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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 608 di mercoledì 21 marzo 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 14,20.

MICHELE PISACANE, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 19 marzo 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Barbi, Casini, Duilio, Formichella, Giancarlo Giorgetti, Stucchi e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantatrè, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 3110 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività (Approvato dal Senato) (A.C. 5025) (ore 14,22).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività.
Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato (per l'articolo unico del disegno di legge di conversione, le modificazioni apportate dal Senato e le proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato vedi l'allegato A della seduta del 20 marzo 2012 - A.C. 5025).

Sull'ordine dei lavori (ore 14,23).

FRANCESCA CILLUFFO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCA CILLUFFO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa mattina Torino si è risvegliata negli anni Settanta. L'eco dei colpi di pistola che hanno raggiunto il consigliere comunale Alberto Musy, caro amico, grande professionista, stimato professore e ottimo politico, hanno subito riportato i cittadini al clima degli anni delle gambizzazioni e degli eccidi compiuti dalle brigate rosse: una stagione che ci sembrava lontana, sconfitta per sempre e che, invece, sembra ripresentarsi ancora una volta in tutta la sua terribile crudezza.
Non si conoscono ancora gli autori e i mandanti del folle gesto. Le ipotesi spaziano Pag. 2da deliranti fiancheggiatori dell'ala estrema del movimento no-TAV, alle schegge impazzite dell'estremismo sindacale in fermento per la riforma del lavoro. Ma questo è del tutto secondario. Non esiste, infatti, alcuna motivazione ideale che possa giustificare il ferimento di un uomo inerme sulle scale della propria casa.
Mi sento particolarmente vicina ad Alberto e alla sua famiglia. Con lui, infatti, condivido l'appartenenza al mondo delle professioni ed entrambi ci siamo dedicati alla politica, anche se su posizioni diverse, perché spinti dalla passione civile, mossi dalla voglia di cambiare in meglio le cose. Diverse volte ci siamo trovati a parlarne insieme, sforzandoci di trovare soluzioni condivise.
Spero di interpretare il sentimento comune di quest'Aula - scusate l'emozione, ma Alberto è anche un caro amico - formulando ad Alberto Musy l'augurio di rimettersi presto e di poter tornare in fretta tra i banchi del consiglio comunale, all'università, al suo lavoro e a fare politica ottimamente come ha fatto fino ad ora. Rimettiti presto, Alberto (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Cilluffo, le ho consentito di svolgere l'intervento, che, come lei sa, non verteva certamente sull'ordine dei lavori, visto l'argomento che lei ha testé affrontato e immagino che le sue parole possano essere condivise da tutti i gruppi. Chiedo, quindi, ai gruppi di rinviare ad un momento successivo gli interventi analoghi, dando per acquisito che quanto è stato detto dall'onorevole Cilluffo, è sottoscritto non solo dalla Presidenza, ma da una coralità di interventi e immagino che anche il Governo sia intenzionato a riferire quanto prima possibile.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 5025)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, il gruppo Misto-Liberal Democratici non ha alcuna difficoltà a votare e a confermare la fiducia al Governo Monti. Questo è un provvedimento che si inscrive in una serie di azioni cominciate a dicembre con le misure di risanamento della finanza pubblica, con il decreto delle semplificazioni, con queste misure di liberalizzazione e con le importanti misure concernenti il mercato del lavoro adottate ieri. In particolare, esprimo l'apprezzamento per la decisione del Governo di considerare quale suo interlocutore principale - dopo aver ascoltato le parti sociali - su queste materie, come su ogni altra materia, il Parlamento, così come deve essere nell'ambito di una corretta impostazione costituzionale. Quindi, nessuna difficoltà a confermare la piena fiducia.
L'unica considerazione che desidero sottolineare al Governo è che tutto questo è di grande importanza, ma nello stesso tempo abbiamo una situazione congiunturale difficilissima. Le previsioni indicano una caduta del reddito di un punto e mezzo quest'anno e qualcosa di molto poco positivo l'anno prossimo. La richiesta che avanziamo, appena completata l'impostazione di questi problemi di fondo, è che il Governo si rechi in Parlamento e ci dica in che modo possiamo attenuare le conseguenze di una congiuntura così negativa ed avviare subito, non nel medio termine, la ripresa indispensabile dell'economia italiana. Questa è la richiesta che ci permettiamo di avanzare, signor Presidente, al Governo che oggi è qui così ben rappresentato. Presto dobbiamo sapere come alle misure di medio-termine si aggiungeranno le misure che, nel breve termine e nell'immediato, possano dare sollievo ad una situazione economica italiana che si va facendo giorno dopo giorno sempre più difficile.

Pag. 3

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brugger. Ne ha facoltà per due minuti.

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, pur comprendendo le ragioni di questo Governo di agire in modo determinato ed efficace per risanare i conti pubblici ed incentivare la crescita economica, riteniamo assolutamente inaccettabile il reiterato ricorso alla questione di fiducia praticamente su tutti i provvedimenti presentati e da ultimo sulla materia assai delicata delle liberalizzazioni. È così nuovamente precluso ogni confronto parlamentare e ciò costituisce un grave vulnus che compromette il rapporto leale tra Governo e Parlamento. In merito al provvedimento in esame, abbiamo fin dall'inizio dichiarato di valutare le liberalizzazioni in ragione delle dinamiche di concorrenza e delle opportunità di mercato per consentire reali vantaggi ai cittadini, tenendo però anche conto dell'impatto delle misure sul territorio. Sotto questi profili, scelte più strategiche, in primo luogo per le grandi reti di servizi e di trasporti, sarebbero state auspicabili e avrebbero potuto essere più incisive e riformatrici, mentre nelle proposte del Governo gli interventi adottati appaiono meno sostanziali degli obiettivi dichiarati ed attesi. Per quanto riguarda in modo specifico la nostra autonomia speciale, vi è la volontà di armonizzare le misure di liberalizzazione con le nostre peculiarità. La nuova legge sull'ordinamento del commercio della provincia di Bolzano è coerente con tale impostazione. Abbiamo chiesto in prima lettura al Senato l'istituzione del tribunale delle imprese a Bolzano, le cui ragioni risiedono nell'assoluta necessità di garantire il bilinguismo alle popolazioni ivi residenti, principio garantito da legge costituzionale. Le assicurazioni del Governo al Senato per una soluzione positiva sono al momento del tutto interlocutorie. È per queste ragioni che ci asterremo in sede di votazione della questione di fiducia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, il gruppo Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia non voterà la fiducia al Governo, sia perché ne contesta la natura (si tratta di un Governo di tecnici e di professori che non ha il consenso del popolo italiano) sia perché questo Governo sta inondando il Parlamento di richieste di voti di fiducia. Siamo estremamente rammaricati di non notare una reazione in coloro che, in passato, hanno inteso difendere le prerogative del Parlamento rispetto a questo abuso di richieste di voti di fiducia da parte di un Governo che, tra l'altro, non gode del consenso popolare. Non voteremo la fiducia anche nel caso specifico, che riguarda il decreto-legge sulle liberalizzazioni, perché questo Governo, dopo aver varato il decreto-legge cosiddetto «salva Italia», che ha prodotto risultati dannosi (l'Italia nel 2012 registrerà un decremento del prodotto interno lordo di due punti, nel caso in cui le cose dovessero andare bene, e di quattro punti, nel caso in cui dovessero andare male), ha inteso «coprire» quel provvedimento, che ha introdotto nuove tasse, come ad esempio la reintroduzione dell'ICI attraverso l'IMU, tassando anche i poveri agricoltori, i quali dovranno pagare l'IMU sulle stalle e sui depositi degli attrezzi.
L'agricoltura, che è un settore vitale e strategico per l'Italia, sarà messa in ginocchio. Il Governo ha varato anche un altro decreto, quello sulle semplificazioni...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Iannaccone.

ARTURO IANNACCONE. ...ed altri che hanno prodotto risultati negativi. Per cui, noi non daremo la fiducia al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Iannaccone. Pag. 4
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ronchi. Ne ha facoltà.

ANDREA RONCHI. Signor Presidente, signori membri del Governo, come Fareitalia esprimiamo profondo disappunto e disagio per l'ennesimo ricorso alla fiducia. Il precedente Governo è stato accusato, da parte anche di partiti presenti qui in Aula, di un ricorso reiterato alla fiducia. Voi state battendo ogni record negativo. Concordo con chi mi ha preceduto, in particolare l'onorevole Brugger: si sta soffocando il dibattito, si sta mortificando l'Aula del Parlamento, soprattutto su un tema come questo, le liberalizzazioni, che noi avevamo atteso con grande interesse e con grande positività. Ci ha profondamente deluso, ci avete profondamente deluso.
Il sottosegretario De Vincenti, proprio sul Corriere della Sera di qualche settimana fa, disse, a proposto delle liberalizzazioni: «Dobbiamo rompere monopoli e tabù, e probabilmente abbiamo fatto poco». Avete fatto pochissimo!
Prendiamo, ad esempio, il discorso dell'acqua: abbiamo presentato, sia alla Camera sia al Senato, emendamenti per rimettere in movimento uno dei settori più importanti dell'economia che è bloccata, che costa due miliardi e mezzo di euro ai cittadini, che sono stati truffati da un referendum menzognero che ha bloccato gli investimenti. Voi non avete avuto il coraggio di interpretare il riformismo, di rompere i monopoli e i tabù, e avete respinto questi emendamenti.
Voi non avete fatto un servizio all'Italia. Avete continuato a bloccare questo Paese, servi di un monopolio e di tabù che impediscono lo sviluppo, la competitività e la ripresa. Questa è la vera verità! Nel momento in cui - l'ISTAT parla chiaro - le imprese soffrono, i consumi sono bloccati, le banche, in questo momento, ancora di più stanno soffocando la ripresa, le liberalizzazioni potevano essere un grande impulso per dare una sterzata, anche di positività.
Non lo avete fatto: avete soltanto fatto finta, avete preso dei piccoli simboli, avete fatto dei piccoli ritocchi, ma non avete centrato il grande disegno e il grande sforzo di rompere monopoli e tabù, e quindi di rimettere in moto l'economia, le grandi risorse, gli investimenti, che sono ancora bloccati, e avete perso una grandissima occasione.
Spero e mi auguro che nelle prossime settimane possiate fare una grande riflessione. Vi sono settori, come le banche e le reti, che aspettano da anni. Autorevolissimi esperti, anche internazionali, chiedono e ci chiedono di rompere finalmente questa situazione e di ripartire.
Avete perso una grande occasione e, soprattutto...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Ronchi.

ANDREA RONCHI. ... continuate - ho finito, signor Presidente - in quell'opera che, purtroppo, in questo momento la nostra Italia sta vivendo, la grande recessione. Le liberalizzazioni, e concludo, potevano essere un grande mezzo e un grande sforzo per invertire la tendenza, e voi non le avete fatte (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gava. Ne ha facoltà.

FABIO GAVA. Signor Presidente, membri del Governo, colleghi, la componente del gruppo Misto Liberali per l'Italia voterà la fiducia al Governo. Lo facciamo convintamente, perché riconosciamo l'importante lavoro fatto in questi mesi dal Governo sia sul versante economico sia su quello delle riforme.
Lo facciamo anche per rafforzare il Governo in relazione ai prossimi importanti appuntamenti, a cominciare da quello sulla riforma del lavoro.
Noi riteniamo che la nuova e un po' inedita maggioranza e l'autorevolezza del Governo siano due strumenti importanti, da sfruttare per cercare di fare tutto ciò di cui l'Italia ha bisogno in questo momento Pag. 5e che certamente sarebbe molto più difficile fare in condizioni diverse, anche sulla base dell'esperienza del recente passato, che ha spesso registrato resistenze di muro contro muro su molte questioni.
Riteniamo, infatti, che questa esperienza possa riabituare il Parlamento a svolgere anche una funzione di reciproco ascolto e di confronto, atteggiamento, questo, fondamentale per assicurare nelle decisioni l'interesse generale, e non interessi specifici, pur legittimi.
Il tema delle liberalizzazioni è un tema delicato in cui, tra l'altro, gli interessi specifici sono naturalmente molto forti. Ma è un tema che, insieme a quello passato, concernente la riforma delle pensioni, e a quello futuro, relativo alla riforma del lavoro, ha anche una forte valenza mediatica e di grande interesse per gli investitori internazionali. È uno di quei casi in cui il tema generale è persino più pregnante delle singole, specifiche decisioni. Per questo riteniamo importante che oggi il voto di fiducia consolidi ulteriormente Governo e maggioranza.
Crediamo fortemente in una società più aperta, in cui tutti abbiano le stesse opportunità e gli stessi diritti e dove il merito non sia solo una sorta di variabile indipendente.
Pensiamo che questo ci venga richiesto dalle nuove generazioni che non debbono temere una maggiore competizione, se questa è sana e aperta e se le tutele inique ed irragionevoli saranno superate.
Non crediamo, invece, in una società protezionistica perché nel nuovo mondo sarebbe condannata ad implodere su se stessa, determinando così un impoverimento generale.
La strada intrapresa, anche se non totalmente completa, è dunque quella giusta. Su questa strada noi ci saremo, così come vi siamo stati, con convinzione, fin dal primo giorno (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberali per l'Italia-PLI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, nei due minuti a mia disposizione non farò discorsi di carattere generale, anche perché i repubblicani sono da sempre a favore delle liberalizzazioni. Affronterò rapidamente due problemi.
In primo luogo, nel corso dell'ultimo question time, con l'interrogazione n. 3-02151 indirizzata al Ministro dello sviluppo economico, ho posto il problema del monopolio di fatto che l'Alitalia esercita sulla tratta Roma-Milano. La risposta in «burocratese» - e non poteva essere diversamente - mi è stata fornita dal Ministro Giarda, del quale abbiamo apprezzato le qualità, pur sottolineando che la sua funzione era ed è ben altra.
A proposito di liberalizzazioni, la prima cosa da fare sarebbe abolire questo monopolio cancellando i decreti del 2004, emanati solo per favorire, speriamo solo in quel momento, l'allora compagnia di bandiera, oggi però società tra privati.
Il secondo problema che voglio affrontare riguarda il dipartimento dell'editoria, cui è politicamente preposto il sottosegretario Peluffo, che ha posto in standby una quindicina di testate giornalistiche, in attesa di notizie richieste all'Agicom, a sua volta in attesa delle medesime richieste girate alla guardia di finanza, nella speranza che quest'ultima meritoria Arma non si rivolga ad altri.
Il 31 marzo scadono i termini. Le rivolgo una domanda, signor Presidente del Consiglio (anche se non è presente in Aula, provvederemo ad inviarle il resoconto stenografico): chi pagherà i danni se le testate giornalistiche, tra cui il glorioso e più antico giornale di partito, La Voce Repubblicana, dovessero chiudere? Non vi è dubbio che vi saranno azioni legali e richieste di danni alla Presidenza del Consiglio. Ma non avevamo votato la questione di fiducia posta sul decreto-legge sulle semplificazioni appena una settimana fa?
Un'ultima cosa, signor Presidente. Suggerisca a Ministri e sottosegretari di avere più rispetto per i parlamentari quando richiedono colloqui per porre problemi generali e non personali, sennò «a fare schifo» non sarà la politica. Pag. 6
Malgrado tutto voteremo a favore della questione di fiducia posta sul provvedimento in esame, sperando che sia l'ultima fiducia che votiamo per questo Governo, perché il Parlamento abbia la significazione che deve avere secondo la Costituzione italiana (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani-Azionisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà per quattro minuti.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, i deputati di Alleanza per l'Italia per il Terzo Polo voteranno a favore della questione di fiducia posta dal Governo sul provvedimento in esame che rappresenta, insieme al consolidamento dei conti pubblici, il secondo pilastro della politica economica avviata dal Presidente Monti per sottrarre l'Italia alla drammatica prospettiva del default finanziario e di un irreversibile declino della sua economia.
Certo, non vi è dubbio che il ripetersi di decreti-legge e della posizione di questioni di fiducia creino disagio nel Parlamento e, dunque, apprezziamo la schiera di sottosegretari che, insieme al Ministro Giarda, oggi sono qui a rendere omaggio alla Camera.
Tuttavia su questo punto credo si imponga una riflessione chiara. Infatti, in tutti i decreti emanati dal Governo, l'apporto propositivo del Parlamento c'è stato e si è realizzato in Commissione, nel ramo nel quale si è svolta la prima lettura, dopodiché, l'urgenza del provvedere ha imposto l'accelerazione con la fiducia. La questione, dunque, non è di continuare - credo - a fare l'ennesima giaculatoria contro il ricorso alla fiducia, ma di mettere mano subito ad una riforma costituzionale, che modifichi un bicameralismo perfetto, non più compatibile con la complessità e la velocità delle decisioni, ed i Regolamenti parlamentari, che devono eliminare la ripetizione delle sedi di esame e la continua riapertura di testi già discussi e modificati in sede parlamentare.
Se il Parlamento vuole riappropriarsi delle proprie prerogative non ha che da realizzare quelle riforme che da vent'anni vengono annunciate e rinviate. Il Governo, anche con questo decreto, sta facendo il lavoro che gli è stato richiesto per salvare l'Italia. I partiti dimostrino di sapere fare la loro parte e mettano mano alle riforme in questo scorcio di legislatura per evitare che il giudizio finale degli elettori sulla loro incapacità di dare risposte ai problemi del Paese sia davvero senza appello.
Nel merito, credo che questo provvedimento sia molto importante: certo non è esaustivo, ma è l'inizio di una strategia che punta sulla concorrenza e sul mercato, in un quadro di regolazione efficiente e trasparente, per riavviare la crescita e per offrire ai giovani opportunità di accesso a settori professionali chiusi da blocchi corporativi e di godere delle opportunità create dall'attivazione di nuove imprese in settori oggi dominati da monopoli pubblici e privati.
Certo, molto resta ancora da fare in un Paese in cui da decenni viene annunciata la rivoluzione liberale, mai, mai realizzata. Ma la strada è ormai aperta e contiamo che la legge annuale della concorrenza, che d'ora in poi dovrà diventare un appuntamento irrinunciabile, recepisca tutte le indicazioni che questo provvedimento non ha potuto recepire e coinvolga altri settori non ancora riformati.
Infine un punto. Fondamentale per i rappresentanti del Governo sarà la qualità, in termini di competenza e di indipendenza, delle persone che saranno nominate nei prossimi mesi nell'Autorità. Sarà un passaggio importante per dare credibilità e coerenza alla politica del Governo in materia di liberalizzazioni e di promozione della concorrenza.
Abbiamo fiducia che anche sulle nomine il Governo saprà dare un segno di discontinuità (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

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AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, signori del Governo, onorevoli colleghi, la componente Grande Sud ha già espresso il proprio giudizio sul decreto-legge liberalizzazioni durante la discussione sulle linee generali.
Sono state messe allora in evidenza le positività del decreto ed anche qualche criticità del testo. Complessivamente, nonostante non sia stato possibile migliorarlo, il decreto-legge è ritenuto da noi un importante passo avanti nella modernizzazione del nostro Paese. Il provvedimento merita, quindi, un voto di approvazione da parte dei deputati del Grande Sud, che vuole insistere sul tema, auspicando altre proposte governative in questa direzione.
L'attenzione verso l'attività dei giovani, attraverso la formazione loro riservata e le srl semplificate ne sono l'esempio più concreto. Lo stimolo ad una maggiore concorrenza nel campo energetico e in quello trasportistico, con l'istituzione dell'Autorità dei trasporti è apprezzato molto da noi. In particolare alcune norme su infrastrutture, strade e ferrovie si muovono nella direzione giusta, sempre da noi auspicata, che pone il cittadino utente al centro dell'interesse pubblico. Non si è potuto scardinare completamente il sistema secolare dei farmacisti e dei notai, ma si è comunque fatto ricorso ad un ampliamento consistente dei posti di notaio e del numero delle farmacie presenti nel territorio. Si è trovata, inoltre, una buona mediazione sui taxi, dando ai comuni la competenza sulle tariffe, sentita però l'Autorità dei trasporti.
Sui professionisti si poteva far meglio e di più, e su tanti altri aspetti abbiamo fatto le nostre considerazioni (qualche volta anche critiche), siamo però convinti che si tratta di un primo passo importante a cui dovranno seguire altri più coraggiosi. Sul piano formale, però, abbiamo più volte avvertito - e lo abbiamo detto - il disagio di dover valutare decreti-legge con scarse possibilità di migliorarli in Parlamento perché viene richiesta sempre la fiducia. Grande Sud auspica per il bene dell'Italia che il Governo possa continuare ad operare fino al 2013 senza incorrere però nelle difficoltà che si possono creare in Parlamento. Pertanto, poiché i Regolamenti di Camera e Senato consentono di approvare leggi importanti e anche contrastate duramente dalle opposizioni in tempi confrontabili con quelli necessari con la fiducia (basti pensare per esempio al lodo Alfano, l'abbiamo votato qui dentro in tre giorni), invitiamo caldamente il Governo a non insistere con i decreti-legge e con la richiesta di fiducia, ritenendo che gli interessi generali del Paese consiglieranno a tutti di collaborare per far uscire il Paese dalla situazione di stato recessivo e riprendere il cammino della ripresa e dello sviluppo.
I deputati di Grande Sud che vedono in questi provvedimenti un deciso tentativo di superare l'assistenzialismo verso il sud saranno dalla parte del Governo e si augurano che altri provvedimenti più specifici si possano approvare nel prossimo anno per la ripresa economica, che si può avere solo se al primo posto dell'agenda il Governo porrà lo sviluppo dei territori attualmente svantaggiati come sono quelli del Mezzogiorno d'Italia. Noi di Grande Sud, quindi, proprio per queste considerazioni nel merito diamo la fiducia a questo Governo, anche richiesta su questo provvedimento, che riteniamo importante (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, registriamo qualche cambiamento in questa Aula. Dall'inizio della legislatura non eravamo abituati ad avere tanti Ministri e il Presidente del Consiglio molto spesso in Aula, ma soprattutto - lo dico al Presidente della Camera - non ho mai visto dall'inizio e non so quanti gruppi parlamentari siamo diventati, e questo è il risultato della politica del nostro Paese, probabilmente non riusciamo a metterci d'accordo. Ringrazio ancora il Presidente Pag. 8del Consiglio - l'ho già fatto in Commissione - per la dignità ritrovata dal nostro Paese rispetto ad una situazione europea e mondiale.
Noi dell'Italia del Valori rispetto a questo provvedimento avevamo un atteggiamento collaborativo. Lo abbiamo voluto cominciando dal Senato e avremmo voluto che fosse arrivato anche da noi in queste condizioni. Avevamo qualcosa da suggerire per cercare di migliorare il provvedimento, perché riteniamo che non debba finire qui.
Dichiariamo già da adesso che su questo provvedimento non siamo d'accordo, per cui non daremo la fiducia in questo caso. Avremmo sperato di poterla dare ma non siamo riusciti ad ottenere niente rispetto ai 130 emendamenti che abbiamo presentato alla Camera, e pensavamo che i nostri emendamenti, studiati dal nostro gruppo di lavoro legislativo, fossero sicuramente migliorativi rispetto al provvedimento. Avevamo delle esigenze che non sono state raccolte. Non abbiamo avuto la possibilità del gioco dei due rami del Parlamento (Senato e Camera) che dovrebbero lavorare da una parte e dall'altra per cercare di migliorare un testo di un provvedimento che arriva oggi per l'ennesima volta con l'ennesima fiducia. Credo che avrebbe dovuto avere un po' più di spazio e un po' più di tempo. Ci voleva poco a chiedere sette giorni, dieci giorni di tempo per consentirci di dare la nostra collaborazione rispetto a un atteggiamento che è stato di porte chiuse.
Di questo ci rammarichiamo molto, di questo si deve rammaricare la democrazia parlamentare. Si chiama Parlamento questo luogo in cui noi stiamo discutendo e approvando delle leggi. Avevamo tentato di portare delle migliorie in materia di liberalizzazione delle attività economiche, di tribunale delle imprese, di class action, di carta dei servizi, di farmacie, di separazione proprietaria ENI-SNAM e di tutti gli stoccaggi successivi, di sviluppo delle risorse energetiche, di liberalizzazione della distribuzione dei carburanti.
Avevamo su tutto dei suggerimenti da dare, anche interessanti alla fine, per il risparmio e per il recupero dell'utente finale. Sulla disattivazione e lo smantellamento dei siti nucleari, vogliamo dire qualcosa, vogliamo informare la popolazione? Sappiamo che il tutto è in corso, però la popolazione va coinvolta. Per le banche e le assicurazioni abbiamo tentato - e avete tentato - di fare qualcosa, ma siamo rimasti con le mani in mano, siamo rimasti senza niente. La liberalizzazione nel settore postale: anche qui avevamo molti suggerimenti, anche interessanti, come li avevamo circa la questione dei debiti nei confronti delle imprese.
Inoltre, fateci dire qualcosa sulla tesoreria unica. Presidente del Consiglio, noi abbiamo, specialmente al Nord, moltissimi comuni virtuosi. Ieri ho ricevuto la lettera di tutto il consiglio comunale di Bergamo che ci pregava, anche a noi dell'opposizione, di insistere con il Governo perché? Perché gli amministratori della stessa Bergamo sono stati in grado per lunghi anni di risparmiare e di fare delle economie e oggi si ritrovano con una tesoreria unica, ossia i nostri soldi risparmiati - dicono i sindaci virtuosi - vanno in una tesoreria a finanziare chi? Chi li ha spesi e sperperati. Non mi sembra corretto. Questa è un'osservazione profonda da fare. Abbiamo fornito dei suggerimenti anche sulla liberalizzazione nei trasporti. Poteva essere interessante seguire anche qualche consiglio dell'Italia dei Valori, ad esempio sull'istituzione del luogo elettivo di nascita; qui un suggerimento molto semplice che non costava niente, ma dava più chiarezza rispetto ad una situazione attuale che comporta ancora dei disagi. Così come circa gli appalti sulle infrastrutture. Sull'agricoltura, abbiamo detto qualcosa? Non abbiamo detto niente, non abbiamo detto assolutamente niente, o poco.
Signor Presidente del Consiglio, passo ad esaminare alcuni punti importanti. Anche la Lega ha avanzato giustamente delle proposte che noi sottoscriviamo in questa fase. Vogliamo risparmiare, vogliamo portare questo Paese al pareggio di bilancio. Voi avete cominciato a fare dei tagli e va bene, ma non è il modo giusto e corretto. In questo Parlamento, a prima firma Pino Pag. 9Pisicchio, è stata richiesta l'istituzione di una commissione sugli stipendi pubblici del nostro Paese, cosa che nessuno riesce a sapere. Infatti, c'è la chiusura di tutti, nessuno riesce ad avere dei dati, mentre potremmo averli, dalla periferia al centro, dal centro al nord e al sud, per un'analisi chiara della situazione, che oggi è avvolta nella nebbia e molto spesso non sappiamo. Ci sono situazioni in periferia che nessuno può immaginarsi; abbiamo dei segretari comunali in provincia che conosco, ma non faccio nomi né cognomi, che prendono 300-400 mila euro. Abbiamo direttori generali che prendono 600-700 mila euro. Vogliamo avere la mappatura, dopodiché, istituita questa commissione, si può entrare nel dettaglio e colpire dove si deve colpire. Credo sia utile al lavoro che state tentando di fare voi, utilissimo, e tale proposta va approvata immediatamente.
Dicevo prima della Lega, di un suggerimento che essa dava e che è molto interessante. Sul federalismo è stato bloccato tutto e non si sta facendo niente. L'Italia dei Valori aveva espresso già dall'inizio un dato di disponibilità rispetto a questa nuova forma di Stato federalista. Inoltre, aveva fatto anche una proposta intelligente, nonostante altre non molto intelligenti. Aveva suggerito che non potevano più esistere le regioni o le province cosiddette a statuto speciale perché si tratta di un'ingiustizia che va avanti da sessant'anni, senza portare uguaglianza e correttezza. Ci sono province come Trento che, rispetto alla mia provincia, quella di Bergamo, è un quarto. Non è possibile tutto ciò: la provincia di Bergamo ha 1 milione 100 abitanti, mentre la provincia di Trento, che ne ha 450 mila, ha un bilancio di 4 miliardi di euro. Che servizi riusciamo a dare noi ai nostri cittadini? Ecco perché la proposta di Calderoli era l'unica, allora, vera e seria. Ha abbandonato però il fatto che o diventiamo tutti regione a statuto speciale o tutte le altre devono essere cancellate. Sessant'anni di autonomia in Sicilia e in Alto Adige, infatti, per tenere a freno gli altoatesini ed i siciliani, direi che bastano. Sessant'anni di prebende e di soldi sprecati.
Qualcuno ha osservato l'altro giorno in televisione - non mi ricordo più - che ci sono 30 mila dipendenti in Sicilia, con 8 milioni di abitanti e 3 mila dipendenti in Lombardia, con 12 milioni di abitanti. È possibile affrontare un discorso di economia con questi dati? No. Credo che quell'istituzione, quella forma di istituzione che dovete approvare debba essere fatta al più presto possibile.
E torno al costo standard. Credo che sia una base normale, naturale: una siringa deve costare 50 centesimi, un euro in Lombardia e 50 centesimi, un euro in Sicilia. Un'operazione al fegato, alla milza, al pancreas, deve avere lo stesso costo a Napoli, a Bergamo e a Roma. Questo è: allora su questo dovete fare dei ragionamenti e dovete farci delle proposte. Ci avreste convinti probabilmente a votarvi. Avrei volentieri votato a favore di questo provvedimento, vista la buona volontà che lei ha messo, signor Ministro, rispetto a problemi che alla vigilia, quando lei si è insediato, sembravano insormontabili. Tuttavia, signor Presidente del Consiglio, abbiamo avuto, abbiamo dei titoli e dei temi che probabilmente ho dimenticato.
Sul tema delle farmacie: anche qui abbiamo fatto un passo avanti e uno indietro. Sulle medicine di fascia C non è stato fatto niente, assolutamente niente. Cosa vogliono dire 3.300 abitanti? Probabilmente erano prima 5 mila. Sarà difficile migliorare il servizio e bisogna entrare nel merito forse più specifico del tema.
Sui taxi addirittura siamo stati un po' ridicoli, Presidente del Consiglio. Non è cambiato assolutamente niente e abbiamo delegato ancora tutto ai sindaci e all'autorità a cui comunque spetta un parere non vincolante. Pertanto risulta poco chiaro e senza alcun effetto.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cimadoro.

