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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 644 di martedì 5 giugno 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 11,35.

GUIDO DUSSIN, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 31 maggio 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bongiorno, Brugger, Buonfiglio, Cirielli, Commercio, Fava, Gregorio Fontana, Galletti, Guzzanti, Iannaccone, Jannone, Lamorte, Lucà, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Misiti, Nucara, Pecorella, Pisicchio, Paolo Russo, Stucchi e Valducci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni (ore 11,38).

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

GUIDO DUSSIN, Segretario, legge:
ROSSANA VENTURELLI, da Roma, ed ELIO DEL PIETRO, da Bassano Romano (Viterbo), chiedono la soppressione di Equitalia Spa (1502) - alla VI Commissione (Finanze);
ROSSANA VENTURELLI, da Roma, chiede:
interventi a favore dei soggetti che hanno subito truffe nell'acquisto di case in cooperativa (1503) - alla II Commissione (Giustizia);
misure per le famiglie in difficoltà economiche (1504) - alla XII Commissione (Affari sociali);
ELIO DEL PIETRO, da Bassano Romano (Viterbo), chiede:
l'adeguamento delle pensioni all'effettivo costo della vita (1505) - alla XI Commissione (Lavoro);
la riforma del sistema giudiziario, per garantirne la celerità e l'equità (1506) - alla II Commissione (Giustizia);
CARLO CATALDI, da Roma, chiede misure a sostegno dell'occupazione, per il contrasto della criminalità comune, per il rientro dei capitali dall'estero e per il restauro degli edifici pubblici nonché nuove norme in materia di prostituzione (1507) - alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e V (Bilancio); Pag. 2
FRANCESCO DI PASQUALE, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede:
un piano per l'ammodernamento e la riqualificazione degli immobili adibiti ad edilizia popolare (1508) - alla VIII Commissione (Ambiente);
misure per favorire l'apertura di nuove sale cinematografiche e teatrali (1509) - alla VII Commissione (Cultura);
l'attuazione di un censimento nazionale dei terreni incolti (1510) - alla XIII Commissione (Agricoltura);
disposizioni in materia di gratuità dei testi scolastici (1511) - alla VII Commissione (Cultura);
provvedimenti a favore della ricerca scientifica, anche al fine di promuovere l'applicazione delle scoperte dello scienziato Nicola Tesla a fini non militari (1512) - alla VII Commissione (Cultura);
nuove disposizioni per la tutela dei dati personali in possesso delle pubbliche amministrazioni (1513) - alla II Commissione (Giustizia);
l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sugli appalti pubblici comunali (1514) - alla VIII Commissione (Ambiente);
provvedimenti in favore dei soggetti cessati dal lavoro che non hanno ancora maturato i requisiti per l'accesso alla pensione (1515) - alla XI Commissione (Lavoro);
una nuova disciplina organica relativa all'attività venatoria, ai fini della tutela degli habitat naturali (1516) - alla XIII Commissione (Agricoltura);
il rafforzamento degli interventi dei comuni per la disinfestazione del territorio e la prevenzione degli incendi di rifiuti (1517) - alla VIII Commissione (Ambiente);
l'incremento delle risorse destinate alle forze dell'ordine per la tutela della sicurezza dei cittadini (1518) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
interventi per garantire il corretto utilizzo e la conservazione degli arredi e dei materiali delle pubbliche amministrazioni (1519) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
disposizioni per valorizzare le petizioni presentate ai sensi dell'articolo 50 della Costituzione (1520) - alla I Commissione (Affari costituzionali); l'applicazione dei benefìci fiscali vigenti per la prima casa alle abitazioni lasciate in eredità, fin dall'apertura della successione (1521) - alla VI Commissione (Finanze);
l'impegno della comunità internazionale per fermare le stragi di cristiani in Nigeria (1522) - alla III Commissione (Affari esteri);
l'individuazione di criteri oggettivi e realistici per la rivalutazione del valore catastale degli immobili (1523) - alla VI Commissione (Finanze);
MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede: l'introduzione dell'insegnamento della materia «economia domestica» nelle scuole di ogni ordine e grado (1524) - alla VII Commissione (Cultura);
misure per assicurare la riconoscibilità dei prodotti italiani negli esercizi commerciali (1525) - alla X Commissione (Attività produttive);
la riduzione delle imposte sui redditi da lavoro dipendente (1526) - alla VI Commissione (Finanze);
l'abolizione dei rimborsi elettorali destinati ai partiti e la restituzione delle somme da essi percepiti a partire dal 1993 (1527) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
il divieto di realizzare campagne promozionali per la destinazione delle risorse dell'otto e del cinque per mille (1528) - alla V Commissione (Bilancio);
misure per favorire l'emersione del lavoro nero (1529) - alla XI Commissione (Lavoro);
SALVATORE GERMINARA, da Pistoia, e altri cittadini, chiedono nuove norme in materia di impugnazione delle Pag. 3ordinanze di archiviazione da parte della persona offesa dal reato (1530) - alla II Commissione (Giustizia);
MARINO SAVINA, da Roma, chiede la regolamentazione dell'attività degli addetti alle pubbliche relazione nel settore dello spettacolo (1531) - alla VII Commissione (Cultura);
MARIELLA CAPPAI, da Villasalto (Cagliari), chiede:
che i videoterminali siano dotati di strumenti per la segnalazione automatica del raggiungimento dei limiti di esposizione visiva (1532) - alla X Commissione (Attività produttive);
l'attribuzione alla regione Sardegna della potestà legislativa esclusiva in materia di ordine pubblico, di sicurezza, di ordinamento civile e penale e di giustizia, nonché norme in favore del personale della medesima regione (1533) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'inasprimento delle sanzioni per false dichiarazioni finalizzate ad accedere a benefìci previdenziali o assistenziali (1534) - alla II Commissione (Giustizia);
FRANCESCO DE STEFANO, da Boscoreale (Napoli), chiede disposizioni per consentire la realizzazione di interventi edilizi nella cosiddetta «zona rossa» dell'area vesuviana (1535) - alla VIII Commissione (Ambiente).

Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni (ore 11,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

(Problematiche riguardanti l'assegnazione di incarichi dirigenziali nelle istituzioni scolastiche in Sicilia - nn. 3-01837 e 3-01878)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi Doria, ha facoltà di rispondere alle interrogazioni Burtone n. 3-01837 e Granata n. 3-01878, concernenti problematiche riguardanti l'assegnazione di incarichi dirigenziali nelle istituzioni scolastiche in Sicilia (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni), che, vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente.

MARCO ROSSI DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, si risponde congiuntamente agli atti parlamentari, di analogo argomento, con cui gli onorevoli interroganti rappresentano le difficoltà riscontrate nelle operazioni di assegnazione degli incarichi di dirigente scolastico nelle scuole della Sicilia per il corrente anno scolastico 2011/2012.
Il direttore generale del competente ufficio scolastico regionale, interessato al riguardo, ha fornito una dettagliata relazione esponendo quanto segue.
Le operazioni di mutamento di incarico dei dirigenti scolastici per l'anno scolastico 2011/2012 sono state caratterizzate da numerosi elementi di complessità, legati alla sopravvenienza di nuove norme in materia e agli ulteriori e non conclusi sviluppi della annosa e ben nota vicenda del precedente concorso ordinario.
A seguito dell'annullamento in sede giurisdizionale del citato concorso, la legge n. 202 del 2010 ha dettato una nuova disciplina per il rinnovamento della procedura concorsuale, differenziata per le tre categorie di personale interessato, e cioè: candidati già nominati in ruolo per effetto dell'inclusione nelle graduatorie di merito conclusive del concorso, candidati idonei ma non nominati proprio per l'annullamento della procedura, candidati che non avevano superato le due prove scritte svoltesi nei giorni 25 e 26 gennaio 2006.
Per le prime due categorie indicate, la legge citata e il decreto ministeriale n. 2 del 3 gennaio 2011 hanno disposto l'effettuazione di due distinte e successive prove scritte, la prima delle quali si è potuta effettivamente svolgere soltanto in Pag. 4data 11 luglio 2011, a conclusione dei numerosi ricorsi prodotti dai candidati.
La commissione esaminatrice ha consegnato l'elenco di coloro che avevano superato la predetta prova in data 11 agosto 2011. L'ufficio ha, quindi, potuto dare avvio alle operazioni di mutamento di incarico solo successivamente alla pubblicazione di tali elenchi, effettuata il 16 agosto, a pochi giorni dall'avvio dell'anno scolastico (e comunque in forte ritardo rispetto ai tempi previsti), in quanto, all'esito favorevole del concorso, la maggior parte dei dirigenti, «bloccati» nelle sedi occupate all'atto dell'entrata in vigore della legge n. 190 del 2009, ha avuto la possibilità di produrre domanda di mobilità.
Nel frattempo, entrava in vigore, a giugno inoltrato, la legge n. 111 del 2011, la quale disponeva che le istituzioni scolastiche con meno di 500 alunni e di 300 nelle piccole isole, comuni montani o con minoranze linguistiche (limiti poi elevati rispettivamente a 600 e 400 unità dalla legge di stabilità 2012) non potessero essere più sedi di dirigenza scolastica, ma dovessero essere affidate in reggenza ad un dirigente assegnato ad altra sede. In esecuzione della predetta legge, i dirigenti scolastici interessati hanno anch'essi prodotto istanza di mutamento di incarico per l'anno scolastico 2011/2012.
Le due circostanze sin qui segnalate hanno, quindi, comportato la necessità di procedere, in tempi ristrettissimi, alla valutazione di un numero di domande doppio rispetto a quello dell'anno precedente (ben 340 a fronte delle 170) e alla successiva elaborazione dei movimenti.
Le suddette operazioni, in assenza di un sistema nazionale di valutazione, si sono, inoltre, rivelate particolarmente complesse in ragione della sostanziale omogeneità dei curricula e delle esperienze professionali dei dirigenti scolastici interessati, in massima parte immessi in ruolo per effetto degli ultimi tre concorsi, i due riservati e quello ordinario dell'anno 2004.
Quanto sin qui segnalato ha certamente determinato alcuni inconvenienti, ai quali l'ufficio ha posto successivamente rimedio.
Per completezza, il direttore regionale scolastico ha informato che sulla materia si è instaurato un limitato contenzioso, che ha finora ha dato luogo a pronunce dei giudici in senso favorevole per l'amministrazione. Per altri casi, sono state attivate procedure di conciliazione, allo stato in fase di definizione.

PRESIDENTE. L'onorevole Burtone ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-01837.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, debbo esprimere tutta la mia insoddisfazione per la risposta del sottosegretario, che è stata una risposta molto burocratica, mi permetta di sottolinearlo, signor sottosegretario; mi auguro che lei possa approfondire questo tema.
Esprimo molta amarezza per come si sono verificate, in Sicilia, le questioni relative alle assegnazioni dei dirigenti scolastici perché, signor sottosegretario, si è verificata una vicenda molto confusa, incerta, che ha creato caos nella scuola.
Debbo dire che il direttore ha una sola attenuante: quella di essere stato catapultato all'ultimo momento in questo ruolo; però, come è stato da lei detto, il direttore in alcuni casi ha usato un peso, in altri casi, un altro peso, insomma, due pesi e due misure, perché per alcuni ha accettato la conciliazione per altri, invece, è andato allo scontro; per alcuni ha fatto una verifica e, quindi, delle rettifiche, per altri ha avuto un comportamento diverso; il direttore generale regionale si è mosso, molto spesso, in un percorso di favoritismi.
Allora, mi permetto di dirle, signor sottosegretario, che soprattutto in provincia di Catania c'è una generazione di dirigenti scolastici, quelli che aderiscono Pag. 5all'Andis, che sono esponenti coraggiosi, che operano soprattutto nei quartieri difficili della città di Catania, che hanno esperienze significative, che producono un impegno serio nelle proprie scuole e, soprattutto, nelle comunità e nel territorio in cui si trovano.
Questi dirigenti scolastici vanno rispettati e vanno rispettati soprattutto con l'adozione di regole precise; ecco perché non mi posso considerare soddisfatto della sua risposta. Signor sottosegretario, la conosco per la sua sensibilità, mi auguro che lei faccia innanzitutto un'ispezione e mandi gli ispettori per verificare cosa sia accaduto.
L'impegno che vorrei che lei assumesse, anche se non lo ha manifestato nella risposta, è che venissero poste le condizioni perché, quest'anno, non ci siano clientelismi, non ci siano favoritismi ma criteri oggettivi, criteri da mettere alla base, per poi sviluppare i procedimenti e dare le assegnazioni ai dirigenti scolastici.

PRESIDENTE. L'onorevole Granata ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-01878.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, anche per economia di tempi di questa seduta dedicata alle interrogazioni e alle interpellanze, potrei ritenere la mia insoddisfazione assorbita da quella del collega Burtone anche nelle motivazioni che sono state addotte, fermo restando che non c'è in questo alcuna connotazione polemica nei confronti del Governo.
Senz'altro, la fotografia che le nostre interrogazioni hanno riportato nell'Aula parlamentare è un fatto dovuto soprattutto da parte di chi, come me e come l'onorevole Burtone, ritiene che la scuola, prima di ogni altro settore della società siciliana, debba essere esente, nella sostanza e nella forma, da qualsiasi ipotesi di illegalità e di clientelismo.
Quello che è emerso dalla vicenda dell'assegnazione in oggetto è esattamente il contrario; basti pensare al larghissimo eco di stampa che hanno avuto le polemiche legate a questa vicenda e basti pensare a un dato numerico.
I numeri, come qualcuno diceva, sono argomenti testardi, sono argomenti oggettivi: quando su 168 istanze poi ne vengono corrette 52, parliamo del 30 per cento degli errori rispetto alle norme applicate.
Quindi, fermo restando quello che è già stato sottolineato - la poca esperienza del nuovo direttore generale della pubblica istruzione della Regione siciliana - le motivazioni successive sono quelle che hanno maggiormente portato a ritenere indispensabile, da parte mia e da parte dell'onorevole Burtone, un'interrogazione al Governo. Infatti, le motivazioni successive sono state trattate sicuramente non in maniera equa, sia per quando riguarda i criteri, sia per quanto riguarda i tempi, sia per quanto riguarda le modalità.
Quindi, auspico che un'eventuale azione da parte del Governo di monitoraggio e di ispezione rispetto a ciò che è avvenuto sia soprattutto vissuta non in maniera punitiva, rispetto al nuovo direttore scolastico, ma in maniera propedeutica - stavo per dire pedagogica - rispetto a ciò che si andrà a fare. Infatti, capisco il principio secondo il quale una selezione dovrebbe avvenire su elementi di confine - perché capisco che molti curricula possano essere equiparabili -, ma i criteri la legge li fissa in maniera molto netta e molto certa.
Inoltre, l'idea che ci si è fatti della vicenda e che è balzata maggiormente agli occhi dell'opinione pubblica, non soltanto quella direttamente interessata, è stata questa differente valutazione di questioni molto spesso identiche; questa è stata una questione ulteriormente aggravante del quadro che ne è emerso.
A mio avviso, il Ministero potrebbe dare un segno importante attraverso un atto ispettivo e con direttive più stringenti su criteri, tempi e modalità, che costringerebbero poi, nella prossima occasione di selezione e di reclutamento dei dirigenti del personale, ad una valutazione più oggettiva da parte della direzione regionale della pubblica istruzione.

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(Chiarimenti in merito all'esclusione disposta dal decreto ministeriale n. 211 del 2010 degli scrittori dell'Italia meridionale dal quadro degli autori di letteratura italiana del XX secolo compresi nei piani di studio dei licei - n. 3-02216)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi Doria, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Burtone n. 3-02216, concernente chiarimenti in merito all'esclusione disposta dal decreto ministeriale n. 211 del 2010 degli scrittori dell'Italia meridionale dal quadro degli autori di letteratura italiana del XX secolo compresi nei piani di studio dei licei (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).

MARCO ROSSI DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, con l'atto parlamentare oggi in discussione l'onorevole interrogante rappresenta il tema dell'esclusione di autori meridionali del Novecento italiano dalle indicazioni nazionali per i licei, emanate con decreto ministeriale n. 211 del 2010, e chiede una modifica delle stesse indicazioni al fine di ricomporre quella unitarietà culturale dell'Italia, che è eredità comune della nostra storia letteraria e civile. Mi permetta di dire anche, in via personale, che sto esaminando con attenzione la questione.
A tal riguardo, però, è bene sottolineare che le indicazioni nazionali degli obiettivi specifici di apprendimento per i licei rappresentano un'intelaiatura sulla quale, autonomamente, le istituzioni scolastiche disegnano il proprio piano dell'offerta formativa. Sono dunque indicazioni che non dettano alcun modello didattico-pedagogico prestabilito, ma valorizzano il ruolo dei docenti e delle autonomie scolastiche nella loro libera progettazione, permettendo a ciascun insegnante e a gruppi di insegnanti di costruire un percorso di studi nella piena libertà del proprio ruolo e della propria funzione.
Più precisamente, non si tratta di programmi da applicare, ma appunto di indicazioni per i docenti, ai quali compete la concreta elaborazione dei percorsi didattici. Le indicazioni, quindi, valorizzano il ruolo dei docenti e delle autonomie scolastiche nella loro libera progettazione, permettendo a ciascun insegnante di costruire un percorso di studi nella piena libertà.
Ai fini della ricostruzione storica delle problematiche in argomento, corre l'obbligo di precisare che i programmi ministeriali per i licei, sorti dalla revisione di quelli emanati dalla sottocommissione alleata dell'educazione nel 1944, non hanno mai definito il canone degli autori italiani del Novecento, pur evidenziando la necessità di leggere Svevo e Pirandello.
In tale linea si sono mosse le numerose sperimentazioni avviate negli ultimi decenni del Novecento.
Nella medesima linea di doveroso riconoscimento delle prerogative dei docenti in materia di elaborazione di percorsi didattici - peraltro sanciti dalla Costituzione - si muovono anche le suddette indicazioni che, tuttavia, non nascondono l'ambizione di tracciare, anche per il Novecento, la mappa degli autori di cui è ritenuta irrinunciabile la conoscenza da parte degli studenti. Al momento della formulazione di queste indicazioni di cui trattasi si è scelto dunque di non redigere una lista, che non sarebbe potuta essere in ogni caso esaustiva, ma di fornire degli esempi, dando spazio proprio al Novecento.
Tenuto conto dell'assoluto rilievo delle personalità culturali coinvolte nella stesura delle indicazioni nazionali, si deve comunque escludere qualsiasi intento discriminatorio delle segnalate omissioni. Si rammenta, inoltre, che, ai sensi dell'articolo 12 - questo è importante -, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010, le indicazioni nazionali vengono aggiornate periodicamente in relazione agli sviluppi culturali emergenti, nonché alle esigenze espresse dalle università, dalle istituzioni dell'alta formazione Pag. 7artistica, musicale e coreutica e dal mondo del lavoro e delle professioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Burtone ha facoltà di replicare.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, so che su questo tema il sottosegretario è molto sensibile - tra l'altro, in premessa alla sua risposta, ha sottolineato che seguirà attentamente questa problematica - e conosciamo la storia professionale, sociale e politica del sottosegretario, quindi abbiamo fiducia che possa produrre esiti positivi. Tuttavia, debbo dire che, pur sapendo che nelle scuole ci si muove con autonomia anche sui programmi, le iniziative del Ministro Gelmini, e quindi del precedente Governo, signor sottosegretario, a noi erano sembrate uno dei frutti avvelenati che bisognava subito fronteggiare, anche perché - lo dico con umiltà - il mondo politico non aveva colto subito questa problematica.
Fortunatamente ci sono state delle forze culturali che hanno segnalato la questione, come il Centro di documentazione della poesia del Sud, che ha determinato una mobilitazione - lei sa che già alcuni consigli regionali hanno deliberato in merito - delle associazioni culturali, del mondo del volontariato, di intellettuale e di semplici cittadini che protestano e si pongono questo tema. Occorre inoltre considerare che nelle indicazioni nazionali, in relazione alle attività e agli insegnamenti compresi nel piano di studi previsti che accompagnano il decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 1990 per l'insegnamento della letteratura italiana, in modo particolare per il Novecento, si specificava che si sarebbe iniziato con l'esperienza decisiva di Ungaretti, Saba e Montale, ma c'era un'ulteriore indicazione nell'aggiungere Rebora, Luzi, Sereni, Zanzotto.
Il percorso della narrativa, in questo caso dalla stagione neorealista ad oggi, secondo queste indicazioni dovrebbe comprendere letture di autori significativi come Gadda, Fenoglio, Calvino, Primo Levi e può essere integrato da altri autori (Pavese, Pasolini, Morante, Meneghello). Infine, c'era la raccomandazione alla lettura di pagine della migliore prosa saggistica. Con il massimo rispetto quindi degli autori che ho indicato, a noi pare che il Ministro Gelmini abbia trascurato autori significativi come Quasimodo, Alfonso Gatto, Ignazio Silone, Leonardo Sciascia. Il Ministro Gelmini, evidentemente, non vuole tenere conto di una grande e significativa presenza di intellettuali del Mezzogiorno.
Pertanto le chiedo, signor sottosegretario, di vigilare.
Lei infatti ha ben detto che, sì, negli istituti si possono fare attività autonome e integrative, però lei ben sa che le indicazioni date dal Ministero rientrano anche nella chiara ispirazione dei testi che saranno adottati. Ora, poiché gli editori si mettono in linea anche con le pendenze ministeriali, a noi pare importante che il Ministero su questo dia una parola precisa, indicativa. Il Paese innanzitutto deve essere unito non solo economicamente e politicamente, ma deve essere unito culturalmente, perché l'Italia è nata prima con la lingua e con la cultura e poi militarmente e politicamente. Quindi, a noi pare importante sollecitare un intervento ed un controllo del Governo.
È stata un'azione maldestra quella dell'ex Ministro Gelmini, un'azione sbagliata. Noi pensiamo, invece, che quando si danno queste indicazioni si debba essere molto equilibrati. Tra l'altro, il Governo precedente spesso ha cercato di fare incursioni a gamba tesa, quando tentarono per esempio di riscrivere i libri di storia e di mettere in ombra la Resistenza. Abbiamo visto mal operare allora il Ministero, continuiamo a vedere nell'azione della Gelmini, in questo caso, un'azione sbagliata. Ecco perché faccio appello a lei, sottosegretario, affinché possa vigilare e dare un indirizzo preciso: l'Italia deve essere unita anche culturalmente.

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(Chiarimenti in ordine alla richiesta della prefettura di Treviso relativa alla locazione di un immobile di proprietà del comune di Conegliano (Treviso) - n. 2-01299)

PRESIDENTE. L'onorevole Gava ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01299, concernente chiarimenti in ordine alla richiesta della prefettura di Treviso relativa alla locazione di un immobile di proprietà del comune di Conegliano (Treviso), e dispone di quindici minuti al massimo. Non è obbligatorio naturalmente l'utilizzo di tutto il tempo (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).

