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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 557 di lunedì 5 dicembre 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 15.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 29 novembre 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Caparini, Cicchitto, Colucci, D'Alema, Della Vedova, Donadi, Gianni Farina, Franceschini, Ghiglia, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Lupi, Malgieri, Margiotta, Mecacci, Migliori, Moffa, Mussolini, Leoluca Orlando, Arturo Mario Luigi Parisi, Pecorella, Reguzzoni, Stefani, Stucchi, Tenaglia e Vernetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente trentasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione della proposta di legge: S. 2380-2386 - D'iniziativa dei senatori: Caruso ed altri; Berselli e Cardiello: Modifica dell'articolo 645 e interpretazione autentica dell'articolo 165 del codice di procedura civile in materia di opposizione al decreto ingiuntivo (Approvata, in un testo unificato, dalla 2a Commissione permanente del Senato) (A.C. 4305); e dell'abbinata proposta di legge: Cavallaro ed altri (A.C. 3794) (ore 15,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge d'iniziativa dei senatori Caruso ed altri; Berselli e Cardiello, già approvata, in un testo unificato, dalla 2a Commissione permanente del Senato: Modifica dell'articolo 645 e interpretazione autentica dell'articolo 165 del codice di procedura civile in materia di opposizione al decreto ingiuntivo; e dell'abbinata proposta di legge d'iniziativa dei deputati Cavallaro ed altri.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4305)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Cavallaro, ha facoltà di svolgere la relazione.

MARIO CAVALLARO, Relatore. Signor Presidente, la proposta di legge in esame, come è già stato richiamato nella presentazione del testo, è stata approvata in sede deliberante dalla Commissione giustizia del Senato. Pag. 2
La Commissione giustizia della Camera ha ritenuto di non modificare il testo in sede referente, ma di rifarsi al testo approvato dal Senato, sebbene fosse stata presentata contestualmente, all'incirca nello stesso periodo, anche un'altra proposta - in realtà il presentatore era il sottoscritto - indicata come A.C. 3794.
La comparazione fra i due testi ha dato la preferenza - anche, quindi, attraverso un processo autocritico da parte del sottoscritto - al testo approvato dal Senato, in quanto quest'ultimo si propone più opportunamente una revisione sistematica dell'articolo 645 del codice di procedura civile, con conseguente modifica anche dell'articolo 165 e, per quel che occorre, dell'articolo 163-bis, mentre il testo da me proposto si presentava strettamente come una proposta di carattere interpretativo.
È stato, quindi, ritenuto più opportuno che la norma fosse non soltanto interpretativa e che, anzi, la questione interpretativa fosse limitata - come è giusto e come è opportuno - alla fase transitoria, proponendo invece una novella dell'articolo 645.
La novella consiste nell'espunzione nel testo attuale del codice di procedura civile dell'inciso che riguarda l'abbreviazione dei termini della metà. Questa espunzione è stata motivata dal fatto che essa, in realtà, per lungo tempo in sede interpretativa, pur avendo dato vita a contrasti di giurisprudenza, era stata risolta in via assolutamente prevalente nel senso che la riduzione della metà del termine di costituzione si riteneva legata alla riduzione della metà anche dei termini di comparizione, che, come è noto, è facoltà indicare da parte dell'attore quando cita in opposizione a decreto ingiuntivo.
Tuttavia, con una sentenza - che per la verità era un obiter dictum, perché pur pronunziandosi a sezioni unite la Cassazione non si occupava nella questione ex professo della materia, ma determinava questioni altre - con un inciso la Cassazione è sembrata voler aderire alla tesi addirittura estrema e opposta, ovvero che sempre, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, i termini fossero ridotti della metà. Il conseguente effetto era non solo di caducazione incidentale di centinaia - e forse anche migliaia - di processi impostati sui principi consolidati che la giurisprudenza aveva fornito, ma anche sulla consistenza di una modifica, in sostanza, indiretta di una norma, la quale a parere del Parlamento non intendeva istituire questo doppio regime.
Peraltro, più in generale, è sempre opportuno evitare l'istituzione di regimi speciali e, quindi, di vie diverse da quelle ordinarie nella prefissione di termini decadenziali o comunque di termini entro i quali l'esercizio del diritto è subordinato.
Conseguentemente - ho praticamente terminato la relazione - tanto il Senato nella sua veste di Assemblea, seppur delegando alla Commissione giustizia, quanto la Commissione in sede referente, hanno ritenuto di costituire un progetto normativo che all'articolo 1 innova in maniera sistemica l'articolo 645, espungendo l'annotazione della riduzione dei termini alla metà e, conseguentemente, non c'è un'ipotesi de futuro per discutere di tale argomento: l'articolo 645 si ricolloca nel solco dell'ordinario sistema delle costituzioni dell'attore e del convenuto. È stato ritenuto conseguentemente necessario - non per contraddire l'autorità del supremo collegio ma per rendere omogeneo il sistema alla modifica normativa approvata con l'articolo 1 - stabilire un percorso che determini, anche attraverso una valorizzazione del giudizio interpretativo della Cassazione, un regime transitorio per le questioni pendenti.
Si è ritenuto che avesse un significato e potesse essere ammissibile la riduzione del termine della metà in conseguenza della riduzione anche del termine a comparire, la quale fa intendere che vi è la necessità di un accorciamento dei tempi processuali in genere, mentre se l'attore nel notificare l'atto di opposizione avesse indicato i termini di comparizione ordinari, sarebbe opportuno e necessario mantenere il termine di costituzione dell'attore nell'ordinario termine di giorni dieci.
Mi permetto di aggiungere che all'ipotesi o alla suggestione che potrebbe affacciarsi Pag. 3 di un intento dilatorio, si può sempre ovviare perché, una volta costituitosi l'attore nel termine opportuno, il convenuto può chiedere l'anticipazione dell'udienza e lo stesso discorso può fare anche l'attore qualora voglia trattare le questioni dell'opposizione in maniera più concisa rispetto al procedimento ordinario. Quindi si è ritenuto che, anche sotto questo profilo, la norma non solo non stravolga inopportunamente il sistema processuale ma, anzi, sia una normativa additiva che serve a migliorare e rendere più fluido l'impianto di questa materia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

SALVATORE MAZZAMUTO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tidei. Ne ha facoltà.

