazione, rischiano di scivolare nella marginalità se non si valorizza a pieno la possibilità di collegamento con i centri urbani maggiori attraverso il lago, pensando ad un servizio di navigazione, non solo in un'ottica turistica, ma di risposta alle esigenze di mobilità di residenti, studenti, lavoratori e pendolari, come sottolineava anche il collega prima, ed operatori economici.
Il tutto in un'ottica di compatibilità e di futuro per la nostra economia: il turismo e l'ambiente non sono assolutamente secondari. Pag. 53
Molti sono stati gli atti presentati in questi anni, ne cito solo alcuni volti ad impegnare il Governo verso questo importante servizio, atti anche trasversali: interrogazioni, a mia prima firma e non solo, con l'onorevole Braga, emendamenti e non ultimo un ordine del giorno al decreto-legge sulla revisione della spesa, dunque recentissimo, che impegna il Governo a prevedere adeguate risorse alla Gestione governativa navigazione laghi Maggiore, Como e di Garda, al fine di garantire efficacia e qualità al servizio pubblico lacuale, nonché la salvaguardia dell'occupazione anche in considerazione dei risultati degli studi sulla revisione della spesa, e a dare rapida attuazione, per quanto di competenza, al percorso di trasferimento alle regioni della Gestione governativa navigazione laghi Maggiore, Como e di Garda, come già previsto dalla legislazione nazionale e regionale vigente.
Anche l'altro ramo del Parlamento, sottolineo, ha promosso un'indagine conoscitiva che ha ricostruito nel tempo la vicenda della gestione governativa del trasporto lacuale, e proprio in quell'occasione le regioni Lombardia, Piemonte e Veneto hanno confermato la volontà di vedersi assegnare le competenze nel trasporto navigazione lacuale, come riportato nel documento conclusivo votato dalla Commissione lavori pubblici del Senato in data gennaio 2012. La legge n. 614 del 18 luglio 1957 ha affidato alla gestione governativa navigazione laghi l'esercizio delle linee di navigazione in servizio pubblico sui laghi di Como, Garda e Maggiore, prevedendo che l'eventuale disavanzo di bilancio sia coperto con i fondi stanziati annualmente dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a cui spetta la vigilanza sull'amministrazione affidata al gestore.
Purtroppo però la legge di stabilità 2012 ha determinato il dimezzamento delle risorse destinate al finanziamento della gestione governativa, passando da 26 milioni di euro del 2008 ai 13 milioni di oggi. Tagli lineari di simile consistenza sono stati operati dalla legge finanziaria per il 2009 e dalla legge di stabilità 2011 e solo parzialmente sono stati compensati con successivi provvedimenti legislativi che consentivano di utilizzare gli avanzi di amministrazione risultanti dai bilanci 2007 e 2009, al fine appunto di fronteggiare le spese per la gestione dei servizi.
Una boccata d'ossigeno recente, va sottolineato, per la continuità dei servizi di trasporto, attribuisce per l'anno 2012 alla gestione governativa navigazione laghi - sempre Maggiore, Garda e Como - risorse pari a 6 milioni di euro, stanziamento che va però a coprire soltanto i maggiori costi che si erano aggiunti a seguito sempre della legge 15 dicembre 2011, n. 217 e quindi non risolve il problema dei tagli lineari. Tale stanziamento, pur importante, non consente comunque di compensare integralmente i tagli sopra citati, né di far fronte al progressivo rincaro del costo del carburante necessario ai natanti. La situazione della navigazione lacuale inoltre è aggravata per effetto delle disposizioni previste sempre dalla legge 15 dicembre 2011, n. 217, secondo cui sono assoggettati al pagamento dell'IVA gli acquisti relativi al parco natanti che in precedenza erano esenti, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Le ricadute negative sono enormi: le misure contenute nelle note di variazione del bilancio e la finanziaria 2012, aggiunte a quelle degli anni precedenti, fanno mancare all'azienda il 50 per cento, fanno mancare le risorse previste per l'esercizio, vale a dire 13 milioni di euro. Questi tagli hanno già comportato, a partire dal mese di gennaio, tagli ai lavoratori e sugli stipendi dei dipendenti e stagionali, con evidenti ricadute negative sull'occupazione e per la continuità del servizio.
Sull'entità dei finanziamenti influiscono poi la complessa situazione finanziaria del Paese, i tagli previsti nel 2012 per il trasporto pubblico, il piano per il trasporto pubblico locale, e gli aumenti complessivi. Da molti anni, dopo la famosa legge del 1957, che regolamenta il servizio di navigazione lacuale, questo è stato soggetto ad importanti provvedimenti legislativi: l'articolo 11 del decreto legislativo 19 Pag. 54novembre 1997, n. 422, del Governo di centrosinistra, riprendendo l'articolo 98 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, prevedeva che entro il 1o gennaio 2000 la gestione del servizio di navigazione fosse trasferita alle regioni territorialmente competenti e alla provincia autonoma di Trento, previo risanamento tecnico ed economico a cura dello Stato, da realizzare in base a un piano predisposto dal Ministro dei trasporti ed approvato, entro il 31 marzo 1998, dal Ministero dei trasporti, di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, a seguito di un'intesa con le regioni interessate e con la provincia autonoma di Trento.