FABIO GAVA. Signor Presidente, stia tranquillo, utilizzerò molto meno tempo.
Il tema trattato è molto semplice. Si tratta di un accordo istituzionale che è intervenuto tramite la prefettura di Treviso e il comune di Conegliano circa i lavori di ampliamento degli alloggi per i militari carabinieri, già esistente in parte in quella città. Ad opera ultimata ormai da molti mesi, quasi un anno, non si vede la possibilità che essa sia destinata all'uso per il quale sono state spese le risorse pubbliche perché non vi è accordo con il Ministro dell'interno circa l'attuazione dell'accordo di programma sulla base del quale evidentemente sono stati effettuati i lavori da parte del comune insieme all'Aterp, l'Agenzia per il territorio della provincia di Treviso, che prevede, tra l'altro, già a partire dai prossimi anni, un vincolo di spesa per il rimborso del mutuo a carico dell'ente locale.
Questo è il tema, che avrebbe potuto essere anche trattato con una interrogazione, tant'è che una collega parlamentare, l'onorevole Rubinato, ha allo stesso riguardo presentato, qualche giorno dopo la presentazione della mia interpellanza, un'interrogazione a cui è stata data risposta la settimana scorsa in Commissione. Tuttavia, ho voluto inquadrare la questione - lo ripeto - non solamente sotto il profilo di un'interrogazione, ma con caratteristiche di un'interpellanza, perché a me qui pare che siano in gioco questioni di politica più ampia.
Anzitutto, sicuramente la politica di sviluppo della sicurezza dei territori. Questo è un primo punto fondamentale. Un secondo punto fondamentale è quello relativo - pur non essendovi a questo riguardo una responsabilità specifica di questo Governo, in quanto la vicenda è maturata, purtroppo, già sotto il Governo precedente - al rapporto di trasparenza e di leale collaborazione istituzionale che sempre deve esistere tra i vari livelli dello Stato.
Quindi, pare abbastanza curioso che ciò si verifichi a fronte di un impegno di questo tipo, pur essendovi probabilmente delle giustificazioni di ordine finanziario a cui magari sarà data risposta tra poco. Credo, tuttavia, che il punto in questione sia quello proprio di catalizzare l'interesse pubblico sotto il profilo della sicurezza, da un lato, e di assumere un impegno preciso che vada nel senso di mantenere validi ed efficaci gli accordi che sono stati raggiunti.
Se i contratti debbono essere rispettati evidentemente tra privati, a maggior ragione lo debbono essere tra enti pubblici e tra livelli diversi dello Stato e, a maggior ragione, ovviamente tra Stato e cittadini.
A me pare, in sostanza, che tale questione rientri in senso lato tra quelle che oggi sono all'ordine del giorno, cioè quella del rapporto di correttezza e di trasparenza tra lo Stato e la società civile nell'ambito, per esempio, del pagamento dei crediti da parte dello Stato, del rispetto dei tempi e della possibilità di compensare crediti dello Stato e crediti dei cittadini. Insomma, si tratta di una rivisitazione complessiva di quello che dovrebbe essere il rapporto tra Stato e cittadini e, in questo caso, a maggior ragione tra Stato ed enti locali e, quindi, tra diversi livelli della pubblica amministrazione.
Quindi, mi auguro che la risposta non sia solamente quella un po' burocratica che ho letto all'interrogazione della collega Rubinato (in cui ci si impegna ad un generico tentativo di risolvere la questione), ma che, insieme alle rassicurazioni Pag. 9circa la possibilità che la questione possa essere risolta di fatto, ci sia anche una valutazione, che ovviamente non deve essere necessariamente fatta in questa sede, ma che mi pare quanto mai opportuna e necessaria tra diversi livelli dello Stato.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Carlo De Stefano, ha facoltà di rispondere.

CARLO DE STEFANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, con l'interrogazione all'ordine del giorno della seduta odierna l'onorevole Gava pone il problema della situazione di impasse in cui si trova la caserma sede della stazione dell'Arma dei Carabinieri di Conegliano in Veneto e chiede al Governo di dare adeguate indicazioni affinché la prefettura di Treviso possa procedere alla stipula del relativo contratto di locazione.
Rispondo sulla base degli accertamenti disposti. Voglio precisare, innanzitutto, che la compagnia e la stazione dell'Arma dei carabinieri di Conegliano sono accasermate dal 1964 in un immobile di proprietà dell'amministrazione comunale con un contratto di locazione rinnovabile tacitamente fino al 2014, ad un canone annuo di circa 33 mila euro.
L'amministrazione comunale di Conegliano, riconosciuta la necessità di adeguare lo stabile alle accresciute esigenze logistiche e operative, senza alcuna formale autorizzazione da parte del Ministero dell'interno, nel gennaio 2003 ha sottoscritto un accordo di programma con l'ATER di Treviso per la realizzazione di lavori di ristrutturazione e di ampliamento a spese della stessa azienda cui, tuttavia, l'ente locale ha ceduto il diritto di superficie impegnandosi a corrispondere un canone annuo di 204 mila euro.
Il Ministero dell'interno - dopo aver esperito un tentativo di riduzione della spesa con la proposta, non accolta dal comune, di diminuzione del canone e di disponibilità di un comodato gratuito di sei anni - aveva autorizzato la stipula di un atto integrativo al vigente contratto di locazione stabilendo la corresponsione di un canone annuo di circa 63 mila euro, elevabile a partire dal terzo anno secondo quanto stabilito dall'Agenzia del demanio.
A conclusione di lunghe e complesse trattative - considerato che solo il 28 maggio 2010 l'Agenzia del demanio ha congruito il maggior canone annuo di circa 237.000 euro da corrispondere a partire dal terzo anno - il Ministero dell'interno ha autorizzato la stipula dell'atto aggiuntivo al contratto di locazione.
Tuttavia, non è stato possibile rilasciare all'Agenzia del demanio - che in base alle disposizioni introdotte con la legge finanziaria per l'anno 2010 era diventata «il conduttore unico» nei rapporti di locazione passiva di interesse delle amministrazioni dello Stato - la dichiarazione sulla capacità di sostenere la spesa per la locazione, da imputarsi sul competente capitolo di bilancio, a causa dall'assoluta indisponibilità di fondi.
Nel frattempo, interveniva il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in base al quale la competenza a stipulare i contratti di locazione è stata nuovamente ricondotta in capo all'amministrazione locataria.
Pertanto, all'Agenzia del demanio resta demandata la sola competenza al rilascio del relativo nullaosta, effettivamente avvenuto, nel caso di specie, il 3 maggio scorso, per un contratto di locazione di sei anni, rinnovabile per altri sei, al canone annuo di circa 237 mila euro. Il nuovo iter si perfezionerà con l'autorizzazione alla stipula dell'atto aggiuntivo.
Questi, dunque, sono gli elementi che posso fornire in relazione allo specifico quesito posto dall'onorevole interpellante. Ricordo che il problema segnalato è all'attenzione del Ministero dell'interno e si manifesta anche in altre località, per effetto della politica di contenimento della spesa e dei tagli, che non può non avere riflessi sulle situazioni debitorie delle amministrazioni centrali dello Stato e per la cui soluzione è in corso l'individuazione delle misure ritenute opportune.

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PRESIDENTE. L'onorevole Gava ha facoltà di replicare.

FABIO GAVA. Signor Presidente, ovviamente mi dichiaro soddisfatto per la parte relativa alla questione dell'autorizzazione che è stata, appunto, ricordata dal sottosegretario, avvenuta il 3 maggio. Mi corre così l'obbligo e l'intenzione di sottolineare come, a fronte sicuramente di difficoltà economiche che sono note e di politiche di revisione della spesa di tutte le amministrazioni, centrali e periferiche, questo, a mio avviso, dovrebbe, comunque, avvenire mantenendo una valutazione complessiva di ciò che è in essere perché, altrimenti, si rischia, in un certo senso, di dare un'immagine di uno Stato la cui mano destra non conosce quello che sta facendo la mano sinistra.
Peraltro, con riferimento alla comunicazione del sottosegretario, vorrei dire che a me risulta, invece, che nel caso di specie - ma, lo dico puramente a titolo di precisazione - la prefettura di Treviso avesse dato assenso alla impostazione del contratto, così come poi adesso è stato autorizzato, e sulla cui base, evidentemente, è stato fatto il calcolo di intervento economico e finanziario da parte dell'ATER che, evidentemente, ha basato il proprio intervento economico sulla base di quanto si sarebbe potuto percepire.
Preciso, altresì, che vi era, a notizia del sottoscritto, anche la disponibilità da parte del comune di concedere l'immobile gratuitamente i primi due anni ma che, ovviamente, questo non sarebbe potuto avvenire a partire dal terzo, proprio per gli oneri finanziari che, in accordo con l'ATER, erano stati assunti.
Comunque, sono soddisfatto che la questione, come ricordato, sia in fase di positiva e definitiva conclusione.

(Elementi e iniziative in relazione a lettere anonime riguardanti alcuni amministratori del comune di Fuscaldo (Cosenza) - n. 2-01333)

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01333 concernente elementi e iniziative in relazione a lettere anonime riguardanti alcuni amministratori del comune di Fuscaldo (Cosenza) (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ovviamente ringrazio lei e il sottosegretario De Stefano. Abbiamo affrontato l'argomento attraverso questo strumento del sindacato ispettivo presentato il 25 gennaio. Pertanto, possiamo dire che anche l'interpellanza è datata. Quando le interpellanze sono distanti nel tempo ci si interroga: ma, in tutto questo periodo, intercorso tra la presentazione dell'interpellanza, in cui si evidenziano alcuni fatti e si danno alcuni elementi di valutazione, che abbiamo quindi offerto al Governo, è cambiato qualcosa? Possiamo tranquillamente qui dichiarare che da quel di fino ad oggi non è cambiato proprio nulla!
Che cosa si diceva nell'interpellanza? Si diceva che nel comune di Fuscaldo vi è un clima molto, molto preoccupante, così come è preoccupante il clima in tutta la Calabria, in moltissimi comuni della Calabria. Non vado qui a ripescare e, quindi, a riproporre vicende che sono state oggetto di attenzione da parte dell'Aula di Montecitorio e anche da parte del Governo. Ricordo le minacce agli assessori, ai sindaci e il clima che c'è nei comuni.
Quando c'è una minaccia, un attentato, quando si bruciano le case, le macchine a sindaci e ad amministratori comunali, tutto questo deve essere inquadrato in un clima certamente poco chiaro e sdrucciolevole sul piano della legalità e della difesa dei principi e degli elementi fondamentali che assicurano la convivenza sociale e civile all'interno di una comunità.
La preoccupazione aumenta sempre di più, tanto è vero che alcuni di noi abbiamo anche proposto un intervento sempre più massiccio da parte del Governo. Questa mattina anche per la vicenda di Fuscaldo che stiamo trattando - e mi affido alla cortesia del sottosegretario De Stefano che stimo, come gli ho detto anche in molte occasioni - c'è una struttura investigativa Pag. 11vera in Calabria? Le forze dell'ordine fanno per intero il proprio dovere; devo dire con estrema chiarezza che sia le forze dell'ordine, sia magistrati fanno per intero il proprio dovere, con grandi sacrifici, con grande impegno e con grande determinazione. Ci sono gli elementi di supporto e quindi una struttura ed una capacità investigativa, oppure affidiamo le indagini per alcuni reati semplicemente alle intercettazioni, alle intercettazioni ambientali, telefoniche e così via? C'è un'azione investigativa? Quante volte abbiamo parlato della legge n. 121 del 1981, quante volte abbiamo parlato di una realtà all'interno delle forze di polizia, a cui fosse affidata un'attività investigativa che certamente ripercorresse un valore del passato, aggiornato certamente attraverso la strumentazione e attraverso gli aggiornamenti che le nuove tecnologie offrono a noi tutti. Evidentemente, una struttura investigativa capillare non funziona.
Noi parliamo, signor sottosegretario, di comuni di media entità: non sono comuni di centinaia di migliaia di abitanti. Fuscaldo è un comune importantissimo e fondamentale. Vado spesso a Fuscaldo, ho presenziato a tante manifestazioni, organizzate dal bravo sindaco di allora Davide Gravina, che ripercorrevano storie e valori di questo comune, i principi della religione, dell'istituzione e della legalità. Tante volte abbiamo partecipato. Parliamo quindi di un comune medio, dove ci si conosce. Qui ci troviamo di fronte ad una vicenda e ad un fenomeno stranissimo. Ci sono lettere anonime, accuse che vanno dal riciclaggio di denaro sporco alla truffa - come dico nella mia interpellanza - dall'appartenenza al clan Muto di Cetraro o a logge massoniche - credo che il clan Muto sia conosciuto poiché tutti ne parlano - ma è possibile che questo tipo di azioni e queste lettere anonime non abbiano una paternità? Vorrei anche capire - adesso certamente il sottosegretario darà una risposta all'interpellanza - a che punto siamo: sono passati cinque mesi, il clima è pesante in quella comunità, pertanto vogliamo capire se queste accuse fatte agli amministratori sono vere o non lo sono. Io ovviamente non condanno nessuno, ma voglio capire se c'è un'azione investigativa che dia veramente una tranquillità e serenità o che quantomeno restituisca una parte di tranquillità e di serenità - tanto per essere realistici e concreti - alla realtà del comune di Fuscaldo. Fuscaldo è vicino a Paola, ha dato i natali alla mamma di San Francesco di Paola, è un comune di grandi tradizioni, di grande cultura e di grande rilevanza. È possibile che tutto avviene in questa nostra regione per atti delinquenziali a volte di una piccolissima minoranza dei calabresi e viene ad essere derubricato e attenzionato solo nelle grandi occasioni?
Finiti gli episodi poi cade tutto nel dimenticatoio e non si comprende come le indagini vanno avanti e così via. Non voglio accusare nessuno, lungi da me - l'ho detto l'altro giorno, per carità - ma è possibile che anche da parte dell'amministrazione attuale di Fuscaldo non sia pervenuta una qualche risposta? Ha collaborato, sta collaborando, cosa è stato fatto, ci sono dei contatti?
Io mi auguro, signor sottosegretario - con il permesso del Presidente, mi rivolgo a lei - che gli elementi che le hanno fornito per costruire la sua risposta a questo atto di sindacato ispettivo abbiano una loro logicità e siano persuasivi. Vorrei capire: molte volte i pellegrinaggi, come accade in alcuni comuni della Calabria - questa volta c'è il pellegrinaggio a Monasterace, una situazione drammatica, solidarietà al sindaco - sono strumentali da parte di una certa realtà di un partito politico; molte volte i fatti delinquenziali si assumono strumentalmente per costruirsi delle professionalità di antimafia o quant'altro, ma poi se si individuano o meno le responsabilità questo è un fatto marginale e secondario.
Io vorrei capire se c'è un'azione reale, forte, vera, la proiezione di una strategia o quanto meno di un contenimento, non credo che la criminalità media, micro, grande, organizzata sia invincibile, non credo ci sia un'invincibilità, non c'è una grande «Armada» invincibile della Spagna del Seicento e Settecento, ci sono quattro Pag. 12delinquenti che si sono organizzati e spadroneggiano nei comuni, ma nella vicenda di Fuscaldo ci sono queste lettere anonime che denunciano alcune cose e la loro responsabilità. Noi ci auguriamo che tutto questo non sia vero, ma vogliamo fare un'azione per tranquillizzare la comunità che pretende di essere amministrata - io non ho ovviamente elementi per dire diversamente - da persone che siano perbene, che non hanno nessuna connivenza e collusione? Con molta tranquillità si deve fare chiarezza, ma si deve capire certamente se alcuni dati e se questo clima può essere accettato e sostenibile.
Credo che questo sia un aspetto importante e per alcuni versi a mio avviso condizionante di ogni processo - quante volte l'abbiamo detto - di sviluppo economico; il Governo si sta caratterizzando in questa fase attraverso misure economiche, di contenimento e di sacrifici ma io ritengo che ogni popolo e ogni comunità è disponibile a fare dei sacrifici anche sul piano economico, ma quello che non si può chiedere e non si può pretendere da una comunità è di fare sacrifici sul piano umano e personale su temi e valori che riguardano la propria libertà, sicurezza e dignità e che riguardano un territorio dove a volte vengono ad essere sospesi i principi forti dell'agibilità democratica.
Questo no, perché qui è in discussione la democrazia, la libertà di giudizio, di movimento, questo attiene alla responsabilità e all'etica della responsabilità, vogliamo capire se c'è un percorso da seguire affinché la responsabilità e l'etica siano inscindibili e non siano scindibili; vogliamo sapere se governanti e amministratori rispondono non ad un astratto codice deontologico ma al senso del dovere e del rispetto delle istituzioni che essi rappresentano, ma questo lo dobbiamo capire, dobbiamo sapere se gli investigatori a cui la legge assegna compiti precipui sul piano istituzionale e d'istituto - come si suol dire - abbiano avuto riscontro. Non hanno avuto riscontro? Allora qualcosa non funziona.
Se qualcosa non funziona o se uno strumento non ha funzionato, non dobbiamo avere timore. Ad esempio, in questa vicenda di Fuscaldo, tanto per riprendere un mio riferimento iniziale, non si può assistere a centinaia di atti di intimidazione ed a climi di alterazione senza individuare i responsabili. Non è possibile! Quante volte l'ho detto in quest'Aula, esaltando anche le leggi della statistica. Vi è il calcolo delle probabilità: ho studiato all'università che, su enne casi, due, tre o quattro si individuavano, ad esempio anche i responsabili.
Il calcolo delle probabilità non esiste in Calabria, perché? C'è inadeguatezza nelle forze di polizia? Sappiamo che esistono risorse ed energie umane encomiabili. C'è disattenzione o assuefazione? C'è irrazionalità nell'impiego? C'è una volontà di non andare oltre? Non ritengo che ci sia, perché c'è anche una brava magistratura. Allora, cosa c'è? Ritengo che questi siano gli interrogativi. Per concludere, signor Presidente, la vicenda di Fuscaldo ha poi una sua particolare gravità, perché il clima è quello che è: ci sono queste lettere anonime, ci sono le accuse di riciclaggio, di organizzazione massonica e 'ndranghetistica. Non si sa se questo comune deve affidare la propria storia futura a questo tipo di alterazione della civiltà o con il concorso di tutti gli organi dello Stato si può individuare un percorso che gli restituisca e garantisca quella dignità che gli proviene da una storia di civiltà e di cultura che non è mai venuta meno nella stragrande maggioranza dei cittadini. Infatti, oggi la stragrande maggioranza dei cittadini di Fuscaldo vuole chiarezza e giustizia, che non sono due termini astratti, divisi o dicotomici. Sono due termini inscindibili: la chiarezza per la giustizia. Chiarezza significa intendimenti chiari, giustizia significa ridare alla persona umana la propria dignità attraverso una comunità che merita moltissimo e che merita ovviamente di guardare al futuro con tanta fiducia e tanta speranza.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Carlo De Stefano, ha facoltà di rispondere.

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CARLO DE STEFANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, con l'interpellanza all'ordine del giorno, l'onorevole Tassone richiama l'attenzione del Governo su alcuni episodi che hanno interessato amministratori del comune di Fuscaldo, in provincia di Cosenza, destinatari di lettere anonime denigratorie e diffamatorie. Questi episodi si sono verificati in occasione della tornata elettorale del 15 e 16 maggio 2011 e nei mesi successivi alle stesse consultazioni amministrative. Gli scritti anonimi, riguardanti alcuni candidati, sono stati trasmessi anche alla procura della Repubblica presso il tribunale di Paola. La vicenda, seguita attentamente dalle forze dell'ordine e dall'autorità giudiziaria, è stata esaminata anche in sede di riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia. In quella occasione, alla luce di una direttiva della procura generale della Repubblica di Catanzaro del 23 giugno 1994, si è convenuto di trasmettere gli esposti, indirizzati alle autorità di polizia, immediatamente alla procura generale, al fine di disciplinare in modo uniforme l'attività di indagine.
A conclusione di tali attività, non essendo emerse responsabilità di rilievo penale, l'autorità giudiziaria - alla quale sono state trasmesse anche le denunce contro ignoti presentate dalle parti offese - ha archiviato, in data 23 settembre 2011, i relativi procedimenti penali. Più in generale voglio ricordare che il fenomeno degli atti intimidatori nei confronti di amministratori ed imprenditori che, negli ultimi tempi, si è manifestato con una certa frequenza in alcuni comuni della Calabria, è costantemente attenzionato dal Ministero dell'interno. La tutela di queste persone, impegnate nella vita politica, sociale ed economica in zone particolarmente delicate del nostro Paese, costituisce una priorità sia per la pianificazione dei servizi di polizia, sia per l'attività di adozione di specifiche misure di protezione.
In questa direzione ho sensibilizzato le autorità provinciali di pubblica sicurezza nel corso di apposite riunioni tecniche di coordinamento. Tutte le forze di polizia hanno potenziato ulteriormente gli sforzi, sia in termini di risorse umane sia in termini di mezzi e tecnologie.
Occorre, tuttavia, che le istituzioni e i diversi livelli di governo svolgano un ruolo decisivo, non solo sul piano della prevenzione del crimine, ma anche concorrendo con ogni mezzo alla creazione di una solida rete per l'affermazione di comportamenti sempre improntati al rispetto della legalità.
E a questo proposito voglio ricordare che l'esigenza di assicurare le condizioni necessarie per l'esercizio delle libertà democratiche e di manifestazione del pensiero è stata ancora recentemente ribadita dal Ministro Cancellieri, in occasione del ritiro delle dimissioni presentate dal sindaco di Monasterace.

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di replicare.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho qualche perplessità, perché sto cercando di raccogliere le idee per dare nella mia replica una valutazione e un giudizio degli elementi e dei dati che ci ha fornito il sottosegretario De Stefano.
Signor sottosegretario, le sono grato, ma sinceramente le sono grato. Le sono grato per quello che lei è, per quello che lei è stato nelle istituzioni e per quello che lei sarà - glielo auguro veramente di cuore -, però mi dispiace, al di là del ringraziamento per la sua cortesia, di non poter dare un giudizio ed una valutazione positiva della sua risposta alla mia interpellanza, nella maniera più assoluta. Credo che la sua risposta sia un fatto grave nella gravità.
Io faccio parte di un gruppo che sostiene questo Governo: non è che vi sono responsabilità particolari di questo Governo, ma ogni Governo, nel tempo che gli è dato di vivere, durante il quale esercita il proprio «dominio», nel senso buono della parola, ha la responsabilità di capire e di comprendere.
Non si può accettare una risposta di questo genere. In questa mia interpellanza avevo chiesto alcune cose. Non è possibile Pag. 14che si risponda in questa maniera. Conosco molto bene l'ambiente della sicurezza per una vita trascorsa nelle Aule parlamentari e nelle Commissioni di merito. Non si può rispondere così, non è possibile.
Io sto parlando di clima, di responsabilità, ho fatto anche il nome di un'organizzazione criminale che imperversa sul terreno cosentino. Ho indicato anche degli specifici reati per quanto riguarda il riciclaggio e così via. Non si può dire che vi sono state delle investigazioni con tecnologie, con il coordinamento interforze. Parliamoci con estrema chiarezza, tra chi viene da questa esperienza: se possiamo, evitiamo di prevedere questi orpelli, queste strutture pressoché inutili, per cui, a volte, si crea all'interno del Ministero dell'interno questo coordinamento interforze, che produce battute e frasi roboanti, ma chi conosce queste strutture sa che alcune funzionano ed altre no, che vengono costruite per la soddisfazione di qualche dirigente che è rimasto senza posto.
Se possibile, evitiamo di fare queste cose. Che significa? Le investigazioni non vi sono state: in un comune di 2 mila, 3 mila o 4 mila abitanti - non è venuto in mente a nessuno - dove si conoscono figli, padri, nonni, settima generazione, paternità, maternità, parentela trasversale e non, possibile che non si sappia niente?
Lei ha fatto riferimento, giustamente, alle tecnologie, ma poi si rinvia alla procura della Repubblica, che rimanda alla procura generale presso la Corte d'appello. La procura della Repubblica cosa può fare e con quali elementi?
Se la polizia giudiziaria non fornisce elementi, cosa deve fare? Archivia. Qui, ovviamente, dobbiamo avere dei grandissimi archivi, perché tutto viene archiviato. Ma si sta archiviando la Calabria se, su un episodio come questo, non è stato dato alcun elemento per riferire in Aula.
Signor sottosegretario, lo dica a questi funzionari. Non le hanno dato un solo elemento da cui emerga che si sta seguendo questa pista. Nulla, non vi è nulla. Allora, le lettere anonime, contenenti accuse, qualche cittadino se le è scritte da solo. Qualche cittadino proveniente non da Fuscaldo, altrimenti si dovrebbe sapere, ma qualcuno che è venuto da oltreoceano.
Non si è accertato se le accuse sono vere o meno! Non si vogliono accertare le responsabilità! Non vi sono responsabili! Vi è stata un'indagine per verificare se quelle accuse corrispondano a verità? Perché quando si parla di accuse che riguardano organizzazioni criminali vi deve essere un impegno morale da parte di tutti per capire qual è lo stato dell'arte, visto e considerato che quella è una zona, per alcuni versi, a rischio. Non lo so.
Certo, queste risposte saranno parte della storia dei Governi, del Parlamento, non sono fatti e rituali, liturgici, di circostanza o di occasione. Queste frasi fanno parte del bagaglio. Allora, le lotte per il progresso, per la civiltà, per la democrazia, per la libertà, per liberare dal bisogno e dal condizionamento mafioso, come le facciamo? Ci arrendiamo? Facciamo le riunioni, i meeting, nei Ministeri, con queste strutture di coordinamento, interforze? Su quali basi? E quando l'investigazione deve essere locale, su quali basi operano le strutture di coordinamento? Inoltre, quest'ultime sono composte da amici, che conosco, apprezzabili funzionari, che hanno una responsabilità. In che termini, su quali elementi, su quali basi, quali sono i dati?
Signor Presidente, io ritengo che ci troviamo, questa mattina, al di là della cortesia del sottosegretario De Stefano, di fronte ad una pagina certamente non esaltante per le istituzioni parlamentari e neanche il Governo dovrebbe sentirsi soddisfatto e compiaciuto per la risposta che le strutture hanno fatto dare al sottosegretario De Stefano.
Allora, ritengo che rimanga forte la domanda circa questa vicenda di Fuscaldo. Vorrei capire, signor Presidente, quale risposta il parlamentare di quella zona, di quel territorio, vorrebbe dare ad una popolazione inquieta, ma, soprattutto, che è stata oggetto non soltanto di una vicenda, di un episodio. Vi è un clima difficile, inestricabile, pesante, una cappa pesante. Cosa gli si dice? Che gli Pag. 15investigatori non sono riusciti, malgrado le tecnologie, a risolvere la questione, che il fatto è stato archiviato, derubricato contro ignoti. Una volta contro ignoti vi era soltanto il furto delle macchine, lì è sempre contro ignoti, ma qui vi è qualcosa in più, anche se il furto delle macchine non è una cosa da accettare perché viene subito derubricato come fatto contro ignoti e non si svolgono neppure le indagini.
Signor Presidente, credo che alcune cose sono da rivedere.
Termino qui il mio intervento. Chiedo veramente scusa al signor sottosegretario De Stefano proprio per l'apprezzamento che ho fatto nei suoi confronti poc'anzi. Veramente, con molto dolore, mi dichiaro non soddisfatto della sua risposta, ma sinceramente preoccupato, anche perché il Ministero dell'interno è presieduto da un bravo Ministro, la dottoressa Cancellieri.
Forse qualche valutazione in più, seria, per quanto riguarda la Calabria, dovrebbe essere fatta. Gli episodi, le presenze, le manifestazioni di circostanza, le parole di commozione e di solidarietà non hanno alcun valore perché si disperdono rispetto all'inanità delle istituzioni di fronte a fenomeni che ho denunciato e che lei ha registrato come un dato importante, ma certamente ha registrato anche la debolezza dell'attività investigativa.