PIETRO TIDEI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, spero che quei pochi presenti apprezzino più che la brevità, la schematicità di questo mio intervento: ben altri provvedimenti bussano alla porta di quest'Aula e non intendo certo richiedere l'attenzione degli onorevoli colleghi un attimo più del necessario.
Il provvedimento di cui parliamo si presenta in Aula accompagnato dal «parere favorevole» della II Commissione (Giustizia). Con questo provvedimento il legislatore interviene nel segno della chiarezza come da più parti richiesto dagli operatori di giustizia. La materia è quella del procedimento di ingiunzione, segnatamente dell'opposizione a decreto ingiuntivo. L'intervento del legislatore nella sua parte più rilevante si concentra sull'articolo 645 del codice di procedura civile. In particolare, l'articolo 645 prevede a tutt'oggi che, in seguito all'opposizione a decreto ingiuntivo davanti al giudice adito, i termini di comparizione siano ridotti a metà.
La prassi processuale e quel complesso articolato meccanismo che è il metabolismo del processo - che è e resta per molte parti un meccanismo sinuoso ed imprevedibile - applicava la norma alla luce di altre norme procedurali ponendole precise limitazioni.
Orbene, questo metabolismo è stato scosso, non sconvolto da una sentenza della Corte di cassazione del 2010. In pratica, per cinquant'anni l'articolo 645 è stato interpretato ed il dimezzamento dei termini di costituzione dell'opponente si aveva solo quando l'opponente si avvaleva della facoltà di assegnare alla controparte un termine a comparire inferiore a quello ordinario.
Secondo la sentenza della Cassazione, invece, la riduzione a metà del termine di costituzione dell'opponente consegue automaticamente al solo fatto della proposizione dell'opposizione, prevedendo, all'articolo 645 del codice di procedura civile, che i termini a comparire siano ridotti a metà in ogni caso di opposizione. Da quel momento a che cosa abbiamo assistito in pratica? Neanche a dirlo, il meccanismo metabolico del processo si è messo in moto e le varie cellule hanno assalito da più parti questa sentenza considerandola di fatto un corpo estraneo. Non sta a me e non è questa la sede per comprimere con giudizi negativi la portata della sentenza della Cassazione che una sua motivata ratio continua ad averla, anche se in senso semplificatorio. E non è mia intenzione nemmeno sminuire la portata delle decine di sentenze che, in così poco tempo, si sono succedute attorno alla decisione della Cassazione giudicata non a caso da qualcuno un provvedimento shock.
Credo che a questo punto il legislatore abbia solo due strade. La prima è addentrarsi con dotte dissertazioni nello spirito del codice, della sentenza e della giurisprudenza che corona questo argomento. È terreno indubbiamente affascinante. E potremmo discutere su come l'orientamento tradizionale appaia organico e conforme al dettato normativo nel suo complesso, mentre la sentenza della Cassazione Pag. 4 no, tanto da poter essere classificata come un mero obiter dictum eccedente la necessità logico-giuridico della decisione. Potremmo notare che un'interpretazione conforme alla Costituzione, ispirata ai valori del giusto processo e del diritto di difesa, non consente che si dichiari improcedibile l'opposizione al decreto ingiuntivo iscritta a ruolo oltre cinque giorni, ma entro dieci giorni, dalla notificazione. E questo perché subentra l'articolo 647, sempre del codice di procedura civile, secondo cui la sanzione di improcedibilità dell'opposizione è comminata soltanto per il caso di mancata costituzione dell'opponente, ma non per quello di costituzione tardiva.
Potremmo anche riflettere sul dotto pronunciamento dell'autorevole Corte d'appello di Roma che, poco più di un anno fa, sentenziava che il principio di diritto enunciato dalla Cassazione è sbagliato, arrivando a concludere che «poiché il giudice è soggetto solo alla legge e non alla Corte di cassazione, il rimedio alle decisioni sbagliate dei giudici di legittimità è ben più elementare della remissione in termini o dell'overruling: basta non tenerne conto». E, a proposito di limitatezza della funzione normofilattica, potremmo, infine, commentare positivamente la decisione del TAR della Lombardia di disporre la rimessione in termini per errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto motivando la decisione con il fatto che la modifica del quadro ermeneutico era sopravvenuta in corso di causa. E tutto ciò sul versante di chi ha contestato e discusso la sentenza della Cassazione le cui motivazioni originarie erano altrettanto forti e valide, altrettanto sistemiche e molto pratiche e tendenti a fare chiarezza. È per questo che, a mio giudizio, al legislatore non resta che abbandonare sul nascere la strada che ci spinge ad una selva di norme, dai profumi - è vero - e dai colori affascinanti, ma che, nel complesso, dipingono un paesaggio complessivamente un po' decadente della giustizia. Resta, quindi, la seconda via: constatare che c'è entropia, c'è confusione attorno alla norma e intervenire nel segno della chiarezza. In questo senso, concordo, ovviamente, con l'onorevole Cavallaro, relatore del provvedimento, che ha sottolineato l'esigenza di porre rimedio quanto prima alle questioni interpretative scaturite dalle sentenze delle sezioni unite civili della Corte di cassazione approvando celermente il testo oggi approdato in Aula, convinti così di apportare un contributo di chiarezza e, dunque, di efficienza al processo civile.
Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, in conclusione, però, non posso esimermi dal rivolgermi al rappresentante del Governo, appena entrato in carica, con poche e semplici considerazioni sull'argomento del processo civile. Approfitto della sua presenza, anche se potrebbe apparire irrituale e, forse, fuori materia, per sottolineare alcune questioni, piccole peraltro, ma che ritengo necessario. Premesso che nessuno ha la bacchetta magica né la ricetta definitiva ed infallibile, tuttavia su alcuni interventi è possibile che la politica possa rapidamente trovare un accordo. La causa principale della lunghezza dei processi civili è l'enorme numero di procedimenti che vengono iscritti a ruolo anno dopo anno. Credo che la risposta del perché succeda questo possa essere ricercata, oltre che nella relativa inefficienza geografica dell'organizzazione degli uffici, anche nella presenza del sistema di incentivi che inducono ad avviare un numero spropositato di cause e, una volta iniziate, a prolungarne il più possibile la durata o, al contrario, a resistere in giudizio il più possibile. Agire scoraggiando il ricorso al giudizio credo sia già un'ottima base di partenza.
Nell'immediato, vista la situazione nel settore civile, ritengo opportuna l'adozione di un serio piano di smaltimento dell'arretrato in assenza del quale qualsiasi tipo di intervento riformatore, anche di natura strutturale, è destinato al fallimento. Su questo credo che non possiamo prescindere assolutamente dalle risorse organiche e, quindi, dalle risorse umane e da quelle finanziarie, per intervenire in questo delicatissimo settore. Pag. 5
Valutiamo, intanto, come positivo il ricorso all'avviata mediaconciliazione. Si tratta sicuramente di uno strumento che, se ben gestito, ancorché molto contestato, come dimostrato dalle statistiche giudiziarie di altri Paesi dell'Unione, può dare ottimi risultati in termini di filtro precontenzioso.
Un'altra riflessione riguarda i bassi costi che lo Stato chiede per avviare la causa, e sappiamo che quello economico oggi è un argomento molto sentito. Il rapporto Doing Business del 2010 della Banca mondiale ha ritenuto che il costo del servizio giustizia in Italia fosse tra i meno cari: il 2,9 per cento del valore del contenzioso; quasi la metà della Germania e dell'Olanda, anche se i recenti aumenti al contributo unificato introdotti hanno certamente attenuato tale divario.
Infine, vi è l'urgenza di intervenire ricomponendo la realtà geografica dei tribunali. Su questo argomento, mi permetto - e colgo qui l'occasione - di segnalare quanto segue, anche perché, in questi giorni, si stanno agitando centinaia di tribunali che temono la loro soppressione e il loro riaccorpamento.
Io dico che è vero che dobbiamo stare attenti all'efficienza ed anche all'accorpamento di quelle sedi giudiziarie inefficienti, per certi versi inutili e, comunque, eccessivamente dispendiose; tuttavia, dobbiamo fare anche attenzione, perché prima ancora che di un principio giuridico si tratta di un principio fisico. Un motore può avere la potenza di più motori e realizzare così significative economie, ma dobbiamo stare attenti a non esagerare.
Il tribunale di Roma è il tribunale più grande d'Europa, con circa 500 magistrati. Se noi pensiamo, viceversa, in questo disegno, di sopprimere qualche tribunale della provincia - mi riferisco a Civitavecchia, a Velletri o a Tivoli -, andando ancora di più ad ingolfare un tribunale che, lo ripeto, è già il più grande d'Europa, significherebbe compiere una scelta antieconomica e antigiuridica.
Per questo motivo, l'esigenza che oggi si pone - e mi rivolgo a lei, signor rappresentante del Governo - è, viceversa, legata al problema principale di come decongestionare le grandi aree urbane e di come far funzionare i tribunali che, con 500 magistrati, non potranno mai funzionare. Pertanto, è necessario decongestionare questi tribunali e affidare ai tribunali metropolitani che si trovano nelle province di Roma, di Milano e di Napoli, rafforzando quei tribunali, rendendoli non solo più grandi e più efficienti, ma sicuramente anche in grado di decongestionare la grave crisi della giustizia che coinvolge i tribunali delle grandi aree.
Mi auguro che ritorneremo su questo argomento. Mi auguro anche, però, che prevalga il senso di equilibrio e non solo la riduzione assurda di una spesa, che finirebbe per non comportare alcuna efficienza, ma un danno al servizio giustizia che penalizzerebbe sicuramente coloro che vivono in provincia e non nelle grandi aree metropolitane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scelli. Ne ha facoltà.