GABRIELE CIMADORO. Due temi soltanto, signor Presidente, e concludo. Sulla divisione SNAM rete gas e tutto il resto, rimandiamo il problema tra un anno e mezzo o un anno, e probabilmente voi non Pag. 10ci sarete più e allora non saremmo neanche in grado di dire, come ci avete detto, che questa è una proroga che va avanti ormai da dieci anni nel nostro Paese, e non abbiamo ottenuto niente.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Cimadoro.

GABRIELE CIMADORO. Sul tema RC- auto avevamo la possibilità di multare le assicurazioni con una certa cifra, importante e rilevante perché non presentavano piani molto chiari all'utente finale ed è stata abbattuta del 90 per cento...

PRESIDENTE. Onorevole Cimadoro, è terminato il suo tempo. Sono dieci minuti per lei, al pari degli altri colleghi.

GABRIELE CIMADORO. Sui professionisti: è possibile che un tirocinante stia sei mesi senza prendere una lira? (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Cimadoro, non mi costringa a toglierle la parola. La ringrazio, onorevole Cimadoro.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Anna. Ne ha facoltà.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, farò anzitutto una dichiarazione di voto per il gruppo dicendo che, come Popolo e Territorio, voteremo questa ulteriore fiducia che il Governo ha posto. Credo sia la dodicesima, dopo che è stata votata, qualche giorno fa, la undicesima. Risulta difficile, se non impossibile ripetersi sulle considerazioni di carattere generale che abbiamo già manifestato sulle precedenti posizioni di questioni di fiducia che risalgono a qualche giorno fa, ovvero - lo ribadiamo per grandi linee - su considerazioni riguardanti un Governo tecnico che però - caso strano - vive di continui e reiterati atti che sono eminentemente politici, quali appunto la posizione e la richiesta di fiducia al Parlamento. Ribadiamo la considerazione che questo Paese e questa Camera dei deputati si trova, obtorto collo, a dover votare il Governo dei tecnici o dei tecnocrati - non vi sia offesa in questa formulazione - che è un Governo avulso da qualsiasi riferimento di carattere politico e senza il viatico e la ratifica del corpo elettorale, che in una democrazia dovrebbe essere l'elemento indispensabile.
Ci siamo trovati con un Capo dello Stato che, forzando un poco la mano, anche per stato di necessità, ci ha voluto imporre delle soluzioni che non tenessero conto dell'articolazione democratica e del responso elettorale, ed ha trovato, suo buon grado, anche la disponibilità del Premier Berlusconi a rassegnare le dimissioni, pur in assenza di un voto di sfiducia in entrambi i rami del Parlamento.
L'altro giorno, discutendo con uno storico, ci siamo posti la domanda, signor Presidente del Consiglio, se il suo Governo, che nasce in questo particolare contesto storico di grave crisi internazionale della finanza più che dell'economia, non sia chiamato a svolgere il compito che svolse per un determinato periodo il fascismo, il quale, nonostante tutte le sue pecche e tutte le sue criticabili impostazioni, esentò l'Italia dalla crisi e dai riverberi della crisi del 1929. Erano i tempi in cui un mio conterraneo, Alberto Beneduce, attraverso una politica davvero centralista e statalista, affrancò il capitalismo italiano e la nazione italiana da una crisi che mise in ginocchio gli Stati Uniti e molte altre nazioni. C'è anche da chiedersi dove siano i Gentile per la scuola, i Bottai, i Pirandello, i Fermi, i Croce, gli Sturzo e i Gramsci. Purtroppo non ne disponiamo e quindi direi che, in una congettura parimenti aspra e difficile, dovremo «accontentarci» di ottimi professori e di persone che fanno della loro professione un esemplare sfoggio, anche se, devo dire la verità, noi dovremmo prima dirimere una questione sulla vita, come ci dice Camus, che afferma che l'uomo dovrebbe prima di tutto dire a se stesso se è favorevole o contrario al suicidio; infatti il primo dilemma che un uomo deve risolvere è il dilemma se valga la pena di vivere. Allora noi dovremmo risolvere un dilemma. Io Pag. 11sono un impenitente liberale, mi abbevero a Rosmini, Sturzo, a von Hayek, a Einaudi, a von Mises, alla filosofia di Karl Popper, di Carl Menger e non ho capito che tipo di Governo è questo qua. Mi spiego: io ho la sensazione, come parlamentare, come cittadino e come professionista che paga le tasse, di trovarmi in una nazione che per anni è stata criptosocialista - che ha avuto le partecipazioni statali, che ha usato la leva del debito pubblico per alimentare le clientele politiche, che ha usato lo Stato per tacitare proteste e per garantire diritti che non potevamo permetterci (e credo che il Ministro Fornero stia facendo i conti con scelte epocali che erano molto belle, ma anche molto dispendiose) - e che ora stia passando da questo sistema, non verso un Governo liberale, ma verso un Governo socialdemocratico; cioè siamo di fronte ad un Governo socialista che ha la sua Bad Godesberg, in buona sostanza, e che va verso forme di socialismo più democratico, ma non va verso il liberalismo. Eppure ci hanno spiegato che la crisi del debito pubblico e la crisi del debito degli Stati era dovuta alla mancanza delle liberalizzazioni, e che quindi occorreva avere meno Stato e più mercato, e quant'altro fosse stato necessario in una nazione che aveva più partecipazioni statali dell'Unione Sovietica. Allora io mi pongo un problema, lo pongo a lei e la ringrazio di essere oggi qui presente per ascoltare un modestissimo epigono di quelle idee e di quegli uomini, nel domandarle: ma va nella direzione giusta tutto questo faldone di commi che sono stati cambiati e che sono stati aggiustati, molti dei quali pregevolissimi, quelli sulle professioni per esempio?
Perché noi diciamo una parola che è liberale e chiara: e cioè che, nelle professioni, la maggioranza delle azioni e delle quote la devono detenere i professionisti. Vedo il Ministro della salute: lei sa bene che il 99 per cento delle strutture sanitarie private accreditate oggi, non è nelle mani di professionisti e con questa legge i due terzi di queste società ritorneranno in mano ai professionisti e quindi si potrà avere, all'interno di queste società, il prevalere della professione e non il prevalere del capitale.
Tuttavia, mi domando, al di là di questo ottimo lavoro che abbiamo fatto sulle professioni: abbiamo colpito o stiamo colpendo i veri gangli che si devono modificare? La sanità è un modello statalista; per ciò che riguarda il pubblico impiego abbiamo uno Stato che ci paga, o che paga i suoi dipendenti, per la sola presenza sul posto di lavoro; sono delle farse, delle pantomime tutti i progetti obiettivo, perché il controllore controlla se stesso per andare a vedere se sono stati raggiunti gli obiettivi e quindi abbiamo un uso distorto di questo strumento nella scuola, dove non c'è competizione; abbiamo tanti gangli: le partecipazioni statali, Finmeccanica, la privatizzazione dell'Ente Poste italiane, un diverso uso delle risorse della Cassa depositi e prestiti, cioè uno Stato minimo efficiente.
Io questa sensazione, signor Presidente del Consiglio, non la colgo e allora vorrei capire se c'è un disegno molto più vasto dietro questo perpetrarsi di uno stato di esigenza, di una crisi che non vede risoluzione. Ho la sensazione, se mi consente, che lei abbia imbroccato la diagnosi, ma che non abbiamo ancora una terapia giusta che ci faccia non convalescenti ma guariti. Noi, infatti, ci avviamo a spezzare le reni ai notai e ai farmacisti, e facciamo bene, ma non cacciamo a calci nel sedere i grand commis di Stato. E allora, se mi consente, liberalizziamo lo Stato e non ne facciamo un leviatano che chiede solo tasse, lacrime e sangue; mandi a casa l'apparato socialisteggiante che pervade ancora lo Stato italiano e che chiede al popolo italiano il versamento del 46 per cento del proprio reddito per pagare i tributi. Li lasci perdere i tassisti, mandi a casa lo stato leviatano, sfruttatore e dilapidatore di sostanze (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scanderebech. Ne ha facoltà.

Pag. 12

DEODATO SCANDEREBECH. Signor presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, onorevoli colleghi, con questo provvedimento il Governo ha inaugurato la «fase 2». Dopo il decreto-legge «salva Italia», che ha stabilizzato la finanza pubblica e restituito all'Italia credibilità sui mercati internazionali, occorre creare le condizioni per rendere l'Italia e il suo sistema economico più efficienti e competitivi. I conti in ordine sono una condizione necessaria ma non sufficiente. È necessario che l'Italia torni a crescere e che dalla crescita possano trarre vantaggio tanto i produttori, cioè gli imprenditori e i lavoratori impegnati ad innovare e a competere, quanto i consumatori, che dai mercati competitivi ricevono servizi migliori a prezzi inferiori. È importante ricordarlo, oggi, mentre il Governo e le parti sociali sono impegnati in un'altra riforma decisiva, quella del mercato del lavoro, indispensabile per rendere più efficiente il sistema economico e per creare più occupazione - e di miglior qualità - in particolare per quanti, a partire dai giovani e dalle donne, sono oggi ai margini del sistema produttivo. Quando si parla di liberalizzazioni si rischia di cadere nell'equivoco di ritenerle riforme per ricchi, di immaginarle, insomma, come misure che servono ai grandi player industriali per aggredire mercati redditizi. Non è così.
Le liberalizzazioni sono viste dal basso: lo sconto che il mercato riserva innanzitutto ai poveri. Sono un mezzo per rendere più accessibili e vantaggiosi il mercato dei beni e dei servizi, non solo a chi li eroga, ma anche a chi ne usufruisce. Nel decreto che ci apprestiamo ad approvare sono contenute misure in materia di energia che incideranno positivamente sulle bollette delle famiglie e non solo sui bilanci dei concorrenti dei vecchi e nuovi monopolisti. Sia sul mercato elettrico sia su quello del gas, le misure che approveremo sono destinate, nel medio periodo, a comportare risparmi per i consumatori privati, cioè le famiglie italiane. Anche sui carburanti la parziale liberalizzazione della rete distributiva è destinata a rendere più efficiente e concorrenziale un mercato bloccato, su cui, però, è bene ricordarlo, il principale sovrapprezzo è costituito da una tassazione gravosa.
Anche sui servizi pubblici locali, materia che dopo il referendum dello scorso anno è difficile affrontare in modo pragmatico, la scelta di rafforzare il ruolo dell'Autorità antitrust e di limitare il ricorso agli affidamenti in house, è destinata a rendere il mercato più concorrenziale e a contenere le tariffe. Un effetto positivo della riforma dovrebbe riguardare anche il trasporto ferroviario regionale, su cui più forte è il malcontento dell'opinione pubblica. Su queste materie - servizi locali e trasporto ferroviario - sarebbe forse stato possibile osare di più, come nelle prime versioni del decreto l'Esecutivo sembrava essersi impegnato a fare (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).
Generalizzare in modo più esplicito il principio della gara pubblica per i servizi locali, e separare, come avvenuto per SNAM ed ENI, la rete ferroviaria dal gestore dei servizi di trasporto, avrebbe reso il provvedimento più incisivo; più controverso certamente, ma più incisivo. Rispetto ai servizi professionali, vi sono nel decreto alcuni indubbi passi avanti, a partire dall'abrogazione delle tariffe minime per le professioni ordinistiche e all'obbligo di comunicazione al cliente di un preventivo di massima. Non sono sufficienti, ma sono comunque necessarie per assicurare la trasparenza e la competitività di un mercato storicamente condizionato da blocchi corporativi.
Vi era chi, comprensibilmente, si attendeva di più, auspicava norme più coerenti con l'interesse generale. Anche in questo caso si è però iniziato a procedere nella direzione giusta e si è risvegliato uno spirito riformatore che speriamo possa tornare a manifestarsi in modo coerente anche su altri provvedimenti. In materia di servizi bancari ci auguriamo che le novità introdotte dal decreto non siano neutralizzate e capovolte nel prossimo futuro, ma siano, al contrario, rafforzate. È questo uno dei settori di cui i cittadini e le imprese sperimentano più dolorosamente Pag. 13l'inefficienza, come se il mestiere delle banche non fosse quello di far credito a chi lo merita, ma di negarlo a chi lo chiede ed imporre gabelle di ogni tipo a chi il credito faticosamente lo ottiene.
Il patto sociale che deve sostenere il rilancio economico del Paese, passa necessariamente da un diverso rapporto tra i cittadini ed il sistema creditizio. Se i servizi bancari nel nostro Paese sono così costosi, non è perché gli italiani sono cattivi clienti, ma perché gli istituti sono dei cattivi fornitori. Anche in questo settore, comunque, la strada per assicurarne l'efficienza e quella della trasparenza dei costi e della concorrenzialità dei mercati, è stata intrapresa. Sui prodotti assicurativi, i cui prezzi crescono da anni in modo incontrollato, si sono fatti alcuni passi avanti per limitare le frodi, che concorrono in maniera determinante ad accrescere i premi assicurativi e per ridurre le tariffe con scelte di trasparenza.
Anche in merito alla cosiddetta scatola nera dell'auto, ad esempio, scelta da parte dei clienti, qualcosa è stato fatto, ma molto rimane da fare. Questa, infatti, signori del Governo e colleghi deputati, ci pare la situazione dell'Esecutivo e della sua maggioranza.
È indubbio che c'è stato un cambio di passo. A partire dalla riforma previdenziale si è scelto di affrontare in modo diretto problemi che sembrava politicamente necessario azzerare, rinviare ed eludere e che stavano trascinando il nostro Paese nel baratro del discredito e del default finanziario, ma è altrettanto vero che gli sforzi dell'Esecutivo non possono considerarsi una parentesi destinata a chiudersi a breve.
Le liberalizzazioni, l'apertura dei mercati, la trasparenza dei prezzi e delle tariffe, lo smantellamento dei blocchi anticoncorrenziali e delle posizioni di rendita sono sicuramente una via difficile, ma ineludibile, per il rilancio della competitività del nostro sistema economico. Sbaglieremmo a ritenere che con questo decreto si sia fatto quanto occorre, ma sbaglieremmo anche a ritenere che non si sia fatto nulla. La macchina della liberalizzazione si è finalmente messa in cammino.
L'opinione pubblica italiana, come dimostrano i sondaggi, guarda con fiducia crescente all'esperienza di un Governo che ha meritato il suo credito per la sua serietà. Il Governo è oggi chiamato a corrispondere a questa fiducia. Abbiamo attraversato settimane drammatiche in cui sembrava, e probabilmente era, sull'orlo del fallimento e la sfiducia degli investitori caricava sulle spalle dei contribuenti oneri finanziari insostenibili.
Abbiamo superato la fase più negativa, ma non abbiamo ancora imboccato quella positiva. Abbiamo smesso di perdere posizioni, ma non abbiamo ancora ripreso a guadagnarne. La scommessa della crescita rimane davanti a noi come un impegno non più derogabile. Nel rinnovarle la fiducia, signor Presidente del Consiglio, la invitiamo a procedere su di una strada che è ancora lunga e difficile, e a farlo con determinazione e coraggio nell'interesse dei cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

SALVATORE RUGGERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di svolgere il mio intervento vorrei ricordare e portare la nostra vicinanza al nostro capogruppo al comune di Torino, Musy, per quello che è successo (Generali applausi, a cui si associano i membri del Governo).
Quello che ci accingiamo ad approvare è un provvedimento legislativo molto complesso, il cui valore, tuttavia, non risiede solo nel contenuto - che pure appare rilevante e articolato per il numero di interessi coinvolti - ma si sostanzia anche nella dimensione simbolica che riesce ad esprimere. Fino ad oggi il cammino della legislatura è apparso come zoppicante, impedito nel suo incedere da reciproci veti politici e ideologici, persino personali.
Le uniche scelte possibili sono state quelle che hanno portato a continue Pag. 14quanto astratte decisioni di tagli lineari alla spesa pubblica. Le manovre venivano presentate in Aula senza una reale possibilità di selezionare i settori dove intervenire, ma soprattutto senza alcuna possibilità di accompagnare la loro approvazione con alcuna proposta di rilancio della nostra economia.
Si sono così operati dei tagli, a volte anche molto consistenti, ma che alla lunga non hanno portato alcun beneficio sostanziale. Gli effetti desiderati sono venuti a mancare in quanto il loro contributo veniva sostanzialmente vanificato dalla impossibilità poi di predisporre una concreta politica economica di sviluppo e di crescita. Mentre si continuava a ripetere l'assurda litania di una crisi solo mediatica, ma sostanzialmente inesistente, la politica - o, meglio, un certo modo di intendere e di fare politica - stava portando il Paese sull'orlo del baratro economico e sociale, perdendo agli occhi dei cittadini ogni residuo di autorevolezza.
Per renderci conto che così non si poteva più andare avanti abbiamo dovuto guardare il fondo dell'abisso, quando a novembre lo spread dei nostri BTP nei confronti dei bund tedeschi aveva sfiorato i 600 punti. Questo record negativo ha finalmente suscitato nella maggioranza dei presenti e dei colleghi in Senato la consapevolezza della necessità di una radicale inversione di tendenza.
Tale inversione di tendenza è stata culturale prima ancora che parlamentare e legislativa. Sono infatti passati solo quattro mesi da quando il Governo presieduto dal Presidente Monti si è insediato a Palazzo Chigi, eppure l'atmosfera che si respira è completamente diversa. Il Presidente Monti aveva detto a chiare lettere alcuni giorni fa che avrebbe cambiato i comportamenti degli italiani. Si tratta di un'impresa ambiziosa che è solo agli inizi, ma che ha avuto il pregio di iniziare a cambiare l'atteggiamento e il comportamento di molti di noi. È infatti tangibile lo spirito di collaborazione che, pur nel rispetto dei diversi mandati elettorali e delle personali sensibilità, quotidianamente si riscontra in Commissione come in Aula. Un maggiore senso del rigore sembra essere diventato la cifra peculiare di ogni provvedimento.
La parola responsabilità, a lungo ostaggio di alcuni personaggi in cerca d'autore, finalmente torna ad informare con tutta la dignità che le è propria l'azione politica di quanti hanno realmente voglia di concorrere alla costruzione del bene comune nel nostro Paese. È grazie a questo radicale cambiamento che si è ricostituito un clima di fiducia tra le istituzioni e i cittadini, un clima di fiducia che ha reso possibile chiedere agli italiani il sacrificio di una manovra molto pesante, che tuttavia è riuscita a blindare i conti del Paese. Infatti, ad essa è seguito subito un grande lavoro di mediazione che ha permesso di incardinare un'importante riforma del mondo del lavoro, che sarà presto in Aula, e questo provvedimento in materia di liberalizzazioni che ci apprestiamo a votare, che insieme contribuiscono a definire la risposta propositiva ai sacrifici richiesti agli italiani.
Questo provvedimento, in particolare, cerca di incidere su una situazione sociale ed economica particolarmente incancrenita, che vede l'Italia agli ultimi posti tra le nazioni occidentali per la concorrenza e la libertà d'impresa ed evidentemente ha suscitato le reazioni di tutte le lobby e le corporazioni che fino ad oggi hanno goduto di intollerabili privilegi ed ingiustificate rendite di posizione. Certo, non è stato possibile inserire tutte le norme che sarebbe stato doveroso adottare, eppure questo provvedimento rappresenta un primo importante passo nel definire una nuova cultura del libero mercato e della concorrenza a tutela sia dei consumatori che dei cittadini.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Ruggeri. Pregherei il presidente Cicchitto di consentire al Presidente del Consiglio di ascoltare (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

SALVATORE RUGGERI. Ma ciò anche a tutela delle stesse imprese coinvolte. È un'attenzione questa che trova, proprio a Pag. 15partire dal primo articolo in tema di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli oneri amministrativi, la sua formulazione più rilevante. Convinti che ci sia ancora molto da fare e che molti nodi si debbano ancora sciogliere, è tuttavia chiaro che le norme contenute in questo provvedimento rappresentano un primo importante passo per una sostanziale rottura con il passato.
Le liberalizzazioni, insieme alla riforma del mercato del lavoro, sono una necessità vitale per far ripartire l'economia del nostro Paese e per restituire fiducia nella possibilità di costruirsi un proprio futuro dignitoso e gratificante a tutti quei giovani oggi alle prese con insormontabili problemi occupazionali, professionali e imprenditoriali. Ben vengano allora tutte le norme che contengono le basi per cancellare le troppe autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso, capaci solo di intralciare l'avvio di un'attività economica; quelle che agevolano il rapporto dei clienti con il sistema bancario, alla prese con la richiesta di mutui o altre forme di finanziamento; quelle che consentono un rapporto di maggiore trasparenza con i professionisti ovvero quelle che fissano parametri di maggiore convenienza con gli istituti assicurativi.
Sono norme a lungo attese e che investono positivamente la quotidianità dei cittadini, migliorando l'efficienza del sistema economico e diminuendone i costi. In particolare, voglio segnalare l'istituzione di una sezione specializzata in materia di impresa in ogni tribunale o corte d'appello con sede nel capoluogo di regione e la separazione di ENI da Snam, che dovrà diventare realtà entro 18 mesi dall'entrata in vigore di questo decreto-legge.
A chi strumentalmente lamenta che si poteva fare di più offro la risposta dei mercati per i quali le attese contano spesso più dei risultati e l'abbattimento dello spread di questi giorni rende forse più evidente che, se anche i passi compiuti sono pochi, il cammino signor Presidente è quello giusto. Le rinunce della mediazione governativa e parlamentare debbono solo rappresentare uno stimolo per il prossimo futuro, ma non possono certo consentire di definire questo provvedimento una sorta di accordo al ribasso.
Siamo convinti che questo Governo abbia imboccato la strada giusta che porta finalmente ad una crescita rilevante, ma, come lei ha sempre detto, equa. Per questo, il nostro voto di fiducia servirà non solo a confermare quanto di valido sia il fatto, ma anche ad incoraggiare - lei, Presidente, e il suo Governo - a proseguire con tutta la determinazione e il rigore necessari (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Comaroli. Ne ha facoltà.