Va però inoltre ricordato che la legge regionale della Lombardia n. 29 del 1998, sempre di riforma del trasporto pubblico locale, stabilisce che alla regione e agli enti locali sono conferiti tutti i compiti e tutte le funzioni relative al servizio pubblico o esercitate da qualunque organo dell'amministrazione centrale dello Stato, anche tramite enti o altri soggetti. Nonostante l'articolo 2, comma 8, della legge 18 giugno 1998, n. 194, avesse disposto anche un finanziamento urgente ai fini del risanamento tecnico ed economico del servizio, ai fini della regionalizzazione, i termini per l'attuazione sono decorsi inutilmente per mancato accordo tra le regioni competenti, perdendo circa 250 milioni, che oggi devono essere ritrovati.
La mancata regionalizzazione della gestione governativa per la navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como rende progressivamente sempre più incerta la programmazione del servizio di trasporto lacuale, secondo le esigenze sociali, economiche, territoriali e di mobilità dei territori interessati. Per i mancati impegni gli effetti sono evidenti a tutti, visto che la direzione della gestione dei laghi, al fine di conservare l'equilibrio economico-finanziario, ha deciso e in parte già operato una riduzione del servizio di trasporto passeggeri, in particolare delle corse veloci e del traghettamento degli autoveicoli, nonché l'aumento delle tariffe applicate, che colpiscono in particolare gli utenti pendolari. Tale scelta rischia anche di avere pesanti ripercussioni occupazionali ed incide in maniera negativa sulla potenzialità della mobilità lacuale come fattore di sviluppo economico dei territori interessati.
Siamo pertanto di fronte ad un processo veramente preoccupante e assolutamente devastante per i territori. A fronte di una crisi economica pesantissima che vivono, peraltro già richiamata sopra, i tagli - lo ribadisco - colpiscono una realtà aziendale efficiente. Il trasporto pubblico sui laghi presenta uno dei migliori indici di copertura dei costi di gestione con le entrate delle tariffe rispetto a tutti i servizi di trasporto pubblico locale, e produce ogni anno avanzi di gestione il cui coefficiente di esercizio è intorno al 60 per cento. Risulta essere tra i primi in Italia, contro una media del settore del trasporto pubblico locale del 35/40 per cento.
Questo aspetto, anche in un contesto di revisione della spesa pubblica, non può essere ignorato, sottosegretario. Diversamente occorre ammettere che si taglia ciò che va bene e si lascia il resto, e questo veramente deve far riflettere. Come non possono restare inascoltati gli appelli e gli atti formali delle amministrazioni provinciali e comunali. L'ultima in ordine di tempo è la mozione unitaria approvata lunedì 3 settembre dal consiglio provinciale di Lecco, che chiede al Governo un impegno preciso al riguardo.
Noi siamo qui a discutere di questi problemi mentre i nostri vicini svizzeri hanno aumentato e promosso nuove corse turistiche estive, nonostante gli effetti della crisi economica si facciano sentire un poco anche nel Canton Ticino. Per ciò che concerne la navigazione del lago di Lugano, si continuano a mettere a frutto gli effetti di immagine, culturali ed emotivi che costituiscono il valore aggiunto della navigazione, ciò che da noi non si fa. È un mezzo di trasporto al quale i politici svizzeri prestano molta attenzione. Anche le società di navigazione sono alle prese con problemi, ma sono sostenute proprio rispetto allo sviluppo e alla fruibilità, insieme Pag. 55alle montagne, che sono una delle principali attrazioni delle offerte turistiche, e non solo per loro.
Ma di sviluppo compatibile noi, il nostro Paese ha un bisogno vitale, e da parte nostra vi è la disponibilità a verificare la possibilità di trovare un accordo su un'unica mozione che impegni il Governo a prevedere un adeguato stanziamento di risorse necessarie a garantire la continuità del servizio pubblico lacuale in capo alla gestione per la navigazione sui laghi Maggiore, di Como e di Garda, al fine di assicurare un adeguato livello di efficienza ed efficacia del servizio, e ad adottare interventi di propria competenza utili a dare rapida attuazione al processo di regionalizzazione previsto appunto dall'articolo 11 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, in particolare per quanto riguarda la predisposizione di un piano aggiornato di risanamento.
