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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 579 di martedì 31 gennaio 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 9,50.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 26 gennaio 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bongiorno, Bosi, Brugger, Buonfiglio, Cirielli, Dal Lago, Fava, Gregorio Fontana, Iannaccone, La Malfa, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Misiti, Mura, Nucara, Pisicchio e Valducci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione delle mozioni Donadi ed altri n. 1-00826, Fluvi ed altri 1-00830, Cambursano ed altri n. 1-00831, Moffa ed altri n. 1-00832, Dozzo ed altri n. 1-00833, Di Biagio ed altri n. 1-00842 e Leo ed altri n. 1-00843 concernenti iniziative per il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale (ore 9,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Donadi ed altri n. 1-00826 (Nuova formulazione), Fluvi ed altri 1-00830, Cambursano ed altri n. 1-00831, Moffa ed altri n. 1-00832, Dozzo ed altri n. 1-00833, Di Biagio ed altri n. 1-00842 e Leo ed altri n. 1-00843 concernenti iniziative per il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al resoconto stenografico del 26 gennaio 2012.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti, che illustrerà anche la mozione Donadi ed altri n. 1-00826 (Nuova formulazione) di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signora Presidente, vorrei non utilizzare tutto il tempo a mia disposizione e, quindi, le chiederei la cortesia di aiutarmi quando sarò intorno ai dieci minuti, in modo da lasciare e recuperare un po' di tempo per il gruppo.
L'evasione fiscale, si sa, in Italia è un fatto abnorme. Essa non è solo riprovevole da un punto di vista etico e civile, è una piaga, una pandemia, che comporta una gravissima alterazione del mercato e dell'intero sistema economico, provocando danni ingenti a tutti: alle imprese, che si trovano, di fatto, a competere in un mercato Pag. 2 gravemente distorto, alle famiglie, che devono fare i conti con un prelievo eccessivo e servizi scadenti, e, in definitiva, allo stesso Stato, costretto ad abdicare la sua funzione naturale di accorto mediatore tra gli interessi e le molteplici spinte che provengono dalla società.
Le stime dell'evasione fiscale nel nostro Paese sono le più varie, non sono verificabili, risultano approssimative e riferite a congetture. Tuttavia, vi sono due principali fonti di dati statistici sull'evasione fiscale: la prima è rappresentata da studi basati su questionari-intervista a campione di cittadini; la seconda, leggermente più attendibile, è composta da stime condotte dall'ISTAT e dall'ufficio studi dell'Agenzia delle entrate, integrando vari dati sulle dichiarazioni IRAP e così via. Questi studi ci dicono che l'evasione raggiunge il 10 per cento del prodotto interno lordo. Sono stime, ripeto, basate su misure indirette dell'evasione e soggette ad ampie fluttuazioni statistiche, con una bassa risoluzione temporale e geografica.
L'ISTAT si limita ad una stima dell'economia sommersa, che rappresenta solo una parte dell'evasione, mentre l'Agenzia delle entrate non produce dati complessivi in merito, né si riesce a valutare l'efficacia della miriade di provvedimenti presi in questi anni, risultato delle risorse che lo Stato investe nell'azione di contrasto, né quanta evasione si possa realisticamente recuperare. Solo la pubblicazione annuale di un dato ufficiale potrebbe fornire una misura realistica del fenomeno, documentare i progressi legati alla lotta all'evasione e verificarne l'efficacia.
Tuttavia, sulla base di questi calcoli e con tutti i limiti che dicevo, nel 2011 si calcola che l'imponibile evaso in Italia sia cresciuto del 13 per cento, con punte record nel nord, dove ha raggiunto il 14 per cento. In termini di imposte sottratte all'erario, si parla di una cifra intorno al 50 per cento, pari a 180 miliardi di euro all'anno. Questa è una stima realizzata da un'associazione, che verrà presto pubblicata sul numero di contribuenti.it magazine. Sono cinque le aree analizzate in termini di evasione fiscale: l'economia sommersa, l'economia criminale, l'evasione delle società di capitali, l'evasione delle big company e quella dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese.
L'area che riguarda l'economia sommersa parla di un esercito di lavoratori in nero, che si gonfia sempre di più ed è composto da quasi tre milioni di persone, molte delle quali cinesi ed extracomunitari.
In questa categoria sono ricompresi anche 850 mila lavoratori dipendenti che fanno un secondo o addirittura un terzo lavoro; in quest'ambito si stima un'evasione di imposta di 34 miliardi di euro. La seconda area analizzata è quella dell'economia criminale, realizzata dalle grandi organizzazioni mafiose, italiane e non soltanto; qui si stima un giro d'affari, non contabilizzato e non contabilizzabile, che produce un'evasione di imposta pari a 78 miliardi di euro all'anno.
La terza area analizzata è quella composta dalle società di capitali, escluse le grandi imprese; dall'incrocio dei dati è emerso che circa il 78 per cento delle società di capitali italiane dichiari redditi negativi o meno di 10 mila euro, oppure non versi imposta. Il danno, calcolato in termini di evasione fiscale di quest'area, è intorno ai 22 miliardi di euro. La quarta area analizzata è quella delle cosiddette big company; sono, queste, aziende grandi che per il 94 per cento abusano del transfer pricing per spostare costi e ricavi tra le società del gruppo, trasferendo fittiziamente la tassazione nei Paesi dove, di fatto, non vi sono controlli fiscali e sottraendo, quindi, al fisco italiano oltre 37 miliardi di euro. C'è un dato estremamente significativo: nel 2011 le cento maggiori compagnie del nostro Paese hanno ridotto del 14 per cento le imposte dovute all'erario. Infine c'è l'evasione, quella che noi tocchiamo con mano, quella che sale alla ribalta dei titoli dei giornali e dei telegiornali; è l'evasione dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese, dovuta alla mancata emissione di scontrini, di ricevute e di fatture fiscali che sottraggono all'erario circa 8 miliardi di euro all'anno. Per Pag. 3avere un'idea d'insieme, prima citavo i 37 miliardi, poi i 22 miliardi, poi i 78 miliardi dell'economia criminale e così via; questi piccoli lavoratori autonomi e queste piccole imprese incidono per circa 8 miliardi. C'è quindi una chiara sproporzione anche in termini di immagine e di efficacia della lotta all'evasione.
Negli Stati Uniti, a proposito di lotta all'evasione, si calcola che ogni dollaro investito in accertamenti ne produca quattro di entrate recuperate; una proporzione che secondo l'Agenzia delle entrate vale anche per il nostro Paese. Le differenze presenti però negli ordinamenti tributari e i diversi criteri di stima delle grandezze di contabilità nazionale, rendono difficile la comparazione internazionale sulla rilevanza dell'evasione fiscale.
A livello di valore aggiunto, le autorità europee stimano che in Italia manchi all'appello il 22 per cento della relativa imposta contro il 7 per cento della Francia, il 10 per cento della Germania, il 3 per cento dell'Olanda. Peggio dell'Italia fanno Paesi come la Grecia, con il 30 per cento e l'Ungheria con il 23 per cento.
Se riconosciamo quindi che il valore aggiunto è la premessa per la quantificazione di gran parte degli imponibili, è evidente che, per raggiungere lo standard presente nei maggiori Paesi europei, dovremmo almeno dimezzare la nostra evasione fiscale. Prendendo a riferimento la stima di 120 miliardi di euro di imposte evase per l'Italia - è un dato dell'Agenzia delle entrate - ciò significa dover recuperare almeno 60 miliardi di euro di gettito annuo, equivalenti a circa il 40 per cento del gettito complessivo dell'IRPEF. Rendere espliciti questi dati e la misura del tax gap permetterebbe di sapere quanta parte delle aliquote è dovuta agli evasori che mettono le mani nelle tasche dei concittadini; così ogni cittadino onesto avrebbe la misura di quanto paga in più, grazie agli evasori, e toccherebbe con mano il beneficio di un eventuale maggiore legalità. Una misura del tax gap permetterebbe, inoltre, di sapere quanta parte delle aliquote è dovuta agli evasori che mettono le mani nelle tasche dei contribuenti onesti.
La lotta all'evasione non deve rappresentare, infatti, uno strumento per aumentare il gettito, ma per la redistribuzione dell'incremento del gettito fiscale a favore di chi le tasse le paga. Solo restituendo gli introiti dell'evasione recuperata, in forma di minori aliquote, si può dare un senso di maggiore equità. Per noi, ed è questo il senso della nostra mozione, deve essere scritto e sottoscritto un nuovo patto d'onore tra lo Stato ed i contribuenti, inserendo una norma quadro vincolante nello Statuto dei diritti del contribuente: ogni euro di maggiore entrata derivante dalla lotta all'evasione deve corrispondere ad un euro di minor imposta.
Bisognerebbe perdersi ancora un po' per ricordare invece quali sono state le azioni degli ultimi Governi, in particolare quelli guidati da Silvio Berlusconi. Penso soprattutto ai condoni utilizzati a piene mani, in particolare nel biennio 2003-2004 con i quali si rastrellarono circa 30 miliardi di euro. Il concordato, l'integrativa semplice, la sanatoria delle tasse locali e del canone RAI, nonché delle liti fiscali pendenti e senza più soglia limite e lo scudo fiscale del 2002 per il rientro di capitali esportati, e poi ancora il condono edilizio. Insomma tutte pessime scelte politiche tributarie che oltre ad essere strumenti di dubbia moralità non hanno fatto altro che offrire agli evasori continue aspettative di ulteriori condoni fiscali, rendendo più appetibile l'evasione.
Rispetto al reato di falso in bilancio il complessivo ridimensionamento delle fattispecie penalmente rilevanti ha comportato il contestuale ridimensionamento delle esigenze di tutela anticipata di interessi patrimoniali.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO EVANGELISTI. Concludo, signor Presidente nonché maggiori difficoltà per il contrasto all'evasione. Comunque già con l'introduzione dello «spesometro» associato al «redditometro» si è riconosciuta Pag. 4 nel nostro ordinamento una possibilità concreta di incrocio telematico dei dati dei contribuenti ai fini dell'accertamento.
Vorrei sottolineare poi un aspetto che si evince dalla nostra mozione. Noi in essa chiediamo se non fosse possibile affiancare al patto « meno evasione, meno imposte» anche quello «più accertamenti basati sulla spesa, meno evasione, meno adempimenti per le imprese e per la produzione del reddito».
Infine, volevo sottolineare come nella nostra mozione scriviamo che servirebbe una riorganizzazione della Guardia di finanza procedendo alla sua smilitarizzazione e ad una sua maggiore integrazione con il resto della amministrazione finanziaria. Le funzioni di polizia tributaria della finanza potrebbero per noi confluire nei reparti specializzati in reati finanziari, corruzione, criminalità organizzata e al presidio dei confini.
L'esperienza ci dice, infatti, che le disposizioni comunitarie relative all'abuso di diritto in materia tributaria rappresentano uno strumento molto efficace perché sono le complesse strutture finanziarie che possono più facilmente facilitare l'elusione su vasta scala. Costituiscono abuso del diritto le operazioni compiute essenzialmente per il conseguimento di un vantaggio fiscale per cui, e concludo, in estrema sintesi, quello che noi vogliamo dire con questa mozione, di cui è primo firmatario l'onorevole Donadi, è che noi proponiamo un nuovo patto fiscale tra Stato e cittadini basato sulla fiducia e sulla applicazione integrale dell'articolo 53 della nostra Carta costituzionale al fine di inverare lo slogan «pagare tutti per pagare meno».
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Per la precisione lei ha risparmiato un minuto e 26 secondi che andranno nel monte ore del suo gruppo.
È iscritto a parlare l'onorevole Causi, che illustrerà la mozione Fluvi n. 1-00830, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente noi come gruppo del Partito Democratico guardiamo con molto favore alla nuova attenzione pubblica che nelle ultime settimane è cresciuta attorno alla lotta all'evasione fiscale. In parte questa nuova attenzione, questa nuova sensibilità è frutto della crisi economica e dei sacrifici economici, finanziari, fiscali che tutti gli italiani stanno facendo; in parte la riteniamo anche il frutto di un nuovo clima politico del Paese e vogliamo per questo dire grazie alle parole che in questo senso hanno indirizzato il Presidente Napolitano, il Presidente Monti e lo stesso Pontefice. Lo stesso comandante della Guardia di finanza, il generale Di Paolo, in una recente intervista, commentando i provvedimenti antievasione nell'ultimo decreto Monti, il decreto «salva Italia», in particolare la parte relativa all'abbassamento a 1.000 euro della tracciabilità dei pagamenti in contanti e la piena leggibilità dei dati bancari e finanziari per l'amministrazione fiscale, ha affermato che queste sono svolte epocali.
Svolte importanti, dunque, secondo noi ulteriormente migliorabili. Ma prima di andare nel dettaglio ci interessa chiarire un punto di fondo, e chiarirlo con tutti i gruppi parlamentari e politici di questo Parlamento. Guardiamo, infatti, all'esperienza che il nostro Paese ha fatto negli ultimi cinque anni, tra il 2006 e 2007 il Governo Prodi aveva messo in campo un consistente pacchetto di misure e di iniziative che andavano nel senso della lotta all'evasione fiscale; quasi tutte queste misure sono state purtroppo smantellate nel 2008, partendo dall'elenco clienti-fornitori, dalla tracciabilità e, soprattutto, tra il 2008 ed il 2009 è stata data la pessima notizia, il pessimo segnale, di un nuovo scudo fiscale. Poi, a partire dal 2009, lo stesso Governo Berlusconi e lo stesso Ministro Pag. 5dell'economia e delle finanze del precedente Governo, il professor Tremonti, ha fatto una politica di piccoli passi indietro, ricominciando a introdurre un po' di tracciabilità, un po' di norme relative alle comunicazioni bancarie all'amministrazione fiscale con i decreti dell'estate del 2011 e una stretta sulle compensazioni IVA, che è la misura, forse, di questa politica dei passi indietro del precedente Governo che ha avuto la maggiore efficacia, anche dal punto di vista del gettito.
Oggi il nuovo clima è stabilito dal fatto che nel decreto di dicembre, nel decreto «salva Italia», abbiamo approvato, a stragrande maggioranza, un pacchetto di misure che, appunto, il generale Di Paolo dice essere una svolta epocale. Lo abbiamo fatto in modo condiviso, e questa condivisione realizzata in questo Parlamento gode di un amplissimo appoggio nell'opinione pubblica. Credo che questa storia ci insegni qualcosa: ci insegna, innanzitutto, che ridurre l'evasione, ma anche l'elusione e la erosione fiscale, è un obiettivo ineludibile, non soltanto per la giustizia, l'uguaglianza e la coesione sociale, ma anche per perseguire l'obiettivo, da parte dell'Italia, di restare pienamente in Europa. Aumentare la compliance fiscale, l'adesione fiscale, farla convergere in Italia verso la media europea, è altrettanto importante che far convergere verso i parametri europei l'indebitamento netto della pubblica amministrazione, il debito pubblico, piuttosto che la produttività del sistema economico. Si tratta di un parametro europeo che qualifica la differenza fra un Paese che sa modernizzare, sa essere giusto ed eguale al suo interno, e quindi può stare a testa alta in Europa, e un Paese che, invece, «arranca» ad essere un Paese moderno, giusto ed eguale.
Ma allora la storia degli ultimi cinque anni ci insegna che è necessario un impegno di continuità normativa ed operativa. Mai più dovrebbe accadere in questo Paese che, ad ogni legislatura, il Governo che arriva smonta e smantella gli apparati di politica fiscale stabiliti dai precedenti Governi. Il cantiere delle politiche fiscali, il cantiere delle politiche della lotta all'evasione deve essere un cantiere permanente, un cantiere condiviso, e solo questo, tra l'altro, può dare l'idea che lo Stato è credibile e che quindi l'impegno dello Stato a perseguire l'evasione e ad avere delle politiche fiscali coerenti è un impegno che tutti i cittadini sanno essere permanente e stabile nel tempo, e questo, a sua volta, dà fiducia nel fatto che lo Stato fa sempre il suo dovere, al di là del ciclo politico-elettorale.
Questa è una riflessione cui invito tutti i gruppi politici di questo Parlamento, perché l'impressione che abbiamo è che sul piano delle politiche fiscali e della lotta all'evasione non dobbiamo restare fermi a questa fase di impegno nazionale, ma dobbiamo prendere un vero impegno permanente, strutturale, da parte dello Stato italiano nel rapporto di certezza e di fiducia con i cittadini.
La nuova attenzione sulla questione dell'evasione fiscale è chiaramente stata incentivata dalle nuove misure introdotte dal Governo Monti nel decreto di dicembre, e di fronte a queste misure siamo fra quelli, come PD, che vediamo il bicchiere più che mezzo pieno, anche se, come fra poco dirò, vorremmo convincervi a riempirlo del tutto. Alcune delle norme approvate a dicembre, in particolare quella della trasmissione dei dati bancari, avranno efficacia se la loro operatività verrà gestita in modo molto attento.
L'amministrazione finanziaria verrà inondata da miliardi di dati bancari e finanziari e il modo in cui l'amministrazione finanziaria tratterà questi dati sarà molto importante per valutare l'efficacia della norma, che comunque è potenzialmente molto efficace.
Cosa, allora, si può fare di più? Dirò qualcosa su cinque punti, che sono poi quelli che proponiamo nella nostra mozione. Si può fare di più innanzitutto per dare più peso, più importanza all'aumento dell'adesione spontanea dei cittadini e delle imprese agli adempimenti fiscali. Noi non pensiamo che la lotta all'evasione fiscale possa essere gestita soltanto con strumenti repressivi. Anche gli strumenti repressivi sono importanti, ma in un Paese Pag. 6come il nostro, dove sono molto diffuse la piccola, la piccolissima impresa e l'attività autonoma, e dove c'è molto lavoro nero - come tutte le statistiche ed i dati ci ricordano, compreso il rapporto rilasciato dal gruppo di lavoro che il precedente Governo ha fatto dirigere al professor Giovannini sull'evasione fiscale - l'obiettivo di fondo della lotta all'evasione è quello di far aumentare in modo spontaneo l'adesione dei contribuenti, quella che con termine inglese si chiama compliance fiscale.
Quindi, da questo punto di vista, è molto importante la tracciabilità, ed è molto importante che la tracciabilità sia stata abbassata a mille euro. Noi riteniamo che ci sia la possibilità di abbassarla ulteriormente e che soprattutto vadano introdotte norme - e su questo invitiamo il Governo a futuri interventi legislativi - per rendere tracciabili tutta una serie di pagamenti, in particolare quelli che implicano deducibilità dal punto di vista fiscale e quelli relativi agli incassi dei distributori automatici.
Inoltre, invitiamo il Governo e tutti i gruppi politici a riflettere - accanto a questi due strumenti che a questo punto abbiamo messo in campo: tracciabilità e interoperabilità tra banche dati finanziarie e fiscali - sull'utilità di un terzo strumento, che è l'elenco clienti-fornitori. Era stato introdotto nel 2006, è stato poi eliminato e poi è stato introdotto. Sappiamo che in prospettiva, anche rispetto all'elaborazione in merito in seno all'Unione europea, siamo in una fase storica che tende verso forme di fatturazione elettronica e quindi di collegamenti telematici e carte fiscali fra aziende e amministrazione finanziaria. L'obiettivo della fatturazione elettronica è un obiettivo di medio termine, non immediato, e l'elenco clienti-fornitori, così com'era stato introdotto nel 2006, è più facile da gestire rispetto agli attuali obblighi di comunicazione delle singole operazioni superiori a 3 mila euro, ovvero a 3.600 euro se esenti da IVA, che sono stati reintrodotti dalla politica dei passi indietro e dei piccoli passi indietro del Ministro Tremonti del precedente Governo.
Chiediamo che si rifletta sull'utilità di reintrodurre globalmente l'elenco clienti-fornitori, anche perché l'elenco clienti-fornitori è più facile da utilizzare e da montare per le singole imprese rispetto all'obbligo di comunicazione di singole operazioni. L'elenco clienti-fornitori ha effetti sulla compliance fiscale, perché le aziende sanno che tutti i dati sono incrociabili e quindi le aziende temono che le altre aziende dicano quali sono stati i rapporti fra di loro. Sicuramente è uno strumento da considerare come terza gamba degli strumenti di lotta all'evasione, oltre alle due importanti gambe introdotte dal decreto di dicembre.
In secondo luogo, accanto alla compliance, abbiamo il tema dell'accertamento su cui noi proponiamo al Governo di valutare la possibilità di introdurre metodi di confronto collaborativo ex ante tra l'amministrazione finanziaria e il contribuente, in modo che già ex ante, e non ex post, in sede di accertamento dopo la dichiarazione l'amministrazione possa far rilevare incoerenze o incongruità e regolarle insieme al contribuente.
Riteniamo anche che vadano evitati eccessivi benefici per le forme di accertamento sintetico, al confronto con le forme di accertamento analitico. Il terzo punto è relativo ai controlli. La guardia di finanza va rafforzata e concentrata soprattutto sulle frodi fiscali e sui fenomeni criminali connessi. Il quarto punto è relativo alla riscossione e su questo anche vogliamo ricordare alcuni importanti provvedimenti di riforma che nel decreto salva Italia sono stati presi in merito alla riscossione.
In particolare, ricordiamo la possibilità di prolungare la rateazione fino a 72 mesi, cioè fino a sei anni, e la possibilità di fare delle rate dei pagamenti non soltanto costanti, ma anche crescenti nel tempo nei confronti delle imprese che oggi hanno una difficoltà di liquidità. Con questa misura lo Stato propone all'impresa di scommettere con lei sul recupero, da parte dell'impresa, della liquidità e la ripresa Pag. 7economica. In questo momento di crisi e di pagamenti bassi, si prevedono pagamenti più alti in futuro, quando sperabilmente la crisi sarà superata.
Nella manovra di dicembre, inoltre, abbiamo introdotto - e su questo diamo atto al Governo Monti - un importante passo avanti, superando il sistema dell'aggio esattoriale di Equitalia e passando da un sistema di aggio ad un sistema di copertura dei costi del servizio. Questo è molto giusto perché Equitalia non è un esattore privato, come eravamo abituati quando esistevano gli esattori privati e vigeva il metodo dell'aggio. Equitalia è una società in house dello Stato e, quindi, ha senso che si finanzi, come tutte le società in house, con un contributo che copra i suoi costi, perché Equitalia è una società no profit, che esercita un servizio per conto dello Stato. Tuttavia, il superamento dell'aggio è previsto, nelle norme di dicembre, entro il 2013 e noi sollecitiamo il Governo a valutare la possibilità di anticipare il superamento del sistema dell'aggio e di completarlo già entro il 2012.
Infine, al quinto punto, vi è la conoscenza pubblica dei fenomeni relativi alle politiche fiscali. La trasparenza dei dati e della discussione pubblica relativa alle politiche fiscali è molto importante. Sotto questo profilo, è molto importante la responsabilità del gruppo dirigente del Paese. Chi ha responsabilità politiche nel Paese non deve potersi permettere di parlare contro le tasse o contro Equitalia. Voglio anche da qui lanciare una solidarietà da parte del gruppo del PD, ma credo da parte di tutta quanta l'Aula, nei confronti degli addetti di Equitalia, che sono sottoposti anche a innominabili e inqualificabili episodi di violenza e sono addetti che svolgono una funzione pubblica per tutti noi, quindi dobbiamo ringraziarli e tutelarli.
La conoscenza pubblica di questi fenomeni può migliorare e anche il Partito Democratico, come poco fa diceva l'onorevole Evangelisti, è d'accordo con l'idea di suggerire al Governo di sostituire l'attuale relazione che il Ministro dell'economia e delle finanze consegna al Parlamento ogni anno in merito alla lotta all'evasione con una relazione annuale complessiva che, anche sulla base delle indicazioni della commissione Giovannini, riporti una stima del tax gap, del gap fiscale. Si tratta di stime da aggiornare annualmente, da calibrare annualmente sulle principali imposte e su cui, quindi, valutare anche l'attività di accertamento e di recupero da parte dell'amministrazione.
Tutto questo - e concludo - è un impegno importante, perché riteniamo che ciò - e questo è l'ultimo impegno che chiediamo al Governo, non in questa mozione, ma nell'attività politica più generale - sia assolutamente ineludibile. È arrivato il momento di dire e fissare per legge che i proventi della lotta all'evasione, i proventi di questo nuovo clima di consapevolezza culturale e civica che si sta fortunatamente diffondendo nel Paese vanno utilizzati per ridurre prioritariamente la prima aliquota IRPEF. La prima aliquota IRPEF, oggi al 23 per cento, va tendenzialmente portata al 20 per cento e i proventi della lotta all'evasione vanno utilizzati per ridurre progressivamente, compatibilmente con i saldi di finanza pubblica, la prima aliquota IRPEF.
Voglio ricordare, infatti, che nella difficile componente fiscale, nella difficile e dolorosa componente di consolidamento fiscale presente nel decreto salva Italia ci sono soltanto due voci positive e sono tutte e due dedicate alle imprese. Esse sono l'aiuto alla crescita economica (ACE), che avvantaggia fiscalmente i processi di patrimonializzazione delle imprese, e la riduzione dell'IRAP in relazione alla componente del costo del lavoro.
La decisione è stata giusta perché, in questa fase così grigia per l'andamento economico del Paese, è soltanto l'export che può darci qualche speranza di agganciare la ripresa economica. Queste due misure positive per le imprese sono misure che di fatto mettono le nostre imprese esportatrici in condizioni di maggiore vantaggio competitivo e, quindi, sono misure che hanno una grande importanza congiunturale. Pag. 8
Ma voglio ricordare a tutti che i lavoratori e i pensionati italiani, che pagano più del 90 per cento dell'IRPEF pur contribuendo a meno del 60 per cento della produzione del reddito nazionale, stanno facendo tantissimi sacrifici in questi mesi e, quindi, bisogna dare loro un messaggio di speranza. Tale messaggio è un impegno non solo programmatico, ma stabilito in norme di legge, che i proventi dalla lotta fiscale vengano utilizzati per ridurre progressivamente la prima aliquota dell'IRPEF.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fugatti, che illustrerà la mozione Dozzo ed altri n. 1-00833, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, queste mozioni presentate dai vari gruppi arrivano in un momento nel quale davanti alla crisi economica parlare di evasione fiscale è un atto di equità di fronte ai contribuenti. Non pagare le tasse è sicuramente un atto sbagliato e non consono ad un Paese dove vige un sistema tributario moderno. Il Governo Berlusconi, d'altronde, quando si è insediato nel 2008, ha portato avanti una serie di iniziative importanti per il contrasto all'evasione fiscale. Sono stati conseguiti risultati mai visti precedentemente. I miliardi di euro incassati grazie alla lotta all'evasione da parte del Governo Berlusconi non erano mai stati incassati prima.
Quindi, le attività dell'Agenzia delle entrate e della guardia di finanza sono andate in questa direzione. Il recupero di base imponibile ha permesso anche quella tenuta dei conti pubblici che, al di là della crisi finanziaria e del declassamento del nostro Paese, comunque in questi anni non si può dire che non ci sia stata. Se non si fosse fatta questa lotta all'evasione fiscale si sarebbero dovute andare a recuperare queste cifre imponendo nuovi balzelli o tagliando la spesa pubblica.
Non nascondiamo però che questa azione da parte dell'Agenzia delle entrate, della guardia di finanza e di Equitalia e i provvedimenti che sono stati messi in campo - ricordiamo per esempio la questione delle compensazioni fiscali - hanno causato qualche malumore all'interno della classe produttiva, soprattutto del nord del nostro Paese. Infatti, ci troviamo in un momento di difficoltà economica, nel quale le banche non danno liquidità, i clienti invece di pagare a 30 o 60 giorni pagano a 180 giorni, le commesse continuano a diminuire e la concorrenza internazionale - molto spesso sleale - è pesante. Non c'è dubbio che l'azione di Equitalia, Agenzia delle entrate e guardia di finanza ed altri ha causato dei legittimi malumori.
In alternativa, se non si fossero recuperate le risorse in questo modo, si sarebbero dovute alzare le tasse. Tuttavia, il malessere all'interno del Paese c'è stato, soprattutto al Nord, e dopo diremo perché il malessere è stato soprattutto al Nord. Infatti, nel luglio dell'anno scorso alcuni provvedimenti presi dal Governo Berlusconi hanno cominciato a diminuire le potenzialità invasive di soggetti quali Equitalia, come nel caso delle «ganasce fiscali» e dei tempi di pagamento. Siamo intervenuti cercando di predisporre qualche soluzione alle problematiche che oggettivamente si erano create.
Però, qui nessuno può dire che con la Lega e il PdL al Governo non sia stata fatta la lotta all'evasione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
E non veniva fatta nemmeno in modo spettacolare, perché se fare la lotta all'evasione è andare nei grandi centri turistici nel bel mezzo del Natale, l'ultimo dell'anno o il sabato notte, nel bel mezzo della «notte giovane» di una delle più grandi città del nostro Paese, a noi questo sembra un effetto mediatico per poter dire «guarda che bravo che è questo Governo che va a fare la lotta all'evasione». Tale effetto avrà sicuramente qualche riscontro pratico, perché quando si va a cercare nel mucchio sicuramente si prende qualcosa. Però, crea tante problematiche nei confronti di quei soggetti che sono onesti e che pure dicono «va bene, venite, fate i controlli». Occorre considerare che i controlli si effettuano in un particolare frangente, Pag. 9 ovviamente, che rappresenta il momento migliore del lavoro in un periodo di crisi e, quindi, se non si guadagna in quel mese, in quel periodo o in quella sera lì sarà poi difficile fare gli stessi incassi durante quella settimana o quel mese, soprattutto se distogli il personale dall'attività perché arrivano dieci funzionari dell'Agenzia delle entrate e, quindi, non si può far funzionare al meglio l'attività.
Dunque, occorre considerare questi aspetti, che sono del tutto legittimi, di azione invasiva ma è altrettanto legittimo che il commerciante, in questo caso, si senta, in quel momento, in un certo senso, un po' non più padrone a casa propria. Questi metodi ci lasciano alquanto perplessi, al di là del fatto che l'Agenzia delle entrate, la guardia di finanza e gli ispettori devono fare le loro azioni anche in quei locali e anche in quei settori. Però, questo modo, quasi da cinema (chiamiamolo così), a noi sembra alquanto eccessivo.
Va poi considerato che in questo particolare momento sono più le partite IVA che chiudono di quelle che aprono e molto spesso le partite IVA chiudono per tanti motivi, tra i quali uno è anche quello dell'eccessiva presenza fiscale nel nostro Paese nelle attività economiche. Pertanto, se è effettivamente giusto combattere l'evasione fiscale bisogna, però, avere anche la consapevolezza di dover costruire un rapporto tra l'imprenditore, il commerciante, l'artigiano, la partita IVA e le istituzioni preposte alla lotta all'evasione. Non crediamo che sia con questi tipi di azioni che si crea un rapporto di tipo collaborativo (chiamiamolo così).
Prima dicevamo che le attività sono in difficoltà. Vi è il problema della liquidità delle banche e sappiamo benissimo che le banche stanno facendo il cosiddetto razionamento del credito. Vi è il problema dei pagamenti, che non arrivano, anche da parte della pubblica amministrazione. Vi è, altresì, il problema dei pagamenti tra privati, dove la grande distribuzione impone pagamenti lunghi, di 120, 150 o 180 giorni, alle piccole realtà produttive. Se, in più, a questo aggiungiamo l'invasività dell'azione di chi fa la lotta all'evasione diventa legittimo lo scoraggiamento da parte di chi deve tirare avanti in questo Paese economicamente e, quindi, magari qualcuno - stiamo attenti con questo modo di operare - può anche arrivare a dire: «Vabbè, chiudo la saracinesca e quello che è stato è stato».
Questo è una delle negatività che ha questo Governo di fronte a questa azione. Anche il Governo Berlusconi ha fatto la lotta all'evasione, però non ha aumentato le tasse. Il Governo Monti ha innalzato la pressione fiscale non di poco e vedremo poi, a consuntivo, quale sarà il livello di percentuale del gettito, della pressione fiscale. Contemporaneamente, fa questi tipi di azione per la lotta all'evasione. Una delle grandi regole dell'economia, che riguarda il gettito fiscale, dice che all'aumentare della richiesta di tasse e all'aumentare della pressione fiscale diminuisce l'incasso. È la famosa curva di Laffer, che dice che è inutile che tu continui a chiedere sempre di più perché poi, quando chiedi di più, alla fine incassi di meno, perché vi è il rischio che le attività economiche vadano a chiudere.
Questa è la contraddizione che si rileva nell'azione del Governo Monti: mentre con il Governo Berlusconi comunque, pur tra tante difficoltà, riuscivamo a mantenere la pressione fiscale costante e a non incrementarla al di là del calo del PIL - ma questa è un'altra questione -, con il Governo Monti si aumentano le tasse e si inasprisce, in questo modo spettacolare, la lotta all'evasione. Si tratta di una contraddizione perché le teorie economiche ci insegnano che, con l'aumentare della pressione fiscale, alla fine il gettito fiscale diminuisce.
Entriamo ora nel merito: se facciamo azioni di questo tipo a Milano va benissimo, ma vorremmo sapere se azioni di questo tipo vengono fatte, per esempio, anche nella China town milanese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Infatti, è facile scoprire potenziale o reale evasione in quei locali in cui sono stati fatti i controlli nei giorni scorsi, ma vorremmo vedere la stessa azione invasiva da parte della Guardia di finanza e dall'Agenzia Pag. 10delle entrate nel quartiere del commercio cinese di Milano, dove invece non ci risulta che siano state effettuate azioni di questo tipo. Ciò perché si sa benissimo che, se si va nel quartiere cinese di Milano, si scopre molto più lavoro nero, una grande quantità di scontrini non emessi e più sostanza, ma alla fine il messaggio che passa è quasi «discriminatorio», mentre se si va nella Milano «bene» si possono fare tutti i controlli perché tanto non c'è nessuna discriminazione.
Vorremmo vedere nei prossimi giorni un'azione così invasiva anche in quel quartiere: allora, agli occhi del contribuente vi sarebbe un'azione lineare ed oggettiva da parte dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza: se si vanno a controllare anche certi quartieri, dove è risaputo che l'evasione è maggiore, si accetta anche che si venga a cercare da noi, ma se, invece, si vanno sempre a controllare i soliti, qualche legittima rimostranza si viene a determinare.
Perché, per esempio, non facciamo un'azione di questo tipo a Prato, dove c'è ormai il business della contraffazione cinese, e in qualche negozio di produzione di abbigliamento del veronese, che conosciamo, dove la contraffazione cinese si fa dalla mattina alla sera, 24 ore al giorno? Perché non andiamo a svolgere in questi luoghi azioni di questo genere? Allora sì che il contribuente italiano direbbe che, se si vanno a colpire quelle aziende, è giusto che vadano a colpire anche lui; ma se andiamo sempre dallo stesso contribuente, allora costui dopo un po' si arrabbia e magari nascono quelle azioni negative nei confronti delle istituzioni che hanno il compito di realizzare la lotta all'evasione, azioni sicuramente da condannare, ma che si spiegano perché agli occhi di un commerciante vessato e martoriato questa è una discriminazione.
Leggiamo alcuni dati - ormai la Lega è in Parlamento da tantissimo tempo -. Ci hanno detto che realizzeranno azioni di questo tipo anche al Sud, che intanto le hanno fatte al Nord, ma che poi le faranno anche al Sud. Speriamo che le facciano anche al Sud, perché ci pare che anche esponenti politici non della Lega, ma di altri partiti di Milano così come del Veneto - è emerso con riferimento alla questione di Cortina -, hanno detto che si va sempre da loro, mentre in altre zone del nostro Paese azioni così spettacolari non vengono svolte. Vorremmo vedere un'azione così a Napoli, per esempio. Perché non vediamo un'azione di questo tipo a Napoli? Anche se ci fosse - lo dobbiamo dire -, non ne basta una, perché i dati dell'Agenzia delle entrate parlano di differenziali territoriali drammatici tra il Mezzogiorno e il resto dell'Italia quando si parla di evasione.
Infatti - questo è un dato dell'ufficio studi dell'Agenzia delle entrate, non ce lo siamo inventato noi -, nel Mezzogiorno l'intensità dell'evasione si cifra su un valore pari al 57,2 per cento, mentre nelle altre aree - stiamo parlando di Nord-Est, Nord-Ovest e Centro - questo valore oscilla tra il 17,6 per cento del Nord-Ovest ed il 25,01 per cento del Centro. Quindi, ci sono delle aree del nostro Paese, nelle quali le tasse non pagate sono percentualmente più elevate.
Pertanto, vorremmo capire perché il Governo, invece di fare queste azioni spettacolari e mediatiche da cinema, non mette in piedi un'azione di lotta all'evasione proporzionale in quelle parti del Paese in cui è maggiore il livello di evasione. Dobbiamo dirlo perché le nostre categorie produttive in questo particolare momento vivono anche la difficoltà della concorrenza sleale, pertanto, se oltre a questa ci mettiamo anche l'azione dell'Agenzia delle entrate, è normale che qualcuno si spazientisca.
Leggiamo un altro dato sull'evasione: secondo un'analisi condotta dall'Agenzia delle entrate alcuni mesi fa risulta che i dati sull'evasione non sono infatti omogenei sul territorio nazionale: se infatti la media nazionale dell'evasione ponderata con il reddito prodotto è pari al 38,4 per cento a livello generale, in alcune città il rapporto è del 10,9 per cento - gruppo composto da Milano, Torino, Genova, Roma, Lecco, Cremona e Brescia - e il massimo è del 65,6 per cento in città come Pag. 11Caserta, Salerno, Cosenza, Reggio Calabria e Messina. Ecco, questi sono i dati, ufficiali e pubblici, che devono far pensare quando si parla di lotta all'evasione. Ciò non vuol dire che al Nord non si deve farla, però non si può né spettacolarizzare né criminalizzare una particolare categoria o una particolare parte del Paese quando questi dati ufficiali affermano tutto il contrario.
Quindi, la mozione che la Lega ha presentato presenta alcuni punti principali, tra i quali segnaliamo i seguenti: abbandonare ogni forma di quella che appare, ai firmatari della mozione, una spettacolarizzazione dei controlli, tornando ad operare con discrezione e nel pieno rispetto dei contribuenti e dello statuto dei contribuenti. Con il Governo Berlusconi si faceva la lotta all'evasione, anche troppo, nei confronti delle categorie del Nord. Lo dobbiamo dire perché qualche errore magari lo abbiamo fatto, però non si è mai arrivati a spettacolarizzare in questo modo l'azione.
È necessario quindi migliorare il rapporto con i cittadini-contribuenti, tenendo conto che un rapporto meno conflittuale può aumentare anche la propensione a versare le imposte; rivedere il programma dei controlli sul territorio nazionale, procedendo non solo nelle zone più ricche del Paese, ma anche dove la compliance fiscale è minore e l'evasione fiscale è maggiore; assumere iniziative per semplificare gli adempimenti fiscali, in modo da diminuire significativamente gli errori formali da parte dei contribuenti, dovuti in gran parte alla complessità della normativa; promuovere una complessiva riforma del sistema fiscale in direzione di una riduzione della pressione fiscale attestata ormai su livelli insostenibili per imprese e famiglie, come certificato da tutti gli studi degli istituti più accreditati.
In conclusione, la diminuzione della pressione fiscale si può fare solo con la responsabilizzazione della spesa pubblica: il Governo precedente aveva portato avanti il federalismo, che aveva ovviamente dei tempi di attuazione naturali e fisiologici, non lo si poteva attuare dalla mattina alla sera, ma stava andando avanti. Così si poteva determinare una diminuzione della pressione fiscale grazie alla responsabilizzazione della spesa pubblica.
Questo Governo ha innalzato le tasse, bloccato il federalismo e adesso si mette a fare queste azioni di spettacolarizzazione. Noi come Lega Nord Padania ovviamente non siamo favorevoli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Biagio, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00842. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, l'evasione fiscale con tutti i suoi risvolti sembra essere parte integrante del costume italiano. Consacrata da decenni di commedie e di romanzi, spesso la scaltrezza e l'astuzia ne sono il sinonimo e, più che essere accompagnata da un gesto di disapprovazione, negli anni è stata celebrata e applaudita come la più eroica delle gesta.
Questo è lo scenario entro il quale si è alimentato e rafforzato uno dei vizi più dolenti della cultura italiana, una piaga sociale prima ancora che economica, che caratterizza il modus vivendi di una percentuale non trascurabile di cittadini e che compromette le potenzialità dell'erario, mortificando le capacità di spesa di uno Stato e infliggendo pesanti ripercussioni sui cittadini più vincolati sotto il profilo tributario, quelli che, in parole povere, il fisco lo devono pagare, senza se e senza ma.
Gli spot istituzionali mirano ad etichettare l'evasore come «parassita della società», ma in realtà questa etichetta sembra essere rimasta solo sulla carta, in assenza di una adeguata, quanto fattiva normativa di controllo. Questo non vuol dire che nelle intenzioni i Governi non ci abbiano provato, anzi, la lotta all'evasione e all'elusione fiscale erano spesso stornelli elettorali, ma poi diventando quasi mai nella pratica elemento centrale della politica di governo, come è stato di recente ricordato anche dal direttore dell'Agenzia delle entrate.
Ma, come i dati ci ripetono, i valori di queste frodi sembrano essere sempre gli Pag. 12stessi, poi c'è un'impressionante differenza tra i denunciati e l'effettivo ammontare dell'evasione, se si considera che soltanto nel 2011 sono stati denunciati 12 mila italiani per occultamento di circa 21 miliardi di euro, mentre in realtà l'evasione annuale approssimativa è di circa 130 miliardi di euro. Ci si rende conto che siamo ancora in alto mare.
D'improvviso poi il fenomeno è diventato di dominio pubblico, con iniziative mediatiche di forte impatto sociale e civile. Basti pensare ai controlli di capodanno a Cortina e a quelli di sabato scorso nella movida milanese, ragguardevoli e stimabili, ma davvero crediamo che questi bastino?
Il fenomeno dell'evasione è radicato e tentacolare e merita un approfondimento sistematico, che vada oltre l'apparenza, ma si basi su meccanismi di controllo incrociato, di tracciabilità dei flussi e di rettifica normativa, che attendono da troppo tempo di essere attuati.
Quando si parla di evasione, si parla anche di corruzione e non è un eccesso di demagogia. Sappiamo bene che il mancato pagamento dei tributi da parte di questo o di quello rappresenta il primo strumento attraverso cui cumulare facilmente risorse, destinato a mettere in atto dinamiche di corruzione della pubblica amministrazione. Elevati livelli di corruzione, infatti, modificano l'allocazione efficiente delle risorse, sottraendole alle attività produttive. Per tale motivo, appare del tutto impensabile procedere con la lotta all'evasione mettendo in un angolo il controllo delle dinamiche di corruzione, perché sono indiscutibilmente fenomeni connessi.
Esistono gli strumenti ed esistono anche le norme, perfettibili, ma esistono. Perché non applicarle? Perché non dare seguito all'esigenza impellente di recuperare il sommerso, mettendolo a disposizione dell'Italia che vuole crescere, un'Italia che vuole finalmente competere e ricollocarsi in Europa? Noi siamo qui per rendere tutto questo possibile.
La normativa recente ha consentito l'entrata in vigore di strumenti di monitoraggio e controllo, quali spesometro e redditometro, che sono stati più un problema che un reale meccanismo di lotta all'evasione, perché non c'è chiarezza nei parametri da applicare e nel sistema da utilizzare, con il risultato, purtroppo fin troppo diffuso in Italia, di lasciare nel dimenticatoio un progetto interessante sulla carta.
Perché poi non consentire i controlli incrociati? Basterebbe davvero poco. Da un lato, dichiarazioni dei redditi, codici fiscali e partite IVA, dall'altro, flussi finanziari e dati dello spesometro, ma purtroppo, come sappiamo, non esiste alcun obbligo in capo alle autorità competenti, se non per i casi specifici oggetto di controlli mirati, come quello che si è verificato sabato sera a Milano.
Questi eventi devono indurre a riflettere anche su ipotesi innovative di gestione del fenomeno dell'evasione, che partono anche da interventi di coraggio nei confronti dei contribuenti e dell'erario. Basti pensare che il semplice riconoscimento della detraibilità delle spese relative ai consumi e agli acquisti quotidiani nelle dichiarazioni dei redditi potrebbe rappresentare un sistema di intervento pragmatico e di sostegno al reddito, capace di esorcizzare dinamiche di evasione fiscale. Questo perché in primis gli erogatori di servizi si sentirebbero particolarmente motivati a rilasciare uno scontrino proprio dai consumatori.
Questa premessa consentirebbe il consolidarsi di una pratica virtuosa che sola potrebbe approdare al contenimento di una percentuale non trascurabile dell'evasione fiscale. E non sottovalutiamo l'effetto che avrebbe un controllo più incisivo sui capitali veicolati oltre confine: un monitoraggio che parta da accordi con istituti bancari, in particolare quelli locati presso i cosiddetti paradisi fiscali, che contempli le attività svolte da consulenti o mediatori finanziari che propongono ai consumatori tali prodotti e che monitori tali flussi finanziari. Ci rendiamo conto che lo scudo fiscale è solo un palliativo, ma bisogna intervenire con meccanismi di controlli a monte. Non dobbiamo dimenticare cosa dispone la nostra Carta costituzionale: all'articolo 53 prevede che tutti sono tenuti Pag. 13a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato al criterio di progressività, vale a dire che più hai e più dovresti dare, e sappiamo che in Italia non funziona proprio così. L'elusione fiscale si configura come il meccanismo attraverso il quale il contribuente mira ad eludere attraverso specifiche scappatoie il prelievo tributario a suo carico al fine di ottenere un consistente risparmio di imposta, facilitato da lacune e da imprecisioni della norma tributaria. Ma la normativa italiana non riconosce una disciplina antielusiva generale, sussistendo invece norme antielusione spesso relative solo ad alcune tipologie di tributi, che limitano di fatto l'approccio normativo all'ordinamento italiano.
La teoria dell'abuso nel diritto tributario ha ottenuto un definitivo riconoscimento attraverso alcune sentenze della Cassazione nel 2008. Il risultato è stato quello di vincolare il divieto di abuso al portato dell'articolo 53 della Costituzione, ma di fatto non è stato codificato.
Per tali ragioni chiediamo, come gruppo di Futuro e Libertà, un intervento preciso in capo al Governo affinché applichi gli strumenti esistenti, migliori la normativa vigente e consenta l'approfondimento di progetti innovativi sotto il profilo fiscale, come la detraibilità delle spese per i contribuenti (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Biava, che illustrerà la mozione Leo n. 1-00843, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BIAVA. Signor Presidente, il tema della lotta all'evasione fiscale è oggi più che mai argomento centrale nel dibattito politico e istituzionale. È uno dei temi più caldi su cui si confronta l'opinione pubblica. Vale la pena di ricordare in questa sede che il tema è stato affrontato con forza e straordinaria efficacia dal Governo Berlusconi uscente, che ha contribuito in maniera decisiva, attraverso una serie di interventi normativi puntuali ed incisivi, al raggiungimento di un trend positivo nei confronti della lotta all'evasione. Basta citare un dato: nel 2010 la lotta all'evasione fiscale e previdenziale ha portato complessivamente al recupero di oltre 25 miliardi di euro, oltre il triplo dei risultati a cui era giunto il Governo Prodi. La linea del sano rigore è quindi cominciata prima del Governo Monti. La politica del Governo Berlusconi si è infatti caratterizzata per equità, rigore e buonsenso, cioè la capacità di equilibrare una politica fiscale rispetto alle esigenze del Paese.
Come si sottolinea all'interno del testo della mozione del gruppo PdL, numerosi sono infatti i provvedimenti adottati in materia di attività di accertamento e riscossione: dal potenziamento della partecipazione dei comuni all'attività di accertamento fiscale e contributivo, alla revisione e potenziamento dell'accertamento sintetico, con lo scopo di porre la massima attenzione nella ricerca di elementi di spesa e di investimento indicativi di capacità contributiva al fine di intercettare i contribuenti per i quali le spese sostenute non sono compatibili con quanto dichiarato; dalle disposizioni antielusive, volte a colpire l'uso di beni intestati fittiziamente a società, all'indeducibilità dei costi relativi ai beni concessi ai soci o ai familiari per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato.
Si è previsto un potenziamento dell'attività di accertamento effettuato dall'Agenzia delle entrate, a cui è stato affidato un ruolo centrale nel coordinamento del servizio di accertamento e riscossione attraverso l'ottimizzazione delle risorse, l'incremento della capacità operativa di specifici settori e la collaborazione con altri enti.
Sono stati rafforzati i poteri del fisco in sede di indagine finanziaria, in particolare consentendo agli uffici di acquisire informazioni anche da società ed enti di assicurazione per quanto riguarda le attività di natura finanziaria.
Come già il Parlamento ha evidenziato nel corso di una discussione su questo punto affrontata lo scorso mese di giugno, Pag. 14approvando una serie di impegni in materia di elusione e riscossione, la politica fiscale ha bisogno di essere equilibrata rispetto alle esigenze del rigore, da una parte, e di uno sguardo alle condizioni economiche delle nostre imprese, dall'altra.
Il Governo Berlusconi ha fondato gran parte dell'azione di questi anni di crisi economica su una parola chiave e, cioè, il rigore. Rigore nella ricerca di un'equità fiscale, ma anche la capacità di intervenire in maniera puntuale sul tema del recupero delle risorse per la gestione, non soltanto ordinaria, ma pure della politica degli investimenti. Il grande patrimonio delle piccole e medie imprese va tutelato proprio nell'interesse dell'intero Paese, attraverso una maggiore sensibilità rispetto alle legittime esigenze di settori produttivi in crisi, che corrisponde alla stessa esigenza di tutela degli interessi erariali, in quanto il collasso dei settori produttivi comprometterebbe la stessa possibilità di riscuotere effettivamente le somme dovute a titolo di imposte e contributi e determinerebbe una crescita smisurata delle imprese per il sostegno del reddito e per il welfare in generale.
Il legislatore ha il dovere di chiedersi se l'insieme delle leggi che regolano il sistema di riscossione fiscale risponde alle esigenze dei cittadini e delle imprese. Ricordo che vi sono sei milioni di famiglie e un milione e mezzo di imprese coinvolti nelle misure cautelari di Equitalia; un milione e mezzo di imprese, con annessi e connessi, significa mezza Italia. Sembra quasi assurdo immaginare che metà Italia sia da comprendere nella categoria degli evasori o dei non pagatori cronici. Magari la maggior parte di queste persone ha sempre rispettato le regole e ha avuto la volontà di contribuire, anche economicamente, allo sviluppo del Paese. Per questo, per evitare ogni forma di eventuale abuso, che è diverso dal rigore, che, invece, deve essere portato avanti nell'azione di riscossione e di recupero dei denari necessari alla vita delle istituzioni e del sistema sociale del nostro Paese, chiediamo di mettere insieme le forze per rendere il nostro sistema fiscale più vicino ad imprese e cittadini, evitando, altresì, forme di spettacolarizzazione inutili e concentrando le risorse dell'amministrazione finanziaria su interventi volti a massimizzare i recuperi a tassazione di somme illegittimamente sottratte all'erario. A tal proposito, infatti, si vuole impegnare il Governo, tra l'altro, a lavorare per limitare comportamenti più articolati e complessi che consistono, generalmente, nell'individuazione, da parte del contribuente, di assetti negoziali e societari tali da determinare l'occultamento completo o l'erosione del presupposto di imposizione, delimitando la portata applicativa dell'elusione e del cosiddetto abuso del diritto e distinguendo tra i comportamenti dei contribuenti volti a raggirare obblighi o divieti posti dall'ordinamento tributario da quelli che configurano un legittimo risparmio di imposta. Bisogna, inoltre, operare efficacemente per sensibilizzare gli enti locali a fornire segnalazioni qualificate all'Agenzia delle entrate in ordine ad elementi indice di capacità contributiva riferiti ai contribuenti, anche al fine di ritrarre risorse economiche relative agli accertamenti tributari andati a buon fine.
Ad ogni modo, è necessario adottare misure di semplificazione del sistema di politica fiscale volte a favorire il rapporto tra contribuenti e amministrazione finanziaria, proprio per rispondere alle legittime esigenze dei cittadini e delle imprese che hanno il diritto di potersi rapportare quotidianamente con un sistema efficiente ed efficace in grado di costruire un sano rapporto fra contribuente, sia esso famiglia o impresa, e fisco, enti previdenziali, enti locali e regioni.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00831. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, sono arrivato un po' tardi rispetto alla tabella di marcia che mi ero prefissato a causa dei voli. Ma solo arrivato sufficientemente in tempo utile per sentire, ad Pag. 15esempio, i colleghi della Lega Nord parlare di blitz della Guardia di finanza di pura immagine, di spettacolarizzazione. È stato appena ripetuto. Mi auguro naturalmente che non ci si fermi qui ma che a tappeto si intervenga in ogni realtà, dal nord al sud. I risultati come ben vedete cominciano a vedersi se è vero, come è vero, quanto i media ci hanno riferito.
L'evasione c'è in tutte le regioni e in tutte le realtà italiane. È diversificata ovviamente ma, per dirla con il presidente del Censis, se percentualmente, in termini di evasori, le regioni del sud hanno il primato, nelle regioni del nord, come controvalore di evasione in termini assoluti, è ben superiore alle altre.
Ecco quindi che tocca trasversalmente tutto il territorio. Siamo in una fase di risanamento delle finanze pubbliche che non è soltanto un problema di numeri, di saldi ma è soprattutto di capacità da parte dello Stato di far rispettare le proprie regole. Oggi abbattere l'evasione è una priorità assoluta: l'elevato tasso è indice di quanto in basso sia caduto il livello di legalità in Italia. L'evasione viene percepita - questa è la fase ancora più grave - in Italia, soprattutto all'estero come un tratto endemico della nostra società. Abbattere, quindi, l'evasione è la strada per elevare il senso di legalità perché è anche il modo più efficace di combattere criminalità organizzata, corruzione, reati finanziari, affarismo, abusi e chi più ne ha più ne metta.
Con l'ultima manovra finanziaria, il decreto-legge «salva Italia», che io ho votato, lo Stato si è dotato di quasi tutti gli strumenti necessari per combattere efficacemente l'evasione. Può controllare ogni pagamento, transazione finanziaria, investimento dei cittadini. Ha limitato l'uso del contante per avere una traccia di come si utilizzano i fondi e può analizzare l'abitudine di spesa con il nuovo redditometro. Inoltre, è stato istituito e dovrebbe entrare in funzione tra poco il cosiddetto semaforo del fisco (verde, giallo, rosso) a seconda della consistenza del tasso di spesa rispetto alla dichiarazione di ognuno dei cittadini contribuenti.
Lo Stato ha a disposizione un apparato imponente: sono ben tre gli organismi che intervengono sul territorio, tre istituzioni, l'Agenzia delle entrate, la Guardia di finanza ed Equitalia, oltre, naturalmente, 8.100 comuni che conoscono ancora meglio il territorio. Adesso però ci vogliono i risultati. Gli strumenti sono stati messi a disposizione e i risultati incominciano a vedersi. Un Paese molto indebitato e poco credibile è destinato inevitabilmente - eravamo, ahimè, sulla cattiva strada o buona a seconda delle letture - al default, al fallimento, e poiché la posta in gioco è molto alta, è giusto concedere allo Stato un potere che può sembrare anche intrusivo nel privato dei cittadini. Tuttavia se il ritorno è quello di un abbattimento di benefici e ne potranno godere soprattutto quelli che hanno redditi più bassi, dico ben venga.
Le modalità di evasione le conoscono tutti i colleghi. Sono un po' frutto ahimè della filosofia che è andata per la maggiore in questi anni, del cavallo che doveva essere lasciato correre nelle libere praterie senza troppi vincoli, del liberismo sfrenato, del mercato senza regole. C'è stata una evoluzione dei valori con l'esplosione dell'individualismo contemporaneo. È una tendenza da combattere poiché non si può rinunciare all'idea che non si è soltanto se stessi ma si è all'interno di un contesto di cui si è responsabili. Se c'è una crisi storica come quella che stiamo vivendo bisogna cambiare mentalità. Ecco quindi che l'azione deve essere collettiva.
Se è vera la differenza tra le poche famiglie che hanno e detengono i patrimoni e i redditi più alti ed il gran numero dei cittadini il cui reddito invece si sta abbassando costantemente, allora davvero occorre intervenire in modo drastico, senza guardare in faccia nessuno.
Signor Presidente, prima di concludere voglio citare soltanto quello che diceva il grande Einaudi, citando quanto avveniva in Inghilterra (era vero allora, ed è vero anche oggi): «Quasi tutti i risparmiatori» - diceva Einaudi - «hanno fiducia nella parola dello Stato. Sanno che la promessa di concedere appena possibile sgravi di Pag. 16imposta e di concederli preferibilmente a cominciare dai redditi più bassi sarà mantenuta. Bisogna ricreare anche in Italia questa atmosfera di fiducia, questo senso dell'avvenire. Bisogna promuovere la ricostruzione che nasce dalla speranza. Questo » - concludeva - «è il miracolo che è chiamato a compiere il nostro Paese».
Avendo l'Italia deciso finalmente di mettere ordine, anche per gli impegni presi con l'Europa, nei suoi conti pubblici, è intollerabile che una parte del Paese possa sottrarsi a fare in pieno la propria parte. L'articolo 53 della Costituzione, appena ricordato, è molto chiaro: «Il sistema tributario è informato a criteri di progressività», cioè più guadagni e più paghi. Invece, ahimè, per anni si è preferito guardare dall'altra parte da parte della politica. Secondo la banca dati dell'Agenzia delle entrate vi sarebbe una differenza - e concludo - del 38,41 per cento tra i redditi dichiarati e i redditi presunti degli italiani. Uno degli strumenti più in voga, soprattutto per le società o per i detentori di grandi patrimoni, sono le cosiddette società di comodo o i trust. Io ho depositato, signor Presidente, una proposta di legge e mi auguro che il Governo ed il Parlamento vadano a verificare quanto accade.
Voglio solo ricordare - e concludo per davvero - che il decreto-legge n. 138 del 13 agosto 2011, convertito dalla legge n. 148 del 14 settembre (c'era un altro Presidente del Consiglio), avrebbe dovuto porre fine alle società di comodo, invece si è limitato ad intervenire su quelle che hanno denunciato perdite persistenti. Ecco perché non si è voluto mettere il dito nella piaga.
Nella nostra proposta di mozione, che mi auguro che il Governo qui rappresentato voglia accogliere, si indicano sette o otto punti significativi che in parte già sono in corso, ma che sicuramente abbisognano di un'ulteriore integrazione, come quella di dare pieni poteri ad un unico soggetto, una superagenzia con tutti gli strumenti telematici ed informatici di cui ad ogni livello si dispone.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signora Presidente, con l'occasione voglio anche ringraziare il dottor Marco Cuccagna, il direttore di Equitalia che è stato coinvolto nel mese di dicembre scorso in quel vile attentato e che due martedì passati sono andato a trovare, per portargli la solidarietà dell'Italia dei Valori e mia, presso l'Agenzia delle entrate, presente il direttore Befera. Egli è proprio la testimonianza di uno degli ultimi soggetti coinvolti in questa «terza guerra mondiale» che si sta vivendo. Sì, perché è così: noi stiamo in una piena «terza guerra mondiale». Infatti, a differenza delle prime due guerre mondiali, dove le guerre si facevano in trincea, con soldati armati di granate e di moschetti, adesso, nel terzo millennio, le nuove guerre hanno degli scenari diversi: oggi, nel terzo millennio, le guerre hanno come scenari i mercati finanziari, l'economia. Nel corso di queste guerre noi abbiamo imparato a conoscere dei killer micidiali, che si chiamano spread, che si chiamano rating, che si chiamano evasione fiscale. Allora uno Stato che vuole attrezzarsi e che vuole rendersi attuale rispetto alla situazione ed al momento storico deve organizzarsi e deve avere un esercito per fronteggiare questi killer micidiali. L'Italia dei Valori ritengo sia il partito che riesce ad essere più attuale: infatti, noi una mozione analoga la presentammo sull'evasione fiscale anche nel 2009.
Ed ora siamo di nuovo qui: il giorno dopo, l'abbiamo presentata mentre, domenica, vi erano due operazioni in corso a Milano e il giorno precedente ve ne era una condotta, sempre a Milano, dall'Agenzia delle entrate.
Noi riteniamo che, in questo momento, occorra avere un esercito che sia capace di contrastare questa criminalità economico-finanziaria. Per la verità, in questo Paese, abbiamo una struttura capace di contrastare la criminalità organizzata e la criminalità economico-finanziaria: questa struttura si chiama Guardia di finanza e Pag. 17rappresenta il mio punto di non condivisione, l'unico, in questa mozione.
Abbiamo un Corpo, infatti, che, nel 2011, ha dato dei numeri eccezionali: quando si parla di controlli - ad esempio quelli svolti a Milano, nella tanto reclamizzata operazione, oppure a Cortina - e si dice che vi sono 120 esercizi commerciali controllati, vorrei ricordare che, nel 2011, la Guardia di finanza ha effettuato 800 mila controlli strumentali. Basti pensare, poi, che il vero contrasto alla criminalità organizzata viene portato avanti proprio dalla Guardia di finanza, con numeri incredibili. Nel 2011, sono stati avviati 4.100 accertamenti patrimoniali riguardanti 8.600 soggetti, di cui 7.500 persone fisiche e 1.500 persone giuridiche, arrivando, addirittura, al sequestro di ben 3 miliardi di euro, di cui confiscati circa 946 milioni di euro. In altri termini, quasi un miliardo di euro è già entrato nelle casse dello Stato, arrivando, addirittura, al sequestro di 5.500 pezzi tra appartamenti, auto e aziende che la criminalità organizzata ormai utilizza, perché si inserisce sempre di più nel tessuto economico.
Rispetto a questa situazione, noi abbiamo un patrimonio importante che è, appunto, l'operatività capillare e quotidiana della Guardia di finanza. Ad esempio, l'altro giorno, a Milano, sono stati impiegati i vigili urbani per svolgere controlli sulle auto di grande cilindrata per avere un'attività dedicata al controllo fiscale. Ebbene, mi sembra che, in questo modo, diventiamo un Paese nel quale ognuno vuole fare il mestiere dell'altro, perché, probabilmente, quell' «ognuno» non svolge per bene il proprio mestiere. Forse, è meglio che i vigili urbani di Milano restino dedicati alle loro attività concernenti il traffico, altrimenti ci saranno doppie file e morti. Badassero all'inquinamento!