SILVANA ANDREINA COMAROLI. Signor Presidente, esponenti del Governo, onorevoli colleghi, oggi il Governo chiede ai deputati la fiducia e i deputati della maggioranza voteranno la fiducia alla cieca. Già, la voteranno anche se c'è il richiamo della Ragioneria generale dello Stato, che evidenzia la mancanza di copertura per alcuni articoli. Il fatto è ancor più grave perché è appena stato votato dagli stessi deputati il pareggio di bilancio in Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), un provvedimento tanto invocato dall'Europa, caldeggiato dallo stesso Presidente della Repubblica e - diciamo noi - sacrosanto, in quanto impone allo Stato di fare quello che fa la maggior parte dei cittadini, ovvero non spendere più di quanto si incassa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ma il Governo che cosa fa? Semplicemente se ne infischia o non fa nulla. Anzi, proprio con il Governo Monti il debito italiano ha raggiunto il massimo storico. I deputati della maggioranza voteranno questa fiducia al Governo, anche se il parere del Comitato per la legislazione evidenzia numerosi elementi di criticità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), così come rinvii normativi imprecisi e generici, disposizioni contraddistinte da Pag. 16una sorta di vaghezza e norme non immediatamente applicabili, per non dire dei difetti di coordinamento interno, all'uso improprio di sigle e di termini inglesi che, secondo la circolare del 2001, sono vietati. Così facendo, si rischia di esporre il Presidente della Repubblica a serio imbarazzo all'atto della promulgazione per le numerose e gravi carenze del provvedimento.
I deputati della maggioranza voteranno la fiducia e non fa nulla se non sono potuti intervenire con modificazioni mediante emendamenti, nemmeno con quegli emendamenti che il relatore Ventucci riteneva meritevoli di apportare miglioramenti. Ma secondo il Governo non c'era tempo e, quindi, si approva un decreto lacunoso, complicato e apportatore di tasse, tasse e tasse (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
La Lega Nord voterà convintamente contro questo provvedimento, perché oltre ai motivi già evidenziati dalle liberalizzazioni ci si attendeva vera liberalizzazione e vera meritocrazia e, invece, c'è solo il titolo. In realtà, questo Governo e la maggioranza che lo sostiene stanno facendo passare per tale una serie di garbugli confusi e spesso anche poco liberali. Con questo provvedimento state facendo una sorta di: «Volevate le liberalizzazioni? Tenetevi queste cose che sanno di dirigismo, di centralismo e anche di peggio» (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Liberalizzare non significa togliere ogni regola e controllo. Può forse andar bene lasciare, ad esempio, grande flessibilità negli orari dei negozi, ma questo non deve significare la distruzione del piccolo commercio, l'abbattimento dei livelli di sicurezza e di dignità del lavoro, la totale consegna del mercato alle grandi strutture e alla manovalanza straniera.
Liberalizzare le professioni non significa togliere limiti e responsabilità, lasciando tutto alla discrezionalità e all'avventurismo e facendo del dumping che porta a un'iniziale ribasso dei costi ma a un definitivo affossamento della qualità delle prestazioni. Che razza di liberalizzazioni sono quelle gestite da un potere centrale che tratta allo stesso modo tutte le diverse realtà? Non vi è niente di meno liberale di uno Stato, come quello italiano, che ha una lunga e ininterrotta tradizione di centralismo, dirigismo disastrato e fallimenti.
Il punto fondamentale è che non si possono fare liberalizzazioni economiche se prima non si sono fatte quelle istituzionali, se prima non si sono restituiti poteri e attribuzioni agli enti, alle comunità locali e ai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Non vi può essere liberismo senza la giusta dose di autonomia e di federalismo vero. Ogni comunità deve liberamente gestirsi i fatti suoi, in funzione delle sue esigenze, della sua ricchezza, delle sue aspirazioni, delle sue tradizioni e della sua identità. Non si possono imporre regole identiche ai tassisti di Milano e di Napoli o all'unico tassista di Soncino.
Gli ordini professionali hanno una loro reale utilità sociale solo se sono davvero rapportati alle comunità in cui operano. La loro prima essenziale liberalizzazione è la regionalizzazione o la macroregionalizzazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Negozi, farmacie e tutto il resto devono trovare regole che vadano bene alle comunità locali. Invece, qui chi pretende di decidere è sempre più lontano, più in alto: oggi è a Roma e domani sarà a Bruxelles. Il potere deve scendere verso il basso, avvicinarsi ai cittadini e, invece, se ne va sempre più lontano, sempre meno controllabile e più costoso. Altro che liberismo! Qui si è sempre più statalisti e centralisti. La prima liberalizzazione vera è quella istituzionale. Liberalizziamo lo Stato italiano! «La prima vera liberalizzazione è l'indipendenza»! (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Se per liberalizzare, che di per sé significa meno restrizioni, meno burocrazia, meno orpelli legali che imbavagliano chi fa impresa, voi producete un «malloppo» da 200 pagine, composto da 116 articoli, allora siamo a posto.
Ma, nel dettaglio, con questo decreto-legge il Governo che cosa si è proposto di Pag. 17fare? Crea nuove Autorithy, nuove assunzioni. Allora, ci chiediamo: a cosa servono i Ministeri? Al Senato è stato presentato un emendamento della Lega Nord, dove si diceva che se si prevede l'Autorità dei trasporti, almeno si chiuda quell'ufficio del Ministero che si occupa di quella materia. Comunque, non è un problema. Si fa l'Autorità dei trasporti? 100 milioni di euro, tanto pagano le imprese e, quindi, i cittadini. Si fa l'Autorità della concorrenza? Altri 100 milioni di euro, triplicando il contributo unificato, tanto pagano sempre le imprese. Si prevede una percentuale sul fatturato, una mini IRAP? Nessun problema, sono sempre i cittadini che pagano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Nuove assunzioni? Anche qui, nessun problema. Pagano sempre le imprese. Addirittura, si assumono 32 ingegneri per controllare le dighe. Possibile che su 3 milioni 500 mila dipendenti della pubblica amministrazione non vi fossero 32 ingegneri (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Vi è una confusione totale, del Governo e della maggioranza che lo sostiene, circa questo decreto-legge. Tuttavia, vi è un'unica certezza: l'aumento delle tasse per le imprese. Perché il Governo crea tanta confusione ed inganna i cittadini? Perché deve passare l'idea che l'impedimento alla crescita della nazione non dipende dall'esuberante e soffocante presenza dello Stato ma è colpa dei privati, che operano con corporazioni e lobby sataniche? Chi sono? I tassisti, gli avvocati, i notai, i farmacisti.
Ciò che appare come primario a questo Governo, invece, è salvare lo Stato, cioè se stesso ad ogni costo. Ma quel che più fa rabbrividire è che non viene mai messo in discussione il ruolo dello Stato e, soprattutto, degli sprechi statali. Perché questo Governo non continua l'azione diretta all'introduzione dei costi standard nella spesa pubblica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Alcuni giorni fa, un rapporto della CGA di Mestre evidenziava che l'unica via d'uscita dalla recessione dell'Italia è l'applicazione dei costi standard nella spesa pubblica.
Sempre in questo decreto poi c'è una cosa assurda, da non crederci. La sostanza è questa: prima, con il Patto di stabilità, i comuni virtuosi sono stati costretti a non spendere i propri soldi, adesso quei quattrini se li prende lo Stato per depositarli nella proposta tesoreria, caso mai a qualche sindaco venisse in mente di utilizzarli. Così, gli amministratori locali, oculati e capaci, finiscono «cornuti e mazziati». Questo provvedimento è una vera e propria presa per i fondelli, essendo stato inserito nel cosiddetto decreto liberalizzazioni, una manovra centralista di bieco stampo sovietico. Questo decreto non dà nessuna sterzata al sistema economico. Se andassimo a chiedere ai cittadini, agli artigiani e ai lavoratori, ma anche ai pensionati, ai commercianti e ai piccoli imprenditori quali sono le migliorie che hanno registrato nella vita di tutti giorni grazie a questo provvedimento, non otterremmo alcuna risposta.
Quindi, convintamente ribadisco che la Lega Nord voterà contro la fiducia a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Froner. Ne ha facoltà.

LAURA FRONER. Signor Presidente, la situazione del quadro finanziario del nostro Paese è più distesa, ma non ci permette alcun rilassamento, come ci ricordava il Presidente del Consiglio Monti nel corso della sua audizione in Commissione la settimana scorsa. La situazione economico-finanziaria deve impegnare il Parlamento, il Governo e tutte le forze politiche a proseguire lungo la politica di rigore che abbiamo iniziato a tracciare, a cominciare dal cosiddetto decreto-legge «salva Italia», di equità - perché è difficile perseguire politiche di rigore se non si ha la sensazione che il rigore sia distribuito in maniera equa tra tutti i contribuenti - e di crescita. Pag. 18
Proprio per dare sostanza a questo terzo indispensabile pilastro, che insieme agli altri due è alla base della politica del Governo e del sostegno delle forze politiche a questa esperienza di Governo, noi consideriamo prioritaria l'approvazione del decreto-legge sulle liberalizzazioni. Condividiamo con il Governo l'importanza strategica di questo decreto, chiamato «cresci Italia», per almeno tre ragioni: perché ci consente di rispettare gli impegni assunti con gli organismi europei, perché dopo le ultime lenzuolate di Bersani fa ripartire il processo di liberalizzazione e perché può fornire un significativo contributo per rendere competitivo il nostro sistema economico.
Dal nostro punto di vista si potevano presentare misure più coraggiose e, in questa direzione, sono stati presentati gli emendamenti del nostro gruppo al Senato, due terzi dei quali sono stati accolti. Il testo che è uscito dall'altro ramo del Parlamento è sicuramente più robusto rispetto a quello originario. Le modifiche più significative che abbiamo contribuito ad apportare riguardano settori importanti come le banche, le assicurazioni, l'energia, i farmaci, la tutela dei consumatori, l'attività di regolazione dei trasporti, gli strumenti per sostenere gli investimenti in infrastrutture.
Il provvedimento ha mantenuto però alcune incertezze sulle professioni e sulla apertura del mercato ai giovani. Avremmo voluto interventi più decisivi nel campo delle professioni regolamentate, che rimangono ancora troppo esclusive. Questo si riflette non solo sui costi per i cittadini e per le imprese, ma rappresenta anche un freno all'innovazione necessaria nei servizi del nostro Paese.
Dispiace inoltre che non sia stata accolta la nostra proposta di garantire un equo compenso ai giovani tirocinanti, ma solo un rimborso forfettario delle spese a partire dal settimo mese. Siamo quindi convinti che questo decreto rappresenti una tappa significativa di un percorso che deve essere continuato.
Mi riferisco non solo ai decreti attuativi previsti dalle singole norme - e vorrei assicurarvi che per il rispetto delle scadenze previste non mancherà l'azione di sollecito da parte del gruppo del Partito Democratico - ma anche ad interventi ulteriori che potranno essere messi in campo nei prossimi mesi.
A questo proposito vorrei rivolgere un invito al Governo riprendendo considerazioni già svolte in Commissione: è auspicabile che una volta finita l'emergenza economica non siano più presentati decreti-legge con decine e decine di articoli vertenti su materie disomogenee che pongono le Commissioni di merito e il Parlamento nelle condizioni di non svolgere in entrambi i rami un esame adeguato.
Durante la discussione di questo provvedimento alla Camera il nostro gruppo ha assunto una scelta politica responsabile per consentire la conversione in tempo utile di questo decreto-legge e ha ritenuto utile lo svolgimento del dibattito in Commissione per evidenziare alcuni temi sui quali abbiamo richiesto l'impegno del Governo. Ricordo ad esempio la nostra richiesta, reiterata anche nel passato Governo, per l'attuazione della legge annuale sulla concorrenza; ricordo la richiesta rivolta al settore bancario affinché la liquidità messa a loro disposizione venga utilizzata per concedere credito alle famiglie e alle imprese che ne hanno bisogno e per ridurre i costi dei servizi bancari; ricordo la discussione in merito al contenuto dell'articolo 15 su Snam e ENI che possiamo considerare una norma di grande rilievo per la politica industriale e di incentivo allo sviluppo. Stabilire con chiarezza e in tempi ravvicinati la separazione di Snam Spa da ENI può concorrere ad una riduzione dei costi del gas per le famiglie e per le imprese, può significare attrazione di investimenti e può comportare l'assunzione di un ruolo più forte in campo energetico del nostro Paese, tanto in Europa quanto nel Mediterraneo.
Mi soffermo in particolare su questo punto perché per la crescita dell'Italia abbiamo bisogno di una chiara politica industriale, al Governo e in particolare al Ministero dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti chiediamo Pag. 19interventi significativi nella politica industriale del nostro Paese. La politica industriale non può limitarsi a liberalizzazioni e semplificazioni, ma ha bisogno di interventi per la crescita dell'economia reale da parte dei vari livelli istituzionali e sociali. Le grandi imprese italiane, come ad esempio Finmeccanica, rischiano di perdere posizioni strategiche finora indiscusse. FIAT può investire dove meglio crede ma vorremmo sapere di più sul piano industriale di 20 miliardi di cui si parla.
In conclusione noi rinnoviamo la fiducia al Governo sul percorso difficile del risanamento, siamo convinti che su questa strada si incontrino ancora forti resistenze, si deve ricostruire la competitività del Paese ma contemporaneamente si deve prestare la massima attenzione al mantenimento della coesione sociale. Il prezzo del risanamento non deve essere pagato solo dal lavoro e da chi vive del proprio lavoro e a questo proposito se è giusto che sulla questione della riforma del mercato del lavoro non ci siano veti è altrettanto giusto che non ci siano discriminazioni perché la coesione sociale in questo momento può rappresentare un valore aggiunto per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in materia di liberalizzazioni che quest'oggi ci apprestiamo a votare e che nell'intenzione del Governo avrebbe dovuto inaugurare una stagione di riforme e progresso per il Paese, sta in realtà tradendo l'essenza e l'anima liberale che crediamo appartenga a questo Esecutivo. Per usare un'espressione dell'autorevole economista Giavazzi il provvedimento che verrà approvato è un'immagine molto sbiadita dell'afflato liberista che ispirò il primo testo del Governo. Nonostante ciò il senso di responsabilità nei confronti degli italiani ci impone di non negare la fiducia al Governo e soprattutto di non vanificare la ritrovata coesione politica e istituzionale necessaria per il superamento della crisi del debito sovrano e per contrastare efficacemente gli attacchi della speculazione finanziaria.
Nondimeno, non compiremmo fino in fondo il nostro dovere, il dovere di ufficio, se ci sottraessimo dal muovere gli inevitabili rilievi critici al provvedimento nel suo complesso, visto che le misure in esso contenute sono ben lungi dal realizzare una svolta epocale, così come il Paese si attendeva. Il decreto-legge sulle liberalizzazioni, così come elaborato e strutturato, più che un intervento di riforma, come invece ci saremmo aspettati, altro non è che un intervento di riordino, cosa non malvagia in sé.
Certamente, non possiede, però, lo slancio né potenziale né reale verso quella direzione di riforma dell'ingessato e non competitivo sistema italiano. Quindi, è un mero intervento di ordinaria amministrazione, che rivela la mancanza di coraggio di un Governo che avrebbe potuto e dovuto osare di più, potendo annoverare al suo interno personalità che godono della stima e dell'apprezzamento al più alto livello internazionale e, soprattutto, potendo contare su una maggioranza amplissima, che ha permesso di agire con tempestività e fermezza in ambiti controversi e difficili, come il fronte caldo delle pensioni.
Così, purtroppo, non è stato! Si è trattato di un'occasione sprecata per ridare slancio all'economia, a partire da iniziative più incisive ed efficaci. I fatti dimostrano che si sta continuando a tergiversare. Ci saremmo aspettati, innanzitutto, un poderoso e incisivo intervento di legificazione che riducesse i tanti ed eccessivi vincoli, spesso contraddittori e inutili, che ostacolano il lavoro e la crescita delle imprese e pongono a carico dei cittadini oneri insostenibili, specie nei confronti delle famiglie con redditi bassi.
In una fase prossima alla recessione, quale è quella che l'Italia sta attraversando, confermata, tra l'altro, dalle recenti stime ISTAT, sarebbe stato più che mai necessario avviare interventi forti, come, Pag. 20per esempio, la riforma dell'articolo 41 della Costituzione, nel senso di andare nella direzione di dichiarare esplicitamente legale ciò che non è esplicitamente vietato dalla legge.
Questa sarebbe stata una riforma epocale, che avrebbe rimosso inattuali e antistorici vincoli alla libertà di impresa e che avrebbe agevolato la nascita di nuove attività imprenditoriali, nonché l'espansione di quelle già esistenti, in modo da attrarre investimenti e capitali dall'estero.
Ad oggi queste iniziative non risultano in cima all'agenda setting del Governo. Ci saremmo aspettati, in altre parole, più idee, proposte e iniziative dal nuovo Esecutivo, che non solo sta limitandosi a sviluppare progetti elaborati e predisposti dal precedente Governo, come è stato, con onestà intellettuale, anche dichiarato, ma che sembra portare avanti, o meglio, che debba portare avanti una sorta di gestione ordinaria degli affari correnti, più consona a una commissione di una società sottoposta a procedura concorsuale che non ad un Consiglio dei Ministri di un Paese con le risorse e le potenzialità dell'Italia; risorse e potenzialità in grado di permettere al Paese di superare questa fase storica così complessa e dura, se governati con coraggio e lungimiranza, che è quello che noi ci aspettiamo.
Sono due aspetti essenziali della funzione di Governo, di cui, a detta di illustri e autorevoli commentatori, difettano interventi importanti, come quello della ventilata riforma del mercato del lavoro, una riforma più annunciata che concreta, di grande attualità in questi giorni, visto che non si riescono a superare i veti incrociati di Confindustria e delle associazioni sindacali, che, quale che sia l'esito della trattativa, continueranno, comunque, a beneficiare del sostegno dello Stato, precluso, invece, alle piccole e medie imprese, le cui associazioni rappresentative non sono state ammesse al negoziato, nonostante la riforma esplicherà i propri effetti quasi esclusivamente su di esse e nonostante il tessuto economico del Paese si regga quasi del tutto sulle PMI.
È chiaro per tutti che il momento presente è difficile e che il nostro Paese è stretto da una morsa le cui ganasce - consentitemi il paragone meccanico - sono, per un lato, l'ingessatura del sistema Paese e, dall'altro, per quanto riguarda l'esterno, le pressioni che vengono dai mercati internazionali.
Non voglio tediare quest'Assemblea ricordando che l'ISTAT ha ufficializzato che l'Italia è in recessione, perché il PIL è in calo, la produzione industriale arretra e le agenzie di rating, di fatto, ci hanno già declassato due volte. Oggi il Paese può contare su un Governo tecnico di tregua, rispetto al quale le forze politiche hanno sì fatto un passo indietro sotto la spinta di un forte senso di responsabilità, ma al quale non hanno certo lasciato carta bianca.
Non è un caso, infatti, che entrambi i rami del Parlamento abbiano lavorato, specie in relazione al provvedimento sul quale siamo chiamati oggi ad esprimerci, giorno e notte, in una logica di dialogo costruttivo, con un atteggiamento aperto, ma, nel contempo, critico, perché al fondo della questione vi è sempre e solo il bene del Paese.
L'atteggiamento delle Camere, ancora di più di quello delle Commissioni di merito, vale a maggior ragione perché esse sono ben consapevoli che questo Governo non è espressione della volontà popolare.
Sì dunque a lasciare lavorare i tecnici, ma un sì ancora più convinto alla valutazione della politica sull'operato dell'Esecutivo perché la priorità è fare in modo che i sacrifici chiesti alle nostre famiglie, alle nostre imprese e ai nostri lavoratori si traducano, in tempi ragionevoli, in crescita, progresso, competitività e benessere diffuso. Con onestà, si può dire che il decreto-legge sulle liberalizzazioni, sopprimendo taluni odiosi lacciuoli che ingessano il nostro sistema produttivo, si pone su questa strada.
Ciò, però, non è bastevole. Cito come esempio, fra le tante contraddizioni presenti, quello delle professioni che sono una risorsa di questo Paese, come tutti confermano. Queste sono state sì modernizzate, Pag. 21ma si fatica davvero a cogliere la portata liberalizzatrice di alcune norme introdotte, tanto più in un quadro in cui, anche per quanto riguarda le tariffe, ne era già stata disposta la piena liberalizzazione con la legge di stabilità dello scorso agosto, grazie al Governo Berlusconi che non solo era stato capace di adottare decisioni, ma anche di raccogliere il consenso dei diretti interessati.
Oggi, oltre a non esserci le liberalizzazioni, con il provvedimento in esame si introducono delle vere e proprie complicazioni. Voglio citare come esempio il tirocinio professionale ridotto a 18 mesi, cosa in sé buona, senza però alcun tipo di coordinamento finalizzato con le norme che, invece, sono previste a proposito dei commercialisti dalla Comunità europea. Quindi, abbiamo una direttiva europea che parla di 36 mesi per la revisione legale dei conti e la norma che stiamo approvando che parla invece di 18 mesi. Il raccordo era stato proposto anche dal nostro gruppo, ma è stato inspiegabilmente stralciato dal Governo. Ora i commercialisti corrono seriamente il rischio di fare due esami distinti, il secondo a distanza di 18 mesi dal primo. Voglio sperare che, se davvero si ha un minimo a cuore la facilitazione dell'accesso dei giovani alle libere professioni, questa assurda stortura venga raddrizzata quanto prima, anzi ne siamo certi.
Cogliamo allora il lato positivo del provvedimento in oggetto, ossia il senso della fiducia che il nostro partito sta accordando al Governo. Il provvedimento odierno non è quindi un punto di arrivo, almeno questa è la speranza, ma un punto di partenza. Se così sarà, la giornata odierna non potrà non essere considerata positiva, altrimenti i posteri non potranno non considerarla, forse, l'ennesima occasione persa.
Signor Presidente del Consiglio, proprio in questi tempi l'Inghilterra di Cameron ha lanciato una vera e propria riforma in tema di liberalizzazione del mercato del lavoro che ha chiamato mutualization. Con la citata riforma gli inglesi intendono ridurre i dipendenti pubblici dal 3,5 per cento al 2,5 per cento, attraverso la fuoriuscita dal settore pubblico verso settori privati che avranno la gestione in convenzione degli stessi servizi. È evidente l'intento degli inglesi di fare ritrovare efficienza ed efficacia alla loro pubblica amministrazione che, anche lì, appare inadeguata e costosa. Loro, però, lo fanno attraverso una riforma rivoluzionaria e coraggiosa. A maggior ragione, qui in Italia ci aspettavamo una misura altrettanto forte e concreta, non certo pannicelli caldi.
Signor Presidente, la recente riforma delle pensioni ha dimostrato che la determinazione e la forte volontà hanno prodotto risultati certi e virtuosi e la pressione sociale mediatica che tutti temevano alla fine si è risolta in un paio di settimane di discussione e nulla più. Quindi, valeva la pena combattere per quella riforma delle pensioni, nei tempi e nei modi con cui è stata combattuta. Questa, secondo noi, è l'unica strada, non ve ne sono altre (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà, per due minuti.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, Einaudi diceva che la libertà economica è la condizione necessaria della libertà politica. Di questo si occupa il decreto-legge in materia di liberalizzazioni.
Viviamo tempi che richiedono a tutti, e alla politica in particolare, di sapere guardare alla realtà con occhi nuovi; fare le cose non perché si è sempre fatto così, ma farle come servono per avviare una nuova fase della vita sociale italiana.
Seneca diceva che non è perché le cose sono difficili che non osiamo farle, ma è perché non osiamo farle che sono difficili. Il Governo Monti osa farle, quindi fiducia a questo Governo, l'unico in grado di riscattare questo Paese. La sua politica del fare per davvero può salvare l'Italia, anche se spariglia i due blocchi sociali e i loro rappresentanti. Pag. 22
Compito principale di questo Parlamento non è quello di difendere o tutelare gli interessi di parte, ma di avere il coraggio di dire di no ad alcuni interessi particolari, che da anni tengono in ostaggio il nostro Paese.
Tutti noi dobbiamo anteporre gli interessi del Paese a quelli, pur legittimi, di parte, politica o sociale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cassinelli. Ne ha facoltà, per due minuti.

ROBERTO CASSINELLI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, prendo la parola per dichiarazione di voto a titolo personale per dichiarare che mi asterrò sul voto di fiducia. Non condivido, infatti, né il metodo né il merito di parte di questo provvedimento.
Non condivido il metodo, perché non è possibile che uno dei due rami del Parlamento sia alla fine ridotto a poco più di un ufficio visti, dove tutto deve passare sull'altare della fretta e dell'urgenza, senza possibilità di dare un contributo migliorativo nella sostanza di questo provvedimento.
Non condivido il merito ed in particolare gli articoli 9 e 9-bis, di cui sono stato relatore in Commissione giustizia, che riguardano, come il Presidente del Consiglio ben sa, i temi della giustizia ed in particolare la professione degli avvocati.
Io non credo che in un Paese dove ci sono 250 mila avvocati vi sia una grande necessità di inserire degli ulteriori provvedimenti per aumentare la concorrenza. Direi che il numero determina già certamente la concorrenza. Di conseguenza non mi sento di votare favorevolmente la fiducia a questo Governo su questo provvedimento ed altrettanto farò per quanto riguarda poi il voto sul provvedimento finale (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione per appello nominale sull'articolo unico del disegno di legge n. 5025, di conversione del decreto-legge in esame.

DOMENICO SCILIPOTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Scilipoti, a che titolo?

DOMENICO SCILIPOTI. Vorrei intervenire per un minuto per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Se lei potesse chiedere con un certo anticipo...

DOMENICO SCILIPOTI. Ha perfettamente ragione, e chiedo scusa alla Presidenza.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Scilipoti, ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, mi rivolgo a lei in questo momento difficile della vita politica, che sta attraversando il nostro Paese.
Io capisco perfettamente che molti all'interno di quest'Aula abbiano posizioni a favore del Governo ed è legittimo anche votare i provvedimenti. Ma, signor Presidente, glielo chiedo con il cuore in mano, per la grande stima che ho nei suoi confronti: intervenga affinché questo Governo, di settimana in settimana, non ponga la questione di fiducia, perché così sta ammazzando il Parlamento e sta delegittimando le istituzioni.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

(Votazione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 5025)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione per appello nominale sull'articolo unico del disegno di legge n. 5025, di conversione del decreto-legge in esame, nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato, sulla cui approvazione, Pag. 23senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio)

Pregherei i colleghi segretari di prendere il loro posto, onde assicurare che la chiama si svolga in modo regolare.
La chiama avrà inizio dall'onorevole Ventura.
Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.
(Segue la chiama)

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 16,02)
(Segue la chiama).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'articolo unico del disegno di legge n. 5025, di conversione del decreto-legge in esame, nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia:

Presenti 557
Votanti 528
Astenuti 29
Maggioranza 265
Hanno risposto 449
Hanno risposto no 79.
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Si intendono conseguentemente respinte tutte le proposte emendative presentate.