Inoltre, in quest'ottica va inquadrato, a nostro avviso solo in quest'ottica, qualsiasi ragionamento possibile di modifica dell'attuale gestione dei laghi rispetto ad una gestione autonoma e aperta anche al privato, come contenuto nella mozione Montagnoli ed altri n. 1-01078. Anteporre questi scenari rispetto al processo di regionalizzazione, che resta la priorità, a nostro avviso, visti anche i pareri più volte espressi dalle regioni, rischia di ostacolare un percorso che deve procedere in tempi certi, senza introdurre altri elementi di complicazione.
Mi auguro che da parte del Governo venga riconosciuta la centralità del trasporto pubblico lacuale e che vi sia una volontà nel recepire i contenuti della nostra mozione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Montagnoli. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, sicuramente è una mozione importante quella sulla gestione dei laghi prealpini a mia prima firma, ma, ci tengo a sottolinearlo, sottoscritta da tutte le forze politiche di questo Parlamento. Ritengo che sia una cosa molto positiva, perché in queste questioni non ci deve essere colore politico, ma bisogna solamente risolvere problematiche del territorio, che aspetta delle risposte, soprattutto in questi momenti, su tematiche importanti.
Qui stiamo parlando dei laghi Maggiore, di Garda e di Como, che sicuramente sono delle risorse fondamentali del nostro Paese dal punto di vista ambientale, turistico ed economico. Il lago di Garda, zona vicino alla quale risiedo, fa 3 miliardi e mezzo di PIL, solo quella zona, per cui sicuramente la logica con cui ci siamo mossi, dopo aver seguito degli incontri a livello locale, il sottoscritto, il collega Fogliardi e i senatori Galperti e Divina, negli incontri con la comunità del Garda, è quella di cercare di risolvere le problematiche che attualmente vi sono.
Il servizio di gestione della navigazione laghi, che attualmente gestisce le tre realtà dei laghi Maggiore, di Como e di Garda, è nato nel 1957, ormai sono più di cinquant'anni, con una gestione governativa centralizzata. Prima la gestione era completamente privata e poi è stata fatta la scelta di passare ad una gestione nazionale.
Si tratta del trasporto delle realtà di diversi milioni di passeggeri e anche di autovetture, sia dei residenti sia dei turisti, e abbiamo ragionato su una mozione che mi auguro trovi sicuramente l'unanimità del Parlamento. Lavoreremo insieme, considerando anche la mozione presentata dalla collega Braga, perché ci interessano delle risposte a quello che ci chiedono i nostri cittadini, convinti come siamo che oggi in questo settore possiamo fare veramente un salto di qualità.
Siamo in presenza di una delle poche realtà, purtroppo, dal punto di vista economico, che sta sostenendo il nostro Paese, che è il turismo, ma altrettanto ci interessa la parte ambientale. La prima problematica che abbiamo sottolineato è quella delle risorse pubbliche, risorse pubbliche che tutti sappiamo essere sempre meno: negli anni sono state diminuite e l'ultimo taglio, a dire la verità, non di Pag. 56questo Governo, ma del Governo precedente, ha portato le risorse che vengono trasferite alla gestione laghi da 26 a 13 milioni di euro.
Lavorando insieme, nel «decreto sviluppo» di luglio sono stati quantomeno recuperati - ringrazio, come ho già avuto modo di fare, il sottosegretario - 6 dei 13 milioni che erano stati tagliati, che hanno consentito di portare in qualche modo avanti la stagione, ben sapendo, però, che comunque delle scelte la società le ha fatte, come quella di aumentare le tariffe a carico di chi ha utilizzato questi mezzi e quella di un taglio delle corse, e questo sicuramente non è stato un aspetto positivo.
Per cui sicuramente la parte finanziaria è una cosa importante e fondamentale se vogliamo dare la risposta al territorio. Ma, altrettanto, la cosa che forse è la più importante di tutte è quella di dare seguito ad una normativa che è datata, perché il decreto legislativo n. 422 del 1997 all'articolo 11 disponeva il passaggio della gestione nazionale agli enti territoriali e alle regioni Piemonte, Lombardia, Veneto e alle province autonome previo accordo tra le stesse, dando un termine, che era quello del 1o gennaio 2000, per l'entrata in vigore e il passaggio della gestione, cosa che, ahimè, non è stata fatta in questi anni e questa, sicuramente, è una cosa molto negativa. Non andiamo in cerca delle responsabilità, ma viviamo al giorno di oggi cercando di dare delle risposte.
Nel contempo, è stata fatta - questo sì dal precedente Governo - tutta una serie di decreti relativi al federalismo, tra cui anche il federalismo demaniale con la legge n. 42 e poi con il decreto legislativo che è successivamente seguito, il n. 85, che prevedeva che venissero trasferiti a livello territoriale i beni appartenenti al demanio idrico e le relative pertinenze, ad eccezione dei laghi di ambito solo regionale per i quali non intervenga un'intesa tra le regioni. La devoluzione della gestione e il passaggio di proprietà dei laghi dallo Stato alle regioni è quindi già previsto all'interno del decreto sul federalismo demaniale che coinvolge tutti i laghi, ad eccezione dei laghi di Garda e Maggiore, per i quali serve l'accordo delle regioni. Penso che questa sia una cosa importante che noi chiediamo sulla mozione, con l'impegno del Governo del passaggio e coinvolgendo sicuramente gli enti territoriali. Vi è una questione economica di mezzo, ma penso che lavorando tutti quanti insieme si riesca a trovare un accordo, una soluzione.