(Iniziative in relazione alla pubblicazione su un sito Internet contenente materiali a sfondo razzista di una lista di personalità che sostengono iniziative solidali o antirazziste - n. 3-01991)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Carlo De Stefano, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Fiano n. 3-01991, concernente iniziative in relazione alla pubblicazione su un sito Internet contenente materiali a sfondo razzista di una lista di personalità che sostengono iniziative solidali o antirazziste (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).

CARLO DE STEFANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, con l'interrogazione iscritta all'ordine del giorno l'onorevole Fiano chiede di conoscere le iniziative che il Governo intende assumere nei confronti del sito www.stormfront.org, che ha in più occasioni pubblicato liste di note personalità del mondo politico e sociale, accusate di aver sostenuto iniziative contro il razzismo.
La questione, peraltro già oggetto di precedenti atti di sindacato ispettivo, investe aspetti molto delicati, connessi ad attività di natura discriminatoria svolte attraverso la rete Internet e, quindi, di non agevole accertamento.
Nei confronti del predetto sito sono ancora in corso mirate attività investigative, coordinate dalla procura della Repubblica di Roma e condotte dal servizio polizia postale e delle comunicazioni del Ministero dell'interno unitamente al compartimento polizia postale e delle comunicazioni di Roma, volte all'individuazione degli autori dei messaggi discriminatori recentemente pubblicati.
Per l'identificazione dei responsabili si rendono necessarie attività investigative in regime di rogatoria internazionale negli Stati Uniti d'America, Paese che ospita i server presso i quali è attestato il sito. Mirate indagini sono state avviate anche dalla DIGOS di Reggio Emilia, in relazione alla recente pubblicazione dei nominativi di 163 professori di religione ebraica sul sito www.holywar.org.
La legge n. 205 del 1993 (cosiddetta legge Mancino) offre specifici strumenti legislativi per il contrasto alla discriminazione razziale, etnica e religiosa. Di particolare utilità per l'attività di prevenzione si è rivelato anche il decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, che, adeguando la legge Mancino, ha disposto che i fornitori di servizi Internet informino l'autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza delle attività illecite riguardanti i destinatari del servizio, ovvero forniscano informazioni in loro possesso per individuare e prevenire comportamenti illeciti.
A seguito di queste norme - voglio ricordarlo - sono state emanate, negli anni, specifiche direttive alle autorità di Pag. 16pubblica sicurezza in merito alle linee di intervento da attuare anche in occasione di eventi sportivi: mi riferisco, in particolare, alla possibilità di sospensione o di mancato avvio delle gare nel corso delle quali si verificano manifestazioni xenofobe, anche attraverso cori e slogan.
La globalizzazione della criminalità on-line impone una stretta collaborazione internazionale tra i vari Paesi. In questa direzione assumono grande rilievo le più recenti innovazioni normative sul piano internazionale. Mi riferisco, in particolare, al Protocollo addizionale alla Convenzione sulla criminalità informatica del Consiglio d'Europa, relativa all'incriminazione di atti di natura razzista e xenofoba commessi a mezzo di sistemi informatici.
L'atto, firmato dall'Italia lo scorso 9 novembre, estende la portata della Convenzione sulla cybercriminalità e mira a rendere più efficace la lotta contro il razzismo e la xenofobia, impegnando l'Italia ad adeguare la propria legislazione penale per perseguire i reati riguardanti la diffusione tramite Internet di idee razziste e xenofobe, nonché il negazionismo di atti di genocidio. Pertanto, con il recepimento del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa potranno essere ulteriormente perfezionati gli strumenti a disposizione per il contrasto al cybercrime.
Con l'istituzione, avvenuta nel 2010, dell'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD) sono state effettuate analisi sui delitti commessi in tale ambito e svolte una serie di attività tecniche e di analisi allo scopo di classificare alcuni delitti in base al contesto criminoso in cui avvengono.
Da tali indagini è emerso che, nell'anno 2011, sono state segnalate dalle forze di polizia all'autorità giudiziaria 655 persone per aver commesso atti discriminatori. Il 46,26 per cento di tali segnalazioni hanno riguardato la discriminazione razziale. Questi dati comunque sono provvisori, in quanto ricavati dalle risultanze dell'attività investigativa e non dagli esiti processuali.
Per quanto riguarda la specifica attività dell'OSCAD, sono pervenute 228 segnalazioni, di cui quelle riguardanti reati sono state 60, i soggetti arrestati sono stati 28 e quelli deferiti all'autorità giudiziaria 66.
Desidero, inoltre, segnalare un'ulteriore iniziativa che testimonia il convinto impegno interistituzionale sul fenomeno dell'antisemitismo: la stipula di una convenzione, il 7 aprile 2011, tra l'OSCAD e l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), istituito presso il Dipartimento delle pari opportunità. La Convenzione ha lo scopo di definire, tra l'altro, le modalità di scambio informativo nella trattazione dei casi di discriminazione.
Intendo, poi, assicurare che, sul piano locale, le forze di polizia territoriali, in particolari, le DIGOS, coordinate dalla Direzione centrale della polizia di prevenzione, svolgono un'attenta attività infoinvestigativa, finalizzata a contrastare ogni episodio di antisemitismo (per lo più danneggiamenti, scritte murali e ingiurie) con conseguente denuncia all'autorità giudiziaria.
Come anticipato, oltre a questi episodi, sono attentamente seguite tutte quelle attività che possono svilupparsi grazie alle nuove possibilità offerte dalla rete. Ed è in questo campo che la Polizia postale e delle comunicazioni svolge, sia a livello centrale che territoriale, una straordinaria attività di monitoraggio della rete al fine di rilevare tempestivamente notizie utili circa l'eventuale presenza di siti razzisti e xenofobi.
A quest'ultimo riguardo, desidero confermare che massimo è l'impegno profuso contro l'antisemitismo on line. Rispetto a queste nuove frontiere della lotta alla criminalità informatica, l'attività svolta dalla Polizia postale e delle comunicazioni ha consentito sinora di segnalare all'autorità giudiziaria numerosi siti e spazi web riconducibili a fenomeni di antisemitismo, mentre per alcune situazioni, già individuate e particolarmente complesse, sono tuttora in corso di svolgimento i necessari approfondimenti investigativi.
I 995 spazi virtuali monitorati nel 2011 ed i 395 nei primi cinque mesi del corrente anno testimoniano lo straordinario impegno degli investigatori on line nell'attività Pag. 17di vigilanza dei siti web, al fine di ricercare eventuali fattispecie di reato.

PRESIDENTE. L'onorevole Fiano ha facoltà di replicare.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario De Stefano, peraltro già ottimo responsabile dell'UCIGOS e, quindi, a conoscenza delle iniziative investigative che gli uffici delle DIGOS nelle nostre questure prendono e mantengono su questo argomento.
Lo ringrazio per le notizie che ha qui comunicato circa la lotta che conosco, sempre costante, ai fenomeni di antisemitismo. L'interrogazione, però, in questo caso si rivolge, invece, a fenomeni diversi, cioè alla presenza in questo sito www.stormfront.org di una cospicua campagna di razzismo e, in questo caso, con la pubblicazione di questa lista, all'aggressione contro coloro (personalità italiane di amministratori, parroci e giornalisti) che svolgono invece, per fortuna, attività di solidarietà antirazzista.
Questo è un sito dove si legge inneggiare alla pulizia etnica.
Le cose che lei ha raccontato, signor sottosegretario - delle quali ringrazio lei, il Ministro ed il Governo - sono fatti perlopiù conosciuti di indagini in corso, ma la realtà è che io siedo in questa Camera ormai quasi da sette anni, conosco la quantità e la profondità delle inchieste in corso, ma in questo Paese simili cose possono continuare ad essere pubblicate su numerosi siti ed in particolare su quello che qui segnaliamo, sull'altro che lei ha citato, www.holywar.org, sul quale la DIGOS di Reggio Emilia ha in corso una indagine, ed in altri luoghi.
La domanda non è se debbano essere chiusi i luoghi dove chiunque possa esprimere le opinioni più disparate, ma è la seguente. In questo Paese, signor sottosegretario, vista la legge che lei ha citato, vi è il divieto di diffondere idee discriminatorie: ebbene, l'impedimento alla diffusione di tali idee avviene mediante l'iniziativa di processi penali se esse sono diffuse a mezzo stampa, se sono scritte sui muri o negli stadi, ma non avviene con riferimento a ciò che viene pubblicato sui siti Internet per un insieme di difficoltà; alcune le ha citate lei, quelle delle rogatorie internazionali. Non sono certo che noi siamo ancora dotati degli strumenti legislativi sufficienti.
Vorrei citare, inoltre, un ultimo tema, quello relativo al fatto che gli utenti e coloro che parlano in questi siti, magari, non ne sono neanche gli organizzatori: sono anonimi e, quindi, in Italia, celate dietro la mancanza di un nome corrispondente, vi sono persone che frequentano questi siti, che possono diffondere idee discriminatorie. Tali idee non sono solo antisemite, ma come sa bene il sottosegretario, sono anche razziste nei confronti degli immigrati, e molto altro; sono offensive nei confronti del Governo, anche del Governo attuale, di tutte le forze politiche, di tutte le situazioni di questa Repubblica.
In Italia, oggi - me ne rammarico e debbo ammettere, a questo punto, l'insoddisfazione per la risposta, ovviamente non per ciò che mi ha detto il sottosegretario -, tutto ciò si può fare senza che questo fenomeno rientri nella possibilità dei giudici di colpire le persone che si sono macchiate di questo reato e, cioè, della diffusione di idee razziste e discriminatorie. Devo dire che questo, nel 2012, nel nostro Paese - che dovrebbe essere la culla della democrazia e della libertà, ma non della libertà di diffondere idee discriminatorie - fa molta tristezza.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni all'ordine del giorno.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con l'assegnazione a Commissione in sede legislativa del disegno di legge n. 4716.

La seduta, sospesa alle 12,55, è ripresa alle 15,10.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, Pag. 18i deputati De Biasi, Fallica, Lusetti e Palumbo sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica della composizione di una componente politica del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera in data 4 giugno 2012, la deputata Linda Lanzillotta ha dichiarato di dimettersi dalla componente politica «Alleanza per l'Italia», continuando ad aderire al gruppo parlamentare Misto.

Relazione conclusiva della Commissione di indagine richiesta dal deputato Antonio Mazzocchi.

PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Rosy Bindi, presidente della Commissione di indagine costituita ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento e richiesta dall'onorevole Antonio Mazzocchi, per dare lettura della relazione conclusiva della Commissione da lei presieduta.