Hanno risposto sì:

Abelli Gian Carlo
Abrignani Ignazio
Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Airaghi Marco
Albini Tea
Albonetti Gabriele
Alfano Angelino
Alfano Gioacchino
Amici Sesa
Angeli Giuseppe
Antonione Roberto
Aprea Valentina
Aracu Sabatino
Argentin Ileana
Armosino Maria Teresa
Ascierto Filippo
Baccini Mario
Bachelet Giovanni Battista
Baldelli Simone
Barani Lucio
Barbareschi Luca Giorgio
Barbaro Claudio
Barbieri Emerenzio
Bellanova Teresa
Beltrandi Marco
Benamati Gianluca
Berardi Amato
Bernardini Rita
Bernardo Maurizio
Bernini Anna Maria
Berretta Giuseppe
Berruti Massimo Maria
Bersani Pier Luigi
Bertolini Isabella
Biancofiore Michaela
Biasotti Sandro
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bobba Luigi
Bocchino Italo
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Bocciardo Mariella
Boccuzzi Antonio
Boffa Costantino
Bonaiuti Paolo
Bonavitacola Fulvio
Bonciani Alessio
Bongiorno Giulia
Boniver Margherita
Bordo Michele
Bosi Francesco
Bossa Luisa
Braga Chiara
Brambilla Michela Vittoria
Brancher Aldo Pag. 24
Brandolini Sandro
Bratti Alessandro
Bressa Gianclaudio
Briguglio Carmelo
Brunetta Renato
Bruno Donato
Burtone Giovanni Mario Salvino
Calabria Annagrazia
Calderisi Giuseppe
Calvisi Giulio
Cambursano Renato
Cannella Pietro
Capano Cinzia
Capitanio Santolini Luisa
Capodicasa Angelo
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Carra Enzo
Carra Marco
Casero Luigi
Castagnetti Pierluigi
Catanoso Basilio
Causi Marco
Cavallaro Mario
Cazzola Giuliano
Ceccacci Rubino Fiorella
Cenni Susanna
Centemero Elena
Cera Angelo
Ceroni Remigio
Cesario Bruno
Cesaro Luigi
Ciccanti Amedeo
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Cicu Salvatore
Cilluffo Francesca
Ciriello Pasquale
Codurelli Lucia
Colaninno Matteo
Colombo Furio
Colucci Francesco
Commercio Roberto Mario Sergio
Compagnon Angelo
Concia Anna Paola
Consolo Giuseppe
Conte Gianfranco
Conte Giorgio
Corsini Paolo
Coscia Maria
Cosentino Nicola
Cosenza Giulia
Costa Enrico
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
Crimi Rocco
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
D'Alema Massimo
Dal Moro Gian Pietro
Damiano Cesare
D'Anna Vincenzo
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
De Biasi Emilia Grazia
De Camillis Sabrina
De Girolamo Nunzia
Delfino Teresio
Della Vedova Benedetto
Del Tenno Maurizio
De Micheli Paola
De Nichilo Rizzoli Melania
De Pasquale Rosa
De Poli Antonio
De Torre Maria Letizia
Di Biagio Aldo
Di Cagno Abbrescia Simeone
Di Caterina Marcello
Di Centa Manuela
D'Incecco Vittoria
Dionisi Armando
D'Ippolito Vitale Ida
Distaso Antonio
Di Virgilio Domenico
Esposito Stefano
Fabbri Luigi
Fadda Paolo
Faenzi Monica
Fallica Giuseppe
Farina Gianni
Farina Renato
Farina Coscioni Maria Antonietta
Farinone Enrico
Fedi Marco
Ferranti Donatella
Ferrari Pierangelo
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fioroni Giuseppe
Fitto Raffaele
Fluvi Alberto
Fogliardi Giampaolo
Fontana Gregorio Pag. 25
Fontana Vincenzo Antonio
Fontanelli Paolo
Foti Antonino
Franceschini Dario
Frattini Franco
Froner Laura
Fucci Benedetto Francesco
Gaglione Antonio
Galati Giuseppe
Galletti Gian Luca
Galli Daniele
Garagnani Fabio
Garavini Laura
Garofalo Vincenzo
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico
Gatti Maria Grazia
Gava Fabio
Gelmini Mariastella
Genovese Francantonio
Gentiloni Silveri Paolo
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Giacomoni Sestino
Giammanco Gabriella
Gianni Giuseppe
Gibiino Vincenzo
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giorgetti Alberto
Giovanelli Oriano
Giro Francesco Maria
Gnecchi Marialuisa
Golfo Lella
Gottardo Isidoro
Gozi Sandro
Granata Benedetto Fabio
Grassano Maurizio
Grassi Gero
Graziano Stefano
Grimaldi Ugo Maria Gianfranco
Guzzanti Paolo
Holzmann Giorgio
Iannarilli Antonello
Iannuzzi Tino
Iapicca Maurizio
Laboccetta Amedeo
La Forgia Antonio
Laganà Fortugno Maria Grazia
Lainati Giorgio
La Loggia Enrico
La Malfa Giorgio
Lamorte Donato
Landolfi Mario
Lanzillotta Linda
Laratta Francesco
La Russa Ignazio
Lazzari Luigi
Lehner Giancarlo
Lenzi Donata
Leo Maurizio
Letta Enrico
Levi Ricardo Franco
Libè Mauro
Lisi Ugo
Lolli Giovanni
Lo Moro Doris
Lo Presti Antonino
Lorenzin Beatrice
Losacco Alberto
Lovelli Mario
Lucà Mimmo
Lulli Andrea
Luongo Antonio
Lupi Maurizio
Madia Maria Anna
Malgieri Gennaro
Mantini Pierluigi
Mantovano Alfredo
Marantelli Daniele
Marcazzan Pietro
Marchi Maino
Marchignoli Massimo
Marchioni Elisa
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Marini Cesare
Marrocu Siro
Marsilio Marco
Martella Andrea
Martino Pierdomenico
Mastromauro Margherita Angela
Mattesini Donella
Mazzarella Eugenio
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Riccardo
Melandri Giovanna
Melchiorre Daniela
Melis Guido
Meloni Giorgia
Menia Roberto
Mereu Antonio Pag. 26
Merlo Giorgio
Merlo Ricardo Antonio
Merloni Maria Paola
Meta Michele Pompeo
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Milanato Lorena
Milanese Marco Mario
Milo Antonio
Minardo Antonino
Minasso Eugenio
Minniti Marco
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Misiti Aurelio Salvatore
Mistrello Destro Giustina
Misuraca Dore
Moffa Silvano
Mogherini Rebesani Federica
Morassut Roberto
Moroni Chiara
Mosca Alessia Maria
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Murer Delia
Muro Luigi
Naccarato Alessandro
Nannicini Rolando
Napoli Angela
Napoli Osvaldo
Narducci Franco
Naro Giuseppe
Nastri Gaetano
Nicolucci Massimo
Nirenstein Fiamma
Nizzi Settimo
Nucara Francesco
Occhiuto Roberto
Oliveri Sandro
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Orsini Andrea
Pagano Alessandro
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Papa Alfonso
Parisi Massimo
Pecorella Gaetano
Pedoto Luciana
Pelino Paola
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pepe Mario (Misto-R-A)
Pepe Mario (PD)
Perina Flavia
Pes Caterina
Pescante Mario
Petrenga Giovanna
Pezzotta Savino
Pianetta Enrico
Picchi Guglielmo
Piccolo Salvatore
Picierno Pina
Pionati Francesco
Pisacane Michele
Pisicchio Pino
Piso Vincenzo
Pistelli Lapo
Pittelli Giancarlo
Pizzetti Luciano
Pizzolante Sergio
Poli Nedo Lorenzo
Polidori Catia
Pollastrini Barbara
Pompili Massimo
Porcu Carmelo
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Prestigiacomo Stefania
Proietti Cosimi Francesco
Pugliese Marco
Quartiani Erminio Angelo
Raisi Enzo
Rampelli Fabio
Rampi Elisabetta
Rao Roberto
Ravetto Laura
Razzi Antonio
Realacci Ermete
Recchia Pier Fausto
Repetti Manuela
Ria Lorenzo
Rigoni Andrea
Roccella Eugenia
Romani Paolo
Romano Francesco Saverio
Romele Giuseppe
Rosato Ettore
Rossa Sabina
Rossi Luciano
Rosso Roberto
Rossomando Anna
Rotondi Gianfranco
Ruben Alessandro
Rubinato Simonetta Pag. 27
Ruggeri Salvatore
Rugghia Antonio
Russo Paolo
Ruvolo Giuseppe
Saltamartini Barbara
Sammarco Gianfranco
Samperi Marilena
Sanga Giovanni
Sani Luca
Santagata Giulio
Santelli Jole
Santori Angelo
Sarubbi Andrea
Savino Elvira
Sbai Souad
Sbrollini Daniela
Scajola Claudio
Scalera Giuseppe
Scanderebech Deodato
Scandroglio Michele
Scarpetti Lido
Scelli Maurizio
Schirru Amalia
Sereni Marina
Servodio Giuseppina
Siliquini Maria Grazia
Simeoni Giorgio
Siragusa Alessandra
Soro Antonello
Speciale Roberto
Sposetti Ugo
Stagno d'Alcontres Francesco
Stasi Maria Elena
Stracquadanio Giorgio Clelio
Stradella Franco
Strizzolo Ivano
Tabacci Bruno
Taddei Vincenzo
Tanoni Italo
Tassone Mario
Tempestini Francesco
Tenaglia Lanfranco
Terranova Giacomo
Testa Federico
Testa Nunzio Francesco
Testoni Piero
Tidei Pietro
Toccafondi Gabriele
Tocci Walter
Torrisi Salvatore
Tortoli Roberto
Toto Daniele
Touadi Jean Leonard
Trappolino Carlo Emanuele
Tullo Mario
Turco Livia
Turco Maurizio
Urso Adolfo
Vaccaro Guglielmo
Valducci Mario
Valentini Valentino
Vassallo Salvatore
Vella Paolo
Velo Silvia
Veltroni Walter
Ventucci Cosimo
Ventura Michele
Verdini Denis
Verini Walter
Vico Ludovico
Vignali Raffaello
Villecco Calipari Rosa Maria
Viola Rodolfo Giuliano
Vito Elio
Zaccaria Roberto
Zampa Sandra
Zamparutti Elisabetta
Zinzi Domenico
Zucchi Angelo
Zunino Massimo

Hanno risposto no:

Allasia Stefano
Barbato Francesco
Beccalossi Viviana
Belcastro Elio Vittorio
Bianconi Maurizio
Bitonci Massimo
Bonino Guido
Borghesi Antonio
Bossi Umberto
Bragantini Matteo
Buonanno Gianluca
Callegari Corrado
Cavallotto Davide
Cimadoro Gabriele
Comaroli Silvana Andreina
Consiglio Nunziante
Crosio Jonny
Dal Lago Manuela
D'Amico Claudio
Desiderati Marco
Di Giuseppe Anita Pag. 28
Di Stanislao Augusto
Di Vizia Gian Carlo
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Evangelisti Fabio
Fabi Sabina
Fava Giovanni
Favia David
Fedriga Massimiliano
Fogliato Sebastiano
Follegot Fulvio
Forcolin Gianluca
Formisano Aniello
Fugatti Maurizio
Gidoni Franco
Giorgetti Giancarlo
Giulietti Giuseppe
Goisis Paola
Iannaccone Arturo
Isidori Eraldo
Lanzarin Manuela
Maggioni Marco
Mancuso Gianni
Martini Francesca
Meroni Fabio
Messina Ignazio
Molgora Daniele
Molteni Laura
Monai Carlo
Montagnoli Alessandro
Munerato Emanuela
Mura Silvana
Mussolini Alessandra
Negro Giovanna
Nola Carlo
Paladini Giovanni
Palagiano Antonio
Palomba Federico
Paolini Luca Rodolfo
Pastore Maria Piera
Piffari Sergio Michele
Pili Mauro
Pini Gianluca
Polledri Massimo
Porcino Gaetano
Porfidia Americo
Rainieri Fabio
Reguzzoni Marco Giovanni
Rivolta Erica
Rondini Marco
Rota Ivan
Scilipoti Domenico
Simonetti Roberto
Togni Renato Walter
Torazzi Alberto
Vanalli Pierguido
Volpi Raffaele
Zazzera Pierfelice

Si sono astenuti:

Aracri Francesco
Bellotti Luca
Bergamini Deborah
Biava Francesco
Brugger Siegfried
Buonfiglio Antonio
Cassinelli Roberto
Castellani Carla
Castiello Giuseppina
Contento Manlio
Cossiga Giuseppe
Crosetto Guido
De Angelis Marcello
De Corato Riccardo
Dima Giovanni
Foti Tommaso
Frassinetti Paola
Mannucci Barbara
Martino Antonio
Mazzuca Giancarlo
Moles Giuseppe
Murgia Bruno
Nicco Roberto Rolando
Paniz Maurizio
Ronchi Andrea
Scalia Giuseppe
Sisto Francesco Paolo
Vitali Luigi
Zeller Karl

Sono in missione:

Alessandri Angelo
Barbi Mario
Buttiglione Rocco
Caparini Davide
Casini Pier Ferdinando
Cirielli Edmondo
Donadi Massimo
Duilio Lino
Formichella Nicola
Jannone Giorgio
Leone Antonio Pag. 29
Lombardo Angelo Salvatore
Lussana Carolina
Maran Alessandro
Mecacci Matteo
Migliori Riccardo
Orlando Leoluca
Parisi Arturo Mario Luigi
Stefani Stefano
Stucchi Giacomo
Volontè Luca

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 5025)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 5025).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, in quanto riproduttivi del contenuto di proposte emendative dichiarate inammissibili in sede referente ed in Assemblea o, comunque, del tutto estranei rispetto alle materie ed alle finalità del provvedimento in esame, i seguenti ordini del giorno: Fiano n. 9/5025/20, riguardante lo stato giuridico del personale delle Forze armate, di polizia e dei vigili fuoco; Braga n. 9/5025/49, concernente l'attribuzione dei costi delle attività di accertamento in merito ai procedimenti autorizzatori relativi ad impianti radioelettrici; Mario Pepe (PD) n. 9/5025/50, relativo all'ammodernamento della strada statale 372 «Fortorina»; Siragusa n. 9/5025/58, in materia di assegnazione per l'anno scolastico 2012-2013 di un posto di dirigente scolastico a tutte le istituzioni scolastiche della Sicilia; Consiglio n. 9/5025/131, relativo alla pubblicità delle aste giudiziarie tramite mezzo televisivo; di Stanislao n. 9/5025/159, concernente la bonifica dei siti contaminati da ordigni; Pizzetti n. 9/5025/172, recante misure economiche e fiscali volte a sostenere la nascita di nuove imprese nel comune di Campione d'Italia; Mereu n. 9/5025/183, riguardante la sospensione delle procedure di mobilità dei lavoratori della società Alcoa nel Sulcis; Saglia n. 9/5025/203, limitatamente al quinto impegno, recante misure per la soluzione dei problemi strutturali del Sulcis, con particolare riferimento alla filiera dell'alluminio; Strizzolo n. 9/5025/204, in materia di incompatibilità tra ruoli di gestione e di controllo di cui l'articolo 36 del decreto-legge n. 201 del 2011.

RENATO CAMBURSANO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, il Presidente Fini, precedentemente aveva chiesto la cortesia di intervenire successivamente alla votazione sulla questione di fiducia a proposito...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Cambursano. So che quello di cui lei vuole parlare non solo è importante, ma vede la sensibilità da parte di tutti noi, compresa la Presidenza. Tuttavia, mi dicono che il percorso che si era deciso porta alla conclusione delle seduta alle ore 20 di questa sera e che, quindi, tutti gli interventi sull'ordine dei lavori dovrebbero essere svolti alla conclusione degli interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno. Quindi, le chiedo scusa, ma questo è quanto mi viene riferito.

MARIO PEPE (PD). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Onorevole Mario Pepe, ho appena detto...

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, è per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Mario Pepe, ne ha facoltà.

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, considerando le norme regolamentari non potete applicare un criterio di esclusione di ordini del giorno, tra i quali il mio, l'ordine del giorno Mario Pepe (PD) n. 9/5025/50, che afferisce alle infrastrutture, Pag. 30che è un argomento centrale del provvedimento. Vorrei conoscerne le motivazioni.

PRESIDENTE. Onorevole Mario Pepe, le chiedo scusa, lei poteva intervenire sull'ordine dei lavori, perché sta chiedendo chiarimenti sulla inammissibilità del suo ordine del giorno. Nel frattempo direi di procedere con l'intervento dell'onorevole Nicco, che illustrerà il suo ordine giorno n. 9/5025/31, e poi la Presidenza approfondirà la ragione per cui il suo ordine del giorno n. 9/5025/50, relativo all'ammodernamento della strada statale 372 «Fortorina», è stato dichiarato inammissibile.

MARIO PEPE (PD). Voglio conoscere le motivazioni!

PRESIDENTE. Ho capito, gliele daremo.
L'onorevole Nicco ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/31.

ROBERTO ROLANDO NICCO. Signor Presidente, colleghe e colleghi, signor rappresentante del Governo, il 18 novembre scorso, come Minoranze linguistiche, abbiamo manifestato in quest'Aula attenzione, interesse e disponibilità verso un Governo di coesione nazionale che tentasse di portare il Paese fuori dal mare tempestoso in cui rischiava di naufragare e gli abbiamo accordato il nostro voto di fiducia.
In questi mesi diamo atto al Governo, ed in particolare al Presidente Monti, di aver operato intensamente in tal senso. Non ne abbiamo condiviso tutte le decisioni. Ci attendono altri passaggi delicati, quali la riforma del mercato del lavoro, su cui auspichiamo che vi possa essere il massimo di condivisione, secondo l'autorevole monito del Capo dello Stato.
Ma è fuor di dubbio che l'Italia sta riacquistando in Europa il peso che le compete e che mai avrebbe dovuto perdere, in quanto cofondatrice delle istituzioni comunitarie, mentre il percorso del risanamento economico, inevitabilmente complesso ed accidentato, è stato avviato. E, tuttavia, vi è una questione fondamentale su cui non possiamo tacere il nostro serio disappunto e dissenso.
Nelle sue dichiarazioni programmatiche il Presidente Monti affermò chiaramente, lo cito, che «il Parlamento è il cuore pulsante di ogni politica di Governo, lo snodo decisivo per il rilancio e il riscatto della vita democratica. Al Parlamento vanno riconosciute e rafforzate attraverso l'azione quotidiana di ciascuno di noi dignità, credibilità, autorevolezza. Da parte mia» - concludeva il Presidente Monti - «vi sarà sempre una chiara difesa del ruolo di entrambe le Camere».
Ora, la raffica di voti di fiducia, a cui siamo sottoposti, va esattamente nella direzione opposta. Su questo decreto-legge oggi all'esame della Camera, cosiddetto liberalizzazioni, siamo chiamati a un ruolo puramente notarile nell'apporre un timbro senza alcuna possibilità di intervenire nel merito. Questo è inaccettabile! Si tratta di un vero e proprio vulnus al procedimento democratico di formazione delle leggi; procedimento oggi certo farraginoso e da riformare il più rapidamente possibile.
Tuttavia, ciò non può essere una giustificazione per svilire e mortificare la funzione dei singoli parlamentari che si esprime, significativamente, tramite la funzione emendativa. Oggi siamo qui ridotti a discutere di ordini del giorno sul cui effettivo valore i dubbi sono ampi e legittimi. Non disponendo di altri strumenti, sottopongo comunque alla sua attenzione, signor sottosegretario, con l'ordine del giorno numero n. 9/5025/31, una questione che ha suscitato forti critiche e stupore nella regione che qui rappresento, la Valle d'Aosta.
Con l'articolo 2 del decreto-legge si istituiscono i tribunali delle imprese (o, meglio, si ridefiniscono ed ampliano le funzioni delle sezioni specializzate in materia di impresa) con l'obiettivo di ridurre i tempi della giustizia civile, almeno per quanto concerne le controversie di diritto commerciale e societario.
Tali sezioni sono opportunamente istituite in ogni capoluogo di regione, ma con l'esclusione - richiamo l'attenzione del Pag. 31sottosegretario - della Valle d'Aosta. Chiedo, perciò, al Governo se, a nostra insaputa, siano stati modificati gli articoli 116 e 131 della Costituzione che elencano le regioni italiane. La Valle d'Aosta, anche se è la più piccola del Paese, è una regione - signor sottosegretario - a tutti gli effetti e con pari dignità istituzionale.
È quindi del tutto incomprensibile ed inaccettabile l'esclusione che ne viene fatta per quanto concerne il tribunale delle imprese, con evidente disparità di trattamento rispetto a tutte le altre regioni ed aggravio di spese per cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni costrette a spostarsi fuori dal territorio regionale per esercitare i propri diritti. Sollecitiamo, perciò, il Governo a porre rimedio a questa norma assurdamente discriminatoria, intervenendo nel primo provvedimento utile.

PRESIDENTE. L'onorevole Fava ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/132.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, sono costretto a tornare sullo stesso argomento, signor sottosegretario - temo di annoiarla - perché abbiamo cercato in tutti i modi di aprire il dibattito sul tema della separazione proprietaria di SNAM rete gas e non ci siamo riusciti per la vostra pervicace volontà di arrivare alla fine dell'approvazione di questo provvedimento senza apportarvi alcuna modifica.
Ciò ci ha impedito di apportare anche dei miglioramenti a quello che sarebbe potuto essere il testo. Ma noi, come lei ricorderà e come ricorderà il Presidente, non ci eravamo molto preoccupati di migliorare il testo, perché avevamo presentato un emendamento soppressivo di fatto. Quindi, in virtù di quel soppressivo, oggi siamo chiamati a cercare di porre rimedio, cercando di mettere una pezza, rispetto ad una scelta che abbiamo ritenuto ingiusta e assolutamente poco equilibrata.
Per questo motivo, abbiamo presentato un ordine del giorno che tratta in modo abbastanza chiaro l'argomento chiave e cardine del provvedimento e dell'articolo del provvedimento che riguarda appunto la separazione di SNAM rete gas, e cioè il tema dell'equilibrio sul mercato e della reciprocità rispetto ai partner europei.
Con questo ordine del giorno chiediamo al Governo un impegno affinché si rispettino gli interessi legittimi del mercato. Chiediamo cioè che, se di separazione vera e propria si parla, almeno si arrivi alla definizione di quelli che saranno i criteri per l'acquisizione e che ciò avvenga in un modo legittimo, lecito e trasparente, con delle procedure di gare lecite e trasparenti alle quali fare ammettere una serie di soggetti che rispondano alle giuste e necessarie esigenze di tutela di quello che riteniamo essere uno degli asset strategici del nostro Paese, cioè la rete di distribuzione del gas all'interno del territorio nazionale.
Quindi, ci siamo preoccupati del fatto che questa operazione non debba servire semplicemente a fornire facili guadagni, assolutamente immotivati peraltro, ad advisor piuttosto che ad altri soggetti del mondo del credito che possono affacciarsi a questo tipo di business; chi con il meccanismo delle consulenze possa in un certo qual modo fare la cresta su un'operazione che è tutta interna allo Stato, o, almeno, se l'operazione di cui parliamo resti chiaramente nell'ambito sostanzialmente anticipato a mezzo stampa, ossia che il passaggio della proprietà debba avvenire oggi da ENI a Cassa depositi e prestiti, così come più volte è stato sbandierato sulla stampa in quest'ultimo periodo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,40)

GIOVANNI FAVA. Ma chiediamo una cosa in più, che è un elemento di novità rispetto al dibattito che si è svolto in questi giorni. Vi chiediamo cioè di prendere seriamente in considerazione il fatto di subordinare questa procedura ad un'altra attività, ossia a quell'attività che deve essere svolta a livello comunitario per far sì che le normative e le conseguenti azioni Pag. 32che vengono poste in essere dagli altri Paesi e dagli altri Stati membri, su analoga questione, siano armonizzate con la nostra. Non si capisce altrimenti per quale motivo dovremmo essere l'unico Paese che, ottemperando ad un presunto obbligo dell'Unione europea, si fa carico della separazione societaria e proprietaria della rete del gas incappando in diversi rischi quali - li abbiamo ricordati anche nei giorni scorsi nell'ambito del dibattito - quelli che attengono alla proprietà della rete stessa, mettendo quindi a rischio la sovranità, che abbiamo in materia energetica all'interno del nostro Paese, nonché la strategicità della nostra rete. Tutto questo per poi trovarci, come sempre, nel tentativo di essere i migliori e i primi della classe ed essere stati, alla fine di questo percorso, l'unico Paese ad ottemperare in modo preciso e ossequioso alle indicazioni che ci vengono dall'Unione stessa.
Pertanto ci siamo posti nella condizione di chiedere al Governo un impegno affinché lo stesso si prodighi in sede comunitaria per fare in modo che analoghe iniziative vengano prese anche dagli altri Paesi per evitare che alla fine noi siamo gli unici ad avere ottemperato alla normativa. Non mi risulta che allo stato attuale molti Paesi abbiano scelto la stessa strada nostra e la Francia, da questo punto di vista, ne è un esempio emblematico. Quindi riteniamo che tale scelta, che per noi oggi è assolutamente dolorosa, venga compiuta solo se essa sia posta in essere allo stesso modo in tutti gli altri Paesi, in modo che non si ingenerino delle differenziazioni di mercato a svantaggio del mercato nazionale italiano e della sovranità sul nostro territorio in materia di politiche energetiche e di dispacciamento di fonti energetiche (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Frassinetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/195.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, nell'illustrare quest'ordine del giorno per prima cosa constato con rammarico che si interviene con decreto-legge a modificare norme relative alla professione forense, che avrebbe dovuto essere invece esaminata con una riforma organica e strutturale dell'ordinamento che giace da mesi in Commissione giustizia alla Camera e che è già stata approvata, come tutti sanno, al Senato in modo largamente condiviso. Pertanto, ritengo che con questo ordine del giorno si possa fare chiarezza in ordine alle istanze che i professionisti in questi giorni hanno presentato al Governo e alle forze politiche.
Con riguardo all'articolo 9 del decreto-legge in esame, che è volto ad abrogare le tariffe delle professioni regolamentate dal sistema ordinistico e a disciplinare il tirocinio in materia professionale, abbiamo molti punti di criticità nel procedimento con cui vengono stabiliti con decreto ministeriale i parametri per la liquidazione dei compensi da parte di un organo giurisdizionale, nonché dei parametri per determinare gli oneri e le contribuzioni alle casse professionali.
Non è previsto - questo è ancora più grave - alcun coinvolgimento dei consigli nazionali delle professioni interessate, i quali avrebbero potuto fornire, per la competenza e l'esperienza maturata nella materia, un contributo rilevante.
Un altro punto in premessa a questo ordine del giorno è il fatto che al comma 4 si prevede che la misura del compenso deve essere previamente resa nota al cliente, con un preventivo di massima ed adeguato all'importanza dell'opera. È palese che, in taluni casi, è impossibile conoscere in anticipo le singola attività che il professionista si troverà a svolgere. Quindi, non è assolutamente vero che queste misure sono a favore del consumatore e del cittadino e, anzi, complicano le attività del consumatore e del cittadino.
Tuttavia, in maniera specifica, voglio riportarmi a quello che poi è l'impegno che si chiede al Governo con questo ordine del giorno. L'articolo 9-bis interviene in materia di costituzione di società per l'esercizio di attività professionali regolamentate, secondo i modelli societari regolati Pag. 33dai titoli V e VI del libro V del codice civile. Il rilievo costituzionale della professione forense, unica professione espressamente menzionata nella Costituzione, impone per essa l'adozione di una disciplina specifica, pur nel quadro di quella generale prevista per la società tra professionisti, da esaminare in sede parlamentare.
Appare necessario, quindi, garantire il rispetto del principio di personalità della prestazione, messo a rischio dalla forma societaria della professione forense, il diritto del cliente - passaggio molto importante - di scegliere il proprio difensore e, allo stesso tempo, di mantenere ferma la responsabilità personale dell'avvocato. A ciò si aggiunga il particolare rilievo del segreto professionale dell'avvocato, che depone nel senso dell'opportunità di escludere soci non avvocati dalle società di legali in quanto questi, non essendo avvocati, non sarebbero soggetti al dovere di mantenere il segreto. Soprattutto negli studi penali vi lascio immaginare quale potrebbe essere la causa di tanti problemi e di tante problematicità. Dunque, sarebbe di assoluto buon senso evitare che l'attività professionale venga diretta da soggetti esterni, interessati solo alla remunerazione del capitale investito, onde ridurre il rischio di conflitto di interessi con il cliente e di infiltrazioni criminali.
È essenziale garantire all'avvocato, alla stessa stregua del magistrato, piena libertà e indipendenza, al fine di consentire, tra l'altro, la libera interpretazione del diritto oggettivo, il più prezioso fattore di trasformazione, in senso evolutivo, delle forme giuridiche di tutela dei diritti e degli interessi degli assistiti.
L'impegno al Governo, pertanto, in base alle premesse che ho or ora esposto, è, in considerazione di questo rilievo costituzionale, che sembra che il Governo abbia ignorato, del diritto di difesa e della necessità di garantire l'indipendenza e l'autonomia intellettuale dell'avvocato, di consentire l'esercizio della professione forense solo a società costituite da soci avvocati, in modo da favorire l'elaborazione di una specifica disciplina per le società tra avvocati.Non venite a dire che questi sono discorsi e rivendicazioni corporativi perché, al contrario, per salvaguardare la professione intellettuale dell'avvocato si salvaguardia anche il diritto del cittadino perché, sempre e comunque - ed è bene ricordarlo anche in quest'Aula -, il diritto deve venire prima del mercato (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole Barbato ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/140.
Non essendo presente in Aula, s'intende che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Catone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/34.
Non essendo presente in Aula, s'intende che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Mantini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/179.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, il mio ordine del giorno n. 9/5025/179 insiste su un tema che alcuni colleghi hanno già sollevato, cioè le misure di questo provvedimento relative alle professioni.
Dirò subito che abbiamo condiviso e condividiamo, sostanzialmente, tutte queste misure assunte, che sono frutto di una stagione di riforme, in questo settore, su un terreno accidentato ma di grandissimo rilievo, perché il mondo delle professioni è assolutamente centrale nella nostra economia delle conoscenze. Esso è centrale per numeri, con il 12 per cento sul PIL e con circa 4 milioni di lavoratori della conoscenza - come vogliamo definirli -, e rappresenta anche un orizzonte di grande interesse per i giovani.
Dunque, sono state del tutto eliminate e abolite le tariffe. È una scelta che si fonda su riforme fatte già da precedenti Governi e che non mettiamo assolutamente in discussione.
Sappiamo che le tecniche sono diverse: la Germania, a cui spesso ci ispiriamo, conserva le tariffe professionali, tuttavia Pag. 34non abbiamo alcun rilievo da fare sul tema dell'abolizione delle tariffe, salvo uno, che sollecitiamo all'attenzione del Governo, da un punto di vista di mera razionalità. Vengono sostituite le tariffe professionali con dei parametri che il Ministro della giustizia dovrà emanare al fine di orientare gli organi giurisdizionali nella liquidazione dei compensi professionali: i giudici dovranno, per i periti, per le parti soccombenti e così via riferirsi a qualcosa per poter liquidare i compensi professionali.
La stessa cosa avviene per i comuni e gli enti pubblici, che devono determinare la soglia di valore dei servizi professionali da affidare con procedure di evidenza pubblica: per favorire la concorrenza e la gara sui servizi pubblici è necessario, applicando le direttive europee, che i comuni e gli enti pubblici in generale possano comprendere la soglia di valore dei servizi professionali al di sotto dei 40 mila euro, al di sopra dei 40 mila euro o sopra i 200 mila per affidarli con i sistemi conosciuti.
Come faranno i comuni e gli enti pubblici in assenza di qualsiasi riferimento? Noi sollecitiamo l'attenzione del Governo ad adottare misure ragionevoli - anche non normative, se è il caso - per sciogliere questa questione e consentire che si facciano le gare sui servizi professionali, dando però dei parametri di riferimento per calcolarne il valore. È particolarmente importante il settore della progettazione delle opere pubbliche, della direzione dei lavori e, in generale, dei servizi professionali affidati con gara.
Il secondo punto che sollecita l'ordine del giorno riguarda una questione di principio: è stato abolito anche il principio dell'equo compenso per i giovani praticanti, ossia per i giovani professionisti tirocinanti. Per quanto debba dire che ci sforziamo anche nella riforma del lavoro, con la modifica dell'articolo 18 e con il contratto di apprendistato, per ridurre la precarietà, nei mondi professionali che riguardano ampiamente i giovani si fa fatica ad immaginare che non ci sia neanche il principio dell'equo compenso, sostituito da un mero rimborso delle spese, il che è un po' umiliante.
Dunque, sollecitiamo l'attenzione del Governo affinché su questo tema si possano assumere idonee misure, magari anche con un inquadramento del lavoro che riguarda molti giovani neolaureati che certo non possono soggiacere ad un regime giuridico che non li vede neppure in diritto di avere un equo compenso. Su questo tema, sono certo che il Governo vorrà tornare, accettando il nostro ordine del giorno.