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FRANCESCO BARBATO. La Guardia di finanza, invece, nel 2011, ha effettuato 45 mila controlli: ecco come si controllano le auto di grossa cilindrata e, soprattutto, le auto sospette!
Per questa ragione, noi riteniamo ed io ritengo che la militarità sia un moltiplicatore di efficienza nell'operatività. Noi abbiamo bisogno di uno Stato e, quindi, di un sistema fiscale che funzioni sempre meglio, che sia sempre più rigoroso, più autorevole, più forte e più determinato. Questa è la militarità. Altro che renderlo più rammollito, altro che svuotarlo! Noi non possiamo seguire i radicali nelle battaglie concernenti la smilitarizzazione della Guardia di finanza: noi siamo l'Italia dei Valori e, a differenza loro, non stiamo con la testa tra le nuvole. Di questo passo, va a finire che li seguiremo anche sul tema dell'amnistia! Noi, invece, vogliamo uno Stato forte, un sistema fiscale efficiente.
Essere attuali significa trovare anche i punti d'intesa con l'altro grande alleato con il quale dobbiamo costruire un'alternativa di Governo seria per questo Paese. Il Partito Democratico, nella sua mozione, alla lettera l) dell'impegno, prevede che si rafforzi la Guardia di finanza.

PRESIDENTE. Deve concludere.

FRANCESCO BARBATO. Pertanto noi, su temi fondamentali quali il fisco, dobbiamo parlare lo stesso linguaggio. È questa la ragione per la quale - e concludo, signor Presidente, ringraziandola per la disponibilità che ci ha concesso - chiediamo di rinforzare e continuare il contrasto all'evasione fiscale, naturalmente, tenendo forti e solidi quei punti importanti, quali, appunto, la Guardia di finanza, che rappresenta un tassello importante del sistema fiscale italiano che non possiamo storpiare. Anzi, noi, l'Italia dei Valori, il partito della legalità, il partito del rigore, il partito che ha bisogno di più ordine siamo per la militarità, nell'interesse del Paese, per contrastare davvero evasori, mafiosi, potenti e prepotenti rispetto ai quali abbiamo bisogno di uno Stato forte.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Occhiuto. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, il peso dell'evasione e dell'elusione Pag. 18fiscale nel nostro Paese - come hanno evidenziato altri colleghi intervenuti prima di me - è divenuto davvero insopportabile, ciò a causa della sua dimensione: infatti, per quanto non vi siano stime certificate sul valore dell'evasione e dell'elusione, è consolidata la convinzione che siano circa 120 i miliardi di euro sottratti all'erario ogni anno e che 120 miliardi rappresentino davvero una cifra enorme ed enormemente scandalosa. Ciò anche perché, mentre si taglia la spesa pubblica, riducendo i servizi che lo Stato offre ai cittadini, mentre si aumentano le tasse per far fronte alle necessità imposte dalle condizioni della finanza pubblica, risulta davvero insopportabile che si sottraggano annualmente risorse così ingenti allo Stato attraverso l'evasione fiscale.
Il mancato gettito derivante da un'elevata evasione e da un'altrettanta elevata elusione fiscale, costituisce uno degli ostacoli principali alla disponibilità di risorse aggiuntive da destinare alla crescita e anche un ostacolo alla migliore redistribuzione delle risorse pubbliche. La lotta all'evasione fiscale è, infatti, soprattutto, una lotta per l'equità del nostro sistema fiscale. Noi riteniamo che sia la battaglia principale per rendere più equo il nostro sistema fiscale.
Da più parti, ogni volta che si licenzia una manovra, si richiamano il Governo e le istituzioni a considerare le difficoltà che quella manovra impone, soprattutto dal punto di vista dell'equità fiscale. Da più parti, quando si fanno scelte di politica economica, ci si richiama ad uniformarsi al criterio dell'equa distribuzione dei carichi fiscali e, poi, nel nostro Paese, si consente agli evasori di squilibrare enormemente il peso di tali carichi tra i cittadini.
Vorrei citare soltanto qualche dato, perché è davvero singolare che, in un Paese come il nostro, su 41 milioni 500 mila contribuenti, soltanto lo 0,16 per cento, più o meno, dichiari più di 200 mila euro l'anno, questo è un dato che la dice lunga sulla dimensione dell'evasione e dell'elusione fiscale nel nostro Paese. La politica e le istituzioni devono essere, dunque, più coraggiose.
È assolutamente giusto affermare che l'alta pressione fiscale, associata peraltro ad un livello scadente dei servizi offerti dallo Stato, rappresenti uno straordinario incentivo ad evadere le tasse, ma è assolutamente sbagliato far diventare questa circostanza un alibi o, almeno, nel migliore dei casi, un'attenuante all'evasione fiscale. E, soprattutto, è assolutamente sbagliato che a farlo siano la politica e gli uomini delle istituzioni, come tante volte è accaduto nel nostro Paese, anche da parte di uomini di Governo, negli anni passati.
Ha ragione il Presidente Monti: «Chi oggi evade le tasse, reca danno ai concittadini» - così egli ha affermato qualche giorno fa - «ed offre ai propri figli un pane avvelenato», rendendoli, peraltro, «cittadini di un Paese non vivibile». Non ci deve essere, certo, un intento vessatorio, ma è giusto che lo Stato abbia il coraggio di inviare segnali diversi rispetto a quelli che, per anni, ha lanciato attraverso i condoni e gli scudi fiscali. Arriverei a dire che non sarebbe neanche sbagliato che si inserisse in Costituzione - come qualcuno ha proposto - il principio per il quale i condoni sono illegittimi: non ci si può, infatti, stupire del livello dell'evasione, se lo Stato per primo non dà certezza della sua volontà di percepire da tutti i cittadini ciò che è giusto percepire.
I provvedimenti varati dal Governo, sia da quello Berlusconi ma ancor di più dal Governo Monti, per combattere l'evasione, costituiscono dei sensibili passi in avanti: dagli indicatori di spesa, alla tracciabilità dei pagamenti, dalla limitazione del contante all'introduzione del sistema informatizzato Serpico che consentirà di incrociare le banche dati, che già sono disponibili per quanti vogliono fare la lotta all'evasione, e tutti i dati sensibili relativi ai contribuenti per combattere davvero l'evasione e l'elusione fiscale.
Nonostante questi significativi passi in avanti, emerge la necessità di prevedere ulteriori misure per rendere la lotta all'evasione e all'elusione fiscale ancora più Pag. 19incisiva. Sono necessarie più misure dal punto di vista delle risorse impegnate nei controlli; qualcuno, all'inizio di questo dibattito ha citato uno studio condotto in America: negli Stati Uniti sono convinti che ogni dollaro investito in accertamenti ne produca quattro di entrate recuperate; per tale ragione le risorse investite nella lotta all'evasione sono risorse investite per diminuire il carico fiscale per tutti i cittadini, soprattutto per quelli che le tasse le pagano sempre. È necessario quindi un maggiore investimento dal punto di vista delle risorse, anche delle risorse di personale. Infatti, l'amministrazione finanziaria italiana, al netto dei militari della guardia di finanza - anche noi siamo contrari alla smilitarizzazione della guardia di finanza - conta oltre 33 mila 550 addetti, pari alla metà di quelli presenti in Francia, dove ci sono 72 mila 800 addetti, o di quelli del Regno Unito, con 70 mila 700 addetti e quattro volte in meno di quelli occupati in Germania, dove gli addetti alla lotta all'evasione fiscale sono 112 mila 300 circa. Occorre dunque un cambio di passo; nel nostro Paese, per esempio, ci si stupisce per i controlli fiscali; qualcuno l'ha fatto anche oggi, in questo dibattito, citando i controlli che l'Agenzia delle entrate ha disposto a Cortina oppure a Milano; mentre questi controlli, in un Paese civile dovrebbero essere la norma, non l'eccezione. Qualcuno peraltro, mi riferisco alla Lega Nord Padania, ho letto anche la loro mozione, ha indicato nel sud il luogo dell'evasione fiscale, dicendo che questi controlli vanno fatti al sud e non al nord o vanno fatti prima al sud e poi, magari, al nord. Io vorrei citare lo studio di una università che molto meridionale non è, l'università Bocconi di Milano, che dice che il sommerso al sud è cresciuto, è vero, dal 2005 al 2008, dal 16,9 per cento al 21,8 per cento, ed è cresciuto a danno del sud e a danno degli operatori economici del sud. Tuttavia, negli stessi anni, il sommerso è cresciuto anche nel centro-nord ed è cresciuto più che al sud, infatti è cresciuto dal 28,1 per cento al 35,4 per cento del totale dell'economia. Queste sono percentuali che rendono conto delle variazioni, appunto, in termini percentuali; se queste variazioni le calcoliamo sul valore dell'economia, ci rendiamo conto di come più ingente, molto più ingente, sia l'evasione nelle regioni economicamente più ricche.
Quindi noi vogliamo che la lotta all'evasione si faccia dappertutto, si faccia al sud perché è utile a sradicare l'economia illegale, anche l'economia della mafia, ma si faccia anche al nord senza che qualcuno, dal nord, evochi alcuni argomenti che a volte hanno il sapore dell'alibi o dell'attenuante per chi non paga le tasse. Così come dovrebbe ritenersi naturale che la lotta all'evasione fiscale sia una lotta che si fa a vantaggio di chi le tasse le paga, perché ogni euro recuperato serve a ridurre la pressione fiscale per chi le tasse le paga già, serve a ridistribuire il reddito in favore di chi le tasse le paga sempre; per questo ho detto che il principale intervento nella direzione di rendere più equo il nostro sistema fiscale consiste in una lotta decisa, incisiva all'evasione e all'elusione fiscale.
Bisogna inoltre fare in modo che tra i cittadini si abbia una più reale percezione della gravità del tax gap, di quanto potrebbe contribuire un maggiore recupero dell'evasione ad una redistribuzione più equa del reddito e bisogna contrastare la diffusa sensazione di impunità da parte degli evasori. Infatti, la deterrenza è il modo migliore per ridurre l'evasione: non servono provvedimenti che facciano vedere la faccia cattiva dello Stato se poi lo Stato annuncia, a volte, attraverso gli uomini delle istituzioni la volontà di fare in futuro condoni o sanatorie di qualsiasi genere. Il cittadino deve sapere che la volontà dello Stato è quella di recuperare l'evasione proprio perché la deterrenza è il modo migliore per combattere questo fenomeno.
A causa delle lungaggini e delle farraginosità del contenzioso, il fisco in Italia incassa solo il 10,4 per cento di quello che ha accertato contro il 94 per cento degli Stati Uniti, il 91 per cento dell'Inghilterra, l'87 per cento della Francia, l'84 per cento Pag. 20del Belgio, l'81 per cento del Spagna, l'80 per cento della Svezia e il 31 per cento della Grecia.
Riconosciamo al Governo il merito di aver proposto degli interventi importanti in questa direzione e gli riconosciamo anche il merito di averli proposti senza impegnare delle quantità di risorse attese da questi interventi. Infatti quando si fa la lotta all'evasione le risorse devono essere delle sopravvenienze che poi vengono distribuite e non è stato sempre così. Negli ultimi anni, a fronte di interventi che andavano, ad esempio, nel senso di potenziare gli strumenti dell'Agenzia delle entrate o di aumentare il ricorso ai pagamenti elettronici, si stabilivano nel bilancio dello Stato delle entrate attese che poi servivano a finanziare altri provvedimenti. Questo Governo invece non ha utilizzato i suoi interventi a copertura di altri interventi.
Noi dell'UdC però chiediamo al Governo di impegnarsi ancora. Nella mozione che stiamo presentando vogliamo impegnare il Governo ad introdurre meccanismi di trasparenza e di semplificazione del sistema tributario velocizzando soprattutto il contenzioso, attraverso un maggior uso della mediazione e degli accertamenti con adesione.
Vogliamo invitare il Governo ad impegnarsi ulteriormente nella direzione di introdurre progressivamente un'ulteriore riduzione dell'uso del contante, attraverso un'implementazione delle modalità di pagamento telematiche, che però non devono costituire un aggravio di costi, soprattutto per le famiglie ed i pensionati.
Invitiamo anche il Governo a sperimentare forme di contrasto di interessi, a partire dalle spese più direttamente collegate ai bilanci correnti delle famiglie con figli. Sappiamo che non è semplice - questa è una attività estremamente controversa anche nella discussione -, ma aprire una sessione di discussione su questo, sulla possibilità di contrastare l'evasione attraverso il contrasto degli interessi credo sia importante per questo Governo. Così come lo invitiamo, e concludo, a controllare la consistenza e la composizione dei patrimoni dei contribuenti al di sopra di una certa soglia minima quali elementi integrativi per l'accertamento dell'evasione e dell'elusione fiscale.
Ci auguriamo che il dibattito di oggi, con la presentazione di tante mozioni da parte di ciascun gruppo parlamentare, possa rappresentare la reale volontà di tutto il Parlamento - non solo dell'ampia maggioranza che sostiene il Governo, ma anche di tutto il Parlamento - di fare della lotta all'evasione e all'elusione un valore assolutamente condiviso. Infatti, si tratta di un valore utile a costruire un futuro migliore rapporto tra generazioni e utile per fare in modo che lo Stato che noi stiamo cercando di costruire possa essere uno Stato capace di consegnare ai nostri figli un ordinamento fiscale più equo, dove le tasse le paghino tutti e non soltanto i soliti noti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Della Vedova e Toto n. 1-00828, Monai ed altri n. 1-00834, Misiti ed altri n. 1-00835, Moffa ed altri n. 1-00836, Lanzillotta ed altri n. 1-00837, Lo Monte ed altri n. 1-00838, Dozzo ed altri n. 1-00839, Galletti ed altri n. 1-00840, Valducci ed altri n. 1-00841 e Meta ed altri n. 1-00844 concernenti iniziative volte a favorire lo sviluppo delle reti a banda larga (ore 11,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Della Vedova e Toto n. 1-00828, Monai ed altri n. 1-00834, Misiti ed altri n. 1-00835, Moffa ed altri n. 1-00836, Lanzillotta ed altri n. 1-00837, Lo Monte ed altri n. 1-00838, Pag. 21Dozzo ed altri n. 1-00839, Galletti ed altri n. 1-00840, Valducci ed altri n. 1-00841 e Meta ed altri n. 1-00844 concernenti iniziative volte a favorire lo sviluppo delle reti a banda larga (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta di giovedì 26 gennaio 2012.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Toto, che illustrerà anche la mozione sua e dell'onorevole Della Vedova n. 1-00828. Ne ha facoltà.

DANIELE TOTO. Signor Presidente, la ratio della mozione è presto sviluppata, presto spiegata: naturalmente lo sviluppo delle reti di nuova generazione rappresenta una modernizzazione di un Paese e anche un criterio di competitività e di produttività, oltre che di crescita e di innovazione.
Notevoli sono state le analisi e gli studi, di cui uno, molto autorevole, che riguarda la Banca mondiale che, nel 2009, ha stabilito che un aumento di 10 punti percentuale nell'accesso alla banda larga determina un aumento del PIL di 1,21 punti percentuali. Questo vuol dire, dunque, che vi è una correlazione tra la crescita di un Paese e la crescita di offerte di reti NGN, banda larga e fibra ottica, la cui, ahimè, penetrazione, per quanto riguarda il nostro Paese, nei confronti di quelli che sono i nostri competitor europei più accreditati, quindi Francia e Germania, ci vede soccombenti. Infatti, per quanto riguarda la banda larga abbiamo una penetrazione del 22 per cento, a fronte di una media dei competitor che ho detto pari al 30 per cento; e nella fibra ottica siamo addirittura al 10 per cento, e l'attività di investimento si è fermata.
Questa mozione arriva in un momento di grande criticità, cioè di passaggio, poiché dopo due anni, finalmente, l'Authority per le telecomunicazioni ha dettato le nuove regole per le infrastrutture in fibra. La settimana scorsa il presidente Calabrò è venuto in IX Commissione a stabilire quelle che erano le linee generali e, naturalmente, l'unbundling è presente, e non poteva essere altrimenti, stante che la Commissione europea ce lo aveva richiesto espressamente. Tuttavia esso è temperato da un obbligo di fare, ove tecnicamente possibile, e noi sappiamo già che la rete scelta dall'ex monopolista, la Gpon, non permette tecnicamente la possibilità dell'unbundling.
A ciò si è ovviato attraverso un progetto denominato «end to end» con il quale l'ex monopolista, su richiesta degli OLO, cioè di quelli che sono i nuovi competitor, si obbliga a portare la fibra. E qui vi è un primo punto di criticità che riguarda il corrispettivo, cioè il prezzo. Il presidente Calabrò ha spiegato magistralmente, in Commissione, come la criticità che poteva esserci, chiedendo in luogo di un canone un usufrutto, è stata bypassata: è interesse, appunto, dell'Autorità chiedere un canone. Ricordo che, se si fosse chiesto un usufrutto, il rischio sarebbe stato tutto sugli OLO, e poi, probabilmente, si sarebbe arrivati ad un differimento rispetto a quella che è la decisione finale sulle costruzioni di una rete a banda larga. Qui bisogna essere molto chiari e molto diretti, nei confronti di quelle che sono le prospettive di proiezione futura di un sistema sì complicato, ma anche produttivo di economia.
Occorre, senza dubbio, definire un modello in grado di coniugare lo stimolo agli investimenti, eventualmente anche attraverso la partecipazione pubblica, creando, al contempo, una reale possibilità di competere. Cosa vogliamo dire? Senza dubbio la costruzione di più reti in fibra parallela tra loro non è economicamente possibile, questo va detto e va ricordato; è dunque necessario incentivare forme di co-investimento per la costruzione di un'unica rete che deve essere aperta e competitiva. Deve Pag. 22essere sottolineato, in questo caso, il modello dell'unbundling, che deve essere salvaguardato da parte di quella che è l'azione del Governo, e poi, naturalmente, le condizioni di accesso rispetto a quelli che sono gli altri OLO, nei confronti dell'ex monopolista, devono essere condizioni economicamente vantaggiose, che permettano di sfruttare e di portare quello che è il livello dei servizi ad una utilizzabilità che possa garantire, appunto, uno sviluppo.
Molte sono, quindi, le valutazioni che ci hanno indotto a presentare per primi questa mozione, anche in relazione al fatto che gli 800 milioni di euro previsti nella normativa di riferimento sono, ahimè, poca cosa rispetto ai 12-15 miliardi di euro stimati per quella che è la costruzione di fibra ottica in banda larga.
Quindi, è necessario che il Governo intervenga attraverso un'opera che serva, da un lato, probabilmente a dare una disciplina normativa più coerente per una situazione che rappresenta un vantaggio, anche prevedendo magari incentivi fiscali per lo sviluppo di investimenti privati ed economici, e, dall'altro, a riservare una fetta di risorse che possa portare alla costruzione di una rete che possa finalmente modernizzare il Paese e dare una spinta economica fondamentale (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monai, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00834. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, questo è un tema che abbiamo appreso con soddisfazione essere nell'agenda del Governo, tant'è che abbiamo letto con particolare attenzione l'esito della conferenza stampa nella quale alcuni giorni fa (lo scorso 27 gennaio) il Presidente del Consiglio, professor Monti, ha annunciato che nel decreto «semplifica Italia», che stiamo aspettando di vedere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, ci sono disposizioni volte proprio ad istituire l'agenda digitale italiana.
L'agenda digitale italiana, se vogliamo, è un po' il trait d'union delle mozioni che oggi occupano la discussione parlamentare. L'agenda digitale italiana dovrà avere auspicabilmente l'obiettivo di adottare iniziative, misure e incentivi strategici per metterci al passo con gli ambiziosi traguardi indicatici dalla Commissione europea nel quadro dell'agenda digitale europea.
Il pacchetto sulla banda larga prevede che entro il 2013 ci sia la possibilità per tutti i cittadini d'Europa di accedere alla banda larga base e traguarda al 2020 l'obiettivo di un accesso alla banda larga veloce. Stiamo parlando di un ganglio vitale per l'economia mondiale e soprattutto per un'Europa che vuole togliersi dalle sacche della recessione e guardare con prospettiva più rosea allo sviluppo futuro.
C'è tanto bisogno di crescita, sia in Europa, e soprattutto nel nostro Paese, e questa crescita può trovare linfa vitale proprio da una politica organizzata, coordinata e convinta sulla promozione delle reti di accesso di nuova generazione (NGA).
Perché questo è un dato che possiamo dare per acquisito? Perché, come ha ricordato il collega Toto in precedenza, ci sono già studi che accreditano una proporzione diretta e incisiva tra la crescita di questi settori della tecnologia digitale e della banda larga rispetto all'incremento del PIL dei vari Paesi.
Anche Confindustria nel 2010, con il progetto «Italia digitale», ha elaborato uno studio da cui è emerso sostanzialmente che sarebbero ben 40 i miliardi di euro che andremmo a risparmiare o a guadagnare ponendo il settore della banda larga al servizio del telelavoro, dell'e-government, dell'impresa digitale piuttosto che dei settori giustizia e sicurezza o gestione energetica intelligente, e ancora sull'e-learning.
Quindi, non a caso Paesi molto evoluti dal punto di vista della tecnologia stanno investendo ingenti risorse per mettere il loro asset produttivo al passo con i tempi. In particolare, gli Stati Uniti, la Cina, la Pag. 23Corea, ma anche la India e l'Australia si sono distinti in questi anni per una forte spinta nell'implementazione della banda larga, così come in Europa eccellono il Regno Unito, l'Olanda e le economie scandinave.
Noi qua, in Italia, il Paese nel genio italico, oggi abbiamo la maglia nera.
Siamo ultimi nelle classifiche europee quanto alla alfabetizzazione informatica, all'uso della moneta digitale e alla pratica dell'e-commerce e, quindi, dobbiamo assolutamente essere consapevoli che forse quel federalismo tanto vagheggiato da alcuni colleghi qui dentro può essere un elemento di criticità nello sviluppo coeso e coerente di un Paese che voglia competere sullo scenario internazionale. Tant'è che molte delle regioni del nostro Paese ci presentano una sorta di Italia a più marce, neanche più nella contrapposizione tradizionale Nord-Sud, ma anche all'interno di queste macro aree, con regioni più virtuose, che hanno saputo magari investire in politiche finanziarie, ma anche di sostegno alla piccola e media impresa, e altre che, invece, sono rimaste alla linea di partenza.
Io vengo dal Friuli-Venezia Giulia e anche ciò che è avvenuto in questa regione è un esempio abbastanza emblematico. Quando, nel 2006, licenziammo la legge regionale n. 8, che voleva appunto dotare la regione di interventi speciali per la diffusione della cultura informatica nel Friuli Venezia Giulia, abbiamo attuato un piano straordinario triennale per diffondere l'uso del computer e della telematica soprattutto in quelle fasce della popolazione, che sono abbastanza diffuse in tutto il Paese, che poca abitudine hanno al computer, perché magari l'età media è piuttosto elevata e quindi è difficile adeguare i canoni del vivere quotidiano a questa rivoluzione di Internet e del computer. Ma tant'è. Abbiamo organizzato e finanziato, coinvolgendo gli istituti scolastici, le università, gli istituti di formazione, dei corsi gratuiti, al termine dei quali, oltre all'attestazione del perseguimento degli obiettivi tarati sui canoni europei, garantivamo anche dei bonus per l'acquisto di computer a coloro che avessero frequentato tali corsi. Ebbene, sappiate che questa è stata un'iniziativa vincente. Abbiamo dovuto addirittura rinnovare e duplicare l'offerta di questi corsi tanta e tale è stata la richiesta, la domanda di casalinghe, di pensionati e di gente che mai ci saremmo aspettati avesse questa fame di Internet e di conoscenza.
Allora, è un peccato che, dopo l'esperienza illuminata, che nella mia regione ha avuto l'artefice nel presidente Riccardo Illy e di cui sono stato anch'io in qualche modo protagonista, quella legge oggi sia rimasta nei cassetti, non sia stata più finanziata, sia stata persa un'importante occasione per rendere quella regione al passo con i tempi, in una rincorsa anche a superare quel digital divide, quel divario digitale che fa sì che, per esempio, la banda larga fissa sia una chimera in molte parti del nostro Paese e purtroppo anche nel Friuli-Venezia Giulia. Ci stiamo attrezzando, avevamo costituito un società ad hoc, la Mercurio, che poi è stata inglobata nell'Insiel, ma certo è che un'agenda digitale italiana, che sia in grado di coordinare quello che fanno le regioni, di incentivare una politica statale unitaria per rendere il Paese più competitivo, con maggiori possibilità di sviluppo, è un obiettivo che noi, come Italia dei Valori, sosteniamo a gran voce.
Abbiamo presentato questa mozione, non è la prima, e lo abbiamo ribadito anche in passato quando, per esempio, il 10 novembre 2010 abbiamo avuto l'onore e il piacere di ascoltare la commissaria Neelie Kroes, che ha proprio la responsabilità dell'agenda digitale europea e che è stata, in audizione congiunta al Senato, nostro ospite. Ebbene, anche in quell'occasione abbiamo raccomandato al Governo di allora di prendere con grande decisione, con grande determinazione questo cavallo così esuberante, che, però, nel nostro Paese, almeno fino a ieri, è rimasto considerato un ronzinante piuttosto che un cavallo purosangue.
Noi oggi guardiamo con attenzione all'intraprendenza del Governo Monti e al Ministro Passera, che dei temi dell'innovazione Pag. 24 si alimenta professionalmente quotidianamente. Quindi, guardiamo con estremo interesse alle novità, che auspichiamo vengano ben perseguite.
Del resto, il nostro Paese ha la maglia nera sulle classifiche europee. Per esempio, gli utenti abituali di Internet in Europa sono mediamente il 65 per cento, in Italia il 47,6. La percentuale delle famiglie con connessione fissa a banda larga è in Europa il 61 per cento e in Italia scende al 49. I cittadini che utilizzano servizi bancari on line sono il 17,6 per cento in Italia, mentre in Europa il dato è pressoché raddoppiato: 36 per cento. Quelli che utilizzano l'e-commerce per acquistare sono il 15 per cento in Italia contro una media europea che supera il doppio, cioè il 40.
Ma anche nel settore delle imprese, se guardiamo al settore più produttivo del Paese, il dato non è molto confortante. Infatti, la media europea di imprese che utilizzano Internet per vendere direttamente i loro prodotti è attestata al 13 per cento, mentre solo il 4 per cento, invece, sulla base dei dati Eurostat 2011, sono le imprese italiane che utilizzano questa risorsa.
Quindi, ben venga la segnalazione del dottor Calabrò (presidente dell'AGCOM, che, come è stato ricordato, la settimana scorsa abbiamo audito in Commissione trasporti), nel momento in cui il 12 gennaio scorso ha elaborato la segnalazione al Governo in tema di liberalizzazioni e di crescita, invitando proprio ad istituire l'agenda digitale per l'Italia.
Quindi, noi ci siamo fatti in qualche modo paladini di questa segnalazione. Abbiamo raccolto le richieste e le sollecitazioni dell'AGCOM e abbiamo guardato anche con molto interesse all'agenda digitale europea, trasfondendo in questa mozione dei contenuti precettivi (non solo enunciativi) per il Governo, affinché si faccia presto, bene e in modo organico e coordinato con le regioni e con le altre strutture produttive del Paese - penso agli operatori delle telecomunicazioni in primis e alle imprese che realizzano opere pubbliche e che debbono essere obbligate o incentivate a consentire agli operatori di rete fissa l'installazione delle tubazioni necessarie per apprestare questo importante complesso di reti di nuova generazione -, in modo tale che ci sia una progettazione coordinata, sinergica e completa che veda il Governo, insieme agli altri enti locali e alle società più importanti del settore, lavorare insieme e coordinare il lavoro di tutti.
Noi confidiamo che questa sia una volontà trasversale nel Parlamento: al di là delle talvolta stucchevoli dichiarazioni di principio e, se vogliamo, anche delle interrogazioni o delle mozioni che spesse volte presentiamo un po' «a tampone», auspichiamo che ci sia la consapevolezza concreta e reale che su questo terreno si gioca veramente una partita decisiva per lo sviluppo del Paese, per la crescita italiana e per le nostre future generazioni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Simeoni, che illustrerà anche la mozione Valducci ed altri n. 1-00841, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