Mi sembra che anche nella bozza che era all'esame - ancora si parlava di maggio e giugno - del «decreto sviluppo» anche il Ministro Passera si è reso disponibile al passaggio alle regioni della gestione governativa nazionale, ma il ragionamento nostro è che amministrando a livello locale si possono dare delle risposte migliori ai residenti, ai turisti, ai pendolari e dare risposte al territorio, perché quello che succede oggi è che abbiamo sicuramente pochi mezzi, abbiamo mezzi datati e magari anche su quello si potrebbero fare delle valutazioni. Molti utilizzano il mezzo privato, per cui non fanno gli attraversamenti del lago. La problematica è per i residenti, per i turisti, per i pendolari per cui il ragionamento va visto a trecentosessanta gradi.
Siamo convinti che dà delle risposte positive anche dal punto di vista economico, ma l'ambiente, come penso per tutti quanti noi, sicuramente è una questione fondamentale per cui se si riesce a mettere insieme questa possibilità di questo passaggio a livello territoriale, penso che sicuramente ne beneficeranno tutti quanti.
Nella mozione - come ho sentito dire anche dalla collega Codurelli - noi abbiamo fatto una valutazione. Vogliamo capire se vogliamo migliorare il servizio, dare una soluzione al territorio e abbiamo inserito anche di valutare la possibilità di intervenire rendendo possibile l'ingresso anche dei privati.
Le risorse pubbliche, è un dato certo, di fatto, stanno calando. Si può stabilire quanto, come, ma non sarà il Governo, ma gli enti locali interessati, lasciando la facoltà nell'ottica del miglioramento del servizio, nell'ottica del miglioramento dell'ambiente. Questa è una proposta che noi abbiamo inserito nella mozione come una Pag. 57facoltà che gli enti poi potranno decidere di inserire, nell'ottica dello sviluppo delle realtà locali.
Vi è anche il tema della gestione organizzativa, che oggi è unica. È unica con la gestione navigazione laghi, centralizzata. Vi sono, nella realtà, la gestione dei laghi e la gestione della Navigarda che, oltretutto, ha un bilancio in positivo. Anche questa sarebbe una cosa da valutare: invece di una gestione unica, una gestione diversa, autonoma, indipendente per i tre laghi, ma questo è evidente che segue quello che è l'aspetto principale. L'aspetto principale è la gestione ed il passaggio da una gestione nazionale ad una gestione locale. Tutto il resto è una conseguenza.
Abbiamo inserito anche, questo in maniera specifica per il lago di Garda, una questione ambientale. Forse non è una problematica nazionale, ma su questo il Governo si può impegnare perché vi sono dei notevolissimi problemi di velo e di collettori.
Già delle problematiche sono sorte sul territorio. La comunità del Garda ha presentato un progetto importante di 40 milioni a livello europeo, con cui si chiedono più risorse al Governo e quantomeno di seguire questo iter. Infatti oggi sappiamo che c'è il problema di una rete fatta decenni e decenni fa, che rischia di creare un disastro sul territorio. Allora, anche ciò concerne la questione di cercare di prevenire tali eventuali problematiche, seguendo l'iter di questa progettazione.
Come ho avuto modo di dire, la volontà nostra, che è seguita agli incontri sul territorio, è quella di dare una risposta unitaria. Sicuramente si dà una risposta anche alla problematica del lavoro. Attualmente sono circa 700 i dipendenti dell'azienda, di cui 530-540 a tempo indeterminato e più di un centinaio a tempo determinato. Anche loro stanno seguendo le fasi di questa possibile modifica normativa anche per una prospettiva di lavoro e anche con i suddetti ci stiamo confrontando.
Per cui, veramente, la risposta al territorio dà seguito in maniera definitiva a quanto deciso nel 1997 e a quanto già previsto nel decreto del federalismo demaniale del 2008-2010 e potrà produrre un migliore servizio, fornendo una risposta ai residenti e ai pendolari e sicuramente determinando un miglioramento dal punto di vista ambientale.
Vi sono delle criticità sul territorio che si possono poi risolvere, ma oggi non è possibile. Infatti, magari, creando un organismo unico, si riuscirà anche a svolgere un ragionamento insieme, con le altre realtà e considerando le altre problematiche dal punto di vista viabilistico. Mi riferisco al sistema degli aeroporti, al sistema ferroviario e al sistema del trasporto pubblico locale. Infatti, oggi, visto che le corse sono in numero minore rispetto a qualche tempo fa, le problematiche sono cresciute: la gente si riversa sui mezzi pubblici piuttosto che sui mezzi privati. Un ragionamento, infatti, deve essere considerato nel complessivo.