PRESIDENTE. L'onorevole Mosella ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/72.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, il rilancio del sistema Paese è un obiettivo importante e dobbiamo perseguirlo, ma non possiamo pensare di guardare ad un futuro possibile per progettare il cambiamento, se non partendo da coloro che oggi pagano il prezzo più alto della crisi, a cominciare dai giovani, che costituiscono il cuore del nostro ordine del giorno.
Questo provvedimento, indubbiamente, contiene norme che sono frutto di buone intenzioni e di esigenze operative per troppo tempo trascurate. Il nostro ordine del giorno ammonisce e sprona il Governo a monitorare l'attuazione di ogni singola norma affinché possa produrre i risultati positivi per i quali è stata pensata. Troppe volte in passato le intuizioni legislative virtuose non hanno prodotto gli esiti sperati per responsabilità di gruppi naturalmente ostili all'interesse generale e al bene comune.
I fondi pubblici destinati a creare ricchezza e opportunità di crescita devono sempre essere monitorati e controllati con assoluto rigore. Nel nostro ordine del giorno abbiamo menzionato i contratti di formazione e lavoro, esempio chiaro di sottrazione di opportunità a tanti giovani che si sono ritrovati troppo spesso a lavorare a tempo pieno e persino con mansioni inferiori rispetto a quelle del Pag. 35loro inquadramento e poi hanno invocato invano una sentenza dei giudici del lavoro.
Con le agevolazioni nella costituzione delle società a responsabilità limitata si segue la via dell'incentivazione dei giovani a fare impresa; bene, pur nel rispetto della formulazione della norma, che certo avrebbe potuto contenere dei caveat contro possibili abusi, il Governo deve monitorarne, a nostro giudizio, l'applicazione per evitare che sia utilizzata per abbassare strumentalmente e indebitamente i costi di costituzione delle società a responsabilità limitata. Occorre evitare incursioni nel terreno protetto della concorrenza e prima ancora assicurare una reale azione a vantaggio dei giovani.
Ci tenevamo a dare questa delucidazione e spiegazione perché riteniamo che il Governo possa benevolmente considerare questa nostra intenzione.

PRESIDENTE. L'onorevole Polledri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/105.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, l'ordine del giorno attiene al percorso intrapreso dal Governo in questo provvedimento sulle società partecipate dagli enti locali. L'onorevole sottosegretario sicuramente sa, per la grande conoscenza di tutti i percorsi parlamentari, che abbiamo avuto intenzione in varie legislature, sicuramente dal 2007 ma anche prima, di poter scegliere quali tra le società partecipate fossero ancora necessarie e quali altre fossero cedibili. Le polarità ovviamente sono sempre state due perché non è giusto fare di tutta l'erba un fascio, con pluralità anche di orientamento diverse. Ovviamente, da una parte ci sono le partecipate poco utili, dei pesi, dei costi, semplificati sempre in questa retorica antistatale, anticasta, nelle famose parole: i posti dove vanno i politici «trombati», per carità chiedo scusa per la frase ma è vera. Dall'altra invece ci sono partecipate e municipalizzate frutto di una solidarietà generazionale, di un lavoro e di opere di uomini incredibili, come per esempio l'ingegner Zuccoli che, signor Presidente, credo debba essere ricordato come un esempio di servitore civile; ad ogni modo, non vorrei addentrarmi nella questione perché la sua commemorazione non è all'ordine del giorno. Comunque, si tratta di una persona che è rimasta a servire un ente locale fino a tre giorni prima della morte, quindi ha avuto un carico umano e di passione importante.
Pertanto da una parte dobbiamo distinguere gli inutili orpelli e creatori di disequilibrio finanziario da quelle che invece servono. Purtroppo, dall'altra parte c'è un mondo privato, un mondo industriale/confindustriale che ovviamente è sempre molto pronto alle privatizzazioni, ma degli utili, perché alle privatizzazioni delle fatiche e del sudore sono sempre contrari o quanto meno restii, e quindi pronti a mettere le mani sulla marmellata delle partecipate e delle municipalizzate. In questo provvedimento viene ancora chiesto e inserito l'ennesimo lacciolo per invogliare/obbligare/costringere gli enti locali a disfarsene.
A nostro giudizio - per esperienza, veniamo da una zona del Paese dove le municipalizzate non sono un peso, ma una risorsa; dove producono utili, ma, soprattutto, producono un servizio buono e utile alla comunità locale - questa misura non ce la spieghiamo volentieri per quanto riguarda le nostre partecipazioni.
Crediamo che l'ente locale abbia ancora un ruolo nella gestione dei servizi. Strategicamente, noi pensiamo - ma anche nella recente audizione, per esempio, del professor Gotti Tedeschi, qui alla Camera, lo si ribadiva - che, nei momenti di difficoltà, liberalizzare non funziona. Non si liberalizza quando l'economia va male, né si privatizza, perché non vi è nessuno che compra, questo è evidente.
In questo modo, con il provvedimento in esame, noi obblighiamo gli enti locali a privatizzare, dicendogli anche che tassiamo loro gli utili. Ora, io penso - lo dico con poca enfasi, ma con tanta convinzione, che non esprimo né nel tono né nelle parole - che obbligare ad alienare qualcosa, e quindi, in qualche modo, obbligare a vendere al prezzo non di mercato, Pag. 36perché il mercato non c'è, ma a chi lo prende, soprattutto tassando anche quello che il comune ricava dalla vendita, sia un atto a dir poco scortese o molto invasivo.
Per questo, sollecito, in qualche modo, l'accettazione del mio ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole La Loggia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/33.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, è un fatto universalmente riconosciuto che, soprattutto nel settore degli investimenti, la modifica continua di normative in determinati settori provoca un forte disincentivo, soprattutto quando questi investimenti possono essere effettuati da imprese che vengono da fuori dei confini del nostro Paese, che comprendono con difficoltà come sia possibile che ogni tre, quattro o cinque mesi, comunque nel corso dell'ultimo anno o poco più, la normativa sia stata così pesantemente modificata.
Mi riferisco, in particolare, all'articolo 65 del decreto-legge in esame, sul quale il Governo ha ottenuto la fiducia, perché, ancora una volta, con questo articolo si innova ulteriormente la materia delle fonti rinnovabili di energia. Peraltro - mi lasci dire, signor sottosegretario - anche la formulazione della norma è particolarmente carente.
Basterebbe, uno per tutti, leggere il quarto comma dell'articolo 65, laddove recita testualmente: «I commi 4 e 5 dell'articolo 10 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono abrogati, fatto salvo quanto disposto dal secondo periodo del comma 2». Francamente, un lettore normale, un cittadino normale, che non fosse uno specifico addetto ai lavori, alla lettura di questa norma resta sconcertato.
Immaginiamo chi è disposto o ha già fatto investimenti nell'ordine di decine e decine di milioni di euro. Allora, con l'ordine del giorno che mi permetto di porre all'attenzione del Governo si chiede, prendendo spunto dall'articolo 65, di assumere iniziative per modificarlo. Ma qual è lo scopo?
Non di fare una mera, ulteriore, modifica, ma di creare una disciplina chiara e uniforme sui limiti di accesso agli incentivi statali per gli impianti solari fotovoltaici, tenendo conto delle iniziative economiche in corso - vi sono investimenti nell'ordine di somme veramente cospicue - e di tempistiche ragionevoli e realistiche che consentano l'ultimazione dei lavori e l'entrata in esercizio per tutti i progetti oggi ancora in costruzione. Inoltre, si impegna il Governo a tutelare e a dare certezza al settore delle energie rinnovabili.
Prendiamo impegni con l'Europa. In effetti, avremmo la necessità di intensificare queste forme di investimento. Certamente, abbiamo anche la necessità di non proseguire nella politica degli incentivi indefinitamente, ma credo che la chiarezza sia assolutamente indispensabile.
Si chiede altresì al Governo di non intervenire con improvvise, non organicamente e tecnicamente strutturate e non preannunciate modifiche normative. Insomma, non ci si può trovare nella circostanza di avere fatto un investimento, di avere inoltrato le richieste autorizzative, di non averle magari ancora ottenute soltanto perché la regione, o un'altra amministrazione, non ha ancora riunito la Conferenza dei servizi, di vedere, senza alcuna colpa, trascorrere il tempo che serve per ottenere l'autorizzazione necessaria, mentre, nel frattempo, interviene una norma che dice «se non hai avuto l'autorizzazione entro il giorno x, tutto è perso».

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole La Loggia.

ENRICO LA LOGGIA. Francamente, questo è realmente singolare.
Richiamo l'attenzione del Governo sull'ordine del giorno in esame affinché operi una valutazione. In fondo, si tratta soltanto di assumere l'impegno di fare una cosa non solo più che ragionevole, ma anche più che dovuta, nell'ambito della necessità di dare chiarezza e certezza Pag. 37normativa a chi vuole investire in questo settore.

PRESIDENTE. L'onorevole Palomba ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/141.

FEDERICO PALOMBA. Signora Presidente, signor sottosegretario, il mio ordine del giorno nasce perché nel decreto-legge in esame sono contenute delle norme che il Presidente della Repubblica ha considerato, nel recente messaggio alle Camere, stravaganti rispetto al contenuto del decreto stesso.
Mi riferisco, in modo particolare, a quelle norme regolamentari e ordinamentali che incidono sull'ordinamento giudiziario e che presentano forti elementi di criticità in quanto non hanno il requisito della straordinaria necessità ed urgenza, previsto dall'articolo 77 della Costituzione. Sono norme che, in quanto dirette ad operare immediatamente, anche in presenza di altre normative non ancora attuate, possono determinare problemi seri.
Quindi, il primo insegnamento che trarrei è che non possiamo tirare la Costituzione oltre ogni limite, bisogna che questo Governo, che certamente ha fretta, osservi comunque i dettami della Costituzione sotto il profilo sia dell'articolo 70, sia dell'articolo 77. Francamente, devo dire che non mi pareva che la Costituzione fosse stata modificata. L'articolo 70 dice che la funzione legislativa è esercitata congiuntamente dalle due Camere, mentre la Camera dei deputati sembra essere sempre più chiamata a mettere un timbro su cose già decise da altri. L'articolo 77, richiamato anche recentemente dal Presidente della Repubblica, mira ad evitare che in un decreto-legge vengano inserite norme non coerenti con il complesso del decreto-legge stesso.
Ciò detto nel senso del richiamo all'esigenza del rispetto della Costituzione - che è stato anche prospettato dal Presidente della Repubblica in occasione recente e vale anche naturalmente per questo Governo - l'ordine del giorno nasce dalla constatazione che l'articolo 2 del decreto-legge, quello che prevede l'istituzione di una nuova giurisdizione specializzata, la giurisdizione delle imprese, va ad impattare sotto molteplici profili, che sono di carattere costituzionale, ma che sono anche di carattere organizzativo.
Difatti il parere della Commissione giustizia, se il sottosegretario può cortesemente ascoltare ... e non faccia così collega. Non faccia così.

COSIMO VENTUCCI. Non ce l'ho con lei!

FEDERICO PALOMBA. Grazie! Sì, però, non mi risponda in questo modo!

PRESIDENTE. Onorevole Palomba...

FEDERICO PALOMBA. Io le chiedo di essere cortese...

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la prego. Lei continui il suo intervento.

FEDERICO PALOMBA. Se la prende con me, Presidente? Se la prende con me, perché...

PRESIDENTE. No, non me la prendo con lei. Me la prendo con lei se, dopo che ha giustamente richiamato l'attenzione del sottosegretario, si mette durante il solo intervento a interloquire con il collega Ventucci. La prego solo di continuare l'intervento, grazie.

FEDERICO PALOMBA. Va bene, signor Presidente, avrebbe dovuto caso mai rimarcarlo lei stessa.
Comunque dicevo che il mio ordine del giorno nasce da un fatto già riscontrato dalla Commissione giustizia, la quale ha espresso un parere fortemente critico nei confronti di questo provvedimento e segnatamente nei confronti dell'articolo 2. Nasce dall'esigenza di contemperare l'applicazione di questo articolo 2, che riguarda l'istituzione dei tribunali delle imprese in certi luoghi piuttosto che in altri, Pag. 38con l'attuazione della delega per il riordino delle circoscrizioni giudiziarie, che è ancora in corso.
Francamente, oltre alle criticità di carattere costituzionale, vi sono delle criticità di carattere organizzativo, per cui prima si sarebbe dovuto procedere alla riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie e poi, eventualmente, pensare a come combinare questa materia.
Premesso che per noi l'articolo 2 ed altri articoli dovrebbero essere soppressi, perché non fanno parte di un disegno coerente, con questo ordine del giorno suggeriamo che, almeno nei circondari che saranno luogo di collocazione dei tribunali delle imprese, si valuti la possibilità che alcune sezioni staccate vengano lasciate in essere. Queste infatti servirebbero a deflazionare il maggiore carico di lavoro che da tutto il distretto di Corte d'appello graverà sul tribunale capoluogo, in conseguenza dell'istituzione e della competenza del nuovo tribunale specializzato.
Questo è il nostro suggerimento. Non chiediamo che il Governo si assuma l'impegno. Chiediamo che il Governo valuti l'opportunità di rivedere globalmente e complessivamente l'organizzazione giudiziaria al fine di evitare che vi siano dei gravi problemi di funzionalità.

PRESIDENTE. L'onorevole Razzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/38.

ANTONIO RAZZI. Signor Presidente, premesso che: il decreto liberalizzazioni ha disposto la possibilità di costituire alcune migliaia di farmacie, una ogni 3.300 abitanti; le modalità di assegnazione risultano assai inique; si dà la possibilità ai giovani sino a 40 anni solo di associarsi tra loro e debbono concorrere per titoli che ancora in pratica non hanno cumulato data la giovane età; i farmacisti di età tra i 40 e i 67 anni non potranno associarsi tra loro, ma potranno partecipare al concorso per soli titoli senza dare prova di essere in grado di meritarla attraverso esami; il concorso non prevede prove di esame a scapito della preparazione e della meritocrazia.
Ai giovani di fascia di età compresa tra i 40 e i 50 anni è fatto divieto di associarsi potendo concorrere per soli titoli, e questi saranno così svantaggiati nel confronto con i colleghi più anziani, che hanno avuto tempo per accumularli e non potranno sperare in prove di esame che non sono previste; il decreto-legge così formulato favorisce in pratica i vecchi farmacisti che hanno smesso di studiare, sia del pubblico che del privato, che nell'arco degli anni hanno acquisito una quantità innumerevoli di titoli, corsi, master, e specializzazioni a volte anche molto costosi; ai vecchi farmacisti in età ormai pensionabile viene regalata praticamente la possibilità di aggiudicarsi facilmente una farmacia le cui quote possono essere vendute ad altri soggetti dopo averla vinta; i giovani sino a quaranta anni, non avendo titoli competitivi e senza possibilità di misurarsi con prove d'esame, dovranno sperare solo in società numerose; la fascia di età dei farmacisti compresa tra i 40 e i 50 anni non potrà associarsi, ma partecipare al concorso per soli titoli, titoli che non hanno ancora, data l'età.
Ciò premesso, con questo ordine del giorno si intende impegnare il Governo a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che i concorsi banditi siano oltre che per titoli anche per esami per tutti (l'unica possibilità che garantisce preparazione, meritocrazia, e partecipazione senza discriminazione). Si intende impegnare il Governo altresì a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad allargare la possibilità di associazione tra farmacisti sino all'età di cinquanta anni.

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/191.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, con questo mio ordine del giorno porto all'attenzione del Governo un'esigenza avvertita dalla normativa prevista dal Codice della strada, con particolare riferimento ad una estensione e valutazione dell'articolo 31, comma 2, del presente decreto-legge. Pag. 39Noi avevamo presentato a tal proposito un emendamento ma, visto e considerato che il percorso era obbligato e che attraverso il voto di fiducia noi siamo in pieno regime di monocameralismo perfetto (con ciò superando il bicameralismo), con questo ordine del giorno noi vogliamo richiamare l'attenzione del Governo su una situazione che certamente deve essere monitorata e attenzionata. L'articolo 31, comma 2, cui prima mi riferivo, pone a carico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il compito di formare un elenco dei veicoli a motore che non risultano coperti dall'assicurazione per responsabilità civile verso terzi, attribuendo poi agli iscritti in elenco 15 giorni di tempo per regolarizzare la loro posizione. Il dato vero qual è? Che l'accertamento dei veicoli posti in circolazione sulla strada senza copertura assicurativa a norma delle vigenti disposizioni di legge sulla responsabilità civile verso terzi, disciplinato dall'articolo 193 del Codice della strada, spetta anche alla polizia municipale.
Noi chiediamo, attraverso questo ordine del giorno, che venga coinvolta nell'accertamento, anche per quanto riguarda la predisposizione di questo elenco, anche la polizia municipale, ovviamente quella che si trova nel luogo di residenza del proprietario del veicolo. Tutto ciò mira a dare certamente un ruolo, una funzione sempre maggiore alla polizia municipale, giusta anche la discussione in Aula di un apposito provvedimento che si sta registrando nell'altro ramo del Parlamento. Per un controllo serio del territorio, per un contrasto a questo tipo di violazione del Codice della strada e della normativa, non c'è dubbio che il ruolo della pulizia municipale deve essere evidenziato e sottolineato, ovviamente insieme alle altre forze di polizia, e non può avere un ruolo secondario. Ma questo è per fare giustizia rispetto all'articolo 193 del Codice della strada.
Non si capisce come nell'articolo 31 non si preveda anche la polizia municipale; ciò è certamente in contrasto anche con una normativa del Codice della strada. Il presente decreto-legge va in questo modo ed ha al suo interno tale «dimenticanza»; mi auguro che, anche attraverso l'ordine del giorno che dovrebbe essere accolto da parte del Governo, si ponga una sintonizzazione, un'armonizzazione e non un contrasto o una «dimenticanza» con l'articolo 193 del Codice della strada, in modo tale che anche la polizia municipale sia coinvolta nella predisposizione degli elenchi dei veicoli a motore che non sono coperti dall'assicurazione per responsabilità civile verso terzi.
La cosa è, ovviamente, molto semplice e molto tranquilla, per evitare che il decreto-legge superi e modifichi di fatto la volontà, la sostanza, che era contenuta nell'articolo 193 del Codice della strada. Questa è un'armonizzazione di carattere legislativo, è un atto di giustizia, ma soprattutto un atto di coinvolgimento anche della polizia municipale. Più volte abbiamo detto - e lo ripetiamo - che per un controllo serio del territorio, per le violazioni del Codice della strada, ma anche e soprattutto per quelle che possono essere le devianze e le presenze in particolare di fenomeni di criminalità, organizzata o meno, piccola o micro, la polizia municipale deve avere un ruolo con un coordinamento sempre più stringente con le altre forze di polizia.

PRESIDENTE. L'onorevole Buonanno ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/84.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, in quest'Aula così calma... signor Presidente? Signor Presidente? Scusi, pensavo non mi stesse ascoltando...

PRESIDENTE. Prego, onorevole Buonanno, prego.

GIANLUCA BUONANNO. Il sottosegretario è impegnato in altre cose. Con questo ordine del giorno in pratica noi chiediamo che l'informazione, per quanto riguarda i cittadini e le aziende, venga data nei siti istituzionali in maniera più trasparente possibile. Perché? Perché molto spesso capita che i cittadini e le aziende non Pag. 40riescono ad ottenere quelli che sono i loro diritti proprio perché magari si trovano di fronte, nel pubblico impiego, a persone che dicono una puntata alla volta quelle che sono le documentazioni da portare e quelle che sono poi le situazioni che vanno ad emergere successivamente con, ad esempio, gare d'appalto, concessioni edilizie o altre condizioni particolari. Alla fine, quindi, il cittadino rimane «cornuto e mazziato» o le aziende si trovano in difficoltà perché, convinte di aver fatto bene quella che era la loro prerogativa, si ritrovano, invece, bocciate in quello che hanno presentato, proprio perché magari l'impiegato, o qualcuno che ne fa le veci, ha dato un'informazione non completa, o addirittura errata. Noi chiediamo, quindi, che venga messo nei siti istituzionali tutto ciò che riguarda le esigenze, le norme e le regole per poter partecipare o per poter ottenere quello che il cittadino giustamente richiede.
Signor Presidente, ormai sono amministratore da tanti anni e molto spesso ci ritroviamo di fronte a persone che non hanno voglia di lavorare o che vedono il cittadino che va a chiedere informazioni come un rompiballe. Noi, invece, pensiamo che, innanzitutto, nel pubblico impiego, chi ci lavora è pagato con le tasse di tutti e, quindi, deve essere rispettoso di chi si presenta e deve dare tutte le informazioni; bisogna, però, anche qui fare una distinzione tra chi lavora bene e dovrebbe avere una medaglia e chi, invece, fa il fannullone. Molto spesso, invece, nel nostro Paese, grazie anche ai sindacati e in primis alla CGIL, ci si ritrova che viene difeso tutto, anche l'indifendibile, pur di non toccare le persone che non hanno voglia di lavorare. Ciò ricade poi nell'incapacità, per il cittadino e per le aziende, di poter ottenere i propri diritti. Vorrei concludere il mio piccolo intervento ricordando anche una cosa che mi pare paradossale: con il precedente Governo, ogni volta che si metteva la fiducia sentivo in quest'Aula urlare che era stata distrutta la democrazia, che non c'era possibilità di parlare e che era un Governo brutto e cattivo. Adesso, invece, sulla base di una proiezione che ho visto, il Governo attuale mette il doppio di fiducie rispetto a quello precedente e qui nessuno dice più niente, va bene tutto.
In più, abbiamo anche visto che adesso si riescono ad approvare le fiducie anche senza copertura finanziaria. Mi domando se questi atti fossero stati compiuti dal precedente Governo cosa sarebbe venuto fuori magari dai banchi della sinistra, che avrebbero gridato allo scandalo di tutto quello che si sta facendo oggi. Quindi la mia ultima considerazione è questa: mi rendo conto in quest'Aula che, a seconda di dove uno poggia il sedere, si possa cambiare opinione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevole Buonanno, anche lei non manca mai di darci qualche perla nei suoi interventi.
L'onorevole Palagiano ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/142.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, illustre sottosegretario, l'ordine del giorno che esporrò sarà abbastanza breve. Mi auguro che sarà accolto, perché riguarda le truffe a carico del Servizio sanitario nazionale. In particolare, le truffe che - per fortuna rarissimamente - alcuni farmacisti compiono per importi superiori ai 50 mila euro.
Lei sa che la legge finanziaria per l'anno 2007 prevede sanzioni per i farmacisti che operano truffe ai danni del Servizio sanitario nazionale che eccedono i 50 mila euro, cioè decade la licenza di farmacia soltanto quando la sentenza è passata in giudicato. L'ordine del giorno ovviamente si basa sulla presunzione di innocenza da parte dei farmacisti e, quindi, noi riteniamo che in ogni caso debba esserci l'ultimo grado di giudizio per stabilire se si è colpevoli o innocenti, però a questa disposizione della legge finanziaria per l'anno 2007, all'articolo 1, comma 811, è prevista la revoca della licenza soltanto dopo che è stato dimostrato con sentenza passata in giudicato che è stata operata una truffa ai danni del Pag. 41Servizio sanitario nazionale per un danno superiore ai 50 mila euro. Si dice fatta la legge, trovato l'inganno. In realtà, cosa accade in pratica? Che questa farmacia non viene più sospesa e non viene più data a concorso in quanto nell'immediatezza del giudizio il titolare di farmacia, quando è consapevole che il grado di giudizio sta per arrivare e la condanna è vicina, cosa fa? Vende la farmacia, trasferisce la farmacia, o a un suo congiunto, o la vende definitivamente. Pertanto la sanzione diventa in realtà inattuabile, proprio per questo escamotage. Con questo ordine del giorno chiediamo che al momento in cui si ha il rinvio a giudizio del farmacista che - ripeto - è sospettato di aver compiuto una truffa per un danno eccedente i 50 mila euro venga congelata la licenza di farmacia fino a quando non avverrà il grado di giudizio definitivo in cui se ovviamente è innocente potrà ridiventare il titolare della farmacia, ma se è colpevole evidentemente possiamo evitare che la venda prima della condanna.

PRESIDENTE. L'onorevole Ruvolo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/35.

PIPPO GIANNI. Signor Presidente, sostituisco l'onorevole Ruvolo, che al momento non è presente in Aula.

PRESIDENTE. Onorevole Gianni, non si può fare così.

PIPPO GIANNI. Perché?

PRESIDENTE. Perché ci si iscrive a parlare.

PIPPO GIANNI. Signor Presidente, sono cofirmatario.

PRESIDENTE. Ho capito, ma doveva quanto meno comunicarlo prima. In secondo luogo, senza previa richiesta, dopo la comunicazione di un certo ordine non si possono fare sostituzioni. Ora le concederò ugualmente la parola, ma se c'è qualche rappresentante dei vari gruppi che dice che non è d'accordo e mi crea un problema... posso dare la parola all'onorevole Gianni in sostituzione dell'onorevole Ruvolo?
L'onorevole Gianni, allora, ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Ruvolo n. 9/5025/35, di cui è cofirmatario.