GIORGIO SIMEONI. Signor Presidente, ringrazio la disponibilità del collega Iapicca che mi ha dato modo di poter intervenire subito per illustrare la mozione presentata dai colleghi del Popolo della Libertà (e che ha come primo firmatario il presidente Valducci), che riguarda le modalità con le quali si può favorire lo sviluppo delle reti a banda larga.
Come dicevo, la necessità di favorire lo sviluppo della banda larga può sembrare un argomento particolarmente specifico, tecnico, limitato o comunque prettamente focalizzato ad aspetti economici e produttivi che tale scelta può comportare.
Certamente, è così. Certamente esistono ragioni economiche, specie in chiave di rilancio dello sviluppo e delle competitività del Paese, che motivano l'attualità di tale opzione. Eppure, affrontare tale questione ci offre la possibilità e ci pone davanti alla Pag. 25necessità di un'ulteriore riflessione di fondo, cioè vedere un po' come sono andate le cose fino ad oggi. Si rifletta che quando, intorno alla metà del 1400, fu inventata la stampa si trattò di una grande rivoluzione tecnico-scientifica, come si pensava. Ma effettivamente, ben presto ci si rese conto, ed emerse in tutta la sua portata sociale, culturale e politica, che tale invenzione non era più soltanto ristretta all'ambito tecnico-scientifico. Il sapere e la sua diffusione, la divulgazione della conoscenza, la reale possibilità di scegliere sulla base delle proprie conoscenze, tutto questo ha fatto sì che l'invenzione della stampa non rimanesse solo un'invenzione tecnica, ma diventasse una vera e propria rivoluzione.
Da allora, la tecnologia ha accompagnato l'evoluzione politica e sociale dell'intera umanità. La democrazia moderna, a differenza del suo modello classico greco-latino, è indissolubilmente legata al sapere e alla sua diffusione. Da sempre per la democrazia moderna è fondamentale il rapporto esistente tra il sapere, l'informazione e la sua divulgazione.
Oggi tale rapporto è ancora più importante e, alla luce dei continui progressi tecnologici, diventa sempre più complesso e delicato. È fondamentale riflettere sul divario esistente tra chi ha accesso effettivo, non più al sapere o alle informazioni, ma alle tecnologie dell'informazione, in particolare personal computer e Internet e chi invece ne è escluso, in modo parziale o totale.
Internet è sì una nuova grande rivoluzione, per certi versi paragonabile alla stampa, e può certo avere una grande valenza democratica. Ma, paradossalmente, può divenire anche uno strumento potentissimo di esclusione. A determinare tali esclusioni possono convergere diverse variabili: condizioni economiche, livello di istruzione, qualità delle infrastrutture, differenze di età o di sesso, appartenenza a diversi gruppi etnici, provenienza geografica, tutti fattori determinanti per l'accesso alle nuove tecnologie. Si tratta, appunto, del cosiddetto digital divide o divario digitale, che resta una variabile da tenere in grande considerazione ed è poi una delle principali questioni legate proprio allo sviluppo della banda larga, che potrebbe evidentemente limitarlo: una questione non solo tecnica e neppure esclusivamente economica, ma assolutamente e squisitamente politica.
Onorevoli colleghi, il rapporto tra sviluppo tecnologico e accesso reale a tale sviluppo da parte della popolazione resta la sfida principale che la politica dovrà affrontare a livello globale all'alba di questo nuovo millennio. Con tale consapevolezza appare certo utile riflettere su alcuni aspetti specifici di fondamentale importanza per il nostro Paese, a partire dalle valutazioni espresse dal presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nel corso della sua audizione presso la Commissione trasporti della Camera, il 18 gennaio scorso.
Le reti di nuova generazione, fisse e mobili, possono promuovere la crescita almeno di un punto di PIL per ogni incremento di 10 punti percentuali di diffusione della banda larga e, al contempo, generare importanti risparmi, valutati in quasi 40 miliardi di euro all'anno a regime per l'Italia. È necessario, però, tenere presente che la realizzazione delle nuove reti comporta investimenti di notevole entità, che solo in parte possono essere sostenuti dalle imprese. Quindi, appare ineludibile un forte impegno di risorse pubbliche.
Ovviamente, non si può non tener conto che in Europa i vincoli imposti dalle normative comunitarie limitano la possibilità di ricorso ad investimenti pubblici e che parimenti l'Italia ha accumulato un notevole ritardo nel percorso verso la più ampia e diffusa fruizione della rete Internet con 13,3 milioni di accessi a banda larga fissa, pari a circa il 22 per cento della popolazione, contro una media europea del 26 per cento e con una copertura territoriale di reti in fibra ottica pari al 10 per cento, con poco più di due milioni e mezzo di edifici passati in fibra e solo 300 mila accessi attivi, pari allo 0,6 per cento della popolazione. Pag. 26
È proprio nella prospettiva di colmare tale ritardo che si è proceduto nell'anno passato alla gara per le frequenze destinate agli operatori di telefonia, gara che si è conclusa nel settembre 2011 con un incasso per l'erario di oltre 3,9 miliardi di euro. Si può certamente - e si deve - fare di più, per questo chiediamo al Governo di procedere, sulla via intrapresa per assicurare lo sviluppo e la diffusione delle reti fisse e mobili di nuova generazione su tutto il territorio nazionale, anche mediante l'implementazione di un'adeguata infrastruttura in fibra ottica, il tutto in coerenza con gli obiettivi indicati dall'Agenda digitale europea; ad adottare le necessarie iniziative anche di carattere normativo. È uno sprone essenziale chiaramente nei confronti del Governo: la nostra parte la faremo.
Ho ben compreso anche le mozioni presentate dai colleghi degli altri gruppi che vanno verso la direzione di incentivare sempre di più la potenzialità della banda larga; ci aspettiamo dal Governo che possa proseguire e andare avanti su quanto già realizzato dal Governo Berlusconi e continuare su questa strada perché da questa strada non si può tornare indietro, né varrebbe la pena di farlo.
Pertanto, come Popolo della Libertà, ho illustrato questa mozione, con la disponibilità - lo dico ai colleghi - eventualmente di arrivare anche ad una mozione unitaria, ad un testo unico. C'è in questo senso una completa disponibilità da parte nostra. Non conosco gli interventi degli altri colleghi, ma già dagli interventi dei colleghi Toto e Monai ho visto che ci possono essere le condizioni per una piattaforma comune.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lanzillotta, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00837. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, credo che sia molto significativo che oggi nell'Aula della Camera, con mozioni presentate in una direzione assolutamente convergente, si discuta della necessità di accelerare gli investimenti per la realizzazione delle reti di nuova generazione.
Questo accade nel momento in cui al centro dell'azione del Governo italiano, ma ora forse sperabilmente anche dell'Europa, si è posta la questione della crescita. Quella di «Europa 2020» è una strategia per assicurare nel prossimo decennio in tutta Europa una crescita che garantisca livelli adeguati di occupazione e sappiamo che l'Agenda digitale è una leva fondamentale di questa strategia. Ora però bisogna assolutamente evitare che l'Agenda digitale divenga un esercizio retorico come in parte da noi è stato - se lo ricordate - l'Agenda di Lisbona, che doveva fare il salto delle economie europee verso l'economia della conoscenza, agenda che alcuni Paesi hanno attuato e che, difatti, ora vedono, in termini di risultato, tassi di crescita molto superiori ai nostri.
Per noi questa non deve diventare l'ennesima occasione persa, ma dobbiamo dirci chiaramente che l'Agenda digitale, cioè lo switch-off dell'economia della società e delle istituzioni verso un sistema di funzionamento digitale che usi prevalentemente le comunicazioni Internet, si fonda sul presupposto che esista una rete di nuova generazione, coerente con gli obiettivi posti dall'Agenda digitale.
Questi sono l'intera popolazione collegata ad Internet veloce con 30 mega e il 50 per cento delle famiglie con un collegamento a Internet super veloce con 100 mega. Noi siamo molto distanti perché sappiamo che il 25 per cento degli italiani ancora non ha l'adsl a due mega; quindi bisogna, a questo punto, non più discutere del se ma discutere del come e credo che questa discussione e il confronto con il Governo possa dare delle indicazioni importanti. Intanto molto si è parlato in questi due anni del modello, del rapporto pubblico-privato, di come conciliare gli interessi dell'incumbent e degli OLO, a questo punto bisogna che si definisca una linea operativa.
Innanzitutto è necessario che il Governo dia la mappa degli obiettivi di connettività secondo le priorità indicate Pag. 27dall'Agenda digitale e, quindi, dove si punta ad avere Internet super veloce e dove i 30 mega; ottimizzare e promuovere, addirittura costringere, attraverso i poteri che il Governo in questa materia sicuramente ha, regioni ed enti locali ad assicurare l'interoperabilità e la connessione delle reti esistenti a livello locale e, quindi, ad identificare quali investimenti pubblici, finanziati da risorse europee e nazionali, dovranno concorrere con i capitali privati ad assicurare la realizzazione della rete.
Noi sappiamo che per realizzare questa rete le risorse necessarie sono una cifra oscillante tra i dieci ed quattordici miliardi, se valutiamo il rapporto tra costi e benefici credo che assolutamente non ci possiamo permettere di non recuperare le risorse pubbliche e private. Si tratta però di orientarle e veicolarle attraverso i meccanismi ed i tariffari identificati dall'Agcom ma anche attraverso un'azione di promozione, orientamento e moral suasion che il Governo ha nei confronti degli operatori.
In questo senso dovrà anche, a nostro avviso, assumere iniziative per prevedere che - questo è un altro punto molto importante sui cui chiediamo un impegno del Governo - i contributi pubblici a fondo perduto non vadano ad ingrossare inutili carrozzoni ma siano assegnati con procedure di evidenza pubblica.
Impegniamo inoltre il Governo a promuovere le iniziative per la partnership pubblico-privato. Si è molto discusso di una società mista a cui partecipasse anche lo Stato; bisogna scegliere il modello e non traccheggiare altri mesi o anni perché il gap si allarga.
Vorrei anche sottolineare che far partire le attività per la realizzazione della rete nell'immediato avrebbe anche un'importante valore anticiclico sui territori perché i lavori tipici di realizzazione della rete sono lavori prevalentemente di edilizia, che coinvolgono quindi quel sistema delle imprese che oggi soffrono moltissimo della crisi economica.
Infine, impegniamo il Governo ad assumere iniziative normative, alcune sono state già introdotte ma bisogna monitorarle e verificare perché non ci siano impedimenti procedurali e regolamentari a livello regionale e locale che ritardano l'attuazione delle reti. In questo senso occorre attivare quei poteri sostitutivi che in qualche misura sono stati già prefigurati dal decreto-legge sia sulla concorrenza sia sulle semplificazioni; ma per la realizzazione di questo obiettivo strategico - e cioè quello delle reti NGN - devono essere sicuramente utilizzati ed attivati.
Penso che questa è l'occasione perché il Parlamento si trovi unito su un obiettivo utile per il futuro dell'Italia e mi auguro che il Governo con questo spirito dia delle indicazioni operative puntuali e precise che segnino un punto di svolta sulla realizzazione di una infrastruttura strategica per la crescita ed il futuro dell'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Alleanza per l'Italia e Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Crosio, che illustrerà la mozione Dozzo ed altri n. 1-00839, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

JONNY CROSIO. Signor Presidente, con questa mozione intendiamo sensibilizzare il Governo affinché anche nel nostro Paese si possa ridurre il differenziale di sviluppo e crescita delle reti di nuova generazione. È assodato e non voglio dire una banalità che il Ventunesimo secolo è riconosciuto come il secolo del digitale, per cui va considerato che a livello globale la Internet economy supera 10 mila miliardi di dollari.
Pertanto, crediamo che nel predisporre il piano delle liberalizzazioni il Governo debba tener conto che, in questi anni, il principale settore che ha generato valore nelle economie avanzate è l'economia di Internet. Per cui, porre il nostro Paese nelle condizioni di sviluppare appieno le potenzialità di Internet e delle nuove tecnologie di fatto vuol dire: creare centinaia di migliaia di posti di lavoro ad alto valore aggiunto; migliorare di conseguenza la trasparenza, semplificare e rendere efficiente la pubblica amministrazione con nuovi Pag. 28servizi ai cittadini; recuperare - crediamo sia molto importante - per il nostro Paese il ruolo storico che si è sempre ricavato come esempio di imprenditorialità e leadership nella produzione e di ricerca, sapere e innovazione; generare un tessuto economico e sociale capace di valorizzare il talento, il merito, la competenza e il coraggio con maggiore equità nelle opportunità e nei diritti.
Purtroppo, signor sottosegretario, nel nostro Paese i dati di alfabetizzazione informatica sono nettamente al di sotto della media europea. Non a caso il peso di Internet nel PIL italiano è ancora al 2,5 per cento contro, ad esempio, il 7 per cento dell'economia inglese. Questo dato da solo spiega forse meglio di tutti il differenziale di crescita fra l'economia del nostro Paese e le economie occidentali che mantengono una prospettiva di sviluppo.
I principali Paesi europei si sono da tempo dotati di piani strategici di sviluppo delle reti di nuova generazione NGN (next generation network), in linea con gli obiettivi dell'agenda digitale europea che Neelie Kroes, il Commissario per la società dell'informazione e i media della Commissione europea, considera elemento base della sostenibilità socioeconomica. Qui è bene fare una riflessione. In questi momenti di difficoltà economica e di sconcerto per quanto riguarda la programmazione finanziaria ed economica, c'è un dato molto chiaro: tutti i maggiori analisti economici a livello globale e mondiale concordano sul fatto che ogni Paese che investe in reti di nuova tecnologia ha la garanzia di avere un ritorno nel prodotto interno del proprio Paese.
Per cui crediamo che questo sia sicuramente un punto di partenza sul quale fare una seria e fondata riflessione. Nel nostro Paese le risorse pubbliche destinate al superamento del digital divide sono esigue e certamente insufficienti a fronte di un fabbisogno stimato pari a 20 miliardi di euro per passare nella penetrazione della banda larga dall'attuale 17 per cento al 23 per cento della media europea.
I finanziamenti pubblici devono essere destinati, a nostro giudizio, nell'ambito delle aree sottoutilizzate, ai bacini territoriali caratterizzati da importanti insediamenti demografici ed industriali. Su questo passaggio, signor sottosegretario, vorrei ricordare l'importante risoluzione che abbiamo fatto in IX Commissione, in cui tutti abbiamo condiviso quella che deve essere la strategia per la messa a disposizione delle risorse per le reti di nuova generazione, strategia che deve andare a privilegiare innanzitutto dove si trasportano i dati. Queste autostrade informatiche di alta performance vanno realizzate dove concretamente i dati vengono trasportati. Questo è molto importante, perché noi sappiamo che su un universo di circa un milione di piccole e medie imprese, circa 300 mila sono dislocate in aree che necessitano di banda ultra larga.
Di queste, 100 mila si trovano in aree con più elevata priorità, in quanto corrispondenti a zone ad alta densità di aziende. Sviluppare, per cui, moderne infrastrutture di nuova generazione con una capacità di trasmissione nelle suddette aree, tale da consentire l'interconnessione di tutte le 100 mila aziende in aree con una maggiore priorità mediante un'infrastruttura di rete di nuova generazione a banda ultralarga.
Dobbiamo pure sottolineare, in tema di liberalizzazioni, quella sancita dalla Corte costituzionale trentacinque anni fa nel settore televisivo. Ha reso possibile l'avvio dello sviluppo dell'emittenza privata consentendo alle piccole e medie imprese del Paese di accedere ai media per la promozione delle loro attività. La capacità delle televisioni locali di operare anche come aziende di telecomunicazione, oltre che editoriali, ha portato alla migliore ottimizzazione possibile nell'utilizzazione dello spettro radioelettrico dedicato alle trasmissioni televisive, consentendo lo sviluppo di una rete di aziende produttrici di apparati di trasmissione che, partendo da approcci spesso anche artigianali, costituiscono ancora oggi un comparto fra i primi cinque al mondo.
Di conseguenza la recente gara per i servizi mobili di quarta generazione (4G) ha generato un introito di circa 4 miliardi Pag. 29di euro per le casse dello Stato. Tale incasso, principalmente dovuto alla messa a disposizione delle frequenze pregiate (la cosiddetta banda Uhf) precedentemente destinate ad uso televisivo, sarà inevitabilmente destinato a salire nel caso di nuove aste, considerata la crescita esponenziale del mercato radiomobile trainato dall'introduzione degli smartphone e dai tablet, e visto il costante trend di crescita a livello mondiale del valore delle frequenze nell'ultimo decennio.
Recentemente il Parlamento ha impegnato il Governo ad annullare il bando di gara per l'assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze in banda televisiva ed il conseguente disciplinare di gara, il cosiddetto beauty contest, che avrebbe aumentato a titolo gratuito la già rilevante dotazione di frequenze dei soggetti già operanti nel mercato televisivo. L'impetuosa crescita del wireless broadband impone la liberazione di un ulteriore spettro elettromagnetico insieme a quello del beauty contest da destinarsi ai servizi mobili di quarta generazione.
Voglio sottolineare - signor sottosegretario - senza banalizzare che la rete è un patrimonio che va mantenuto ed implementato (è un patrimonio del Paese, è un nostro patrimonio). Le tecnologie digitali non sono solo un importante mezzo di comunicazione interpersonale sul quale focalizzarsi per evidenziare gli usi distorti che ne possono conseguire, ma sono anche una grande occasione estesa ad ogni settore dell'economia e della società per favorire profonde trasformazioni mediante la digitalizzazione.
Per cui, signor sottosegretario, noi vogliamo chiedere un impegno importante a questo Governo: innanzitutto, ad attuare un piano di infrastrutturazione tecnologica in fibra ottica per massimizzare la penetrazione dei servizi broadband per restare allineati alle principali economie, assicurando la competitività delle aziende, la continuità operativa dei servizi essenziali e l'offerta di servizi sempre più evoluti; a perseguire - di conseguenza - l'obiettivo della creazione di un'infrastruttura di telecomunicazione capace di fronteggiare le sfide dell'innovazione idonea a permettere sempre più elevate prestazioni, vale a dire far fronte alle crescenti esigenze di nuovi e più evoluti servizi nel settore dell'informatica e delle telecomunicazioni.
Dei tanti punti in riferimento ai quali chiediamo l'impegno del Governo, fondamentale è quello di ritenere prioritaria, in relazione al complesso di interventi volti a sostenere il rilancio dell'economia del Paese, la finalità di assicurare, attraverso il piano di sviluppo delle nuove reti, un'alta capacità di trasmissione alle principali città ed ai distretti industriali che ancora scontano un forte divario di connettività (è il richiamo che le facevo prima alla risoluzione che è stata fatta in Commissione).
Chiediamo anche di promuovere la realizzazione di one network, un'unica infrastruttura di rete a banda larga, aperta, efficiente, neutrale, economica e già pronta per evoluzioni future, garantendo rispetto delle regole del libero mercato e concorrenza nella fornitura di accesso e servizi agli utenti finali, privati ed imprese, con un'unica rete all'ingrosso e concorrenza al dettaglio. Chiediamo anche di promuovere e incentivare una tempestiva migrazione dalla rete in rame a quella in fibra ottica, alla cui realizzazione dovranno partecipare e contribuire tutti gli operatori. Inoltre, a dotare con urgenza, come sottolineava prima il collega Monai, l'Italia di una propria agenda digitale, che preveda interventi nell'ambito delle infrastrutture tecnologiche, dei servizi finali e infrastrutturali, includendo i necessari standard per l'e-business e per i beni digitali, o i neo-beni puri, secondo la definizione che viene data dal CNEL, e di una più organica regolamentazione. Chiediamo, inoltre, di prevedere la neutralità tecnologica per tutti gli operatori di rete, anche quelli televisivi, al fine di ottimizzare l'utilizzo dello spettro elettromagnetico, oltre che renderlo remunerativo per lo Stato.
Concludendo, signor sottosegretario, voglio condividere l'affermazione fatta dalla collega Lanzillotta, che mi ha proceduto, Pag. 30 quando dice che questa è un'occasione per il Paese e non deve essere l'ennesima operazione retorica. Su questo punto voglio essere chiaro: per quanto riguarda le indicazioni che vengono dall'Europa noi, come gruppo, siamo prevalentemente e costantemente «freddi». Devo dire che se c'è un aspetto sul quale si possa trovare concretamente e seriamente un punto di incontro esso concerne i parametri e gli obiettivi fissati dall'agenda digitale europea. E su questo punto vogliamo essere chiari, signor sottosegretario circa lo step dato dall'agenda europea, secondo cui viene imposto che, entro il 2020, si debba raggiungere un grado di penetrazione che garantisca all'utenza, anche nel nostro Paese, il raggiungimento dell'obiettivo per cui almeno il 50 per cento degli utenti dovrà essere sopra i famosi 30 megabit al secondo e il restante 50 per cento dovrà essere sopra i 100 megabit al secondo. Circa la banda ultra larga o NGN, noi vogliamo vigilare e sensibilizzare il Governo affinché tutte le risorse pubbliche che verranno messe a disposizione, dovranno essere messe a disposizione per questo obiettivo.
Dobbiamo stare attenti a non cadere nel tranello che qualcuno, anche nel nostro Paese, vuol far passare, che c'è una via di mezzo. Attenzione, non dobbiamo permettere che il nostro Paese si trovi a breve con una rete di nuova generazione solo di nome, ma non di fatto, ponendola così in uno stato non chiaro o chiaro sicuramente per qualcuno, ma non chiaro in base all'agenda europea. Non possiamo permetterci di costruire una rete in questo Paese che sia obsoleta già nella sua nascita.
Voglio essere garante che ci sia veramente un progetto Paese che noi vogliamo condividere. Le condizioni sono queste e credo possano essere e sono condivise da tutti i colleghi, sicuramente in Commissione, ma anche all'interno del Parlamento. Con queste condizioni il nostro Paese potrà presentarsi agli appuntamenti, che sono immediati, per quanto riguarda l'efficienza delle reti con la serietà che abbiamo sempre dimostrato e con la serietà che ci chiedono cittadini ed aziende, per rendere, non solo le reti performanti, ma anche il nostro sistema sociale ed economico performante (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rao, che illustrerà anche la mozione Galletti ed altri n. 1-00840, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, signori sottosegretari, poco più di un anno fa nel Paese ad opera di un gruppo di innovatori che adesso potremmo dire, col senno di poi, benemeriti, veniva segnalata la necessità di dotare l'Italia di una sua definita e precisa agenda digitale. Ricordo che gran parte dei partiti e singoli parlamentari, quelli parlo con maggiore competenza specifica, ma anche quelli che semplicemente intuirono le potenzialità di questa sfida, aderirono all'appello. Sembrano tempi antichissimi, ma a distanza di 12 mesi è maturata anche dobbiamo dire, ancora grazie a quell'iniziativa, una forte sensibilità nella classe dirigente di questo Paese e anche in questo Parlamento verso Internet e le nuove tecnologie.
In Parlamento si è già manifestata quindi una larga e trasversale convergenza. Lo abbiamo visto anche negli interventi dei colleghi di tutte le forze politiche questa mattina nel dibattito generale sulle mozioni per favorire lo sviluppo delle nuove tecnologie. Ricordo per tutte l'ultima comune battaglia per semplificare le modalità di accesso ai sistemi wifi-free, le modifiche alle norme del cosiddetto decreto-legge Pisanu le cui lodevoli intenzioni di garanzia di sicurezza costituivano uno degli ostacoli alla diffusione di questo sistema, il sistema wifi, nel nostro Paese, e che si potevano applicare anche con altre più semplici modalità. In quell'occasione tutte le forze politiche si schierarono a favore di una modifica. Lo stesso ex Ministro Pisanu si disse pronto ad una modifica di quel testo perché erano superate quelle esigenze di sicurezza e perché era mutato il quadro complessivo della situazione della rete nel nostro Paese e aveva Pag. 31capito anche chiaramente che quelle esigenze di sicurezza potevano essere molto tranquillamente e facilmente aggirabili in altro modo. Devo dire che in quella circostanza tutti, dal Ministro Maroni stesso, dagli altri colleghi della Lega, dall'Italia dei Valori, all'Unione di Centro, registrarono le convergenze che su questo argomento si sono registrate già in passato e si sono registrate oggi e non so su quanti altri argomenti si potranno registrare ancora in quest'Aula. Convergenze più ampie che hanno favorito un processo di sviluppo della rete wifi. In questi mesi molto è stato fatto, anche dagli enti locali. È chiaro che è insufficiente tutto quello che è stato fatto in passato. È chiaro che l'intervento del Governo è assolutamente significativo e ne parleremo più avanti, ma sicuramente abbiamo dato un segnale di una volontà complessiva di sbloccare un sistema, di togliere dei lucchetti ad un sistema che andava liberalizzato, anche quello.
Dobbiamo favorire investimenti in questo senso e penso alla rete wifi Italia promossa tra gli altri dalla provincia di Roma, dal comune di Venezia, dalla regione Sardegna che deve costituire una sorta di federazione nazionale delle reti wifi pubbliche già esistenti, una sorta di network di numerosi enti locali o anche altre forme integrate promosse da altri enti. Quindi, sono esempi virtuosi di innovazione che, senza guardare il colore politico delle amministrazioni che le hanno promosse, dovrebbero essere di esempio e sicuramente saranno sostenuti e dovranno essere sostenuti da Governo e Parlamento. Oggi l'equazione accertata dai maggiori organismi osservatori internazionali che a fronte di una maggiore diffusione di Internet corrisponda un proporzionale aumento del prodotto interno lordo di un Paese è diventata se non un luogo comune quanto meno un patrimonio comune. Sempre più la stampa e i media tradizionali, con dossier e analisi, descrivono la realtà dell'Italia come un Paese dalle grandi potenzialità anche su questo settore, ma che oggi è privo dell'infrastruttura necessaria.
Ieri un noto editorialista, Massimo Sideri, del Corriere della Sera, ha definito la nostra situazione come quella di un sistema in cui si sono costruiti i caselli autostradali senza l'autostrada. A me piace più dire che siamo come un aereo modernissimo, ben costruito, pronto al decollo, ma che purtroppo non ha ancora la pista sufficiente per decollare. Ma evidentemente si possono fare molti esempi di questo tipo. Ben venga finalmente l'informatizzazione della pubblica amministrazione e l'accesso a documenti e certificati mediante il web e su questo dobbiamo riconoscere anche lo sforzo del precedente Governo e del Ministro Brunetta.
Infatti, secondo i dati della Commissione europea, a fronte di una percentuale di servizi pubblici di base interamente disponibili on line, che in Italia raggiunge il 100 per cento e che ci per permette di essere addirittura all'avanguardia rispetto agli altri Paesi europei - ricordava anche questo ieri il Corriere della Sera - saldamente davanti alla Germania, che ha «solo» il 90 per cento, la Francia con l'83 per cento e la media dell'Unione europea a 27 che si ferma all'81 per cento, le case con un accesso ad Internet in Italia invece sono solo il 62 per cento, contro - e qui si ribaltano le percentuali - l'83 per cento della Germania, il 76 per cento della Francia, l'85 per cento della Gran Bretagna, l'84 per cento della Finlandia ed il 91 per cento della Svezia. È ovvio che la conformazione geografica - un alibi che si è usato in passato - di Paesi come la Finlandia e la Svezia porta chiaramente ad incentivare quel sistema rispetto ad altri. Ma l'Italia deve andare al passo col resto dell'Europa. Perché? Perché il cittadino che è privo di connessione ad alta velocità non potrà fruire adeguatamente dei servizi pubblici on line. Quindi, anche quando è vicino, anche quando non si trova in Paesi sterminati, magari privi di infrastrutture, anche viarie o difficoltosi da percorrere, come la Svezia o la Finlandia, sappiamo quanta difficoltà a muoversi vi sia anche nelle grandi città, ma soprattutto l'inutilità di questo movimento, dell'inquinamento, Pag. 32della perdita di tempo e di denaro e della mancata semplificazione nei rapporti e nell'accesso ai documenti che avviene, se non si dà il giusto sviluppo, che questo Governo intende dare, alla rete.
Accanto a questo - e deve far riflettere - esiste un problema culturale di alfabetizzazione anche all'uso digitale, per cui il modello dell'uso del PC a casa - ed io aggiungerei anche a scuola, purtroppo - non si è affermato. Noi vediamo i nostri figli che già hanno una dimestichezza totalmente nuova rispetto alla nostra generazione, ma vediamo anche le differenze tra bambini di dieci anni e bambini di due o tre anni, perché qui si compiono dei passi velocissimi in avanti a cui noi dobbiamo sicuramente guardare con grande attenzione.
Le reti a banda larga costituiscono dunque una priorità strategica per lo sviluppo, la crescita economica e l'eliminazione del divario digitale, indispensabile, tra l'altro, per ridurre il divario delle aree sottoutilizzate, insomma tra il sud ed il nord del Paese. E vediamo quante potenzialità, spesso inespresse per mancanza di infrastrutture, vi sono proprio nel sud del Paese. Questo gap potrebbe essere superato o sicuramente alleviato, ridotto grazie alla rete, con un elemento in questo di grande democrazia e se mi permette anche, signor Presidente, di meritocrazia. In altre parole, chi ha più talenti sulla rete li può investire e probabilmente parte al passo con gli altri anche se vive in un paese sperduto di una zona cosiddetta sottosviluppata del nostro Paese (ovviamente metto mille virgolette su sottosviluppata: adesso si usa dire sottoutilizzata).
Illustro brevemente alcuni dati che chiariscono ancor meglio la situazione nel nostro Paese e che costituiscono parte delle premesse della mozione presentata dal nostro gruppo, anche se devo dire che da quello che ho letto delle mozioni degli altri gruppi mi sembrano assolutamente non solo condivisibili, ma che integrano il nostro pensiero. Siamo in ritardo, dal punto di vista infrastrutturale, rispetto agli obiettivi fissati dall'Agenda digitale europea. Le connessioni in ADSL coprono solo il 61 per cento del territorio (lo hanno detto già altri colleghi, come risulta dal rapporto del Censis), mentre le connessioni in fibra ottica ad altissima velocità coprono solo parzialmente le grandi città (lo ricordava anche il collega Crosio prima). Nella relazione annuale al Parlamento il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Calabrò ha infatti comunicato che la percentuale di abitazioni connesse alla banda larga, fissa e mobile, è inferiore al 50 per cento, a fronte di una media europea del 61 per cento. Esiste ancora un 4 per cento di digital divide da colmare, a cui si aggiunge circa il 18 per cento della popolazione servita da ADSL sotto i 2 megabyte al secondo. Tutto questo, sempre secondo il presidente Calabrò, potrebbe anche precludere all'Italia la possibilità di estendere il servizio universale alla banda larga. Riteniamo che oggi sia possibile, anzi sia doveroso, anche grazie al Governo Monti ed alla volontà di collaborazione dei gruppi in Parlamento, colmare questo spread digitale che ci separa dagli altri Paesi europei e che credo non sia meno grave dello spread che ci separa dal bund tedesco.
In questo senso, non possiamo non apprezzare quanto già è stato previsto nel cosiddetto decreto semplificazioni, approvato dal Consiglio dei ministri venerdì scorso, perché è un primo importante passo che va nella direzione auspicata dal dispositivo finale della nostra mozione, cioè, rivedere il quadro programmatico strategico degli investimenti nel settore delle reti di comunicazione a banda larga, al fine di assicurare il conseguimento da parte dell'Italia degli obiettivi fissati nell'Agenda digitale europea. Quest'ultima guarda al 2020 e, secondo noi, è un punto di riferimento molto importante per recuperare - anche qui - da parte del nostro Paese, questo gap che abbiamo nei confronti dell'Europa, rialzarci e poter mettere a frutto tutte le nostre potenzialità e, quindi, poter finalmente - come dicevamo prima - decollare; perché l'aereo è pronto. Pag. 33
Aver, dunque, inserito nel provvedimento l'istituzione di una cabina di regia per l'attuazione dell'Agenda, con il compito di coordinare l'azione dei vari attori istituzionali coinvolti - Governo, regioni, enti locali e Authority - al fine di definire e raggiungere quanto prima la road map, per consentire gli obiettivi posti dall'Agenda digitale comunitaria dell'agosto 2010, è un passo, a nostro giudizio, decisivo. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. I punti chiave dell'Agenda digitale presentati venerdì scorso sono per noi l'architettura del sistema e testimoniano che il Governo sta marciando nella giusta direzione. Vorrei ricordarli brevemente.
Con riferimento alla banda larga e ultralarga, diceva giustamente il collega della Lega prima: attenzione a non creare e a non investire tutto su una rete che risulterebbe, nel momento in cui venisse completata, già obsoleta. Abbiamo visto che c'è un dibattito in corso sulla scelta della televisione digitale, del digitale terrestre, rispetto, per esempio, ad altre forme di fruizione della televisione, come la televisione satellitare o via cavo. Noi abbiamo investito tutto su un sistema che, probabilmente, rischia di essere obsoleto nel momento in cui sarà finalmente completato. Non facciamo lo stesso errore sulla banda larga e ultralarga. Perché la realizzazione della banda ultralarga e larga? Quasi 5 milioni di italiani si trovano in condizioni, dicevamo prima, di divario digitale: più di 3 mila centri abitati soffrono di deficit infrastrutturale, che rende più complessa la vita dei cittadini. Le nuove misure intendono abbattere questi limiti e allineare il Paese agli standard europei. Open data: i dati in possesso delle istituzioni pubbliche - le università, ad esempio - vengono condivisi attraverso la rete, per garantire la piena trasparenza nei confronti dei cittadini. È una richiesta che ci viene dal basso. Qui abbiamo visto che molta strada è stata fatta, ma è il momento di completarla. Cloud: i dati in possesso delle pubbliche amministrazioni dematerializzati sono condivisi tra le pubbliche amministrazioni stesse. Smart community: si avvia la creazione di spazi virtuali sul web in cui cittadini possono scambiare opinioni, discutere dei problemi e stimolare soluzioni condivise con le pubbliche amministrazioni.
Questo approccio - un approccio articolato e di regia - è quello che, forse, è mancato al precedente Governo, in cui il dibattito si è concentrato più che sull'elaborazione di una strategia complessiva solo sull'inserimento, nel bilancio, di risorse pubbliche sulla banda larga, che, però, di volta in volta, venivano incrementate e, poi, successivamente tagliate. I famosi 800 milioni della banda larga sono diventati una chimera, se vogliamo usare un eufemismo, una barzelletta, se vogliamo guardare la realtà.
Solo con un quadro strategico complessivo potremo colmare il divario digitale del nostro Paese; solo avendo una strategia che sia capace di interessare pubblico e privato ad ogni livello sarà possibile raggiungere, nei tempi definiti e utili al nostro Paese, l'obiettivo dell'Agenda digitale europea. Non è un vincolo dell'Europa nei nostri confronti, ma un'opportunità, un obiettivo virtuoso che, se raggiunto, renderà ancora migliore e più efficiente il nostro sistema. Gli interventi di tutti i gruppi e del Governo in particolare, con i fatti e con i provvedimenti, lasciano ben sperare. A questo punto, la responsabilità di passare dalle parole ai fatti è tutta nostra (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iapicca, che illustrerà anche la mozione Misiti ed altri n. 1-00835, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MAURIZIO IAPICCA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, sottosegretario Vari, l'accesso a Internet oggi è diventato un servizio di natura universale da erogarsi all'intera popolazione, alla stregua di altri servizi considerati indispensabili, come, ad esempio, la distribuzione dell'acqua, i servizi di depurazione, l'energia elettrica, il gas o lo smaltimento e la gestione dei rifiuti solidi urbani. Pag. 34
In Italia, solo il 17 per cento dei cittadini utilizza il web per interagire con la pubblica amministrazione. Per questo motivo, il recente decreto semplifica Italia, approvato dal Consiglio dei ministri venerdì scorso, prevede che una serie di servizi ai cittadini da erogarsi dalla pubblica amministrazione debbano avvenire in via esclusivamente telematica.
Ben venga tutto ciò, tuttavia per evitare disparità tra i cittadini utenti è necessario che l'accesso alla rete Internet venga garantito a tutti, in particolare nel Sud Italia che, oggi, è fortemente penalizzato. Il decreto prevede che le amministrazioni pubbliche dialoghino tra di loro attraverso il web, ma sappiamo che oggi ciò non possibile per carenza di reti in vasti territori - ripeto, vasti territori - soprattutto nel Sud, che, in questi anni, è stato assolutamente penalizzato. Oggi bisogna intervenire per colmare questo gap. È, quindi, urgente definire e rendere operativo un piano che preveda lo sviluppo della banda larga in tutte le comunità e, soprattutto, in quelle piccole che ne sono prive.
Il nostro Paese è il quarantottesimo nella classifica del World economic forum, che misura la capacità di incrementare la competitività tramite l'ICT (Information communication technology). La penetrazione della banda larga su rete fissa nelle famiglie è attualmente pari al 49 per cento, rispetto al 67 per cento della Francia e al 75 per cento della Germania. La rete in fibra ottica italiana è la più estesa d'Europa, con 2 milioni di abitazioni raggiunte, ma dopo l'ottimo start up dei primi anni del 2000 lo sviluppo si è praticamente arrestato.
Secondo i dati OCSE, il tasso di alfabetizzazione informatica nel nostro Paese è fermo al 18 per cento, contro il 27 per cento del Regno Unito e il 32 per cento della Germania, mentre la diffusione dei personal computer nelle famiglie è del 56 per cento, contro una media europea del 68 per cento.
Si stima che l'implementazione della sola sanità digitale possa consentire risparmi allo Stato per quasi 2 miliardi di euro; inoltre, si calcola che, se le imprese italiane aumentassero solo dell'1 per cento il loro fatturato, attraverso le vendite on line, le esportazioni aumenterebbero dell'8 per cento, con ricadute positive per tutto il sistema Italia.
L'interazione della pubblica amministrazione con i cittadini utenti e i liberi professionisti che esplicano servizi ai cittadini, oltre a ridurre la spesa generale dell'amministrazione, consente agli utenti risparmi di tempo e oneri legati alla necessità di spostarsi presso le sedi degli uffici, che, spesso, in particolare nel Sud, oltre alla distanza, si accomunano per la mancanza di infrastrutture varie e la carenza di servizi di trasporto pubblico.
Per questo motivo, il nostro gruppo Grande Sud pone la massima attenzione e sarà molto presente in tal senso. La digitalizzazione e l'invio della documentazione con strumenti elettronici può portare a risparmi ed efficienze stimabili in miliardi di euro, con il vantaggio di aggiornare i rapporti tra pubblica amministrazione e utenti in tempo reale, riducendo anche la corruzione e la concussione, figlie di una mancanza di trasparenza. È, quindi, necessario uno sforzo maggiore da parte del Governo per migliorare e implementare queste nuove metodologie di scambio dati.
Per Grande Sud ben vengano le procedure previste dal decreto «semplifica Italia», anche per l'inevitabile sviluppo che comportano in termini di investimento e opportunità di miglioramento dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini.
Lo sviluppo delle reti mobili, a differenza della rete fissa, negli ultimi anni ha visto un crescendo di investimenti, tanto è vero che le utilizzazioni sono cresciute del 90 per cento, con un incremento del traffico per utenza superiore al 30 per cento. Tutto questo ha comportato prima uno sviluppo e poi una diffusione di nuove tecnologie nel campo della telefonia mobile, a cui si è accompagnata una buona crescita del PIL.
Per lo sviluppo delle reti mobili e fisse, vi sono proposte di molte associazioni di categoria che suggeriscono iniziative per favorire la realizzazione delle infrastrutture. Pag. 35 La Commissione europea ha proposto di stanziare 9,2 miliardi di euro nel periodo 2014-2020 per lo sviluppo della banda larga e i servizi digitali, al fine di diffondere entro il 2020 l'accesso universale alla rete Internet a banda larga di almeno 30 megabyte al secondo, con il 50 per cento delle famiglie raggiunte da una velocità di trasmissione dei dati su rete informatica superiore a 100 megabyte per secondo.
Vede, signor sottosegretario, in considerazione del fatto che la disoccupazione, a dicembre, vola all'8,9 per cento, il 31 per cento dei giovani non ha lavoro e i disoccupati sono 2 milioni e 243 mila, il Sud è penalizzato perché ha una grande percentuale di disoccupazione.
Perciò, lo sviluppo della rete è un incentivo alla crescita economica. Con la banda larga, nei prossimi dieci anni, si potrebbero generare mille miliardi di euro in termini di nuove attività economiche e creare milioni di posti di lavoro. Si stima che un aumento della banda larga di 10 punti percentuali generi una crescita del PIL tra lo 0,9 per cento e l'1,5 per cento.
In Italia, purtroppo, sono stati tagliati 800 milioni di euro di finanziamento per il settore delle telecomunicazioni derivanti dai ricavi in eccesso dall'asta LTE, Long Term Evolution, o anche Super 3G, al fine di favorire lo sviluppo di investimenti nel settore delle reti da parte dei privati. Comunque, per migliorare l'investimento nella banda larga nel Sud, basterebbe vendere anche le frequenze libere, quelle delle televisioni che hanno dismesso passando al digitale. A proposito di ciò, e quindi di sistema radiotelevisivo, il gruppo Grande Sud annuncia che presenterà, a breve, una proposta di legge in tal senso.
In conclusione, Grande Sud chiede al Governo di prendere in considerazione la possibilità di esentare le imprese impegnate nel settore dalla tassazione IRAP ed IRES; di proseguire quanto fatto dal precedente Governo nella semplificazione normativa e amministrativa al fine di collegare fra loro le norme vigenti; di sviluppare le reti fisse e mobili di nuova generazione in tutto il territorio nazionale, affinché il servizio di accesso alla banda larga si estenda nei territori attualmente privi, situati in particolare nel Mezzogiorno.
Quindi, poiché il Governo ha stretto un accordo con sette regioni del Sud Italia (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia) per la ristrutturazione delle reti Internet, allo scopo di offrire a tutti la banda larga entro il 2013 e annullare così il digital divide di questi territori, gli chiediamo di porre particolare attenzione per migliorare la disoccupazione nel Sud Italia, che è diventata drammatica.
Infine, chiediamo al Governo di assumere iniziative per assicurare la funzionalità, il buono stato e il potenziamento delle reti esistenti, in vista anche di una futura possibile separazione tra rete e gestione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Il rappresentante del Governo ha già comunicato alla Presidenza che si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. Il seguito della discussione è quindi rinviato ad altra seduta.
Sospendo per cinque minuti la seduta, che riprenderà alle ore 12,50 con lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

La seduta, sospesa alle 12,45, è ripresa alle 12,55.

Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

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(Elementi in merito alla mancata consegna di documenti a seguito di una richiesta di accesso agli atti in relazione ad un concorso per dottorato di ricerca in sociologia presso l'università di Bologna Alma Mater - n. 2-01021)

PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01021, concernente elementi in merito alla mancata consegna di documenti a seguito di una richiesta di accesso agli atti in relazione ad un concorso per dottorato di ricerca in sociologia presso l'università di Bologna Alma Mater (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, questa interpellanza fa riferimento a precedenti atti ispettivi che riguardano l'università di Bologna e anche altre università, al fine di verificare determinate anomalie che si sono succedute nel tempo in alcune facoltà, soprattutto per quanto concerne la selezione dei candidati ad incarichi di insegnamento o a dottorato di ricerca.
In questo caso, mi riferisco ad una prova orale del dottorato di ricerca in sociologia e alla non ammissione per un punteggio estremamente limitato, che contrasta singolarmente con la validità della prova scritta eseguita. Di fronte alla richiesta della candidata di accedere alla verifica dei dati e degli atti del procedimento per il quale non è stata ammessa agli esami orali, ci siamo trovati - o meglio la candidata si è trovata di fronte ed ha sollecitato quindi il sottoscritto - ad un primo diniego e poi ad un silenzio dell'università, che alla data di oggi risulta non ancora chiarito.
Mi riferisco alla «data di oggi» perché questo è un argomento di ordine generale che ho già sottoposto alla Presidenza dell'Assemblea. Ci troviamo in una fase di limitata competenza del parlamentare, spesso oggetto di denigrazione o di delegittimazione, ed uno dei pochi atti che ci mantiene in contatto con il nostro elettorato e ci rende idonei a svolgere la funzione per la quale siamo stati eletti è quella di presentare interrogazioni e interpellanze su argomenti che riguardano la nostra circoscrizione elettorale o anche argomenti di rilievo nazionale. Il ritardo con cui queste risposte vengono date di fatto delegittima ulteriormente la nostra situazione e la prospettiva di un parlamentare e lo costringe a non svolgere in tempo la funzione per cui è stato eletto. È chiara infatti la necessità di una risposta immediata o a breve termine - e questo l'ho già detto anche in occasione di altre interpellanze al precedente Governo -, mentre il ritardo della risposta può renderla inutile o almeno la condiziona largamente per quanto riguarda gli esiti.
Fatto questo inciso, mi pare francamente sintomatico ed emblematico l'atteggiamento della facoltà di sociologia e dell'università proprio in merito al fatto che, oltre alla mancata risposta per la richiesta di documenti che dovrebbero essere noti a tutti, come si è verificato in altri dipartimenti dell'università di Bologna, ci si è trovati di fronte anche ad altre irregolarità. Mi riferisco, come citato nella mia interpellanza, ad un'esposizione parziale dei soli risultati della prova scritta, con una formula valutativa e interpretativa insufficiente «ammesso/non ammesso», e alla mancata esposizione dei risultati della prova orale nell'immediato (massimo tre giorni), come annunciato dai commissari di questo dottorato in sociologia nella sede d'esame e mai esposti. Anche questa è una riflessione che credo di dover fare accanto ad altre che tralascio in questa sede, altrimenti il tempo porterebbe con sé anche altre considerazioni che desidero fare sulla base della risposta che il Governo mi darà. Anche se questi pronunciamenti erano stati reclamati da coloro che erano stati esclusi, non si è potuto constatare de visu i risultati.
In tale contesto, credo che il Governo debba assumere una sua iniziativa anche alla luce, come ho citato testualmente nella mia interpellanza, dei poteri riconosciuti alla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, di cui alla legge n. 241 del 1990, in merito alle anomalie Pag. 37che ho descritto, concernenti soprattutto la mancata consegna di documenti riferiti ad un concorso pubblico. In questo caso, chiedo al Governo se intenda promuovere modifiche normative per risolvere casi come questi o simili.
Di fronte al trincerarsi delle autorità accademiche e delle autorità amministrative, a questi non possumus, all'impossibilità di rendere noti i risultati e di trasmettere i verbali, credo che occorra, però, facilitare la conoscenza da parte degli esclusi e che i processi che hanno portato a determinare un certo giudizio, da parte della commissione esaminatrice, siano limpidi, trasparenti e soprattutto conosciuti nella loro interezza e nelle valutazioni che seguono ai medesimi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Roberto Cecchi, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO CECCHI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri si risponde alla interpellanza con la quale l'onorevole Garagnani illustra la vicenda occorsa a una candidata al concorso per l'ammissione al XXV ciclo del dottorato di ricerca in sociologia presso l'università Alma Mater di Bologna, la quale non avrebbe ottenuto dalla suddetta università l'accesso agli atti della procedura, e chiede quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per far fronte a simili situazioni, eventualmente promuovendo anche le necessarie modifiche normative.
Al riguardo sono state acquisite informazioni presso l'università coinvolta, che ha precisato di avere regolarmente riscontrato la richiesta di accesso con raccomandata del 18 novembre 2010, protocollo n. 53201, recapitata a domicilio della richiedente in data 30 novembre 2011, trasmettendo i verbali delle sedute della commissione di esame e il decreto rettorale relativo alla graduatoria finale e consegnando direttamente a persona delegata dall'interessata copia del proprio elaborato.
Anche relativamente alla contestata circostanza della mancata pubblicazione dei risultati delle prove di esame, l'università ha precisato che gli stessi sono stati regolarmente esposti nella bacheca e sulla porta d'ingresso del dipartimento; ciò sia per quanto riguarda i voti conseguiti dai candidati nella prova scritta, sia per quanto riguarda il risultato finale della prova orale, che è stato pubblicato nel pomeriggio dello stesso giorno di svolgimento.
Alla luce delle notizie fornite, l'università medesima ha dunque sottolineato di avere ottemperato ai propri obblighi e che la richiedente ha ricevuto tutta la documentazione oggetto dell'istanza di accesso proposta ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.

PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di replicare.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, innanzitutto, la data di presentazione di questa interpellanza è il 24 marzo 2011; per cui, il sottoscritto si riferiva alla situazione di allora.
Tuttavia, nonostante la risposta del rappresentante del Governo, che fa riferimento ad una comunicazione dell'università della fine di novembre del trascorso anno, mi risulta ancora oggi che alcune richieste, e in particolare mi riferisco alle procedure previste obbligatoriamente e sempre seguite in precedenza in altri dipartimenti, cioè all'esposizione parziale dei soli risultati della prova scritta espressi con la formula valutativa interpretativa insufficiente «ammesso/non ammesso», sarebbero avvenute, in ogni caso, con ritardo rispetto alla richiesta fatta, come pure non mi risulta - ed è una verifica che ho fatto nei giorni scorsi - che l'esposizione dei risultati della prova orale sia avvenuta entro il termine di tre giorni.
Qui c'è un parere diverso da parte della diretta interessata, ma al di là di tutto, credo di dover constatare che, nonostante le richieste reiterate della dottoressa che partecipava al concorso, la risposta dell'università si è fatta attendere per quasi Pag. 38un anno. Infatti, originariamente si fa riferimento alla richiesta inoltrata nell'ottobre del 2010 da una candidata, la cui risposta e gli atti conseguenti si sono avuti alla fine di novembre del 2011. È pertanto trascorso un anno e al termine di quell'anno tutto può essere successo.
La diretta interessata è stata fornita di una serie di risposte più o meno esaustive, alcune parzialmente esaustive, altre estremamente limitate, ma, in ogni caso, con questo lasso di tempo che è intercorso, e che non soddisfa la necessità di trasparenza che deve caratterizzare ogni ente pubblico, a maggior ragione un'università, in una materia così delicata come quella della selezione del personale docente o dei candidati al dottorato di ricerca.
Alla luce di quanto sopra e dei fatti che sono stati enunciati si denotano, come minimo, un ritardo inspiegabile, un'incuria e alcuni fatti che credo lasciano alquanto perplessi, come la partecipazione al concorso di un candidato figlio di un docente nello stesso dipartimento che dai verbali risulterebbe essersi attivato nell'estrarre i temi sui quali i candidati avevano esposto le loro tesi ed altri interrogativi.
Alla luce di questo credo di dover rilevare che la risposta del Governo non mi soddisfa assolutamente, nel senso che si limita a citare una esposizione dell'università di Bologna - in particolare, credo, del dipartimento di sociologia - senza entrare nel merito di alcuni fatti particolarmente rilevanti che sono contenuti nella mia interpellanza: il punteggio estremamente basso riservato rispetto alla prova scritta, che si è chiesto di verificare e la cui risposta è arrivata molto tardi; la presenza anomala del figlio di un docente che ha estratto il tema oggetto del concorso e soprattutto il ritardo ingiustificabile con cui questi documenti sono stati forniti.
Tutto ciò legittima ogni tipo di sospetto e credo debba indurre ad una seria riflessione su modalità più lineari e più chiare che rendano intanto i candidati ai concorsi interni all'università sicuri del risultato e, in secondo luogo, palesino, anche di fronte all'opinione pubblica, quella che è una linearità di comportamento che tutti gli atenei dovrebbero seguire.
Ciò soprattutto nell'attuale momento che è conseguente anche alla nuova legge di riforma dell'università e che deve dare a tutti coloro che aspirano con competenza, conoscenza della materia e direi anche conoscenza della materia oggetto del concorso, la possibilità di concorrere senza interventi esterni e senza condizionamenti che non siano quelli della loro capacità di esporre determinate tesi e soprattutto della loro preparazione scientifica.
Il problema fondamentale rimane quello della tutela di ogni cittadino di fronte a poteri interni alle università che molto spesso - desidero non generalizzare e, a maggior ragione, per quanto riguarda l'università di Bologna - condizionano la riuscita di determinati concorsi. Per cui credo che in questo senso la legge Gelmini abbia fatto chiarezza su alcuni punti direi assolutamente non chiariti.
Occorre, però, qualcosa di più soprattutto da parte del Governo, magari anche una circolare esplicativa, che valorizzi i meriti ma nello stesso tempo responsabilizzi le università per quanto riguarda l'adozione di procedimenti - in questo senso si veda l'ultima parte della mia interpellanza - che garantiscano veramente a tutti gli effetti l'obiettività dei concorsi interni e la selezione del personale docente e non docente. Questo è il senso della mia interpellanza ed anche il senso della mia insoddisfazione.

(Iniziative in ordine al protocollo d'intesa fra l'istituto «Alcide Cervi» e l'ufficio scolastico regionale dell'Emilia Romagna, al fine di garantire l'autonomia della scuola - n. 2-01180)

PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01180, concernente iniziative in ordine al protocollo d'intesa fra l'istituto «Alcide Cervi» e l'ufficio scolastico regionale dell'Emilia Romagna, al fine di garantire Pag. 39 l'autonomia della scuola (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, questa interpellanza fa riferimento ad una lunga querelle che ha caratterizzato le polemiche del sottoscritto con alcuni istituti culturali dell'Emilia Romagna, soprattutto sul ruolo che la scuola deve avere nel nostro Paese. Premetto che i fatti quotidiani, i fatti significativi della nostra storia debbano avere un ruolo ed una posizione specifica all'interno della formazione dello studente, soprattutto a livello di scuole secondarie superiori. Tuttavia, credo che il tutto debba essere esposto in modo obiettivo, prescindendo il più possibile da quelle che sono valutazioni personali e ideologiche.
L'interpellanza fa riferimento all'ennesimo, perché è già stato reiterato altre volte, protocollo d'intesa tra l'istituto «Alcide Cervi» e l'ufficio scolastico regionale dell'Emilia Romagna, partendo da un presupposto, ossia che la scuola deve essere al servizio di tutti e non può farsi portatrice di una determinata ideologia politica, qualunque essa sia.
L'istituto «Alcide Cervi» si è caratterizzato nel corso della sua storia per l'estrema politicizzazione su temi inerenti alla vicenda resistenziale, che, credo, presenti luci ed ombre e comunque deve essere configurata tenendo conto di quella che è la ricerca storica, tenendo conto di quella che è l'età dei giovani studenti e tenendo conto di una necessaria obiettività politica che tenda a separare la valorizzazione, lo studio della storia della Resistenza, in questo caso, dalla valutazione politica quotidiana.
Tutto questo non è successo perché quella dell'istituto «Alcide Cervi» è la storia di un istituto culturale, si fa per dire, che spesso si è servito della vicenda resistenziale per fare opera di propaganda politica a favore della sinistra in molte scuole dell'Emilia Romagna.
In questo senso, l'interpellante chiede notizie e chiede anche un intervento perché si ritiene che debba essere garantita l'assoluta autonomia della scuola da ogni interferenza e interpretazione ideologica. Segnalo, fra l'altro, che questo istituto «Alcide Cervi», che dovrebbe avere un campo d'azione estremamente limitato, si è qualificato per i campi di azione politici - sottolineo politici - più vasti.
A mio modo di vedere e a modo di vedere anche di gran parte dei miei concittadini, la scuola dovrebbe prescindere da collegamenti con istituti che, oltre ad avere una determinata colorazione politica ben evidente, si sono caratterizzati per la loro faziosità in vari campi dell'attività quotidiana, come dicevo prima. A mio avviso, soprattutto in presenza anche di una querelle che si trascina da tempo e che in questa sede desidero riproporre, e cioè che la vicenda resistenziale - facevo prima riferimento alle luci e ombre che la caratterizzano - in Emilia Romagna è stata vissuta, soprattutto nel periodo 1945-1948, direi con estrema passione da una parte della cittadinanza. Ci sono stati efferati omicidi, scomparsi, non in nome della lotta all'ideologia nazista, ma in nome di quel socialismo reale che, se avesse trionfato, avrebbe seminato lutti che noi abbiamo verificato in altri Paesi dell'est europeo.
Questo istituto «Alcide Cervi» oggi ancora rifiuta drasticamente di prendere in considerazione ciò che avvenne in tante realtà dell'Emilia Romagna nel dopoguerra, a guerra civile ultimata, nel periodo 1945-1948, dove sacerdoti, cattolici, laici furono spesso prelevati e massacrati in nome appunto di quest'ottica resistenziale, in realtà in nome di un esperimento, chiamato socialismo reale, che avrebbe dovuto condurre alla felicità terrena. Detto questo, e abbiamo molte riprove, ritengo, come ho evidenziato, che una revisione storica in un istituto come questo sarebbe opportuna non per fare cambiare le proprie tesi tradizionali, ma per prendere in considerazione quella visione culturale che storici, polemisti, saggisti hanno evidenziato per l'Emilia Romagna. Tutto questo non è accaduto e interessa una parte della mia interpellanza. Pag. 40
Ma al di là di questo giudizio - che pure a mio modo di vedere è significativo perché un istituto storico deve evolversi e prendere atto di ciò che la ricerca storica obiettiva dice - il fatto dirimente è soprattutto che la direzione scolastica regionale, che deve sovrintendere alla organizzazione e alla definizione della politica scolastica in Emilia Romagna al servizio di alcuni obiettivi culturali ben precisi che tutelino - lo ripeto - la cultura in quanto tale, non può sottoscrivere protocolli di intesa con un istituto sia esso di destra, di sinistra o di centro (non è questo il problema) che si caratterizzi per una sua collocazione politica e ideologica ben marcata.
Questo contrasta con tutte le interpretazioni che i vari ministri della pubblica istruzione e i vari Governi che si sono succeduti nella storia repubblicana hanno dato della funzione della scuola. Purtroppo, io vengo da una regione che spesso è stata condizionata dal dopoguerra ad oggi da pesanti interferenze e condizionamenti della sinistra in vari momenti della vita della scuola medesima. Basti citare ultimamente solo le battaglie condotte contro i ministri Gelmini e Moratti durante l'orario scolastico; la faziosità che caratterizza gran parte del corpo docente per cui politicamente si insinuano determinate tesi in modo esplicito attaccando il Governo in carica e prescindendo dalla funzione educativa della scuola medesima.
Quindi, molto spesso l'insegnante da educatore si trasforma in agitatore politico. Questo è intollerabile, così come è intollerabile in questo contesto questo protocollo di intesa che, a mio modo di vedere, snatura la funzione della scuola. Immagino già la risposta, perché in questa situazione di anarchia o di condizionamento ideologico molto spesso gli operatori della scuola, anche quelli che cercano di essere obiettivi, tacciono o accettano una realtà per timore di guai ulteriori, ma non sono questi la funzione e il ruolo che un dirigente scolastico deve avere.
Quindi, concludo, dicendo che la mia interpellanza intende ribadire l'anomalia di questo protocollo di intesa e la necessità che il Governo risponda al quesito che ho posto intanto in riferimento all'istituto «Alcide Cervi» e, in secondo luogo, sulla necessità di tenere distinta nella scuola la funzione educativa della medesima dalla funzione partitico-ideologica. Mi riferisco agli insegnanti, i quali dovrebbero avere il buon senso e il buon gusto (molti lo fanno) di distinguere nettamente le loro opinioni personali, espresse al di fuori della scuola, dalla loro funzione educativa di docente (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti del deputato Evangelisti).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni (Commenti del deputato Garagnani)...Per favore onorevoli Evangelisti e Garagnani...
Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Roberto Cecchi, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO CECCHI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, con riferimento al protocollo d'intesa stipulato in data 22 luglio 2011 tra l'ufficio scolastico regionale per l'Emilia Romagna e l'istituto «Alcide Cervi», l'onorevole interpellante chiede che vengano assunte iniziative atte a garantire l'autonomia delle scuole di tale regione rispetto a logiche politiche estranee alle finalità educative.
Questo è un tema già più volte affrontato in sede di risposta a precedenti atti dell'onorevole interpellante ed è sempre stata data assicurazione circa l'attenzione che gli uffici dell'amministrazione scolastica dedicano alla questione, adoperandosi a far sì che la scuola persegua i compiti di formazione e crescita degli alunni che le sono propri, pur nel rispetto della libertà di insegnamento e dell'autonomia scolastica.
Giova ricordare che l'autonomia scolastica è un principio che ha assunto valenza a livello costituzionale e rappresenta il fondamento di ogni iniziativa ed attività didattica. Il regolamento di attuazione dell'autonomia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del Pag. 411999, individua nel piano dell'offerta formativa lo strumento attraverso il quale ciascuna istituzione scolastica realizza la propria identità culturale e progettuale e definisce la propria organizzazione in coerenza con gli obiettivi educativi individuati sia a livello generale che locale.
Per la predisposizione del piano, l'articolo 3 del citato regolamento prevede, tra l'altro che ciascun dirigente scolastico attiva i necessari rapporti con gli enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti sul territorio.
Sul caso specifico rappresentato dall'onorevole interpellante, si forniscono i seguenti elementi informativi, così come comunicati dal vicedirettore scolastico regionale per l'Emilia Romagna e desumibili dal testo del protocollo d'intesa.
L'istituto «Alcide Cervi» è stato costituito il 24 aprile 1972 a Reggio Emilia per l'iniziativa dell'alleanza nazionale dei contadini (oggi Confederazione italiana agricoltori), dell'associazione nazionale partigiani d'Italia, della provincia di Reggio Emilia e del Comune di Gattatico. L'istituto ha conseguito la personalità giuridica di valenza nazionale con decreto del Presidente della Repubblica n. 533 del 18 luglio 1975.
L'istituto medesimo è nato con lo scopo di promuovere e realizzare attività scientifiche e culturali nell'ambito degli studi e delle elaborazioni delle materie che interessano l'agricoltura e il mondo rurale, indagati sotto il profilo storico, economico, sociale, giuridico, letterario ed artistico.
La direzione scolastica regionale dell'Emilia Romagna ha sottoscritto, in data 22 luglio 2011, il protocollo d'intesa con il citato istituto in attuazione dei propri compiti istituzionali che prevedono, tra l'altro, l'arricchimento dell'offerta formativa delle istituzioni scolastiche per lo sviluppo degli studenti in diversi contesti. Ciò in continuità con le iniziative di formazione già da anni svolte dall'istituto «Cervi» per la formazione dei docenti e per proposte didattiche rivolte agli studenti, in tema di resistenza, agricoltura, mondo rurale, alimentazione ed ambiente.
Lo stesso responsabile della direzione scolastica regionale ha anche precisato che la stipula di intese con qualificate realtà istituzionali, pubbliche e private, del territorio, a favore dell'arricchimento dell'offerta formativa, è prassi consolidata di quell'ufficio, come testimoniano, ad esempio, gli accordi sottoscritti con la fondazione «Marino Golinelli», la fondazione della scuola di pace di Monte Sole, il CNR-ISOF, l'AVIS e l'UNICEF.

PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di replicare.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, mi dichiaro totalmente insoddisfatto. D'altra parte, da un Governo che, in teoria, dovrebbe essere al di sopra delle parti - ma mi sembra che, per certi aspetti, abbia un'attenzione particolare verso la sinistra - non ci si poteva aspettare altro.
Vorrei, comunque, chiarire che su questo argomento il sottosegretario, con cortesia, ha citato mie precedenti interpellanze. A riprova della mia obiettività, mi sono dichiarato insoddisfatto anche nei confronti di chi l'ha preceduta nel Governo Berlusconi, su questa materia. Non mi aspettavo una risposta diversa. Non pretendo miracoli ma pretenderei da parte del Governo, da quello attuale come pure da quello precedente, dai Ministri che l'hanno preceduta, una considerazione più attenta della necessità di formare le giovani generazioni, tenendo presente tale fine, lo ripeto, soprattutto nell'insegnamento della storia. Questo è l'argomento cardine, cioè l'obiettività, entro limiti ovviamente che noi tutti dobbiamo considerare, dell'insegnamento medesimo, privilegiando soprattutto la funzione educatrice dell'insegnante rispetto alla funzione politica o strumentale ad altri obiettivi.
In questo contesto, ho parlato di condizionamento oggettivo. Non mi aspettavo una risposta diversa dal dirigente scolastico ma, come sottolineavo in precedenti interventi rispetto ai suoi predecessori, ad altri sottosegretari, è chiaro che lo strumento dell'interpellanza, se viene visto Pag. 42soltanto come una richiesta a quei funzionari periferici che hanno stipulato determinate intese e determinati atti, è uno strumento che porta quei funzionari a dover giustificare il loro operato. Pertanto, anche qui credo che occorrerebbe una verifica e un'istruttoria, nei limiti del possibile, ben più precisa e attenta da parte del Governo e, lo sottolineo, da parte di ogni Governo.
È indubbio che il rapporto con gli enti locali deve esserci. Questa è una risposta ovvia. Ma questi rapporti, a mio modo di vedere, non possono mettere in forse la necessaria autonomia della scuola dalla maggioranza politica che governa quegli enti locali, cosa che spesso si verifica nella mia città e nella mia regione.
Come la libertà di insegnamento e l'autonomia scolastica sono giuste e utili, però queste non possono sconfinare in quella che è, direi, la manifestazione di un pensiero politico che prescinde totalmente dalla necessaria dialettica e che condiziona soprattutto le giovani generazioni.
Questo istituto «Alcide Cervi» - l'ho detto all'inizio e lo ribadisco, avendo anche un collega di Reggio Emilia che ne è buon testimone (mi dispiace che sia andato via il collega dell'Italia dei Valori che prima mi ha interrotto) - è un istituto che si è caratterizzato per una costante opera di faziosità politica, o - se preferite - di politica.
A mio modo di vedere, questo protocollo di intesa non serve assolutamente a niente se non a confermare quella sudditanza ideologica della scuola italiana a settori della sinistra che l'hanno condizionata e continuano a condizionarla in modo diverso, attraverso la presenza debordante della CGIL scuola e attraverso una miriade di enti - anche su «Monte Sole» ci sarebbe molto da dire - che, in realtà, non fanno altro che continuare in un contesto totalmente diverso questa impostazione ideologica della scuola italiana, per la quale nella scuola italiana si parla sempre delle stragi naziste, giustamente, ma non si parla mai di ciò che è avvenuto nel dopoguerra e di ciò che è avvenuto nei Paesi del socialismo reale, dove c'è una direzione di un certo tipo, con la quale fatalmente ci si collega.
Parlo con cognizione di causa perché ho verificato, attraverso uno strumento molto utile, il «telefono verde», che raccoglie le confidenze di genitori e studenti insoddisfatti di come vengono svolte le lezioni, che c'è sempre un collegamento con l'attualità quotidiana e con la politica, nel senso di invitare molto spesso gli studenti a favorire il voto a sinistra o a condannare un determinato Governo. Questo è stato massicciamente presente negli anni passati e ancora oggi.
Di qui la ragione di una interpellanza - e concludo - che si rivolge al Governo perché si faccia carico in termini nuovi di un problema vero, che esiste, soprattutto motivando in termini diversi - lo dicevo all'inizio a proposito della precedente interpellanza - chi ha responsabilità dirigenziali, che non deve essere intimorito dal sindacato o da lobby di insegnanti, che spesso bloccano le scuole per scioperi politici che non hanno ragion d'essere, e non deve essere intimorito a dire «no» ad una convenzione con un istituto, di fatto, politico, di destra o di sinistra (in questo caso, di sinistra) che non risponde a quella logica di obiettività o di serietà che la scuola deve avere.
Questa è la ragione della presentazione del mio atto di sindacato ispettivo. Per quanto mi concerne, non mi fermerò certo di fronte a questa risposta del Governo. Ringrazio il sottosegretario per la cortesia, ma mi dichiaro e riconfermo la mia totale insoddisfazione (Applausi del deputato Renato Farina).

(Elementi in merito all'utilizzo della posta elettronica della direzione dell'istituto scolastico comprensivo di Novellara (Reggio Emilia) al fine dell'invio di materiale di propaganda politica - n. 3-01663)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Roberto Cecchi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Barbieri n. 3-01663, Pag. 43concernente elementi in merito all'utilizzo della posta elettronica della direzione dell'istituto scolastico comprensivo di Novellara (Reggio Emilia) al fine dell'invio di materiale di propaganda politica (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).

ROBERTO CECCHI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, l'onorevole interrogante chiede di sapere quali iniziative ed interventi si intendono adottare nei confronti della direzione scolastica dell'istituto comprensivo di Novellara, in Provincia di Reggio Emilia, per l'uso non conforme ai doveri d'ufficio della casella postale dell'istituto da parte del direttore dei servizi generali e amministrativi e per l'affissione di una locandina sindacale, con cui si effettua propaganda politica, nella bacheca comunale posta all'entrata dei locali della scuola media.
Al riguardo, l'ufficio scolastico regionale per l'Emilia Romagna ha comunicato che effettivamente il direttore dei servizi generali e amministrativi ha ricevuto la e-mail di cui trattasi al proprio indirizzo di posta e l'ha inoltrata ad altri soggetti, compresi i componenti del consiglio di istituto.
Lo stesso ufficio ha fatto inoltre presente che il dirigente scolastico, venuto a conoscenza dell'accaduto, ha provveduto immediatamente, non solo a richiamare il direttore dei servizi generali e amministrativi all'osservanza scrupolosa dei suoi doveri, ma ha ricordato a tutto il personale amministrativo che la posta elettronica della scuola deve essere utilizzata esclusivamente per fini istituzionali. Dalla relazione dell'ufficio scolastico territoriale di Reggio Emilia - ha altresì aggiunto il responsabile della direzione regionale - si evince che il direttore dei servizi generali e amministrativi ha riconosciuto il proprio errore e si è formalmente scusato con l'intero consiglio di istituto nella seduta del 10 giugno 2011.
Per quanto riguarda la locandina sindacale affissa nella bacheca comunale posta all'entrata dei locali della scuola media, si conferma che la stessa è stata rimossa in data 12 maggio 2011.

PRESIDENTE. L'onorevole Barbieri ha facoltà di replicare.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, signor sottosegretario, devo dire che la spiegazione è tutto sommato convincente, quello che invece non va bene - e mi dispiace che dall'ufficio scolastico regionale o provinciale non abbiano anche suggerito questo tipo di argomentazione che sto per fornire - è che il dirigente passi per uno sprovveduto. Il dirigente sapeva benissimo che non poteva fare le cose che ha fatto, questo è il punto. Il dirigente lo sapeva benissimo perché è uno che ha più della quinta elementare quindi immagino che sappia bene quali sono i suoi doveri, così come la storia della locandina della CGIL nella bacheca, ma stiamo scherzando? Un sindacato come la CGIL non sa che non si può affiggere una locandina di quel tipo nella bacheca comunale sita all'interno della scuola?
Allora, il problema è semplicissimo signor sottosegretario, è come quando un bimbo piccolo tenta di rubare il cioccolato e la mamma non vuole. Questi due signori - o meglio, il dirigente e il sindacalista - sapevano bene che la cosa non era consentita, ci hanno provato, gli è andata male, quindi sarà bene che per il futuro cose di questo genere non vengano assolutamente più tollerate.

(Orientamenti in merito alla revisione della retribuzione della funzione di presidente di commissione d'esame di licenza media - n. 3-01707)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Roberto Cecchi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Burtone n. 3-01707, concernente orientamenti in merito alla revisione della retribuzione della funzione di presidente di commissione d'esame di licenza media (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).

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ROBERTO CECCHI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, con l'atto parlamentare oggi in discussione l'onorevole interrogante chiede che vengano attribuiti compensi ai presidenti degli esami di Stato conclusivi del primo ciclo di istruzione, in analogia a quanto previsto per i presidenti degli esami di Stato conclusivi del secondo ciclo e, a tale riguardo, suggerisce di utilizzare la somma accantonata in sede di definizione dell'ultimo contratto collettivo nazionale di lavoro dei dirigenti scolastici - area quinta - per iniziative di equiparazione all'interno della dirigenza scolastica.
Al riguardo, non si può che confermare che i compensi definiti dal decreto interministeriale del 24 maggio 2007 sono erogati limitatamente ai presidenti e ai commissari per gli esami di Stato della scuola secondaria di secondo grado. Per quanto concerne gli esami del primo ciclo, l'articolo 40, comma 12 della 27 dicembre 1997, n. 449 - legge finanziaria 1998 - dispone che con effetto dall'anno scolastico 1997-1998 sono aboliti i compensi giornalieri ai componenti delle commissioni di esami di licenza media.
Pertanto, a seguito dell'emanazione dell'articolo 1, comma 213 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 - legge finanziaria 2006 - con il quale si sopprimono le indennità di trasferta al presidente della commissione di esame di licenza media, è riconosciuto, qualora ricorrano le condizioni previste dalla normativa vigente, il solo rimborso delle spese di viaggio.
Allo stato, dunque, per intervenire nei termini indicati dall'onorevole interrogante è necessario ipotizzare una modifica della normativa vigente, prevedendo altresì adeguate risorse finanziarie specificatamente destinate al compenso dei presidenti e dei commissari nominati per lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi del primo ciclo di istruzione.
Per i suesposti motivi si ritiene che anche l'iniziativa suggerita di utilizzare ai fini di cui trattasi la somma accantonata in sede di definizione dell'ultimo contratto collettivo nazionale di lavoro dell'area quinta per iniziative di equiparazione all'interno della dirigenza scolastica non sia percorribile.

PRESIDENTE. L'onorevole Burtone ha facoltà di replicare.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, io purtroppo mi devo dichiarare insoddisfatto rispetto alla risposta burocratica che è stata data dal Governo e di insufficiente iniziativa che è stata qui manifestata. Si deve approvare una nuova norma dice lei, signor sottosegretario, però non mi pare che da parte del Governo sia emersa una proposta o una disponibilità ad operare in questo senso.
Lei ha detto una cosa che, però, avrebbe comportato anche un minimo di assunzione di responsabilità. Credo che ci troviamo veramente di fronte ad una delle cose inaccettabili nella nostra comunità.
Signor sottosegretario, ci sono presidenti di commissioni d'esame della scuola media che, dopo aver seguito più classi - perché spesso si trovano a dover seguire sei o nove terze classi - devono anche fare gli esami, essendo gli unici membri esterni della commissione di materie diverse (italiano, matematica, prima lingua, seconda lingua, a volte anche uno strumento musicale), e alla fine ricevono come compenso 15 o 20 euro. Cosa diversa avviene per i presidenti di commissione di scuola media superiore, che hanno una cifra non rilevante, però dignitosa, di mille euro per tutti gli esami. Allora, che cosa ho chiesto? O si equiparano le due funzioni, riproponendo quanto era previsto prima della norma del 1998. Mi pare che sostanzialmente l'utilizzo di quelle risorse si possa fare. Io le chiedo di fare una verifica, perché è una somma accantonata di circa 5 milioni di euro, per l'iniziativa dell'equiparazione all'interno della dirigenza scolastica.
La dirigenza scolastica, signor sottosegretario, ha un'unicità di funzione, che si esercita indifferentemente nei diversi settori formativi, di scuola media superiore e di scuola media inferiore. Quindi, la Pag. 45somma cui ho fatto riferimento potrebbe essere utilizzata in tal senso. Tra l'altro, se si fa un calcolo minimo, nel territorio nazionale ci sono 7 mila scuole medie, quindi ci sono circa 7 mila che ogni anno fanno l'esame di licenza media. Se si dovesse riconoscere un emolumento di mille euro, così come si fa per le scuole medie superiori, la somma sarebbe quella, 7 milioni di euro. Ci sono i 5 milioni di euro, quindi si potrebbe arrivare a questa soluzione - ripeto - più dignitosa rispetto ad un trattamento assolutamente inaccettabile.
Oppure si faccia un'altra cosa. Lo ripeto sempre in termini propositivi e mi auguro, signor sottosegretario, che lei possa accogliere le cose che io e il collega Strizzolo le indichiamo. Un'altra ipotesi è quella di abrogare il vincolo di abilitazione per il presidente di commissione. Se questo dovesse essere fatto, anche per i dirigenti scolastici di scuola media inferiore ci sarebbe la possibilità di accedere, anche non avendo l'abilitazione, alla presidenza di una commissione d'esame di scuola media superiore, per avere anche un minimo di gratificazione economica. Ecco, signor sottosegretario, vedo che lei ha prestato attenzione e la ringrazio. Mi auguro, però, che abbia anche la volontà di dare seguito ad una norma - mi permetta di dirlo - di civiltà nella nostra comunità. Quando mi è stata data questa notizia, personalmente ho colto l'insofferenza di un settore, ma anche i limiti della nostra azione. Avendo i mezzi per operare, il Ministero faccia questa opera, che è di minima garanzia di giustizia per le nostre comunità.

(Elementi in merito all'esclusione della città di Monza dall'elenco dei siti dell'«Italia langobardorum» iscritti nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco - n. 3-02051)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Roberto Cecchi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Renato Farina n. 3-02051, concernente elementi in merito all'esclusione della città di Monza dall'elenco dei siti dell'«Italia langobardorum» iscritti nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).

ROBERTO CECCHI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, mi riferisco all'interrogazione dell'onorevole Renato Farina relativa alle attività del Ministero per i beni e le attività culturali in merito alla definizione dei siti da inserire nella lista italiana «Italia langobardorum».
Come già riferito in precedenti risposte ad interrogazioni analoghe presentate nel periodo in cui si predisponevano gli atti da inviare all'Unesco per l'iscrizione del sito «I longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)» nella lista del Patrimonio mondiale - iscrizione recentemente accolta - i beni compresi nel suddetto sito seriale sono stati accuratamente selezionati dall'ufficio Unesco del Ministero in collaborazione con le competenti sovrintendenze territoriali sulla base dei criteri indicati nell'Operational guidelines for the implementation of the World heritage Convention emanate dal Comitato del Patrimonio mondiale. In base a tali criteri, che vengono considerati pregiudiziali per l'iscrizione, è stata effettuata un'attenta disamina di tutte le testimonianze lasciate dai longobardi in Italia durante l'età del loro regno. La scelta del periodo storico è stata determinata dal fatto che proprio tra VII e VIII secolo avvenne l'ormai unanimemente riconosciuta rinascita artistico-culturale romano-longobarda che anticipò la cosiddetta renovatio carolingia preludendo ai successivi sviluppi della cultura europea.
Ciò ha portato quindi ad escludere fin dall'inizio la maggior parte delle numerose ed importanti evidenze rimaste nel Meridione della penisola (Salerno, Capua ed altri luoghi) in quanto appartenenti al periodo successivo alla caduta del regno, quando il Ducato di Benevento, unico sopravvissuto all'invasione franca, fu trasformato in principato e visse un successivo Pag. 46sviluppo artistico e culturale fortemente influenzato dai bizantini. Quanto alle testimonianze del resto d'Italia, i requisiti richiesti dall'UNESCO per l'iscrizione alla prestigiosa lista sono stati riconosciuti pienamente nei soli beni inseriti nella candidatura che infatti possiedono: importanti per la presenza di significative necropoli longobarde, o per l'esistenza di palazzi, chiese, monasteri citati nelle fonti storiche, ma scomparsi da tempo o comunque non più leggibili nelle trasformazioni successive.
Sempre nel merito si ricorda inoltre che testimonianze quali la Corona ferrea e il Tesoro del Duomo non sarebbero comunque candidabili all'UNESCO in quanto beni mobili. La lista dei siti Patrimonio dell'umanità comprende infatti esclusivamente le tipologie di beni elencate all'articolo 1 della Convenzione per la salvaguardia del Patrimonio mondiale culturale e naturale dell'UNESCO: carattere di eccezionalità o di esemplarità che ne attestano l'outstanding universal value secondo i criteri stabiliti dall'UNESCO; buono stato di conservazione; integrità ed autenticità, così come intese nei documenti accolti dal Comitato del patrimonio mondiale; adeguati ed efficienti sistemi e disposizioni di tutela e conservazione, e nel merito si sottolinea che non è l'UNESCO a garantire la tutela dei beni a seguito dell'iscrizione nella lista, ma al contrario è lo Stato che deve garantirla rafforzando nel caso la protezione normativa già esistente o altri strumenti di Governo del territorio, ed attuando un maggior controllo su beni; efficaci sistemi di gestione, e a tal proposito dal gennaio 2008 è stato approvato da tutti i 58 soggetti pubblici e privati coinvolti nella candidatura del sito «I longobardi in Italia. I luoghi del potere» un piano di gestione globale per tutti i luoghi ed i beni compresi, ed è stata istituita un'associazione cui partecipa anche il Ministero per i beni e le attività culturali, che garantisce il coordinamento delle attività della rete e locali; fruibilità certa, cioè conditio sine qua non nel momento in cui si propone un bene da condividere con l'intera umanità.
In conclusione, gli aspetti relativi all'importanza storica di Monza nonché la presenza di manufatti di rilevanza notevole, qual è la Corona ferrea, manufatto peraltro riportabile come esecuzione agli Ostrogoti, entrato poi a far parte del Tesoro dei Longobardi, non costituiscono elementi sufficienti ai fini delle proposte di iscrizione nella lista del Patrimonio mondiale. Per quanto concerne poi la basilica voluta da Teodolinda, documentata la Paolo Diacono nella Historia Langobardorum nel luogo dove sorge l'attuale Duomo, è noto agli studiosi che essa, seppur con trasformazioni successive, sopravvisse come cappella paladina fino al 1300, quando venne abbattuta proprio per un'integrale ricostruzione del tempio, avvenuta nello stesso secolo.
Con riferimento ad alcune affermazioni contenute nell'atto parlamentare, vorrei formulare alcune precisazioni. I luoghi compresi nel sito seriale «I longobardi in Italia. I luoghi del potere» non presentano, come affermato dall'onorevole interrogante, solo residui quasi casuali della presenza longobarda. I beni iscritti rappresentano, infatti, ognuno per la propria tipologia specifica, il modello più significativo o quello meglio conservato tra le numerose testimonianze diffuse nel territorio nazionale e, nel loro insieme, rispecchiano l'universalità dello cultura longobarda al suo apice. Tale riconoscimento è condiviso dagli studiosi e dagli esperti, sia a livello nazionale che internazionale. Questo Ministero, e l'ufficio UNESCO in particolare, è tenuto a seguire i criteri e le procedure fissate dell'UNESCO per la selezione dei siti da candidare. Alla luce delle procedure attualmente vigenti non è possibile promuovere una revisione del sito già iscritto «I longobardi in Italia. I luoghi del potere», né avanzare una nuova proposta di iscrizione della civiltà longobarda che includa Monza e Pavia come antiche capitali del regno.
I rapporti di collaborazione tra il Ministero per i beni e le attività culturali e l'UNESCO si ritengono soddisfacenti e non appaiono esistere margini per correggere criteri o requisiti accettati da tutti i 183 Pag. 47Stati parte che nel mondo hanno ratificato la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio mondiale culturale e naturale dell'UNESCO. Mi preme tuttavia rappresentare che, sebbene, per i motivi oggettivi riferiti, non sia stato possibile inserire Monza nel sito «I longobardi in Italia. I luoghi del potere», nel piano di gestione dello stesso sono previste azioni di rete che coinvolgeranno gli altri luoghi italiani che conservano testimonianze della civiltà longobarda. Inoltre, anche a livello regionale sono state previste azione di valorizzazione che contribuiranno a mettere in evidenza il ruolo storico svolto dalla città di Monza, come anche quello di Pavia, nell'ambito del regno longobardo.

PRESIDENTE. L'onorevole Renato Farina ha facoltà di replicare.

RENATO FARINA. Signor Presidente, ho presentato, insieme all'onorevole Centemero, un'interrogazione e la risposta è stata a «palle incatenate», nel senso che, tranne l'ultima frase in cui si riconosce qualcosa a Monza e a Pavia, il resto è esattamente una spiegazione, quasi da severo insegnante, degli errori per cui non si poteva ammettere che una certa città, con una sua storia, con una sua pregnanza identitaria, potesse essere ammessa insieme ai promossi: bocciata, dunque, senza rimedio.
Naturalmente sono consapevole delle regole che sono state adottate; ma esse sono immodificabili? Non esistono regole immodificabili. Mi colpisce che ci sia una qualche soddisfazione nel considerarle tali; c'è nel testo letto la considerazione che vanno bene così. Faccio un discorso un pochino più vasto che sento molto perché tocca proprio il senso dell'identità, di chiunque nasce a Monza o in Brianza. Tra l'altro, il termine Monza non si pronuncia con la zeta dolce in quanto anche etimologicamente viene da «modo etiam». La stessa cosa vale per il termine Brianza.
Noi siamo longobardi, che è molto di più di una questione di sangue. I longobardi, infatti, avevano sangue misto in quanto, quando sono arrivati nel 568, erano gepidi, bulgari, sassoni, norici, pannonici e tante altre tribù, razze ed etnie. È questione, quindi, proprio del sentimento di una partecipazione a una vicenda umana. E Monza e Brianza accadono in quanto longobarde. Mi domando come sia possibile creare una serialità di luoghi storici-monumentali che esprimono la novità longobarda e il patrimonio storico e umano dei longobardi, destinati a durare nei secoli, saltando via il cuore vero.
Hanno saltato anche la mossa di questa civiltà. Tutti sappiamo - chiunque abbia un po' studiate le vicende longobarde - che Monza è stata un luogo del manifesto politico dei longobardi con il riconoscimento da parte dei longobardi dell'autorità della Chiesa e viceversa. Anche se non è espresso nella mia interrogazione, Pavia è di fatto la chiave di volta della civiltà longobarda. Mi rendo conto che può suonare offensivo dire, come io ho scritto, che gli altri monumenti che cospargono l'Italia sono casuali. Diciamo che sono più che altro causati dal fatto che c'erano Monza e Pavia. Fare una raccolta che contiene gli effetti ma non le cause sorgive mi sembra magari in regola secondo i criteri di valutazione fatti con il timbro, ma è sicuramente una deprivazione, quasi un'offesa.
Interpreto in questo modo la reazione che c'è stata dalle nostre parti. Ma più ancora che per noi mi dispiace per gli altri. Mi dispiace per chi magari segue l'itinerario di questo genere e non entra nel duomo di Monza dove, oltre al tesoro dei longobardi, ci sono gli affreschi degli Zavattari che sono 41 riquadri disposti sul 5 registri che sono un mondo. Se si vuole imbattersi nella storia longobarda, nella vicenda della conversione, della fusione con il cristianesimo piena di contraddizioni e di poesia, deve entrare lì.
Facciamo in modo che questo accada, in modo un po' più forte di Brescia che tende la mano a Monza e a Pavia perché un po' si vergogna di essere stata scelta lei. Facciamo in modo che ci ricordiamo perfettamente di questo patrimonio e l'offriamo a tutta l'umanità per davvero.