MAURIZIO SCELLI. Signor Presidente, il provvedimento che oggi è in discussione è un provvedimento la cui approvazione si rende non solo opportuna e necessaria, ma soprattutto urgente. Esso deriva - come ricordavano prima sia l'onorevole Cavallaro che l'onorevole Tidei - da una proposta di legge già approvata in Senato, che è conseguenza di una sentenza delle sezioni unite civili della Corte di Cassazione che ha modificato sostanzialmente l'orientamento giurisprudenziale che, per cinquant'anni, ha interpretato in maniera un pochino più larga l'articolo 645 del codice di procedura civile.
In materia di opposizione al decreto ingiuntivo, oltre a proporsi davanti all'ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento, il giudizio poi segue le norme del procedimento ordinario, ma con i termini di comparizione ridotti alla metà. Proprio su questo, si è creato un caso all'indomani della sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione.
Per capire sino in fondo la portata di questo orientamento è opportuno fare un Pag. 6brevissimo excursus sugli articoli che regolano sia i termini di comparizione in giudizio che i termini di costituzione in giudizio. Per quanto riguarda i primi, l'articolo 163-bis del codice di procedura civile prevede che tra il giorno della notificazione della citazione al convenuto e quello dell'udienza di comparizione debbono decorrere non meno di novanta giorni, se la notifica è da effettuarsi nel territorio nazionale, e non meno di centocinquanta giorni se all'estero. Ovviamente tutto questo deve essere rapportato ai termini di costituzione in giudizio, previsti dall'articolo 165 del codice di procedura civile, i quali li fissa in dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, oppure in cinque giorni in caso di abbreviazione dei termini.
Sino alla sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite, la concessione dell'abbreviazione dei termini era pressoché automatica; era infatti sufficiente che la parte attrice avesse indicato, nell'invito a comparire, un termine ridotto rispetto a quello dei novanta o dei centocinquanta giorni. Così come per quanto riguarda la costituzione del convenuto, i termini indicati dal successivo articolo 166 del codice di procedura civile sono previsti in venti giorni, quello ordinario, e dieci giorni, quello abbreviato.
Cosa è successo a seguito della sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite? I supremi giudici hanno ritenuto che il richiamo dell'articolo 645, cioè l'abbreviazione dei termini a comparire, fosse automatico e quindi indipendente anche dal rispetto o meno del termine minimo a comparire, e che quindi fosse sufficiente, come condizione, la proposta opposizione per far sì che si potesse accedere all'abbreviazione dei termini e quindi avere un termine ridotto.
Tutto questo, soprattutto all'indomani della sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione, ha prodotto una situazione di grande disagio in tutti coloro che hanno proposto opposizione a decreti ingiuntivi, rischiando l'improcedibilità; rischiando quindi che il decreto ingiuntivo opposto, anche con riferimento alla possibilità di poter «giocare» nelle vie ordinarie e vedere riformato quel provvedimento, potesse andare decaduto. Il rischio è quindi che ogni provvedimento relativo ad un procedimento cosiddetto per decreto ingiuntivo venga dichiarato perento, decaduto, con la conseguenza di avere tante parti condannate a pagare e a vederselo notificato in forma esecutiva senza alcuna possibilità di potersi opporre.
Quindi, questa proposta di legge, già approvata dal Senato, pone una sorta di interpretazione più estesa soprattutto per quello che riguarda i procedimenti pendenti, che sono quelli che oggi vivono con maggiore apprensione l'iter parlamentare di questo provvedimento, perché se la Corte di Cassazione si fosse pronunciata, e la sua pronuncia avesse avuto effetto solo per i nuovi procedimenti, non ci sarebbe stato alcun tipo di problema. Infatti oggi il problema è quello dei procedimenti pendenti, con tantissime parti in questa situazione, e mi metto anche nei panni dei miei colleghi avvocati, molti dei quali potrebbero essere oggetto di un'azione di responsabilità da parte dei clienti anche perché potrebbero essere chiamati a rispondere sui motivi per cui vi è stata la costituzione in giudizio nei dieci giorni e non nei cinque.
Questa proposta di legge, quindi, pone un rimedio di tipo interpretativo, non crea alcun tipo di tensione o di problematica particolare, è assolutamente fedele anche al dettato della Costituzione; si riferisce semplicemente alla soppressione della riduzione dei termini e soprattutto ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente proposta di legge. L'articolo 165, primo comma, del codice di procedura civile, si interpreta cioè nel senso che la riduzione del termine di costituzione dell'attore ivi prevista, si applichi nel caso di opposizione al decreto ingiuntivo solo se l'opponente abbia assegnato all'opposto un termine di comparizione inferiore a quello di cui all'articolo 163-bis.
Quindi, questo riporterebbe ad una situazione di grande normalità e di grande serenità. Chi ha ragione potrà far valere le Pag. 7sue ragioni e chi ha torto potrà subire la concessione della provvisoria esecuzione e successivamente una sentenza che possa riconoscere tutte le ragioni da parte di colui che ha ottenuto il decreto ingiuntivo.
Siamo in presenza di una valutazione oggettiva. Bisogna tener conto che - questo per gli addetti ai lavori - in materia di decreto ingiuntivo l'attore diventa il convenuto e il convenuto diventa l'attore, quindi, in questo caso e con questa proposta di legge, si porrebbe una riequiparazione di tutte le parti, rimettendo in una situazione di grande serenità e tranquillità tutti coloro i quali sono coinvolti in maniera diretta (quindi come parti) e i professionisti nella migliore condizione per poter spendere al meglio le proprie ragioni.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori sottosegretari, intervengo a nome dell'Italia dei Valori per condividere la necessità e l'opportunità di un'approvazione celere di questa proposta di legge nella formulazione approvata già in prima lettura dal Senato della Repubblica.
Si tratta di un provvedimento assai singolare dal punto di vista normativo, ma assolutamente opportuno e necessario a fronte di quell'incertezza normativa che è derivata dalla sentenza del 9 settembre 2010 n. 19246 delle Sezioni unite della Corte di Cassazione che - secondo un'interpretazione originale, ma che ha creato non pochi imbarazzi tra gli operatori del settore - ha ricavato il principio per cui già dall'articolo 645 del codice di procedura civile discenda l'abbreviazione dei termini per tutte le ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo e non soltanto quelle che vedevano una citazione a comparire inferiore ai termini minimi di comparizione per iniziativa dell'attore opponente.
Va da sé che questa interpretazione autorevolissima, enunciata dalle Sezioni unite della Cassazione che hanno al massimo livello la funzione normofilattica tesa ad uniformare l'applicazione delle leggi per gli operatori, ha una stringente valenza deflattiva dei procedimenti in corso, visto che in quel migliaio di processi di questo tipo, cioè di opposizioni a decreti ingiuntivi l'attore opponente, attenendosi al precedente criterio interpretativo, nel caso avesse depositato la citazione nei dieci giorni, si vedrebbe poi dichiarata improcedibile l'opposizione per mancato rispetto del termine stabilito di cinque giorni.
La proposta di legge non fa altro che togliere da questo imbarazzo, sia modificando questa previsione della dimidiazione dei termini previsti dall'articolo 645 del codice di rito, sia con l'articolo 2 recante una norma interpretativa che chiarisce che questa dimidiazione dei termini opera solo quando l'attore opponente abbia citato il convenuto opposto in un termine inferiore a quello di rito, ossia normale.
Da questa piccola, ma importante precisazione normativa, vogliamo però allargare un po' il campo di osservazione e l'orizzonte per sottolineare come sia urgente per questo Parlamento e per il Paese intero (anche in una logica di competitività internazionale e di certezza del diritto) che il Ministro della giustizia, da poco incardinato, attui questi buoni propositi che ha già annunciato, tesi ad una semplificazione e ad una accelerazione dei tempi della giustizia civile.
Noi dell'Italia dei Valori siamo con lui; riteniamo che questo sia un obiettivo prioritario e certamente disconosciamo questa analoga volontà che pure era stata espressa dal precedente Governo, ma che si era tradotta con provvedimenti assolutamente deviati da questo punto di vista.
Quante volte in questi tre anni ci siamo trovati ad approvare norme anche importanti che incidono sul sistema processuale civile in un ambito assolutamente estraneo, come le manovre economiche per il rilancio della finanza pubblica. Quante volte abbiamo introdotto dei meccanismi deflattivi che altro non sono che ulteriori balzelli che vengono richiesti, a nostro Pag. 8giudizio, in maniera irragionevole ai cittadini e alle imprese per la tutela dei loro sacrosanti diritti.
Penso alle mediazioni obbligatorie che sono state estese in maniera indiscriminata dove non servono e sono state tolte dove invece servivano; penso al rito del lavoro; penso a quei tabellari che oggi comportano un ulteriore balzello, e non di poco conto, per chi voglia intentare un procedimento civile per il solo fatto che, appunto, con questa mediazione obbligatoria si sfiducia la funzione dell'avvocato che spesso tenta le strade alternative al contenzioso proprio nella logica di ottenere presto e bene quello che magari inizialmente sembra non raggiungibile. Viceversa, quante volte abbiamo approvato norme di assai dubbia ragionevolezza, come quella, faccio un esempio, che stabilisce l'imposizione all'attore appellante, o piuttosto al ricorrente in Cassazione, norma che andrà in vigore dal 1o gennaio del prossimo anno, di chiedere la prosecuzione del procedimento già avviato a pena di perenzione, di estinzione della causa.
Penso che l'articolo 111 della Costituzione, che enuncia il principio del giusto processo e della ragionevole durata del procedimento, tutto voglia tranne che una selva di norme, di inghippi, di eccezioni da Azzeccagarbugli che rendano il processo non più un procedimento dove si persegua la giustizia e la salvaguardia dei diritti dei cittadini, ma diventi una sorta di selva intricata nella quale i lacci, i lacciuoli e le insidie siano d'intralcio per la classe forense, per la magistratura e, alla fine e non da ultimo, per il cittadino o l'impresa italiana.
Quindi, auspichiamo che vi sia quanto prima una riformulazione di un procedimento civile che tenda possibilmente al rito unico, visto che con modifiche così estemporanee, spesse volte nascoste in altri provvedimenti, si è dato avvio ad una successione di leggi nel tempo che incidono su procedimenti nuovi, ma non su quelli in corso, mettendo in una sorta di Babele gli operatori del diritto che, anche nell'ultimo provvedimento d'agosto, vedranno, per esempio, in materia previdenziale l'istituto dell'accertamento tecnico preventivo obbligatorio per tutte le cause che abbiano attinenza previdenziale. Quindi, vi è effettivamente una certa tentazione del legislatore, di quelli che sono stati legislatori fino ad oggi: penso e accuso in questo senso la maggioranza di centrodestra di non aver semplificato e finalizzato il procedimento per quei fini che sono stati declamati in più occasioni in quest'Aula, ponendo in essere manovre del tutto confuse, irragionevoli e soprattutto onerose per gli operatori della giustizia.
Pertanto, con questo auspicio e ricordando come Italia dei Valori abbia già depositato circa una ventina di proposte di legge che meriterebbero attenzione e valutazione da parte del Parlamento e da parte del Governo proprio nella logica di semplificare, di razionalizzare e di rendere più effettivo ed efficace il sistema giustizia civile in Italia, penso che su questa linea ci siano degli spunti importanti su cui invitiamo il Governo e i colleghi al confronto, convinti come siamo che il processo civile oggi sia un malato grave a cui dobbiamo somministrare medicine importanti ed urgenti per evitare il collasso di un sistema che è già stato più volte oggetto di censura anche in chiave di diritto internazionale. Penso alle sanzioni che l'Italia ha dovuto pagare più volte proprio per violazione dell'obbligo di ragionevole durata del procedimento.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 4305)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Cavallaro, non intende replicare.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