ROSY BINDI, Presidente della Commissione di indagine. Signor Presidente, nella seduta del 12 aprile 2012, intervenendo sull'ordine dei lavori, l'onorevole Francesco Barbato, richiamandosi anche ad articoli di stampa, chiedeva di sottoporre all'Ufficio di Presidenza la questione relativa alla revoca dell'onorevole Antonio Mazzocchi dal suo incarico di questore della Camera, accusandolo di un fatto determinato, l'aver cioè acquisito a condizioni estremamente vantaggiose e non regolari la proprietà di un appartamento già oggetto di dismissione immobiliare da parte del comune di Roma, e definendone il presunto comportamento con espressioni di contenuto offensivo: «fregando il comune di Roma»; «ruberie»; «non possiamo affidare le galline alla volpe».
Con lettera pervenuta il 13 aprile, l'onorevole Mazzocchi, nel preannunciare di aver dato incarico al suo legale di querelare l'onorevole Barbato, chiedeva al Presidente della Camera, ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento, che fosse nominata una Commissione di indagine con il compito di giudicare la fondatezza delle accuse rivoltegli dall'onorevole Barbato nel corso della seduta del 12 aprile. In tale lettera il questore Mazzocchi forniva una diversa ricostruzione del fatto - l'acquisto, appunto, dell'appartamento - che escludeva il suo coinvolgimento nell'operazione, chiarendo che vi era stata, invece, una donazione dell'immobile alla moglie da parte della suocera.
Come annunciato nella seduta del 17 aprile 2012, il Presidente della Camera, sussistendone i presupposti, dava corso alla richiesta formulata dall'onorevole Mazzocchi e nominava conseguentemente una Commissione di indagine, di cui chiamava a far parte la sottoscritta, in qualità di presidente, e gli onorevoli Renzo Lusetti e Giacomo Stucchi. Alla Commissione veniva assegnato il compito di riferire alla Camera entro la fine del mese di maggio.
Istruttoria della Commissione di indagine. Le sedute del Giurì hanno avuto luogo il 19 aprile, il 9, il 23 e il 29 maggio 2012. Le audizioni; l'eccezione dell'onorevole Barbato in merito alla mancata pubblicità dei lavori della Commissione.
Nella seduta del 9 maggio si sono svolte le audizioni degli onorevoli Antonio Mazzocchi, nella parte antimeridiana della seduta, e Francesco Barbato in quella pomeridiana. Nel corso della sua audizione, nella seduta del 9 maggio, l'onorevole Mazzocchi depositava agli atti un fascicolo contenente vari elementi documentali a sostegno della tesi da lui sostenuta, dei cui contenuti si darà conto più avanti. In particolare, l'onorevole Mazzocchi depositava: copia di una dichiarazione con la quale il notaio Natale Votta esclude la titolarità da parte del medesimo onorevole Mazzocchi del diritto di proprietà o Pag. 19di altri diritti reali sull'immobile in questione; il certificato dei carichi pendenti rilasciato dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Roma in data 3 maggio 2012, attestante l'esito negativo del registro informatizzato delle notizie di reato di quella procura con riferimento alla persona dello stesso Mazzocchi; una memoria difensiva dell'avvocato Michele Sarno indirizzata al Presidente della Camera; una nota dell'avvocato Alessandro Moro, difensore di fiducia dell'onorevole Mazzocchi nel giudizio civile pendente dinanzi al tribunale di Roma; copia dell'atto di compravendita dell'appartamento ubicato in via Giuseppe Andreoli, 2, in Roma, rogato dal notaio Natale Votta.
L'onorevole Barbato, dal canto suo, pur essendo intervenuto alla seduta pomeridiana del 9 maggio, rinunciava ad illustrare la sua versione dei fatti ed abbandonava l'aula della Commissione in segno di dissenso con la decisione della Commissione medesima di non accogliere, conformemente alla prassi, la sua richiesta che fosse assicurata l'integrale pubblicità dei lavori.
In particolare, l'onorevole Barbato chiedeva anzitutto preliminarmente se dei lavori della Commissione di quella seduta fosse prevista la resocontazione completa. In qualità di presidente facevo presente all'onorevole Barbato che della sua audizione e di quella dell'onorevole Mazzocchi, svoltasi nella mattinata dello stesso giorno, sarebbe stato redatto resoconto integrale che - come da costante prassi - avrebbe avuto esclusiva finalità di documentazione interna alla Commissione e non sarebbe stato estensibile a terzi, neppure ai deputati, considerata la sua natura di atto segreto.
L'onorevole Barbato replicava obiettando che il Regolamento della Camera prevede la resocontazione dei lavori dell'Assemblea e delle Commissioni e la pubblicità degli stessi lavori anche attraverso la trasmissione audiovisiva, in ossequio ad un principio di trasparenza dei lavori parlamentari che, a suo giudizio, non può non trovare applicazione anche ai lavori delle Commissioni di indagine costituite ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento.
Tale disposizione - secondo l'onorevole Barbato - non escluderebbe la pubblicità dei lavori del Giurì d'onore, che anzi dovrebbe essere assicurata dati i compiti delle Commissioni di indagine, assimilabili, a suo dire, ad un processo, dovendosi assicurare alle parti interessate il diritto di conoscere reciprocamente ciò che viene riferito dalla controparte.
La Commissione, posto che peraltro le esigenze di pubblicità richiamate dall'onorevole Barbato possono trovare adeguate risposte nella relazione conclusiva da presentare all'Assemblea, ha respinto l'eccezione procedurale sollevata, avendo preso atto all'unanimità che la costante prassi esclude, per la natura stessa dei compiti e degli accertamenti rimessi alle Commissioni di indagine, ex articolo 58 del Regolamento, la possibilità che siano resi pubblici i lavori di tali organi parlamentari e gli atti in essi formati e che, pertanto, non possono essere accolte richieste in tal senso, ancorché provenienti da uno dei deputati protagonisti della controversia.
In base alla prassi, la segretezza degli atti è infatti opponibile sia ai deputati che a soggetti terzi esterni all'ordinamento parlamentare. Del resto, la deroga al principio della pubblicità dei lavori parlamentari - paventata dall'onorevole Barbato - è solo apparente nel caso delle Commissioni di indagine: queste infatti - contrariamente alla generalità degli organi parlamentari le cui attività, per elementari ragioni di ordine costituzionale, presentano una evidente proiezione esterna in quanto espressive di funzioni pubbliche svolte nella cura di interessi generali - esercitano funzioni di rilievo esclusivamente interno, essendo non già preposte all'accertamento di fatti di interesse pubblico, bensì di fatti dalla verifica dei quali dipenda la tutela dell'onorabilità dei singoli parlamentari.
A suffragare la costante prassi applicativa vi sono alcune specifiche pronunce risalenti a passate legislature (lettere del Presidente della Camera Iotti del 26 febbraio 1982 Pag. 20e del 21 gennaio 1992; lettera del Presidente della Camera Violante del 16 febbraio 2000) nonché una recente pronuncia del Presidente della Camera adottata nell'attuale legislatura in relazione ai lavori di altro Giurì d'onore. Si tratta della lettera del Presidente della Camera del 15 febbraio 2011 indirizzata allo stesso onorevole Barbato: quest'ultimo - in occasione dei lavori della Commissione di indagine costituita su richiesta dell'onorevole Laboccetta - aveva chiesto copia del resoconto integrale della sua audizione presso la Commissione.
Nella citata lettera il Presidente Fini ha ricordato che «la prassi costantemente seguita impone la segretezza degli atti e dei documenti delle Commissioni di indagine istituite a norma dell'articolo 58 del Regolamento: come ricordato dallo stesso presidente Buttiglione nella seduta della Commissione del 6 luglio 2010, nella quale si è proceduto all'audizione, i resoconti delle attività conoscitive svolte dalle Commissioni di indagine costituiscono una forma di documentazione predisposta esclusivamente a fini interni, la cui redazione è frutto di una scelta organizzativa di volta in volta rimessa alla valutazione dell'organo e non prescritta da alcuna norma regolamentare».
Pertanto, il Presidente della Camera ha riconosciuto in quell'occasione all'onorevole Barbato la sola facoltà di «prendere visione, senza estrarne copia» del resoconto della sua audizione presso i locali del Servizio Prerogative e immunità. Nel corso del suo intervento in Commissione l'onorevole Barbato - precisando di voler porre un problema di legalità e di moralità all'interno del Parlamento - ha inoltre rinnovato la richiesta di sottoporre all'Ufficio di Presidenza la questione relativa all'opportunità che l'onorevole Mazzocchi rimanga in carica come questore della Camera. Anche questa richiesta non ha potuto evidentemente essere accolta, trattandosi di aspetto totalmente estraneo alle competenze del Giurì d'onore.
L'onorevole Barbato, a questo punto, decideva di rinunciare ad intervenire ed abbandonava l'Aula. Preso atto che, pur avendone avuto la piena facoltà, l'onorevole Barbato si rifiutava di fornire la propria versione dei fatti e gli elementi di riscontro dell'addebito da lui mosso nei confronti dell'onorevole Mazzocchi, la Commissione tornava a riunirsi nelle sedute del 23 e del 29 maggio 2012 e, dopo un'articolata discussione, procedeva all'unanimità all'approvazione della presente relazione conclusiva.
Quanto alle risultanze dell'istruttoria, per le ragioni anzidette, l'istruttoria condotta dalla Commissione non ha potuto avvalersi del contributo che l'onorevole Barbato avrebbe potuto offrire a sostegno degli addebiti da lui mossi nei confronti dell'onorevole Mazzocchi. Conseguentemente, non disponendo la Commissione di poteri di acquisizione d'ufficio di elementi documentali informativi, non è stato possibile effettuare con il sufficiente grado di completezza ed equidistanza i necessari riscontri in merito alla fondatezza delle accuse. La Commissione ha dovuto, dunque, limitare i propri accertamenti alla verifica della congruità ed attendibilità delle sole dichiarazioni rese e delle risultanze documentali prodotte dallo stesso onorevole Mazzocchi.
Il che - sia detto incidentalmente - testimonia la necessità di una complessiva riconsiderazione dell'istituto delle Commissioni di indagine, alla cui disciplina regolamentare andrebbero forse apportati correttivi volti, ad esempio, a limitarne l'utilizzo ai soli casi di accertata disponibilità di risultanze documentali e informative al riguardo e ad affidare alle Commissioni di indagine più penetranti poteri di accertamento ed eventualmente anche sanzionatori. Ciò tanto più laddove il deputato che ha formulato le accuse all'origine della disputa si rifiuti, in tutto o in parte, di fornire gli elementi di documentazione necessari ad un minimo riscontro della veridicità delle proprie affermazioni.
Da una riforma nei termini sopra indicati, l'istituto del Giurì d'onore, posto a presidio dell'onorabilità dei singoli deputati, potrebbe risultare rivitalizzato e ne trarrebbe probabilmente giovamento l'immagine stessa dell'istituzione parlamentare. Pag. 21A ciò si aggiunga che, come nel caso in esame, non di rado gli accertamenti rimessi alle Commissioni di indagine riguardano fatti o vicende che costituiscono contestualmente oggetto di procedimenti giurisdizionali. In tutti questi casi, appare evidente come le Commissioni di indagine, proprio perché sprovviste di poteri coercitivi, debbono prestare particolare attenzione all'esigenza di evitare improprie sovrapposizioni con gli accertamenti giudiziari in corso al fine di non anticipare nelle proprie conclusioni accertamenti ed eventuali imputazioni di responsabilità che spettano esclusivamente ai competenti organi giurisdizionali.
Tutto ciò premesso e considerato, la Commissione ha convenuto all'unanimità che la mancata produzione da parte dell'onorevole Barbato di riscontri oggettivi all'accusa da lui mossa nei confronti dell'onorevole Mazzocchi abbia costituito un comportamento concludente dal quale è possibile ricavare una valutazione in merito alla fondatezza o meno dell'accusa, e non già un impedimento ad una regolare conclusione dei propri lavori in ragione di una pretesa violazione del principio del contraddittorio.
Chi muove un'accusa ha il dovere di provarla nelle sedi competenti in cui sia chiamato a darne conto. La rinuncia ad offrire un riscontro alle proprie affermazioni equivale, di fatto, alla rinuncia ad insistere nell'accusa per i fini propri dell'istituto parlamentare in oggetto e dunque equivale anche, sia pur induttivamente, al mancato possesso delle prove necessarie a fondare l'accusa sollevata, oltre a rappresentare evidentemente un irriguardoso disconoscimento della legittimazione ad operare di un organo parlamentare nominato dalla Presidenza della Camera.
Non è peraltro la prima volta che, nella prassi applicativa dell'articolo 58 del Regolamento, il deputato accusatore rinuncia a fornire le prove dell'accusa rivolta ad altro collega. Nella X legislatura analoga evenienza accadde in occasione dei lavori della Commissione di indagine richiesta dal deputato Aristide Gunnella affinché fosse verificata la fondatezza dell'accusa di essere mafioso mossa nei suoi confronti dal deputato Mario Capanna.
Come riportato nella relazione conclusiva di quella Commissione di indagine, letta nella seduta dell'Assemblea del 19 febbraio 1991, l'onorevole Capanna aveva infatti ricusato la Commissione, ritenendola per una serie di ragioni inadeguata ai fini dell'accertamento degli addebiti da lui rivolti all'onorevole Gunnella. Tale comportamento, deplorato dalla Commissione, la induceva ciò nondimeno a discuterne lungamente, soprattutto per stabilire se si potesse o meno pervenire al giudizio richiesto circa la fondatezza dell'accusa. Come si legge nella relazione conclusiva, si manifestarono al riguardo due tesi.
Secondo una parte dei componenti, non disponendo la Commissione di un autonomo potere di indagine e non avendo il deputato accusatore fornito le prove dell'accusa, la Commissione stessa non sarebbe stata in grado di esprimere un giudizio di merito, in quanto la rinuncia a fornire le prove non poteva equivalere ad un giudizio di infondatezza dell'accusa: pertanto, secondo tale tesi, il giudizio finale avrebbe dovuto limitarsi alla constatazione dell'impossibilità da parte della Commissione di esercitare la propria funzione.
Secondo altri componenti di quel Giurì, l'impossibilità della Commissione di svolgere fino in fondo il proprio compito era, invece, da ascriversi unicamente alla condotta dell'onorevole Capanna; la rinuncia a fornire le prove equivaleva, da un punto di vista tecnico-giuridico, all'assenza di prove e l'assenza di prove non poteva che imporre alla Commissione un giudizio di infondatezza dell'accusa. Questa seconda tesi è quella poi prevalsa, a maggioranza, al termine dei lavori della Commissione di indagine e si è tradotta in un dispositivo nel quale la Commissione sottolineava che la mancanza di prove sulla fondatezza dell'accusa le imponeva di considerare l'accusa non fondata.
La Commissione ha ritenuto che, fermi gli evidenti limiti oggettivi dell'accertamento da essa effettuato, l'orientamento Pag. 22seguito nel caso da ultimo citato fosse il più corretto e ad esso si è dunque ispirata nel pervenire alle sue conclusioni.
Attribuire all'iniziativa ostruzionistica del deputato accusatore che si rifiuti (per qualunque ragione) di provare le proprie accuse il potere di vanificare la funzione assegnata alla Commissione equivarrebbe, infatti, a riconoscere agli accusatori una illimitata e non sindacabile facoltà di formulare accuse, anche le più ingiuriose e diffamatorie, suscettibili di arrecare a carico del deputato accusato un danno all'onorabilità e destinate a restare prive di qualunque riscontro e di qualunque forma di tutela, sia giurisdizionale (le affermazioni rese nel corso di una discussione parlamentare sono coperte dalla guarentigie dell'insindacabilità di cui al primo comma dell'articolo 68 della Costituzione), sia anche solo politico-parlamentare.
La Commissione, pertanto, ha non solo considerato non ostativa alla conclusione dei propri lavori la decisione dell'onorevole Barbato di rinunciare alla sua audizione e di non produrre elementi documentali a riscontro delle proprie affermazioni, ma anzi ha ritenuto di trarne elementi di giudizio nel senso della non fondatezza dell'accusa. La Commissione ha ovviamente considerato, ai fini delle proprie valutazioni finali, le risultanze dell'audizione dell'onorevole Mazzocchi e, soprattutto, gli elementi informativi ricavabili dalla documentazione dallo stesso depositata.
Qualora, beninteso, neanche l'onorevole Mazzocchi avesse prodotto elementi documentali sufficientemente circostanziati, diverso sarebbe stato il giudizio della Commissione, la quale con ogni evidenza non sarebbe potuta pervenire a conclusioni di alcun genere.
Sulla base degli elementi documentali prodotti dall'onorevole Mazzocchi, la Commissione, nei limiti di un apprezzamento necessariamente fondato su risultanze parziali e tenendo conto dell'esigenza di non anticipare in alcun modo le decisioni cui dovessero giungere gli organi giurisdizionali investiti della vicenda, è pervenuta alla seguente ricostruzione dei fatti e del contesto giuridico-normativo in cui gli stessi appaiono essersi collocati.
Per quanto riguarda le conclusioni, dalla copia dell'atto di compravendita, rogato dal notaio Natale Votta in data 19 ottobre 2005, depositata dall'onorevole Mazzocchi, risulta, in premessa, un'articolata ricostruzione del processo di dismissione immobiliare avviato dal comune di Roma. In particolare, nell'atto notarile si fanno espliciti richiami alla normativa di riferimento, ovvero il decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, con legge 23 novembre 2001, n. 410, e l'articolo 84 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
L'articolo 1 del decreto-legge n. 351 del 2001 definisce le procedure per la ricognizione del patrimonio immobiliare pubblico e, al comma 6, ne prevede l'applicabilità ai beni di regioni, province, comuni ed altri enti locali che ne facciano richiesta. I commi 13 e 14 dell'articolo 3 del citato decreto-legge stabiliscono, rispettivamente, che: con decreti ministeriali su proposta dell'Agenzia del territorio, sono individuati gli immobili di pregio; si considerano comunque immobili di pregio quelli situati nei centri storici urbani, ad eccezione di quelli, individuati dai sopramenzionati decreti ministeriali, che si trovano in stato di degrado e per i quali siano necessari interventi di restauro, risanamento e ristrutturazione. Tale norma prevede, inoltre, che siano nulli gli atti di disposizione degli immobili ad uso residenziale non di pregio acquistati per effetto dell'esercizio del diritto di opzione e del diritto di prelazione prima che siano trascorsi cinque anni dalla data dell'acquisto.
Ora, l'accusa mossa dall'onorevole Barbato, sebbene dallo stesso non suffragata con riscontri documentali, fa chiaramente riferimento - come si evince dall'articolo dal titolo: Case di pregio svendute e rivendute. Ecco come si specula sul patrimonio, a firma David Pierluigi, pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 30 marzo 2012 - alla presunta violazione, nella compravendita dell'appartamento in via Andreoli a Roma, della regola della temporanea Pag. 23inalienabilità a terzi delle unità immobiliari ad uso residenziale oggetto di dismissione, acquistate dagli originari conduttori che vi abitavano in locazione. Regola, questa, stabilita dalla deliberazione del consiglio comunale di Roma n. 139 del 10 dicembre 2001, avente ad oggetto «Alienazione del patrimonio disponibile residenziale e non residenziale dell'amministrazione comunale. Definizione indirizzi, criteri e modalità», la quale, nell'autorizzare l'alienazione del patrimonio comunale ad uso residenziale e non, indicato in allegato alla medesima delibera (tra cui, espressamente, anche l'immobile di via Giuseppe Andreoli, al civico n. 2), precisava che: «L'unità immobiliare ad uso residenziale potrà essere venduta agli attuali conduttori o soggetto ivi residente da almeno cinque anni antecedenti l'adozione del presente provvedimento designato dagli stessi e non potrà essere trasferita a terzi se non dopo il decorso di almeno dieci anni dalla stipula del contratto di acquisto».
Ed effettivamente, come risulta dall'atto di compravendita depositato dall'onorevole Mazzocchi, l'appartamento in via Andreoli n. 2 è stato rivenduto alla moglie dell'onorevole Mazzocchi - e non già a quest'ultimo, come meglio si preciserà più avanti - prima del decorso del termine decennale sopra menzionato. Tale compravendita, infatti, ha avuto luogo nello stesso giorno del rogito dell'atto di compravendita con cui la Campidoglio Finance srl, per conto del comune di Roma, cedette agli originari conduttori dell'immobile la proprietà del medesimo. Sicché parrebbe intendersi che la proprietà degli originari acquirenti sarebbe durata lo spazio di alcune ore, configurandosi, di fatto, come solo apparente.
La pur singolare successione cronologica dei due atti di compravendita dello stesso appartamento, acquistato dagli originari conduttori e da questi immediatamente rivenduto, nello stesso giorno, alla coniuge dell'onorevole Mazzocchi, sebbene irrituale può, peraltro, spiegarsi sulla base di quanto riferito in audizione dall'onorevole Mazzocchi, con la circostanza che la coppia di originari conduttori, nonché primi acquirenti dell'appartamento, si era offerta, avendo intenzione di trasferirsi in Abruzzo, di cedere la proprietà alla suocera dell'onorevole Mazzocchi. Quest'ultima era una nobildonna la quale - secondo quanto riferito dallo stesso onorevole Mazzocchi - avrebbe prestato negli anni precedenti la propria assistenza morale e materiale a quella coppia, guadagnandosi l'affetto e la gratitudine della stessa. In altri termini, la suocera dell'onorevole Mazzocchi avrebbe favorito l'acquisto, se non direttamente donando l'appartamento alla figlia, in virtù del rapporto privilegiato intercorrente tra lei e gli originari acquirenti. Ciò potrebbe spiegare la scelta, da parte dei questi ultimi, di acquistare l'appartamento dal comune di Roma per poi rivenderlo immediatamente alla moglie dell'onorevole Mazzocchi.
In ogni caso, per parte sua, come risulta dalla documentazione acquisita dalla Commissione e come sottolineato in audizione, l'onorevole Mazzocchi non figura quale diretto acquirente dell'appartamento, essendo egli menzionato nell'atto di compravendita come sottoscrittore solo ai fini del riconoscimento che l'immobile costituisce bene personale della parte acquirente, ossia della moglie Bianca Mingoli, «in quanto da lei acquistato con il prezzo del trasferimento dei suoi beni personali». Tale punto è stato oggetto di specifici chiarimenti da parte dell'onorevole Mazzocchi in audizione. Che l'onorevole Mazzocchi non risulti proprietario né titolare di altri diritti reali sull'appartamento di via Andreoli n. 2 a Roma è, altresì, dichiarato in un atto a firma del notaio Natale Votta, depositato in Commissione da parte dello stesso onorevole Mazzocchi.
Questi elementi sono parsi alla Commissione decisivi ai fini delle proprie conclusioni. E ciò senza entrare nel merito dell'interpretazione del quadro normativo vigente in materia, in cui l'intreccio di fonti di rango diverso rende alquanto complesso districarsi. In base alla vigente legislazione, gli immobili di pregio - categoria alla quale apparterrebbe, sulla Pag. 24base della documentazione depositata dall'onorevole Mazzocchi, l'immobile in questione - sono esclusi, tra l'altro, dal divieto di temporanea alienabilità e sono, dunque, liberamente disponibili da parte dei soggetti che li abbiano acquistati nell'esercizio del loro diritto di opzione o di prelazione.
Il comma 13 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 351 del 2001 stabilisce che i cosiddetti immobili di pregio vengano individuati e definiti mediante decreti ministeriali da emettersi, su proposta dell'Agenzia del territorio, dal Ministero dell'economia e delle finanze. In esecuzione di tali disposizioni, il Ministero dell'economia e delle finanze, in particolare con il decreto 31 luglio 2002 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 14 agosto 2002, n. 190), ha stabilito i criteri per l'individuazione degli immobili di pregio, prevedendo, tra gli altri, quello dell'esistenza per l'intero immobile di vincoli ai sensi della legge n. 1089/1939 (immobili di valore storico-artistico), ai sensi della legge n. 1497/1939 (vincoli paesaggistici) o ai sensi della legge n. 431 del 1985 (vincoli paesistici categoriali). Il predetto decreto ministeriale stabilisce altresì che per l'inserimento dell'immobile nella categoria degli immobili di pregio è sufficiente la presenza di uno solo dei criteri ivi indicati.
Secondo quanto ricostruito nell'atto notarile di compravendita, l'immobile di via Andreoli, n, 2 in Roma sarebbe gravato da un vincolo storico-artistico, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali), in forza della dichiarazione del Ministero per i beni culturali e ambientali-Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Roma del 13 aprile 1994 (protocollo 5115), la quale sarebbe a sua volta richiamata da una comunicazione del medesimo Ministero dell'8 giugno 2004 (protocollo A 4667) che attesterebbe l'esistenza di detto vincolo.
Ovviamente non spetta alla Commissione impegnarsi a stabilire se, ed in che misura, la citata normativa statale sia applicabile tout court alle dismissioni immobiliari operate dagli enti locali: pende infatti - come riferito dallo stesso onorevole Mazzocchi - un procedimento giurisdizionale in sede civile promosso dal comune di Roma avanti al tribunale di Roma, sezione seconda, alla cui prossima udienza, come precisato in una nota, a firma dell'avvocato Alessandro Moro, difensore di fiducia dell'onorevole Mazzocchi (da quest'ultimo depositata in Commissione), il comune di Roma ha convenuto in giudizio l'onorevole Mazzocchi, con atto di citazione notificato in data 27 aprile 2009 «al fine di vedere condannato il predetto, unitamente e in solido ad altri soggetti, al pagamento in favore del comune di Roma o, in subordine, il Campidoglio Finance Srl, di una somma pari alla differenza tra il valore originario di stima dell'immobile, sito in Roma, via Andreoli 2, scala B, interno 1, ed il prezzo di vendita corrisposto dagli originari acquirenti dell'immobile, oltre interessi legali e rivalutazione, nonché al pagamento del maggior danno consistente nella differenza tra il prezzo a cui l'immobile è stato rivenduto dagli originari acquirenti ed il valore originario di stima dell'immobile, al netto delle decurtazioni». Nella nota dell'avvocato Moro si evidenziano, tra l'altro, i profili in base ai quali sarebbe da escludere la sussistenza di una legittimazione passiva dell'onorevole Mazzocchi nel procedimento giurisdizionale in questione, dal momento che nell'atto introduttivo del giudizio non sarebbero stati indicati dal comune di Roma gli elementi posti a fondamento dell'azione promossa né formulato alcun petitum nei confronti dello stesso onorevole Mazzocchi.
Il procedimento civile costituisce dunque la sede propria nella quale le ragioni dei proprietari e quelle del comune di Roma potranno trovare adeguata composizione sulla base dell'interpretazione delle norme che il giudice riterrà di adottare, né la Commissione intende interferire con l'autorità giudiziaria - e le interpretazioni normative di sua competenza - per doveroso rispetto della sua sfera di autonomia. La Commissione ha ritenuto, pertanto, necessario astenersi da compiute conclusioni di merito suscettibili di anticipare Pag. 25gli esiti del giudizio civile in corso ed ha constatato altresì l'insussistenza di procedimenti penali sulla vicenda in esame, avendo l'onorevole Mazzocchi depositato un certificato dei carichi pendenti della procura di Roma dal quale non risultano notizie di reato a suo carico.
In ogni caso, nei limiti di quanto ricavabile dalla documentazione agli atti depositata dall'onorevole Mazzocchi e tenuto conto che la Commissione, essendo sprovvista di poteri conoscitivi azionabili d'ufficio, non ha potuto far altro che basare il proprio accertamento sulla documentazione messa a sua disposizione, l'addebito mosso dall'onorevole Barbato all'onorevole Mazzocchi può ritenersi, allo stato degli atti e delle risultanze in possesso della Commissione, come tale indimostrato.
Sono queste le conclusioni cui è giunta, all'unanimità, la Commissione, che d'altra parte non può esimersi dallo stigmatizzare l'utilizzo, nelle sedi parlamentari, di toni ed argomenti volti a gettare discredito, peraltro senza la puntuale allegazione di riscontri circostanziati.
Ringrazio i membri della Commissione e gli uffici per il supporto dato nella stesura di questa relazione.

PRESIDENTE. Grazie a lei Presidente per il lavoro svolto.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,43).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori (ore 15,44).

PRESIDENTE. La seduta sarà sospesa per un tempo un po' più ampio rispetto ai venti minuti del preavviso in relazione anche al fatto che è stato convocato l'Ufficio di Presidenza in cui si dovranno decidere questioni piuttosto importanti legate alle istituzioni per intero e anche perché mi giunge voce che il Comitato dei nove avrebbe... (Commenti). Ho dato il preavviso di venti minuti e sto dicendo che il lasso di tempo di sospensione sarà un po' più ampio in relazione al fatto che è stato convocato l'Ufficio di Presidenza.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ovviamente esprimo il parere del mio gruppo, poi lei faccia come crede. Il fatto che era stato inserito all'ordine del giorno della seduta di oggi un provvedimento delicato come l'anticorruzione, un provvedimento complesso che ha previsto riunioni di Comitato, sospensioni e via dicendo, lo sapevamo da tempo. Capisco perfettamente gli impegni dell'Ufficio di Presidenza, tuttavia, poiché il provvedimento è incardinato, le chiedo, per quanto ci riguarda, alle 16,05, trascorsi i venti minuti, di riprendere i lavori dell'Aula ed eventualmente, contemporaneamente, si può svolgere l'Ufficio di Presidenza. Diversamente, tra l'Aula, con un provvedimento così importante, e l'Ufficio di Presidenza, magari si può fissare alle 20 di questa sera l'Ufficio di Presidenza e proseguire con l'Aula. Cominciare adesso di interruzione in interruzione è già complicato, signor Presidente, comprende da solo che probabilmente in questo caso è meglio privilegiare l'Aula.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, anche da parte nostra l'importanza di questo provvedimento richiede sicuramente Pag. 26una prosecuzione dei lavori, ma se la Presidenza dovesse avere motivazioni tali per cui i cosiddetti venti minuti dovessero allungarsi è meglio che ci venga detto subito piuttosto che tornare in Aula fra venti minuti e richiedere di nuovo la sospensione.
Quindi mi auguro che, al di là dell'Ufficio di Presidenza che personalmente penso avrebbe potuto essere convocato anche in assenza di Aula, non può certamente - anche se l'argomento della convocazione dell'Ufficio di Presidenza è importante - condizionare i lavori d'Aula, soprattutto con un provvedimento così delicato e importante come questo.

PRESIDENTE. Ad onor del vero devo dire che l'Ufficio di Presidenza era già stato convocato prima che il provvedimento in questione venisse incardinato per questo inizio di settimana; si dovrebbe sospendere fino alle 16,05, ma sospenderei fino alle 16,30 con l'intesa...

ROBERTO GIACHETTI. Non c'è intesa!

PRESIDENTE. Lei non può dire che non c'è intesa, io sospendo fino alle 16,30, poi si vedrà. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 15,45 è ripresa alle 16,30.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, è anche per richiamare gli articoli del Regolamento che disciplinano l'attività e le modalità di funzionamento dell'Aula, che le sottopongo la seguente riflessione: il collega Giachetti aveva reso esplicito al Presidente dell'Assemblea che il gruppo del Partito Democratico non poteva condividere l'allungamento della sospensione dei lavori dell'Assemblea fino alle 16,30, perché già si era determinato un fatto che non era l'esito esatto che dava continuità alle decisioni della Conferenza dei presidenti di gruppo. Si era proceduto cioè, per decisione del Presidente, alla lettura dell'esito del lavoro della Commissione che aveva lavorato attorno alla questione di onorabilità di un membro dell'Assemblea relativamente a quanto definisce l'articolo 58 del nostro Regolamento. Questo aveva comportato già una dilazione dei tempi nell'affrontare subito, come si era convenuto, anche nella scorsa Conferenza dei presidenti di gruppo, così ci risulta, il seguito dell'esame del provvedimento concernente iniziative volte a prevenire ed a reprimere la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione. Questo provvedimento, signor Presidente, più volte, anche la scorsa settimana, è stato sottoposto a pratiche e ad iniziative di carattere dilatorio. Ovviamente non sono qui ad accusare soggettivamente la Presidenza e il Presidente di turno che l'ha preceduta di un atteggiamento simile, tuttavia è evidente che, oggettivamente, la dilazione dei tempi si somma a ciò che già abbiamo dovuto subire soggettivamente, per decisioni di singoli deputati e di gruppi, la scorsa volta. Vorrei che fosse del tutto esplicito che oggi noi non tollereremo che, in quest'Aula, nel momento in cui abbiamo la necessità di concludere la lettura del provvedimento, si adottino ulteriori atteggiamenti di carattere dilatorio. Quindi, è a lei, signor Presidente, e alla Presidenza nel suo complesso, che spetta la responsabilità di garantire che questo provvedimento trovi la propria conclusione nell'approvazione definitiva e nell'esame complessivo, che attende non solo quest'Aula, ma anche il Paese.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, non ha bisogno di giustificazioni per il suo comportamento il Presidente Leone, il quale come tutti noi ha la responsabilità di assumere le decisioni che ritiene più consone nel momento in cui presiede l'Assemblea. Pag. 27È evidente che sovrapporre le riunioni dell'Ufficio di Presidenza, del quale i Vicepresidenti fanno parte - spesso sono anche relatori di provvedimenti sui quali la Presidenza poi deve esprimersi, come nel caso del Presidente Leone - con i lavori dell'Aula non è cosa buona. Sarà mia cura riferire al Presidente. Non ritengo, però, che vi si possano leggere intenti dilatori nei confronti dell'approvazione di questo provvedimento, trattandosi - lo ripeto - in questa circostanza di un'esigenza assolutamente oggettiva. Il Presidente Leone era di turno e in Presidenza si dovevano assumere decisioni molto importanti. Appena è stato possibile, come vede, io ho raggiunto l'Aula.