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(Iniziative volte a garantire la permanenza del complesso bronzeo di Cartoceto di Pergola presso il polo museale di Pergola (Pesaro Urbino) - n. 3-02053)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Roberto Cecchi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Vannucci n. 3-02053 concernente iniziative volte a garantire la permanenza del complesso bronzeo di Cartoceto di Pergola presso il polo museale di Pergola (Pesaro Urbino) (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).

ROBERTO CECCHI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, mi riferisco all'interrogazione dell'onorevole Vannucci volta a sapere quale soluzione il Ministero intenda assumere in merito alla definitiva collocazione del famoso complesso bronzeo di Cartoceto.
Riferisco al riguardo che la sentenza del Consiglio di Stato in data 23 novembre 2011, come correttamente riferito dall'onorevole interrogante, ripropone oggi una vexata quaestio sulla quale si era raggiunto un equilibrio.
La sentenza confermerebbe l'accordo, a suo tempo faticosamente raggiunto tra le parti interessate (principalmente il Comune di Pergola e quello di Ancona), di effettuare un pendolarismo semestrale della collocazione di tali opere. All'epoca tale accordo ebbe l'effetto di placare una querelle, allora venata anche di un qualche campanilismo. Tale accordo in realtà non fu mai ottemperato, anche perché la soprintendenza per i beni archeologici delle Marche realizzò due copie del gruppo, una identica agli originali, l'altra di carattere ricostruttivo.
Da allora, gli originali vennero mantenuti a Pergola in un locale appositamente realizzato e dotato di impianto di climatizzazione e di qualsiasi altro mezzo idoneo alla loro conservazione; le «copie conformi» sono allocate nel Museo archeologico nazionale di Ancona e le copie ricostruttive, anch'esse in bronzo dorato, sono collocate sulla terrazza superiore dello stesso museo.
Ripensare oggi di riproporre un pendolarismo tra originali e copie appare in qualche modo anacronistico, in quanto distante oltre un decennio dal porsi della questione e comunque sconsigliabile, a parere dei tecnici locali, per più ragioni. La prima è il rischio grave per la conservazione delle statue e delle porzioni di integrazione di cui sono dotate ad ogni smontaggio e rimontaggio.
La seconda è legata alle difficoltà di poter disporre ogni volta di restauratore esperti nelle specifiche operazioni di smontaggio e rimontaggio. Infine, perché ogni spostamento comporterebbe spese annuali notevolissime per l'incarico a restauratori esterni di questi lavori di smontaggio e rimontaggio del gruppo, alle quali andrebbero sommate le spese di trasporto e di missione del personale del Ministero.
Si ritiene comunque di dover acquisire al più presto sull'argomento il parere del competente comitato tecnico-scientifico per i beni archeologici prima di assumere ogni decisione in merito alla futura collocazione del complesso, la qual cosa dovrebbe avvenire entro la fine di febbraio.

PRESIDENTE. L'onorevole Vannucci ha facoltà di replicare.

MASSIMO VANNUCCI. Signora Presidente, mi dichiaro parzialmente soddisfatto. Ho sentito nelle parole del sottosegretario Cecchi sostanzialmente una condivisione. Egli ha definito anacronistico ripensare a quell'accordo, ha bocciato l'eventuale pendolarismo per ragioni di rischi, per le difficoltà connesse e per i costi, però ha rimandato la vicenda ad un comitato scientifico che si dovrebbe tenere a fine febbraio e che credo sul pendolarismo non possa che confermare quello che abbiamo sentito, mentre credo che non abbia peso sulla collocazione e non possa intervenire sulla collocazione, che deve assolutamente rimanere a Pergola, per alcune ragioni che cercherò di spiegare molto brevemente. Pag. 49
Qui, signora Presidente, siamo di fronte all'unico gruppo bronzeo dorato di questa portata esistente al mondo, giunto dall'età romana ai giorni nostri. Siamo di fronte ad un'opera dei primi decenni dopo Cristo, 318 frammenti, 9 quintali rinvenuti nel 1946. Fino al 1988 vi è stato il lavoro di ricostruzione. Hanno rappresentato l'Italia in giro per il mondo con grande successo. Lo sforzo della comunità di Pergola per dotarsi di questa struttura è stato notevole.
Per richiamarmi alla coerenza del Ministero per i beni e le attività culturali, vorrei dire che l'accordo del 2001 sul pendolarismo non fu firmato dal Ministero per i beni e le attività culturali proprio per le ragioni che il sottosegretario Cecchi ci ha ricordato. Va ricordato inoltre, sempre per la coerenza del Ministero per i beni e le attività culturali, che il decreto dell'allora Ministro Ronchey riconobbe, proprio per sopperire ai vincoli burocratici, il museo dei Bronzi di Pergola quale sede staccata del museo archeologico regionale e con una circolare del 2002 si vietava lo spostamento dal luogo in cui il gruppo bronzeo si trova ininterrottamente dal 1999 e si trova positivamente lì, perché per la cittadina, oltre ad essere un vanto, è anche un motivo di visita. Non siamo di fronte ad un'opera statica: è un'opera che gira il mondo, che viene valorizzata, che viene visitata e che è nei circuiti.
Perché la collocazione a Pergola? Perché ormai gli studiosi hanno definito che la collocazione originaria di questo complesso bronzeo - il cui seppellimento probabilmente avviene per una damnatio memoriae e quindi per personaggi rappresentati nei bronzi che dovevano essere nascosti - è della zona, è dell'antica Forum Sempronii oggi Fossombrone o dell'antica Sentinum, oggi Sassoferrato, o Suasa, Castelleone di Suasa oggi. Infatti frammenti analoghi si trovano al museo di Baltimora, negli Stati Uniti. Quindi è giusto che la collocazione sia lì, in questo triangolo tra Fossombrone, Sassoferrato e Suasa.
Quindi, io la ringrazio della risposta, signor sottosegretario; ho sentito dalle sue parole l'interesse del Ministero. Credo che lei voglia confermare la coerenza che il Ministero per i beni e le attività culturali ha sempre avuto su questa materia - ne ho citato solamente i passaggi essenziali - e che, quindi, voglia operare attraverso il comitato tecnico-scientifico, per scongiurare assolutamente la possibilità del pendolarismo, ma anche per il definitivo mantenimento di questo gruppo scultoreo a Pergola per le ragioni che ho spiegato.

PRESIDENTE. La invito a di concludere.

MASSIMO VANNUCCI. Ciò anche per non riaprire una triste pagina e per chiudere definitivamente questo capitolo, che, secondo noi, è stato stranamente riaperto dal Consiglio di Stato, che, fra l'altro, si è espresso in contraddizione con precedenti pareri che aveva dato al riguardo.

(Iniziative volte a preservare e valorizzare la cava Pontrelli, meglio nota come «Cava dei Dinosauri» sita ad Altamura (Bari) - n. 3-02055)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Roberto Cecchi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Zazzera n. 3-02055, concernente iniziative volte a preservare e valorizzare la cava Pontrelli, meglio nota come «Cava dei Dinosauri» sita ad Altamura (Bari) (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).

ROBERTO CECCHI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, mi riferisco all'interrogazione dell'onorevole Zazzera, volta a conoscere quali provvedimenti il Ministero per i beni e le attività culturali intenda assumere al fine di garantire la pubblica fruizione della «Cava dei Dinosauri», sita nei pressi di Altamura, in provincia di Bari.
Come riferito dall'onorevole interrogante, il 3 giugno 1999, il professor Umberto Nicosia, icnologo (ovvero studioso Pag. 50delle tracce lasciate dagli organismi animali viventi) dell'università La Sapienza di Roma, comunicava alla competente Soprintendenza archeologica della Puglia di aver individuato le orme di cinque icnogeneri di dinosauri ornitischi e saurischi, in una cava dismessa in località Pontrelli, segnalatagli dai geologi Massimo Sarti e Michele Claps dell'università di Ancona, che stavano concludendo una ricerca sugli idrocarburi.
Con decreto ministeriale del 24 novembre 2000, il Ministero per i beni e le attività culturali dichiarava il sito di eccezionale valore paleontologico e vincolava con un vincolo diretto la paleosuperficie e con un vincolo indiretto tutta l'area circostante.
Con successivo decreto ministeriale, in data 7 dicembre 2000, il Ministero formulava la declaratoria per l'immissione della paleosuperficie tra i beni del demanio.
All'indomani della scoperta, la Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia avviava trattative con la Ecospi, società proprietaria del sito, al fine di individuare forme di gestione volte alla realizzazione di progetti di valorizzazione dello stesso sito.
Anche in presenza di un cospicuo finanziamento, nell'ambito dell'Accordo di programma quadro in materia di beni culturali per il territorio della regione Puglia, la società proprietaria non solo non ha concesso la servitù di passaggio, ma ha proposto solo ed esclusivamente una forma di perequazione urbanistica.
Dal 2004, la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Puglia ha promosso incontri con il comune di Altamura, interessato all'acquisizione del sito, e la società proprietaria, per giungere alla definizione della questione, senza concreti risultati.
Considerato, ormai, inutile qualsiasi tentativo di continuare la trattativa, la Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia ha avviato la procedura di esproprio della cava in parola.

PRESIDENTE. L'onorevole Zazzera ha facoltà di replicare.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Cecchi per la risposta fornita sul tema di questa interrogazione. Mi reputo parzialmente soddisfatto in quanto, in primo luogo, il Ministero prende atto di questa grande risorsa presente ad Altamura e, in secondo luogo, poiché ritengo anche - come spiegherò successivamente - che la sola procedura di esproprio in sé non risolva, nell'immediato, il problema di un sito così importante che solo due giorni fa è stato nuovamente visitato, anche giornalisticamente: il cancello è divelto, le orme sono praticamente alla mercé, non solo degli agenti atmosferici, ma anche dei vandali. È importante che il Ministero lo sappia.
Noi dell'Italia dei Valori - e mi rivolgo al sottosegretario - crediamo che il Paese possa crescere e svilupparsi investendo in beni come quello di Altamura: una risorsa che probabilmente, anzi sicuramente, è unica in Europa e probabilmente è unica nel mondo. Vi sono 20 mila orme di cinque tipi di dinosauri: una eccezionalità, una miniera d'oro che il Ministero ha e deve avere la capacità di trasformare in ricchezza, in opportunità, in un'area difficile come quella di Altamura, perché ciò può significare sviluppo e occupazione. Per fare questo, signor sottosegretario, c'è bisogno di investire risorse in quell'area e mi chiedo - come lei sa meglio di me - se la riduzione di risorse per i beni culturali dallo 0,28 per cento del bilancio allo 0,19 per cento, le consentirà di trovare quelle risorse necessarie all'esproprio.
Credo - e mi riferisco in questo senso alla condizione di esproprio - che le preoccupazioni vi siano e sono state manifestate recentemente, in una sua dichiarazione pubblica, proprio dallo stesso soprintendente Antonio De Siena, il quale ha detto: procedura di esproprio da avviare, tempi lunghi, trovare le risorse. Ecco perché mi dichiaro parzialmente soddisfatto: mi sarei aspettato certamente che la procedura di esproprio iniziasse, ma che ci avesse detto anche quali risorse vi sono e dove andarle a trovare. Infatti, in tutta questa vicenda che riguarda la «Cava dei Dinosauri», la cosiddetta «valle incantata», Pag. 51 vi è invece un incantesimo che si è rotto, tra la mancanza di dialogo tra le istituzioni e la mancanza di sinergia di un privato, il quale si è trovato all'interno di una vicenda e, oggi, tenta malamente di fare - come ha giustamente detto lei - un cattivo affare.
Noi, come Italia dei valori, sottoponiamo a lei, signor sottosegretario, tre proposte su cui, magari, nell'immediato, si possa determinare un aiuto concreto a valorizzare questo bene. Vi è una dichiarazione dello stesso Commissario dell'Unione europea in merito ai finanziamenti comunitari che sono messi a disposizione del nostro Paese e che possono essere indirizzati verso il sito paleolitico di Altamura. Riteniamo che Altamura - per il sito paleolitico e poiché, nel 1993, nella zona del Pulo, fu scoperto il cosiddetto «uomo di Altamura» di 200 mila anni fa - possa diventare un sito giurassico probabilmente unico nella Comunità europea.

PRESIDENTE. Onorevole Zazzera, la invito a concludere.

PIERFELICE ZAZZERA. Concludo, signor Presidente.
Credo, signor sottosegretario, che abbia l'obbligo e il dovere - e in tal senso sarei rimasto totalmente soddisfatto della sua risposta - di avviare le procedure per inserire il sito archeologico di Altamura e della «Cava dei Dinosauri» all'interno del patrimonio dell'Unesco.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni all'ordine del giorno.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con gli argomenti previsti all'ordine del giorno.

La seduta, sospesa alle 14,10, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Buttiglione, Jannone e Palumbo sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Trasferimento a Commissione in sede legislativa del disegno di legge n. 4569.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di disegno di legge a Commissione in sede legislativa.
Propongo alla Camera l'assegnazione in sede legislativa del seguente disegno di legge, del quale la sottoindicata Commissione ha chiesto il trasferimento in sede legislativa, ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento:
alla I Commissione (Affari costituzionali):
S. 2326. «Modifica della legge 12 aprile 1995, n. 116, recante approvazione dell'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e l'Unione cristiana evangelica battista d'Italia, in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione» (Approvato dalla I Commissione permanente del Senato) (4569).
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,03).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono Pag. 52 da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (A.C. 4865-A/R) (ore 15,04).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 4865-A/R: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative.
Ricordo che nella seduta del 26 gennaio 2012 è stata approvata la questione di fiducia sull'articolo unico del disegno di legge, nel testo delle Commissioni, e si è concluso l'esame degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4865-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ricordo che è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto finale di un rappresentante per gruppo e per ciascuna delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà, per due minuti.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi Liberal Democratici giovedì, in questa Camera, abbiamo risposto «sì» alla richiesta di fiducia che il Governo ha posto per la conversione di questo decreto-legge «mille proroghe».
Siamo ben consapevoli che la fiducia, in realtà, si è resa necessaria per salvaguardare le modifiche che sono state convenute ed apportate nelle nostre Commissioni, in particolare per ciò che riguarda il finanziamento delle pensioni dei cosiddetti lavoratori precoci ed esodati, e non certo per problemi di numero rispetto ad una maggioranza mai così estesa e significativa come oggi. Questa circostanza ha reso la fiducia di giovedì scorso garanzia anche dell'accordo tra le forze politiche che sostengono il Governo riguardo alla soluzione dei problemi collaterali, che nascono dalle recenti innovazioni del sistema pensionistico, recate dal decreto-legge «salva Italia».
Noi siamo contrari a condotte parlamentari che rallentino ed ostacolino, per ragioni che non troviamo condivisibili, l'efficacia dell'azione di Governo in questo momento di difficilissima contingenza. Confermiamo perciò, ancora una volta, il nostro sostegno convinto e determinato all'azione del Governo. Fare parte della maggioranza che lo sostiene significa rappresentare la responsabilità di tenere fermo questo sostegno parlamentare anche in occasione di misure che possano apparire non strategiche, ma di semplice, per quanto necessario, coordinamento.
Condividiamo, comunque, nel merito i contenuti propri del decreto-legge e ci raffiguriamo l'utilità di mantenere aperti quei termini di cui si chiede la proroga al fine di consentire che le attività inerenti possano essere portate a termine e il Governo non sia costretto ad abbandonarle in itinere.
È per questa responsabilità che il nostro voto è stato favorevole sulla richiesta di fiducia e lo sarà oggi sul provvedimento.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Melchiorre.

DANIELA MELCHIORRE. Noi Liberal Democratici, signor Presidente del Consiglio, siamo d'accordo con lei quando sostiene che non esiste una fase uno o due. Riteniamo che esiste, invece, una sola fase, ossia quella che i Paesi europei più lungimiranti hanno convenuto ieri nel Consiglio europeo di Bruxelles: crescita e occupazione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal Democratici-MAIE).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brugger. Ne ha facoltà, per due minuti.

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, giudichiamo un'anomalia la decisione di porre la questione di fiducia su un provvedimento di proroga termini, a maggior ragione se la fiducia ha impedito di modificare il testo secondo gli accordi che erano stati raggiunti nelle Commissioni con emendamenti condivisi, presentati dai relatori sulla base delle proposte presentate dai gruppi e che sono poi diventate, tra l'altro, oggetto di nostri ordini del giorno.
Tra le proposte di modifica del provvedimento che erano state accolte, come autonomia speciale avevamo chiesto e sostenuto la proroga al 31 dicembre 2012 del termine della gara per l'assegnazione della concessione dell'Autobrennero.
Si tratta di una proroga a nostro giudizio essenziale per poter avviare un confronto tra le province autonome e il Governo al fine di migliorare il bando su due aspetti: le opere di tutela ambientale e una migliore valutazione del finanziamento trasversale per la costruzione della galleria ferroviaria del Brennero.
Riteniamo l'ordine del giorno accolto dal Governo come un impegno a modificare il provvedimento in Senato, anche in relazione all'incontro del 2 febbraio prossimo tra il Presidente della Consiglio e i presidenti delle province autonome di Trento e di Bolzano.
Al pari rilevanti sono la proroga del Sistri al 30 giugno 2012, che avevamo chiesto con insistenza, e l'approvazione degli altri ordini del giorno da noi presentati e relativi alla proroga dei termini per l'iscrizione al catasto edilizio urbano dei fabbricati rurali e alla proroga di due anni per adeguare le strutture turistico-alberghiere alle disposizioni di prevenzione relative alla sicurezza.
Per queste ragioni esprimiamo il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Misto - Minoranze linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà per due minuti.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, noi abbiamo votato contro la questione di fiducia posta dal Governo e voteremo contro questo provvedimento.
Ci meraviglia che i tanti santoni della centralità del Parlamento, che in questi mesi hanno tuonato contro i decreti-legge e la questione di fiducia che veniva posta dal Governo, tacciano rispetto ad un Governo che sta andando avanti a colpi di decreti-legge e di fiducia: un Governo che espropria il Parlamento, che non ha il coraggio di confrontarsi nemmeno su un provvedimento cosiddetto «tecnico», come il milleproroghe, rispetto al quale, ad esempio, il gruppo Misto - Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia, aveva avanzato delle proposte per superare alcune anomalie, come la vicenda dei présidi siciliani che ancora non trovano soluzione ad un loro problema.
Non ha senso vantare un prestigio maggiore in Europa che si traduce in realtà in un servilismo senza dignità nei confronti di Francia e di Germania, che ci impongono condizioni sfavorevoli per il nostro popolo. Siamo all'esasperazione.
La protesta dei forconi in Sicilia, quella dei TIR in tutta Italia e la protesta dei giovani a Bologna contro Napolitano rappresentano solo la punta dell'iceberg di una condizione di grande difficoltà. Il Governo metta mano a provvedimenti che vadano nella direzione soprattutto delle difficoltà in cui versa il sud, a favore dei giovani, a favore delle famiglie e a favore delle imprese. Per queste ragioni noi esprimeremo voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Misto - Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mario Pepe (Misto-R-A). Ne ha facoltà, per due minuti.

MARIO PEPE (Misto-R-A). Signor Presidente, onorevoli colleghi, ogni anno si ripete questo logoro rito del decreto cosiddetto mille-proroghe, specchio fedele Pag. 54dell'inefficacia della pubblica amministrazione nel dare attuazione alle leggi approvate dal Parlamento.
Signor Presidente, abbiamo una macchina dello Stato che, come dice un mio amico, costa come in Svezia e funziona come in Egitto, una macchina dello Stato che opprime le imprese con la sua burocrazia e che le rende meno competitive.
Signor Presidente, mi consenta però di rallegrarmi per i provvedimenti in itinere sulle liberalizzazioni e sulle semplificazioni, provvedimenti liberali che renderanno più efficienti e forti le nostre istituzioni, perché quando le istituzioni sono efficienti e forti, le libertà dei cittadini non sono in pericolo.
È stato detto che ci sono due situazioni che portano alla tirannia: quelle in cui le ricchezze sono concentrate in poche mani e quelle in cui i mezzi per la produzione delle stesse sono concentrati nelle meni dello Stato. Signor Presidente del Consiglio, non basta combattere i monopoli privati, bisogna combattere anche i monopoli pubblici e sono certo che il Governo sta facendo la sua parte in questa direzione. Per questo le daremo ancora la nostra fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Misto - Repubblicani-Azionisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà per due minuti.

SANDRO OLIVERI. Signor Presidente, colleghi, questo provvedimento, insieme agli altri predisposti o annunciati dal Governo in queste settimane, si inquadra in una crisi economica e politica insieme congiunturale e strutturale del nostro Paese. Tutti sanno che non si tratta di un compito facile, soprattutto in considerazione del fatto che vi è un forte deficit di fiducia nella politica e nelle istituzioni.
Il Paese - ma, colleghi, preferirei che si tornasse ad utilizzare il termine «Patria» - vive un momento difficilissimo, nel quale prevalgono egoismi e difese di interessi settoriali, che sono però figli delle difficoltà concrete vissute da milioni di italiani. Le recenti proteste di settori chiave dell'economia italiana testimoniano uno stato di disagio generalizzato al quale occorre fare fronte.
In Sicilia, nelle scorse settimane, vi è stata un'ondata di protesta che non va sottovalutata e che è poi andata allargandosi all'intero Paese. Si tratta di proteste per alcuni aspetti generalizzate e confuse, ma si sbaglierebbe a non tenerne conto. Intere aree del nostro Paese vivono in uno stato di precarietà permanente e di insofferenza grave. Non si tratta soltanto di individuare le prime risposte, bensì della necessità di comprendere che queste vanno date con la massima urgenza. Il Mezzogiorno si trova in uno stato di tensione senza precedenti: è necessario uno sforzo straordinario in termini di investimenti, infrastrutture e provvedimenti legislativi, per ridare fiducia e invertire le tendenze alla rassegnazione e allo sterile ribellismo.
Occorre puntare sul Mezzogiorno e su iniziative in grado di accrescere competitività e sviluppo. Il sud può diventare il motore della ripresa e una grande opportunità per il Paese. Il Movimento per le autonomie riconosce a questo Governo la serietà di approccio alle tematiche fondamentali e la disponibilità a discuterne, però segnaliamo che i tempi non sono una variabile indipendente e che la situazione sociale ed economica di vaste aree del Paese tende a precipitare. Senza questa consapevolezza, anche le migliori intenzioni sono destinate a naufragare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gava. Ne ha facoltà, per tre minuti.

FABIO GAVA. Signor Presidente, la nostra componente esprimerà voto favorevole su questo provvedimento, così come lo ha già espresso nel votare la fiducia la settimana scorsa.
Certo, vi è stata qualche polemica, anche in quest'Aula, sulla richiesta di fiducia, ma chi ha polemizzato dimentica come questo provvedimento, denominato Pag. 55appunto «milleproroghe», si fosse nel frattempo trasformato e fosse diventato una sorta di mutuo scambio, di rinvii, di precisazioni e di aiuti, al punto che, evidentemente, ognuno traeva, nell'approvazione di questo provvedimento, l'interesse a votarlo.
Oggi il provvedimento è molto più scarno, sono intervenute solamente alcune proroghe, rese veramente necessarie e importanti. Vi è stato un migliore approfondimento per quanto riguarda gli interventi pensionistici che erano stati fatti alcuni mesi fa, evitando l'utilizzo di risorse aggiuntive e di penalizzare gli autonomi, ed evitando che vi fossero delle difficoltà effettivamente molto ampie per chi si trovava ad avere avuto un danno così rilevante tanto da andare in pensione con molti anni di ritardo rispetto alle condizioni che solo qualche mese fa poteva ottenere. Quindi, riteniamo che complessivamente questo provvedimento abbia le caratteristiche importanti che deve avere e per le quali merita sicuramente la nostra approvazione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberali per l'Italia-PLI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà, per quattro minuti.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, i deputati di API-Terzo Polo voteranno a favore del decreto «milleproroghe», apprezzando che il Governo quest'anno abbia evitato di trasformarlo in un provvedimento omnibus come da prassi, ricettacolo di tutti i microinteressi e i microinterventi di settori, di categorie e di burocrazie. L'iter alla Camera ha portato alcuni miglioramenti; soprattutto, è stata soppressa, come proposto da un nostro emendamento, la sanatoria per le multe che i partiti devono pagare per i manifesti abusivi: una prassi inaccettabile che per anni ha affermato il principio che vi è chi può reiteratamente violare la legge senza pagarne le conseguenze e che è possibile scaricare sui comuni il costo di ripristinare il decoro urbano a spese dei contribuenti onesti: una pratica perversa che ora, nel momento in cui si chiedono sacrifici ai cittadini, risulterebbe del tutto intollerabile. Apprezziamo quindi il ripensamento del Governo su questo punto.
Positivo è anche il ridimensionamento del ruolo dell'Agenzia delle infrastrutture, di cui noi continueremo a chiedere la soppressione, quando affronteremo il decreto-legge sulle liberalizzazioni, ritenendolo un costoso e inutile doppione. Ciò che auspichiamo, rappresentanti del Governo, è che il Governo, da qui alla fine del 2012, risolva le questioni che di proroga in proroga si trascinano da anni e che soprattutto non si facciano più proroghe delle concessioni di servizi e di beni pubblici: un metodo contrario ai principi della concorrenza, della trasparenza, dell'efficienza dell'utilizzo delle risorse pubbliche, che ispirano l'intera azione di questo Governo. Dunque, votiamo sì augurandoci che questo sia l'ultimo decreto-legge cosiddetto milleproroghe e che il Governo, anche su questo punto, dia il segno di una netta discontinuità rispetto al passato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Miccichè. Ne ha facoltà per cinque minuti.

GIANFRANCO MICCICHÈ. Signor Presidente, questo Governo tecnico sta gestendo una crisi molto, molto difficile. Nessuno oggi può dire se con successo o meno perché gli indicatori sono abbastanza contraddittori: lo spread rimane più o meno lo stesso, le agenzie di rating ci declassano, ma in Europa sembra che sia molto apprezzato questo nuovo corso italiano e questo ci fa molto ben sperare. Tutti ci auguriamo sinceramente che il Presidente Monti e tutti i suoi Ministri siano effettivamente nelle condizioni di vincere questa sfida molto difficile.
Ma, al di là di questa situazione straordinaria, a un Governo, per quanto tecnico, è chiesto anche di gestire l'ordinarietà del Paese. Mi ero permesso di anticipare ad un importante Ministro di questo Governo che, a mio avviso, stava per succedere Pag. 56qualcosa in Sicilia prima ancora che venisse fuori il movimento dei forconi, degli autotrasportatori e dei pescatori, perché nel sud si vive in questo momento una situazione di disagio che in tutta la mia vita non avevo mai avvertito così forte e così pericolosa. Il risultato è stato però che, quando è venuto fuori il movimento dei forconi, autotrasportatori e pescatori, si è tentato di derubricare questa manifestazione come fatto di mafia.
Nessun Ministro ha ritenuto di dover ascoltare le ragioni di questa gente, di questi lavoratori. Questa, invece, è stata una protesta di gente responsabile. Abbiamo anche visto, infatti, com'è finita, cioè, alla fine, responsabilmente stanno continuando a protestare non creando più disagi al Paese. Ma lo facevano e lo fanno solo perché hanno bisogno di farsi sentire, di poter spiegare quali sono le loro richieste, molte delle quali sono assolutamente legittime. In molti casi, peraltro, le soluzioni sarebbero abbastanza facili da individuare.
Quando la richiesta di questa gente è quella di evitare che possa arrivare il ciliegino di Pachino falso dall'estero e venduto come se fosse italiano, quando questa gente chiede di evitare che i giapponesi peschino il tonno che a noi è vietato pescare solo appena girano l'angolo della Sicilia, appena questa gente chiede di avere un minimo di soluzione nessuno ha ritenuto di dovergli dare conto. Infatti, secondo me, ancora anche questo Governo - e dico anche questo Governo - non ha capito che esistono due Italie: un'Italia assolutamente sviluppata, che in questo momento comunque sta soffrendo, anche per quella parte d'Italia, la crisi esiste, e un'altra parte d'Italia che veramente non è sofferente, ma disperata rispetto ad una situazione in questi giorni ancora maggiore.
Al di là degli sforzi che qualche Ministro sta facendo, si continua a non capire che o si fa qualcosa di realmente straordinario nei confronti del Mezzogiorno o il rischio che si corre è assolutamente fortissimo. Presidente Monti, il sud e la gente del sud non ne può più di parole, non ne può più di finte liste di infrastrutture da realizzare mentre sono sotto gli occhi di chiunque tutti i cantieri chiusi, regolarmente chiusi. La gente del sud non ne può più di sentir parlare di finte banche del sud mentre nessun riesce a ottenere più una scopertura di mille euro. La gente del sud non può sentire più parlare di liberalizzazioni mentre un giorno viene vietata la pesca del tonno, il giorno dopo vengono vietati i pannelli fotovoltaici a terra nei campi agricoli.
Il Ministro Catania dovrebbe venire giù in Sicilia, dovrebbe venire giù al sud per vedere quali sono questi terreni agricoli. Si tratta di terreni assolutamente distrutti che rendono gli agricoltori assolutamente poveri e i pannelli fotovoltaici danno la possibilità agli agricoltori quanto meno di affittare quei terreni. Non si capisce perché questo Governo lo abbia vietato.

PRESIDENTE. Onorevole Miccichè, la prego di concludere.

GIANFRANCO MICCICHÈ. Mi permetto di dire, infine, che il sud non ne può più di vedere che in Molise l'ANAS non può pagare - perché gli viene vietato - gli stagionali per togliere la neve, mentre un altro ente di Stato si permette tranquillamente in questo momento di dare 10 mila euro al minuto a un cantante che viene a Sanremo non per far guadagnare di più con la pubblicità, ma solo per fare maggiore ascolto fine a se stesso (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Grande Sud-PPA e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevole Miccichè, dovrebbe concludere.