SALVATORE MAZZAMUTO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, rinuncio alla replica.

Pag. 9

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16 per lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo in tema di provvedimenti economici e, successivamente, per lo svolgimento degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno.

La seduta, sospesa alle 15,40, è ripresa alle 16.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Informativa urgente del Governo in tema di provvedimenti economici (ore 16).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo in tema di provvedimenti economici.
Dopo l'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per sette minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo misto. È prevista la ripresa televisiva diretta.

(Intervento del Presidente del Consiglio dei ministri)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, senatore professor Mario Monti.

MARIO MONTI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli deputati, il Governo è consapevole di aver ricevuto, dal Capo dello Stato e dalla fiducia del Parlamento, un mandato limitato nel tempo per far fronte a una situazione estremamente grave. Ritiene, pertanto, di dovere intervenire con urgenza e determinazione. Al tempo stesso, il Governo è convinto che, al fine di affrontare un'emergenza finanziaria che ha portata europea e internazionale e che mette a rischio il benessere conquistato in sessant'anni, attraverso gli sforzi e i sacrifici compiuti da quattro generazioni di italiani, sia necessario operare impegnando tutte le energie per disegnare una strategia organica di riforma strutturale di tutti i punti che frenano il nostro futuro.
Gli interventi, anche dolorosi, deliberati e trasmessi alla valutazione del Parlamento - deliberati nel Consiglio dei Ministri tenutosi ieri - contengono in sé i semi di un'azione che mira a disegnare l'Italia dei nostri figli, un'Italia seria, europea, saldamente ancorata ai valori del lavoro e del risparmio ma, finalmente, capace di esprimere una crescita duratura.
Questo è uno di quei momenti storici nei quali il dovere di tutti è di essere fedeli all'Italia e di pensare, in ogni istante e in ogni comportamento, alla salvezza di questa grande nazione che attraversa un momento molto critico. Sappiamo bene quanto siano acuti i sacrifici che il Governo chiede, oggi, a tutti i gruppi sociali e a tutte le componenti del Paese. Dobbiamo sapere tutti che non fare questi sacrifici significherebbe farne di ben più gravi, tra poche settimane e forse tra pochi giorni, e mettere a rischio la ricchezza e il benessere accumulati. Inoltre, la stabilizzazione della nostra economia e del nostro sistema finanziario e produttivo rappresenta un contributo decisivo al superamento di una crisi europea che ha più volte, in questi mesi, sfiorato la natura di crisi sistemica.
È bene, dunque, avere presente anche questo: al di fuori dell'euro e della casa comune costruita nell'Unione europea ci sono - e misuro le parole - il baratro della povertà e della stagnazione, il crollo dei redditi e del potere d'acquisto, il prosciugamento delle fonti del credito, l'isolamento e, soprattutto, l'assenza di futuro per il Paese e per le giovani generazioni. Non esiste alternativa.
I sacrifici di oggi ci danno la speranza di poter costruire, nei prossimi mesi, le basi per una fase di crescita. Ci consentono di sbloccare le strozzature di un Paese ricco che, però, cresce troppo poco e non riesce a produrre un reddito proporzionato Pag. 10 alle proprie risorse morali ed economiche. Gli interventi che proponiamo alla nazione mirano a riportare l'Italia nella dignità di uno dei Paesi fondatori della Comunità europea, un Paese che ha costruito con le sue mani, con i suoi lavoratori, con i suoi imprenditori e con le sue famiglie la ricchezza e la capacità produttiva che lo collocano tra le potenze industriali del mondo.
È lì che intendiamo rimanere con orgoglio e con credibilità. Lo sforzo che si richiede al Paese è non solo grande, ma urgentissimo. Soltanto creando nuovamente un robusto avanzo primario nel bilancio pubblico - avanzo primario adeguato al peso del nostro debito pubblico - e rispettando scrupolosamente gli impegni assunti a livello europeo, è possibile ritornare all'investimento e alla creazione di posti di lavoro. Ma sappiamo bene che questo sforzo non sarà sufficiente se ciascuno di noi, ciascun cittadino, non cercherà di cooperare alla salvezza dell'Italia anche nei suoi comportamenti personali.
Guardiamo con fiducia ai nostri titoli di Stato: rappresentano una ricchezza reale imponente, hanno oggi rendimenti eccessivamente alti, che noi speriamo scendano presto sul mercato. Oggi - come sapete - quell'indicatore che nessuno di noi deve considerare mitico, ma che ci piace di più quando scende che quando sale, lo spread, sta denotando grande attenzione positiva per quanto abbiamo ieri annunciato e deliberato. Ne siamo sicuri: l'Italia non fallirà. Pensiamo altresì, in queste settimane che precedono le festività natalizie, che quando si acquista un bene o un manufatto prodotto in Italia, non solo si sceglie la qualità delle conoscenze e delle esperienze che in esso sono racchiuse, ma si contribuisce a tenere in vita aziende e a sostenere posti di lavoro sul nostro territorio.
Il pacchetto di interventi prevede sacrifici, ma anche azioni a sostegno delle imprese, sia in termini di riduzione del costo del lavoro, sia in termini di fiscalità premiale per le imprese che raccolgono capitale; contiene inoltre misure di liberalizzazione nell'interesse dei consumatori e della concorrenza. Vogliamo creare anche le basi per ulteriori azioni a sostegno della famiglia.
C'è poi la lotta all'evasione: è una priorità del Governo, volta ad eliminare alla radice la possibilità stessa dell'evasione fiscale; è implicita la scelta di escludere la possibilità di far ricorso a condoni che riducano la base imponibile futura, in cambio di un gettito una tantum, spesso del resto inferiore al dovuto. Al contrario, si è avviata la definizione di meccanismi sistematici che allarghino la base imponibile in settori chiave, per esempio quello delle imprese individuali, artigiane e delle piccolissime imprese, per le quali verrà creata una fiscalità non punitiva, un regime opzionale - direi - di accompagnamento costruttivo.
La filosofia complessiva degli interventi è ispirata a tre principi che ho sottoposto alla vostra attenzione e che quindi vedo come la base stessa della fiducia che avete accordato al nostro Governo in occasione delle dichiarazioni programmatiche: il rigore, l'equità e lo sviluppo. Naturalmente c'è un forte legame tra queste direttrici: non c'è crescita, né benessere senza una finanza pubblica sana e sostenibile, senza equità, senza un comune sentire e una partecipazione allo sforzo necessario per uscire dalla grave crisi attuale. Il rigore, che impone sacrifici al Paese, rappresenta il presupposto essenziale per l'equità e, al tempo stesso, il volano per lo sviluppo.