MANLIO CONTENTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signora Presidente, mi permetto di sottoporre alla sua attenzione quanto è accaduto nel Comitato dei diciotto delle Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia in relazione all'esame, e quindi ai pareri, del famoso articolo 13, quello che introduce le modifiche all'attuale codice penale nell'ambito del provvedimento noto come «provvedimento anticorruzione».
La cosa singolare, signora Presidente, è che, per la prima volta, ci si è trovati di fronte ad un Ministro - non mi riferisco, ovviamente, al Ministro Patroni Griffi, che ha riferito tranquillamente il parere del Governo sugli emendamenti e che, anzi, in più occasioni ha rivisto la posizione del Governo e ha auspicato, addirittura, che, attraverso l'apporto dei membri del Comitato dei diciotto, si giungesse a delle soluzioni condivise, ma mi riferisco, purtroppo, al Ministro della giustizia - la quale, deliberatamente, arrivati all'esame degli emendamenti all'articolo 13, ha avvertito il presidente e il Comitato dei diciotto che non avrebbe reso il parere del Governo sugli emendamenti, ma che si sarebbe riservata di riferire le opinioni, e quindi il parere, su quegli emendamenti in Aula.
Non si tratta, chiaramente, di un comportamento dilatorio, ci mancherebbe altro, però, politicamente, signora Presidente, noi riteniamo che questo comportamento influisca sui corretti lavori dell'Assemblea, e lo vogliamo dire anticipatamente, per due ragioni. La prima è una ragione politica: se il Governo teme che riferire il proprio orientamento sugli emendamenti possa comportare delle reazioni da parte dei gruppi parlamentari, è meglio che metta da parte questi sentimenti, perché è abituale, è usuale, nella dialettica parlamentare tra Governo e Parlamento, che vi possano essere opinioni discordi, come è normale che il Governo, assumendo la responsabilità di esprimere il parere sugli emendamenti, possa sostanzialmente trovarsi anche di fronte ad avvisi completamente diversi.
Ora, il Comitato dei nove viene riunito, anche sulla base del nostro Regolamento, per rendere migliori, più efficienti, i lavori d'Aula, e noi ci troviamo in questa situazione paradossale. Signora Presidente, mi corregga se sbaglio, ma non si è mai visto il caso di un Ministro di un Governo che si rifiuti di dare il parere sugli emendamenti al Comitato dei nove, e - badi bene - non perché vi sono ragioni di urgenza o perché vi sono troppi emendamenti nei confronti dei quali esprimere il proprio parere, cosa che potrebbe anche trovare delle giustificazioni, ma perché, di fronte, tra l'altro, a specifiche richieste, ritiene di doversi comportare in questo modo.
Signora Presidente, noi del Popolo della Libertà vogliamo sottolineare che, qualora arriveremo all'articolo 13 in Assemblea, riteniamo che si debba riunire di nuovo il Comitato dei diciotto, perché non intendiamo dare giustificazioni ad un comportamento che politicamente non condividiamo. E vorremmo avvertire anche i colleghi che questo faremo per la dignità del Parlamento, e non con intenti dilatori, così ci eviteremo, magari, qualche intervento che continua ad attribuire indiscriminatamente intenti dilatori nei confronti del provvedimento.
Signora Presidente, concludo chiedendole cortesemente se, tramite la Presidenza Pag. 28della Camera, non si possa interloquire con il Ministro della giustizia perché riveda la sua posizione e, di fronte al Comitato dei diciotto, renda il parere sugli emendamenti all'articolo 13 (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Contento, circa le obiezioni che lei ha sollevato, che sono, obiettivamente, prevalentemente di natura politica, devo precisare che, al riguardo, l'articolo 86, comma 3, del Regolamento, prevede che il Comitato dei nove si riunisca per esaminare nuovi emendamenti e articoli aggiuntivi presentati direttamente in Assemblea.
È ben vero che per prassi consolidata, in occasione delle riunioni dei Comitati dei nove, oltre al relatore che esprime il parere della Commissione anche il rappresentante del Governo è solito anticipare il proprio parere sulle proposte emendative presentate, tuttavia nessuna disposizione del Regolamento prevede che il rappresentante del Governo sia obbligato ad esprimere tale parere in sede di Comitato dei nove. Resta inteso, naturalmente, che quando l'Assemblea esaminerà l'articolo 13 il rappresentante del Governo sarà senz'altro tenuto ad esprimere i pareri ai sensi dell'articolo 86, comma 6, del Regolamento.

PIERGUIDO VANALLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego: io do la parola a tutti, ma siccome si sono iscritti anche l'onorevole Di Pietro e poi l'onorevole Giovanelli e l'onorevole Granata, io prego tutti di usare il tempo per l'intervento sull'ordine dei lavori in maniera possibilmente più stringata.
Prego, onorevole Vanalli, ha facoltà di parlare.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, sarà pur vero quello che lei ha appena detto riguardo la possibilità o meno, la volontà del Ministro di dare i pareri in Commissione, però è altrettanto vero che, a questo punto, ci stiamo domandando cosa ci stanno a fare le Commissioni ed i Comitati dei nove e dei diciotto se non è in quella sede che si raccoglie il parere del Governo e si cerca di migliorare il testo del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Se così non fosse, allora per agevolare i lavori d'Aula, proporrei di eliminare direttamente i Comitati dei nove e dei diciotto, perché sono una perdita di tempo. Arriviamo direttamente in Aula e risolviamo i problemi.
Sull'atteggiamento dilatorio non concordo con il collega Contento, perché ritengo, invece, che vi sia un atteggiamento dilatorio in questo provvedimento e che vi sia da parte del Governo. È da novembre, da dicembre, quando si è insediato il Governo, che questo provvedimento è all'esame della nostra Commissione. È da allora che il Ministro Severino ha posticipato qualunque suo intervento in Commissione, si è rifiutata di dare i pareri in merito ed ha riscritto di fatto l'articolo 9. Il Ministro Patroni Griffi ha apportato anche lui numerosi emendamenti e subemendamenti recentemente, modificando ulteriormente il testo.
Stiamo andando dal testo che era stato presentato Angelino Alfano, Maroni, Bossi e Calderoli ad un testo Patroni Griffi, Severino e Ferranti. Ora, se questo è l'intento del Governo, si dica subito. Evitiamo di lavorare su emendamenti ad un testo ormai vecchio, il Governo presenti il testo che ritiene più idoneo a questo provvedimento e ricominciamo daccapo. Forse faremo prima.
Credo che il Governo sia intenzionato, non dando il parere sull'articolo 13, a cercare di arrivare alla settimana prossima o anche magari fino a giovedì e, per caso, poi mettere la fiducia su questo provvedimento, in modo da non rendere noto qual è il parere del Governo sull'articolo 13 e sugli emendamenti, lasciando così, di fatto, l'opinione pubblica di farsi l'idea, come al solito malsana, che i parlamentari fanno di tutto per non lavorare, per portare a casa comunque soldi e per Pag. 29pensare agli affari loro, e non al governo del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevole Vanalli, proponga una modifica del Regolamento in proposito.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Credo che sia sullo stesso argomento, onorevole. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, noi dell'Italia dei Valori condividiamo sostanzialmente le riserve e le preoccupazioni che ha espresso il collega Contento. Quest'idea, che chi cerca di far comprendere cosa non sta andando e come non sta andando nel verso giusto in questo provvedimento venga tacciato di ostruzionismo e di atti dilatori, a noi non sta bene. Tant'è vero che stiamo votando poi i singoli articoli e li stiamo votando anche positivamente. Ciò a dire che è nostro interesse non cercare di non fare approvare il provvedimento, ma di fare approvare un buon provvedimento. E quindi, forse il collega Contento si scontenterà, ma io devo convenire con lui, che mi pare che questa volta abbia ragione. Così come mi pare abbia ragione anche per la questione che ha posto che, signor Presidente, non è, come lei ha detto, una questione politica: è anche una questione tecnica. Noi oggi, ad esempio, dovremo esprimere il nostro voto, molto probabilmente, sull'emendamento Ferranti 7.251, che incide necessariamente sugli articoli 12 e 13 che poi andremo a proporre.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, la prego, se lei entra nel merito del provvedimento che ancora non ho neanche di fatto introdotto ai lavori dell'Aula, sono costretta a chiederle di intervenire quando entreremo nel merito. Perché per adesso l'ordine dei lavori è stato soltanto relativo alla procedura dell'Aula e al comportamento del Governo in seno al Comitato dei diciotto. Se lei entra nel merito sono costretta a toglierle la parola.
La prego, mi faccia introdurre prima l'argomento.

ANTONIO DI PIETRO. Allora, vorrei dire che ci sono degli emendamenti che dobbiamo votare che presuppongono il fatto che dobbiamo conoscere prima cosa pensa il Governo sugli articoli successivi.

PRESIDENTE. E lo conoscerà.

ANTONIO DI PIETRO. Come facciamo a votare quegli emendamenti se il Governo non ci dice cosa fa degli emendamenti successivi? Benedetto il Signore!

BENEDETTO FABIO GRANATA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, noi siamo consapevoli della straordinaria importanza politica che ha questo provvedimento e di quello che il Parlamento è chiamato a fare agli occhi dell'opinione pubblica, in una fase come quella attuale. Per questo riteniamo - al di là delle considerazioni tecniche - che il Governo, su alcuni snodi essenziali che vanno a colpire sia questioni che dobbiamo affrontare subito sia questioni di fondo, dica chiaramente qual è la sua indicazione. Altrimenti, in questo rimbalzarci le responsabilità, di fatto l'atteggiamento dilatorio è quello di chi non si pronuncia su qualche legge ad personam che qualcuno vuole continuare a fare entrare dentro questo provvedimento, e nel frattempo probabilmente si prepara a presentare una fiducia su un testo totalmente svuotato delle questioni essenziali che un provvedimento anticorruzione vuole affrontare. Non do consigli ovviamente alla Presidenza, ma il Parlamento chiede al Governo una chiarezza nella sede politica, oltre che tecnica, del Comitato Pag. 30dei diciotto e che si vada avanti con una direzione di marcia ben chiara a tutto il Parlamento.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, ha chiesto di parlare per un richiamo al regolamento?

ROBERTO GIACHETTI. Sì, Presidente.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le chiedo di verificare questa possibilità. Penso che le considerazioni di fondo di tutti i colleghi che sono intervenuti riguardo agli articoli in questione sono anche fondate. Però, a maggior ragione, per le considerazioni che anche il collega Quartiani faceva a inizio di seduta, che stanno a cuore a tutti noi e che mi pare siano state ribadite nella recente Conferenza dei presidenti di gruppo, poiché questo problema - mi rivolgo all'onorevole Di Pietro - riguarda soprattutto l'articolo 13 e la parte penale, siamo in una fase in cui stiamo cercando di riprendere, dopo l'interruzione della settimana scorsa, tutta la parte non penale (fino all'articolo, se non erro, 12). Il Comitato dei Diciotto si è riunito e ha già espresso i pareri alla presenza del Governo su una serie di articoli che possiamo affrontare. Direi che nel momento in cui arriveremo all'articolo 13 - sicuramente non stasera - se il Comitato dei diciotto non ha avuto la possibilità del parere del Governo ci proporremo un'altra volta la questione. Ma intanto andiamo avanti, altrimenti discutendo di questo rischiamo di non affrontare neanche le cose che sono già pronte.

PRESIDENTE. Onorevole Giovanelli, immagino che si senta rappresentato.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Signor Presidente, rappresento alla Presidenza, perché a sua volta possa farsi tramite di queste istanze, che da parte di tutti i gruppi sostanzialmente viene avanzata una richiesta che mi sembra opportuna, tecnica, giusta, al di là del merito. Abbiamo degli emendamenti, anche nel merito, completamente diversi - non entro nella questione - tra un gruppo e l'altro però siamo rimasti tutti allibiti oggi pomeriggio nel Comitato dei diciotto quando abbiano avuto pareri dettagliati da parte della relatrice onorevole Napoli, che è intervenuta su tutti gli emendamenti. Credo che questo lavoro vada fatto nel Comitato dei diciotto...

PRESIDENTE. Onorevole Siliquini, ho già spiegato che il Governo non è tenuto in quella sede. Lo farà quando arriveremo agli articoli.
Saluto un gruppo di studenti statunitensi, dell'associazione NIAF, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Trasferimento a Commissione in sede legislativa di un disegno di legge A.C. 4716.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di un disegno di legge in Commissione in sede legislativa.
Propongo alla Camera l'assegnazione in sede legislativa del seguente disegno di legge, del quale la sottoindicata Commissione ha chiesto il trasferimento in sede legislativa ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento:
Alla I Commissione (Affari costituzionali): S. 2232 - «Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni, in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione» (Approvato dalla I Commissione permanente del Senato) (4716). Se non vi sono obiezioni, così rimane stabilito.
(Così rimane stabilito).

Pag. 31

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2156 - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato) (A.C. 4434-A); e delle abbinate proposte di legge: Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906) (ore 16,51).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri.
Ricordo che nella seduta del 30 maggio 2012 sono stati accantonati l'emendamento Di Pietro 2.280 e la votazione dell'articolo 2. Ricordo, inoltre, che nella seduta del 31 maggio sono stati accantonati i seguenti articoli aggiuntivi: 4.0600 del Governo, unitamente ai relativi subemendamenti Bragantini 0.4.0600.1 e Vassallo 0.4.0600.2; Mantovano 4.0250, 4.0252 e 4.0253.
Avverto che sono in distribuzione un'ulteriore nuova formulazione dell'articolo aggiuntivo 4.0600 del Governo e una nuova formulazione dell'emendamento 5.600 del Governo, nonché il subemendamento Favia 0.4.0600.3.
Avverto, inoltre, che, prima dell'inizio della seduta, sono state ritirate dai presentatori le seguenti proposte emendative: Ferranti 9.06 e 10.259, Mariani 9.07 e 9.08, Ria 10.251, Giovanelli 10.026, 10.027, 10.06, 10.09 e 10.07.
Ricordo che nella seduta del 31 maggio 2012 sono iniziati gli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 5.
Chiedo al relatore da dove intenda riprendere i nostri lavori.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, ho sentito ora per la prima volta che ci sono degli emendamenti ritirati. Poiché noi riteniamo di fare nostri diversi di essi, vorrei che risulti agli atti che segnaliamo di farli nostri. Vogliamo che ciò risulti agli atti.

PRESIDENTE. Tutti quelli che sono stati ritirati?

ANTONIO DI PIETRO. No, non voglio far perdere tempo. Presentiamo adesso la richiesta, ma intanto continuate. Deve risultare agli atti perché altrimenti ci dite che siamo fuori termine. Tutto qui.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, secondo la costante prassi interpretativa, adottata sin dalla XIII legislatura, gli emendamenti ritirati al di fuori della seduta non possono essere fatti propri, non sussistendo fra il ritiro e l'appropriazione quel vincolo di immediatezza che il Regolamento prevede. Le proposte emendative ritirate prima della seduta, infatti, non esistono più agli atti. In tal senso, si veda anche la seduta della Giunta per il Regolamento del 28 febbraio 2007, in cui è stata confermata la validità della prassi che esclude che possano essere appropriati emendamenti o subemendamenti ritirati fuori dalla seduta. La ratio di tale disciplina discende dalla necessità, precisata dal Presidente della Camera nella seduta del 17 novembre 1999 e dalla Giunta per il Regolamento in pari data, di consentire al deputato che intenda ritirare l'emendamento di presentare un ordine del giorno che sarebbe altrimenti precluso dall'eventuale appropriazione dell'emendamento stesso e dalla sua reiezione da parte dell'Assemblea.
Torno a chiedere al relatore da dove intenda riprendere i nostri lavori. Prego, onorevole Santelli.

Pag. 32

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, noi continueremmo dall'articolo 5.

(Ripresa esame dell'articolo 5 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo dunque l'esame dell'articolo 5 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A). Risultano ancora aver chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti dell'articolo 5 l'onorevole Paolini e l'onorevole Di Pietro.
Prendo atto che i deputati Paolini e Di Pietro rinunciano ad intervenire.

ANTONIO DI PIETRO. Se ci fa capire, signor Presidente... non capisco! Deve rispettare anche noi!

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, la prego però... Ripeto, onorevole Di Pietro, quando si sta in Aula, si ascolta. Ho chiesto al relatore da quale punto dovevamo ripartire. Ha detto dall'articolo 5 e ho annunciato che risultavano ancora iscritti sul complesso degli emendamenti all'articolo 5 l'onorevole Paolini e l'onorevole Di Pietro. Ho dato la parola all'onorevole Paolini che ha rinunciato ad intervenire. Chiedo a lei se intenda intervenire sul complesso degli emendamenti all'articolo 5. Non intende farlo. Bene, rinuncia.
Chiedo, quindi, al relatore di esprimere il parere sugli emendamenti all'articolo 5.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento Sisto 5.250, purché sia riformulato nel modo seguente: «al comma 1, capoverso, comma 1, sostituire le parole: "o diffamazione" con le seguenti: "ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile"».
Le Commissioni accettano l'emendamento 5.600 (Nuova formulazione) del Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Santelli, chiedo scusa, ma la riformulazione che risulta a noi depositata non prevede la soppressione della parola «diffamazione». Può rileggerla, per favore, così siamo tutti più tranquilli?

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. «Per diffamazione ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile».

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Onorevole Sisto, accoglie la riformulazione dell'emendamento 5.250, a sua prima firma, proposta dalle Commissioni?

FRANCESCO PAOLO SISTO. Sì, signor Presidente. Vorrei in breve tempo spiegare i motivi di questo emendamento affinché ne rimanga traccia. È un emendamento che serve semplicemente ad evitare che, per raccogliere le condizioni spiegate proprio dall'articolo 5, sia sempre indispensabile esercitare, a mezzo della querela o di denuncia, un'azione in sede penale dei reati di calunnia e di diffamazione. L'emendamento serve a chiarire che lo stesso obiettivo raggiunto in sede civile può essere prodotto con una sentenza ovviamente definitiva. Dunque accolgo la riformulazione perché centra esattamente l'intento genetico di questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capano. Ne ha facoltà.

CINZIA CAPANO. Signor Presidente, la mia dichiarazione di voto era contraria nella precedente formulazione, ma in questa formulazione la dichiarazione di voto è positiva.

Pag. 33

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sisto 5.250, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Barba... onorevole Divella... onorevole Mario Pepe... onorevole Ascierto...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 509
Votanti 508
Astenuti 1
Maggioranza 255
Hanno votato
508).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.600 (Nuova formulazione) del Governo, accettato dalle Commissioni.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Mazzuca... onorevole Ria... onorevole Goisis... onorevole Cesario... onorevole Cesaro... onorevole De Nichilo Rizzoli... onorevole Coscia...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 508
Votanti 506
Astenuti 2
Maggioranza 254
Hanno votato
506).

Passiamo alla votazione dell'articolo 5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vassallo. Ne ha facoltà, per tre minuti.

SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, questo articolo, introdotto attraverso un emendamento nel corso dell'esame al Senato, mira a tutelare il pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite, riferite sia a reati sia ad illeciti disciplinari, apprese sul posto di lavoro. Per buone ragioni, si tratta di un intervento legislativo che non è stato molto controverso, né al Senato, né in sede di esame presso le Commissioni, né in Aula, e che mira a tutelare il dipendente fuori dai casi di responsabilità per calunnia o diffamazione.
Si prevede che chi segnala comportamenti illeciti non possa essere licenziato né sottoposto a misure discriminatorie sul piano lavorativo, in qualche misura, per motivi collegati con la denuncia presentata. Salvo i casi in cui la denuncia corrisponda ad un obbligo d'ufficio e in assenza del consenso del lavoratore che ha segnalato tale condotta, la sua identità non può essere rilevata, ma deve essere tenuta riservata. Vi sono, dunque, una serie di cautele che, naturalmente, tendono non a promuovere la delazione, ma a tutelare quei dipendenti che correttamente collaborano per limitare comportamenti illeciti al servizio del buon andamento e della buona immagine delle amministrazioni pubbliche.
Le ulteriori cautele introdotte nel corso dell'esame in Aula rendono questa norma non solo utile, ma anche chiara ed equilibrata, dando, in questo modo, attuazione ad una disposizione contenuta nella Convenzione civile sulla corruzione del Consiglio d'Europa, fatta a Strasburgo nel 1999, che stiamo un po' tardivamente ratificando (il 29 maggio scorso, la Commissione affari esteri l'ha licenziata). Questa Convenzione, all'articolo 9, prevede che noi ci impegniamo a garantire adeguata tutela contro ogni ingiustificata sanzione nei confronti di dipendenti i quali, in buona fede, denuncino alle persone o autorità competenti fatti di corruzione di cui abbiano giusti motivi di sospetto.
La norma che la Camera si accinge ad approvare corrisponde in maniera equilibrata a questo obiettivo sancito anche Pag. 34dalla citata Convenzione del Consiglio d'Europa e, dunque, il gruppo del Partito Democratico darà il suo voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente intervengo per dichiarare il sostegno del mio gruppo all'approvazione dell'articolo 5, così com'è stato modificato dall'azione e dall'emendamento proposto dal Governo. Anzi, vorrei cogliere l'occasione per dire che il lavoro svolto dal Ministro Patroni Griffi su questo articolo, come sul restante assetto preventivo del provvedimento, a mio avviso, è encomiabile ed è il frutto tangibile di un'estrema competenza in materia; prerogativa quest'ultima dalla quale non si può prescindere per dar vita ad un intervento normativo organico e coerente, così come ci stiamo impegnando a fare.
L'anticorruzione necessita, infatti, di un'azione di contrasto mirata e specifica che non permetta di tralasciare gli aspetti precipuamente collegati all'indagine. Mi riferisco, soprattutto, all'importanza di individuare un sistema che garantisca il più possibile che la notizia criminis, anzitutto, giunga all'autorità giudiziaria, alla Corte dei conti, ovvero ai soggetti su cui incombe l'obbligo di denuncia.
L'esperienza ha dimostrato, infatti, che questo genere di reati incontra un particolare limite proprio nella fase cosiddetta di emersione della notizia; le condotte che li caratterizzano sono infatti tangenti, per così dire, naturalmente, rispetto allo svolgimento dei compiti connessi al ruolo del dipendente pubblico e facilmente si confondono e restano coperti dall'atteggiamento di chi non denuncia per timore di ritorsioni nell'ambiente stesso di lavoro. Giudico dunque più che appropriata la misura prevista dall'articolo 5 laddove garantisce la tutela del dipendente pubblico che denuncia fatti illeciti, imponendo un sistema che lo protegga da eventuali misure discriminatorie.
Ritengo di poter esprimere lo stesso giudizio rispetto all'ultima delle modifiche apportate, ovvero quella che estende la tutela del dipendente anche al procedimento disciplinare. Particolarmente indicata a perseguire lo scopo mi sembra, peraltro, la sottrazione della denuncia all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge sul procedimento amministrativo.
Mi avvio a concludere, ma, per la verità, vorrei esprimere qualche dubbio sull'introduzione, all'interno della clausola di riserva iniziale, del riferimento all'articolo 2043 del codice civile, che pure ho concorso ad approvare votando l'emendamento del collega Sisto, quand'anche la richiesta di accertamento del danno sia fondata su fatti di calunnia o diffamazione. Le ragioni del mio dubitare attengono al piano applicativo e stanno ovviamente nella differente articolazione dei processi penale e civile che, a mio parere, non può essere superata su basi sostanziali e cioè quando si ricorra in sede civile, seppure sulla base di fatti rilevanti penalmente dei quali il giudice accerta la sussistenza ai soli fini storici per fondare il presupposto del danno ingiusto. A parte queste ultime osservazioni, credo di poter affermare che l'articolo 5 nel suo complesso rappresenti, sul piano normativo, un punto di forte raccordo tra diritto sostanziale e diritto processuale; per tali motivi ribadisco il voto favorevole del mio gruppo all'articolo in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, comunico il voto favorevole del Popolo della Libertà a questo articolo. Si tratta di una norma che non esito a definire equilibrata; è una norma che, da un lato, non esalta e non tutela indiscriminatamente il dipendente pubblico che, nell'ambito della stessa pubblica amministrazione, denuncia o riferisce condotte illecite ma lo protegge con dei limiti che sono quelli del dipendente pubblico che Pag. 35non dica qualificatamente il vero nelle forme della calunnia e della diffamazione. Non è secondaria l'aggiunta, da parte del Ministro, del limite, nell'ambito del procedimento disciplinare, del divieto di rivelare l'identità.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Segnalo, per coerenza di sistema, che l'atteggiamento non è nuovo nella nostra esperienza; il lavoratore molto spesso è tutelato nell'ambito di talune condotte dalle possibili ripercussioni da parte del datore di lavoro. Mi riferisco, per esempio, alla procedibilità d'ufficio di tutti i reati in tema di sicurezza sul lavoro, laddove anche per lesioni più gravi è prevista la procedibilità a querela. È evidente che la lesione del lavoratore va perseguita d'ufficio perché potrebbe, invece, entrare nella disponibilità del suo datore la procedibilità ad impulso. Mi sembra pertanto che questa norma, con quel chiarimento non secondario del non relegare nel panpenalismo dell'accertamento le ipotesi di calunnia e di diffamazione, abbia dignità di coerenza armonica e armonizzata con l'intero sistema. Voteremo «sì» a questo articolo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17,10)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori a questo articolo 5 dato che, se è vero che da una parte in uno Stato corretto non ci dovrebbe nemmeno essere perché dovrebbe essere normale per chi percepisce un illecito denunciarlo, dovrebbe essere altrettanto normale che colui che lo denuncia correttamente non avesse conseguenze persecutorie.
Tuttavia, salutiamo con molto favore questo articolo, che riteniamo equilibrato e bilanciato, perché protegge anche contro le calunnie, la diffamazione e, grazie all'aggiunta che è stata posta questa mattina nel Comitato dei diciotto, anche quando questa calunnia e questa diffamazione venga fuori non in sede penale, ma in sede civilistica, ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile.
Vi è, comunque, una protezione importante per chi favorisca, denunciando all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero al proprio superiore gerarchico, dei fatti di corruzione. Ovviamente deve trattarsi di una denuncia seria e circostanziata, perché altrimenti vi sarebbe il controbilanciamento dell'azione disciplinare contraria. Quindi, crediamo che anche il fatto che vi sia la possibilità, da parte delle organizzazioni sindacali del perseguitato, di denunciare al Dipartimento della funzione pubblica le azioni persecutorie, sia una protezione importante. Quindi, lo ripeto, salutiamo con favore l'introduzione di questa norma nell'ordinamento e voteremo a suo favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Granata. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, anche Futuro e Libertà per l'Italia esprime il proprio parere favorevole su questo articolo, che riteniamo essere particolarmente qualificante, perché introduce una rottura culturale rispetto a un andazzo. Si tutela la forza e la volontà, da parte di chi appartiene alla pubblica amministrazione, ad esempio, di denunciare fatti di corruzione; lo si tutela di fronte alle ritorsioni possibili e, per certi versi, si crea, all'interno della nostra legislazione, un procedimento analogo a quello che, con successo, gli imprenditori, soprattutto quelli della mia Sicilia, hanno seguito, arrivando prima a prevedere l'espulsione dall'associazione degli industriali di chi non denuncia fatti legati a pratiche estorsive e, successivamente, per legge, si è introdotto un principio per cui quell'atteggiamento è non soltanto culturalmente riprovevole, ma penalmente rilevante, perché di fatto si favorisce l'azione delle organizzazioni criminali. Pag. 36
In questo senso l'articolo 5, anche attraverso elementi di riequilibrio che erano necessari - perché era probabilmente eccessivamente pericoloso delegare soltanto alla parola di chi denuncia trovare un punto di accordo, di equilibrio - è certamente un tassello qualificante di una norma che speriamo, nella sua interezza e nel suo rigore, approvare nei tempi più rapidi possibili.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Papa, Cimadoro, Brandolini, Pippo Gianni, De Torre, Siliquini, Scilipoti, Fiano, Rosso, Pepe Mario...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 521
Votanti 519
Astenuti 2
Maggioranza 260
Hanno votato
519.