PIPPO GIANNI. Vi ringrazio, signor Presidente, colleghi. L'ordine del giorno è talmente importante che sarebbe stato veramente un guaio non poterne parlare. L'introduzione dell'IMU, come lei sa, in uno dei settori più importanti dell'economia italiana, l'agricoltura - che, come sempre lei sa, è il primo settore economico del Paese, con il 3,5 per cento del PIL - è un colpo pesante sulla testa degli agricoltori. Con questo ordine del giorno, signor Presidente, si vuole invitare il Governo a rivedere l'introduzione dell'IMU, perché già da una valutazione elaborata dalla Coldiretti sappiamo che ci saranno costi aggiuntivi per almeno un miliardo. La CIA pensa che l'agriturismo avrà una perdita di guadagni enorme.
La Confagricoltura ritiene che, con questa nuova imposta patrimoniale, si arriverà al 4,5 per cento per il settore agricolo, con una perdita incredibile. Ora, se tutto questo è vero, ed è vero, io invito il Governo, con questo ordine del giorno, a cercare in qualche maniera di rivedere l'impostazione, perché le nuove tasse, gli aumenti del gasolio, l'IMU non fanno altro che ripercuotersi inevitabilmente sull'occupazione. Infatti ci saranno fallimenti a iosa in questo settore e tutto questo si ripercuoterà sull'aumento dei prezzi al dettaglio, che inesorabilmente colpiranno ancora di più e ulteriormente le famiglie e i consumatori italiani.
Ciò detto, e per quanto in sintesi vi ho appena rappresentato, invito il Governo ad attivare tavoli di concertazione con le associazioni di categoria al fine di calendarizzare tutti gli interventi necessari per cercare di aiutare gli agricoltori, che sono l'asse portante dell'economia, e anche per dare una risposta ai «forconi», che a memoria, anche se hanno sbagliato l'impostazione, hanno però avuto anche una Pag. 42reazione ad un momento di difficoltà immenso. Ora, o noi aiutiamo queste persone o per il Governo Monti, che fino a qualche minuto fa ha preso la fiducia anche da parte mia, sarà una fiducia andata male, che non ripeterò, perché il Governo non può continuare a mettere solo tasse. Abbiamo bisogno di rivedere l'impostazione per far uscire questo Paese dal coma in cui si trova.

PRESIDENTE. L'onorevole Bragantini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/116.

MATTEO BRAGANTINI. Onorevole Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, questo ordine del giorno è un ordine del giorno molto semplice, che va incontro ai cittadini e che viene da una valutazione che è stata fatta molto a lungo, perché, come sapete tutti, questo decreto-legge si è ispirato per la materia in questione ad una legge che è già passata qui alla Camera e adesso è ferma al Senato, una legge che è stata la sintesi di più proposte di legge - una delle quali anche del sottoscritto - e che ha avuto una gestazione molto lunga, una gestazione di circa un anno, quasi un anno e mezzo, che ha comportato varie audizioni anche informali con l'ANIA, con le associazioni dei consumatori, con una visita alla motorizzazione per capire quali sono i mezzi tecnologici che hanno già i nostri dipartimenti dello Stato.
Con questa legge abbiamo appunto tentato di dare una risposta alle frodi assicurative, che incidono molto in alcune zone del Paese e soprattutto abbiamo visto che la grande particolarità di questo Stato è che non riuscivamo a mettere in rete le varie banche dati che abbiamo: le tre della motorizzazione civile (che sono anche molto buone, perché sono sistemi aperti, dunque possono interagire con molti altri sistemi informatici e molti altri linguaggi), quella dell'Isvap (che ci ha messo tantissimi anni per fare questo sito), quella dell'ANIA, quella delle forze dell'ordine, quella anche del Sistema sanitario nazionale, appunto per fare incrociare i vari dati. Eravamo riusciti anche ad inserire - e sono contento che il Governo l'abbia accolta - la logica secondo cui per quanto riguarda le assicurazioni si possa fare anche un controllo a distanza con i tutor, con i vari varchi elettronici e con i vari sistemi che ormai sono presenti soprattutto in alcune zone del Paese.
Però ho visto, con questo decreto-legge, che purtroppo è sfuggito un piccolo particolare, un particolare molto semplice: era stato messo un tempo congruo perché l'automezzo o il veicolo danneggiato fosse a disposizione per il controllo dei danni effettivi, ma si è dimenticato che vi era stata una grande discussione in Commissione per dire che sì, è giusto che vi sia la possibilità da parte dei periti indicati dall'assicurazione di vedere quali sono i veri danni e dunque quantificare il danno, ma dobbiamo andare anche incontro ai cittadini. Dunque, a nostro avviso, si potrebbe anche solo mettere questa semplice espressione: «concordato con l'assicurato».
In tal modo, se l'assicurato può mettere a disposizione il mezzo, durante la pausa pranzo o in un orario molto presto la mattina prima di andare al lavoro o, appunto, anche il sabato o la domenica, questo potrebbe andare incontro a tutti quei milioni di cittadini onesti che se no dovrebbero prendersi delle ore di permesso dal lavoro, oppure trovare un altro mezzo di locomozione e lasciare il mezzo in questione fermo in officina o in altre zone oppure, ancora, farsi aiutare dai familiari. Quindi, siccome questa è una questione veramente minima e di buonsenso, a cui si può facilmente trovare una soluzione, credo veramente che il Governo possa accettare questo ordine del giorno perché mi sembra, appunto, una cosa di buonsenso. In fondo, chi vuole truffare, di sicuro danneggia semplicemente i cittadini onesti. Chiedo, quindi, veramente al Governo di darci una mano, di accettare l'ordine del giorno e di trovare una soluzione. In fondo nessuno dice che l'assicurato disonesto possa concordare solo degli orari veramente strani, magari le tre di notte o le quattro di mattina, nessuno dice Pag. 43questo; però dire «concordare» è importante perché concordare vuol dire trovare due o tre ipotesi e vedere qual è la soluzione migliore. Anche perché, in fondo, le compagnie assicurative potrebbero mettere a disposizione dei periti che possano fare il loro lavoro in qualsiasi ora e giorno della settimana, magari pagandoli un po' meglio. In fondo, sempre in queste audizioni, abbiamo saputo - purtroppo non certamente dall'ANIA o dai rappresentanti della assicurazioni, che logicamente non lo dicono, ma è venuto fuori anche dalle discussioni con i consumatori e con altri esperti - che succede molto spesso che le compagnie assicurative non perseguono in modo deciso ed efficace le truffe, perché in ogni caso hanno «il paracadute» e cioè, se ci sono troppe truffe, semplicemente alzano i premi assicurativi a tutti gli altri cittadini.
Quindi, ben venga questa iniziativa del Governo che ha copiato una proposta di legge di iniziativa parlamentare; tuttavia, veniamo a correggere quest'ultima parte, che probabilmente vi è sfuggita perché non avete partecipato a tutta la lunga discussione che si è svolta in Commissione con vari esponenti, personalità ed esperti del settore. Dunque, chiedo veramente con forza e veemenza al Governo, di accettare questo ordine del giorno che non costerebbe niente, poiché non è un costo aggiuntivo per le casse dello Stato, ma andrebbe incontro a tutti quei cittadini onesti che già adesso pagano un'assicurazione veramente troppo alta in confronto a quello che sarebbe necessario. Chiedo veramente al signor sottosegretario di darci una mano e vedremo insieme di lavorare per risolvere questo annoso problema delle frodi assicurative.

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/160.

FABIO EVANGELISTI. Signora Presidente, il Governo dà l'impressione di non far rimpiangere il precedente, almeno per quanto riguarda la propaganda. Sono tanti gli elementi che fanno immaginare che ci sia una linea di continuità, una sorta di politica degli annunci per cui prima ancora che le norme, i decreti, i cambiamenti e le riforme vengano realizzati, si annunciano. Uno di questi annunci ha riguardato la cosiddetta esenzione dall'imposta comunale sugli immobili degli enti non commerciali. Un riferimento vago a questa questione si può ritrovare anche per quanto riguarda la vexata quaestio dell'IMU per ciò che concerne la Chiesa.
Nel provvedimento alla nostra attenzione, con l'articolo 91-bis, si è introdotta una questione che risulta del tutto estranea alla materia del decreto-legge sulle liberalizzazioni e questo in spregio alle recenti ammonizioni del Presidente della Repubblica che, ancora il 23 febbraio, come ricordato perfettamente il Presidente Fini, al termine del dibattito relativo ad un decreto-legge, se non ricordo male era quello sulle semplificazioni - ma forse sbaglio - diceva che vi era la necessità di attenersi, nel valutare l'ammissibilità degli emendamenti riferiti ai decreti-legge, a criteri di stretta attinenza, al fine di non esporre le disposizioni al rischio di annullamento da parte della Corte costituzionale per ragioni esclusivamente procedimentali. Si trattava di una lettera che il Presidente della Repubblica aveva inviato ai Presidenti delle Camere e allo stesso Presidente il Consiglio.
Ora noi troviamo dentro questo provvedimento, appunto, una norma per la quale si prevede - per poter godere delle agevolazioni - che l'attività sociale svolta nell'immobile, debba essere esercitata necessariamente con modalità non commerciale. La formula, tra l'altro, non è delle più felici, anche per la sua originalità; forse sarebbe stato più corretto parlare di «attività non commerciale» che è invece espressione ampiamente usata nella disciplina positiva e ormai conosciuta all'esperienza applicativa. Che cosa succede? Succede che, appunto, vi è una difficoltà a definire quando un'attività è commerciale e quando non lo è. In genere i criteri sono due: non è attività commerciale quando non è diretta alla produzione o circolazione di beni e servizi; oppure quando è Pag. 44svolta con criteri di gestione tali da non coprire con i corrispettivi i costi di gestione.
Faccio un esempio: una casa di cura per anziani condotta da un'associazione religiosa è sicuramente «commerciale», secondo questi criteri, perché diretta alla produzione e circolazione di beni e servizi, e quindi offre un servizio in un mercato concorrenziale. Tuttavia, se le rette fatte pagare agli ospiti non sono in grado in concreto di coprire i costi di gestione, l'attività sarà non commerciale. Insomma, vi è davvero un pasticcio, e da questo punto di vista non ha certamente aiutato l'audizione in Commissione industria al Senato, il 27 febbraio scorso, dello stesso Presidente del Consiglio, nonché Ministro dell'economia e delle finanze, quando ha affermato che l'agevolazione IMU dovrebbe essere riconosciuta quando vi sia una valutazione di equivalenza del servizio svolto a quello pubblico; il servizio sia aperto a tutti i cittadini alle medesime condizioni; gli eventuali avanzi di gestione siano investiti nell'attività didattica. Bene, nessuno di questi requisiti...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Evangelisti.

FABIO EVANGELISTI. Ho finito, signora Presidente. Nessuno di questi requisiti risulta essere in alcun modo rilevante per ricostruire la natura non commerciale dell'attività. Per questo, con il nostro ordine del giorno, impegniamo il Governo a definire le modalità non commerciali di cui al citato articolo 91-bis, in maniera compatibile con la normativa europea al riguardo, e ad adottare gli stessi criteri che determinano la perdita della qualifica di ente non commerciale, anche per gli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Pionati: s'intende che abbia rinunziato all'illustrazione del suo ordine del giorno n. 9/5025/39.
L'onorevole Pastore ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/80.

MARIA PIERA PASTORE. Signor Presidente, sappiamo tutti quanta difficoltà incontrano gli enti locali, una difficoltà economica che non consente di risponde alle esigenze dei cittadini, non consente di offrire servizi, non consente di predisporre dei bilanci adeguati alle realtà e alle esigenze del territorio, non consente di mettere in atto quella buona amministrazione che dovrebbe caratterizzare l'operato di tutti gli amministratori.
Questa grave situazione economica in cui versano gli enti locali è dovuta a diversi fattori, come ad esempio ai vincoli stretti imposti dal Patto di stabilità interno. Su questo tema noi della Lega Nord Padania abbiamo chiesto più volte modifiche, abbiamo presentato ordini del giorno e ci siamo attivati in tutte le sedi, affinché gli enti virtuosi potessero essere almeno, in qualche modo, sollevati dal Patto di stabilità interno. Non dimentichiamo che ultimamente abbiamo anche approvato una limitazione all'indebitamento degli enti locali, che impedisce non solo di effettuare investimenti e, quindi, di creare lavoro sul territorio ed offrire risultati favorevoli per i cittadini, ma spesso non consente agli enti locali di far fronte alle quote di ammortamento già previste nei bilanci pluriennali.
Vi sono state altre iniziative di questo Governo che noi abbiamo fortemente criticato perché ci sembrano irragionevoli, e perché ci sembra mettano in difficoltà delle amministrazioni regolarmente elette.
Mi riferisco all'IMU, che prevede, appunto, la reintroduzione di fatto dell'ICI sulla prima casa, ma prevede anche che il 50 per cento di quanto ricavato dall'ICI sulle seconde case, venga trasferito allo Stato.
Arriviamo a quanto previsto anche all'interno di questo decreto-legge sulle liberalizzazioni. È un decreto legge che introduce disposizioni riguardanti la tesoreria unica, anche questo a tutto svantaggio degli enti locali. Infatti, l'articolo 35 di questo decreto modifica l'attuale gestione della tesoreria degli enti locali e prevede quindi il ripristino fino al 2014 della tesoreria unica statale. Dispone, inoltre, Pag. 45l'obbligo per gli enti di versare il 50 per cento, entro il 29 febbraio 2012, e il 50 per cento, entro il 16 aprile del 2012, delle proprie disponibilità liquide ed esigibili, depositate presso le tesorerie, alla tesoreria statale. Obiettivamente - su questo spero che il Governo voglia concordare con noi - il regime di tesoreria unica crea delle forti difficoltà. Innanzitutto, vale la pena di sottolineare che comporterà un afflusso dalle tesorerie dei comuni alla tesoreria statale di quasi 9 milioni di euro.
Inoltre, il tesoriere dell'ente locale verrà privato della possibilità di gestire la liquidità e l'amministrazione locale verrà privata della possibilità di usufruire di quel tasso di interesse più favorevole rispetto a quanto viene erogato dalla Banca d'Italia. Ciò significa, quindi, un minore introito per l'ente e anche il rallentamento delle procedure per il pagamento dei fornitori.
Abbiamo già sottolineato come l'introduzione di questa norma sia, a nostro parere, di dubbia costituzionalità, in quanto contravviene all'articolo 119 della Costituzione in tema di autonomia finanziaria riconosciuta agli enti locali e contrasta con il principio di sussidiarietà menzionato dall'articolo 118 della Costituzione. Contrasta anche con l'articolo 5 che prevede che la Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali e adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIA PIERA PASTORE. Quindi, con il nostro ordine del giorno - concludo, signor Presidente - chiediamo al Governo di impegnarsi per rivedere le disposizioni oggi previste a carico degli enti locali, disponendo, da un lato, un allentamento dei vincoli previsti dal Patto di stabilità, almeno per i comuni virtuosi e, dall'altro, la ripresa della riforma federalista che da voi è stata interrotta e che costituisce, invece, l'unico modo per cambiare questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Favia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/147.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, l'ordine del giorno che mi accingo ad illustrare verte su una materia estremamente delicata che è quella del rispetto dei territori e delle popolazioni, nonché del rispetto dell'ambiente. Come è noto, l'articolo 16 del provvedimento di cui ci stiamo occupando, detta norme sulla promozione di investimenti di ricerca e sviluppo delle risorse energetiche nazionali strategiche di idrocarburi, nel presupposto che tali investimenti garantiscano maggiori entrate fiscali o erariali.
È del tutto chiaro che stiamo trattando quindi una materia che prevede degli insediamenti inquinanti e pericolosi per le popolazioni che siano destinate ad ospitarli. Poiché questa norma rinvia ad un regolamento, quindi ad un atto amministrativo del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, che deve essere emanato entro sei mesi dall'entrata in vigore del provvedimento all'esame, chiediamo che in queste procedure venga previsto il coinvolgimento e l'intervento - magari in maniera determinante - del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 28 agosto 1997.
Soprattutto chiediamo che sia adottata ogni iniziativa, che sia previsto nella normativa e che siano consultate, anche con poteri di interdizione e attraverso idonee procedure informative e appunto di consultazione, le comunità interessate dagli insediamenti produttivi. Per capirsi, questo è necessario tanto per non avere un'altra situazione tipo TAV perché poi - e lo dico anche per esperienza concreta nella mia regione dove il Ministero avrebbe la pretesa di mettere due rigassificatori a venti chilometri di distanza l'uno dall'altro - il più delle volte un po' c'è la scusa erariale, un po' c'è la scusa dell'esigenza di energia, ma tante volte Pag. 46dietro ci sono solo motivazioni di speculazione privata.
Ecco quindi che le esigenze strategiche energetiche nazionali vanno contemperate con le esigenze vere strategiche nazionali e anche le esigenze di crescita e di occupazione del territorio - vedo che sono previsti investimenti sul territorio, in questo caso anche infrastrutturali - che però non siano devastanti per il territorio stesso e per l'ambiente, che - lo ricordiamo - è una primaria fonte di reddito e della nostra economia.

PRESIDENTE. L'onorevole Montagnoli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/96.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, l'ordine del giorno che illustro affronta uno dei temi caldi di questo decreto-legge sulle liberalizzazioni. A dir la verità l'articolo 35, che riguarda la tesoreria unica, non c'entra niente con le liberalizzazioni, infatti noi l'avevamo contestato in sede di questione pregiudiziale. Comunque la norma che ha inserito il Governo ha come conseguenza di tornare indietro di trent'anni, al 1984, quando era stata stabilita la tesoreria unica degli enti locali. Nel 1997 i comuni, le province e le regioni avevano conquistato un po' di autonomia e con l'articolo 35 il Governo toglie l'autonomia, mette una pietra tombale sul federalismo, toglie 8,6 miliardi di euro - questa è la stima - agli enti locali.
Sappiamo che ci sono dei ricorsi in atto da parte di province, comuni e regioni sulla costituzionalità di questo articolo. Sicuramente un dato oggettivo è che parte dei fondi i comuni li hanno già versati il 29 febbraio, gli altri li verseranno entro il 16 aprile. Sicuramente saranno nuovamente danneggiati i comuni, ma soprattutto quelli ben gestiti, quelli virtuosi. Pertanto l'impegno che chiediamo è che il Governo, al di là di sentire, penso giustamente, le autonomie locali, tenga conto anche della valutazione che fa tutto il Parlamento. La norma è stata inserita fino al 2014. Fate almeno un piccolo passo, anche se la soluzione ottimale sarebbe quella di togliere completamente questo articolato ma sappiamo - ce l'avete detto - che questi soldi servono per pagare i BOT. Per cui con i soldi dei comuni ben gestiti pagate i BOT o pagate soprattutto gli enti che hanno danneggiato l'economia e danneggiato questo Paese.
Vi diciamo almeno, e questo è l'impegno che chiediamo, di fermarvi solo all'anno 2012: non considerate i tre anni ma almeno fermatevi solo a quest'anno. Mi auguro che il Governo ci dia i dati, già potremmo averli con i versamenti di febbraio, ma, a fine aprile, sarebbe buona cosa conoscere i versamenti almeno su base regionale. Infatti, sottosegretario, il Veneto ha stimato in circa un miliardo e mezzo di euro i soldi che andranno dagli enti locali veneti a Roma. In Lombardia, che ha il doppio degli abitanti, più o meno saranno tre miliardi di euro; in Piemonte e Emilia Romagna, che hanno gli abitanti del Veneto, un altro miliardo e mezzo di euro.
Se facciamo i conti arriviamo ad otto miliardi di euro del nord, della Padania. Vorrei capire le altre regioni cosa verseranno. Questo è assolutamente un qualcosa di inqualificabile, ma i numeri li avremo presto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Infatti, voi state sbeffeggiando gli enti locali che in questi anni hanno ben gestito i propri bilanci, così come state facendo con il Parlamento. Ma è possibile che ad un sindaco che ha ben gestito le proprie risorse e che ha mantenuto i servizi ai cittadini tutto d'un colpo gli prendete i soldi? È una cosa inaccettabile, ma almeno fermatevi solo a quest'anno.
Mi auguro che i ricorsi agli organi competenti sanciscano la incostituzionalità di questo provvedimento. Dovrete, pertanto, restituire i soldi agli enti locali che, nel frattempo, hanno fatto delle gare d'appalto, che hanno le tesorerie e che prendono più soldi rispetto a quelli che ricevono dal conto che voi date presso la Banca d'Italia, all'1 per cento.
Dunque, dovrete dargli di ritorno i soldi anche con gli interessi e, magari, di tasca vostra, perché se sbagliamo noi paghiamo Pag. 47ma se siete voi a sbagliare dovete pagare anche voi, perché è ora di finirla (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. L'onorevole Messina ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/149.
Non essendo presente in Aula, s'intende che vi che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Polidori ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/37.

CATIA POLIDORI. Signor Presidente, l'ordine del giorno che abbiamo presentato tratta della nascita della società semplificata a responsabilità limitata, cosa che a noi piace veramente molto se non fosse per la questione del limite d'età. È risaputo, a livello internazionale, che in Italia si è sempre troppo giovani per accedere ad alcuni incarichi e che spesso nella nostra società il merito passa in secondo piano rispetto all'età e a quella che dovrebbe essere l'esperienza, ma che non sempre è sinonimo di capacità. Questo è tanto vero al punto che gli aderenti ai nostri gruppi dei giovani imprenditori, in genere, possono essere tali fino all'età di 40 anni e, addirittura, se si parla di giovani professionisti l'età si alza a 45 anni. Questa è un'anomalia perché, in realtà, a 40 anni dovrebbe essere possibile già non essere più giovani imprenditori ma imprenditori in genere.
Sappiamo che la disoccupazione giovanile ha raggiunto quota 31 per cento, a dimostrazione di come l'attuale crisi economica stia colpendo le speranze e il futuro del nostro Paese. Per la questione dell'età mi riferisco all'articolo 3 del decreto-legge in esame, con il quale si è determinata, con la modifica dell'articolo 2463 del codice civile, la nascita, appunto, di questa società semplificata a responsabilità limitata che rappresenta, indubbiamente, uno strumento utile, ma sicuramente non risolutivo, per arginare la crescente disoccupazione ed incoraggiare i giovani magari a fare impresa.
È chiaro che a questa misura dovremo aggiungere altri provvedimenti, tesi a favorire soprattutto la ripresa del credito a favore delle piccole e medie imprese. Tuttavia, il limite a 35 anni, deciso da questo provvedimento, non sembra, obiettivamente, sufficiente a rispondere alla domanda reale che proviene dalle nuove generazioni e che spesso come sappiamo - soprattutto nella nostra nazione - tra studi e necessaria esperienza professionale, raggiungono un'età superiore.
Proprio in questo caso il limite d'età a 40 anni, che normalmente viene assunto, ci sarebbe stato comodo. Se l'abbiamo rifiutato per tanti anni, come giovani imprenditori, questa volta, invece, dato il particolare momento di crisi che stiamo vivendo, ci potrebbe far comodo innalzare il livello d'età, tenendo conto che lo stesso Governo Monti, nel decreto-legge sulle semplificazioni e sullo sviluppo, ha inserito una norma a favore della ricerca per stabilire iter rapidi per i progetti di ricerca e dare più fondi ai ricercatori fino ai 40 anni d'età. Questi 5 anni potrebbero veramente fare la differenza.
Pertanto, con questo ordine del giorno vorremmo impegnare il Governo a verificare la possibilità d'innalzare il limite d'età, con i criteri previsti, ovviamente, dal provvedimento in esame, per poter realizzare una società semplificata a responsabilità limitata, prendendo così atto di un'interpretazione che ormai sta diventando scelta comune anche a livello europeo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio e dei deputati Barbato e Desiderati).

PRESIDENTE. L'onorevole Callegari ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/126.

CORRADO CALLEGARI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo ordine del giorno interviene sulla nuova formulazione dell'articolo 5 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 226, dal titolo «Orientamento e modernizzazione del settore della pesca e dell'acquacoltura, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57» dove, al comma 1 del citato articolo 5, rubricato «Convenzioni», è scritto: «Entro Pag. 48180 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto il Ministero delle politiche agricole e forestali e le regioni interessate, per la parte di propria competenza, (...), possono promuovere e stipulare, con le associazioni nazionali di categoria, o con i centri di servizi da essi istituiti, una o più convenzioni (...)».
Nell'articolo 67 del decreto che si sta approvando, viene riformulato il comma 1 dell'articolo 5 come segue: «Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali può stipulare con le associazioni nazionali di categoria, ovvero con consorzi dalle stesse istituiti, convenzioni per lo svolgimento di una o più delle seguenti attività». Di fatto, è sparito il riferimento alle regioni. Non si capisce perché, nell'articolo 67, abbiano cancellato dal testo le seguenti parole: «(...) e le regioni interessate per la parte di propria competenza», come invece prevedeva il testo originario del citato articolo 5 del decreto legislativo.
Preso atto che comunque le risorse finanziarie previste dall'articolo 67 per il settore della pesca sono nazionali, sarebbe comunque opportuno mantenere la concertazione con le regioni in sede di Conferenza Stato-regioni in considerazione del fatto che le iniziative che sono previste all'interno dell'articolo e precisamente nelle lettere a), b) e c) rientrano anche nelle competenze di programmazione delle regioni stesse e quindi si tratterebbe di condividere e indicare, o indicare obiettivi, priorità ed azioni che il Ministero intenda attivare in virtù delle disposizioni del richiamato articolo 67.
Infatti, cosa prevedono le lettere a), b) e c) di questo articolo? Si parla della promozione delle attività produttive nell'ambito degli ecosistemi acquatici attraverso l'utilizzo di tecnologie ecosostenibili, della promozione di azioni finalizzate alla tutela dell'ambiente marino e costiero e della tutela e valorizzazione delle tradizioni alimentari locali, dei prodotti tipici, biologici e di qualità, anche attraverso l'istituzione di consorzi volontari per la tutela del pesce di qualità, anche in forma di organizzazione di produttori. Questi punti fanno, di fatto, parte della programmazione che avviene a livello regionale.
Concludendo, signor sottosegretario, pensiamo che tutto questo possa essere dovuto - me lo auguro - ad una svista nel classico copia e incolla che si realizza quando si predispongono certi dispositivi. Con il nostro ordine del giorno chiediamo di ricomprendere le autorità regionali nel sistema di concertazione necessario alla stipula delle convenzioni di cui all'articolo 67 anche al fine di valutare, con riguardo alle diverse esigenze e criticità locali e a fronte dell'esiguità delle risorse disponibili, gli interventi più adeguati a potenziare le capacità produttive e generatrici di reddito dell'impresa ittica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Monai. Si intende che abbia rinunciato all'illustrazione del suo ordine del giorno.
L'onorevole Siliquini ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Moffa n. 9/5025/69, di cui è cofirmataria.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Signor Presidente, evidenzio al Governo e a lei, signor sottosegretario, l'ordine del giorno che porta il numero 69 negli atti appena pubblicati, perché tratta un tema delicato, che potrebbe eventualmente vedere l'impegno del Governo.
Si tratta del tema concernente la progressione in carriera dei procuratori dello Stato. Trattasi di quei giovani, o meglio ex giovani, ma sicuramente ancora in età abbastanza giovane, che hanno acquisito non solo l'anzianità di otto anni prevista per diventare avvocato dello Stato, ma hanno superato anche lo scrutinio di promuovibilità per accedere pienamente alla qualifica e alle funzioni di avvocato dello Stato. Una normativa approvata in passato, che non riguarda il decreto in esame, che prevedeva l'innalzamento dell'età pensionabile dell'Avvocatura dello stato fino a 75 anni ed ha portato sostanzialmente ad una saturazione, in aggiunta ai criteri del turnover. Si registra praticamente, il blocco delle assunzioni nei confronti di Pag. 49questi giovani. Il problema - lo volevo semplicemente portare all'attenzione del Governo - è che sicuramente si crea un pregiudizio ingiusto per chi ha maturato delle condizioni richieste per legge. Sostanzialmente ci sono dei problemi che forse varrebbe la pena di adoperarsi per risolverli.
Anche dal punto di vista dello stipendio percepito da un procuratore dello Stato con 8 anni di anzianità nella qualifica III classe questo viene equiparato in via tabellare a quello di un neoavvocato, quindi la spesa non sarebbe grandemente accresciuta. In realtà c'è un problema di sostanziale ingiustizia che non è dovuto ad una norma specifica ma ad un complesso di norme che portano poi persone che hanno certi titoli e un curriculum previsto dalla legge a non poter svolgere un'attività e neanche quelle peculiarità proprie dell'Avvocatura dello Stato.
Concludendo, questo ordine del giorno quindi chiede al Governo - io ho individuato una formula ma ovviamente qualunque formula può andare bene - di trovare il modo, nell'ambito dell'allocazione delle risorse di cui all'articolo 37 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 per l'adeguamento della dotazione organica dell'Avvocatura dello Stato, di individuare e privilegiare una soluzione, anche magari transitoria, per una deroga triennale alla limitazione dei posti conferibili ai sensi dell'articolo 5 della legge 3 aprile 1979, n. 103, che consenta il passaggio alla qualifica di avvocato dello Stato in ordine appunto ai procuratori che abbiano maturato questi requisiti. Si tratta quanto meno di un impegno per riconoscere che c'è questo problema e trovare una strada per risolverlo.