Le vicende di questi ultimi mesi testimoniano che il destino del nostro Paese e dell'Europa sono strettamente intrecciati. La crisi della zona euro accresce la vulnerabilità dell'Italia e indebolisce l'ancoraggio ad una solida cornice europea, che in passato ha svolto un ruolo fondamentale di stabilizzazione e protezione nei confronti di turbolenze dell'economia internazionale.
L'espandersi sui mercati della crisi del debito sovrano, fino a interessare il nostro Paese, terza economia dell'Unione monetaria, ha generato la convinzione che il futuro dell'euro dipenda anche dalle scelte che l'Italia sta prendendo. Se l'Italia non fosse capace di invertire la spirale negativa Pag. 11di crescita del debito, restituendo così fiducia ai mercati internazionali, si determinerebbero conseguenze drammatiche, che potrebbero spingersi fino a mettere a rischio la stessa sopravvivenza della moneta comune e a colpire al cuore il processo di integrazione europea avviato sessant'anni fa - e io non riesco a considerarla una coincidenza - con i Trattati di Roma. La crisi dell'Unione monetaria avrebbe a sua volta conseguenze gravemente destabilizzanti per l'intera economia mondiale; in questo momento, come mai prima di oggi, gli sguardi dell'Europa e del mondo sono concentrati sul l'Italia, su quest'Aula.
Il percorso di risanamento del debito pubblico discende, ricordiamolo bene, da vincoli europei che noi stessi abbiamo con convinzione contribuito a definire nell'interesse dei cittadini italiani, e in particolare delle generazioni future, che non devono subire la distruzione del patrimonio che viene a loro tramandato. La riduzione del nostro debito pubblico è un'esigenza vitale e ogni deviazione rischierebbe di far sprofondare il nostro Paese in un abisso. L'esempio della Grecia è vicino e ci dà una visione precisa di quello che può succedere. La tabella sull'evoluzione degli spread è eloquente: solo un intervallo temporale di tre mesi differenzia l'andamento verificatosi in Grecia dalla situazione italiana.
Le raccomandazioni che la Commissione europea, il Consiglio europeo, la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale hanno rivolto all'Italia in questi mesi, mostrano chiaramente che la crisi del debito sovrano non è solo una crisi di finanza pubblica; è una crisi di riforme mancate. L'assenza di crescita ha frustrato i sacrifici fatti per mantenere in equilibrio i conti pubblici nel corso degli ultimi dieci anni. L'acuirsi della crisi rende urgente il consolidamento dei conti pubblici e l'adozione di concrete e credibili misure di riforma.
Con una lettera indirizzata dal mio predecessore, che sono lieto di salutare in quest'Aula, l'onorevole Silvio Berlusconi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Popolo e Territorio), al Presidente del Consiglio europeo e della Commissione europea, il Governo italiano si è impegnato, lo scorso 26 ottobre, a mettere in atto una serie di misure di riforma, a partire dall'impegno a raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. Su questa base l'Eurosummit, tenutosi lo stesso giorno, ha chiesto all'Italia di definire un calendario preciso per le riforme e ha affidato alla Commissione europea il compito di fare una valutazione dettagliata degli impegni presi dal nostro Paese e di monitorarne l'attuazione. Al Summit G20 di Cannes, l'Italia ha inoltre confermato i suoi obiettivi di riduzione del debito e di riforme concordando con il Fondo monetario internazionale una procedura di sorveglianza rafforzata che certifichi, su base trimestrale, i progressi compiuti in direzione del risanamento finanziario e delle riforme per la crescita.
Ieri abbiamo preso le decisioni che danno risposta all'emergenza, ma che danno altresì avvio - ed io vi prego di considerare e di dedicare attenzione a questo aspetto, anche se è meno vistoso dei numeri dell'operazione di immediato risanamento - alle riforme strutturali capaci di restituire dinamismo all'economia italiana, rispettando così gli impegni assunti con l'Europa, condizione indispensabile per assicurare piena credibilità al nostro Paese. Ritengo che saremo così in grado di superare con tranquillità tutte le fasi del monitoraggio in corso, volto a valutare la capacità del nostro Paese di definire concretamente, e soprattutto di attuare in tempi stretti, riforme che permettano di cambiare passo e uscire dalla trappola dell'elevato debito e della bassa crescita.
Agli occhi dei mercati e degli investitori la capacità di mantenere quanto promesso è altrettanto importante della qualità delle misure. Il pacchetto di misure necessario a salvare l'Italia - come ho detto ieri, credo senza enfasi, perché di questo si tratta - che abbiamo adottato ieri interviene sia sul lato delle entrate che su quello della riduzione delle spese, soprattutto al fine di migliorare stabilmente il Pag. 12saldo dei conti pubblici. In entrambi i casi, tuttavia, abbiamo agito in modo da preservare e anzi agevolare la capacità produttiva del Paese. L'aumento delle imposte non andrà a pesare sui fattori produttivi, per i quali si cerca anzi di alleggerire il livello di prelievo, in particolare sul lavoro, mentre si cercherà di far contribuire maggiormente, in diverse modalità, la ricchezza e il patrimonio. Con gli strumenti utilizzabili nell'immediato, il Governo ha provveduto ad estendere l'efficacia dei provvedimenti anche a diverse componenti del patrimonio per assicurare una maggiore equità del pacchetto. La ricchezza finanziaria viene fatta partecipare allo sforzo comune attraverso l'estensione dell'imposta di bollo, deliberata dal precedente Governo sui conti correnti, anche a titoli ed altri strumenti e prodotti finanziari.
Sempre avendo a cuore gli obiettivi di equità sociale, è stato deliberato un intervento una tantum di pari importo rispetto all'imposta di bollo di cui sopra per i capitali fatti rientrare in Italia con il cosiddetto scudo fiscale. Il Governo è consapevole che l'equità dell'insieme della propria azione non sarebbe completa senza avviare sul lato delle spese un sistematico lavoro di selezione ed eliminazione di programmi di spese e di enti della pubblica amministrazione ritenuti non più utili, nell'ambito di una più generale restrizione dei costi della macchina amministrativa. Tale azione, già presente nel decreto-legge in data di ieri, si svilupperà a partire dal Governo, fino a coinvolgere tutti gli enti territoriali. A tale riguardo, il Governo esprime la sua netta convinzione che si debba procedere al superamento delle province. Si impegnerà perciò attivamente nel Parlamento per favorire iniziative legislative in tale direzione (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Italia dei Valori). Chiedere agli italiani di accogliere le misure del pacchetto fiscale di salvataggio e, in particolare, le misure di rigore impone una premessa importante: l'adozione di un