(Esame dell'articolo 6 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Mantovano 6.250, Vitali 6.1, Barbaro 6.252 e Rao 6.253. La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Melchiorre 6.251.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Mantovano 6.250. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovano. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, intervengo solo per motivare il voto a favore di questo emendamento. Tutti desideriamo fortemente impedire infiltrazioni mafiose nei settori cruciali dell'economia, ma spero che tutti desideriamo alla stessa maniera evitare dei pasticci. Vorrei fare un brevissimo riassunto delle puntate precedenti per arrivare alla questione. Nel 2010 il Parlamento, all'unanimità, vara la legge delega per l'adozione del codice antimafia, la legge n. 136 del 2010.
Nel settembre del 2011 viene pubblicato, dopo il passaggio in Parlamento, il decreto legislativo di esercizio di questa delega, che contiene al proprio interno, fra le altre, due norme: l'articolo 84, che disciplina la documentazione antimafia e le informazioni antimafia, e l'articolo 91, che al comma 7 delega ad un regolamento da adottare da parte del Ministro dell'interno, insieme con altri Ministri (giustizia, infrastrutture e trasporti, sviluppo economico, eccetera) le tipologie di attività a rischio di infiltrazione mafiosa nelle attività di impresa per le quali, in relazione al settore di impiego e a situazioni ambientali determinate, vi siano dei rischi di infiltrazione, sempre da contrastare con idonea documentazione antimafia.
Quindi, si rinvia ad un regolamento. Perché è stato scelto il regolamento? Perché è uno strumento relativamente flessibile, tale da poter recepire, a seconda del momento storico, l'indicazione delle attività a rischio che possono in parte mutare a seconda dei tempi e dei contesti. Perché l'articolo 6 rischia di essere un pasticcio? Perché la cosa più normale, sulla base delle puntate precedenti fin qui illustrate, Pag. 37è che gli uffici dei Ministeri interessati - in primis quello dell'interno - essendo trascorsi nove mesi - non 9 giorni o 9 settimane, ma 9 mesi - dall'entrata in vigore della norma principale, diano alla luce la norma secondaria, quella regolamentare.
Ora, invece di fare la cosa più normale, e cioè accelerare questo lavoro, si fa qualcosa di molto più complicato e francamente difficilmente comprensibile: si scomoda una norma di legge primaria e si dice una cosa illogica. Infatti al primo comma dell'articolo 6, che quest'Aula si appresta a varare, si dice: fino alla data di entrata in vigore del regolamento previsto dall'articolo 91, comma 7, del codice delle leggi antimafia, sono individuate le seguenti tipologie di attività a rischio (segue l'elenco). Se questo emendamento fosse bocciato, come da parere delle relatrici e del Governo, e quindi vi fosse la piena operatività dell'articolo 6, si avrebbe una serie di conseguenze francamente spiacevoli, a cominciare dalla ammissione di un grave ritardo da parte degli uffici dei Ministeri interessati che dovevano provvedere in nove mesi alla redazione di questo regolamento.
Ancora: la legge verrebbe adoperata come toppa provvisoria rispetto a tale ritardo. Ancora: si scrive da subito che una norma di legge è a tempo - e questo riguarda ogni norma della legge - ma è a un tempo molto limitato, addirittura può venir meno nel momento in cui si sarà varata una norma secondaria, con il rischio...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ALFREDO MANTOVANO. Se mi permette, signor Presidente, mi pare sia una questione di un certo peso, non rubo più di un minuto. Vi è il rischio, infatti, di un grave contrasto tra le varie white e black list contemplate da varie disposizioni in vigore; Expo 2015, ricostruzione in Abruzzo, il codice antimafia e questa norma, rischiano di fare impazzire i funzionari delle prefetture e le imprese interessate.
Allora - e concludo - può anche darsi che il Governo, il Ministero dell'interno in primis, ritenga di fare a meno del regolamento, e quindi si presenti in quest'Aula e dica: chiedo all'Aula di approvare una norma di legge primaria che abolisce il regolamento, e indica questo elenco. Ma non è ammissibile una soluzione a metà che, oltre ad essere a metà, sia un pasticcio che rischia di portare soltanto confusione operativa.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mantovano 6.250, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Farina Coscioni, Paladini, Pezzotta, Casini, D'Alessandro, Sardelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 512
Votanti 487
Astenuti 25
Maggioranza 244
Hanno votato
60
Hanno votato
no 427).

Prendo atto che il deputato Biasotti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Vitali 6.1, Barbaro 6.252, Rao 6.253.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, l'excursus fatto dal collega Mantovano mi fa risparmiare tempo. Questo emendamento, unitamente ad altri di colleghi appartenenti ad altri gruppi, aveva lo scopo di porre all'Aula una questione che riguarda proprio le informazioni antimafia. Oggi il meccanismo funziona Pag. 38grosso modo in questi termini: affida alle prefetture, su richiesta delle pubbliche amministrazioni interessate, di rispondere entro determinati termini, dando naturalmente le informazioni di cui le prefetture dispongono.
In alcuni casi è accaduto che le grosse imprese che si sono aggiudicate gli appalti, si sono rivolte ad imprese che rientrano nel novero di quelle che sono richiamate dall'articolo 6 - quelle, diciamo così, a maggior rischio di infiltrazione mafiosa -, hanno concluso dei rapporti contrattuali con queste imprese e, dopo avere in alcuni casi ricevuto l'informazione antimafia, si sono trovate al centro di inchieste giudiziarie, nelle quali veniva chiesto ad esse di spiegare come mai avessero intrattenuto rapporti con imprese su cui, attraverso accertamenti successivi, era emerso un pericolo di infiltrazione mafiosa.
Che cosa fanno le proposte emendative che, lo anticipo già, io ritirerò? Rovesciano il concetto. Siccome l'autorità di controllo e di prevenzione antimafia è la prefettura, la nostra proposta prevedeva, in buona sostanza, che ci fossero delle liste, cosiddette white list, all'interno delle quali ogni operatore che rientrava in questi settori trovava ospitalità e, una volta che era censito all'interno di queste white list, le imprese aggiudicatarie degli appalti vi si potevano rivolgere per i lavori necessari, senza alcun problema.
Questo rovesciamento avrebbe lo scopo di far eseguire i compiti di accertamento e di prevenzione a chi li deve svolgere, e di evitare alle imprese di correre rischi quando le informazioni date in un primo momento non siano sufficienti a prevenire naturalmente gli aspetti di infiltrazione mafiosa. Noi crediamo nella bontà di questa nostra proposta. Ci sono situazioni diverse. Io, Presidente, vorrei sentire l'opinione degli altri colleghi che hanno presentato analoghi emendamenti, fermo come sono ad aderire all'invito del Governo, qualora anche gli altri fossero di conseguenza d'accordo nel ritirare i loro emendamenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Granata. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, prima ho voluto sottolineare con particolare forza la positività del principio introdotto con l'articolo 5 nel nostro ordinamento, e la dimostrazione è stata, da parte dell'intero Parlamento, un'autentica piccola rivoluzione culturale che avviene attraverso un provvedimento legislativo.
Debbo dirvi che sia il parere delle Commissioni, sia lo stesso parere del Governo, mi lasciano, e ci lasciano, come Futuro e Libertà per il Terzo Polo, molto perplessi. Non capiamo le motivazioni di un invito al ritiro di un provvedimento (cioè di una riscrittura dell'articolo 6) che, come il collega che mi ha preceduto ha voluto sottolineare, è un articolo che ha uno scopo evidentissimo di prevenzione rispetto ad uno dei meccanismi - non il solo a dire il vero - attraverso il quale le gare di appalto possono essere preda di settori confinanti con i sistemi criminali.
Si tratta cioè dell'istituzione di un elenco presso le prefetture e di un monitoraggio costante di quelle imprese che, in regime di subappalto, svolgono alcuni lavori o comunque sono affidatarie di alcune tipologie di attività come il trasporto del materiale alle discariche, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti. Non voglio elencarle perché sono ben elencate nell'emendamento. Quindi, questa è una grande opportunità all'interno di un disegno di legge anticorruzione, per dare una garanzia (prima è stata definita una white list e di questo si tratta) alle imprese.
Infatti, con un elenco presente all'interno delle prefetture, non soltanto si fotografa uno spaccato di imprenditoria sana monitorata dalle prefetture stesse, ma le prefetture e le autorità preposte alle indagini preventive nei confronti delle infiltrazioni mafiose sugli appalti, proprio su quell'elenco di ditte, svolgono dei controlli costanti per garantire che non ci siano Pag. 39mutazioni di assetti societari, ingressi di nuovi soci anche in conseguenza di attività estorsive verso le stesse ditte.
Quindi, la motivazione politica e giuridica dell'introduzione di questo principio, che non è un caso che sia stata prevista in una formulazione analoga da una fascia di parlamentari larghissima, ci lascia realmente sorpresi. Per questo motivo, essendo coerenti nell'impostazione propositiva che vogliamo dare insieme al Governo all'approvazione di questo disegno di legge anticorruzione, riteniamo che l'articolo 6 sostitutivo, sia estremamente qualificante per la legislazione italiana, ed estremamente utile in una fase nella quale andiamo ad affrontare grandi questioni. Penso fra tutte all'Expo: che cosa significa l'Expo a Milano da gestire senza la possibilità di monitorare non soltanto le ditte che vincono gli appalti, ma tutto ciò che avviene all'interno di quel lavori? Quindi, noi riteniamo positiva la proposizione di questo articolo sostitutivo e, per questo, Futuro e Libertà chiede che venga posto in votazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, anche gli interventi che mi hanno preceduto - in particolare quello del collega Mantovano, ma poi anche quelli dei colleghi Contento e Granata - hanno sottolineato un punto molto importante sul quale ci siamo lungamente confrontati nelle Commissioni. Anche noi, come ha anticipato il collega Contento, ritireremo il nostro emendamento, che è stato proposto per integrare una previsione contenuta nel testo dell'articolo 6, per dare maggiore efficacia alle disposizioni che abbiamo ottenuto, con una sintesi avvenuta in sede di Commissioni, anche con la collaborazione del Governo.
Infatti, consideriamo - e lo ritiriamo per questo motivo - un comportamento apprezzabile da parte del Governo il fatto che per la prima volta una norma di legge individui ed elenchi le attività economiche che, secondo un'esperienza comprovata da parte di tutti gli operatori del settore e confermata dalla direttiva del Ministro Maroni del 23 giugno 2010, costituiscano i settori più esposti al rischio di infiltrazioni mafiose. Tutti i colleghi che si sono occupati in Commissione giustizia o in Commissione antimafia del settore dello sviluppo hanno potuto toccare con mano quanto ciò sia vero.
Il nostro emendamento tendeva, per rendere veramente efficace questa disposizione, ad accompagnarla con l'indicazione specifica delle modalità con le quali dovrà essere effettuato il controllo degli operatori iscritti nell'elenco della prefettura e anche delle conseguenze derivanti dall'esito negativo degli accertamenti prescritti.
Quindi, poi con questo emendamento volevamo - e lo abbiamo presentato in maniera analoga con altri colleghi degli altri gruppi - prevedere l'obbligatorietà dell'iscrizione negli elenchi per l'esercizio di queste attività.
Perché questo elemento ci sembra importante? Perché l'esperienza relativa alle previsioni legislative delle white list - quelle non obbligatorie ma facoltative, per parlare soltanto, come ultima esperienza, della ricostruzione in Abruzzo - non hanno prodotto risultati significativi. Quindi, quello del Governo rischia di essere uno sforzo vano, se non portato a termine.
Infine, l'obbligatorietà dell'iscrizione negli elenchi per l'esercizio di attività che, comunque, sono già sottoposte a provvedimenti di tipo autorizzatorio dell'amministrazione per altri aspetti, avrebbe la conseguenza di evitare un doppio regime fra gli appalti pubblici, per i quali l'appaltatore potrebbe sì scegliere i propri subcontraenti nelle liste controllate dalle prefetture, rispetto agli appalti privati, per i quali l'appaltatore non avrebbe, invece, alcuna garanzia sotto il profilo dell'assenza di penetrazione malavitosa nella scelta dei propri contraenti.
Questi sono gli elementi dubitativi che abbiamo sottoposto e che, con il nostro emendamento, intendiamo sottoporre al Pag. 40Governo. Ma, come dicevo all'inizio del mio intervento, per venire incontro anche allo sforzo di mediazione che è stato fatto in questa circostanza e d'intesa anche con gli altri colleghi, ritireremo il nostro emendamento. Però, riteniamo che sia un tema su cui il Governo, che ha dimostrato una grande sensibilità, riuscendo ad intervenire su questo aspetto come prima non si era fatto, possa e debba trovare il tempo - magari se riusciamo senza ritirare l'emendamento ad accantonarlo, come chiedono anche gli altri colleghi - per valutarlo nel percorso complicato, ma produttivo, che fino ad ora ha avuto questo provvedimento sulla prevenzione e sulla repressione della corruzione. Forse, insieme potremmo anche trovare il tempo e il modo, come sempre è stato fatto fino ad ora con la grande disponibilità del Ministro Patroni Griffi - devo dire - in tutte le sedi che hanno accompagnato questo provvedimento, per ritornare e per fare quel passo in avanti che servirebbe per dare reale efficacia a questo emendamento.

PRESIDENTE. Onorevole Rao, ma lei intende ritirare il suo emendamento 6.253 o intende accantonarlo?

ROBERTO RAO. Signor Presidente, chiedo che il mio emendamento 6.253 sia accantonato.

PRESIDENTE. Onorevole Rao, se intende proporre l'accantonamento del suo emendamento 6.253 occorre acquisire il parere del relatore. Onorevole Napoli?

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sulla proposta di accantonamento.

PRESIDENTE. Sta bene.
Avverto che, non essendovi obiezioni, deve intendersi accantonato l'esame degli identici emendamenti Vitali 6.1, Barbaro 6.252 e Rao 6.253 e, conseguentemente, la votazione dell'articolo 6.
Gli onorevoli Di Pietro e Garavini, che avevano chiesto di parlare, potranno intervenire nel momento in cui si riprenderà l'esame delle proposte emendative accantonate.
Faccio presente che occorre accantonare anche l'emendamento Melchiorre 6.251, perché gli altri emendamenti già accantonati erano interamente sostitutivi dell'articolo.

DANIELA MELCHIORRE. No, signor Presidente!

PRESIDENTE. Onorevole Melchiorre, è un fatto tecnico non di volontà!

DANIELA MELCHIORRE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, con il mio emendamento 6.251 si vanno ad apportare delle aggiunte al testo originario del provvedimento. Esso non ha nulla a che vedere con gli emendamenti precedenti. Quindi, non vale per esso la richiesta di accantonamento.

PRESIDENTE. Onorevole Melchiorre, non è questione di richiesta! Gli emendamenti precedenti, che sono stati accantonati, sono interamente sostitutivi. Questo comporta anche l'accantonamento del suo emendamento 6.251. Infatti, se si sostituisce integralmente l'articolo 6 del provvedimento, il suo emendamento 6.251, che è modificativo, non è più in linea con il procedimento che stiamo seguendo.
Ricordo che anche la votazione dell'articolo 6 è accantonata.
A questo punto dovremmo passare all'esame dell'articolo 7 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 41

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, l'articolo 7 è accantonato...

PRESIDENTE. Era già accantonato?

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. ... perché introduce l'articolo 319-quater che è inserito, poi, dall'articolo 13 di questo provvedimento.

PRESIDENTE. Quindi, lei propone l'accantonamento anche dell'emendamento Ferranti 7.251 e della votazione sull'articolo 7.
Avverto che, non essendovi obiezioni, deve intendersi accantonato l'esame dell'emendamento Ferranti 7.251 e, conseguentemente, la votazione dell'articolo 7.

(Esame dell'articolo 8 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).
Nessuno chiedendo di parlare sull'articolo 8 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sui subemendamenti Zeller 0.8.600.1, 0.8.600.2 e 0.8.600.3.
La Commissione accetta l'emendamento del Governo 8.600.
Infine, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Zeller 8.2 e Lanzillotta 8.250.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo al subemendamento Zeller 0.8.600.1.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Zeller 0.8.600.1 lo ritirano.
Passiamo al subemendamento Zeller 0.8.600.2.

KARL ZELLER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, intendo ritirare tutti i subemendamenti a mia prima firma.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.600 del Governo, accettato dalle Commissioni.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Razzi, Cesaro, Vassallo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 521
Votanti 518
Astenuti 3
Maggioranza 260
Hanno votato
517
Hanno votato
no 1).

Ricordo che sono preclusi gli emendamenti Zeller 8.2 e Lanzillotta 8.250.
Ricordo peraltro che non si procederà alla votazione dell'articolo 8, essendo stato approvato l'emendamento 8.600 del Governo interamente sostitutivo di tale articolo.

(Esame dell'articolo 9 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A). Pag. 42
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

JOLE SANTELLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli emendamenti Vassallo 9.250 e Sisto 9.251.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Sisto 9.252, a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: al comma 1, capoverso 1-sexies, dopo le parole: «o del valore» aggiungere la seguente: «patrimoniale».

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Vassallo 9.250.
Prendo atto che il presentatore dell'emendamento Vassallo 9.250 lo ritira.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, sappiamo che serve a poco, ma vorremmo che restasse agli atti che noi riteniamo molto importante l'emendamento Vassallo 9.250...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Di Pietro, se la interrompo, ma è stato ritirato, non potrebbe parlare su tale emendamento. Lo fa proprio?

ANTONIO DI PIETRO. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene, prego onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Vorrei che restasse agli atti, anche se ripeto interessa poco a quest'Aula, che noi riteniamo importante l'emendamento Vassallo 9.250 perché sottopone alla giurisdizione della Corte dei conti anche gli amministratori ed i dipendenti delle società direttamente o indirettamente partecipate dallo Stato o da altri enti pubblici, quando essi possiedano la maggioranza del capitale sociale o comunque ne esercitino il controllo. Ciò per un motivo molto semplice: la maggior parte delle attività economiche che vengono svolte nell'interesse dello Stato e degli enti pubblici vengono realizzate proprio da società partecipate e questa idea di fruire - attraverso le società partecipate - di un'esenzione di responsabilità, laddove invece si prevede la responsabilità per i pubblici ufficiali e per i pubblici dipendenti, ci sembra un escamotage a cui molto spesso si ricorre, quando si vogliono compiere atti contra legem.
Per questa ragione noi riteniamo che è bene che la Corte dei conti controlli anche i comportamenti e gli atti posti in essere da queste persone, e in questo senso chiedo a nome del gruppo dell'Italia dei Valori che venga votato questo emendamento.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, in particolare faccio riferimento allo speech letto dal Presidente della Camera nella settimana scorsa nel corso dell'esame del provvedimento, poiché era accaduto esattamente come oggi che il gruppo dell'Italia dei Valori aveva fatto propri degli emendamenti ritirati dal Partito Democratico e che erano stati poi messi in votazione. Il Presidente della Camera chiarì in quella occasione che questo non poteva avvenire in quanto siamo in regime di contingentamento non solo dei tempi ma anche delle proposte emendative e che se eventualmente fosse accaduto il gruppo dell'Italia dei Valori, Pag. 43contemporaneamente al fare proprio un emendamento di qualcun altro, avrebbe dovuto dichiarare quale era l'emendamento rispettivo, proprio, che aveva segnalato e che non si sarebbe più messo in votazione. Diversamente, signor Presidente, accade che c'è un evidente aggiramento di una norma che ha riguardato anche noi quando eravamo all'opposizione e che se c'è un contingentamento vale per tutti.
La pregherei pertanto, se il gruppo dell'Italia dei Valori conferma l'acquisizione dell'emendamento del nostro gruppo, di sapere qual è l'emendamento a cui rinuncia.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, il rilievo è corretto, mi dice se rinuncia ad un emendamento?

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, ritengo molto corretta l'osservazione del collega e poiché noi non vogliamo raggirare o aggirare alcunché, la prego di depennare l'emendamento Di Pietro 10.260.