Crediamo molto in questa mozione per dare una risposta importante al nostro territorio. Sappiamo che le risorse del nostro Paese difficilmente si trovano negli altri (si è citata la Svizzera). Sicuramente hanno altre risorse più importanti di noi, ma le bellezze che abbiamo in Italia non vi sono da altre parti: dobbiamo sfruttarle nel miglior modo possibile.
Oggi abbiamo delle criticità importanti, le risorse sono poche ma le alternative ci sono. Diamo questa possibilità agli enti locali di gestirle con la responsabilità che ci deve essere. Siamo, infatti, ben consci delle problematiche che ci sono state e che ci sono tuttora nella gestione a livello locale. Tuttavia, diamo la responsabilità e la competenza, con monitoraggio da parte anche dello Stato centrale, in effetti, a chi alla fine sta lì, a chi amministra tutti i giorni, a chi conosce la realtà e può dare sviluppo dal punto di vista economico, in accordo con le parti sindacali e tutte le categorie economiche. In questo momento penso che sia qualcosa veramente di importante.
Avete, come Governo, la possibilità - già si discute di un prossimo decreto sviluppo - di sostenere le imprese e l'economia. Noi oggi vi diamo un assist. Io mi Pag. 58auguro - ma sono convinto - che il Parlamento si esprimerà all'unanimità su questi problemi sul territorio. Voi avete la possibilità nel breve periodo di dare subito una continuità ed una risposta normativa, coinvolgendo le regioni, per siffatti interventi. La stagione del maggior turismo è quasi terminata, ma sicuramente la problematica c'è, perché c'è in tutto l'anno. Si tratta del problema delle corse e della possibilità di sviluppare un qualcosa di importante, tutti quanti insieme.
Questo è l'auspicio con cui il sottoscritto e tutti gli altri colleghi hanno impostato questa mozione. Diamo una risposta al territorio e penso che tutti quanti ce ne saranno grati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Saglia. Ne ha facoltà.

STEFANO SAGLIA. Signor Presidente, le considerazioni che sono state svolte dai colleghi sono condivise anche dal nostro gruppo. Il Popolo della Libertà sostiene la mozione presentata. In particolare, l'abbiamo sottoscritta con i colleghi Beccalossi, Gelmini, Brancher ed Alberto Giorgetti.
La nostra preoccupazione è stata in parte fugata dal Governo, che ringraziamo per la disponibilità. All'interno del decreto sviluppo il Governo ha ripristinato 6 milioni di euro, rispetto ai 13 che erano stati tagliati, e quindi diciamo che un segnale forte è arrivato in questa direzione.
Non basta. Da un punto di vista economico c'è ancora bisogno di fare uno sforzo. Il trasporto sui laghi, è stato detto, è strategico, fondamentale, anche per la riduzione dell'inquinamento, anche per la riduzione del traffico merci su gomma, anche e soprattutto per la qualità degli interventi di trasporto che ci sono nelle zone di alto pregio turistico come sono appunto quelle del lago di Garda, del Lago Maggiore e del Lago di Como. È importante l'attuazione del federalismo demaniale. Condividiamo la possibilità di introdurre anche l'investimento privato in questo tipo di servizi, ma naturalmente lo sforzo che dobbiamo compiere è innanzitutto sotto il profilo di carattere economico e finanziario. C'è un aspetto in più che riguarda il Lago di Garda, e cioè il tema del collettamento della depurazione delle acque: è un tema che si trascina da tempo, potrebbe essere affrontato attraverso l'organizzazione dell'ambito unico di competenza per i servizi idrici, ma certamente una delle peculiarità del Lago di Garda è che, avendone competenza diverse amministrazioni - le province di Verona, di Brescia, di Trento - non sempre questo coordinamento è possibile, ed allora l'intervento della regione diventa strategico. Su questo tema, appunto, incalzeremo il Governo, oltreché naturalmente sostenerlo quando farà interventi positivi, come è accaduto all'interno del decreto sviluppo. Quindi, da parte del Popolo della Libertà, c'è pieno sostegno a questa mozione, con l'auspicio che possa trovare una considerazione positiva da parte del Governo negli impegni che vengono sottoposti alla sua attenzione.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti onorevole Guido Improta.

GUIDO IMPROTA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, il Governo ha ben chiara l'importanza di questa forma di trasporto, che garantisce ogni anno la mobilità a 9 milioni di utenti, con 700 mila veicoli, con 96 navi e 553 unità di personale. Pertanto, prendo la parola unicamente per fornire alcuni elementi di aggiornamento ed integrazione rispetto allo scenario richiamato dalle due mozioni. Innanzitutto ricordando che in data 30 marzo 2012 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha autorizzato, per il periodo Pag. 59giugno-settembre 2012, nonostante i tagli intervenuti a bilancio per effetto della nota di variazione al bilancio adottato dal precedente Esecutivo, la programmazione dell'esercizio relativo all'espletamento dei servizi pubblici lacuali svolti dalla gestione governativa secondo il programma adottato negli anni precedenti per il medesimo arco temporale. Pertanto la navigazione nei predetti laghi non ha subito e non subirà alcun ridimensionamento nel periodo di maggior affluenza turistica giugno-settembre nei territori serviti.