regime di trasparenza diffuso, che coinvolga anzitutto i rappresentanti della classe politica e le pubbliche amministrazioni. La trasparenza è quindi il primo e più importante strumento di equità e giustizia al fine di accrescere la consapevolezza di un comune sforzo verso il bene pubblico. La trasparenza deve applicarsi in primo luogo ai membri del Governo. Ieri, seppure succintamente, ho annunciato quali sono le misure di trasparenza alle quali i membri del mio Governo ed io stesso intendiamo sottoporci. Equità significa anche dare voce alla domanda sociale di una drastica riduzione dei costi della politica. Nel decreto-legge l'organizzazione delle province, finché esse esistono, quindi sino a che la Costituzione non sarà modificata, viene profondamente modificata. I consigli provinciali avranno solo dieci componenti. Vengono dunque eliminate le giunte provinciali e viene attuata una drastica riduzione del numero dei consiglieri. Gli organi previsti vengono riportati al ruolo di Governo intermedio con funzioni di servizio e coordinamento nei settori che saranno disciplinati con leggi statali e regionali (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Misto-Alleanza per l'Italia).
Ministri e sottosegretari non parlamentari che siano dipendenti pubblici non conservano l'intera retribuzione in godimento, ma il solo trattamento fondamentale, fatti salvi i diritti previdenziali. Il segnale deve essere forte e senza incertezze: se non si assicura la tenuta delle finanze pubbliche subito, sarà poi troppo tardi per pensare ad interventi più articolati per liberare le forze dinamiche - grandi, ma spesso allo stato potenziale, latente - dell'economia italiana.
Si può, però, intervenire su come fare l'aggiustamento. Riforme di grande portata sono possibili e socialmente sostenibili solo se basate su un'equa ripartizione dei sacrifici e su una scelta equilibrata delle materie sulle quali intervenire. Rigore, crescita ed equità sono i tre pilastri sui quali intendiamo fare leva e che hanno ispirato il provvedimento di ieri. Pag. 13
Nel chiedere forti sacrifici, non intendo, né intenderò mai, minimizzare l'entità di ciò che chiediamo agli italiani: si tratta di forti sacrifici, ma temporanei, circoscritti e distribuiti in modo, riteniamo, equo (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), che sono essenziali per doppiare questo capo molto difficile della nostra vita economica e sociale.
Nel chiedere forti sacrifici a tutte le componenti della società, ci si è fatti carico di mettere a disposizione dell'economia e del suo rilancio un significativo pacchetto di azioni anticicliche. All'interno di ciò, il Governo ha tenuto conto delle numerose e giuste esigenze rappresentate nel corso degli incontri con parti sociali, forze politiche ed enti territoriali. Tra esse, per esempio, la necessità di sostenere il settore del trasporto pubblico locale, in grave difficoltà. Il Governo ha avviato ieri un'azione sistematica e di lungo periodo a favore della competitività del sistema produttivo e del lavoro.
Nel decreto-legge sono previsti provvedimenti concreti che mirano a raggiungere risultati in materia di sostegno della competitività delle imprese: solidità, capitalizzazione, internazionalizzazione delle imprese, creazione di posti di lavoro (Commenti del deputato Torazzi).
Gli interventi di urgenza saranno, tuttavia, presto ricompresi nel quadro di un intervento sistematico a favore della competitività del sistema Paese, che darà vita ad una serie continua di pacchetti, nella breve vita del nostro Governo, che riguarderanno le infrastrutture, con l'accelerazione dei cantieri già pronti per partire, la conoscenza e il capitale umano, l'efficienza del settore energetico, i costi della burocrazia nei confronti del sistema economico, la produttività, il lavoro, il Mezzogiorno.
Dobbiamo accelerare l'utilizzo dei fondi strutturali europei rispettando gli impegni presi con la Commissione europea, e pertanto dobbiamo assicurare che il Patto di stabilità interno permetta il cofinanziamento per le opere immediatamente cantierabili. Gli interventi a favore delle imprese e del lavoro partono dalla completa deducibilità della componente lavoro dall'IRAP, l'imposta regionale sulle attività produttive. Viene affermata la deducibilità integrale dalle imposte dirette dell'IRAP calcolata sulle spese non dedotte relative al personale e assimilato, in deroga al principio generale di indeducibilità dell'IRAP dalle imposte statali. In questo modo, si elimina una forte penalizzazione alle imprese che assumono lavoratori. In termini di equità, l'intervento elimina il favore verso l'indebitamento come fonte di finanziamento delle imprese, con una specifica clausola di favore per l'impiego di giovani e di donne.
Viene altresì anticipata dalla delega fiscale l'introduzione del meccanismo cosiddetto ACE, che attua una riduzione delle imposte sugli utili commisurata al rendimento del nuovo capitale immesso nell'impresa. Tale intervento ha lo scopo di spingere le imprese a raccogliere capitale, riducendone il costo e accrescendo così la capitalizzazione del sistema produttivo. Viene rifinanziato il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Si tratta di una misura che, agendo sui coefficienti di moltiplicazione, consente di fornire credito per oltre 20 miliardi di euro a piccole e medie imprese che non avrebbero accesso al sistema bancario. Tale intervento ha anche l'effetto di dare sostegno alle banche, rendendo meno costoso il credito a questa tipologia di imprese, oggi particolarmente colpite dalla crisi finanziaria. Vengono stabilizzate e rese durature tutte le detrazioni per interventi di ristrutturazione immobiliare e di efficientamento energetico. Tali agevolazioni vengono doverosamente estese alle aree colpite da calamità naturali in precedenza escluse (Commenti del deputato Guido Dussin).
Infine, il decreto prevede un pacchetto di interventi di carattere ordinamentale che hanno, tuttavia, un effetto di emergenza sbloccando cantieri e infrastrutture che trovano ostacoli di natura amministrativa. A tal fine è stata fissata una riunione del CIPE domani, con l'obiettivo di mobilitare almeno 5,2 miliardi di euro, Pag. 14sbloccando interventi e accelerando le procedure di attivazione, in particolare in favore di alcune grandi opere ferroviarie: Alta velocità, AC Treviglio-Brescia, terzo valico dei Giovi, il Mose e gli interventi di manutenzione straordinaria diffusi su tutto il territorio nazionale di ANAS e Rete ferroviaria italiana. Sono previsti anche diversi interventi nel Mezzogiorno (Commenti del deputato Torazzi) come la strada statale 106 ionica, la metropolitana di Napoli, la strada statale Palermo-Agrigento, il porto di Taranto (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). L'Italia risanerà la propria economia quando riuscirà a spingere verso l'emersione le vaste aree di economia sommersa, di evasione, di diffusa elusione.