PRESIDENTE. Non prima di averle anche detto che potrebbe anche rinunciare ad un altro e mantenere questo, da un punto di vista regolamentare è corretta anche questa posizione.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, lo dico subito, anche se potrei farlo in un altro momento, però la curiosità va soddisfatta, per cui rinunciamo all'emendamento Di Pietro 10.260.

PRESIDENTE. Sta bene.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, vorrei spiegare la motivazione della contrarietà del Governo, avendo ascoltato l'onorevole Di Pietro. Vorremmo precisare che con questo emendamento si innovava in un orientamento pacifico delle sezioni unite della Corte di Cassazione che non è che neghino in questo caso la responsabilità, ma la configurano come responsabilità civile e quindi assoggettata alla giurisdizione ordinaria e questo orientamento delle sezioni unite era stato recepito dalla legge che ovviamente questo emendamento proponeva di abrogare.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vassallo 9.250, ritirato dal presentatore e fatto proprio dal gruppo Italia dei Valori, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Goisis, Scandroglio, Cesario...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 526
Votanti 349
Astenuti 177
Maggioranza 175
Hanno votato
87
Hanno votato
no 262).

Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Sisto 9.251 formulato dal relatore.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, vorrei soltanto illustrare talune perplessità rispetto a questo meccanismo introdotto dall'articolo 9. Queste sono di due tipologie. La prima: è la prima volta - che mi risulti - che nel nostro sistema un'entità del danno venga presunta, si legge in questa norma che nel giudizio di responsabilità l'entità del danno all'immagine della pubblica amministrazione derivante Pag. 44dalla commissione di un reato si presume pari al doppio della somma di denaro o del valore dell'utilità.
Trovo che questo meccanismo corra seri rischi di incostituzionalità e credo che vada meditato, perché presumere aritmeticamente la valutazione di un danno è un modo di procedere del tutto estraneo al nostro sistema. Il secondo rilievo, signor Presidente, afferisce all'espressione «salvo prova contraria», che è completamente contraria - scusate il bisticcio - al regime di prova, dove la prova deve essere data da chi richiede. Invertire l'onere della prova, che è consentito in limitatissime situazioni nel nostro sistema - si pensi alla responsabilità medica esercitata in sede civile - e introdurre la prova contraria rispetto ad un diritto presunto e calcolato aritmeticamente a me sembra un sistema che corre seri rischi di violare dei principi di costituzionalità. Ciononostante, ho posto questi temi come argomento di riflessione, accettando la riformulazione che il Governo e il relatore hanno inteso proporre del mio emendamento subordinato che aveva e che ha - intervengo anche su quello, Presidente, riassumendo i due temi - lo scopo di dare un valore a questo calcolo, perché nella formulazione originaria il concetto di utilità non aveva un punto di riferimento. Inserendo il valore patrimoniale dell'utilità quanto meno c'è un punto di partenza quantitativo per poter operare questo calcolo. Mantengo le mie perplessità, ma nonostante ciò, in virtù dell'accoglimento previa riformulazione del mio emendamento 9.252 da parte del relatore e del Governo, ritiro questo emendamento soppressivo.

PRESIDENTE. Prendo atto, quindi, che l'emendamento Sisto 9.251 è ritirato.
Passiamo all'emendamento Sisto 9.252.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sisto 9.252, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Antonio Martino, Razzi, Cesario, Papa...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 518
Votanti 513
Astenuti 5
Maggioranza 257
Hanno votato
494
Hanno votato
no 19).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 9, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Sardelli, Repetti, Fioroni, Golfo, Vignali...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 521
Votanti 519
Astenuti 2
Maggioranza 260
Hanno votato
516
Hanno votato
no 3).

DAVID FAVIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, inizialmente sono stati accantonati gli emendamenti Di Pietro 2.280, perché la materia sarebbe in attesa di un emendamento della Commissione, e gli articoli aggiuntivi all'articolo 4. Tuttavia, poiché l'emendamento Di Pietro 2.280 non necessita di altro, chiedo che venga messo in discussione e in votazione, perché non capisco il motivo. Posso capire che la Commissione chieda tempo per formulare un proprio emendamento, ma non capisco perché Pag. 45debba travolgere un nostro emendamento. Quindi, se non c'è nulla in contrario, chiederei di poterlo discutere e votare.

PRESIDENTE. Onorevole Favia, è stato accantonato. All'inizio abbiamo chiesto alle Commissioni come procedere nell'ordine dei lavori. Se c'è una proposta diversa, da parte delle Commissioni e non solo da parte loro, la si può accogliere altrimenti si rimane come stabilito. Prendo atto che le Commissioni propongono di andare avanti.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, se andate a rileggere quello che ci siamo detti all'inizio, riguardo a ciò che è stato accantonato, non si è parlato proprio di questo emendamento.
Prendiamo atto, rispettosamente, che le Commissioni oggi ci dicono che intendono accantonare il mio emendamento 2.280, ma se lei va a leggere il resoconto dell'inizio della seduta, nessuno ha parlato dell'emendamento 2.280. Se poi lo vogliono accantonare...

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, chiedo scusa...

ANTONIO DI PIETRO. ... ne prendiamo atto, ma che risulti agli atti che le Commissioni chiedono di accantonare il mio emendamento 2.280.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, il suo emendamento 2.280 è stato accantonato precedentemente. Poi, la Presidenza ha chiesto al relatore da dove si voleva iniziare, come si fa normalmente, ed è stato detto di iniziare da dove abbiamo poi cominciato. Tra l'altro, io non ero presente in quel momento.

ANTONIO DI PIETRO. Quindi, risulta che le Commissioni hanno chiesto di accantonare il mio emendamento 2.280?

PRESIDENTE. Sì, ma non oggi. Era già stato accantonato. Non è che oggi le Commissioni hanno chiesto nuovamente di accantonare gli emendamenti che erano già stati accantonati.

ANTONIO DI PIETRO. Scusi, signor Presidente, ma il mio emendamento 2.280 è il primo nel fascicolo della seduta di oggi. Che vuol dire che è stato accantonato? Oggi è stato riportato nel fascicolo, non lo avete accantonato!

PRESIDENTE. È stato accantonato nella seduta precedente.

ANTONIO DI PIETRO. Ma oggi lo avete riportato nel fascicolo!

PRESIDENTE. Oggi non si sono riconfermati gli accantonamenti, ma è stato solo chiesto al relatore da dove ripartire con i lavori.

ANTONIO DI PIETRO. Ma per l'amor di Dio, la mia era solo una domanda.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, ho chiesto al relatore se si voleva cambiare l'ordine di esame degli emendamenti, mi è stato detto di no e io vado avanti.
Passiamo all'articolo aggiuntivo Vassallo 9.0250.
Invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dell'articolo aggiuntivo Vassallo 9.0250.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

Pag. 46

PRESIDENTE. Passiamo all'articolo aggiuntivo Vassallo 9.0250.
Prendo atto che il presentatore accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, a nome del gruppo dell'Italia dei Valori, chiedo di fare proprio l'articolo aggiuntivo Vassallo 9.0250 e di porlo in votazione.

PRESIDENTE. E a quale emendamento rinunzia?

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, rinunzio all'emendamento 20.3 che reca la mia prima firma. Detto questo, per il futuro, signor Presidente, gradiremmo rinunciare agli emendamenti quando vi arriveremo. Perché ce lo chiede prima?

PRESIDENTE. Che significa?

ANTONIO DI PIETRO. Non ci sarebbe bisogno che le dica adesso a quale emendamento rinunzio.

PRESIDENTE. Quindi, si riserva successivamente di indicare l'emendamento a cui rinunzia.

ANTONIO DI PIETRO. No, in questo caso glielo dico prima. Rinunzio al mio emendamento 20.3.

PRESIDENTE. Non è tra gli emendamenti segnalati, onorevole Di Pietro. Quindi, si riserva di rinunziare ad un altro emendamento. Lei sta rinunciando ad un emendamento che non sarà posto in votazione, perché non è tra quelli segnalati. Quando sarà il momento, dovrà indicare un altro emendamento, sia chiaro.

ANTONIO DI PIETRO. Va bene.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Vassallo 9.0250, fatto proprio dal gruppo Italia dei Valori, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Osvaldo Napoli, Berardi, Bongiorno...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 519
Votanti 345
Astenuti 174
Maggioranza 173
Hanno votato
25
Hanno votato
no 320).

(Esame dell'articolo 10 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 10 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Favia 10.9 e Di Pietro 10.10.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Di Pietro 10.11 e 10.13.

PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Favia 10.266 non è segnalato e che l'emendamento Ferranti 10.259 è stato ritirato.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Le Commissioni esprimono, invece, parere favorevole sugli identici emendamenti Melchiorre 10.253, Lanzillotta 10.254 e Ferranti 10.258.

Pag. 47

PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Ria 10.251 è stato ritirato.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Barbaro 10.12 e Lanzillotta 10.256.
Le Commissioni formulano, altresì, un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli identici emendamenti Favia 10.2...

PRESIDENTE. No, onorevole Santelli è rimasto solo l'emendamento Barbaro 10.1, perché l'emendamento Favia 10.2 non è segnalato.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Le Commissioni formulano, allora, un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Barbaro 10.1.
Le Commissioni esprimono, invece, parere favorevole sull'emendamento Favia 10.267.

PRESIDENTE. Onorevole Santelli, ma è segnalato?

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Sì, signor Presidente, è sbagliato il testo. Su questo emendamento è stato espresso parere favorevole sia dalle Commissioni che dal Governo.

PRESIDENTE. A noi non risulta segnalato, però. Rinunceranno ad un altro emendamento, visto che su questo c'è un parere favorevole. Va bene? Mi scusi, onorevole Santelli, il parere era favorevole?

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Sì, signor Presidente, le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento Favia 10.267.

PRESIDENTE. Perfetto.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Lanzillotta 10.255 e Paolini 10.268.
Signor Presidente, l'emendamento Di Pietro 10.260 mi sembra sia stato ritirato, vero?

PRESIDENTE. Sì, questo emendamento è stato ritirato dal presentatore in occasione del precedente, che ha fatto proprio.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Le Commissioni esprimono, invece, parere favorevole sull'emendamento Di Pietro 10.263.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Favia 10.265.

PRESIDENTE. Ricordo che gli emendamenti Favia 10.261 e 10.262 non sono segnalati.

JOLE SANTELLI. Relatore per la I Commissione. Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Lanzillotta 10.257.
Le Commissioni esprimono, invece, parere favorevole sull'emendamento Ria 10.252.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Di Pietro 10.264.
Le Commissioni chiedono, infine, l'accantonamento dell'emendamento Mantini 10.250.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, siccome noi dobbiamo rinunciare - e stiamo rinunciando - ad alcuni emendamenti, non vorrei che l'invito al ritiro venga inteso come un atto diverso dal ritiro necessario per fare propri altri emendamenti già presentati da altri. Per cui la domanda che io pongo è questa: ci sono stati fatti alcuni inviti al ritiro su Pag. 48emendamenti che noi eravamo - e siamo disposti - a ritirare. Ritirando tali emendamenti, abbiamo un credito rispetto ad altri emendamenti, che poi andremo a votare, oppure no? Questo voglio sapere. È una domanda. Non so se mi sono espresso.

PRESIDENTE. Sia la segnalazione che la desegnalazione devono avvenire prima, perché non è possibile fare quest'operazione: ci troveremmo in una confusione enorme. Devono avvenire prima che venga espresso il parere, altrimenti si arriva al punto che la segnalazione o la non segnalazione vengono fatte a seconda del parere che viene dato.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, proprio questo vorrei evitare, perché mi pare che noi stavamo... mi perdoni, signor Presidente, stiamo cercando di imparare.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Di Pietro, ci mancherebbe.

ANTONIO DI PIETRO. L'emendamento Favia 10.9 è l'emendamento che noi volevamo ritirare e ci eravamo riservati di ritirare. Sentiamo esprimere su di esso dal relatore un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario. Una volta che lo ritiriamo, questo emendamento va nel conto di quegli emendamenti che abbiamo acquisito prima oppure no?

PRESIDENTE. No, onorevole Di Pietro. Ecco perché sarebbe stato meglio indicarlo prima. Quando lei fa proprio un altro emendamento, in quel momento dice: mi riservo. Poi arriva alla votazione dell'emendamento e, a seconda del parere che le viene espresso, allora decide se segnalarlo o non segnalarlo. Ecco lo scopo di indicarlo prima.

DAVID FAVIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, desegnaliamo il mio emendamento 10.9.

PRESIDENTE. Sta bene. Il parere del Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore, ma con la precisazione che il Governo si rimette all'Assemblea sui tre emendamenti che contengono il termine della delega, gli identici emendamenti Melchiorre 10.253, Lanzillotta 10.254, e Ferranti 10.258, nonché sull'emendamento Favia 10.267.

PRESIDENTE. L'emendamento 10.266 non era stato segnalato...

DAVID FAVIA. Lo abbiamo cambiato, lo abbiamo segnalato!

PRESIDENTE. Chiarito, c'è una risegnalazione sull'emendamento Favia 10.266, mentre il Governo si rimette all'Assemblea per quanto riguarda l'emendamento Favia 10.267. Passiamo all'emendamento Di Pietro 10.10. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Di Pietro 10.10 formulato dal relatore.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, anche in questo caso intervengo affinché resti agli atti, e mi riferisco soprattutto a questo Governo tecnico, che mi pare che su alcuni argomenti non è tecnico, ma fa delle scelte politiche di fondo di cui dovrà poi assumersi la responsabilità politica, e non solo. È una questione che verrà discussa molto. Anche in questo Parlamento ho sentito molti interventi che su questo tema la pensano come noi. Devo dire che fuori da questo Parlamento sono tutti quanti d'accordo, salvo poi qui cambiare. Mi riferisco alla non candidabilità e alla non possibilità di ricoprire la carica di parlamentare per coloro che vengono condannati Pag. 49con sentenza definitiva per un delitto non colposo (abbiamo indicato poi anche quali e a che titolo).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 18,05)

ANTONIO DI PIETRO. Questo è il tema che noi poniamo in questa Aula: possiamo continuare, dopo tutto quello che è accaduto in questi anni, ad avere in Parlamento persone condannate con sentenza penale passata in giudicato per delitti non colposi, in particolare per i delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, per delitti di estorsione, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, omesse comunicazioni di variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte alle misure di prevenzione, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione rientrano nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso? Non possono essere candidate - noi pensiamo - queste persone; invece non solo le candidiamo, molto spesso le eleggiamo, molto spesso stanno anche in questo Parlamento e dequalificano sul piano etico, sul piano morale, sul piano politico stesso, la credibilità di questo Parlamento. Allora, credo che su questo tema sia importante che questo Parlamento si esprima.
Però vogliamo che resti agli atti che alcuni, invece, preferiscono che in questo Parlamento non siano rappresentati i cittadini solo incensurati, ma pure i cittadini condannati con sentenze penali gravissime, anche in via definitiva. Noi diciamo anche qualcosa in più con quest'emendamento, ossia che non solo non possono essere candidati, ma che perdono le condizioni di eleggibilità e, perdendo queste condizioni, vi deve essere pure la decadenza dichiarata dalla Camera dei deputati entro sessanta giorni dalla notizia di condanna definitiva. Anche se il parlamentare viene condannato in costanza di mandato, la condanna definitiva per uno dei gravi reati di cui abbiamo parlato deve secondo noi comportare la decadenza d'ufficio, proprio per mandare un messaggio chiaro ai cittadini e all'opinione pubblica che, cioè, questo Parlamento riesce a fare pulizia da solo al proprio interno, senza bisogno che ogni volta debba intervenire la magistratura per cercare di riportare giustizia. Nel caso di specie poi abbiamo a che fare con casi in cui la magistratura è già intervenuta. È intervenuta in via definitiva, ha provveduto alla condanna, una condanna per reati gravissimi, ovviamente non colposi, e, ciononostante, si viene ricandidati, si viene eletti e si resta in questo Parlamento.
Noi su questo tema stiamo portando avanti anche delle proposte di iniziativa popolare e, soprattutto, di referendum. Prendo atto che alcuni, nel mentre sto occupando il tempo che mi spetta e che nessuno può togliermi, invece si sente talmente offeso di quello che sto dicendo che mi chiede di smettere. La finisco qui in questo Parlamento, ma fuori di questo Parlamento i cittadini vi giudicheranno (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Granata. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, credo che questo articolo sia, nella complessità con cui sono stati presentati gli emendamenti, molto delicato, ma anche molto importante. Personalmente e a nome del gruppo di Futuro e Libertà sottoscriviamo e sosteniamo gli emendamenti Di Pietro 10.11 e 10.13, perché di fatto questi due emendamenti non fanno altro che introdurre, all'interno del provvedimento anticorruzione, quel codice etico antimafia sulle candidature approvato all'unanimità da tutti gli schieramenti politici e da tutti i partiti presenti in Commissione bicamerale antimafia, che prevedeva e che prevede che, per alcuni reati particolarmente gravi e di particolare allarme sociale, che poi sono stati elencati dall'onorevole Di Pietro, che vanno dall'associazione mafiosa alla corruzione, dal traffico illecito dei rifiuti, al peculato, ci sia, non come principio portante per i Pag. 50partiti il cosiddetto e fondamentale principio di presunzione di innocenza, ma una norma che vieta la candidatura a quei soggetti che sono stati soltanto per questi reati rinviati a giudizio.
Per quanto riguarda l'emendamento Di Pietro 10.10 che, invece, parla di sentenza passata in giudicato, ma lasciando sostanzialmente - in questo chiedo anche un approfondimento ai colleghi - indeterminata totalmente la tipologia del reato, ci sembra che non siamo nella giusta direzione. Quello che voglio dire è che il Parlamento oggi dovrebbe confermare con un voto, soprattutto agli emendamenti Di Pietro 10.11 e 10.13, e poi via via ne esamineremo altri, quei principi che in Commissione bicamerale antimafia coerentemente tutte le forze politiche, dal PD a Futuro e Libertà, hanno approvato e hanno votato, lamentandosi poi che non venissero applicate, ma dipende dai partiti applicarle. E, in questo caso, se il Parlamento introduce nella normativa questi due emendamenti e, quindi, formula l'articolato dell'articolo 10 in modo da prevedere un'esclusione dall'eleggibilità di tutti coloro i quali sono stati rinviati a giudizio per associazione mafiosa, associazione a delinquere, peculato, traffico illecito dei rifiuti e via dicendo, dà un bel segnale all'Italia di effettiva volontà di rinnovamento della politica.
Questo è il senso di questi due emendamenti sui quali Futuro e Libertà non soltanto voterà a favore, ma attende una prova di coerenza da parte di quegli schieramenti politici che in Commissione antimafia hanno votato apertamente per questo tipo di impostazione e che, poi, invece l'hanno trasgredita nella prassi, perché hanno candidato regolarmente circa quarantadue non solo rinviati a giudizio, ma anche condannati per questi reati gravi. Quindi, in questo senso aggiungo la mia firma e annuncio il voto favorevole di Futuro e Libertà sugli emendamenti Di Pietro 10.11 e Di Pietro 10.13.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, francamente devo dire che sia questo intervento che l'altro che è stato fatto prima con riferimento all'articolo 6, a sostegno di alcuni emendamenti, mi sembra che siano stati fatti sicuramente secondo principi condivisibili, ma non tenendo conto che c'è un articolo 10 - infatti qui stiamo parlando dell'emendamento Di Pietro 10.10 sostitutivo dell'articolo 10 del provvedimento in discussione -; come se l'articolo 10, che prevede la delega al Governo per l'adozione di un testo unico in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, come se questo articolo 10 non vi fosse.
Dunque è come se oggi qui nelle Commissioni in tutto questo tempo, in tutto questo anno di lavoro, non si fosse fatto nulla e sento intervenire parlamentari che oggi pongono questo problema, come se soltanto questo emendamento, oggi, portasse a definire che persone condannate con sentenze passate in giudicato per gravissimi delitti quali appunto quelli riguardanti la criminalità organizzata e altri delitti contro la pubblica amministrazione, questo fosse introducibile soltanto attraverso l'emendamento che è a firma Di Pietro. In realtà non è così. Faccio questo intervento per una questione di rispetto del lavoro che è stato fatto nelle Commissioni. C'è un articolo 10 che prevede una delega che detta criteri molto stringenti, che fa salvi già tutti gli effetti che riguardano la materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici e anche la materia riguardante l'interdizione temporanea, quindi le pene accessorie, sull'effettività delle quali noi molto crediamo anche in connessione con i delitti riguardanti la corruzione. L'articolo 10 stabilisce, inoltre, che sia prevista proprio la incandidabilità per chi ha riportato condanne superiori a due anni di reclusione per tutti i delitti riguardanti la pubblica amministrazione e altri gravi delitti per i quali la legge prevede una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni. Allo stesso modo la lettera d) prevede, tra i principi di delega, Pag. 51anche il riferimento all'incandidabilità anche nel caso in cui non vi sia sentenza di condanna ma di patteggiamento; prevede l'incandidabilità per chi si è macchiato di delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e quater, del codice di procedura penale, cioè quelli riguardanti la criminalità organizzata.
Quindi francamente devo dire che, fermi restando i principi che ho sentito ribadire anche dall'onorevole Granata, rimango stupita, perché in realtà sembra che l'emendamento introduca qualcosa di nuovo rispetto a quello che è presente nel provvedimento, nell'articolo 10, rispetto quindi al lavoro delle Commissioni che, rispetto al Senato, ha apportato anche modifiche più rigorose. Per questo non possiamo votare l'emendamento Di Pietro 10.10, perché quell'emendamento sostanzialmente vuole duplicare, vuole sostituire l'articolo 10 del disegno di legge ma, al contrario, riteniamo che tale articolo sia il frutto di un lavoro, di una delega molto rigorosa rispetto alla quale peraltro abbiamo chiesto che il termine di un anno previsto per l'attuazione sia ridotto almeno di sei mesi dal momento che sono passati oltre un anno per i lavori delle Commissioni.
È questa la serietà: fare in modo che la legge venga approvata prima dell'estate e che la delega venga esercitata. Cerchiamo di non fare discorsi solo demagogici.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, il tema è molto delicato e, francamente, vorrei dire, senza ripetere le osservazioni adesso svolte dalla collega Ferranti su questo testo, che noi non inseguiamo un giustizialismo di maniera con soluzioni tecnicamente infondate o molto discutibili. Tuttavia, alla domanda del cittadino comune, che si chiede come mai per partecipare ad un concorso per fare il bidello in una scuola debba esibire un certificato penale, mentre per fare il parlamentare non serve, obbiettivamente, una risposta bisogna darla; però una risposta che abbia un suo punto di equilibrio.
Noi abbiamo presentato, con l'emendamento a mia prima firma 10.250, che preferiamo rispetto alle altre soluzioni, un'impostazione che sostanzialmente estende al Parlamento lo stesso regime di incandidabilità - solo nei casi di condanne passate in giudicato, ovviamente, per alcune categorie di seri reati - che vale per i consigli comunali, provinciali e regionali. Anche alla luce dell'articolo 114 della Costituzione, che prevede che la Repubblica si articola in comuni, province, regioni e Stato, sembrerebbe giusto che quel che è previsto per la candidabilità negli enti locali e nelle regioni sia previsto anche per il Parlamento.
È chiaro che questa normativa è una normativa che nulla ha a che fare con il regime delle sanzioni accessorie: questo è stato ben chiarito dalla Corte costituzionale, con la sentenza del 15 maggio 2001, n. 132. È una normativa di attuazione dell'articolo 51 della Costituzione, che prevede che l'accesso alle cariche pubbliche sia previsto nei limiti stabiliti dalla legge. Questi profili di onorabilità sono, appunto, un requisito richiesto alla luce dell'articolo 51 della Costituzione. Quindi, una normativa costituzionale che consente di darci una risposta dinanzi ad una richiesta che, comunque, è diffusa e presente nella società.
Noi vogliamo dire che si può affermare che i condannati per certi gravi reati non devono sedere in Parlamento. Riteniamo anche che il Parlamento tutto - da tutti i banchi - saprà trovare una soluzione unitaria ad un tema che riguarda l'etica pubblica e che riguarda esattamente il decoro delle istituzioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, ha ragione l'onorevole Mantini: si tratta di un tema estremamente delicato, che prende le mosse da quello che è un principio, a mio avviso, assolutamente Pag. 52non scalfibile, neanche assumendo a pretesto meramente lessicale, scambiandola con una sorta di tsunami capace di travolgere tutti e tutto, la parola «antimafia».
L'articolo 27 della Costituzione impone, senza ombra di dubbio, che l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Il Ministro Patroni Griffi si è felicemente incardinato - e non poteva essere diversamente - sui principi della Costituzione, rivendicando come presupposto ineliminabile perché possa essere assunta una decisione a carattere definitivo, la definitività del giudizio di responsabilità.
Su questo mi sembra che non ci possano e non ci debbano essere dubbi, salvo a legittimare giudizi che possono essere accelerati, decelerati, interessati, con un'interferenza della fase interinale del procedimento penale, intollerabile su quello che deve essere il percorso della politica. Sia ben chiaro: rispetto della sentenza definitiva ma nessun rispetto, ai fini definitivi, di quello che non ha il carattere del passaggio in giudicato.
Detto questo, signor Presidente, quello che è stato ben difeso dal collega, il dottor Di Pietro, nell'emendamento 10.10, presenta due patologie assolutamente convergenti dal punto di vista dell'accettabilità. Innanzitutto, stravolge il principio di presunzione di non colpevolezza ma, soprattutto, mi sia consentito, non indica quali siano i delitti non colposi - questa è l'espressione - per cui si deve essere stati condannati sicché noi dovremmo accettare, votando per questo emendamento, che, reati come l'ingiuria, la diffamazione, la violazione degli obblighi di assistenza familiare, la violazione di domicilio, l'invasione di edifici, la deviazione di acque, il deturpamento e l'imbrattamento di cose altrui dovrebbero essere ostativi all'ingresso in Parlamento. A me sembra che questo sia inaccettabile, sia paradossale e sia frutto di una disinterpretazione del ruolo del Parlamento che, anziché porsi come intelligente ragionatore sui principi del sistema costituzionale e normativo, diventerebbe una sorta di crocifissione di chiunque, anche per fatti di rilevanza davvero minima, possa incorrere nelle ire della giustizia penale. Mi sembra pertanto che, sulla scorta di questi principi che vanno tenuti ben chiari, ben netti - e la norma proposta dal Governo mi sembra che risponda in qualche modo a questi principi - il Popolo della Libertà voterà «no» a questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lenzi. Ne ha facoltà.