In pari data, in considerazione delle gravose vicende che hanno caratterizzato l'andamento dei conti pubblici nell'ultimo periodo, è stata altresì autorizzata l'applicazione del piano tariffario formulato dalla gestione governativa, che prevedeva il necessario aumento delle tariffe praticate all'utenza, aumento che è stato sicuramente rilevante, perché è stato di circa il 23 per cento, con picchi di oltre il 30 per cento nelle tratte di maggiore affluenza turistica, ma con incrementi che non superavano il 10 per cento per le tariffe di abbonamento e quindi quelle che riguardano sostanzialmente l'utenza pendolare.
L'incidenza così gravosa di tali incrementi deriva anche dal fatto che nel 2010 non si era provveduto a praticare nessun aumento e nel 2011 la percentuale di incremento è stata soltanto dell'1 per cento e quindi di gran lunga inferiore all'incremento dei costi industriali.
Per quanto riguarda l'aspetto del reperimento delle risorse economiche da destinare alla gestione governativa, è già stato richiamato lo sforzo che ha compiuto il Governo, su input del Parlamento, con il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, che all'articolo 16 recava appunto 6 milioni di stanziamento aggiuntivo, che quindi portano lo stanziamento complessivo a 19 milioni di euro, 7 milioni in meno rispetto al 2008, prima cioè dei tagli lineari apportati ai capitoli di spesa sempre dall'Esecutivo precedente.
Dopodiché le mozioni hanno richiamato anche altri due aspetti: l'esigenza della regionalizzazione e l'esigenza della compatibilità ambientale. Rispetto al primo punto, vorrei chiarire che la questione origina da quanto previsto dal dettato dell'articolo 11 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422. Per questo risanamento tecnico ed economico era stato anche previsto uno stanziamento importante di 375 miliardi di lire, attraverso limiti di impegno quindicennali.
Il piano di risanamento non è stato tuttavia mai varato per la mancanza di accordo tra le regioni interessate, per cui i fondi stanziati andarono totalmente in economia, vulnerando il processo di trasferimento e il risanamento connesso. Nell'ottobre 2006 e nel gennaio 2007 si sono tenute le ultime due riunioni del gruppo di lavoro interministeriale istituito per discutere le modalità di trasferimento della gestione governativa con il concerto del Ministero dell'economia e delle finanze e con la partecipazione di tutti gli enti locali territorialmente interessati. In tali riunioni si palesarono difficoltà di implementazione del processo di regionalizzazione, legate soprattutto a motivi di carattere tecnico per il trasferimento della gestione e la sua trasformazione, richiesta fortemente dagli enti locali, in società a responsabilità limitata che dettava regole di contabilità proprie delle società commerciali, ovviamente diverse da quelle adottate dalla gestione governativa.
Il Ministero dell'economia e delle finanze, nel corso dell'ultima riunione del gruppo di lavoro fece presente che nel bilancio statale non potevano essere reperite nuove risorse da destinare al risanamento previsto dalla legge n. 194 del 1998. Da quel momento non si sono tenute altre riunioni ed attualmente sono allo studio valutazioni di carattere tecnico in merito alla quantificazione degli oneri al fine di dare nuovo impulso all'avvio del processo di regionalizzazione. Opportunamente valutando i necessari presupposti, sia in termini di reperimento di risorse economiche da parte del Ministero dell'economia e delle finanze che di disponibilità da parte delle regioni a riaprire la discussione in questione, il Ministero che rappresento Pag. 60è senz'altro disponibile a rilanciare il tavolo tecnico per il trasferimento agli enti locali interessati delle attuali competenze della Gestione governativa laghi, tenendo conto, anche sulla scorta di quanto dedotto al termine dell'indagine conoscitiva sulle problematiche relative alla navigazione lacuale svoltasi presso l'VIII Commissione al Senato e conclusasi in data 11 gennaio 2012, della necessità di operare, da parte della amministrazioni regionali interessate, la revisione e l'armonizzazione delle rispettive discipline, sì da pervenire, fattivamente, ad un auspicabile accordo volto, appunto, al risanamento tecnico-economico propedeutico ad un modello gestorio efficiente ed efficace del servizio in rassegna, non escludendo, a tal fine, l'ingresso di soggetti privati.