ALBERTO TORAZZI. L'evasione del Mezzogiorno (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

MARIO MONTI, Presidente del Consiglio dei ministri. A tal fine il decreto prevede un'azione sistematica e di lungo periodo che parte da un'azione generale di promozione dell'uso della moneta elettronica e della fatturazione telematica. L'uso del contante come mezzo di pagamento viene consentito esclusivamente per le transazioni inferiori a 1.000 euro. Si ricorda che la diffusione del contante è anomalia propria del sistema economico italiano e che essa, sulla base di documenti ufficiali dell'Associazione bancaria italiana, costringe il sistema economico a sopportare costi non espliciti (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)...a sopportare costi non espliciti di circa 10 miliardi di euro annui. Il Presidente del Consiglio convocherà le associazioni di categoria per esprimere il meccanismo di tassazione a beneficio delle imprese individuali di piccole dimensioni e professionisti attraverso l'eliminazione dall'IRPEF di parte dei redditi d'impresa. Auspico che all'accresciuto volume di transazioni corrisponda un'adeguata riduzione dei costi di commissioni e servizi. I pagamenti della pubblica amministrazione avverranno esclusivamente mediante l'utilizzo di strumenti telematici. Quale anticipazione della delega fiscale, è deliberata l'introduzione di un meccanismo di tassazione a beneficio delle imprese individuali di piccole dimensioni e professionisti. Tale intervento favorisce l'emersione del sommerso.
Nell'ottica di una riforma strutturale dei freni che hanno costretto l'economia italiana ad una sostanziale stagnazione, è previsto un forte pacchetto di liberalizzazioni e di promozione della concorrenza. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato potrà impugnare in giudizio i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni restrittivi della concorrenza e potrà sollevare questioni di legittimità costituzionale delle leggi che ostacolano il libero sviluppo dei mercati. Questo potrà favorire la liberalizzazione dei servizi pubblici locali.
Sono previste liberalizzazioni dei trasporti ferroviari, marittimi ed aerei e della vendita di farmaci di fascia «C», purché in presenza di farmacisti in parafarmacie site in comuni con più di 15 mila abitanti. La regolazione sui servizi idrici è affidata all'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con contestuale soppressione della Commissione nazionale di vigilanza sulle risorse idriche e dell'Agenzia nazionale per la regolazione e vigilanza in materia di acque. È abrogata l'Agenzia nazionale per la regolamentazione del settore postale. Le funzioni vengono trasferite all'Autorità garante per le comunicazioni.
L'intervento strutturale - ho quasi terminato - a riduzione della spesa ha come suo momento centrale un completamento della sistematizzazione della previdenza. Il provvedimento sulla previdenza rappresenta una riforma strutturale di lungo periodo e affronta con determinazione il tema dell'equità tra diversi trattamenti, con l'estensione a tutti del calcolo contributivo per la determinazione del trattamento pensionistico fin dal 1o gennaio 2012, nonché il tema dell'equità intergenerazionale per ridurre il grave squilibrio oggi esistente a danno dei giovani. Forse non vedrete un capitolo intitolato ai giovani, ma sono sicuro che state cogliendo i Pag. 15diversi punti del sistema ed i diversi punti delle nostre politiche, nei quali la preoccupazione per i giovani è centrale.
L'intervento si muove su quattro direttrici: la prima direttrice è l'estensione del calcolo contributivo (forse questo lo ho già letto); la seconda direttrice, che della prima è conseguenza e insieme presupposto, insiste sul tema dell'equità intergenerazionale; la terza direttrice riguarda l'introduzione di maggiore flessibilità nell'età di pensionamento; infine, la quarta direttrice è quella della semplificazione. La riforma si concentra soprattutto sull'eliminazione di particolari regimi previdenziali e procedurali e, tra questi, quello delle cosiddette finestre mobili. Il pilastro della riforma è l'affermazione del sistema contributivo come criterio di calcolo delle pensioni per tutti. Il meccanismo viene applicato pro rata ai lavoratori che sono ancora soggetti al sistema di calcolo retributivo. Vi è un'accelerazione del processo di convergenza del trattamento pensionistico di uomini e donne. A tal fine è previsto l'innalzamento dell'età di pensionamento delle lavoratrici dipendenti del settore privato e di quello autonomo e la progressiva equiparazione ai lavoratori uomini. La progressione prevede l'innalzamento di un anno ogni 24 mesi, con conseguente completamento nel 2018.
Vengono conservate le pensioni di anzianità con 42 anni e un mese di contributi per i lavoratori e con 41 anni e un mese per le lavoratrici. Tra i diversi trattamenti previdenziali, vengono gradualmente elevate le aliquote contributive per i lavoratori autonomi, artigiani e commercianti.
Al fine di determinare minori spese correnti per il prossimo biennio, è stato deciso il blocco dell'adeguamento all'inflazione dei trattamenti previdenziali superiori al doppio del trattamento minimo. L'adeguamento all'inflazione resta pieno per le pensioni minime e possiamo ora dire, grazie ai proventi della misura sullo scudo fiscale, che resta piena la copertura dell'inflazione fino alle pensioni che sono pari a due volte il minimo e che non sono pensioni ricche (sono pensioni di circa mille euro al mese). Viene anticipata l'istituzione, a titolo sperimentale, dell'IMU, con la contestuale importante rivalutazione delle rendite catastali.
L'IMU, l'imposta municipale propria, elaborata da un approfondito lavoro di questo Parlamento, è il tributo comunale che, a decorrere dall'anno 2012, sostituirà l'ICI, assorbendo nello stesso tempo l'Irpef relativa ai redditi fondiari degli immobili non locati. La base imponibile dell'IMU è costituita dal valore catastale del bene. Il valore catastale, significativamente inferiore al valore commerciale degli immobili, viene rivalutato per tenere conto di tale differenza. I comuni godono di ampia flessibilità nella fissazione dell'aliquota. In ogni caso, la tassazione della prima casa è effettuata secondo un'aliquota ridotta e con una franchigia di 200 euro. Una quota del gettito dell'IMU sarà attribuita allo Stato, mentre continuerà ad operare il Fondo di riequilibrio che ha sostituito i trasferimenti erariali.
È previsto anche un incremento delle accise sui carburanti. Tutte le disposizioni che introducono nuove forme di tassazione perseguono le medesime finalità: garantire alle casse dello Stato la liquidità necessaria per onorare il nuovo vincolo costituzionale del pareggio di bilancio ed insieme riconquistare la solidità finanziaria che soprattutto negli ultimi mesi ha penalizzato l'Italia sui mercati europei ed internazionali. Gli interventi di natura fiscale si completano con un'azione su alcuni beni segno di manifesta ricchezza, che proseguono nel solco di far partecipare il patrimonio agli sforzi del Paese.
In applicazione degli impegni con l'Unione europea viene data piena applicazione alla cosiddetta «clausola di salvaguardia» assicurando certezza normativa alla copertura delle maggiori entrate previste, attraverso un aumento dell'IVA del 2 per cento a partire dal settembre 2012. Tale provvedimento ha il duplice scopo di consolidare il percorso di rientro del disavanzo e di evitare una riduzione drastica delle detrazioni e deduzioni a favore delle famiglie, che verranno rimodulate e razionalizzate in provvedimenti successivi. Questi, Pag. 16 signor Presidente, onorevoli deputati, sono i principali provvedimenti che caratterizzano il pacchetto di misure e prefigurano l'attività di Governo nei prossimi mesi.
Devo chiedere comprensione prima di tutto sul piano dei tempi, perché ho visto diffusa nella stampa - ma mi ha anche fatto piacere - una grande impazienza perché il Governo procedeva con eccessiva lentezza alla messa a punto di queste misure. Vi prego di tener presente che sono passati diciassette giorni tra il giorno in cui ci avete onorato della vostra fiducia e ieri, mentre in passato - mi sono informato - i tempi per una normale manovra finanziaria - e forse questa è un po' più che normale - erano dell'ordine delle cinque settimane (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevole Dal Lago, la prego...