GIANFRANCO MICCICHÈ. Quindi, signor Presidente, mi permetta di dirle - e concludo - che la componente politica del gruppo Misto Grande Sud-PPA voterà ancora oggi a favore di questo Governo solo per quel senso di responsabilità che ci è stato richiesto dal Presidente Napolitano, ma da domani o cambia realmente l'atteggiamento nei confronti del sud o il senso di responsabilità lo dovremo dimostrare Pag. 57 non più a voi, ma alla parte del sud, alla gente del sud che siamo fieri di rappresentare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, mi rivolgo a lei signor Presidente del Consiglio, Italia dei Valori vuole giudicare il suo Governo, che si qualifica come «tecnico», sui fatti e non sulle intenzioni. Lei aveva assicurato rigore ed equità nei provvedimenti che avrebbe proposto al Parlamento ed anche tagli ai costi e agli sprechi della politica, lotta all'evasione fiscale, azioni per lo sviluppo anche attraverso la liberalizzazioni. Ad oggi, per giudicarla, abbiamo alle spalle la manovra economica di dicembre e questo decreto-legge cosiddetto milleproroghe.
Sui tagli ai costi della politica abbiamo visto poco fino ad oggi. Non voglio parlare di quelli degli organi costituzionali, perché mi risponderebbe giustamente che lei non ha poteri di intervento. Ma, signor Presidente, i vitalizi dei consiglieri regionali costano agli italiani circa un miliardo di euro all'anno. Restiamo in attesa del suo intervento.
Abbiamo appreso di un suo provvedimento sulle «auto blu» a disposizione delle pubbliche amministrazioni, che, secondo il precedente Ministro per la funzione pubblica, costavano ai contribuenti circa 4 miliardi all'anno. Non vediamo alcun cambiamento reale. Le avevamo proposto il loro blocco, salvo casi limitati, con sanzioni di danno erariale in caso di abuso. Restiamo in attesa di un suo intervento.
Chi compie un atto di liberalità a favore delle associazioni caritatevoli può detrarre ai fini fiscali l'importo fino a 2.063 euro. Se lo fa a favore di un partito politico fino a 102 mila euro. Restiamo in attesa di suo intervento, signor Presidente.
C'è una legge denominata «legge mancia» finanziata con 150 milioni di euro. Si tratta di una legge inguardabile, che consente la distribuzione clientelare di pochi euro (appunto una «mancia») secondo le indicazioni dei singoli deputati. Restiamo in attesa del suo intervento, signor Presidente.
Esistono in Italia 7 mila società partecipate dagli enti locali, spesso costituite solo per creare nuovi posti a favore della politica. Sono 25 mila consiglieri di amministrazione di queste società e costano svariati miliardi di euro all'anno. Le abbiamo proposto, in attesa di smantellare il sistema, di far cessare i consigli di amministrazione con la nomina di un amministratore unico con un risparmio di un paio di miliardi di euro all'anno. Restiamo in attesa del suo intervento, signor Presidente.
Esistono in Italia 8 mila enti locali, che sono altrettanti centri di spesa. Alcuni sono di dimensioni così ridotte da assolvere ai servizi generali obbligatori in modo del tutto antieconomico. Noi dell'Italia dei Valori le abbiamo proposto di rendere obbligatoria l'unione tra comuni senza cancellarne l'identità, in modo da raggiungere la soglia minima di 20 mila cittadini amministrati. Restiamo in attesa del suo intervento, signor Presidente.
In una situazione economica così grave, noi di Italia dei Valori troviamo che spendere 18 miliardi, sia pure nel lasso di un lungo tempo, per acquistare 135 cacciabombardieri confligga con la ragionevolezza, anche perché nel bilancio dello Stato vi è una previsione di spesa di un miliardo all'anno per i prossimi anni.
Non sembra che il suo Ministro della difesa la pensi allo stesso modo. Restiamo in attesa del suo intervento, Presidente.
In Italia, l'evasione fiscale ha evidenze scandalose, come dimostrano anche le recenti azioni dimostrative di controllo sul territorio. Le abbiamo proposto, finora senza successo e lo faremo anche con una nostra mozione, interventi di vera guerra all'evasione, anche con l'applicazione della legge antimafia, la confisca dei beni, beni emersi e mai dichiarati inclusi immobili e patrimoni nascosti in società di comodo. Pag. 58Basta con l'ipergarantismo solo nei confronti di evasori e corruttori. Restiamo in attesa del suo intervento, Presidente.
Finora l'unica vera azione da lei intrapresa sul piano interno, a parte la lodevole ricostruzione di un'immagine di serietà e affidabilità del nostro Paese sul piano internazionale, è stata quella di chiedere enormi sacrifici ai soliti, ai pensionati, ai lavoratori, alle famiglie, alla classe media. Quando abbiamo sperato, nel milleproroghe, di mitigare alcune situazioni di grande difficoltà, come quelle dei lavoratori precoci e dei cosiddetti esodati, la risposta è stata davvero deludente. Troppi lavoratori, ormai vicinissimi al traguardo della pensione e non più in grado di trovare un lavoro, ne sono rimasti esclusi. Restiamo in attesa del suo intervento, Presidente.
Più in generale, signor Presidente, da un Governo tecnico ci si aspetta che faccia le sue proposte e le tenga ferme dicendo «no» a modifiche inaccettabili e lasciando alla responsabilità delle forze politiche di fronte al Paese interventi di bassa politica, a favore della casta o delle corporazioni o a favore di interventi microsettoriali o clientelari. Un Governo tecnico, Signor Presidente, non può e non deve dire «sì» a una sorta di condono per i partiti che si erano dimenticati di chiedere i rimborsi elettorali, come è stato fatto in questo milleproroghe.
Un Governo tecnico, signor Presidente, non può e non deve dire «sì» a norme «salvacasta» politica, cioè norme che vanno ad esclusivo vantaggio della politica, dei partiti o di coloro che vi vivono. È sempre più inaccettabile, di fronte alle obiezioni che provengono dalla società civile e dai cittadini, che sono giustamente arrabbiati per provvedimenti per i quali la casta politica si salva sempre.
Un Governo tecnico, signor Presidente, non può e non deve dire «sì» alla disapplicazione di una legge di due anni fa che stabilisce che tutti gli enti che ricevono sovvenzioni o usufruiscono di interventi e di contributi da parte dello Stato devono trasformare in onorifiche le cariche dei loro consiglieri di amministrazione. In molti casi si tratta ancora di un favore alla politica, non una questione di strutture operative ma funzioni di generica rappresentanza dell'ente, ad esempio per gli enti parco e per gli ATO.
Un Governo tecnico, signor Presidente, non può e non deve dire «sì» a provvedimenti che rinviano la riduzione della spesa per le federazioni sportive delle discipline sportive associate iscritte al CONI e che, in base alla legge vigente, avrebbero dovuto trasformare in onorifiche quelle cariche, al fine di ridurre i costi degli apparati amministrativi. Non importa se vi è un limite di 2 milioni di euro, perché 2 milioni di euro non sono un'inezia.
Un Governo tecnico, signor Presidente, non può e non deve dire «sì» a un intervento, senza porre limitazioni precise, che permette di continuare a spendere del denaro per le opere necessarie alla creazione delle prefetture in alcune province di nuova istituzione. È incomprensibile, perché il Governo giustamente - e noi lo appoggeremo fino in fondo - ha avviato un percorso che finalmente dovrebbe portare all'abolizione delle province. Lo dico nella giornata in cui, con ulteriore spreco di denaro pubblico che la Corte dei conti dovrebbe valutare, le province hanno acquistato spazi a pagamento sui giornali italiani per dire ai cittadini che loro non costano più di un caffè, fingendo di dimenticarsi che il risparmio della loro abolizione non sta nei 200 milioni dell'indennità degli amministratori, che comunque è tanto denaro, ma nel costo degli apparati burocratici a loro supporto che costano qualche miliardo di euro all'anno.
Un Governo tecnico, signor Presidente, non può e non deve dire «sì» ad un rinvio della norma che obbligherebbe entro l'anno i piccoli comuni a riunirsi in unioni per la gestione di almeno sei funzioni fondamentali. Anche da questo obbligo ne sarebbero conseguiti risparmi di finanza pubblica.
Un Governo tecnico, signor Presidente, non può e non deve dire «sì» ad interventi di natura assolutamente clientelare, «marchette» politiche le definirei, come un Pag. 59contributo di 500 mila euro all'anno per due anni al comune di Pietralcina perché luogo di pellegrinaggio. Molti altri comuni potrebbero pretenderlo con lo stesso diritto.
Un Governo tecnico, signor Presidente, non può e non deve dire «sì» alla proroga di condoni fiscali, come quello sulle liti pendenti. I condoni sono sempre un atto che produce nuova evasione e altamente diseducativo e non basta il ravvedimento operoso su un'altra vergogna e cioè il condono per i manifesti abusivi, un altro regalo alla casta, fatto e per fortuna tolto.
Un Governo tecnico, signor Presidente, che dice sì agli interventi di cui ho testé dato cronaca, non può che trovare il «no» del gruppo dell'Italia dei Valori al provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, nell'intervento per la fiducia il mio gruppo, tramite l'onorevole Guzzanti, ha espresso in maniera chiara una posizione che ci ha portato a rinnovare la fiducia con grande riserva. Lo abbiamo spiegato - l'ha fatto Guzzanti in maniera molto chiara e netta - richiamando alcuni principi fondamentali che stanno alla base della costruzione di questo Governo cosiddetto tecnico e del, fin qui non chiaro, rapporto che il Governo cosiddetto tecnico ha avuto con il Parlamento, in qualche modo bypassando quella forma di confronto diretto e approfondito che deve ridare dignità, ruolo e funzione ad un Parlamento che continua ad essere costantemente e quotidianamente delegittimato, un Parlamento che comunque in questa circostanza, proprio con riferimento al decreto sulle proroghe, ha dimostrato invece di potere intervenire con una capacità correttiva laddove il provvedimento presentava elementi di grande discrepanza rispetto al discorso introduttivo che pure il Presidente Monti ha rappresentato a questa Assemblea all'atto della sua investitura, quando ha parlato di rigore, ma anche e soprattutto di equità.
Grazie al lavoro della Commissione XI (Lavoro) si è riusciti in qualche modo a correggere alcuni aspetti che riguardano l'impatto fortemente negativo che un'accelerazione nella costruzione di una riforma pensionistica ha portato per alcune categorie di lavoratori, in particolari per i lavoratori cosiddetti esodati, per coloro che hanno cominciato la loro attività lavorativa in età precoce e che si vedono in qualche modo fortemente colpiti da una riforma che non tiene conto di questo dato sociale fortemente incardinato nella struttura lavorativa del nostro Paese.
Qualche correttivo è stato apportato, ma noi auspichiamo che nel corso dell'esame del Senato si possa ulteriormente correggere quello che è ancora poco chiaro sotto il profilo dell'equità. Mi riferisco, in particolare - e lo sottolineo - a tutti coloro che per andare in pensione sono rimasti senza lavoro, senza retribuzione e senza pensione. Per ognuno di questi lavoratori vi è il dovere di cercare soluzioni idonee e mi auguro davvero che ci possa essere la capacità anche di chiarire alcuni aspetti ancora molti equivoci, che sono connessi all'interpretazione in riferimento alla data del 31 dicembre 2011.
Lo dico perché questi dubbi pongono un problema reale per migliaia di lavoratori con specifico riferimento ai lavoratori oggetto di accordi di mobilità collettivi, agli esodati, ai soprannumerari, ai lavoratori oggetto di licenziamenti individuali.
In sostanza, o si dà un'interpretazione flessibile alla normativa e agli accordi oppure occorre intervenire con apposite norme al Senato per chiarirne l'applicazione.
Ma quella di oggi vuole essere una dichiarazione di voto - me lo consentirà il Governo e me lo consentiranno i colleghi - che vuole richiamare l'attenzione, almeno da parte del nostro gruppo, sulla natura di questo Governo, su un Governo cosiddetto tecnico che nasce in una situazione di emergenza nazionale e internazionale Pag. 60 e che ha in sé una missione politica che non possiamo nasconderci.
Da una lato, la missione tecnica di far sì che l'Italia esca fuori da questa pesante crisi economico-finanziaria e, dall'altro, una soluzione politica, un itinerario politico che è racchiuso nel compito di traghettare il sistema politico e la criticità politico-istituzionale che stiamo vivendo fuori da questa fase di profonda afasia in cui sono cadute le istituzioni e in cui stanno naufragando i partiti politici.
Vogliamo dirlo perché rispetto a questi due aspetti il Parlamento non può essere né silente né, caso ancor peggiore, assente, e noi registriamo un silenzio assordante, registriamo il silenzio da parte dei partiti e di quel che resta dei partiti politici che non possono far finta di niente. Ci saremmo aspettati, lo vogliamo dire con grande franchezza e fuori da ogni retorica, che ci fosse un incedere più deciso da parte delle forze politiche che hanno assunto il compito di mantenere in piedi questo Governo, per far sì che si aprisse un confronto aperto, lineare, trasparente, molto più avanzato sotto il profilo delle riforme organiche da fare per il nostro Paese e della riforma della politica anche con atteggiamento critico, con una capacità autonoma e con delle proposte. Non è accaduto nulla di tutto questo.
Siamo di fronte ad un Governo che, nel frattempo, nel silenzio di tutti e del Parlamento, sta disegnando degli scenari inquietanti anche sotto il profilo di quelle che vengono annunciate come le grandi liberalizzazioni del Paese. Si stanno disegnando scenari anche sotto il profilo di una aspettativa per quelle che saranno le riforme organiche del mercato del lavoro di cui, però, non si dice in maniera chiara e netta che cosa si intenda fare quanto a contenuti.
La verità è che le forze politiche in questo Parlamento hanno ormai rinunciato al compito di parlare dei problemi reali che angosciano e angustiano il Paese, hanno perso cioè il contatto con quell'elemento che sta al di là di ogni calcolo di contabilità e di ogni interesse di ordine finanziario: il dato sociale, rispetto al quale il Parlamento deve continuare ad interrogarsi.
Non si parla né si discute in questo Parlamento di come è strutturata la società in periodo di crisi e di quale sarà il modello di società che avremo quando finalmente usciremo dal tunnel di una crisi globale. Abbiamo perso di vista che dietro i numeri ci sono le persone, il sangue e la carne delle persone, delle donne, degli uomini e dei giovani. Abbiamo perso di vista l'analisi approfondita per capire quali sono i vincoli che oggi impediscono a questo Paese di crescere e che ne bloccano sostanzialmente lo sviluppo.
Cari colleghi, lo voglio dire a nome del gruppo Popolo e Territorio con grande apertura a destra come a sinistra: noi abbiamo la fondata preoccupazione che la mentalità tecnocratica, indipendentemente dalle persone che oggi la rappresentano, possa essere soltanto l'anticamera dell'esasperazione dei conflitti sociali. Ce la prendiamo molto spesso con le categorie di nicchia e non tocchiamo i simulacri del potere economico e finanziario, non tocchiamo quei grandi interessi che si sono incrostati e che sono gli interessi di fondo, come quelli bancari.
Credo che sia arrivato il tempo invece di affrontare queste tematiche e lo dobbiamo fare perché il Governo, per quanto tecnico possa essere, non può essere mai un consiglio di amministrazione di un'azienda.
Il Governo è un'altra cosa, il Governo è sintesi dei luoghi in cui la politica deve tornare ad essere maestra di vita e di indirizzo, dove la politica assume le decisioni, e nella gerarchizzazione delle decisioni c'è prima il dato sociale, che interessa i cittadini e la nostra comunità, poi c'è il dato economico e, infine, il dato finanziario.
Abbiamo creduto, invece, che potessimo capovolgere tutto questo e ci siamo immersi in un percorso molto delicato e molto pericoloso che ci porta verso quella che alcuni studiosi finalmente cominciano a definire in maniera corretta: vivere in Pag. 61una sorta di democrazia sospesa, dove evidentemente non c'è posto per la politica e dove, soprattutto, è sospesa la democrazia, non tanto perché abbiamo un Governo che non ha avuto la possibilità evidentemente di essere espressione del voto popolare, ma perché abbiamo un Governo che ancora la sua esistenza all'alterazione di quel delicato e sottile equilibrio di pesi e contrappesi istituzionali su cui si fonda la vita di una democrazia veramente liberale.
Ebbene, tutto possiamo dire, allora, tranne che questo sia un Governo che possa definirsi autenticamente liberale. Lo vogliamo dire perché di qui a non molto discuteremo di liberalizzazioni e certo non si potrà dire che è liberalizzante aprire i panifici la domenica, opporre prevedere una parziale abolizione del valore legale della laurea, né tanto meno mi sembra liberalizzazione quella di aumentare il numero dei taxi e, magari, introdurre qualche altra authority nel nostro Paese. Non vorremmo in qualche modo tra qualche tempo trovarci nella condizione di essere accusati di essere caduti nell'illusione della tecnocrazia.
La verità è - concludo cari colleghi - che quello che ha scritto stamani Galli della Loggia in un fondo mirabile del Corriere della Sera è la sostanza della crisi della politica nel nostro Paese. Ha ragione Galli della Loggia quando nel suo editoriale ricorda che l'europeismo è diventato l'ideologia radiotelevisiva del potere italiano, il pennacchio di ogni chiacchiera pubblica, il prezzemolo di tutte le minestrine dei convegni Ambrosetti. Oggi ci accorgiamo che le cose stanno in maniera diversa, che la crisi paurosa del debito pubblico e insieme la manifestazione di tutte le nostre innumerevoli inadeguatezze hanno portato l'Italia e i partiti politici a perdere senso, a non essere più capaci di orientare non solo il consenso, ma di dirci che la questione fondamentale è affrontare la natura del nostro Paese e tornare a parlare dell'interesse dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la discussione di questo decreto-legge si è inserita quest'anno in una fase politica e legislativa segnata da importanti novità, tante novità che si sono affastellate in poco meno di due mesi, da quando cioè il Governo Monti ha preso in mano i destini della nazione e ha messo in cantiere tutta una serie di interventi che hanno, da un lato, suscitato proteste e perplessità, ma dall'altro hanno di fatto lanciato il segnale al Paese ed ai mercati di una chiara inversione di tendenza rispetto al passato.
In due mesi è stato delineato un percorso virtuoso per uscire dalla crisi che non era nemmeno immaginabile ipotizzare nei tre anni precedenti, tre anni trascorsi inutilmente a discutere di ben altre e più prosaiche questioni.
In due soli mesi si è affrontata l'emergenza con provvedimenti di austerità - mi riferisco soprattutto alla riforma delle pensioni, all'aumento dell'IVA, ai tagli dei costi della politica e dell'amministrazione - e stiamo oggi passando velocemente a discutere i temi dello sviluppo.
Mentre in Italia maggioranza e Governo rapidamente percorrono la strada di uscita dalla crisi, ci accorgiamo che nel resto d'Europa per alcuni Paesi le cose purtroppo non vanno tanto bene, se è vero, com'è vero, che cominciano anche lì le prime proteste popolari e in Francia, per esempio, Sarkozy decide di adottare misure eguali a quelle già adottate dal nostro Paese, come l'aumento dell'IVA.
Certo, non possiamo non considerare il declassamento che abbiano subito, che interviene stranamente proprio quando Borsa e spread hanno invertito in positivo i tendenziali negativi, ma non vi è dubbio che la situazione generale è cambiata. È cambiato l'atteggiamento dei cittadini, è aumentata la fiducia e c'è più ottimismo nel futuro.
Le proteste non mancano, ma sono sempre meno convinte. Lo dimostrano i dati Pag. 62di adesione assai modesti agli scioperi di qualche giorno fa. Perché alla rabbia per i sacrifici subentra nei cittadini, a poco a poco, la responsabilità e la consapevolezza che finalmente i sacrifici serviranno a qualcosa e che, superato questo difficile momento, si potrà guardare con più serenità al presente e al futuro.
Il provvedimento che oggi voteremo rappresenta in certo qual modo uno spartiacque tra un passato di inefficienza e di provvisorietà ed un avvenire di maggiore giustizia sociale, di gestione efficiente delle risorse e di migliore qualità della legislazione.
Con questo provvedimento abbiamo provveduto ad inserire alcune norme di raccordo rispetto alle disposizioni contenute nel decreto cosiddetto salva-Italia, in particolare in materia previdenziale. Le norme relative ai lavoratori precoci e ai cosiddetti esodati che prima dell'approvazione della recente riforma previdenziale avevano aderito ai piani di ristrutturazione aziendale in vista di una pensione non smentiscono la linea di rigore della riforma previdenziale, ma si limitano semmai a regolare la transizione e ad operare una serie di aggiustamenti su casi limite per i quali l'applicazione della nuova disciplina sarebbe stata eccessivamente penalizzante. Non abbiamo, però, aperto alcuna breccia normativa sulla riforma delle pensioni, che è uscita confermata nel suo impianto.
Le proroghe disposte in materia tributaria non comportano poi affatto un alleggerimento della disciplina fiscale. La proroga al prossimo 31 marzo della possibilità di risolvere le liti fiscali pendenti quando la contestazione non superi i 20 mila euro, e comunque sospese fino al prossimo giugno, non rappresenta certo un cedimento, né un incentivo all'evasione fiscale, né un premio agli evasori (categoria, questa degli evasori, di parassiti, che oggi come non mai sentono il fiato sul collo dello Stato - finalmente - ed il disprezzo dell'intera comunità).
Sempre in materia fiscale, inoltre, abbiamo molto apprezzato che il Governo abbia accettato l'emendamento del gruppo di Futuro e Libertà relativo alla proroga delle detrazioni per i carichi di famiglia per i lavoratori italiani all'estero.
Archiviato questo provvedimento, onorevoli colleghi, nei prossimi giorni affronteremo le misure per la crescita e la semplificazione. Dovremo sciogliere il nodo delle liberalizzazioni senza pregiudizi verso categorie di lavoratori come i professionisti che già soffrono, come tutti gli italiani, della crisi e che non vanno criminalizzati. I professionisti non sono una casta, la maggior parte di essi è oggi in difficoltà per l'eccessivo numero e per le modeste occasioni di lavoro, ma avvertono come tutti i cittadini la responsabilità di dare il proprio contributo per uscire dalla crisi. Non sono ricchi evasori, i loro redditi hanno subito in questi anni una significativa flessione e per molti di essi c'è il rischio della proletarizzazione.
I professionisti italiani non hanno mai goduto di benefici, sostegni, agevolazioni da parte dello Stato che, invece, le ha elargite a profusione senza controllo e con scarsissimi effetti per la nostra economia ad imprese piccole e grandi o ad altre categorie di lavoratori: risorse che in molti casi sono state sperperate proprio ai danni delle giovani generazioni di cui dirò tra un minuto.
Concordiamo, dunque, su molte delle misure annunciate, ma non faremo mancare il nostro contributo per migliorarle. Su due questioni incalzeremo il Governo: sul contrasto effettivo e senza tregua alla corruzione, che insieme all'evasione fiscale rappresenta il cancro della nostra economia e del patto sociale su cui si fonda ogni comunità civile, e sul sostegno ai giovani che non sono né «bamboccioni» né «sfigati», ma solo sfortunati perché vittime della violazione di quel patto generazionale che in ogni società che si rispetti dovrebbe garantire politiche assennate di risparmio di risorse per assicurare il futuro a questi giovani che rischiano di rimanere precari a vita e di non avercela, loro, purtroppo una pensione.
Oggi - e mi avvio alla conclusione - un autorevole commentatore si chiede come faranno i partiti ad uscire dalla condizione Pag. 63di irrilevanza e di inutilità in cui li sta precipitando la presenza del Governo Monti. La risposta è secca per quanto riguarda il mio partito: Futuro e Libertà non avverte questa condizione, non è affatto a disagio in questa stagione politica, perché la nostra storia personale, quella dei miei colleghi che siedono con me tra questi banchi, e la storia breve di Futuro e Libertà testimoniano che c'è una sola motivazione che sostiene e legittima la nostra azione e il nostro impegno politico, il bene dell'Italia. E quando si ha questo obiettivo, onorevoli colleghi, o unico interesse, non ci si sente né inutili né marginali. Ecco perché voteremo questo provvedimento e continueremo ad appoggiare questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Unione di Centro per il Terzo Polo voterà a favore del provvedimento, non solo per il merito, su cui dirò dopo, ma perché il nostro voto vuole essere l'espressione di una piena condivisione dell'azione che questo Esecutivo sta portando avanti con forza e coerenza.
Non abbiamo avuto dubbi all'inizio di questo percorso, non li abbiamo tuttora e continuiamo a cercare di trasformare alcune nostre perplessità in indicazioni propositive.
Se in un primo momento si poteva sostenere questo Governo pressati dalla necessità, dall'emergenza e dalla volontà di trattenere l'Italia dal baratro, ora, più passa il tempo, più cresce la convinzione di aver fatto una scelta giusta per il bene degli italiani.
Il nostro gruppo è stato all'opposizione del precedente Governo, ma abbiamo sempre cercato di agire in modo serio, coerente e responsabile. Non ci siamo mai lasciati trascinare e prendere da quello spirito di contrapposizione e di antagonismo che, purtroppo, con molti danni, ha segnato la precedente stagione politica.
Per noi essere all'opposizione è stato un modo per contribuire, con le nostre idee e le nostre proposte, al bene del Paese.
La politica esprime un alto tasso di moralità quando ai legittimi interessi di parte fa prevalere gli interessi generali e la ricerca del bene comune e manifesta attenzione e sollecitudine verso le aspettative delle donne e degli uomini che compongono la comunità nazionale nella prospettiva di creare le condizioni di una buona vita per tutti.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Pezzotta. Pregherei i colleghi di consentire all'oratore di svolgere il suo intervento. Anche sui banchi alla mia sinistra, onorevole Bersani, dia lei l'esempio.

SAVINO PEZZOTTA. Il tempo che stiamo attraversando e nel quale siamo immersi è un tempo eccezionale. Certo, vi sono problemi e difficoltà, e ogni giorno si presenta con il suo carico di timori, preoccupazioni e sofferenze. Eppure, continuiamo a pensare che questo sia un tempo speciale se noi, che abbiamo responsabilità politiche, siamo in grado di usarlo per creare condizioni nuove di sviluppo, di uno sviluppo umano, civile, sociale e culturale.
La politica ha una sua ragione profonda, può mobilitare le risorse, può creare condizioni nuove se è in grado di alimentare speranze. La speranza, come diceva Péguy, è una virtù piccina che, proprio per questo, va coltivata e fatta crescere. Questo è uno dei compiti che, come Unione di Centro per il Terzo Polo, ci siamo assunti.
L'Italia da dieci anni non cresce, non si rinnova, genera contraddizioni che, nell'accumularsi, rendono difficile la situazione economica, generavano squilibri ed accentuavano le disuguaglianze sociali. A pagare di più questa situazione sono stati le giovani generazioni, le donne, le famiglie, i poveri e le aree del Mezzogiorno. Abbiamo dato la nostra fiducia a questo Governo e continuiamo a rinnovarla come facciamo oggi. Abbiamo agito, come gruppo politico, nel solco della tradizione Pag. 64politico-culturale a cui ci ispiriamo e che speriamo di inverare nel tempo presente, che è quella del cattolicesimo politico, democratico e popolare, di De Gasperi, Schuman e Adenauer. Una tradizione e un pensiero politico che antepongono ai propri interessi di parte quelli dell'Italia, dell'Europa e del bene comune.
Sì, signor Presidente, ci pulsa nel cuore e nella mente una sola idea: l'Italia in Europa. Abbiamo un unico interesse: il futuro delle ragazze, dei ragazzi e di tutti i bambini che vivono e vivranno in questo Paese. Non li distinguiamo per il colore della loro pelle, per la loro religione, per la loro appartenenza etnica, ma li guardiamo come il nostro futuro (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo). Non bisogna permettere che gli interessi immediati di parte, di gruppo, di corporazione, o la paura o l'incertezza per il futuro ci distolgano dall'agire, ma occorre piuttosto sentirsi responsabili in anticipo per quello che potrà e dovrà, anche per volontà nostra, accadere. Serve quello che si definisce il coraggio della responsabilità.
Per tali ragioni, oltre che per quelle di merito, abbiamo dato e diamo la fiducia a questo Governo. Per noi questo è il Governo di cui aveva bisogno l'Italia e da qui deriva la sua politicità che accogliamo e sosteniamo. Proprio per questo, il nostro sguardo non si ferma al 2013, al termine della legislatura, e vorremmo che quanto si è determinato in questi pochi mesi tra le forze politiche divenisse uno stile di comportamento che va oltre la contingenza imposta dall'emergenza. Vi sono questioni di valore, di convivenza, che in un sistema democratico si condividono e che formano la piattaforma su cui innestare il dialogo e il confronto. Negli anni scorsi abbiamo corso il rischio di far saltare, di frantumare questa piattaforma e ci siamo trovati a galleggiare nel mare del nulla e dell'antipolitica. Oggi abbiamo delle ragioni per affermare che forse stiamo svoltando, che la nostra democrazia può ritrovare se stessa, la sua normalità. La prova che questo è possibile l'abbiamo verificata nei giorni scorsi quando, insieme, abbiamo votato una comune mozione sull'Europa. Dobbiamo fare in modo che quello non sia il frutto episodico ma sia il segno di uno stile diverso, nuovo. Certo, la crisi è grave. Un giornale domenica la paragonava ad una guerra che si combatte virtualmente senza cannoni ma che sempre è una guerra e che noi abbiamo il dovere di difendere l'Italia e, se possibile, farla resistere e vincere.
Abbiamo molto apprezzato il lavoro che il Presidente del Consiglio ha sviluppato per riportarci nel novero delle grandi nazioni europee, per la fiducia che l'Italia ha saputo riconquistare nel mondo. Registriamo con favore e con grande attenzione l'accordo che ieri è stato raggiunto a Bruxelles. Crediamo che a quell'accordo l'apporto dell'Italia non sia stato secondario e di questo siamo orgogliosi. Siamo un grande Paese che deve svolgere fino in fondo il proprio ruolo. Abbiamo bisogno dell'Europa ma anche l'Europa ha bisogno di noi. Non esiste Europa senza Italia. Le nazioni europee sono ormai legate da un destino comune e prima se ne rendono conto meglio è per tutti, ma questo accentua le nostre responsabilità. Accentua le nostre responsabilità soprattutto oggi. Se le definizioni utilizzate «salva-Italia», «cresci-Italia», «semplifica-Italia» hanno, come crediamo, un senso compiuto e non immaginifico possiamo dire che stiamo scrivendo un libro nuovo nella storia del nostro Paese. A noi pare che tutto abbia una sua coerenza. Per quanto riguarda il merito speriamo che questo sia l'ultimo «milleproroghe». Lo desideriamo con tutto il cuore per dare un segnale che quando si prendono decisioni queste si attuano. È la dimostrazione che abbiamo ancora un sistema legislativo sbagliato, farraginoso, come hanno avuto modo di sottolineare nei loro interventi in Commissione e in Aula i colleghi del mio gruppo. Sicuramente questo Governo non ha responsabilità per questo modo di legiferare. Chiediamo però che si cambi radicalmente questo modo di procedere. Giudichiamo positivo il provvedimento che si compone di soli 29 articoli e non di 60 come negli anni precedenti, come abbiamo Pag. 65valutato positivamente l'intervento sui cosiddetti lavoratori esodati. Mentre - lo dobbiamo dire - ci saremmo attesi qualcosa in più per quelli precoci sui quali pensiamo si possa recuperare. Inoltre, il riconoscimento della maternità lo giudichiamo un fatto molto importante. Rileviamo tuttavia l'urgenza, la necessità di politiche a sostegno dei redditi delle famiglie che serve per incentivare la domanda interna e per contrastare la recessione. Come positivo abbiamo valutato la modifica dei bilanci delle casse di previdenza, l'inclusione nel novero di comuni alluvionati di quelli della Liguria come la proroga del contributo per il risarcimento dei danni dei profughi italiani cacciati dalla Libia di Gheddafi.
Lo stesso apprezzamento sulla cancellazione della sanatoria sulle sanzioni delle pubblicità elettorali e ci fidiamo della volontà espressa dal Governo di un riordino della normativa.
E potremmo continuare nell'elencazione. Possiamo affermare che si è lavorato bene, che il Parlamento ha svolto il suo ruolo anche dinanzi all'emergenza che ha determinato il voto di fiducia.
Per concludere, l'Unione di Centro vota il provvedimento in esame, lo vota con convinzione. Abbiamo intrapreso una strada forse difficile, ma che può far risorgere il Paese, restituire dignità alla politica: su questa strada non verrà meno il nostro contributo di idee, di proposte e di partecipazione (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Futuro e Libertà per il Terzo Polo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bitonci. Ne ha facoltà.

MASSIMO BITONCI. Signor Presidente ed onorevoli colleghi, la grave crisi economica internazionale ha determinato forti ripercussioni anche in Italia. Siamo in balia di un sistema economico mondiale basato sulla finanza creativa delle banche, sulla speculazione dei derivati, sugli investimenti ad alto rischio, piuttosto che su politiche economiche a favore dell'imprenditoria, del manifatturiero e dell'impresa. Le banche hanno grandi responsabilità in tutto ciò e che questo sia il Governo dei banchieri e delle banche ormai è noto a tutti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Signor Presidente, nei giorni scorsi è accaduto un fatto gravissimo: un altro imprenditore veneto si è suicidato. Si è tolto la vita, come è successo in tutti gli altri casi, a causa della crisi, ma anche a causa delle banche, della stretta creditizia, banche che non danno più credito, banche che non fanno più il loro lavoro; imprenditori, artigiani e commercianti che non hanno liquidità si tolgono la vita, forse anche con un po' di vergogna, perché quando si trovano in difficoltà, chiedono aiuto alle banche e quando l'attività salta, non riuscendo più a pagare i dipendenti ed i fornitori, quando fallisce l'azienda costruita con una vita di sacrifici, una vita di risparmi, alla fine, crolla loro il mondo addosso e purtroppo succede l'irreparabile.
Signor Presidente, a lei sono sfuggite le difficoltà di accesso al credito e tutti i problemi che gli imprenditori si trovano quotidianamente ad affrontare, come il pagamento delle tasse, il costo dell'energia, i tempi della giustizia, le carenze infrastrutturali. L'Italia non cresce più, signor Presidente. C'è però un problema urgente da affrontare subito: quello dei tempi di pagamento tra le imprese e soprattutto tra le pubbliche amministrazioni e le aziende. Per coloro che hanno lavorato, pagato gli stipendi, i contributi previdenziali, le tasse per i propri dipendenti ogni mese, le bollette per le utenze, risulta insopportabile essere pagati con sei o otto mesi o magari anche un anno di ritardo.
Signor Presidente Monti, ma siamo noi quelli delle banche? Ci ha guardato in faccia? Siamo noi quelli che hanno strozzato, portando al suicidio, i nostri artigiani e commercianti? O siete voi quelli delle banche, quelli dei poteri forti, dei consigli di amministrazione di peso nelle società e che governano la finanza mondiale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)? Pag. 66 Li abbiamo inventati noi i derivati, i futures? L'abbiamo inventata noi la finanza creativa o siete stati voi? Certo lei non era al Governo. Signor Presidente Monti, lei lo ripete come un mantra, allo sfinimento: certo, lei non era al Governo, però era comodamente seduto in qualche bella poltrona dei poteri forti, come quella di Goldman Sachs, la più potente banca d'affari americana (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
I nostri artigiani hanno tutti una storia in comune: una casetta costruita dai nostri genitori con grandi sacrifici, una stalla, un garage con dentro un tornio, una pressa. La stalla diventa il capannone e la fabbrichetta. L'operaio si sente così in famiglia e, accumulati un po' di risparmi, apre a sua volta una nuova impresa. Così è il Veneto, dove orgogliosamente vivo. Così è il nord che vi mantiene, il nord che paga 200.000 dirigenti pubblici a Roma (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Allora, ci chiediamo cosa può fare e cosa ha fatto questo Governo per cercare di dare una mano a questi imprenditori che si trovano in un momento così difficile. Dobbiamo cercare di trovare delle soluzioni.
In passato, si era pensato di utilizzare la liquidità, i 100 miliardi di euro della Cassa depositi e prestiti, miliardi che potrebbero essere messi a disposizione delle imprese e dei nostri comuni per pagare i debiti ai fornitori che aspettano da più di un anno.
Presidente Monti, questo Governo ha fallito, se ne faccia una ragione. Gli stessi vertici europei, insieme ai rappresentanti del Fondo monetario internazionale, hanno chiaramente detto che l'Italia avrà bisogno anche dell'aiuto di altri istituti. Perfino Moody's, ieri, ha dichiarato che le sue misure «salva Italia» produrranno una caduta del PIL dell'un per cento. Il fondo «salva Stati» potrebbe anche non essere sufficiente per i Paesi a rischio debito come il nostro. L'Italia non vedrà alcuna crescita per i prossimi anni, anzi, la recessione - meno 2,2 per cento già quest'anno - e, fatto ancor più grave, non vi sarà alcun pareggio di bilancio nel 2013. L'Italia è stata declassata e agli italiani comincia ad arrivare il messaggio che, forse, questo non è servito a nulla.
Nei tre anni del nostro Governo, sono state approntate manovre da quasi 200 miliardi di euro: manovre di tagli alla spesa pubblica, manovre che hanno tagliato l'ICI sulla prima casa alle famiglie e alzato di un solo punto percentuale l'IVA. Noi non abbiamo aumentato le tasse. E voi? Voi, in pochi mesi, avete prodotto una manovra pesante, punitiva per le famiglie e le imprese. Siete andati a toccare i pensionati, l'IVA, avete aumentato l'addizionale regionale IRPEF (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Presidente Monti, lei ha toccato il vero risparmio degli italiani: sono 100 miliardi di euro in tre anni e 33 miliardi di vero e proprio esproprio da parte dello Stato ai comuni, con l'IMU sulle seconde case, l'aumento delle rendite catastali del 60 per cento e la reintroduzione dell'ICI sulle prime case, che i cittadini pagheranno senza distinzione: pensionati, portatori di handicap, cassintegrati e disoccupati, anche con il mutuo a carico.
E, poi, finitela di prendervela con l'evasione fiscale, basta con questi metodi e minacce di Equitalia. Aumentate, invece, i controlli fiscali per combattere l'evasione al sud, abbiate il coraggio di farlo, soprattutto, in quelle aree del Paese che le tasse e gli scontrini non li battono, perché non hanno nemmeno i registratori di cassa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Caro Presidente, se è giusto combattere l'evasione, è giusto combatterla ovunque, non solo dove fa più comodo o dove gli organi di stampa hanno modo di scrivere titoli eclatanti! Nelle nostre zone esiste un'evasione di sopravvivenza del piccolo artigiano o del commerciante di frontiera, che, se non evade qualche migliaia di euro l'anno, non sopravvive. Avete capito?
Se invece di andare in Europa un giorno sì e uno anche, caro Presidente, a svendere la nostra sovranità nazionale ad un'Europa che non difende i prodotti nazionali, un'Europa liberista, un'Europa delle multinazionali e dei grandi interessi Pag. 67finanziari, un'Europa confusa, dove sono messe insieme economie diverse e a volte incompatibili; se invece di andare in Europa, venisse a vedere come sta la nostra manifattura, la nostra meccanica, i nostri imprenditori del nord, capirebbe che bisogna guardare al rilancio, alla crescita, alla competitività e allo sviluppo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ci spiegate cosa volete fare? La disoccupazione è al 9 per cento, il dato peggiore dal 2004. Pensate di risolvere i problemi con le fantomatiche liberalizzazioni, o allineando la scadenza della carta di identità alla data di nascita, oppure con lo slogan ridicolo del «pane fresco la domenica» o annientando i piccoli negozi di città, dei paesi, liberalizzando licenze ed orari a favore dei grandi centri commerciali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Avete affossato quella che poteva essere la vera riforma strutturale, cioè il federalismo. Il processo era già partito con il lavoro dei nostri Ministri Bossi e Calderoli; un percorso importante, una vera e propria rivoluzione, però, voi l'avete bloccato. E questo Governo ha pensato solamente ad approvare e riapprovare il primo decreto, quello su Roma capitale. Questo vi interessa: mantenere i privilegi di una capitale che gran parte del Paese non riconosce e non rispetta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Onorevole Alfano, Berlusconi, staccate la spina a questo Governo: mandiamo a casa il Governo delle tasse e dei privilegi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Abbiamo già dimostrato che sono solo stati capaci di imporre nuove tasse, mentre il nostro Governo aveva, invece, tagliato la spesa pubblica improduttiva e avviato la riforma fiscale.
Torniamo a parlare di lavoro, di imprese e di sviluppo; temi, questi, completamente dimenticati dal Governo dei tecnologi europei; dobbiamo lavorare per riaprire le fabbriche, e non le succursali delle banche; dobbiamo creare posti di lavoro nella meccanica, nel manifatturiero, nel made in Italy. Diamo un segno al Paese, andiamo ad elezioni democratiche! A casa l'usurpatore delle banche e dei poteri forti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il Presidente del Consiglio, nel commentare la manovra approvata a dicembre, ha detto: basta manovre così. Non si riferiva soltanto al fatto che, nel tanto discusso passaggio dalla fase 1 alla fase 2, vada realizzata una svolta nei contenuti verso una maggiore attenzione alla crescita e all'equità, ma anche a una svolta nella formazione delle leggi. Basta, cioè, leggi omnibus, quei contenitori di indifferenziata di cui troppo si è abusato e che ricordano quella famosa trasmissione radiofonica della nostra adolescenza: non tutto, ma di tutto. Invece, è necessario discutere e decidere su leggi specifiche, che affrontano fino in fondo un argomento e lo portano alla definizione. La fase 2 del lavoro del Governo deve, dunque, essere accompagnata anche da una fase 2 del lavoro del Parlamento che deve comportare una migliore qualità delle nostre leggi, più semplici, più chiare, più comprensibili dai cittadini. Anche questo, cari colleghi, è un aspetto non trascurabile della credibilità della politica. Se così vogliamo che sia, allora dobbiamo dirci che disegni di legge come questo che stiamo per votare, e non a caso definito milleproroghe, devono essere rapidamente archiviati. È ben vero che quest'anno la sua definizione, e di questo diamo atto al Governo Monti, e la gestione parlamentare che ne è stata fatta, è più rigorosa e finalizzata al suo specifico scopo, e questa è una delle ragioni che ci portano ad esprimere il nostro voto a favore, ma resta pur sempre una modalità non convincente.
Nonostante queste critiche, anzi proprio in ragione di esse, ci siamo preoccupati di analizzare con attenzione i contenuti Pag. 68 di merito di questo provvedimento; il risultato di questo lavoro parlamentare è complessivamente positivo; siamo intervenuti, abbiamo corretto e, in molti significativi punti, migliorato la norma, pur nel rispetto dei vincoli finanziari con i quali stiamo facendo i conti. L'esito positivo di questo lavoro è l'altro motivo per il quale voteremo a favore; infatti, come a dicembre nell'intervento parlamentare della manovra che, lo ricordo, portò ad aumentare la rivalutazione delle pensioni fino 1.400 euro e l'esenzione dall'IMU fino a 400 euro, così ora, nel proroga termini, il ruolo del Parlamento è stato importante ed utile. Si sente dire e si legge spesso sui giornali che la politica, tutta, sarebbe sconfitta, fuorigioco, a riposo, se non addirittura in quiescenza. Non è così, la politica, quella con la «P» maiuscola, ovviamente, non si è messa in ferie ma, pur senza far mancare la lealtà e il sostegno politico al Governo Monti, ha fatto la sua parte. In questi due mesi la Camera dei deputati, in particolare questa inedita e provvisoria maggioranza ma ancora di più noi, il Partito Democratico, ha discusso, dialettizzato e contrattato con il Governo nel merito dei problemi e abbiamo, possiamo ben dirlo, migliorato le leggi. Lo sappiamo che non è facile far capire ai cittadini tutto ciò e i media, giustamente attenti alle storture del sistema devono far comprendere anche ciò che di positivo si sta facendo.
Io non so, onorevole Bitonci, dove fosse seduto prima il professor Monti, ma so che in quella sedia c'eravate voi e Tremonti con i bei risultati ai quali noi, oggi, dobbiamo porre rimedio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Insomma, più che di delega della politica ai tecnici, che poi tanto tecnici non sono, e non lo dico come una critica, parlerei di una vera e fertile dialettica tra il Governo e il Parlamento, che è poi la prima condizione per uscire dall'angolo nel quale ancora è costretto il nostro Paese. Si è visto ciò con le pensioni: con il nostro intervento abbiamo ampliato la platea di coloro che, avendo perso il lavoro, si sarebbero trovati, a causa delle nuove regole di pensionamento, senza reddito e senza pensione.
Non è in discussione la struttura della riforma, ma questa era ed è un'emergenza sociale che non poteva essere ignorata e sottovalutata. Non tutti coloro che subiscono quell'esasperante ed umiliante condizione personale vengono tutelati dalla nuova norma qui contenuta, si tratti dei licenziati o si tratti di quella fascia di insegnanti particolarmente penalizzati; ma con loro è penalizzata anche la scuola, che subisce così un invecchiamento, venendo impedita l'assunzione di migliaia di giovani, circa quattromila, che perdono l'unica finestra utile per quel rinnovamento di cui spesso anche il Governo parla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ecco, se da un lato valorizziamo, come è giusto, i risultati fin qui raggiunti, dall'altro insisteremo, anche al Senato, perché nessuno resti senza risposta. E un risultato positivo ottenuto con gli emendamenti dei parlamentari e dei relatori, è anche la quasi completa abolizione delle inique penalizzazioni, che gravavano su coloro che hanno lavorato 42 anni, ma non avevano ancora raggiunto i 62 anni di età. Ho detto «quasi completa», quindi ancora migliorabile e noi insisteremo sul punto. Ma senza dubbio va riconosciuto il salto di qualità, molto rilevante anche rispetto ai già importanti miglioramenti che avevamo realizzato nella manovra di dicembre.
Esodati, usurati, precoci non sono definizioni di specie estinte, ma riguardano persone che hanno partecipato, con il loro lavoro, allo sviluppo del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). A loro, come a tanti altri, sono stati chiesti sacrifici. Noi tutti abbiamo chiesto sacrifici in questo difficilissimo frangente. Ma proprio per questo dobbiamo offrire a loro le giuste tutele che diano davvero il segno dell'equità.
Possiamo affermare ciò senza alcuna retorica, proprio perché i miglioramenti ottenuti dimostrano che è possibile farcela, tanto più se, come è successo, un sapiente lavoro parlamentare ha saputo Pag. 69confrontarsi seriamente con la delicata questione delle coperture finanziarie. È questo delle coperture un annoso problema, che va affrontato in coerenza con questa particolare situazione.
Mi rivolgo in particolare al Governo. Se lo scopo che ci accomuna tutti in questi difficilissimi frangenti è portare l'Italia fuori dalle secche, dobbiamo chiedere a tutti di collaborare. Chi svolge, come tocca alla Ragioneria generale dello Stato, il ruolo decisivo di garantire il rispetto dei conti pubblici, gode di tutto il nostro rispetto e di tutta la nostra considerazione. Abbiamo, però, bisogno che quell'indiscussa competenza e professionalità sia messa nelle condizioni di interpretare l'inderogabile rispetto dei saldi con un approccio propulsivo, non depressivo, delle difficili scelte di equilibrio finanziario, ma anche sociale, che siamo destinati a prendere.
Basta pensare al grande tema del Patto di stabilità, che in parte nel provvedimento trova delle prime risposte, ma che dovrà costituire rapidamente un punto decisivo dell'agenda delle riforme; il dissesto idrogeologico, la manutenzione straordinaria, ma più ancora, se vogliamo parlare davvero di sviluppo, i pagamenti arretrati della pubblica amministrazione, che debbono essere liberati dai vincoli attuali. Quanto realizzato nel «milleproroghe» mette in moto questa riflessione non più rinviabile.
Alcune proroghe, certamente quelle sulle liti pendenti, non corrispondono allo spirito con il quale stiamo affrontando la battaglia per la legalità e contro l'evasione. La logica che ci ha portato a togliere il condono sui manifesti elettorali, auspicando una riforma complessiva sul tema, andava applicata anche alle liti pendenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ho elencato, signor Presidente, le ragioni che ci hanno portato, e ci portano, a votare a favore della conversione in legge del decreto-legge ma, come avete sentito, non ho nascosto - come è giusto fare - verso i cittadini che ci ascoltano, anche le difficoltà ed i limiti, per riconoscerli e superarli. È questo il modo con il quale il Partito Democratico affronta questa fase della nostra vita sociale e politica, un modo serio, onesto, trasparente. Sono caratteristiche indispensabili, se vogliamo rinnovare, assieme al Paese, anche la politica. Le nostre sorti non sono diverse dal destino del Paese, ma il destino del Paese dipende molto dalle nostre scelte.
È questa responsabilità, che anche in questa situazione abbiamo praticato, che dà un senso alle sfide che ci attendono (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Toccafondi. Ne ha facoltà.

GABRIELE TOCCAFONDI. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il decreto-legge in materia di proroga di termini è ormai una certezza per il Paese. Non inizia l'anno in Italia senza un «milleproroghe», un nome, o meglio un nomignolo, «milleproroghe», che si addice alla materia del decreto, perché tante sono le proroghe che riguardano svariate materie non uniformi tra loro. Sono decreti-legge nati come misure di carattere assolutamente eccezionale e sono stati poi ripetuti con cadenza annuale. Osservo, senza spirito polemico, ma come dato politico e dato di fatto, come in molti interventi in Commissione ma anche in Aula, in ultimo quello del collega Baretta, sia stato posto a raffronto il presente decreto-legge con i precedenti provvedimenti in materia di proroga di termini legislativi adottati dal Governo Berlusconi. Gli interventi che abbiamo sentito evidenziavano come l'attuale decreto-legge fosse, a detta di alcuni, meno ampio del precedente e indicasse in modo puntuale le ragioni sottese alle proroghe che vengono disposte. Un elogio alla sobrietà dell'attuale milleproroghe rispetto al precedente, quasi a mostrare le prove di un ritorno alla normalità rispetto ai decreti-legge precedenti, considerati da qualcuno come abnormi e onnicomprensivi. A questo proposito, senza vena polemica, lo ripeto, Pag. 70rilevo che il presente decreto-legge reca proroghe nelle materie più differenti tra loro: dalle norme relative al comando del personale delle poste italiane, alle funivie, dal trasporto pubblico locale ai lavoratori frontalieri, dalle pensioni ai rifugi di montagna, dalla pesca alla Croce rossa italiana. Non è una critica allo strumento che per sua natura è così, semmai è una sollecitazione al Parlamento e al Governo per modificare la situazione. Dobbiamo però annotare come il Popolo della Libertà abbia sempre preso atto di come questa fosse la natura del decreto-legge e di come altri, che adesso difendono lo strumento, definendolo sobrio, fino a poco fa lo osteggiavano. Magari sarebbe opportuno che chi prima lo criticava e adesso lo difende, non ci raccontasse anche che prima conteneva proroghe inconcepibili e adesso ogni «bene» possibile. Stessa cosa vale anche per la mole del provvedimento. Ritengo opportuno sottolineare che il testo del decreto-legge all'esame delle Commissioni non è dimagrito rispetto al passato, non c'è stata nessuna dieta tecnica o di sobrietà, anzi, il decreto è ingrassato in quanto contiene oltre ottanta disposizioni di proroga mentre l'ultimo, quello del Governo Berlusconi, ne conteneva circa settanta. Anche su questo tema non faccio tali considerazioni con intento polemico, ma voglio sottolineare un dato di verità, un dato di fatto sul Governo Berlusconi.
Mi sembra comunque opportuno ribadire la necessità che il Governo e il Parlamento avviino una riflessione per conseguire una migliore qualità della legislazione ed evitare norme poco ponderate ed approssimative. L'obiettivo che dobbiamo raggiungere è la stesura di disposizioni che non si limitino solo a far fonte nell'immediatezza a situazioni di emergenza e a conseguenti proroghe limitate all'emergenza, ma consentano una soluzione stabile e duratura delle questioni. Quanto al contenuto dei provvedimenti, vorrei sottolineare come il comportamento del popolo della Libertà nel corso dell'iter del provvedimento stesso, sia sempre stato incentrato sulla responsabilità e come le proposte emendative, approvate su nostro impulso, abbiano contribuito a migliorare sensibilmente il testo individuando soluzioni per una serie di questioni. La più delicata è quella della correzione delle misure in materia di pensioni, un caso che ci ha visto effettuare proposte emendative per correggere, in prima istanza, le disposizioni della manovra di dicembre sulle pensioni, al fine di eliminare, quando possibile, o limitare le penalizzazioni per i lavoratori precoci e tutelare così i lavoratori che hanno risolto i propri contratti di lavoro in attuazione di accordi di incentivo all'esodo.
La stesura iniziale delle disposizioni portava, e ancora in parte porta, a situazioni insostenibili: lavoratori che, di intesa con le imprese e con le leggi dello Stato, avevano risolto il proprio contratto di lavoro in vista di un prossimo pensionamento, a causa dell'incremento dell'età pensionabile, si sono ritrovati improvvisamente senza lavoro e senza più la prospettiva di percepire una pensione. Correzioni sono state introdotte grazie al nostro intervento.
Lo sforzo del Popolo della Libertà è stato poi quello di impedire che per alleggerire il peso della nuova disciplina introdotta, si realizzassero nuove iniquità. Per questo motivo ci siamo opposti, e abbiamo sollecitato un ripensamento, rispetto allo copertura iniziale individuata, che era stata individuata sui lavoratori autonomi, commercianti e artigiani, già pesantemente colpiti dal decreto di fine anno. Si è trovata una soluzione, che non è il massimo possibile, come l'aumento delle accise sui tabacchi, ma abbiamo trovato una nuova copertura che non andava ad incidere sui lavoratori autonomi. Per questo, e per l'attenzione, ringrazio il Governo e, in particolar modo, i due relatori, i colleghi Bressa e Gioacchino Alfano.
La speranza è che in futuro il Governo cambi rotta: per reperire le necessarie coperture finanziarie si smetta di guardare solo agli incrementi di tasse, di imposte e di accise, ma si tagli la spesa. Abbiamo il primato dell'imposizione fiscale tra i Paesi occidentali e siamo sul podio per quanto Pag. 71riguarda il debito pubblico nazionale. Ciò significa che questo Paese spende da decenni più delle proprie possibilità.
Al di là poi della materia pensionistica, il Popolo della Libertà ha corretto alcune disfunzioni, per esempio rispetto ai termini di entrata in operatività del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, il SISTRI; all'apertura di un tavolo per prorogare al 2012 l'accordo per il credito alle piccole e medie imprese; alle concessioni degli indennizzi ai cittadini e alle società italiane per i beni di diritto perduti in Libia; alla proroga del termine per il completamento delle iniziative finanziate a valere sugli strumenti della programmazione negoziata; alle casse di previdenza autonome; all'estensione degli interventi sulle calamità naturali anche alla provincia di Livorno, l'Isola d'Elba e Messina che, grazie al lavoro e agli emendamenti del Pdl, non sono più considerate tragedie figlie di un dio minore.
Tutti questi emendamenti e miglioramenti, sono il segno che il Parlamento ha un ruolo, e che i deputati fanno il loro mestiere, alla faccia di chi li considera un costo. Per altre questioni non è stato possibile intervenire presso questo ramo del Parlamento e la speranza è che sia il Senato a proseguire il buon lavoro effettuato alla Camera, in particolar modo per migliorare ulteriormente il tema degli esodati.
Per queste ragioni, annuncio a nome del gruppo Popolo della Libertà voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto per le quali è stata disposta la ripresa televisiva diretta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, colleghi, intervengo solo per segnalare, e soprattutto perché rimanga a verbale e siano informati i Ministri Monti e Clini, che questo decreto contiene una norma che provocherà una nuova emergenza rifiuti in Campania. In maniera particolare, viene abrogato il comma 5-quater dell'articolo 11 della legge n. 26 del 2010, che consentiva alle province di divenire soggetto riscossore della tariffa.
Ciò è necessario perché, purtroppo, le province, per effetto di una legge di questo Parlamento, esercitano alcune funzioni, e tutti i comuni della Campania, chi più chi meno, non pagano l'esercizio delle funzioni della provincia.
Pertanto, già in questi due anni si sono accumulate centinaia di milioni di euro di debiti e di crediti, di converso, rispetto alle province. Togliendo questo titolo, le banche oggettivamente non potranno più anticipare e finanziare il servizio di smaltimento dei rifiuti con il risultato che non si potranno pagare gli stipendi ai dipendenti, non si potranno pagare le discariche fuori regione e l'intera Campania andrà nuovamente nel caos. Volevo che il Ministro Clini questo lo sapesse.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 4865-A/R)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 4865-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 4865-A/R, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 72

Onorevoli Castellani, Farina...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative» (A.C. 4865-A/R):

Presenti 538
Votanti 527
Astenuti 11
Maggioranza 264
Hanno votato 449
Hanno votato no 78
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché disposizioni urgenti per l'Amministrazione della difesa (A.C. 4864-A) (ore 16,34).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché disposizioni urgenti per l'Amministrazione della difesa.
Ricordo che nella seduta del 30 gennaio 2012 si è conclusa la discussione sulle linee generali e il relatore e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore per la IV Commissione. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, avremmo bisogno, come Commissioni, di riunirci perché ci mancava il parere della Commissione bilancio. Un quarto d'ora penso che vada bene.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 17.