DONATA LENZI. Signor Presidente, vorrei cogliere l'occasione di questo argomento, anche se non mi riferisco specificatamente all'emendamento di Pietro, per invitarvi a riflettere meglio perché siamo di fronte ad una riserva di legge costituzionale. L'articolo 65 dice che è la legge che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con il mandato parlamentare. Sono d'accordo che dobbiamo prevedere l'incandidabilità ma se lasciamo al Governo il compito di fare un decreto legislativo, possiamo noi dire, e ci sentiamo in qualche modo compresi quando diciamo che dovrà prevedere i casi in cui non siano temporaneamente candidabili a deputati e senatori coloro che... Questo sta nell'interdizione. Guardate il punto m) che introduce la sospensione per cui uno sta fuori due anni dall'Aula del Parlamento, viene sostituito dal primo dei non eletti poi quando ritorna il primo dei non eletti, torna indietro. Inviterei ad una riflessione più approfondita.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Muro. Ne ha facoltà.

LUIGI MURO. Signor Presidente, sarò molto breve ma io credo che il dibattito di questi ultimi minuti abbia chiarito come sia necessario, secondo me, approfondire un attimo questa problematica. A mio avviso l'onorevole Granata aveva chiarito in maniera evidente quale fosse questa problematica e ha detto con chiarezza che non era possibile approvare il principio Pag. 53secondo il quale coloro che sono condannati per un delitto non colposo non possono entrare in Parlamento perché andavamo a applicare in maniera generica un principio. Viceversa, ha detto che, se è vero come è vero che in determinati periodi - anche se dovrebbe essere sempre - l'etica e la morale comune vanno recepite dal Parlamento, in questo momento il codice etico che corrisponde, a nostro avviso, anche a quello che la gente sente al di fuori di questo palazzo, andrebbe assorbito nel nostre Aule e trasformato in legge. Quindi facciamo una proposta che determina anche un tentativo di fare chiarezza: accantoniamo tutti questi emendamenti, riscriviamo il principio secondo il quale non possono entrare in Parlamento tutti coloro che, in base alle norme approvate dalla Commissione antimafia nel cosiddetto codice etico, si ritrovano in quelle condizioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, con questa serie di emendamenti tendiamo ad applicare la incandidabilità dei condannati per gravi motivi. Tutto il dibattito, sia quello che tende a delegare al Governo, sia quello che tende a dire che qualcosa, come sempre, nella vita è perfettibile e anche nei nostri emendamenti, rischia di essere estremamente ipocrita. Questo articolo è chiaramente incostituzionale, come è stato rilevato ai sensi dell'articolo 56. Infatti, non si può delegare perché si avrebbe non una legge - come dice l'articolo 56 -, ma una legislazione delegata, un decreto legislativo. Allora, siccome a parole, in tutte le sedi, siamo tutti d'accordo che i condannati per gravi motivi non devono entrare in Parlamento, accantoniamo questa materia, visto che abbiamo altre cose da discutere e da sancire. Possiamo adottare una norma tranquillamente condivisa e breve in cui diciamo che i condannati con sentenza passata in giudicato - anche in termini di sospensione per coloro con sentenza di primo grado, non è difficile regolarla - non possono entrare in Parlamento e credo che risponderemo a quello che ci chiede la gente al di fuori di queste mura. Tutto il resto sembra ipocrisia e sembra voler rinviare il problema che si dice di condividere, ma in realtà non lo si vuol fare.

PRESIDENTE. Chiedo ai relatori come vogliano procedere, considerato che l'onorevole Favia chiede l'accantonamento di questi emendamenti.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, vi sono anche altri emendamenti accantonati, e quindi l'articolo non lo voteremmo comunque, ma vi è un problema di decisione iniziale: il testo è tutto sulla delega e sulla delega tutti abbiamo lavorato, gli emendamenti dei colleghi dell'Italia dei Valori mettono tutto in legge. Ovviamente si tratta di un'impostazione che è completamente differente rispetto a tutti gli altri gruppi parlamentari. Quindi, per quanto mi riguarda possiamo anche votarli.

DAVID FAVIA. Non tutti gli altri gruppi!

PRESIDENTE. Onorevole relatrice, è evidente che se accantoniamo questo emendamento, che è totalmente sostitutivo, dovremmo accantonare anche tutte le proposte emendative all'articolo 10 e quindi passare all'articolo 11.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Esatto, signor Presidente. Secondo me possiamo anche votarli, visto e considerato che si tratta di una scelta di base fra la delega e la disposizione di legge. Per un atto di cortesia potremmo accantonarli, ma significherebbe, ovviamente, in questo momento, interrompere i lavori sull'articolo 10.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 54

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, nel corso della discussione sono state poste delle questioni di carattere giuridico che hanno bisogno, a mio modo di vedere, di un ulteriore momento di riflessione. Quindi, capisco che, relativamente ad altri emendamenti, la relatrice dice che siamo nella condizione di votarli, però, trattandosi qui, come lei ha detto, signor Presidente, di un emendamento interamente sostitutivo, va da sé che non saremmo posti nella condizioni di votare gli altri emendamenti nel momento in cui si dovesse accantonare l'emendamento principale sostitutivo.
Tra l'altro, credo, anche a nome del mio gruppo, e anche a seguito degli interventi svolti dai colleghi del mio gruppo, sarebbe importante verificare la disponibilità dei presidenti delle Commissioni e dei relatori al fine di accantonare l'intero articolo e passare all'articolo 11, in modo tale, anche qui, che non si perda ulteriore tempo in una discussione che ci impedirebbe comunque, entro il tempo che è stato stabilito delle 19,30, di concludere la discussione e la votazione dello stesso articolo in discussione.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, credo che la relatrice abbia già spiegato il senso degli emendamenti. Se lei dovesse ritenere, possiamo anche accantonare l'intero articolo 10, tenga conto che poi dovremmo passare a un solo voto, quello sull'articolo 11, perché le avrei chiesto l'accantonamento dell'articolo 12 e dell'articolo 13; per cui noi termineremmo qui i lavori.
Non sarebbe un dramma, forse è meglio che andiamo a lavorare nelle Commissioni. Se questo dibattito lo si vuole continuare nelle Commissioni, possiamo farlo tranquillamente. Noi ritenevamo che l'articolo 10 fosse pronto per l'Aula però, se c'è qualcuno che ritiene che ancora sia necessario un ripensamento, nulla vieta che possiamo farlo. Quindi accantonerei tutto l'articolo 10. Sull'articolo 11, lo ripeto, e solo sull'articolo 11, possiamo procedere al voto, però poi ci dovremmo fermare perché le Commissioni non sono pronte sugli articoli 12 e 13.

PRESIDENTE. E gli altri accantonati dal 2 al 4?

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Lo stesso, signor Presidente.

PRESIDENTE. Colleghi, a questo punto o c'è un'esplicita richiesta da parte delle Commissioni, o l'Aula deve votare, perché il presidente è stato chiaro: se accantoniamo l'articolo 10, votiamo soltanto l'articolo 11 e poi interrompiamo: va bene così? Ne prendo atto. Guardo alla mia destra: mi sembra che ci sia l'accordo anche da parte degli altri gruppi, quindi procediamo.

(Esame dell'articolo 11 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 11 (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 11.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Ruggeri, Proietti Cosimi, Boccuzzi, Pizzolante, Boccia.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 518
Votanti 516
Astenuti 2
Maggioranza 259
Hanno votato
515
Hanno votato
no 1).

Pag. 55

A questo punto sospendiamo l'esame del provvedimento in oggetto e chiedo come si intenda procedere.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, se spetta a lei fare una proposta, attendo che la Presidenza la faccia, altrimenti la faccio io.

PRESIDENTE. La proposta del Presidente è seguire l'ordine del giorno. Sospendendo l'esame del punto che stiamo esaminando, il punto successivo all'ordine del giorno è il decreto-legge.
Prego, onorevole Quartiani.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo sia opportuno chiarire all'Aula che possiamo proseguire sull'ordine del giorno a condizione che domani si riprenda dal punto che noi abbiamo lasciato, cioè il disegno di legge anticorruzione. Questo mi pare evidente. Quindi vuol dire che noi ci impegniamo adesso a concludere e, se non è concluso, domani si riprende secondo l'ordine del giorno. Diversamente sarebbe meglio chiudere i lavori questa sera, se non c'è accordo su questo punto.

PRESIDENTE. Il provvedimento ha solo due emendamenti quindi se c'è un accordo tra i gruppi è assolutamente fattibile concluderlo in serata, basta che vi esprimiate e noi siamo a posto.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, credo sarebbe più opportuno procedere secondo l'ordine dei lavori che ci siamo dati, interrompendo questo provvedimento a questo punto, Presidente, secondo quanto stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo che si è riunita la scorsa settimana, aggiorneremmo i lavori a domani mattina con le votazioni relative alle nomine nelle authority, e poi domani pomeriggio riprenderemmo con questo provvedimento, atteso che poi il Comitato dei diciotto dovrà ultimare alcune fasi relative a pareri che non sono stati espressi su emendamenti.
Quindi, credo, Presidente, che inoltrarci nell'esame di un decreto-legge che - lo ricordo, Presidente - è un provvedimento che il nostro Regolamento non prevede di contingentare, secondo me in questo momento forse non sarebbe un'operazione opportuna, nel senso che abbiamo avuto dei motivi per non procedere ulteriormente su questo provvedimento specifico, ma il decreto-legge in questione è stato volutamente collocato successivamente a questo provvedimento proprio per dargli priorità. Se questo si interrompe, rimane così, Presidente.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, credo sarebbe più opportuno procedere secondo l'ordine dei lavori che ci siamo dati, interrompendo questo provvedimento a questo punto, Presidente, secondo quanto stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo che si è riunita la scorsa settimana, aggiorneremmo i lavori a domani mattina con le votazioni relative alle nomine nelle authority, e poi domani pomeriggio riprenderemmo con questo provvedimento, atteso che poi il Comitato dei diciotto dovrà ultimare alcune fasi relative a pareri che non sono stati espressi su emendamenti.
Quindi, credo, Presidente, che inoltrarci nell'esame di un decreto-legge che - lo ricordo, Presidente - è un provvedimento che il nostro Regolamento non prevede di contingentare, secondo me in questo momento forse non sarebbe un'operazione opportuna, nel senso che abbiamo avuto dei motivi per non procedere ulteriormente su questo provvedimento specifico, ma il decreto-legge in questione è stato volutamente collocato successivamente a questo provvedimento proprio per dare priorità al DDL anticorruzione. Se questo si interrompe, l'ordine del giorno rimane identico, Presidente.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le cose sono chiare. Mi pare evidente che a questo punto proseguiamo semplicemente, almeno per quanto ci riguarda, interrompendo l'esame di questo provvedimento, che sarà ripreso domani pomeriggio dopo il voto relativo alle authority.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, va bene, anche da parte nostra vi è l'assenso, pur consapevoli del fatto che anche il secondo è un provvedimento che dobbiamo prima o poi completare. Rimane il fatto che ormai questa sera, avendo già concordato di concludere verso le 19, è meglio sospendere qui e riprendere domani mattina, con l'impegno a concludere l'esame anche dell'altro provvedimento Pag. 56(Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Sta bene. L'esame del provvedimento sarà ripreso domani pomeriggio.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 18,40).

GIULIANO CAZZOLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, la questione che voglio affrontare ha a che fare non solo con un'importante azienda che ha sede e radici nella mia città, Bologna, ma la cui storia, la cui vicenda si collega indirettamente con la discussione di oggi riguardante il disegno di legge sull'anticorruzione, non tanto per i contenuti di questo disegno di legge, quanto piuttosto per il clima in cui si colloca l'esame che stiamo conducendo, almeno a mio parere.
Nei giorni scorsi la Corte d'appello di Milano ha certificato, con una sentenza, l'insussistenza dei reati connessi alla mancata acquisizione della Banca nazionale del lavoro da parte di una cordata imperniata su Unipol, un'importante società assicuratrice che aveva peraltro anche messo insieme una cordata di imprenditori che era disponibile a rilevare la Banca nazionale del lavoro, che era ed è pur sempre un importante istituto di credito del nostro Paese.
La sentenza ha fatto chiarezza, dopo sette anni da quando si è posto il problema, certificando, almeno fino a prova contraria, che quella era un'operazione assolutamente legittima, che non c'erano «furbetti del quartierino», ma che in sostanza l'Unipol poteva effettuare la scalata nei confronti di BNL. Il risultato di tutta quella vicenda è il risultato di una campagna mediatica, come ce ne sono state tante e come ce ne saranno ancora tante purtroppo in questo Paese, ed è il seguente: la BNL oggi è di proprietà di una banca francese e l'Italia ha perso la proprietà di un importante istituto di credito.

ANTONINO LO PRESTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, intervengo brevemente per sollecitare la risposta scritta all'interrogazione n. 4-16264, che praticamente raccoglie il contenuto di un'interpellanza urgente che abbiamo ritirato proprio per agevolare il Governo nella risposta, perché per diverso tempo l'interpellanza all'ordine del giorno, per ragioni diverse, non è stata discussa, e allora abbiamo trasformato l'interpellanza in interrogazione a questo scopo. Quindi, pregherei gli Uffici della Camera, visto che la risposta scritta è già stata predisposta, di sollecitare il Governo a volerla fornire. È un atto con il quale si chiede l'interpretazione di una norma di legge che aprirebbe evidentemente la strada a determinate prospettive per le casse di previdenza.

LUCIANA PEDOTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANA PEDOTO. Signor Presidente, volevo sensibilizzare anch'io la Presidenza riguardo alla risposta ad un atto di sindacato ispettivo, relativo al permanere di una situazione di incertezza in cui versano 175 dirigenti del Ministero della salute. Si tratta di medici, veterinari, farmacisti ed altro personale selezionato a suo tempo per fronteggiare diverse emergenze che si sono verificate nel nostro Paese (ad esempio il caso dell'influenza aviaria). A costoro è stato più volte rinnovato il contratto e noi auspichiamo al più presto che siano definiti tempi certi per la stabilizzazione del loro rapporto di lavoro.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

Pag. 57

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, nonostante negli ultimi 15 giorni in ogni occasione che mi è stata offerta a conclusione dei nostri lavori abbia sollecitato la risposta ad un atto di sindacato ispettivo, questa risposta non è ancora arrivata. Quindi, la pregherei di voler nuovamente sollecitare il Governo e, in particolare, il Ministero dello sviluppo economico, a dare risposta scritta all'interrogazione n. 4-15983 presentata, oltre che dal sottoscritto, anche dai colleghi onorevoli Lucio Barani e Andrea Rigoni.
L'interrogazione riguarda un'emittente storica della Toscana nordoccidentale, Teleriviera, che da mesi era minacciata di chiusura e di interruzione delle trasmissioni. Oggi questo si è verificato: dal 1o giugno questa emittente, che ha trasmesso ininterrottamente da 35 anni (era nata nel 1977), non trasmette più. Infatti, in virtù di un errore dell'ispettorato toscano dello stesso Ministero, il canale che le era stato assegnato nel passaggio al digitale terrestre risulta già occupato da un'altra emittente.
Per questo motivo, oltre alla chiusura e alla cessazione delle trasmissioni, che rappresentano un serio vulnus al pluralismo dell'informazione, sono stati anche messi in cassa integrazione alcuni dei dipendenti, mentre per altri, che ovviamente avevano contratti di lavoro cosiddetti atipici, a tempo determinato o di altro tipo, non si è potuto fare ricorso neanche a questo tipo di ammortizzatore sociale.
Quindi, le sarei quanto mai grato se il Ministero potesse finalmente dare risposta a questa interrogazione per non costringermi, magari anche domani, a tediarla ulteriormente.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, la Presidenza ha già provveduto a sollecitare più volte e continuerà a farlo.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Signor Presidente, intervengo per sollecitare l'attuazione dell'ordine del giorno sulla Croce rossa, il n. 9/4865/A-R/10, a mia prima firma e a firma dei colleghi Radicali. Si tratta di un ordine del giorno accolto dal Governo lo scorso 26 gennaio, con il quale l'Esecutivo ha assunto un preciso impegno nei confronti della Croce rossa italiana.
Visti i risultati, a nostro avviso fallimentari, raggiunti dal commissario straordinario (che in più di tre anni non è riuscito a raggiungere uno solo degli obiettivi per i quali era stato nominato nel 2008), sarebbe opportuno dare immediata attuazione al nostro atto di indirizzo con cui abbiamo chiesto di ridurre nella misura del 50 per cento il compenso di 229.489,43 euro pagati annualmente al commissario straordinario, anche al fine di evitare che questa nuova proroga, che gli è stata concessa fino al prossimo settembre, non diventi una misura premiale per non avere eliminato le criticità organizzative e gestionali che affliggono la Croce rossa italiana.
Entro lo scorso 1o giugno dovevano essere svolte le elezioni degli organi statutari ai vari livelli della Croce rossa italiana, ma anche questo impegno, insieme all'altro che ho appena citato, è caduto nel vuoto.
Quindi, mi riprometto quotidianamente di sollecitare l'attuazione di questo ordine del giorno, che è stato accolto dal Governo lo scorso 26 gennaio.

SOUAD SBAI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SOUAD SBAI. Signor Presidente, intervengo per denunciare il silenzio che avvolge la Tunisia e l'estremismo, che la sta uccidendo. È di oggi un filmato allucinante, di un giovane tunisino sgozzato - lo ripeto: sgozzato - e decapitato con dei coltelli, perché colpevole di essersi convertito al cristianesimo prima dell'attuale Governo, cioè prima che si verificasse la primavera araba, primavera direi islamica, Pag. 58buia. Il video sta facendo il giro del web e delle rispettive comunità di rappresentanza, ma sembra che solo la comunità internazionale non abbia interesse a vedere cosa accade in Tunisia o in Libia, con quello che è successo ieri, o in altri Paesi, sempre della primavera islamica.
L'estremismo salafita, ormai in possesso pieno di tali Paesi, massacra chiunque si opponga al potere indiscusso che il silenzio internazionale gli ha regalato. Spero che l'Italia, facendosi una volta per tutte leader della politica mediterranea, riconsideri accuratamente i suoi rapporti con la Tunisia, con la Libia soprattutto e con altri Paesi che oggi sono totalmente al di fuori del rispetto dei diritti umani - lo ripeto: al di fuori di ogni rispetto dei diritti umani -, delle minoranze e delle donne.
Qui stiamo parlando di malvagità. Queste non sono persone. Le chiamerei anche - se mi permettete - animali, poiché hanno sgozzato un ragazzo che ha cambiato religione (perché nell'Islam è possibile convertirsi pagando una tassa). Oggi, sulla riva del Mediterraneo, non si può più né convertirsi né avere alcuna libertà.
Comunque, preannunzio che presenterò qualche proposta al riguardo (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 6 giugno 2012, alle 10:

1. - Votazione per schede per l'elezione di due componenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Votazione per schede per l'elezione di due componenti il Garante per la protezione dei dati personali.

Votazione per schede per l'elezione di un componente del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa.

(ore 15)

2. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

(ore 16)

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 2156 - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato) (C. 4434-A).

e delle abbinate proposte di legge: DI PIETRO ed altri; FERRANTI ed altri; GIOVANELLI ed altri; TORRISI ed altri; GARAVINI; FERRANTI ed altri (C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906).
- Relatori: Santelli, per la I Commissione; Angela Napoli, per la II Commissione.

4. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 12 maggio 2012, n. 57, recante disposizioni urgenti in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nel settore dei trasporti e delle microimprese (C. 5194-A).
- Relatori: Boccuzzi, per l'XI Commissione; Sarubbi, per la XII Commissione.

5. - Seguito della discussione delle mozioni Montagnoli ed altri n. 1-00896, Lombardo ed altri n. 1-00901, Fluvi ed altri n. 1-00910, Misiti ed altri n. 1-00911, Crosetto ed altri n. 1-00913, Borghesi ed altri n. 1-00916, Mosella ed altri n. 1-00924, Polidori ed altri n. 1-00929, Cambursano ed altri n. 1-00948, Ciccanti ed altri n. 1-00970, Ossorio ed altri n. 1-01011 e Iannaccone ed altri n. 1-01060 concernenti misure a favore delle piccole Pag. 59e medie imprese in materia di accesso al credito e per la tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni.

6. - Seguito della discussione delle mozioni Moffa, Antonino Foti, Damiano, Poli, Paladini ed altri n. 1-01034 e Fedriga ed altri n. 1-01067 concernenti iniziative a tutela dei lavoratori esposti all'amianto nello stabilimento Goodyear di Cisterna di Latina e dei familiari delle vittime.

La seduta termina alle 18,50.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 10)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 4434-A ed abb. - em. 5.250 rif 509 508 1 255 508 34 Appr.
2 Nom. em. 5.600 n.f. 508 506 2 254 506 34 Appr.
3 Nom. articolo 5 521 519 2 260 519 26 Appr.
4 Nom. em. 6.250 512 487 25 244 60 427 26 Resp.
5 Nom. em. 8.600 521 518 3 260 517 1 24 Appr.
6 Nom. em. 9.250 526 349 177 175 87 262 23 Resp.
7 Nom. em. 9.252 rif 518 513 5 257 494 19 23 Appr.
8 Nom. articolo 9 521 519 2 260 516 3 23 Appr.
9 Nom. articolo agg. 9.0250 519 345 174 173 25 320 23 Resp.
10 Nom. articolo 11 518 516 2 259 515 1 22 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.