PRESIDENTE. L'onorevole Rainieri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/124.

FABIO RAINIERI. Signor Presidente, chiedo un po' di attenzione da parte del sottosegretario perché questo ordine del giorno è di vitale importanza per un settore che è altrettanto di vitale importanza per l'economia italiana, quello agricolo.
Con questo ordine del giorno chiediamo - e poi spiegherò anche il motivo - di non disporre più ulteriori aumenti del gasolio e delle accise sul gasolio a trazione agricola perché negli ultimi anni - e lo dico da agricoltore che ha un'azienda agricola che ha dei trattori - il gasolio agricolo è passato da 0,50 a 1 euro; nell'ultima consegna di gasolio che mi hanno fatto l'altro giorno il prezzo era poco più di un euro e, calcolando l'aumento dell'IVA che ci sarà nei primi giorni di ottobre, questo prezzo aumenterà ancora di più.
I trattori degli agricoltori consumano 8-10 litri di gasolio all'ora, il gasolio viene usato non solo per i trattori ma soprattutto per il riscaldamento delle serre che servono per la produzione, fatta nel periodo invernale, per avere le primizie nei mercati della frutta. Le società agricole sono già state fortemente penalizzate da questo Governo con l'introduzione dell'IMU e con l'aumento del prezzo del gasolio, non credo che ci sia ancora bisogno per queste aziende di avere ulteriori danni economici perché comporterebbe e comporta già un aumento dei costi di produzione della cui ricaduta ne risente il consumatore.
Infatti l'aumento riguarda non solo il gasolio agricolo per la produzione ma anche quello usato per l'autotrazione - anche questo continua ad aumentare, siamo quasi attorno ai 2 euro oramai - e tutto questo fa sì che nelle tasche dei cittadini italiani, che tutti i giorni devono andare a comprare la frutta, la verdura e qualunque tipo di alimento che viene dal lavoro dell'agricoltura e degli agricoltori, il potere di acquisto sia sempre inferiore e di conseguenza questo aggravio di costi comporterà un aumento delle spese per le famiglie italiane.
Noi come Lega Nord abbiamo più volte contestato quello che questo Governo sta facendo al settore agricoltura. Ricordiamo quello che è stato fatto con il provvedimento sui rifiuti, eliminando dal testo Pag. 50alcune questioni che riguardavano l'agricoltura, anche quelle erano importanti, e ricordiamo la tassa sull'IMU.
Tutta questa continua disattenzione da parte del Governo nei confronti di questo mondo ci fa pensare che vi sia poco interesse da parte del Governo Monti nel voler aiutare e sostenere un settore così importante come quello dell'agricoltura. Mio padre mi ha sempre detto che, nel momento in cui un agricoltore riesce a fare il proprio lavoro e ad avere un piccolo guadagno, ha anche nella propria testa la mentalità di spendere il doppio di quello che guadagna, e quindi di fare investimenti.
Fare investimenti da parte dell'agricoltore vuole dire fare girare tutto il resto dell'economia, dalle costruzioni a tutto quello che ci gravita attorno. Signor sottosegretario, le chiedo veramente di tenere presente le mie parole e questo ordine del giorno e di tenere in considerazione il continuo aggravio dei costi, che, torno a dire, non serve all'agricoltore in questo momento, perché abbiamo già altre spese sull'energia in generale, ma anche sull'aumento dei pesticidi, su tutto quanto riguarda il settore dell'agricoltura, sui mangimi per l'alimentazione degli animali e tutto il resto.
Le chiedo di tenere conto di questo anche per tutto quello che è il mondo della signora Maria, che va a fare la spesa tutte le mattine al mercato rionale o comunque nei negozi dove si vendono prodotti agricoli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Aniello Formisano, che aveva chiesto di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/152; si intende che vi abbia rinunziato (Commenti dei deputati dei gruppo Italia dei Valori). Onorevoli colleghi, scusate, avete addirittura chiesto un'inversione dell'ordine degli interventi!
Constato l'assenza dell'onorevole Scilipoti, che aveva chiesto di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/36; si intende che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Cavallotto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/89.

DAVIDE CAVALLOTTO. Signor Presidente, signor sottosegretario, in una prospettiva di liberalizzare anche questo segmento di mercato, l'articolo 17, comma 4, lettera a), capoverso 8, lettera b), ha esteso l'esercizio della rivendita di tabacchi agli impianti di distribuzione di carburanti con una superficie minima di 500 metri quadrati, prevedendo, altresì, che tale attività debba essere espletata nel rispetto delle norme e delle prescrizioni tecniche che disciplinano il settore.
Tuttavia, è evidente che l'attuale formulazione della disposizione, che si limita a prevedere esclusivamente che l'esercizio della rivendita di tabacchi presso i distributori di carburante con una superficie minima di 500 metri quadrati debba avvenire secondo le norme e le prescrizioni tecniche di settore, non è idonea ad assicurare la necessaria univocità della disciplina di settore applicabile alla rete distributiva attualmente esistente e a quella che, per effetto dell'articolo 17 del presente decreto, potrà esercitare la rivendita di tutti i tabacchi, con l'osservanza di cautele del tutto corrispondenti a quelle già richieste ai sensi della normativa vigente dalla stessa amministrazione pubblica competente al controllo della rete di distribuzione dei tabacchi, e cioè l'amministrazione finanziaria.
La normativa vigente in base alla quale viene esercitata la rivendita di tabacchi è posta a presidio di interessi pubblici di elevato contenuto, tra i quali emergono per importanza la tutela degli interessi dell'erario, la necessità di rafforzare costantemente i presidi preventivi contro il rischio di contrabbando e di rigoroso rispetto delle vigenti limitazioni legate all'offerta per la tutela della salute (anche in questo caso, peraltro, in diretta conseguenza di precisi accordi internazionali legislativamente recepiti dal nostro Paese, da ultimo con la legge n. 75 del 2008).
La rilevanza assoluta che caratterizza lo svolgimento dell'esercizio delle rivendite Pag. 51di tabacchi ha portato il legislatore a prevedere, con l'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, l'adozione di un regolamento che definisca le regole per l'assetto distributivo dei tabacchi, regole essenziali ed imprescindibili per la distribuzione e il relativo complesso apparato di controllo, che, evidentemente, non possono essere taciute nei casi in cui la rivendita sia esercitata da appartenenti a talune categorie di operatori economici, come nel caso di specie.
Per tali ragioni, è necessario specificare che anche l'esercizio delle rivendite di tabacchi ai sensi dell'articolo 17 del presente decreto debba avvenire nel rispetto delle norme e prescrizioni tecniche di settore, che sono quelle di cui all'articolo 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, nonché quelle di cui al regolamento previsto dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
Infatti, in assenza di tale necessaria specificazione, si rischia di prefigurare uno strumento non in grado di operare concretamente per gli obiettivi assunti, in mancanza delle necessarie precisazioni relativamente all'identificazione delle condizioni minime richieste per lo sviluppo di attività a così sensibile rilevanza erariale e, soprattutto, per la tutela della salute.
Quindi, l'estensione della possibilità di aprire rivendite presso gli impianti di distribuzione di carburante dalle caratteristiche descritte nella disposizione deve intendersi, in ogni caso, come da realizzarsi in coerenza con il citato intervento di definizione comune e complessiva delle modalità di offerta, attraverso il citato strumento regolamentare, che implica l'esplicitazione dell'applicazione di regole comuni in materia di controlli preventivi e successivi sul rispetto delle modalità di approvvigionamento, di speciale limitazione dell'offerta (divieto di vendita nei confronti dei minori, obbligo di esposizione neutrale, divieto di ogni forma di promozione) e, più in generale, del medesimo apparato di prescrizioni comportamentali richieste dall'amministrazione finanziaria al fine di garantire le peculiari finalità di verifica fiscale del settore.
Analogamente, appare necessario il richiamo al titolo normativo in forza del quale potrebbe esercitarsi, nel contesto normativo vigente e non toccato dal presente intervento, l'attività di rivendita per l'intera e indifferenziata categoria di esercizi interessati.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cavallotto.

DAVIDE CAVALLOTTO. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente.
A questo punto, si impegna il Governo ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione dell'articolo 17 (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Rubinato ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/170.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, mi permetto di illustrare il mio ordine del giorno ai colleghi del Governo perché mi pare un esempio significativo di come, a volte, la strada per l'inferno sia lastricata di buone intenzioni.
Mi spiego meglio. Nel decreto-legge in esame, oggetto di conversione in legge, vi sono alcune norme introdotte dal Governo per cercare di aumentare l'impegno delle compagnie assicurative in materia di attività antifrode. Da questo punto di vista, sicuramente sono degne di plauso le norme che prevedono un inasprimento della pena per il reato di cui all'articolo 642 del codice penale, la frode assicurativa, che prevede adesso, come pena base, da uno ad un massimo di cinque anni di reclusione o l'introduzione di un'analoga sanzione penale per chi realizza una falsa perizia tecnica. Meritevole di apprezzamento è anche l'articolo 30 che responsabilizza le compagnie assicurative imponendo loro particolare attenzione e metodo Pag. 52nell'esercizio dell'attività antifrode: anziché limitarsi ad aumentare i premi alla propria clientela, queste dovranno impegnarsi con attività specifiche di cui devono fornire una relazione annuale all'ISVAP.
Tutto questo, quindi, va nella direzione di contrastare effettivamente le frodi assicurative. Vi sono, però, alcune norme - mi riferisco in particolare al dettato normativo dell'articolo 32 - che appaiono assolutamente contraddittorie con questo obiettivo. Ecco perché parlavo di strada per l'inferno lastricata di buone intenzioni.
La prima di queste disposizioni normative stabilisce che, se l'impresa assicuratrice, all'esito degli approfondimenti condotti, non formula un'offerta di risarcimento perché ritiene di presentare querela - ricordo che la frode assicurativa è un reato procedibile sempre a querela di parte -, deve, secondo l'obbligo normativo introdotto dall'articolo 32, comma 2-bis, informarne contestualmente l'assicurato nella comunicazione concernente le determinazioni conclusive in merito alla richiesta di risarcimento. Ora, è evidente che in questo caso - credo anche l'unico nell'ordinamento penale - il querelante è obbligato a comunicare la presentazione della querela al possibile colpevole, al possibile responsabile. È chiaro che in questo modo si viola la legge processuale penale, in particolare l'articolo 329 del codice di procedura penale, dato che informare il possibile indagato del fatto che è stata presentata querela nei suoi confronti vuol dire non solo compromettere le indagini, ma anche porre un serio conflitto con l'obbligo di segretezza che grava sul procedimento penale incardinato a seguito di querela.
Sostanzialmente la norma, pur con la sua buona intenzione di andare incontro alle esigenze dei consumatori, produce invece l'effetto di sottrarre all'autorità inquirente il potere di preservare le indagini da comunicazioni ingiustificate o illecite. Questo è un primo aspetto contraddittorio.
Il secondo aspetto contraddittorio è che la compagnia viene onerata di un termine particolarmente breve per la proposizione della querela. Noi sappiamo che per giurisprudenza costante e consolidata il termine di novanta giorni per la presentazione della querela decorre dalla conoscenza del fatto di reato, quindi fino a quando non si ha conoscenza o non si hanno degli elementi sufficienti per contestualizzare l'ipotesi di reato, il termine di novanta giorni per presentare querela non decorre.
Invece, con l'articolo 32, comma 2-bis, si stabilisce che dallo spirare del termine di trenta giorni per le comunicazioni conclusive della compagnia all'assicurato danneggiato, decorrono automaticamente i novanta giorni. Con riferimento a casi concreti, le maxifrodi assicurative richiedono alcuni tempi di indagine, perché magari al primo sinistro, al secondo, al terzo, al quarto la compagnia non ha gli elementi per sostenere che c'è una frode assicurativa. In questi casi, sostanzialmente, questo termine brevissimo copre e mette una pietra tombale sulla procedibilità contro il reato di frode, perché spirato il termine per la querela, la querela non può più essere presentata.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Rubinato.

SIMONETTA RUBINATO. Quindi le due norme insieme e questa contraddittorietà che sto rilevando rischiano di chiudere, prima ancora che siano aperte, le indagini sulle maxifrodi assicurative e di avere come risultato la penalizzazione dei consumatori. Infatti le compagnie in questo modo avranno anche un buon alibi per non svolgere l'attività antifrode e per limitarsi semplicemente ad indennizzare e ad aumentare i premi agli assicurati onesti.
Infine - e concludo, signor Presidente - nell'ordine del giorno rilevo anche un'incongruità, questa volta addebitabile non al Governo ma al passaggio al Senato, e cioè il termine brevissimo di due giorni, assolutamente incongruo, dato alle compagnie per l'ispezione diretta dei veicoli nei soli danni a cose. In due giorni rischiamo Pag. 53che accada quello che già è accaduto in alcuni casi di frode, ovvero che il perito non si rechi neppure presso la carrozzeria e che si faccia mandare le foto dal carrozziere, che magari è un carrozziere con un archivio ad hoc per questo.
Chiedo, allora, al Governo almeno di ripristinare quel termine di cinque giorni, previsto nel testo originario del decreto-legge.

PRESIDENTE. L'onorevole Consiglio ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Stucchi n. 9/5025/130, di cui è cofirmatario.

NUNZIANTE CONSIGLIO. Signor Presidente, con questo ordine del giorno, a nome anche del mio gruppo Lega Nord Padania, gradirei mettere a conoscenza della Presidenza e del Governo che c'è una possibilità, se si vuole ridurre il debito pubblico, un auspicio di tutti i Governi, ma che può essere preso in considerazione in modo serio nell'eventualità che si consideri un grande carrozzone, come quello della RAI. Si tratta di una società per azioni che esercita un'attività di servizio pubblico, interamente partecipata dallo Stato, le cui quote appartengono per il 99,56 per cento al Ministero dell'economia e delle finanze e per lo 0,44 alla SIAE.
La RAI è anche caratterizzata da un modello di finanziamento cosiddetto misto, che vede la compresenza di risorse pubbliche, costituite dal canone pagato dai cittadini sul possesso di un apparecchio televisivo, e commerciali, costituite dalla pubblicità. Tale modello è riconducibile alla duplice attività svolta di concessionaria di un servizio pubblico e di impresa radiotelevisiva all'interno del mercato.
La proposta avanzata è quella di ottemperare alla legge 27 ottobre 1993, n. 432, che prevede una possibilità da parte del Governo di vendere le partecipazioni dello Stato nella RAI e di ottimizzare economicamente il ricavato, acquistando titoli pubblici. La RAI, come sappiamo, si trova in una condizione di immobilità declinante e dagli ultimi dati sappiamo anche che la raccolta pubblicitaria non è esattamente incoraggiante.
Sappiamo anche che negli ultimi anni c'è stato da parte di parecchi Paesi componenti l'OCSE un ricorso ad operazioni di riacquisto, per gestire in modo migliore l'enorme peso rappresentato dal loro debito estero. Questa potrebbe già essere un'ottima occasione per far sì che anche la RAI possa servire a qualcosa.
Direi anche che se è possibile ridurre il debito pubblico, come tutti auspicano e come tutti i Governi dichiarano nel loro programma, credo ci sia una possibilità che queste buone intenzioni vengano poi tradotte in fatti concreti. Però di buone intenzione è lastricata la strada per l'inferno e quindi credo che vi siano poche possibilità che questo ordine del giorno passi. Noi chiediamo sempre e comunque l'attenzione di chi ci ascolta da casa su una questione che tra l'altro la Lega ha sempre dibattuto per quanto riguarda il pagamento del canone RAI e che può essere presa in considerazione da chi con attenzione sta guardando la diretta del Parlamento invece di qualche telenovela. Mi rivolgo non alla Presidenza, ma a chi ci ascolta da casa. Credo che abbiate visto la capacità di questo Governo di porre in continuazione la questione di fiducia. Lo diceva bene un nostro collega oggi. Mi riferisco anche alla possibilità che avevamo noi di mettere la fiducia quando eravamo maggioranza.
Voglio dire a chi ci ascolta che la Lega è comunque l'unico gruppo di minoranza, e vivaddio che c'è la Lega che tiene alta l'attenzione su questo Governo che sta tirando dritto sulla sua strada calpestando tutto quello che è stata un'idea di democrazia che probabilmente ha intriso i muri di quest'Aula e che oggi non vediamo più. L'attenzione della Lega consiste anche nel mettere il Governo in condizione di redimersi rispetto all"atteggiamento che ha. Mi riferisco all'atteggiamento che c'è stato proprio in V Commissione quando occorreva valutare la copertura economica del decreto sulle liberalizzazioni, dove c'è stata una capacità del Governo di tirare dritto che poche volte in quattro anni di Pag. 54presenza in quest'Aula ho visto. È un atteggiamento che non ha sicuramente soddisfatto né noi né i sostenitori di questa maggioranza un po' atipica e male assortita.
Un'altra situazione che anche oggi si è vista riguarda la fiducia e la diminuzione dei parlamentari che hanno votato a favore. Questo la dice lunga sul mal di pancia che hanno parecchi parlamentari che hanno votato la fiducia obtorto collo a questo Governo, e che stanno dimostrando poca passione per questo Esecutivo che sta creando tasse su tasse. Lo abbiamo detto spesse volte in modo chiaro. Non c'era bisogno di un Governo tecnico di questo tipo perché l'aumento della benzina, l'IMU sulla prima casa, altre situazioni come l'aumento dell'IVA potessero essere considerate trovate geniali per far sì che questo Stato abbia una credibilità europea e una capacità di crescere sotto l'aspetto industriale. Concludo Presidente, noi abbiamo un'attenzione particolare per le piccole e medie imprese, e a tal proposito non abbiamo trovato assolutamente nulla che le riguardasse in questo decreto sulle liberalizzazioni. È stata cancellata definitivamente la parola federalismo e questo non è certamente un bene, anzi credo che sarà uno dei leitmotiv che ci porterà a fare una battaglia forte in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Crosio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/97.

JONNY CROSIO. Signor Presidente, con questo ordine del giorno chiediamo al Governo un impegno per valutare seriamente l'opportunità di assumere iniziative volte a definire in maniera più puntuale e precisa la questione che riguarda il trasporto pubblico di cose non di linea. Ricordo che, parlando dell'articolo 1 del decreto legge sulle liberalizzazioni, in relazione a quanto sopra stavo esponendo si è fatta una battaglia epocale soprattutto sulla questione dei taxi. Ricordo che il Governo pensava di risolvere i problemi della crescita del Paese con un po' di licenze taxi. Avete cercato di colpire i taxi che di fatto si sono difesi, e bene. Voglio ricordare che al Senato la norma è stata modificata nel corso dell'esame in Aula specificando che l'esclusione dall'ambito di applicazione della norma stessa riguarda il solo trasporto pubblico di persone o cose non di linea.
Stabilito come la modifica apportata, appunto, al Senato, pur con il comprensibile obiettivo di contestualizzare al meglio la disposizione, modifica profondamente il senso della stessa, generando non solo incertezza, anche sulla base del fatto che la definizione aggiunta «trasporto pubblico di cose non di linea» non trova riscontro normativo né operativo.
Per cui, con questo ordine del giorno chiedo a lei sottosegretario un impegno da parte del Governo per valutare l'opportunità di assumere delle iniziative volte a definire in maniera più precisa l'ambito applicativo della disposizione che ho citato.
Approfitto del tempo a disposizione anche per cercare di favorire un ordine del giorno che la collega Rivolta non potrà presentare, ma che crediamo sia molto importante. Chiediamo al Governo di prevedere un significativo aumento del finanziamento sulle agevolazioni sul costo della benzina per le zone di confine con la Confederazione svizzera, in modo da compensare il deciso aumento delle accise, a causa delle ingenti perdite dell'erario, che penalizza i gestori degli impianti e che favorisce la migrazione dei cittadini lombardi e piemontesi oltre confine per rifornirsi di carburante.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 19,30)

JONNY CROSIO. Signor sottosegretario, voglio essere molto chiaro: in questo momento in Lombardia e in Piemonte sta avvenendo una cosa che è addirittura devastante, ossia i distributori di benzina non vendono più un litro di benzina perché tutti, appunto, migrano verso la Pag. 55Confederazione elvetica. Ci troveremo a breve con migliaia di distributori chiusi e questo sarà un danno per l'economia, devastante. C'è un grande impegno da parte della regione Lombardia a mettere a disposizione risorse per evitare questa ecatombe. Le ricordo che la stima parla di una perdita per le casse dello Stato di circa 250 milioni di euro. Abbiamo chiesto in Commissione di mettere a disposizione 40 milioni di euro, che avrebbero garantito appunto il rientro di questi 250 milioni di euro. È anche una questione di semplice matematica, sicuramente non di grande finanza, per cui la esorto ad essere particolarmente sensibile a questa tematica e a questo ordine del giorno, anche perché, come le dicevo prima, altrimenti ci troveremo a breve con un'economia di confine veramente in ginocchio (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Lanzarin ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/109.

MANUELA LANZARIN. Signor Presidente, l'ordine del giorno che vado ad illustrare è relativo all'articolo 25 del decreto-legge che, in particolar modo, introduce l'articolo 3-bis al decreto-legge n. 138 del 2011 con la rubrica «Ambiti territoriali e criteri di organizzazione dello svolgimento dei servizi pubblici locali»; mi riferisco, quindi, a tutta la questione relativa ai servizi pubblici locali.
Come abbiamo avuto modo di illustrare, anche in fase di discussione sulle linee generali e poi in fase di illustrazione dei vari emendamenti, ci sono delle questioni e degli esempi che, a nostro parere, vanno tutelati e salvaguardati per quanto riguarda il discorso relativo alla gestione dei servizi pubblici locali. Per prima cosa c'è una questione che non riusciamo a comprendere bene e, quindi, chiediamo chiarimenti al Governo, ossia la dicitura «a rete». Infatti, quando si parla di servizi pubblici locali «a rete», vorremmo capire quali servizi possono essere classificati come «a rete». Penso, per esempio, al servizio dei rifiuti che, chiaramente, secondo la nostra opinione, non può configurarsi come un servizio «a rete» e, quindi, non dovrebbe rientrare in questa fattispecie. Ciò implicherebbe sicuramente una penalizzazione importante per quanto riguarda questo servizio, come per tanti altri servizi.
Da qui, quindi, il nostro ordine del giorno, che vuole andare a sottolineare effettivamente quelle che sono gestioni virtuose pubbliche, le cosiddette gestioni in house, per poter permettere a tali gestioni di continuare ad esercitare la propria attività e, quindi, continuare a mantenere lo stesso regime, regime che sappiamo è tutelato dal diritto comunitario e che, però, la legislazione italiana lo ha reso in maniera molto più restrittiva, creando non poche questioni. Concordiamo sicuramente che bisogna andare ad intervenire in quelle gestioni che non sono virtuose, in quelle gestioni che effettivamente hanno creato dissesti, che hanno creato problematiche, però in quelle gestioni invece che, in base ai parametri dell'utenza finale, dei cittadini e quindi dei servizi finali, che sono i parametri della tariffazione, delle percentuali, se vogliamo, se parliamo di rifiuti, di raccolta differenziata raggiunta, percentuali poi di ripristino ambientale e così via, crediamo, invece, che tali gestioni debbano invece essere valorizzate e salvaguardate, ma soprattutto debba essere dato ad esse il permesso di scegliere in quale regime poter stare e, quindi, scegliere se aprirsi al mercato libero e quindi al socio privato o ad altro, oppure mantenere questa gestione. Infatti molte volte sappiamo che sono radicate nei territori, che sono vicine ai comuni che rappresentano e hanno anche un risvolto sociale non da poco, se pensiamo quindi all'occupazione e quindi all'occupazione sociale che hanno queste società. Quindi costringere queste società ad adottare un regime diverso sicuramente metterebbe in grave difficoltà non solo le società stesse o i comuni di appartenenza, ma tutta la filiera e quindi anche l'utenza finale e i comuni a cui queste si riferiscono.
Come in molti altri casi, si ritiene che devono essere usati pesi diversi, ossia Pag. 56come per quanto riguarda i comuni bisogna cercare di valorizzare, di mantenere, di salvaguardare i comuni virtuosi, i comuni che hanno anche un numero di dipendenti inferiore alla media e che, quindi, nel corso degli anni non hanno sprecato denari pubblici, non hanno utilizzato le casse comunali come ammortizzatori sociali, ma in base ai parametri stanno molto, molto al disotto ad altri casi che vediamo e abbiamo visto anche in questi giorni: casi di comuni con 1.000 abitanti e con più di 60 dipendenti, che non è una situazione sicuramente né corretta né giusta, ma che viene riscontrata.
Molti comuni del Nord, invece, anche per quanto riguarda i dipendenti comunali, sono sotto i parametri minimi. La stessa cosa vale per quelle gestioni che devono essere salvaguardate perché rappresentano eccellenze che hanno dato risultati in termini, sia qualitativi di servizi, ma hanno anche creato una cultura importante e credo che, se anche i nostri amici campani imparassero, forse non ci troveremmo, come la settimana scorsa, ad affrontare tematiche e decreti sull'emergenza rifiuti in Campania che ci vedono ogni volta intervenire come Stato su questioni che sono prettamente locali e che devono rimanere in capo agli enti locali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Desiderati ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/115 (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 19,40)

MARCO DESIDERATI. Signor Presidente, ringrazio i colleghi per la fiducia. Signor sottosegretario, l'articolo 37 del provvedimento in esame, al comma 2, prevede che le imprese e le associazioni di imprese ferroviarie debbano rispettare le prescrizioni relative alla regolazione dei trattamenti di lavoro definiti dalla contrattazione collettiva svolta a livello nazionale dalle organizzazioni più rappresentative a livello appunto nazionale.
Signor sottosegretario, ho presentato questo ordine del giorno perché si faccia un po' luce e si chiarisca qual è effettivamente la posizione del Governo su questo tema. Le posizioni sono soltanto due: una è quella di consentire alle aziende e alle imprese ferroviarie ognuna di contrattare a livello aziendale il proprio contratto di lavoro, oppure quella di utilizzare un contratto unico nazionale per le imprese ferroviarie. Noi, come Lega, siamo dell'idea che non si debba fare la concorrenza sulla pelle dei lavoratori.
Pertanto il nostro ordine del giorno - leggo la parte dell'impegno - «impegna il Governo a valutare la possibilità di intervenire, con azioni di carattere normativo o interpretativo, specificando che le imprese e le associazioni di imprese ferroviarie debbano rispettare le prescrizioni relative alla regolamentazione dei trattamenti di lavoro definiti dalla contrattazione collettiva nazionale».
Infatti, signor sottosegretario, in Italia vi sono 64 imprese ferroviarie: una è del Tesoro, dello Stato, le altre 63 sono private. Io non so quale sia il concetto di liberalizzazioni del mercato e di concorrenza che volete introdurre voi, quello che abbiamo in mente noi non è quello del dumping sociale, non è quello della riduzione degli stipendi dei lavoratori, non è quello dell'assunzione di persone al ribasso sui loro salari, ma è quello di una concorrenza vera, fatta di efficienza dei servizi, fatta di treni più moderni, fatta di servizi a bordo che possono attrarre la clientela, e non certo la riduzione degli stipendi dei lavoratori.
Pertanto lei sa bene, signor sottosegretario, che l'azienda Trenitalia - la nomino, tanto non è un segreto - ha ereditato i contratti di FS, Ferrovie dello Stato, cioè un contratto collettivo di lavoro nazionale che prevede alcuni livelli di salario che secondo noi sono dignitosi per i lavoratori. Ora il sospetto è che, essendo entrato qualche grande imprenditore, di quelli che magari non vincono più le gare di «formula Pag. 57uno», ma che si ritengono grandi imprenditori, essendo entrati nel settore ferroviario questi signori pensino di fare la concorrenza a Trenitalia e Frecciarossa non appunto, come dicevo, cercando l'efficienza rispetto ai servizi che propongono, ma semplicemente applicando un contratto collettivo non nazionale e quindi uguale per tutti, ma contrattato a livello aziendale, che magari comporti, come in realtà già sta accadendo, l'assunzione di personale a mediamente il 30-40 per cento in meno rispetto ai livelli di Trenitalia e che quindi la concorrenza sia fatta appunto sulla pelle dei lavoratori.
Lei avrà certamente visto in televisione in questi mesi gli 800 lavoratori che lavoravano overnight per le ferrovie e che hanno perso il posto di lavoro. Io le chiedo se voi volete innescare in tutti i dipendenti di Trenitalia, che sono decine di migliaia in Italia, questo mercato al ribasso. Io credo che dobbiate fare un ragionamento serio su questo ordine del giorno, dire cosa volete fare, come volete che sia il mercato dell'impresa ferroviaria in Italia. Per carità, deve essere libero, il mercato ci deve essere: chi vuole mettere un treno sulle tracce non deve aspettare mediamente, come è accaduto fino ad oggi, 353 giorni, deve poterlo fare in un tempo ragionevole, anche per rientrare dei propri investimenti - comprare un treno è molto oneroso -, però non possiamo consentire che vi sia concorrenza fra le imprese riducendo lo stipendio dei lavoratori che vengono assunti.
Pertanto, signor sottosegretario, le rinnovo l'invito a valutare molto bene questo ordine del giorno, perché qui non si tratta semplicemente di dire «sì» o «no», si tratta di definire quale sarà la linea del Governo su questa, e credo su altre situazioni simili (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Bobba ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/46.