La seduta, sospesa alle 16,35, è ripresa alle 17.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

(Esame dell'articolo unico - A.C. 4864-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 4864-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 4864-A).
Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 4864-A).
Avverto che la Presidenza, ai sensi del comma 7 dell'articolo 96-bis del Regolamento, non ritiene ammissibili le seguenti proposte emendative, già dichiarate inammissibili nel corso dell'esame in sede referente: Maurizio Turco 5.14, volto a rideterminare l'anzianità di grado degli ufficiali in servizio permanente effettivo del ruolo tecnico-logistico dell'Arma dei carabinieri; Maurizio Turco 5.5, in materia di indennità mensile di volo dei sottufficiali e graduati di truppa specializzati dell'Aeronautica.
Avverto che sono stati ritirati dai presentatori gli emendamenti Costa 5.33, nonché Di Biagio 6.32 e Di Biagio 6.33 e che l'onorevole Mecacci ha ritirato la propria sottoscrizione dall'emendamento Maurizio Turco 1.17. Pag. 73
Avverto che le Commissioni hanno presentato gli emendamenti 7.100 e 8.100, che sono in distribuzione ed in relazione ai quali risulta alla Presidenza che tutti i gruppi abbiano rinunziato alla fissazione dei termini per la presentazione di subemendamenti (Vedi l'allegato A - A.C. 4864-A).
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A - A.C. 4864-A), che sono distribuiti in fotocopia.
In particolare, il parere reso dalla V Commissione (Bilancio) reca tre condizioni volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, comma 4 della Costituzione, che sono in distribuzione e che saranno poste in votazione ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Nicco. Ne ha facoltà.

ROBERTO ROLANDO NICCO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, già in passato abbiamo espresso in quest'Aula, in particolare nella seduta del 9 febbraio 2010, tutte le nostre perplessità e riserve sulla prosecuzione di talune missioni internazionali delle Forze armate italiane, in particolare della partecipazione alle missioni in Afghanistan. Una serie di fatti accaduti negli ultimi mesi ci hanno confermato nella nostra convinzione, già allora espressa, che la lotta al terrorismo di Al Qaeda produce risultati significativi non con l'occupazione militare prolungata dell'Afghanistan, ormai dal lontano agosto 2003 con ISAF ed ancor prima con Enduring freedom, ma con azioni mirate frutto di intelligence e con l'uso dei più moderni strumenti di guerra tecnologica oggi disponibili.
L'eliminazione di Osama Bin Laden ad Abbottabad in Pakistan il 2 maggio 2011 ad opera di un comando di Navy seals ne è la conferma più lampante. È inutile cercare con grande dispiegamento di uomini e mezzi il numero uno del terrorismo internazionale in qualche remota valle dell'Afghanistan. Era tranquillamente dimorante a poca distanza da una delle più prestigiose accademie degli ufficiali pakistani!
Con operazioni della stessa natura è stato ucciso, nell'agosto 2011, il numero due responsabile operativo di Al Qaeda, il libico Atiyah Al-Rahman, ancora in Pakistan, ad opera di un drone statunitense. Così pure è avvenuto per l'imam radicale Al Awlaki, esponente di spicco di Al Qaeda nella penisola arabica, colpito anch'egli da un drone in Yemen nel settembre 2011. Recentemente, miliziani integralisti somali sono stati attaccati con gli stessi strumenti, senza inviare un corpo di spedizione ad occupare la Somalia.
La stessa ristrutturazione delle Forze armate statunitensi, secondo quanto affermato recentemente dal capo del Pentagono Leon Panetta, si svilupperà intorno alla scelta strategica: meno soldati, più droni.
Quindi, ci chiediamo che senso abbia, oggi, confermare la nostra partecipazione alle missioni militari in Afghanistan, se lo scopo è la lotta al terrorismo. Ma anche su altre missioni, quale la permanenza in Libano, in un quadro geopolitico in rapida ed imprevedibile evoluzione, credo che sia legittimo interrogarsi.
Ce lo chiediamo tanto più, a maggior ragione, nel contesto di crisi economica e finanziaria in cui il Paese si dibatte, un contesto che sia il Presidente del Consiglio sia il Presidente della Repubblica ci hanno più volte rappresentato in tutta la sua drammaticità.
Ma se quella è la situazione, giunta a un passo dalla mancanza di liquidità per pagare stipendi e pensioni, così è stato autorevolmente detto, con un Paese che stava andando a sbattere contro un muro, ha ribadito ieri il Presidente Monti, allora come è possibile proporre il rifinanziamento delle missioni internazionali senza battere ciglio? È demagogia, è populismo, è residuo di ideologie superate porre la questione?
Noi chiediamo semplicemente e pragmaticamente una riflessione seria sulle priorità a cui destinare le poche risorse disponibili. È prioritario oggi spendere 747 Pag. 74milioni, più di 2 milioni al giorno per tutto il 2012, per mantenere il pattugliamento di qualche sperduta e desertica landa delle montagne afgane? Per noi, no! È assurdo, non prioritario.
Ministro Fornero, mi spiace che non sia presente, quanta incredibile difficoltà la settimana scorsa per introdurre qualche minima correzione alle più evidenti e inaccettabili storture provocate dalle vostre misure sul sistema pensionistico. Mancano sempre le coperture. Oggi, miracolosamente, per le missioni internazionali non vi è alcun problema di copertura. Allora, sono forse due bilanci diversi dello Stato? Missioni in Afghanistan sì, pensioni no? Noi non ci stiamo. Non vi possono essere settori intoccabili. Perciò, voteremo, anche con il collega Giulietti, contro questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rugghia. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, abbiamo sempre votato a favore del decreto-legge di finanziamento sulle missioni internazionali e lo abbiamo fatto, in questi anni, a prescindere dalla nostra collocazione di maggioranza o di opposizione. Lo abbiamo fatto anche quando non abbiamo condiviso completamente i provvedimenti che ci venivano proposti, naturalmente nell'interesse del nostro Paese e del ruolo che svolgiamo nella comunità internazionale con l'intervento nelle aree di crisi. Lo abbiamo fatto, altresì, nel rispetto dei nostri militari e dei rischi che essi si assumono, perché devono sentire il sostegno del Parlamento e del Paese.
Questa volta il nostro voto è ancora più convinto di quello che abbiamo espresso negli ultimi anni. Vi sono alcune parti molto positive di questo provvedimento che crediamo vadano sottolineate, prima del passaggio al voto sugli emendamenti e sul testo finale. Intanto, ci sembra particolarmente importante la scelta, che è stata compiuta con il decreto-legge, di determinare un finanziamento su base annuale delle missioni internazionali e non più semestrale, come è avvenuto negli ultimi anni. Un decreto-legge annuale dà più garanzie ai nostri militari che sono impegnati nelle missioni, realizza delle condizioni migliori di semplificazione e razionalizzazione normativa e dà una copertura certa all'impegno nostro nelle missioni internazionali.
Questo giudizio positivo sul decreto-legge annuale, che abbiamo più volte richiesto in questi ultimi anni, è dovuto anche al fatto che in sede di discussione del...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia! Consentite all'onorevole Rugghia di svolgere il suo intervento in un clima un po' più attento.

ANTONIO RUGGHIA. Nell'esame di questo provvedimento, nelle Commissioni competenti, esteri e difesa, abbiamo avuto anche la possibilità di contribuire al miglioramento del testo. Pertanto, insieme a questa scelta del decreto-legge annuale abbiamo inserito anche un emendamento, che è stato approvato nelle Commissioni.
Si tratta dell'impegno del Governo di riferire semestralmente sull'andamento delle missioni, sui risultati delle stesse, sul raggiungimento degli obiettivi e sulla modificazione del contesto internazionale.
Quindi, da questo punto di vista, il nostro giudizio è estremamente positivo. È condivisibile anche la scelta inserita nella relazione che accompagna il decreto-legge, con la quale il Governo dichiara di operare per la razionalizzazione della presenza sui teatri operativi e per la riduzione dei costi.

PRESIDENTE. Onorevole Mogherini per cortesia...

ANTONIO RUGGHIA. Complessivamente, per effetto di questa decisione, sono impegnati nelle missioni internazionali, per l'anno 2012, millecinquecento soldati in meno di quelli che pure abbiamo impegnato nel 2011 e la spesa si riduce da un miliardo e mezzo per le missioni a 1,4 miliardi di euro per l'anno Pag. 752012. Poi è apprezzabile anche un'altra scelta contenuta nel decreto-legge, quella di invertire la tendenza di determinare sempre una diminuzione dei finanziamenti a favore della cooperazione internazionale e della cooperazione civile e militare, perché passiamo per la cooperazione dai 27 milioni e 300 mila euro del 2011 ai 34 milioni e 700 mila euro per il 2012 nell'Afghanistan e dai 19 milioni ai 33 milioni per le altre missioni: in Iraq, in Libano, in Myanmar, in Sudan e in Somalia. Quindi, anche da questo punto di vista c'è un giudizio positivo che vogliamo qui sottolineare. Insieme a questi aspetti e a queste scelte che sono state operate con il decreto-legge, il Governo ha inteso anche, ai commi 3 e 4 dell'articolo 11, intervenire sui sistemi d'arma per rendere, attraverso la semplificazione, le procedure più snelle per l'attuazione dei programmi d'arma che si rendono necessari per garantire soprattutto la difesa ai nostri contingenti militari.
Noi, in questo caso, abbiamo chiesto di migliorare il testo e siamo contenti che questo sia stato fatto con la condivisione di tutte le forze politiche che sono state impegnate nelle Commissioni competenti, abbiamo chiesto per l'esame del testo e soprattutto per le procedure di semplificazione di realizzare questa semplificazione attraverso il passaggio parlamentare nelle Commissioni competenti e lo abbiamo fatto nel rispetto delle prerogative proprie dell'emendamento.
Al comma 3 vengono introdotte delle semplificazioni della procedura per l'attuazione dei programmi di investimento e per i programmi d'arma e si prevede che questa semplificazione venga realizzata con l'emanazione di un decreto adottato dal Ministro dello sviluppo economico di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e della difesa. Attraverso questo decreto vanno rimodulate le scelte per l'utilizzazione dei contributi pluriennali, vengono definite nuove modalità di attuazione dei programmi e viene verificato l'impatto di queste scelte sulla finanza pubblica.
Noi allora abbiamo chiesto di poter attuare queste scelte attraverso il passaggio nelle Commissioni parlamentari perché evidentemente, attraverso nuove scelte di finanziamento di un programma rispetto ad un altro e ad una differente copertura, si incide sulle scelte e sulle prerogative che sono proprie del Parlamento. L'abbiamo fatto anche nel rispetto del lavoro che finora è stato svolto nella IV Commissione e che è stato realizzato soprattutto con un'attività di indagine conoscitiva sui sistemi d'arma.
In IV Commissione, nelle conclusioni dell'indagine conoscitiva dei sistemi d'arma è scritto che bisogna rendere obbligatorio il parere del Parlamento ogni volta che cambiano i programmi, che vengono modificati i finanziamenti sui programmi e che vengono variati i capitoli di spesa. Questo è il caso.
Quindi, il nostro giudizio è positivo, anche perché le nostre osservazioni sono state sostanzialmente accolte. Noi esprimeremo un voto favorevole su questo provvedimento e daremo il sostegno all'attività del Governo, naturalmente per quello che riguarda in questo caso il settore della difesa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sull'emendamento Gidoni 1.1, mentre formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Maurizio Turco 1.17. Le Commissioni esprimono, altresì, parere contrario sugli emendamenti Gidoni 1.18 e 1.21 e Di Stanislao 1.30.
In merito all'articolo 2, le Commissioni esprimono parere contrario sull'emendamento Maurizio Turco 2.1, mentre formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Maurizio Turco 2.9 e 2.8.
In merito all'articolo 5, le Commissioni esprimono parere contrario sugli emendamenti Pag. 76 Gidoni 5.1 e 5.30, Di Stanislao 5.18, 5.17, 5.16 e 5.31.
Per quanto riguarda l'articolo 6, le Commissioni esprimono parere contrario sull'emendamento Di Stanislao 6.1, mentre esprimono parere favorevole sugli emendamenti Di Biagio 6.31 e 6.30.
Sull'articolo 7, le Commissioni raccomandano l'approvazione del proprio emendamento 7.100 ed accettano l'emendamento 7.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
Per quanto riguarda l'articolo 8, le Commissioni raccomandano l'approvazione del proprio emendamento 8.100 ed accettano l'emendamento 8.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
Per quanto concerne l'articolo 10, le Commissioni accettano l'emendamento 10.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, mentre esprimono parere contrario sull'emendamento Di Stanislao 10.30.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore, eccetto che per gli emendamenti Di Biagio 6.30 e 6.31, per i quali si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Gidoni 1.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gidoni. Ne ha facoltà.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione dell'Aula sul mio emendamento 1.1. È chiaro che, come Lega, proponiamo, come abbiamo già detto nel corso della discussione sulle linee generali, un ridimensionamento della nostra missione in Afghanistan.
Rileviamo come gli americani, entro la fine dell'anno, ritireranno circa 30 mila uomini, quindi con una riduzione di circa un terzo del loro impegno. La stessa cosa stanno facendo i francesi e altrettanto si stanno orientando a fare anche tedeschi e inglesi. Quindi, non si capisce perché il nostro Governo, a fronte di un impegno assunto anche dal precedente Ministro La Russa di un consistente ridimensionamento della nostra missione in Afghanistan, oggi non prosegua lungo quella strada. Siamo l'unico Paese che ridurrà alla fine le proprie forze di un 3 per cento scarso, quindi rimanendo di fatto gli unici invischiati in un ingaggio che probabilmente non ci vedrà fondamentali nell'operazione in Afghanistan.
Per queste ragioni chiediamo all'Aula l'attenzione sull'emendamento e un voto favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gidoni 1.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Gianni, Tanoni, Goisis, Bocciardo, Pollastrini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 497
Votanti 462
Astenuti 35
Maggioranza 232
Hanno votato
56
Hanno votato
no 406).

Prendo atto che le deputate De Torre e D'Antona hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto contrario e che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Maurizio Turco 1.17.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

Pag. 77

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, con questo emendamento noi raccogliamo il dibattito svolto nel corso dell'anno passato non solo a livello internazionale, ma anche in questa Aula. C'era stato e c'è un impegno, a livello internazionale, di ridurre la partecipazione dei contingenti nelle missioni, in particolare in quella afgana. Noi siamo favorevoli in linea di principio alla partecipazione alle missioni internazionali, ma riteniamo che, per quello che sono stati il dibattito e gli impegni presi qui non solo dal passato Governo, ma dal Parlamento, per andare incontro ad una riduzione del nostro contingente, in realtà stiamo di fatto perseguendo una strada completamente contraria a quella dei nostri partner internazionali, con i quali credevamo di avere un rapporto paritario. C'è questa fuga in avanti, quasi a voler essere i migliori della classe, quando sappiamo che, a partire dagli armamenti utilizzati sul terreno in Afghanistan, per anni abbiamo continuato a porre il problema - e lo continuiamo a porre - in particolare per quanto riguarda i mezzi lince, grazie ai quali si sono avute non poche perdite di vite umane. C'è una disattenzione totale verso la sicurezza dei nostri soldati, mentre c'è un'attenzione esasperata nei confronti degli interessi delle fabbriche di armamenti.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 1.17, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Tanoni, Laboccetta, D'Anna, Servodio, Ferranti, D'Antona...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 499
Votanti 489
Astenuti 10
Maggioranza 245
Hanno votato
70
Hanno votato
no 419).

Prendo atto che i deputati Duilio e Barbato hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Gidoni 1.18.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gidoni. Ne ha facoltà.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, stiamo parlando del Libano. La Lega Nord ha sempre avuto una posizione critica sulla missione UNIFIL, tant'è vero che la missione nasceva evidentemente per dividere gli Hezbollah da Israele e anche per promuovere un'evoluzione democratica in Libano. In realtà tutto ciò non è accaduto. Anzi oggi gli Hezbollah sono forza di Governo a Beirut e la loro vicinanza ad Assad lascia intravedere un pericolo per la missione UNIFIL.
Ringraziamo la comunità internazionale che ha voluto riconoscere il lavoro fatto dagli italiani, affidandoci nuovamente il comando in Libano, però dobbiamo rilevare come - è notizia di questi giorni - la situazione in Siria sia estremamente peggiorata. Non vorremmo che la nostra missione venisse coinvolta in scontri di terra in un conflitto che ancora non si sa se ci sarà in avvenire.
Quindi, chiediamo una riduzione dell'impegno nel Libano ed una riduzione dell'impegno economico.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gidoni 1.18, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Castagnetti, onorevole Servodio, onorevole De Nichilo Rizzoli, onorevole Pagano... Pag. 78
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 504
Votanti 495
Astenuti 9
Maggioranza 248
Hanno votato
55
Hanno votato
no 440).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Gidoni 1.21.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gidoni. Ne ha facoltà.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, qui stiamo parlando della missione in Libia. La definisco missione perché di fatto c'è un finanziamento di quasi dieci milioni di euro all'interno di un decreto che prevede la copertura delle missioni all'estero, e quindi dobbiamo dedurre che oggi in Libia è iniziata una nuova missione.
Quello che resta da chiarire è come mai siamo oggi in missione. C'era una risoluzione Ruffino che impegnava i Governi (e ad essa i Governi, dal 2001 ad oggi, si sono sempre attenuti) a riferire e a raccogliere un consenso per instaurare nuove missioni all'estero.
È chiaro che in questo caso ciò non è avvenuto. È chiaro che siamo oggi, in modo abbastanza informale e inusuale, qui chiamati a ratificare l'inizio di una missione.
Chiedo ai colleghi chi sa quali sono gli obiettivi di questa missione. Si parla di cento uomini schierati. Si parla di un supporto probabilmente di addestramento, ma ricordo anche che, all'interno della Libia, sicuramente la situazione non si sta evolvendo lungo i canali e i binari che venivano auspicati.
Non sta a me ricordare cosa sta succedendo a Tripoli. Non sta a me ricordare che a Bani Walid sventola oggi la bandiera verde del vecchio regime di Gheddafi. Non sta a me qui ricordare che all'interno del CNT sicuramente oggi ci sono delle contestazioni e delle divisioni.
Quindi, come Lega, proponiamo di cassare questo finanziamento in attesa che il Governo ovviamente riferisca alle Camere e all'interno di questo Parlamento raccolga la dovuta autorizzazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gidoni 1.21, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cassinelli, onorevole Sardelli, onorevole Ceccacci Rubino, onorevole Boniver, onorevole Cesare Marini, onorevole Paolo Russo, onorevole Giro, onorevole Girlanda, onorevole Tortoli, onorevole Gelmini, onorevole Pisicchio, onorevole Miglioli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 512
Votanti 484
Astenuti 28
Maggioranza 243
Hanno votato
55
Hanno votato
no 429).

Prendo atto che l'onorevole Realacci ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Di Stanislao 1.30.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, intervengo solo per significare un paradosso, perché il nostro Governo «dona» alla Libia - mettendoci sopra anche un milione di euro - la cessione a Pag. 79titolo gratuito di mezzi in disuso, obsoleti per quanto riguarda il comparto della difesa.
Le dico: ma se noi dessimo dei medicinali scaduti a dei malati, faremmo cosa buona o faremmo qualcosa che ha a che fare con la nostra coscienza e anche con l'impegno politico e istituzionale? Questa è veramente una presa per il naso, per cui vorrei anche invitare i colleghi a votare nel senso che indica l'Italia dei Valori. Infatti, è veramente insopportabile venire in Aula a votare in questo senso.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 1.30, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Sardelli, Tommaso Foti, Cesare Marini, Paolo Russo, Pollastrini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 506
Votanti 450
Astenuti 56
Maggioranza 226
Hanno votato
21
Hanno votato
no 429).

Prendo atto che il deputato Borghesi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 2.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Melchiorre, Sardelli, Giro...

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17,35)

Onorevoli Giulietti, D'Amico...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 509
Votanti 302
Astenuti 207
Maggioranza 152
Hanno votato
8
Hanno votato
no 294).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'emendamento Maurizio Turco 2.9.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 2.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cesare Marini, Pianetta, Parisi, Calderisi, Andrea Orlando, Piccolo, Comaroli, Pollastrini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 511
Votanti 301
Astenuti 210
Maggioranza 151
Hanno votato
8
Hanno votato
no 293).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'emendamento Maurizio Turco 2.8. Pag. 80
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 2.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Laboccetta, Cesare Marini, Goisis, Servodio, Tortoli, Fogliardi, Villecco Calipari...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 509
Votanti 297
Astenuti 212
Maggioranza 149
Hanno votato
10
Hanno votato
no 287).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare e che la deputata Zampa ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Gidoni 5.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gidoni. Ne ha facoltà.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, devo dire che mi ha sorpreso un po' il parere contrario della Commissione bilancio.
In realtà questo emendamento che cosa afferma? Stabilisce che all'occorrenza - quindi non è un obbligo ma una opportunità - gli arsenali e gli stabilimenti militari che già eseguono manutenzioni sui mezzi e gli equipaggiamenti delle forze armate possano espletare le stesse funzioni per i mezzi e gli equipaggiamenti delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare. Questo che cosa vuol dire? Vuol dire, in termini di efficacia ed efficienza, mettere tra loro, in rete, in sintonia, le varie amministrazioni dello Stato e senza aumento di costo perché, in realtà, spostiamo i soldi da una tasca all'altra ovvero diciamo al Ministero dell'interno di usufruire di una struttura che già esiste e che è rappresentata dai centri di manutenzione dell'esercito anziché appaltare i servizi all'esterno, anziché vedere situazioni che fanno male ad un cittadino: ossia mezzi della polizia che su una bisarca passano davanti ad un centro militare dell'esercito per fare qualche centinaio di chilometri ed essere manutentati da un'altra parte, magari da una ditta esterna. È questo quello che chiediamo con questo emendamento ovvero che, all'occorrenza - quindi non è un obbligo -, possa essere realizzata questa sinergia: che finalmente le amministrazioni dello Stato dialoghino tra di loro per lavorare finalmente tutti insieme anche in questo settore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, credo che rispetto a questo problema che ha sollevato il collega Gidoni e che ho sostenuto in Commissione mi sembra evidente che siamo nell'ottica della razionalizzazione e del contenimento delle spese. Quindi, evidentemente la necessità di creare polarità e di realizzare una rete al servizio della manutenzione, evitando ulteriori sprechi che portano ulteriori elementi di negatività all'intero comparto, è da salutare con grande beneficio. Chiedo al Governo che cosa voglia fare di questo emendamento perché noi lo sosteniamo così come abbiamo fatto in Commissione e credo che abbia fatto un grave errore la Commissione bilancio ad esprimersi diversamente. Forse, non ha capito compiutamente la disponibilità in prospettiva del proponente.

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 81

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, soltanto per ribadire quanto già detto in sede di Commissione ossia che non vi è una contrarietà generale ad un'operazione di questo tipo. Il problema è legato sostanzialmente al fatto che la norma non prevede priorità, tempistiche e copertura delle spese. Sotto questo punto di vista, poteva essere una raccomandazione auspicabile ma, come emendamento, non avendo queste caratteristiche, rimane una sorta di pia intenzione che non può essere accolta. Diversamente sarebbe stato se vi fosse stata una regolamentazione di priorità, tempistica e specifica della copertura finanziaria delle spese.

PRESIDENTE. Sottosegretario Magri, è vero che il concetto di raccomandazione si può anche ampliare ma l'emendamento non può dire che fa una raccomandazione. Forse sta chiedendo di ritirare l'emendamento per trasfonderne il contenuto in un ordine del giorno: conseguentemente il Governo esprimerebbe parere favorevole o eventualmente lo potrebbe accogliere come raccomandazione.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore per la IV Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, soltanto per chiarire. Ovviamente l'emendamento appare di tutto buon senso e tuttavia il sottosegretario tecnicamente ha ragione: in questo momento non c'è l'organizzazione non soltanto amministrativa e logistica ma anche finanziaria per poter fare una cosa del genere. Pertanto, l'invito del Governo in tal senso è auspicabile e chiaramente ci aspettiamo che poi conseguentemente il Governo si attivi perché un'efficacia maggiore e un risparmio su scala possa avvenire.

AUGUSTO DI STANISLAO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, intervengo di nuovo perché è paradossale che si dica che è buono ma non si può fare. Accade solo in quest'Aula.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, vorrei far notare sia al presidente della Commissione difesa sia al sottosegretario che l'emendamento risulta così formulato: «(...) concorrono, all'occorrenza, anche all'espletamento (...)»; in altre parole, non è detto che una volta approvato l'emendamento si passi subito alla manutenzione degli automezzi per quanto riguarda le forze di polizia, in toto, a questi servizi di manutenzione dell'esercito: concorrono, all'occorrenza. Quindi, penso che già la formulazione ci lasci quello spazio di cui il sottosegretario parlava prima.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei solo ricordare a me stesso - e lo dico al Governo che magari non ha una grande esperienza dal punto di vista procedurale - che, nel caso in cui il presentatore dell'emendamento non lo ritiri per trasfonderne il contenuto in un del giorno, una volta che viene bocciato l'emendamento, posto in votazione (mi è parso di capire che il Governo avesse espresso la consapevolezza anche di una giustezza del tema, non realizzabile attraverso un emendamento, se non ho capito male), è chiaro a tutti noi, sia al presentatore sia al Governo, che è finita la questione: non è che poi lo possiamo ripresentare come ordine del giorno, come raccomandazione.

Pag. 82

PRESIDENTE. Grazie per la precisazione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crosetto. Ne ha facoltà.

GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, a me pare che l'emendamento abbia buon senso, anche se capisco i termini sollevati dalla Commissione bilancio. Non spetta ad un rappresentante del Parlamento poter proporre riformulazioni, ma se il «concorrono» fosse trasformato in «possono concorrere» e fosse aggiunto «senza aggravio sul bilancio della difesa» sarebbe una potenzialità data alle strutture logistiche della difesa di poter collaborare con le altre amministrazioni dello Stato nel fornire un servizio che la difesa è strutturata a fornire. Pertanto, non spetta a me proporre riformulazioni, ma così si renderebbe conto alla Commissione bilancio e si darebbe un'opportunità che è sciocco non cogliere.

FRANCO GIDONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, concordo con quanto affermato dal collega Crosetto e chiedo se il Governo è d'accordo per una riformulazione in tal senso.

PRESIDENTE. Rimettiamo in linea un po' di argomentazioni: il Governo dovrebbe proporre questa riformulazione, fermo restando - lo diciamo in anticipo - che naturalmente rimarrebbe, ove mai accolta la riformulazione, lo stesso parere della Commissione bilancio, salvo accantonarlo ed acquisire un nuovo parere in limine della Commissione bilancio.

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, sostanzialmente l'emendamento dell'onorevole Gidoni, rivisto dall'onorevole Crosetto, dovrebbe avere tre caratteristiche: prevedere che vi sia una situazione in cui i mezzi della difesa hanno comunque la prelazione rispetto alle proprie strutture.

PRESIDENTE. Mi dà la riformulazione precisa, signor sottosegretario?

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Secondo: che esiste una copertura delle spese da parte del Ministero dell'interno. Terzo: che deve avvenire all'interno di una situazione logisticamente coerente, perché è chiaro che non può essere approntata in termini immediati, ma deve prevedere il fatto che vi siano autofficine che possano svolgere tali compiti. Quindi sono sostanzialmente tre le caratteristiche. Se ci fossero le caratteristiche, come ripeto, della prelazione per la difesa, della copertura economica e...

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, la questione è di tipo procedurale. Tutte le cose che lei sta dicendo sono ben note agli uffici. Il problema è che è un fatto di natura procedurale: è lei che può proporre la riformulazione, se lo fa precisamente, andiamo avanti.

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Certo, lo accogliamo con queste tre raccomandazioni.

PRESIDENTE. Non esiste una condizione, signor sottosegretario.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore per la IV Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, innanzitutto voglio ricordare all'Aula che non c'è bisogno di una legge per fare una cosa del genere: si può fare anche con un decreto interministeriale e non si capisce anche perché uomini di Governo in questi tre anni non abbiano fatto questo semplice accorgimento. Pag. 83
Tuttavia, credo che se accantonassimo l'emendamento in oggetto e, magari, dessimo al Governo il tempo di riformularlo, potremmo votarlo alla fine e fare qualcosa di positivo.

PRESIDENTE. Prendo, dunque, atto che vi è una proposta di accantonamento.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, ritengo talmente di buon senso le argomentazioni da parte del presidente che, se avesse dato la parola a me, avrei proposto l'accantonamento. Quindi, credo sia opportuno fare come ha proposto il presidente Cirielli.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, l'emendamento Gidoni 5.1 si intende accantonato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gidoni 5.30, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Calderisi, Sardelli, Servodio...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 504
Votanti 500
Astenuti 4
Maggioranza 251
Hanno votato
52
Hanno votato
no 448).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Ricordo che l'emendamento Maurizio Turco 5.14 è stato dichiarato inammissibile.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 5.18, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Calderisi, Pedoto, Cesa, Goisis, Giro, Tommaso Foti, Angela Napoli, Di Stanislao, Santori...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 506
Votanti 503
Astenuti 3
Maggioranza 252
Hanno votato
17
Hanno votato
no 486).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 5.17, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cassinelli, Tommaso Foti, Di Biagio, Casini, Gasbarra, Giro, D'Ippolito Vitale, Carfagna, Servodio, Perina...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 511
Votanti 507
Astenuti 4
Maggioranza 254
Hanno votato
30
Hanno votato
no 477).

Prendo atto che i deputati Pionati e Sposetti hanno segnalato che non sono riusciti a votare. Pag. 84
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 5.16, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cesa, Scilipoti, Vella, Tommaso Foti, Cesare Marini, Stucchi, Baldelli, Cicchitto, Baccini, Zeller, Porta, Muro...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 515
Votanti 509
Astenuti 6
Maggioranza 255
Hanno votato
21
Hanno votato
no 488).

Prendo atto che il deputato Sposetti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indico la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 5.31, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione...

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, chiedo di parlare per dichiarazioni di voto.

PRESIDENTE. Sta bene, revoco l'indizione della votazione. Prego, onorevole Di Stanislao, ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, vorrei intervenire sull'emendamento, perché questo è stato uno dei pochi emendamenti che ha, in qualche modo, costretto a ragionare all'interno delle Commissioni di riferimento, la III e la IV, affinché si desse un minimo, non di visibilità, ma di responsabilità, e un minimo di credibilità e di consapevolezza anche ai gruppi parlamentari e ai singoli parlamentari. Evidentemente, infatti, non è pensabile che vengano proposte delle scelte da parte del Governo, di questo o di altri, quando poi, all'interno del Parlamento e delle Commissioni, vi è una tale idea sui sistemi d'arma e su tutto ciò che può concorrere alla decisione di una serie di interventi che coinvolgono direttamente, non tanto e non solo la parte finanziaria, e quindi la parte economica e di spesa, ma anche e soprattutto alcune scelte che sono di prospettiva, che hanno delle finalità importanti e che fanno capire in questo modo che, se dovesse passare l'idea di togliere «vincolante», significherebbe che le Commissioni ed il Parlamento hanno una funzione di residualità. Dico questo al Governo perché, su questo argomento, abbiamo fatto uno scontro intensissimo in Commissione e non si può indurre il Parlamento a rinunciare alle proprie prerogative all'interno di un provvedimento così importante.
Voglio ricordare, ai colleghi di maggioranza che sostengono l'attuale Governo, che alcuni Stati, a democrazia ancora più avanzata della nostra, mettono in campo le proposte e le portano in Parlamento affinché lo stesso le dibatta, le discuta e poi scelga. Cosa significa tutto ciò? Che il Governo propone e il Parlamento dispone. Adesso qui, in Italia, in questo momento storico, l'affidamento ai tecnici ci impedisce non solo e non tanto di ragionare, ma ci impedisce anche di fare qualcosa di importante, utilizzando le nostre prerogative. Non sono venuti nemmeno a sentire l'idea di fondo di questo emendamento che, tra l'altro, andava anche nel senso di rafforzare le idee del Governo, farlo sentire meno solo, meno isolato, meno tecnocratico e più rispondente alle esigenze del Paese e anche del comparto della difesa. Tant'è che è stata proposta, da parte del sottoscritto, una subordinata per chiedere che decisioni così importanti fossero adottate di intesa con le Commissioni e con il Parlamento. Oltretutto non è vero quello che viene detto da qualcuno, anche dall'attuale Ministro della difesa, ossia che, rispetto ai 71 sistemi d'arma, non si può tornare indietro dal contratto perché le clausole non lo possono prevedere. Non è vero, Pag. 85 perché la clausola 14.3 prevede esattamente che sei mesi prima, qualsiasi Governo possa rescindere il contratto entro i termini prefissati in sede di programmazione iniziale. Evidentemente, queste cose non stanno in capo ai tecnici né ai militari, stanno in capo ai governi che devono decidere attraverso il Parlamento. Evidentemente così non vuole essere; il controllo e la trasparenza non aiutano questo Governo ad affermare le proprie priorità e le proprie disponibilità; evidentemente questo Governo si sente tutelato solo attraverso i propri atti senza andare a un confronto organico che è così importante rispetto a questa materia.
Si è persa una grande occasione perché, in questo modo, è vero che si può lavorare nei termini previsti dalla modifica del provvedimento ma se questo è vero, intanto che le cose stanno in questo modo, si poteva evidentemente non prevedere questa ulteriore norma intrusa che va a mortificare il provvedimento delle missioni internazionali, a umiliare il Parlamento e a residualizzare la presenza dei deputati in Commissione perché quello era il percorso giusto e vincolante, non questo, attraverso un emendamento. Io mi auguro che questo sia un incidente di percorso, perché se questa, invece, è la finalità di questo Governo, ossia bypassare «democraticamente» le istanze e le prerogative del Parlamento, evidentemente non ci siamo.
Noi abbiamo detto: evitiamo di fare in Aula bagarre, se voi avete un momento di resipiscenza rispetto a questi provvedimenti. Non sempre, da coloro i quali sono in Commissione e vi lavorano, vengono solo provvedimenti ed iniziative di protesta: vengono fuori anche delle proposte che impediscono di accumulare gli errori, come voi state facendo. Infatti, ad oggi, rispetto a questi provvedimenti e rispetto a questo dato, vi è da parte vostra una sottovalutazione del problema e vi è invece un aumento di errori così gravi, che fanno di questo provvedimento un «mini decreto omnibus», piuttosto che un decreto sulle missioni internazionali. Ma su questo punto tornerò in occasione della dichiarazione di voto finale.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Di Stanislao.

AUGUSTO DI STANISLAO. Io mi auguro che in questo momento si dia, per così dire, priorità a questo indirizzo, proposto dall'Italia dei Valori. E vorrei che il Governo dicesse qualcosa perché, rispetto a questo grido di dolore, qualcosa deve essere fatto e detto in quest'Aula, affinché rimanga, non a futura memoria, ma che permetta di capire in che modo e in che misura questo Governo si vorrà relazionare, da oggi in poi, rispetto a tutto il Parlamento ed alla comunità nazionale.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore per la IV Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è un punto delicato e credo sia giusto che ne rimanga anche qualcosa a verbale.
Innanzitutto devo dare atto al collega Di Stanislao di aver posto un problema politico reale, sul quale peraltro tutta la Commissione aveva lavorato nel corso di questa legislatura. Anche il gruppo del Partito Democratico aveva presentato un emendamento in tal senso, che inizialmente avevamo accolto. Tuttavia è un emendamento che tecnicamente non si addice, come ha detto anche il collega Di Stanislao, al decreto in questione.
Probabilmente anche il Governo ha sbagliato a porre il tema in questo decreto-legge. D'altro canto oggi l'idea di intervenire con un parere obbligatorio, a valle di un provvedimento che invece viene approvato dalle Commissioni con un parere non obbligatorio, appare incongrua. Ma il problema della mancanza di un controllo - un controllo almeno da parte delle Commissioni - della spesa della difesa, ovvero di una spesa assai ingente, Pag. 86rappresenta sicuramente un vulnus della legge Giacchè, che aveva probabilmente la sua funzione a suo tempo, quando è stata approvata, ma che oggi necessita di un passo in avanti.
Credo che il fatto che il Governo, tra l'altro, sia stato anche molto disponibile conducendo, nell'esame congiunto di IV e III Commissione, ad una prima approvazione all'unanimità, dimostri che il problema esiste ed è bene che sia posto. Credo che sia giusto in questo momento che il Parlamento soprassieda ad una decisione del genere, ma è anche giusto che lo stesso Parlamento metta mano in maniera significativa, come tutta la IV Commissione ha già auspicato, al riordino della legge Giacchè e quindi al controllo, a norma di legge, del finanziamento dei programmi d'arma, che prevede un ingente investimento ed un ingente impegno del denaro pubblico.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, vorrei aggiungere la mia firma a questo emendamento proprio ricorrendo alle motivazioni del presidente della IV Commissione (Difesa) Cirielli. Proprio per la pesante incidenza sul bilancio di questi programmi d'arma pluriennali, non si può esautorare il Parlamento con la motivazione che ciò avviene ai fini della semplificazione, perché semplificando per semplificare ci era stato già spiegato che il Governo per lavorare meglio avrebbe comunque potuto fornire un suggerimento. Mi riferisco non a questo Governo, ma al precedente. Pareva una battuta: sarebbero bastati unicamente i capigruppo e ci si sarebbe sbrigati prima. Ecco, non vorremmo che semplificando, semplificando si continuasse ad esautorare il Parlamento di poteri che sono «i poteri» del Parlamento, cioè quelli decisionali, soprattutto quando in discussione c'è un capitolo di bilancio così pesante, ma anche così importante.
Quindi aggiungo la mia firma e ovviamente esprimo a nome del mio gruppo il voto favorevole a questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rugghia. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, il collega Di Stanislao ha riprodotto il testo di un emendamento che noi abbiamo presentato all'esame congiunto delle Commissioni affari esteri e difesa.
Questo emendamento pone ed interviene su una questione importante, quella del rapporto tra Parlamento e Governo sull'esame dei sistemi d'arma, sulla loro acquisizione e sulle politiche di investimento per la difesa.
In sede di Commissione abbiamo trovato un punto di equilibrio affermando che, ai fini della semplificazione dei programmi che sono interessati dal decreto in esame, il parere vada comunque reso e debba essere considerato obbligatorio ma non vincolante.
Resta il tema del rendere più stringente il potere di indirizzo e controllo del Parlamento riguardo all'acquisizione dei sistemi d'arma. In sede di Commissione siamo arrivati ad una conclusione condivisa sull'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma e ci impegniamo a trasferire il risultato di questa indagine conoscitiva in una proposta di legge che presenteremo quanto prima, perché il tema è molto importante.

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, intervengo brevemente per rassicurare l'onorevole Di Stanislao: non è che il Governo abbia proposto alcunché di regressivo rispetto all'attuale situazione. La situazione resta regolata dall'attuale normativa, che sicuramente pone qualche problema, e che, come hanno riconosciuto l'onorevole Rugghia e l'onorevole Cirielli, potrà essere oggetto di un ulteriore dibattito parlamentare e di eventuali nuove deliberazioni; il Parlamento è sempre sovrano, ovviamente, Pag. 87e non è certo il Governo che concede o toglie qualcosa. Detto ciò i relatori hanno ritenuto che questa non fosse la sede opportuna, con un emendamento in questo deliberato, per affrontare il problema in oggetto; ma se tale problema esiste, non c'è da parte del Governo nessuna volontà di coartare o di nascondere alcunché. Rimane ovviamente la piena disponibilità a discutere e informare sempre e comunque il Parlamento, che ovviamente è sovrano, per cercare di valutare anche quali possano essere, in un futuro immediato, le variazioni regolamentari che esso ritenesse più idonee per uno svolgimento più attuale dei lavori parlamentari.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 5.31, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Calderisi, onorevole Scalera, onorevole Lo Presti, onorevole Cuomo, onorevole Pezzotta, onorevole Cicchitto, onorevole Lo Monte.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 517
Votanti 512
Astenuti 5
Maggioranza 257
Hanno votato
83
Hanno votato
no 429).

Prendo atto che il deputato Sposetti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Di Stanislao 6.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, sono, come dire, democraticamente costretto ad intervenire, per far capire che questa è un'ulteriore norma intrusa all'interno di un provvedimento che avete derubricato a mini decreto «omnibus» perché di tutto si tratta, anche delle missioni e non solo di esse. In questo emendamento soppressivo, si dice che non è necessario mettere all'interno di questo provvedimento il tema delle guardie giurate, dal momento che non esiste una disposizione ad hoc specifica circa l'uso delle armi all'interno delle navi, perché è oggetto solo dei team militari ed è modellata direttamente su di loro con adattamenti degli schemi militari sulle necessità esclusivamente di operazioni militari. Si dice solo che le guardie giurate possono usare le armi in dotazione della nave custodite in appositi locali e previa autorizzazione rilasciata dall'armatore e dal Ministero dell'interno.
Ma di che cosa stiamo parlando? Veramente stiamo mettendo tutto ciò nelle mani di persone di cui non conosciamo l'addestramento, le capacità, a chi rispondono, perché, con quali tempi e modalità? E inseriamo ciò all'interno di una norma così importante che dovrebbe far tremare ogni volta i polsi di chi si accinge a votarla. Invece, in questo modo, introduciamo un'ulteriore norma intrusa, che non fa giustizia al decreto-legge sulle missioni internazionali.
Mi auguro che all'ultimo momento il Governo e la maggioranza ritornino in sé, per capire che questa norma non c'entra nulla, ma che arreca, anche sotto il profilo dell'immagine dei comparti della difesa e degli esteri, un grave danno, perché in questo modo fate capire che non siete all'altezza delle sfide e delle ambizioni che vi ponete.

RAFFAELE VOLPI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, intervengo in ordine preventivo perché, come lei ha notato, stiamo seguendo i lavori, come gruppo Lega Nord, senza far Pag. 88un'azione ostruzionistica. È anche evidente, però, che chiediamo alla Presidenza di fare un'azione propedeutica nei confronti del Governo, spiegandogli che esiste una norma del Regolamento, in particolare l'articolo 50, comma 2, dove si afferma che nel momento in cui il Governo interviene in maniera diffusa a seguito delle dichiarazioni di voto, si ritiene riaperta la discussione.
Quindi, senza voler infierire sul Governo, riterrei fosse opportuno si capisse che, nel caso contrario, anche da parte nostra, vi sarebbe un'azione che non potrebbe essere diversa da quella di chiedere ogni volta la riapertura della discussione.

PRESIDENTE. Onorevole Volpi, lei glielo ha già detto; ricordo anch'io al Ministro che nel momento in cui prende la parola riapre la discussione ai sensi dell'articolo 50 del Regolamento.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 6.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Duilio, Pianetta, Borghesi, Osvaldo Napoli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 515
Votanti 508
Astenuti 7
Maggioranza 255
Hanno votato
27
Hanno votato
no 481).