Concludo, facendo riferimento agli aspetti di sostenibilità e compatibilità ambientale e ricordando i fondi assegnati alla Gestione governativa laghi dalla delibera CIPE n. 50 del 26 giugno 2009 con la quale sono stati messi a disposizione due milioni di euro per la realizzazione degli impianti per la raccolta delle acque reflue per quanto riguarda il lago di Garda. Anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio del mare, competente nello specifico, si è già attivato negli interventi finalizzati al potenziamento ed alla riqualificazione dei sistemi di depurazione delle acque del lago di Garda, attraverso la sottoscrizione, nel 2004 per l'agglomerato di Scenico di un accordo di programma quadro che ha stanziato 8 milioni 683 mila euro e per quanto riguarda l'agglomerato di Limone sul Garda è vigente un ulteriore accordo di programma quadro per 75 mila euro relativi al collettamento e per 6 milioni 875 mila euro relativi alla depurazione delle acque reflue urbane.
Concludo formulando un orientamento sostanzialmente favorevole agli impegni che vengono richiesti al Governo e a tal fine c'è piena disponibilità per, eventualmente, lavorare insieme ai parlamentari ad una mozione unitaria.

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,53).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei sapere se lei ha notizia dell'onorevole Barbato il quale si è palesato in Aula per fare la claque al proprio leader durante le interrogazioni a risposta immediata e poi è sparito e non lo abbiamo più visto per tutta la seduta. Atteso che lui ci ricorda sempre, nei casi in cui interviene, che parla sempre da solo, con l'Aula vuota, e che addirittura ci voleva far riunire il 16 agosto per discutere un decreto che scadeva sessanta giorni dopo, vorrei sapere da lei che, sicuramente, dallo scranno che occupa è molto più imparziale di me, se ci sono notizie dell'onorevole Barbato oppure se fa esattamente quello che imputa agli altri quando lui non interviene.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, non ho la possibilità di darle informazioni ulteriori.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 6 settembre 2012, alle 10:

1. - Seguito della discussione dei disegni di legge:
S. 2117 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare cinese, firmato a Pechino il 4 dicembre 2004, con Nota di interpretazione Pag. 61dell'articolo 10 fatta il 19 marzo 2008 ed il 10 aprile 2008 (Approvato dal Senato) (C. 4250).
- Relatore: Allasia.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra, fatto a Bruxelles il 10 maggio 2010 (C. 5076).
- Relatore: La Malfa.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Mongolia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con protocollo aggiuntivo, fatta a Ulan Bator l'11 settembre 2003 (C. 5108).
- Relatore: Picchi.

Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel settore della difesa tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica islamica del Pakistan, fatto a Roma il 30 settembre 2009 (C. 5180-A).
- Relatore: Stefani.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sul partenariato e la cooperazione di lungo periodo tra la Repubblica italiana e la Repubblica islamica dell'Afghanistan, fatto a Roma il 26 gennaio 2012 (C. 5193).
- Relatore: Stefani.

2. - Seguito della discussione delle mozioni Montagnoli, Beccalossi, Fogliardi, Volontè, Moroni, Borghesi ed altri n. 1-01078 e Braga ed altri n. 1-01121 concernenti iniziative in materia di gestione del servizio pubblico di navigazione sui laghi prealpini.

3. - Discussione della relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti del deputato Lo Presti (Doc. IV-quater, n. 21).
- Relatore: Castagnetti.

4. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 19,55.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 4250

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. Onorevoli colleghi, l'Accordo di coproduzione cinematografica con la Repubblica popolare cinese, firmato a Pechino il 4 dicembre 2004, è diretto a favorire lo sviluppo delle industrie cinematografiche, nonché la crescita degli scambi economici e delle relazioni culturali tra i due Paesi, mediante la facilitazione della produzione in comune di film commercialmente competitivi tanto sul mercato delle due Parti quanto su quello di Paesi terzi.
Segnalo che l'Accordo era già stato presentato alle Camere nel corso della XIV e della XV Legislatura, ma l'iter del disegno di legge di ratifica si è in entrambi i casi arrestato per la decisione della Commissione Affari Esteri della Camera di rinviarne l'esame per approfondire ulteriormente alcuni rilievi concernenti, in particolare, gli ampi poteri autorizzativi riconosciuti alle autorità nazionali competenti nella gestione dell'Accordo, che di norma non si riscontrano in analoghi accordi vertenti sulla stessa materia.
Ciò premesso vengo ai contenuti salienti dell'articolato ed in particolare all'articolo 2, in forza del quale la realizzazione dei film in coproduzione è soggetta, ai sensi dell'articolo 2, alla preventiva approvazione delle rispettive Autorità Pag. 62competenti, e cioè della Direzione Generale del Cinema del Ministero per i beni e le attività culturali per quanto riguarda l'Italia, e del Film Bureau per la Cina.
Ai sensi dell'articolo 3, i produttori e gli studi cinematografici coinvolti nelle coproduzioni devono avere personalità giuridica o, per quanto riguarda la Repubblica popolare cinese, avere ottenuto l'autorizzazione, nonché disporre di una buona capacità professionale e un forte supporto finanziario.