LUIGI BOBBA. Signor Presidente, vorrei illustrare brevemente l'ordine del giorno in esame, che fa riferimento al comma 4 dell'articolo 24 del provvedimento che abbiamo in esame. In questo comma, nel testo che dobbiamo approvare, è introdotta una modifica che di fatto consente, con un'unica autorizzazione ministeriale, di procedere alla realizzazione e allo smantellamento di opere che hanno a che fare con il cosiddetto decommissioning degli impianti nucleari. Ora, evidentemente uno si potrebbe anche domandare che ci azzeccano le liberalizzazioni con le scorie nucleari ed è difficile trovare una ragione per cui questo comma sia stato inserito. Ma tant'è, così è il testo.
Tuttavia il punto chiave del mio ordine del giorno ha a che fare con le disposizioni che sono contenute nella parte finale di questo comma e che sono state introdotte al Senato. In sostanza il Senato, cerca di correggere, diciamo così, il tiro, rispetto a una scelta che, di fatto, ci riporta ai tempi del decreto-legge Scanzano, provvedimento con cui venne nominato un commissario straordinario, con poteri straordinari, per poter procedere alla realizzazione di queste opere; adesso non si tratta della stessa forma, ma nella sostanza non è molto diverso. Ebbene, nella parte finale si dice che le opere che già insistono sul sito dell'impianto, se sono compatibili con gli strumenti urbanistici, possono procedere, sempre ove siano compatibili, negli altri casi, invece, si deve pronunciare il consiglio comunale.
Chiedo un'interpretazione autentica della norma perché se applico tale disposizione ad un caso concreto che conosco molto bene, il caso di Saluggia, che è un caso nazionale in quanto i due terzi delle scorie nucleari presenti nel nostro Paese sono attualmente in quel sito, ci sono almeno due contraddizioni o due difficoltà a capire cosa significhino quelle ultime sette righe del comma 4. La prima difficoltà è che se quelle opere, come nel caso di Saluggia, sono state autorizzate in un regime straordinario e quindi senza alcuna valutazione, per esempio, dei piani urbanistici del comune, non si sa a cosa si debba fare riferimento, se alla norma straordinaria con cui è stato preso quel Pag. 58provvedimento o al fatto che, comunque, quel sito non è compatibile con il piano urbanistico del comune. Ancora di più accade nella seconda parte del comma 4, quando si dice che, in tutti gli altri casi, il consiglio comunale deve pronunciarsi entro un determinato termine e, conclude sibillinamente l'articolo, informandone il Ministero dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti. Che significa? Che se il comune si pronuncia negativamente, semplicemente comunica al Ministero che quella variante urbanistica non è approvata? E che conseguenze si traggono da questa scelta? Questo è un provvedimento che modifica e blocca l'autorizzazione, oppure è un semplice parere di cui si tiene, forse, conto al Ministero dello sviluppo economico? Sinceramente questa norma è nata male e alla fine rischia di essere, non solo inefficace, ma controproducente, nel senso che non consente di avere quelle caratteristiche di trasparenza che in questi casi sono necessarie.
Vorrei anche informare il Governo che, a tal proposito, è stata avviata un'indagine della magistratura per cui c'è un rinvio a giudizio dell'ex sindaco e dell'ex assessore che ha dato queste autorizzazioni proprio per opere realizzate o progettate dalla Sogin; forse, una maggiore trasparenza e un maggior coinvolgimento - e quindi questo è il senso del mia richiesta - degli enti locali è oltremodo necessario se non vogliamo fare altri pasticci.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Vizia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/113.

GIAN CARLO DI VIZIA. Signor Presidente, in questo momento di grave crisi economica internazionale la competizione tra i vari Paesi è altissima, sia con realtà dove esiste un apparato tecnologico avanzato, sia con realtà di Paesi con economia emergente, dove la componente dei bassi costi di produzione, unita spesso all'inesistenza completa di diritti umani, costituisce un grave handicap per la nostra economia. Ora, non è possibile, sia per giustizia che per spirito di civiltà, che si possa affrontare la concorrenza compiendo operazioni di «macelleria sociale»; qualcosa ha già anticipato il collega Desiderati parlando delle diversità dei contratti esistenti sul trasporto ferroviario. Ora dico che la strada maestra che dobbiamo percorrere è quella dell'efficienza, della massima funzionalità delle nostre strutture e infrastrutture. In questo contesto, emerge in tutta la sua importanza il sistema portuale italiano, con tutte le strutture di trasporto su ferro, su gomma, collegate, la rete stradale, ferroviaria e area.
Signor Presidente c'è una piccola regione, dove abito, la Liguria, che costituisce la vera finestra dell'area più sviluppata e produttiva del nostro Paese.
Inoltre, è il più grande mercato di scambio e di consumo - non pro capite, perché al sud, in questo senso, ci battono - del Paese, a parte il Piemonte, la Valle d'Aosta, la Lombardia, il Veneto, il Friuli Venezia-Giulia, il Trentino, l'Emilia Romagna e gran parte del nord della Toscana. Qui vi è il più grande sistema portuale italiano, che comprende i porti di Genova - che è il più grande d'Italia -, La Spezia, Savona, Imperia - che è piccolo, ma specializzato nell'importazione di frutta esotica - e che comprende anche i porti di Marina di Carrara e quello importante di Livorno. È in corso d'opera anche la realizzazione di opere importanti, come quella del terzo valico, che velocizza i trasporti tra la Liguria - soprattutto il porto di Genova - con la Lombardia ed il nord e la Pontremolese, che è stata realizzata in parte, ma che dovrà essere completata - speriamo il più presto possibile -, che unisce il porto di La Spezia e la parte che si trascina di Carrara e Livorno con la zona nord della Toscana, ma anche la tangente che tocca Parma, Reggio Emilia, Piacenza, Cremona, Mantova, Verona e Vicenza fino al Brennero.
Allora, signor Ministro, con quest'ordine del giorno presentato, nella mia persona, dalla Lega Nord, considerata anche la grande importanza che riveste la Liguria nel settore dei trasporti e l'indotto economico di tale regione, chiediamo che Pag. 59la sede dell'autorità possa essere individuata nella città di Genova, e mi riferisco all'autorità dei trasporti. La Liguria, grazie agli investimenti nel settore dei trasporti, sia a livello portuale che ferroviario, e le integrazioni di sistema, rappresenta un esempio per l'intero Paese, ed è un punto di riferimento per le regioni produttive del nord Italia. Con quest'ordine del giorno si vuole così impegnare il Governo a valutare la possibilità, in sede di predisposizione del decreto attuativo di cui all'articolo 36 del provvedimento in esame, di identificare la sede dell'autorità di regolazione dei trasporti nella città di Genova, che praticamente capeggia tutto il gruppo portuale del nord Italia, anche di fronte alla grande importanza che riveste la città in seguito agli investimenti effettuati nel settore dei trasporti e l'integrazione di sistema collegato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Dussin ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/108.

GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, signor sottosegretario, quest'ordine del giorno ripropone un emendamento che avevo presentato nei giorni scorsi, ma - mi sembra fosse lei presente in Aula con il Ministro professor Giarda - non ho avuto risposta. Allora vorrei dialogare un secondo con lei, per dirle di cosa si tratta. Si tratta di portare la soglia degli appalti pubblici di tutti gli enti pubblici - Ministeri e così via - a 2 milioni e mezzo di euro, così come previsto in Europa, e che alcune nazioni hanno già adottato: Germania, Austria e così via. A suo tempo - con norme sempre presentate da noi della Lega, passando attraverso Commissioni, su vari provvedimenti - siamo riusciti a passare dai 200 mila euro - per quanto riguarda i lavori senza IVA - a importi di 500 mila per appalti con cinque soggetti invitati; da 500 mila euro a 1 milione di euro, per inviti con dieci soggetti; mentre, da 1 milione a 1,5 milioni di euro, la trattativa privata avviene con 20 soggetti presi da un elenco, in quest'ultimo caso da un elenco speciale.
Quindi, la trasparenza e tutte le garanzie che possiamo darci - secondo noi - siamo riusciti ad ottenerle grazie alle modifiche che abbiamo apportato con varie proposte della Lega, ed oggi vi è una buon beneficio da parte delle amministrazioni e gli enti locali. Noi chiediamo ciò, perché? Cosa succedeva, prima? Succedeva - e anche ora, negli importi base - che si formano cartelli, e questi cartelli di imprese tendono ad eludere le norme... Paolo Russo, scusa un secondo. Questo è proprio un dialogo che voglio fare, serio, perché si tratta di un ordine del giorno che ho già presentato e che ora ripresento; sei un amico, finisco subito, non è la solita occasione.
Questa è un'occasione di cui voglio proprio approfittare per chiedere al sottosegretario se mi dà la possibilità di poter valutare questo: se passa l'ordine del giorno, possiamo - evidentemente dialogando - preparare un altro provvedimento o quant'altro e aprire una strada per andare a fare le gare d'appalto così come succede in altre realtà. In tal modo riusciamo ad evitare che si formino i cartelli che sono stati denunciati dal tribunale di Treviso, di Vicenza e di tante altre procure.
Si formano due o tre cartelli. Sono operazioni prevalentemente obbligate dalla norma a diventare non positive, per non dire una mafia che può esserci o una camorra o quant'altro, uno strumento deviato sia al nord, sia al sud in questo caso. Qui non c'è alcuna differenza, tant'è che le procure che denunciano questa situazione sono quelle di Vicenza, ma anche altre.
Allora, se riusciamo ad avere trasparenza, abbiamo messo delle garanzie affinché ci possa essere un controllo reale. Invitiamo le persone e le imprese pulite, valorizziamo le capacità tecniche e, a quel punto, conosciamo i sindaci, le amministrazioni, i presidenti di regione e quanti conoscono questa realtà. Tutta questa cosa poi deve essere sempre garantita e quindi deve essere pubblicizzata.
Dopo dieci giorni avviene la pubblicazione e quindi si sanno tutti quanti i dati. Questo avviene nei Paesi un po' più avanzati, Pag. 60ed è un elemento che può dare l'idea di creare delle difficoltà perché c'è la trattativa, ma si tratta di una trattativa garantita perché vi è un certo elenco che, come abbiamo detto, è un elenco trasparente, in tal modo si evitano questi cartelli. Quindi, noi ci miglioriamo e anche nelle realtà del sud troviamo un miglioramento sicuramente su questo punto.
Vogliamo mettere altri strumenti a garanzia? Mettiamoli, ma con questo strumento, a mio avviso e a nostro avviso - questo è già avvenuto passando dai 200 a 500, da 500 a un milione, e da un milione e a un milione e mezzo, come dicevo prima - abbiamo l'opportunità e la possibilità di tutelare i soldi pubblici. Creiamo imprese, anche locali magari, ma soprattutto imprese che possono fare bene i lavori e soprattutto creiamo una filiera e non il subappalto legalizzato. Chiedo scusa se ho portato via tempo, signor Presidente, però eventualmente ne parlo a latere con lei in modo tale che possiamo realmente valutare questa cosa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Fabi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/122.

SABINA FABI. Signor Presidente, questo provvedimento è volto ad incidere particolarmente nel settore farmaceutico con una norma che, in particolare, aumenta il numero delle farmacie, modificando il parametro di riferimento legato al numero degli abitanti. In aggiunta alle nuove farmacie possono essere aperte ulteriori farmacie in aree ad alta frequentazione, con un limite del cinque per cento del totale delle farmacie da assegnarsi, tutte, ai comuni competenti per territorio fino al 2022.
Pertanto, ai comuni viene concesso un diritto di prelazione, con l'ulteriore conseguenza che non possono cedere la titolarità o la gestione delle farmacie per le quali hanno esercitato il diritto di prelazione e solo in caso di rinuncia alla titolarità di una di dette farmacie da parte del comune, la sede farmaceutica è dichiarata vacante.
Nella convinzione che i comuni svolgano una funzione a tutela e a presidio degli interessi dei territori, è opportuno che il diritto di prelazione venga concesso anche ai comuni sui quali avranno sede tutte le nuove farmacie che vengono istituite ai sensi del presente decreto. L'ordine del giorno impegna pertanto il Governo a definire in sede normativa un'offerta di prelazione per le farmacie istituite ai sensi del presente provvedimento ai comuni in cui le stesse hanno sede (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Sono le 19,59: facciamo parlare l'onorevole Rota e poi dopo abbiamo finito.

MANUELA DAL LAGO. Ma si superano le 20, va fuori norma!

PRESIDENTE. Vado fuori norma? No, siamo dei lavoratori.
L'onorevole Rota ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5025/153.

IVAN ROTA. Signor Presidente, partendo dalla premessa che l'articolo 36 del provvedimento in esame istituisce nell'ambito delle attività di regolazione dei servizi...

PRESIDENTE. Onorevole Rota, chiedo scusa, la interrompo per mere ragioni ordinative. Pensavo anche di fare parlare l'onorevole Follegot, se non ci sono obiezioni, in modo da portarci avanti con l'ordine dei lavori. Ci sono obiezioni? Se non ci sono obiezioni proseguiamo così.
Prego, onorevole Rota, continui.

IVAN ROTA. Ne ho facoltà? Presidente, sto alle sue disposizioni. Il motivo dell'ordine del giorno parte dall'articolo 36 del provvedimento in esame che istituisce, nell'ambito delle attività di regolazione dei servizi di pubblica utilità, di cui alla legge Pag. 61n. 481 del 1995, l'Autorità di regolazione dei trasporti attribuendo ad essa la competenza nel settore dei trasporti e dell'accesso alle relative infrastrutture e ai servizi accessori. Detta Autorità provvede, tra le altre cose, con particolare riferimento al settore autostradale, a stabilire per le nuove concessioni sistemi tariffari dei pedaggi basati sul metodo del price cap con determinazione dell'indicatore di produttività a cadenza quinquennale per ciascuna concessione; a definire, altresì, gli schemi di concessione da inserire nei bandi di gara relativi alla gestione o costruzione e, ancora, a definire gli schemi dei bandi relativi alle gare cui sono tenuti i concessionari autostradali per le nuove concessioni; infine, a definire gli ambiti ottimali di gestione delle tratte autostradali allo scopo di promuovere una gestione plurale sulle diverse tratte e stimolare la concorrenza per confronto.
Considerato che a decorrere dalla XIV legislatura la disciplina delle concessioni autostradali è stata oggetto di numerose modifiche legislative tese a modificarne il quadro regolatorio, alcuni provvedimenti normativi varati dal Governo Berlusconi sono arrivati addirittura a definire ex lege l'approvazione delle convenzioni con la società Autostrade o a eliminare l'obbligo per le concessionarie, introdotto dalla legge finanziaria per il 2007, di effettuare gare di appalto per tutti i lavori autorizzando affidamenti diretti per il 60 per cento dei medesimi, impedendo di fatto lo svolgimento di gare per l'affidamento in concessione di tratte autostradali e limitando ulteriormente la concorrenza nel mercato degli appalti. D'altra parte, come ha rilevato l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, le concessioni autostradali non sono affidate con lo svolgimento di gara, mentre le convenzioni in essere con le concessionarie continuano ad essere approvate per effetto di decreti-legge saltando tutta la procedura amministrativa di verifica e controllo.
Per queste motivazioni questo ordine del giorno impegna il Governo a voler valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, tesa a recepire quanto rilevato dalla Corte dei conti, dall'Autorità della concorrenza e del mercato e, da ultimo, dalla Banca d'Italia in relazione al settore delle concessioni autostradali, provvedendo a garantire reali condizioni di concorrenza nell'ambito del mercato di riferimento nonché a diminuire la durata di tali concessioni assicurando altresì adeguati livelli di verifica e di controllo.

PRESIDENTE. A questo punto, contrariamente a quanto avevo detto prima, non parla l'onorevole Follegot perché c'era un accordo per chiudere alle ore 20 e, siccome il gruppo della Lega Nord mi segnala che chiede il rispetto dell'accordo, io devo rispettare l'accordo. Quindi, essendo giunto il termine delle ore 20, come stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, interrompiamo l'esame del provvedimento che riprenderà nella seduta di domani, a partire dalle ore 10, per lo svolgimento dei residui interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno. Seguirà, a partire dalle ore 12, il parere del rappresentante del Governo.

Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 20,02).

ANDREA RIGONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA RIGONI. Signor Presidente, l'area industriale della provincia di Massa Carrara, la mia provincia, continua ad essere interessata da una profonda crisi di particolare complessità.
In ragione della peculiare congiuntura economica di questa provincia, è stato firmato, nel marzo 2011 dal Ministero dello sviluppo economico e dalla regione Toscana, un nuovo apposito protocollo Pag. 62propedeutico alla sottoscrizione dell'accordo di programma per lo sviluppo e la reindustrializzazione delle aree produttive.
Per la provincia di Massa-Carrara, il Ministero dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, in attuazione degli impegni assunti, ha dato avvio alla cosiddetta procedura di formale «accertamento della crisi industriale complessa», che si è conclusa nell'aprile 2011.
In particolare, desta sempre più viva preoccupazione la situazione relativa a NCA, Nuova Cantieri Apuania, per la quale vengono precluse definitivamente ipotesi di partnership al di fuori di soluzioni private e con prospettive produttive definitivamente estranee alla tradizione cantieristica. NCA, nel frattempo, ha vinto una gara per la progettazione e la costruzione di un maxi traghetto per Rete ferroviaria italiana Spa - una nave cosiddetta «Ro-Ro» -, da adibire al trasporto di carrozze e carri ferroviari, passeggeri e autovetture. Tale commessa contiene, altresì, un'opzione per una seconda nave dello stesso tipo (cosiddetta nave in opzione per RFI).
La prima unità, il cui contratto è stato firmato nell'aprile 2011 - prezzo 49,5 milioni di euro -, è oggi in costruzione con la consegna prevista all'armatore nell'autunno del 2012. Tuttavia, questa commessa rischia di diventare l'ultima testimonianza di un'esperienza e di una professionalità maturata in decenni di attività nel settore della navalmeccanica. In questo senso, si rende necessario, allora, e anche urgente comprendere se in tempi rapidi le dichiarazioni rilasciate alle maestranze dall'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Matteoli, relativamente all'acquisizione di una seconda commessa, cosiddetta nave in opzione per RFI, possano trovare effettiva realizzazione.
Qualora fosse finanziata la seconda nave, prevista dalla sopraccitata gara e RFI la ordinasse, Nuova Cantieri Apuania potrebbe dare continuità al suo carico di lavoro, in un momento di mercato molto difficile, e potrebbe ridurre il ricorso agli ammortizzatori sociali. Questo prolungamento dell'attività consentirebbe un miglior traghettamento della società verso quanto previsto dal protocollo per lo sviluppo e la deindustrializzazione delle aree produttive della provincia di Massa-Carrara, ovvero la ricerca di un partner industriale affidabile che sia in grado di garantire la continuità operativa del settore.
Nel frattempo, salgono le preoccupazioni per il cantiere. La costruzione del traghetto in bacino è ormai in fase avanzata e da maggio inizierà lo scarico della forza lavoro e vi sarà, cioè, sempre meno manodopera necessaria per il completamento della nave. Intanto, non ci sono commesse all'orizzonte. Un film già visto, ma non per questo meno preoccupante.
Per questo chiediamo un incontro urgente al Ministero dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, allo scopo di avere una risposta concreta sulla possibilità di finanziamento della seconda nave da realizzare per RFI.
Inoltre, in questa sede vogliamo chiedere conto al Governo anche del lavoro di Invitalia, società proprietaria del cantiere, riguardo agli assetti futuri di NCA. A questo riguardo, riteniamo importante riuscire a ottenere chiarimenti su quali iniziative concrete saranno intraprese per favorire una soluzione positiva riguardo ai rischi che, in maniera sempre più tangibile, gravano sui livelli occupazionali dell'azienda che, ricordo, ha 200 dipendenti diretti e 600 indiretti e d'indotto. Come è noto, è di tutta evidenza, riguardo a tutta l'occupazione della provincia di Massa-Carrara, che il nostro territorio non può permettersi di perdere una realtà economica come questa.
Inoltre, signor Presidente, ricordo che il 10 marzo è deceduto un operaio saldatore romeno, Haralain Mungiu, che lavorava per una ditta esterna all'interno del nuovo cantiere aprano (NCA). È rimasto ferito nell'infortunio sul lavoro, avvenuto nella mattina di mercoledì 29 febbraio scorso.

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PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Rigoni.

ANDREA RIGONI. Concludo, signor Presidente.
Questo operaio lascia moglie e figlia di due anni.
Questa tragedia, signor Presidente, colpisce ancora il mondo del lavoro, la città e le istituzioni, ma, prima di tutto, una famiglia che viene improvvisamente privata di un affetto primario. Questa tragedia riguarda un operaio saldatore romeno, che è deceduto per difendere il suo posto di lavoro, la sua speranza di vita e la possibilità di costruire un futuro per la sua famiglia.
Forse, oltre a parlare sempre di spread dovremmo anche avere la pazienza e la forza di soffermarci su parole come solidarietà, giustizia sociale, disuguaglianze, diritti umani, diritti civili e diritti al lavoro.
Per tutto questo, Presidente, le chiedo cosa intenda fare il Governo riguardo a questa commessa che può essere acquisita da NCA. In più, se il Governo intenda assumere iniziative per arrivare al finanziamento di questa scadenza, prevista con opzione 27 aprile 2011.
In base a queste considerazioni chiedo a lei, signor Presidente, di attivarsi affinché il Governo voglia rispondere all'interrogazione a risposta in Commissione X (Attività produttive) n. 5-05510 a prima firma del deputato Andrea Rigoni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Provvederemo naturalmente a portare il contenuto del suo intervento a conoscenza del Ministro competente, del resto il sottosegretario Malaschini ha avuto la cortesia di rimanere in Aula e quindi provvederà anche lui a realizzare l'informazione che lei ha chiesto.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo su un altro argomento però, se me lo consente, vorrei prima associarmi alle richieste che sono state appena formulate dall'onorevole concittadino Andrea Rigoni.
Intervengo per chiederle, signor Presidente, la cortesia di adoperarsi nei confronti del Governo e in particolare del Ministro Cancellieri perché venga fornita risposta ad un'interrogazione che nelle scorse settimane abbiamo presentato per sapere se vanno avanti oppure no - ad oggi la risposta sappiamo che è «no», o meglio lo stato dell'arte è «no» - i lavori per la nuova sede di questura, polizia stradale e prefettura di Pistoia. È una richiesta che ho presentato insieme al capogruppo dell'Italia dei Valori in Commissione lavoro, l'onorevole Giovanni Paladini, dopo la decisione del Viminale di interrompere i lavori appunto alla questura di Pistoia in ottemperanza alle disposizioni contenute nella legge finanziaria 2011 e a seguito dei tagli occorsi ai capitoli concernenti le spese per l'allocazione di immobili in uso alla polizia di Stato.
Il punto è che quegli immobili ci sono, sono stati realizzati, parzialmente adattati all'uso, oggi i lavori sono sospesi e i lavoratori della polizia continuano ad agire in condizioni davvero precarie, in strutture carenti e i cui canoni locativi sono al di sopra degli standard reali. Credo che anche gli agenti della polizia di Stato meritino attenzione e abbiano il diritto ad un ambiente sano e decoroso, senza contare che rinunciare a un progetto già intrapreso e in fase di conclusione sarebbe davvero, questo sì, uno spreco. Dal Governo della serietà e della sobrietà ci si aspetta ben altro.

PRESIDENTE. La Presidenza provvederà ad inoltrare il suo sollecito al Ministro Cancellieri.

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Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Giovedì 22 marzo 2012, alle 10:
Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 3110 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività (Approvato dal Senato) (C. 5025).
- Relatori: Ventucci (per la VI Commissione) e Scarpetti (per la X Commissione), per la maggioranza; Barbato (per la VI Commissione) e Cimadoro (per la X Commissione), di minoranza.

La seduta termina alle 20,10.