Prendo atto che il deputato Sposetti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Prima di andare oltre, gradirei fare gli auguri alla collega Lussana e al collega Galati per la nascita del piccolo Marco (Applausi).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Di Biagio 6.31.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, intervengo con un'unica dichiarazione di voto sui due emendamenti presentati dal collega Di Biagio, per essere organicamente in linea con le cose che ho detto poc'anzi. Infatti, rispetto a questo dato, se vi è un principio generale di riferimento da custodire, da tenere e da alimentare, evidentemente, non si può farlo se non attraverso una legge organica, per cui il provvedimento va espunto da questo sulle missioni internazionali, per trovare capienza in un decreto che finalmente dia giustezza e contezza a quanti vogliono intraprendere non solo questa attività, ma anche per un Governo che voglia mettersi in linea con i parametri europei.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Biagio 6.31, accettato dalle Commissioni e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Garagnani, Ruvolo, Mondello...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 521
Votanti 515
Astenuti 6
Maggioranza 258
Hanno votato
482
Hanno votato
no 33).

Prendo atto che il deputato Sposetti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pag. 89Di Biagio 6.30, accettato dalle Commissioni e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Sardelli, Gianni, Scilipoti, Pedoto, Berardi, Bonaiuti, Brambilla, Servodio...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 522
Votanti 515
Astenuti 7
Maggioranza 258
Hanno votato
490
Hanno votato
no 25).

Prendo atto che il deputato Sposetti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 7.100 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Calderisi, Tommaso Foti, Galletti, Casini, Giancarlo Giorgetti, Paglia, Mario Pepe...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 527
Votanti 523
Astenuti 4
Maggioranza 262
Hanno votato
501
Hanno votato
no 22).

Prendo atto che il deputato Sposetti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 7.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Scilipoti, Berardi, Goisis, Giammanco, Nizzi, Buonanno, Tocci...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 521
Votanti 519
Astenuti 2
Maggioranza 260
Hanno votato
518
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Sposetti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.100 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Galletti, Casini, Buonanno, Catone, Nizzi, Servodio...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 523
Votanti 521
Astenuti 2
Maggioranza 261
Hanno votato
520
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Sposetti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 90

Onorevole Barani... Onorevole Tommaso Foti... Onorevole Calderisi... Onorevole Marantelli... Onorevole Granata...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 523
Votanti 521
Astenuti 2
Maggioranza 261
Hanno votato
520
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Sposetti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 10.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Goisis... Onorevole Sardelli... Onorevole Casini... Onorevole Calderisi... Onorevole Laboccetta... Onorevole Pionati... Onorevole Scalera...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 522
Votanti 521
Astenuti 1
Maggioranza 261
Hanno votato
519
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che il deputato Sposetti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Di Stanislao 10.30.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, intervengo perché credo che con questo emendamento si ponga un problema che evidentemente non si è posto il Governo nel momento in cui affrontava la messa in campo del provvedimento sulle missioni internazionali e non solo e non tanto questo. Infatti, nel prevedere una serie di norme intruse, non ha previsto che dovesse salvaguardare anche qualche nuova entrata. In altre parole, se nel provvedimento delle missioni internazionali emerge la necessità di mettere insieme in un rapporto coordinato, raccordato e funzionale il Ministero degli affari esteri e il nuovo Ministero - che si è creato - alla cooperazione internazionale e all'integrazione, è evidente che non si possono «fare le nozze con i fichi secchi».
Infatti, se si mette la «seconda gamba» in funzione e per dare finalmente slancio, operatività, concretezza, organizzazione e risorse alla cooperazione internazionale di cui ci ha parlato per tanto tempo l'ex Ministro Frattini, evidentemente o fai un'iniziativa che è uno specchietto per le allodole o demagogica, oppure, per farla marciare e finalmente comprendere e compenetrare rispetto agli asset che ci si è dati rispetto alle missioni internazionali, bisogna fare in modo che, almeno per lo start up, qualche risorsa venga messa in campo.
Credo che ad oggi questo rapporto così importante, ma poco funzionale, porti delle criticità notevoli e abbia delle difficili declinazioni sotto il profilo della messa in campo di iniziative funzionali e sufficienti affinché si possa intervenire in maniera concreta per spostare progressivamente e non più lentamente, ma velocemente le risorse dalla parte militare agli interventi di carattere civile.
Quindi, abbiamo fatto un'iniziativa molto semplice: non abbiamo deviato risorse, ma abbiamo individuato elementi importanti che erano destinati ad attività secondo noi demagogiche e populistiche che erano quelle legate all'iniziativa della «mini naja». Le abbiamo tolte funzionalmente da quella posta di bilancio e abbiamo ritenuto che, siccome le risorse per la «mini naja» per il 2010 erano pari a 7 milioni e mezzo di euro, 1 milione di euro per il 2011, 8 milioni e mezzo rispetto a Pag. 91questa iniziativa, se non è un elemento demagogico da parte di questo Governo, evidentemente poi deve funzionare.
Mi auguro che a questo punto non sia un fatto esclusivamente di etica, ma un fatto politico, istituzionale e, soprattutto, volto a dare un segnale concreto alla «seconda gamba», che è quella della cooperazione internazionale. Auspico finalmente che qualche messaggio lo si possa mandare, accogliendo questo emendamento che ci sembra assolutamente pertinente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 10.30, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Calderisi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 506
Votanti 452
Astenuti 54
Maggioranza 227
Hanno votato
27
Hanno votato
no 425).

Prendo atto che il deputato Sposetti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Riprendiamo ora l'emendamento Gidoni 5.1, precedentemente accantonato.

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, coerentemente a quanto abbiamo detto in precedenza, salveremmo in toto l'emendamento Gidoni 5.1 aggiungendo, alla fine, due righe che servono a rendere esplicito quanto avevamo auspicato.
Rileggo integralmente l'emendamento Gidoni 5.1 per comprensione. «Gli arsenali e gli stabilimenti militari adibiti allo svolgimento di attività di manutenzione sui mezzi e gli equipaggiamenti delle Forze armate concorrono, all'occorrenza, anche all'espletamento degli interventi manutentivi sui mezzi e gli equipaggiamenti delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare». Fin qui ho letto l'emendamento Gidoni 5.1. A tale emendamento viene aggiunta questa parte: «con contestuale ristoro dei relativi oneri da parte delle amministrazioni che si avvalgono di reti e servizi manutentivi e fatte salve le prioritarie esigenze delle Forze armate».

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'emendamento Gidoni 5.1 proposta dal Governo.

FRANCO GIDONI. Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione del mio emendamento 5.1 proposta dal Governo.

PRESIDENTE. Ricordo che sull'emendamento Gidoni 5.1 la V Commissione aveva espresso parere contrario.
Chiedo, pertanto, al presidente Giancarlo Giorgetti se è necessario del tempo - o ci esprime un parere nel giro di trenta secondi - per l'esame dell'emendamento Gidoni 5.1, così come riformulato dal Governo.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, non penso sia possibile esprimere un parere nel giro di trenta secondi. Evidentemente, la Commissione, insieme al Governo, deve poter valutare l'emendamento. La presenza del Governo è indispensabile. Stiamo cercando di contattarlo. Le chiedo, pertanto, di sospendere la seduta.

PRESIDENTE. Per quanto tempo, onorevole Giancarlo Giorgetti?

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, se il Governo fosse presente le suggerirei di sospendere la seduta per un quarto d'ora. Il Pag. 92problema è che il Governo deve raggiungere il Parlamento. Pertanto, credo che mezz'ora sia un termine più plausibile.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, nulla da ridire sul presidente della Commissione bilancio, verso il quale provo rispetto e ammirazione, ma già quando non ci sono le subordinate del terzo tipo, se si chiede un quarto d'ora ci vuole mezz'ora. Nel caso di specie, essendoci tutte queste complicazioni, la prego soltanto, in base alla sua esperienza, di verificare che non accada ciò che accade normalmente e cioè che magari veniamo riconvocati qui alle 19 e ci troviamo poi nella condizione di dovere rinviare l'esame del provvedimento direttamente alla seduta di domani perché una serie di subordinate che dovrebbero tutte concentrarsi e portarci a una straordinaria efficienza non consentono che questo accada.
Quindi, valuti lei, signor Presidente, in ragione della situazione e anche obiettivamente per le questioni che poneva l'onorevole Giorgetti, che non sono - mi pare - campate in aria, se effettivamente sia il caso di riconvocarci tra mezz'ora o se invece non sia il caso, dato che ci resta da votare l'ultimo emendamento, di riconvocare l'Assemblea in un altro momento, domani mattina o quando vuole lei. Non vorrei semplicemente che noi stessimo appesi per un'ora ad una questione che, come puntualmente accade, non si risolve in mezz'ora.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, le sue capacità divinatorie mi sostengono nello stabilire una sospensione di trenta minuti. Abbiamo notizie, comunque, che è in arrivo il sottosegretario per l'economia e le finanze.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 19.

La seduta, sospesa alle 18,25, è ripresa alle 19,05.

PRESIDENTE. Avverto che la Commissione bilancio ha espresso un parere favorevole con una condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, sulla riformulazione dell'emendamento Gidoni 5.1, proposta dal Governo e accettata dal relatore.
Ha chiesto di intervenire il relatore per la Commissione difesa, onorevoli Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, le Commissioni hanno accolto la riformulazione dell'emendamento come indicata dal Governo e, soprattutto, tenendo conto delle indicazioni della Commissione bilancio. Non so se il Governo vuole leggere il testo della riformulazione dell'emendamento oppure fornisco io il testo.

PRESIDENTE. Se lei ritiene di doverlo riformulare nel senso indicato dalla condizione posta dalla Commissione bilancio devo chiedere all'onorevole Gidoni se accetta tale ulteriore piccola riformulazione. Onorevole Gidoni?

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, accetto la riformulazione.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo è favorevole.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, non voglio farvi perdere tempo, ma forse sarebbe utile anche per noi conoscere la riformulazione.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, do lettura della riformulazione, come vede le sue facoltà divinatorie sono sempre più forti. La riformulazione è la seguente: «Gli arsenali e gli stabilimenti militari adibiti Pag. 93allo svolgimento di attività di manutenzione sui mezzi e gli equipaggiamenti delle Forze armate possono concorrere, all'occorrenza, anche all'espletamento degli interventi manutentivi sui mezzi e gli equipaggiamenti delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare, con contestuale ristoro dei relativi oneri da parte delle amministrazioni che intendono avvalersi di detti servizi manutentivi e fatte salve le prioritarie esigenze delle Forze armate».
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gidoni 5.1, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Laboccetta, Tommaso Foti, Vignali, Goisis, Polidori, Comaroli, Divella, Sposetti, Polledri, Lenzi, Mantini, Losacco, Pili...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 447
Votanti 445
Astenuti 2
Maggioranza 223
Hanno votato
444
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Vannucci ha segnalato che non è riuscito a votare.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4864-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 4864-A).
L'onorevole Compagnon ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4864-A/7.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, intendo solo far presente che l'ordine del giorno presentato a mia firma, non chiede altro che di emanare tempestivamente quei decreti attuativi che erano stati previsti dal decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, con la legge 2 agosto 2011, n. 130. Lo voglio fare perché è una cosa molto delicata e di cui abbiamo discusso in quest'Aula. Sappiamo che negli ultimi due anni vicino alle coste somale sono state sequestrate oltre quarantanove navi e più di 1.200 persone. Abbiamo vissuto tutti i drammi, non solo di italiani, dei sequestrati e delle famiglie. Questo Parlamento aveva approvato questo decreto-legge, nel quale, all'articolo 5-ter, erano previsti dei decreti attuativi che potevano, con la loro attuazione, contrastare la pirateria e soprattutto essere anche un deterrente nei confronti dei pirati. Pertanto, credo che questo Governo debba - l'altro non l'ha fatto - attuare immediatamente quanto previsto dal suddetto decreto-legge, per evitare di tornare in questo Parlamento a parlare di navi e di italiani sequestrati e dei drammi delle loro famiglie.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Stanislao ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4864-A/5.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, nel momento in cui, da parte del nuovo Governo, si è cercato e si è voluto mettere insieme il binomio: Ministero degli affari esteri e nuovo Ministero per la cooperazione internazionale, evidentemente non ci si può esimere dal proporre un'iniziativa che dovrebbe stare nelle corde di questo nuovo Governo e del nuovo Ministero che sta per partire. Nella situazione afgana, non tanto e non solo chi vi parla, l'Italia dei Valori, ma anche e soprattutto le organizzazioni non governative e la società civile afgana, hanno proposto una serie di iniziative, non ultima Pag. 94quella fatta a Roma lo scorso anno - che è stata completamente disattesa e minimizzata dal vecchio Governo - nella quale si chiedeva un intervento più forte e mirato rispetto, non solo e non tanto, alla sicurezza degli afgani, che peraltro è nettamente peggiorata in quest'ultimo anno, ma anche una serie di interventi che andassero nel senso di una mediazione credibile tra le parti sociali e le parti militari, che desse forza ad una figura terza tra Governo e talebani, visto che il governo di Karzai, come tutti sanno, è ormai irrimediabilmente corrotto e utilizza gran parte delle risorse che gli arrivano per altri fini, altri luoghi e altre modalità.
Voglio solo segnalare che noi abbiamo utilizzato - e quando parlo di noi, parlo del Governo e di chi lo ha sostenuto - mediamente il 90 per cento delle risorse destinate agli aiuti sulle spese militari e solo il 10 per cento è andato alla cooperazione civile. Attenzione, questo 10 per cento viene poi redistribuito tra le spese per la sicurezza e gli interventi per le iniziative di carattere civile e sociale, che diventano quindi quasi meno del 2 per cento rispetto agli aiuti che devono essere impiegati.
Voglio anche evidenziare un altro aspetto - prendo qualche minuto Presidente - e cioè che nel 2011 in Afghanistan, al di là di quello che si vuole rappresentare, vi sono stati 12 mila attacchi, che hanno rappresentato un aumento del 24 per cento dell'attività di carattere militare.
E, nonostante i 40 miliardi di dollari arrivati negli ultimi dieci anni in Afghanistan, solo una parte residuale è stata impiegata per attività legate alla cooperazione internazionale ed è andata effettivamente alla società civile. Tant'è che solo una parte di questi è stata utilizzata in questi termini, mentre l'altra parte è tornata indietro utilizzando canali leciti o in qualche modo illeciti.
Voglio significare che quello che noi abbiamo fatto, quello che i Governi che si sono succeduti hanno fatto, è stato utilizzare 40 miliardi e 150 milioni di euro in questi anni per l'attività di intervento in Afghanistan, ma solo 168 milioni di euro sono andati agli aiuti veri e propri.
Significa che, al di là delle percentuali che noi indichiamo (si è detto in questi giorni che si passa dal 3 al 5 per cento), quando andiamo a stringere sui numeri si tratta di ben poca cosa. I numeri dicono ben altro perché non attivano nulla di specifico all'interno della società afgana, che chiede ben altro attraverso documenti che sono stati portati qui a Roma e che noi abbiamo visto nelle audizioni che abbiamo svolto in Commissione difesa.
Credo allora che questo ordine del giorno, che per alcuni (anche per il Governo) può sembrare ultroneo, pone un problema di carattere culturale, un problema di carattere finanziario, e pone in qualche modo la cifra della cultura di Governo che viene messa in campo dalla nuova compagine tecnocratica che abbiamo qui di fronte.
Rispetto a questi dati credo ci debbano essere alcuni elementi di diversificazione. Ferme restando le prerogative del Parlamento di svolgere un ruolo decisionale che ci avete espropriato in questa ultima fase, credo che nelle scelte che verranno compiute successivamente bisognerà accogliere l'appello fatto dalle ONG e dalle associazioni che operano in Afghanistan a fini umanitari.
Arrivo a definire il quibus che dice: impegna il Governo a stanziare, a partire dall'inizio del ritiro del contingente italiano in Afghanistan, per ogni euro risparmiato per le spese della missione militare, 30 centesimi per interventi di cooperazione civile.
Questo consente di attivare quella cooperazione che è sempre mancata concordando le modalità di intervento e di spesa in un forum tra il Ministero degli affari esteri e la società civile.
Evidentemente questo può creare qualche problema, ma il confronto non deve disarmare, deve invece aiutare un Governo affinché guardi più lontano di tutti; un Governo che non deve avere assolutamente paura né del Parlamento né delle ONG né della società civile afgana.

Pag. 95

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, citerò sempre anche il primo firmatario degli ordini del giorno perché ci sono stati consegnati in un modo un po' disomogeneo.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Chiappori n. 9/4864-A/2, purché la premessa sia riformulata nel seguente modo: dopo le parole « l'Amministrazione della difesa» espungere le parole da «ritenendo» fino a «giustificabile», mentre vive l'espressione «alla luce dell'esigenza di risparmiare e contrarre le dimensioni organiche dello strumento militare nazionale»; espungere, inoltre, le parole da «evidenziando» fino «all'espletamento dell'iniziativa». Infine, si propone di riformulare il dispositivo nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di riconsiderare l'esperimento della mini-naja o quantomeno intervenire per ridimensionarne significativamente la portata». Con questa riformulazione il parere è favorevole.

PRESIDENTE. Sottosegretario, deve andare avanti anche sugli altri. Questo era l'ordine del giorno Chiappori n. 9/4864-A/2.

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Il Governo non accetta l'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/4864-A/4, mentre accetta l'ordine del giorno Compagnon n. 9/4864-A/7.
Il Governo accetta gli ordini del giorno Villecco Calipari n. 9/4864-A/8 e Di Biagio n. 9/4864-A/10. Sugli altri ordini del giorno esprimerà il parere la collega Dassù.

PRESIDENTE. Prego. Ne ha facoltà.

MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il Governo non accetta l'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/4864-A/5 perché, per quel riguarda le premesse, esse sono parziali. Vi sono anche altri dati di segno completamente diverso. Inoltre, perché, per quel che riguarda il dispositivo, l'aumento della componente civile della missione in Afghanistan, essa sta avvenendo e avverrà, parallelamente alla riduzione delle Forze armate, fino al ritiro annunciato nel 2014, ma non avverrà necessariamente secondo quei criteri quantitativi rigidi e predeterminati che sono proposti in questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno Gidoni n. 9/4864-A/1?

FRANCO GIDONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, il presente ordine del giorno è assorbito dall'emendamento approvato e, quindi, è ritirato.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo al parere del Governo sull'ordine del giorno Meroni n. 9/4864-A/3. Lo può consultare nell'apposito fascicolo stampato, quello di colore giallo (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Colleghi, per cortesia!

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo non accetta l'ordine del giorno Meroni n. 9/4864-A/3, non in quanto non si riconosca che un problema esiste e richiede una soluzione, quanto perché esistono due problemi insuperabili dal punto di vista ordinamentale. Punto primo: esiste la norma in base alla quale, per rivestire i gradi superiori, esiste una concessione che prevede un iter specifico che qui non sarebbe rispettato. Secondo aspetto importante: non si capisce perché questo dato dovrebbe valere solo per i marescialli e non per gli altri graduati delle Forze armate che si trovano in analoga situazione con gradi diversi. Per queste due motivazioni, quindi, per un problema di procedura e per un problema di equiparazione, Pag. 96 il parere è contrario, non in quanto non si riconosca l'esigenza, ma in quanto non è accettabile dal punto di vista procedimentale.

PRESIDENTE. A questo punto, manca il parere del Governo sugli ordini del giorno Evangelisti n. 9/4864-A/6 e Leoluca Orlando n. 9/4864-A/9. Prego, sottosegretario.

MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/4864-A/9 a condizione che sia riformulato aggiungendo, nelle premesse, penultimo capoverso: «nel corso dell'audizione tenuta il 18 gennaio presso le Commissioni esteri e difesa di Camera e Senato, il Ministro degli affari esteri Giulio Terzi ha ribadito che la cooperazione è parte integrante della politica estera». Il Governo accetta l'ordine del giorno Evangelisti n. 9/4864-A/6 a condizione che il dispositivo sia riformulato nel senso di aggiungere, al secondo capoverso, dopo le parole: «area in cui l'Italia è impegnata, tale intervento sia finanziato» la seguente: «opportunamente», espungendo la parte restante.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Chiappori n. 9/4864-A/2, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo altresì atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Meroni n. 9/4864-A/3, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Meroni n. 9/4864-A/3, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Maroni... onorevole Pizzolante... onorevole Calderisi... onorevole Bruno... onorevole Barbato... onorevole Giammanco...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 463
Votanti 456
Astenuti 7
Maggioranza 229
Hanno votato
70
Hanno votato
no 386).

Onorevole Turco, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/4864-A/4, non accettato dal Governo?

MAURIZIO TURCO. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, è singolare il fatto che quando questo Parlamento ha deciso di mettere i mitraglieri sugli aerei che erano in Afghanistan era il Parlamento che doveva decidere. Nel momento in cui abbiamo letto che il Ministro della difesa intende decidere da solo di armare gli aerei in Afghanistan, fornendoli di bombe adeguate, chiediamo semplicemente - ma mi pare che costituisca un problema, evidentemente va semplificata la decisione - che sia il Parlamento a discutere di una scelta di questa portata. Non capisco perché il Governo non voglia far discutere il Parlamento in ordine ad una decisione così importante. Lo comprendiamo, tuttavia questo continuo esautorare il Parlamento dei poteri che gli sono propri è incomprensibile quando lo fa il Governo, ancora più incomprensibile quando lo stesso Parlamento lo accetta supinamente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/4864-A/4, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione). Pag. 97

Onorevole Calderisi... onorevole Cesare Marini... onorevole Garagnani... onorevole Mondello... onorevole Grassi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 460
Votanti 456
Astenuti 4
Maggioranza 229
Hanno votato
35
Hanno votato
no 421).

Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/4864-A/5, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/4864-A/5, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Parisi... onorevole Pianetta... onorevole Mondello... onorevole Servodio...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 459
Votanti 458
Astenuti 1
Maggioranza 230
Hanno votato
37
Hanno votato
no 421).

Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Evangelisti n. 9/4864-A/6, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Compagnon n. 9/4864-A/7, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Villecco Calipari n. 9/4864-A/8, accettato dal Governo.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/4864-A/9, accettato dal Governo, purché riformulato.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, desidero confermare che accetto la riformulazione proposta, ringraziando il Governo per aver assicurato l'attenzione anche del Ministro degli esteri sul tema della cooperazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Biagio n. 9/4864-A/10, accettato dal Governo.

GIORGIO LAINATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO LAINATI. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la mia firma all'ordine del giorno Di Biagio n. 9/4864-A/10.

PRESIDENTE. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
Interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento. Lo svolgimento delle dichiarazioni di voto e della votazione finale avrà luogo nella seduta di domani, a partire dalle ore 10.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di domani, mercoledì 1 febbraio 2012, sarà iscritta all'ordine del giorno la deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere, I sezione penale, di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 327 del 2011.
Nell'ordine del giorno della seduta di domani sarà altresì prevista la votazione sulle dimissioni dell'onorevole Verro.

Pag. 98

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 1 febbraio 2012, alle 10:

(ore 10 e al termine del punto 7)

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché disposizioni urgenti per l'Amministrazione della difesa (C. 4864-A).
- Relatori: Frattini, per la III Commissione; Cirielli, per la IV Commissione.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge e del documento:
Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2011 (C. 4623-A).
- Relatore: Pescante.

Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2010 (Doc. LXXXVII, n. 4).
- Relatore: Fucci.

3. - Seguito della discussione delle mozioni Donadi ed altri n. 1-00826, Fluvi ed altri n. 1-00830, Cambursano ed altri n. 1-00831, Moffa ed altri n. 1-00832, Dozzo ed altri n. 1-00833, Di Biagio ed altri n. 1-00842, Leo ed altri n. 1-00843 e Pisicchio ed altri n. 1-00845 concernenti iniziative per il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Della Vedova e Toto n. 1-00828, Monai ed altri n. 1-00834, Misiti ed altri n. 1-00835, Moffa ed altri n. 1-00836, Lanzillotta ed altri n. 1-00837, Lo Monte ed altri n. 1-00838, Dozzo ed altri n. 1-00839, Galletti ed altri n. 1-00840, Valducci ed altri n. 1-00841 e Meta ed altri n. 1-00844 concernenti iniziative volte a favorire lo sviluppo delle reti a banda larga.

(ore 15)

5. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

(ore 16)

6. - Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - prima sezione penale, di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 327 del 2011.

7. - Dimissioni dell'onorevole Verro.

La seduta termina alle 19,35.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FABIO EVANGELISTI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLE MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL CONTRASTO ALL'EVASIONE E ALL'ELUSIONE FISCALE

FABIO EVANGELISTI. L'evasione fiscale in Italia è enorme. Essa non è solo riprovevole dal punto di vista etico e civile, Pag. 99è una piaga, una «pandemia» che comporta una gravissima alterazione del mercato e dell'intero sistema economico e provoca danni ingenti a tutti: alle imprese che si trovano di fatto a competere in un mercato gravemente distorto, alle famiglie che devono fare i conti con un prelievo eccessivo e servizi scadenti e, in definitiva, allo stesso Stato, costretto ad abdicare alla sua funzione «naturale» di accorto mediatore tra gli interessi e le molteplici spinte che provengono dalla società.
Le stime dell'evasione fiscale nel nostro paese sono le più varie, non sono verificabili, risultano approssimative e riferite a congetture.
Ci sono due principali fonti di dati statistici sull'evasione fiscale in Italia. La prima sono studi basati su questionari e interviste a campione di cittadini. Tali dati sono soggetti alle limitazioni di questo tipo di studi, come la rappresentatività statistica dei campioni e la possibilità che gli intervistati non diano risposte affidabili e la seconda fonte di dati è composta da stime condotte dall'ISTAT e dall'ufficio studi dell'Agenzia delle Entrate, integrando dati amministrativi sulle dichiarazioni Irap con dati statistici sulla contabilità nazionale.
Tali studi ci dicono che l'evasione raggiunge circa il 10 per cento del PIL. Queste stime sono basate su misure indirette dell'evasione, soggette ad ampie fluttuazioni statistiche e con una bassa risoluzione temporale e geografica.
L'ISTAT si limita a una stima dell'economia sommersa (che rappresenta solo una parte dell'evasione), mentre l'Agenzia delle Entrate non produce dati complessivi in merito, né si riesce a valutare l'efficacia della miriade di provvedimenti presi in questi anni, il risultato delle risorse che lo Stato investe nell'azione di contrasto o quanta evasione si possa realisticamente recuperare. Solo la pubblicazione annuale di un dato ufficiale può fornire una misura realistica del fenomeno, documentare i progressi nella lotta all'evasione e verificarne l'efficacia.
Nel 2011 l'imponibile evaso in Italia è cresciuto del 13,1 per cento con punte record nel nord dove ha raggiunto il 14,2 per cento. In termini di imposte sottratte all'erario siamo nell'ordine del 51,1 per cento pari a 180,3 miliardi di euro l'anno. La stima è stata effettuata da KRLS Network of Business Ethics per conto dell'Associazione Contribuenti Italiani e sarà pubblicata nel prossimo numero di «Contribuenti.it Magazine».
Cinque sono le aree di evasione fiscale analizzate: l'economia sommersa, l'economia criminale, l'evasione delle società di capitali, l'evasione delle big company e quella dei lavoratori autonomi e piccole imprese.
La prima riguarda l'economia sommersa. L'esercito di lavoratori in nero si gonfia sempre di più ed è composto da circa 2,9 milioni di persone, molti dei quali cinesi o extracomunitari. In tale categoria sono stati ricompresi anche 850 mila lavoratori dipendenti che fanno il secondo o il terzo lavoro. Si stima un'evasione d'imposta pari a 34,3 miliardi di euro.
La seconda è l'economia criminale realizzata dalle grandi organizzazioni mafiose italiane e straniere (Russia e Cina in testa) che, nel nord Italia è cresciuta nel 2011 del 18,7 per cento. Si stima che il giro di affari non «contabilizzati» produca un'evasione d'imposta pari a 78,2 miliardi di euro l'anno.
La terza area è quella composta dalle società di capitali, escluse le grandi imprese. Dall'incrocio dei dati è emerso che il 78 per cento circa delle società di capitali italiane dichiara redditi negativi o meno di 10 mila euro o non versa le imposte. Molte di queste chiudono nel giro di 5 anni per evitare accertamenti fiscali o utilizzano «teste di legno» tra i soci o amministratori. In pratica su un totale di circa 800 mila società di capitali operative, l'81 per cento non versa le imposte dovute. Si stima un'evasione fiscale attorno ai 22,4 miliardi di euro l'anno.
La quarta area è quella composta delle big company. Una su tre ha chiuso il bilancio in perdita e non pagando le tasse. Inoltre il 94 per cento delle big company abusano del «transfer pricing» per spostare Pag. 100costi e ricavi tra le società del gruppo trasferendo fittiziamente la tassazione nei paesi dove di fatto non vi sono controlli fiscali sottraendo al fisco italiano 37,2 miliardi di euro all'anno. Nel 2011, le cento maggiori compagnie del paese hanno ridotto del 14 per cento le imposte dovute all'erario.
Infine, c'è l'evasione dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese dovuta alla mancata emissione di scontrini, di ricevute e di fatture fiscali che sottrae all'erario circa 8,2 miliardi di euro l'anno.
Negli USA si stima che ogni dollaro investito in accertamenti ne produca quattro di entrate recuperate. La stessa proporzione - secondo l'Agenzia delle Entrate - vale anche per il nostro Paese.
Le differenze presenti negli ordinamenti tributari e i diversi criteri di stima delle grandezze di contabilità nazionale rendono difficili le comparazioni internazionali sulla rilevanza dell'evasione fiscale.
A livello di valore aggiunto, le autorità europee stimano che, in Italia, manchi all'appello il 22 per cento della relativa imposta, contro il 7 per cento della Francia, il 10 per cento della Germania, il 3 per cento dell'Olanda. Peggio dell'Italia fanno paesi come la Grecia con il 30 per cento e l'Ungheria, con il 23 per cento.
Se riconosciamo che il valore aggiunto è la premessa per la quantificazione di gran parte degli imponibili, è evidente che, per raggiungere lo standard presente nei maggiori paesi europei, dovremmo dimezzare almeno la nostra evasione fiscale.
Prendendo a riferimento la stima - dato dell'Agenzia delle Entrate - di 120 miliardi di imposte evase per l'Italia, ciò significa dover recuperare almeno 60 miliardi di gettito annuo, equivalenti a circa il 40 per del gettito complessivo dell'Irpef.
Rendere espliciti questi dati e la misura del tax gap permetterebbe di sapere quanta parte delle aliquote è dovuta agli evasori «che mettono le mani in tasca» ai contribuenti: così ogni cittadino onesto avrebbe una misura di quanto paga in più grazie agli evasori, e toccherebbe con mano il beneficio di un'eventuale maggiore legalità.
Una misura del tax gap permetterebbe inoltre di sapere quanta parte delle aliquote è dovuta agli evasori «che mettono le mani in tasca» ai contribuenti onesti: così ogni cittadino onesto avrebbe una misura di quanto paga in più grazie agli evasori, e toccherebbe con mano il beneficio di un'eventuale maggiore legalità.
La lotta all'evasione non deve rappresentare, infatti, uno strumento per aumentare il gettito, ma per la ridistribuzione dell'incremento del gettito fiscale a favore di chi le tasse le paga. Solo restituendo gli introiti dell'evasione recuperata, in forma di minori aliquote, si può dare un senso di maggior equità.
Deve essere scritto un nuovo patto d'onore tra lo Stato ed i contribuenti, inserendo una norma-quadro vincolante nello Statuto dei diritti del contribuente: ogni euro di maggiore entrata derivante dalla lotta all'evasione deve corrispondere ad un euro di minor imposta.
I condoni, utilizzati a piene mani, in particolare nel biennio 2003-2004 con i quali si rastrellarono 30 miliardi di euro, il concordato, l'integrativa semplice, la sanatoria delle tasse locali e del canone RAI, nonché delle liti fiscali pendenti senza più soglia-limite, lo «scudo fiscale» del 2002 per il rientro dei capitali esportati illegalmente esteso alle società, e poi ancora il condono edilizio, sono state pessime scelte di politica tributaria e, oltre ad essere strumenti di dubbia «moralità», non fanno altro che offrire agli evasori continue aspettative di ulteriori condoni fiscali, rendendo più appetibile l'evasione.
Nel corso di questa legislatura, il Governo precedente ha proceduto a un sistematico smantellamento, divulgato come «semplificazione», di un insieme di strumenti, in parte non ancora operativi, introdotti nella XV legislatura, che potevano permettere all'amministrazione finanziaria di ottenere informazioni utili ai fini del contrasto all'evasione.
Rispetto al reato di falso in bilancio, il complessivo ridimensionamento delle fattispecie penalmente rilevanti ha comportato il contestuale ridimensionamento Pag. 101delle esigenze di tutela anticipata di interessi patrimoniali, nonché maggiori difficoltà per il contrasto dell'evasione.
Solo in parte il Governo precedente si è ricreduto - anche per inderogabili esigenze dei saldi di finanza pubblica - con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che ha reintrodotto alcune disposizioni prima abrogate.
Comunque, già con l'introduzione dello «spesometro», associato al «redditometro» si è riconosciuta nel nostro ordinamento una possibilità concreta di incrocio telematico dei dati dei contribuenti ai fini dell'accertamento.
Con il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, l'attuale Governo ha messo a disposizione dell'amministrazione finanziaria un ulteriore potente strumento di conoscenza: gli operatori finanziari sono obbligati, infatti, a comunicare all'anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato ogni singolo utente ed ogni informazione necessaria ai fini dei controlli fiscali.
Oggi, occorre fare un passo in più, realizzare una vera e propria rivoluzione copernicana, spostare il baricentro dell'attività dell'amministrazione finanziaria dalla ricerca dei redditi non dichiarati alla ricostruzione generalizzata del volume complessivo delle spese di ogni singolo contribuente.
Per garantire il massimo dell'efficacia e la sua invariabilità nel tempo, tale previsione deve essere tradotta in una disposizione legislativa.
Data l'entità del fenomeno dell'evasione, l'amministrazione finanziaria deve ogni anno individuare prioritariamente i contribuenti o i nuclei familiari a maggior rischio, utilizzando indicatori di «incoerenza» basati su rapporti tipici tra talune spese sostenute per consumi e investimenti, rispetto al reddito netto desumibile da fonti fiscali; per questi soggetti deve poi ricostruire il quadro di «congruità» tra le spese complessive - per consumi e investimenti - e i redditi noti all'amministrazione, in modo tale da evidenziare l'evasione potenziale in termini di gap esistente tra queste grandezze.
Deve anche cambiare il clima dei rapporti tra i cittadini contribuenti e l'amministrazione finanziaria. Un fisco - per quanto possibile - «amico».
Determinante è la percezione dell'efficienza, della capacità di accertamento dell'amministrazione finanziaria e delle modalità con cui esso viene realizzato: è fuor di dubbio che la «tentazione» a evadere è strettamente correlata all'eventualità di subire un accertamento.
Decisivo nel contrasto all'evasione, risulta l'utilizzo ottimale dei numerosi strumenti induttivi a disposizione (redditometro, studi di settore, tracciabilità del contante, accesso a tutte le transazioni finanziarie, dati su attività mobiliari e immobiliari, utenze) a scopo statistico, per individuare i potenziali soggetti evasori.
È necessario trasformare questi strumenti induttivi in strumenti analitici: ad esempio, gli studi di settore, invece di essere il risultato di una negoziazione con le associazioni di categoria per determinare un reddito minimo accettabile, dovrebbero basarsi su modelli econometrici che tengano conto di parametri quantificabili che determinano il probabile valore di un esercizio commerciale, di un'attività o di una professione.
Il riconoscimento dell'evasione effettiva dovrebbe poi avvenire in una logica di collaborazione con il cittadino, a cui deve essere offerta la possibilità di rispondere alle valutazioni dell'amministrazione finanziaria mediante questionario auto-compilato, anche al fine di far emergere possibili errori, fonti documentate di entrate legali ma non fiscalmente rilevanti (le donazioni ad esempio) o indicare eventuali ripartizioni dei cespiti tra i componenti del nucleo familiare, per cui è stata effettuata la stima dell'evasione basata sulle spese.
L'amministrazione dovrebbe far conoscere ai cittadini i metodi ed i parametri utilizzati per analizzare i dati, in modo che ciascuno possa sapere come la sua Pag. 102dichiarazione sarà valutata, essendo la deterrenza il modo migliore per ridurre l'evasione.
Questa metodologia è già stata annunciata e presentata dall'amministrazione finanziaria, come modalità «redditometro-spesometro», da introdurre nel 2012 e con riferimento alle dichiarazioni sui redditi del 2011.
Alla luce dei risultati raggiunti, occorre anche valutare se questa metodologia di lotta all'evasione possa gradualmente, ma con determinazione, portare al superamento dell'attuale impianto di accertamento basato sul riferimento alle fonti di produzione (scontrini, registri clienti fornitori, eccetera), che tanti oneri comporta per le imprese, essendosi tra l'altro dimostrato largamente inadeguato ai fini del contenimento e della lotta all'evasione, soprattutto per le piccole imprese, il lavoro autonomo e talune forme del lavoro dipendente.
Se così fosse sarebbe possibile affiancare al patto «meno evasione - meno imposte», anche quello: «più accertamenti basati sulla spesa - meno evasione - meno adempimenti per le imprese e per la produzione del reddito». Abbiamo un'amministrazione finanziaria che deve essere rafforzata: i funzionari addetti all'attività di controllo sono poco più di 14 mila; i trattamenti e gli incentivi di carriera sono inadeguati; il personale è mal distribuito sul territorio; gli strumenti a disposizione sono insufficienti, la preparazione tecnica altrettanto.
La distribuzione del personale appare l'anello più debole della catena: si registrano gravi carenze al Nord, che pure è la parte più produttiva del Paese; i dirigenti sono pochi, circa mille, e quasi due terzi dei posti di dirigente in organico sono vacanti, coperti in modo precario da funzionari reggenti.
Quantitativamente l'Agenzia delle Entrate produce una mole enorme di accertamenti, circa 700 mila l'anno (di cui solo 320 mila automatici) e ben 220 mila su professionisti e piccole imprese. Equitalia ha in essere 1,6 milioni di preavvisi di fermo e 450 mila ipoteche. La Guardia di Finanza dichiara 800 mila controlli pianificati e 30 mila verifiche. Secondo i dati disponibili, l'Internal Revenue Service americano compie circa un milione di accertamenti, di cui 200 mila su individui ad alto reddito.
Un sistema induttivo che funzioni richiede un apparato efficiente ed investimenti in professionalità. Nel nostro Paese, il contrasto all'evasione è di competenza di cinque istituzioni: Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate, Equitalia (a sua volta divisa in società «regionali»), SOGEI e Agenzia del Territorio. Questo rischia di creare duplicazioni, mancanza di coordinamento, disomogeneità di professionalità e di obiettivi. Oltre ad un maggiore coordinamento tra queste strutture occorre definire obiettivi e risultati annuali di pubblico dominio.
Servirebbe una riorganizzazione della Guardia di finanza procedendo alla sua smilitarizzazione e ad una sua maggiore integrazione con il resto dell'amministrazione finanziaria. Le funzioni di polizia tributaria della Finanza potrebbero confluire in reparti specializzati in reati finanziari, corruzione, criminalità organizzata ed al presidio dei confini.
L'efficienza deve riguardare anche il contenzioso tributario. Per quanto un migliore uso degli accertamenti in adesione e l'istituto della mediazione abbiano migliorato le cose, lunghezza e incertezza del contenzioso rendono conveniente il litigio. Nei tre gradi di giudizio, l'Amministrazione ha la meglio nel 61 per cento dei casi, e recupera in media il 70 per cento del richiesto. Quindi, chi opta per il contenzioso si aspetta di pagare in media 43 euro ogni 100 richiestogli dal fisco. Così, nei circa 9 mila 500 accertamenti assistiti da indagini finanziarie (presumibilmente le evasioni più gravi) ben 2 su 3 optano per il contenzioso.
L'esperienza ci dice che le disposizioni comunitarie relative all'abuso di diritto in materia tributaria rappresentano uno strumento molto efficace, perché sono le complesse strutture finanziarie che possono più facilmente facilitare l'elusione su vasta scala. Costituiscono «abuso del diritto» Pag. 103 le operazioni compiute essenzialmente per il conseguimento di un vantaggio fiscale. Grazie all'applicazione di tale concetto l'amministrazione finanziaria ha recuperato circa un miliardo dalle banche italiane (limitandosi ai casi di pubblico dominio) che avevano abusato di «strumenti fiscali».
Nell'ordinamento tributario italiano manca una disciplina antielusiva generale, essendoci solo norme antielusive specifiche per diversi settori nel qual caso l'Amministrazione finanziaria disconosce i vantaggi tributari applicando le imposte in base alle disposizioni eluse (es. trasformazioni, conferimenti in società, cessione crediti, eccetera). L'esigenza di applicare la teoria dell'abuso di derivazione comunitaria anche ai tributi non armonizzati, ha portato la Corte di Cassazione (sentenze n. 30055, n. 30056 e n. 30057 del 23 dicembre 2008) ad individuarne un fondamento costituzionale nell'articolo 53 della Costituzione e un legame concettuale con la teoria dell'abuso del diritto civile.
Per far emergere i frutti dell'evasione fiscale e del compimento di attività illegali, occorre chiedere ai contribuenti nella dichiarazione fiscale l'elencazione dei propri cespiti patrimoniali, di natura immobiliare e finanziaria.
Occorre rendere più stringenti le norme contro l'utilizzo delle società di comodo.
Occorre altresì definire un ridisegno complessivo della normativa in materia di sanzioni penali relative ai reati connessi al fenomeno dell'evasione, a partire dal ripristino del reato di falso in bilancio ed alla previsione più equilibrata e restrittiva della sospensione condizionale della pena.
In sintesi possiamo dire che proponiamo un nuovo patto fiscale tra Stato e cittadini basato sulla fiducia e sull'applicazione integrale dell'articolo 53 della Carta Costituzionale, al fine di inverare lo slogan «pagare tutti per pagare meno».

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 4865-A/R - voto finale 538 527 11 264 449 78 16 Appr.
2 Nom. Ddl 4864-A - em. 1.1 497 462 35 232 56 406 16 Resp.
3 Nom. em. 1.17 499 489 10 245 70 419 16 Resp.
4 Nom. em. 1.18 504 495 9 248 55 440 16 Resp.
5 Nom. em. 1.21 512 484 28 243 55 429 16 Resp.
6 Nom. em. 1.30 506 450 56 226 21 429 16 Resp.
7 Nom. em. 2.1 509 302 207 152 8 294 16 Resp.
8 Nom. em. 2.9 511 301 210 151 8 293 16 Resp.
9 Nom. em. 2.8 509 297 212 149 10 287 16 Resp.
10 Nom. em. 5.30 504 500 4 251 52 448 16 Resp.
11 Nom. em. 5.18 506 503 3 252 17 486 16 Resp.
12 Nom. em. 5.17 511 507 4 254 30 477 16 Resp.
13 Nom. em. 5.16 515 509 6 255 21 488 16 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 5.31 517 512 5 257 83 429 16 Resp.
15 Nom. em. 6.1 515 508 7 255 27 481 16 Resp.
16 Nom. em. 6.31 521 515 6 258 482 33 16 Appr.
17 Nom. em. 6.30 522 515 7 258 490 25 16 Appr.
18 Nom. em. 7.100 527 523 4 262 501 22 16 Appr.
19 Nom. em. 7.300 521 519 2 260 518 1 16 Appr.
20 Nom. em. 8.100 523 521 2 261 520 1 16 Appr.
21 Nom. em. 8.300 523 521 2 261 520 1 16 Appr.
22 Nom. em. 10.300 522 521 1 261 519 2 16 Appr.
23 Nom. em. 10.30 506 452 54 227 27 425 16 Resp.
24 Nom. em. 5.1 rif. 447 445 2 223 444 1 16 Appr.
25 Nom. odg 9/4864-A/3 463 456 7 229 70 386 16 Resp.
26 Nom. odg 9/4864-A/4 460 456 4 229 35 421 16 Resp.
INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 27)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. odg 9/4864-A/5 459 458 1 230 37 421 16 Resp.