In base all'articolo 4, la proporzione degli apporti, che sarà decisa di volta in volta dai produttori, non potrà scendere per nessuno dei due Paesi al di sotto del 20 per cento del costo del film.
L'articolo 5 stabilisce che produttori, sceneggiatori, registi, attori principali e tecnici impiegati nelle coproduzioni devono essere cittadini delle Parti, o degli Stati membri dell'UE; fra i cittadini cinesi sono inclusi anche quelli di Hong Kong e di Macao.
L'articolo 6 consente che le riprese in esterni vengano effettuate anche in Paesi che non partecipano alla coproduzione, previa autorizzazione e con la presenza di tecnici di almeno una delle due Parti.
Con l'articolo 7 le Parti si impegnano a fornire i visti temporanei per l'entrata del personale necessario alla coproduzione, nonché le autorizzazioni doganali per il materiale.
È sancito il rispetto di tutte le norme di legge, nonché della fede religiosa, della cultura e delle usanze del Paese nel quale si svolgono le riprese in esterno da parte di tutto il personale impiegato nella lavorazione del film (articolo 8).
L'articolo 10 aggiunge che, anche una volta ultimati, i film siano esaminati ed approvati dalle competenti autorità di entrambe le Parti. Lo stesso articolo chiarisce che il film può essere distribuito e proiettato all'interno ed all'esterno di ciascun Paese solo quando il permesso di uscita in pubblico è accordato dall'Autorità competente.
L'articolo 13 dispone, inoltre, che in occasione della partecipazione a festival cinematografici internazionali, occorre effettuare una previa dichiarazione alle competenti Autorità cinesi ai fini della registrazione 30 giorni prima dell'evento.
Rispetto ad altri accordi contenenti analoghe disposizioni, l'Accordo in esame prevede pertanto una doppia autorizzazione, poiché oltre al progetto (come di norma prevedono gli altri accordi) si dispone che venga autorizzato anche il film una volta realizzato. Inoltre, mentre altri accordi chiariscono che l'autorizzazione è esclusivamente finalizzata alla concessione dei benefici previsti dalle legislazioni nazionali per le opere realizzate in coproduzione (e gli accordi recano di norma dei protocolli dove sono contenute le relative norme di procedura), l'Accordo in esame non chiarisce in alcun modo contenuto e finalità delle autorizzazioni. Va inoltre sottolineato come il rilascio del permesso di uscita in pubblico (articolo 10) da parte delle autorità nazionali competenti (istituto che si ritrova menzionato in altri analoghi accordi) venga dichiarato necessario per distribuire e proiettare il film non solo all'interno, ma anche all'esterno di ciascun Paese. Pertanto, qualora, ad esempio, la Parte cinese non rilasciasse tale permesso, occorrerebbe chiarire se il film possa essere comunque distribuito e proiettato, oltre che in Italia, in Paesi terzi.
Come si legge nella relazione illustrativa del ddl originario, le competenti autorità dei due Paesi, prendendo atto di quanto emerso più volte nell'esame parlamentare dell'Accordo, hanno stipulato nel 2008 una Nota interpretativa dell'articolo 10.
La Nota, allo scopo di prevenire interventi censori da parte cinese sulle opere coprodotte - incompatibili con l'ordinamento italiano - prevede in primo luogo che la preventiva approvazione provvisoria dell'opera filmica avverrà distintamente in Italia e in Cina nel quadro delle rispettive regole interne. Inoltre, l'approvazione in via definitiva conseguirà automaticamente a quella provvisoria, salvo il caso di sostanziale scostamento tra l'opera realizzata e il progetto presentato, e il permesso di uscita del film all'interno e all'esterno Pag. 63dei due Paesi Parti dell'Accordo conseguirà a sua volta in via automatica dall'approvazione definitiva.
Segnalo inoltre, che, come si evince dalla relazione illustrativa del Governo, dall'attuazione dell'Accordo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e pertanto non si è resa necessaria la relazione tecnica prescritta ai sensi del comma 3 dell'articolo 17 della legge n. 196 del 2009.
Mi preme conclusivamente far rilevare che il disegno di legge di ratifica è stato approvato dal Senato nella seduta del 30 marzo scorso contestualmente all'adozione di un importante ordine del giorno nel quale si rileva come sussista il pericolo che l'Accordo attribuisca alle autorità un inammissibile potere di censura, incompatibile con l'ordinamento italiano, contrastante segnatamente con i principi fissati dall'articolo 21 della Costituzione.
Analogo ordine del giorno, di cui preannuncio la presentazione insieme a colleghi dei gruppi di maggioranza, è stato sollecitato in sede referente presso la Commissione Esteri anche di questo ramo del Parlamento.
Conclusivamente, ritengo che la ratifica in esame possa essere oggetto di una valutazione positiva da parte di questa Assemblea.