MARIO MONTI, Presidente del Consiglio dei ministri. In secondo luogo, devo chiedere la vostra comprensione per un fatto che è caratteristico e vorrei dire costitutivo di questo nostro Governo.

ALBERTO TORAZZI. Non siete stati votati da nessuno!

PRESIDENTE. Onorevole Torazzi, la richiamo all'ordine!

MARIO MONTI, Presidente del Consiglio dei ministri. Nessuno di voi, nessuno dei vostri gruppi sarà contento e soddisfatto di ciò che abbiamo portato qui, non potete esserlo. Deluderemmo le vostre attese se lo foste, perché è nella natura di questo Governo e del mandato che da voi ci è stato conferito di cercare di far contribuire il Paese, con sacrifici ragionevoli e distribuiti in modo equo, ad un'operazione nell'interesse comune. E io sono grato alle forze politiche che ho consultato e che con discrezione ed incisività al tempo stesso - vi assicuro sia sulla discrezione sia sull'incisività - mi hanno dato le loro prospettive, le loro valutazioni, le loro preferenze e le loro insofferenze. Sono grato alle forze politiche perché hanno consentito a noi, ultimi venuti, estranei al vostro mondo in larga parte, di preparare un pacchetto che riteniamo bilanciato ed accettabile. Infine, voglio concludere osservando che questo è ovviamente solo l'inizio.
Dal punto di vista dei carichi non proporremo altrettante misure ogni 17 giorni (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Di questo vi posso assicurare. Speriamo che non sia necessario. Ciò dipenderà anche dalla tempestività con cui il Parlamento riterrà di dare approvazione, e cioè conversione in legge, dopo tutti i dibattiti che saranno necessari, a queste misure.
Ma questo è un primo passo anche in un altro senso: avete visto, avete sentito, sapete - il Presidente Berlusconi lo sa particolarmente, perché la sua lunga esperienza è ancora recente - di quanto ciò che si fa qui venga scrutinato, valutato, discusso, valorizzato o meno, in sede europea. E sappiamo anche, me lo avete manifestato in tutte le occasioni dei vostri interventi precedenti, che l'Italia è pronta a fare ciò che deve fare, ma non vuole che l'Europa non faccia lei ciò che deve fare (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Misto-Alleanza per l'Italia).
Vi assicuro che armato, se voi vorrete, di questo pacchetto, potrò, a nome del Governo e a nome del Paese, rappresentare in Europa con più vigore, con più forza, con più credibilità, che non deriva dalla persona, ma da quello che l'Italia fa in casa propria, le posizioni che riteniamo migliori per uno sviluppo equilibrato e armonico dell'Unione europea, ancoraggio sicuro per l'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Popolo e Territorio, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia).

Pag. 17

PRESIDENTE. Grazie, signor Presidente del Consiglio dei ministri.

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà per sette minuti.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio dei ministri, colleghi, le nostre scelte politiche in questo mese così drammatico sono state dominate dalla preoccupazione per la gravissima situazione dell'euro e della finanza europea e per i riflessi che essi potevano avere sull'Italia. Abbiamo pensato alle conseguenze che scelte sbagliate potevano avere sui risparmiatori italiani, su chi lavora come imprenditore, su chi lavora come lavoratore autonomo, su chi lavora come lavoratore dipendente. E per questo, onorevole Presidente del Consiglio, abbiamo dato via libera al suo Governo mentre, in condizioni normali, avremmo scelto le elezioni come via per garantire il libero sviluppo della democrazia nel nostro Paese.
Aggiungo anche che rivendichiamo l'azione che il nostro Governo, il Governo Berlusconi, ha svolto, sia sul terreno delle riforme (la scuola, l'università, la pubblica amministrazione, il federalismo fiscale) (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Popolo e Territorio), sia per quanto concerne interventi in tema di politica economica per cui noi abbiamo avuto una diminuzione del rapporto deficit-PIL e un aumento dell'avanzo primario.
Noi ci troviamo in una situazione assai seria; il decreto-legge che è stato preparato appartiene evidentemente tutto all'elaborazione ed alla riflessione del Governo. Diamo riconoscimento, onorevole Presidente del Consiglio, del lavoro svolto in tempi rapidi e brevi. Non è venuta da noi la sollecitazione, che sarebbe stata demagogica, a lavorare in tre giorni. Certamente, dobbiamo dire che se l'avessimo elaborato noi, non l'avremmo approntato in modo identico. Infatti, ad esempio - si tratta dell'elemento più netto di differenza -, noi non avremmo rimesso l'ICI sulla prima casa che avevamo tolto, provvedimento sul quale esprimiamo la nostra netta riserva (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Popolo e Territorio). E, per altro aspetto, invece, sulle parti riguardanti la crescita, che sono presenti nel decreto-legge, che avete elaborato sull'impresa e sulle infrastrutture noi troviamo la più netta continuità con il precedente Governo, con quello che era stato elaborato e preparato e diamo atto, quindi, della possibilità di una collaborazione proficua (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Popolo e Territorio).
Signor Presidente del Consiglio, lei ci ha interpellato e ci ha invitato a riflettere sull'Europa, e questa è la riflessione che questo Parlamento deve svolgere nel momento in cui si misura con provvedimenti che - diciamoci la verità - incidono sulla realtà sociale del Paese, determinano dissensi, che sono del tutto legittimi, e creano problemi sociali con i quali ci dobbiamo misurare.
Facciamo i conti con questa realtà difficile, tuttavia, nel momento nel quale l'Europa ci interpella, ma abbiamo, nello stesso tempo, il diritto di interpellare, a nostra volta, l'Europa. Non vi è dubbio, infatti, che sulla situazione non soltanto del nostro Paese, ma di tutti i Paesi europei, grava un problema, e l'interrogativo che ci dobbiamo porre è il seguente. L'intervento così incisivo che facciamo oggi, come quelli altrettanto incisivi che abbiamo fatto nel passato, non corrono il rischio di essere vanificati se, a livello europeo, non ci si misura - e questo dovrebbe essere materia di riflessione per la Merkel e per Sarkozy, che tante lezioni, a proposito e a sproposito, hanno dato nel passato (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) - con il dato strutturale e costitutivo della realizzazione del Trattato?
Lei sa meglio di noi, onorevole Presidente del Consiglio, che non si dà moneta Pag. 18unica se, alle spalle di questa moneta unica, non c'è un omogeneo governo dell'economia se non ci sono politiche economiche simmetriche dei vari Paesi europei omogenee, non c'è una banca di riferimento che non sia quella limitata alle azioni che fa la BCE (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Vi sono, invece, i grandi modelli, che sono di fronte a tutti noi. Chi ha alle sue spalle il dollaro? E cosa ha alle sue spalle la sterlina? Le grandi banche centrali come la FED. In altri termini, l'esperienza del mondo contemporaneo mette in evidenza questo punto debole dell'Europa.
Dunque, onorevole Presidente del Consiglio, noi ci misuriamo con dati programmatici e con interventi che creano seri problemi sociali ed anche elettorali. Infatti, mi consenta, in democrazia, vi è la legittimità di avere il problema del consenso tra i partiti e l'opinione pubblica, che rivendichiamo come dato costitutivo di questa democrazia e di questa Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), respingendo al mittente coloro che vorrebbero annullare la dialettica democratica fondata sul Parlamento, fondata sui partiti, fondata sul rapporto fra partiti, opinione pubblica e forze sociali. Ebbene, è legittimo chiedere ciò.
Noi non stiamo dando vita ad un Governo consociativo: le differenze politiche che esistono fra noi e il PdL rimangono inalterate (Commenti)... fra noi e il PD rimangono inalterate. Ma c'è un dato che ci guida: quello di fare i conti con questa realtà europea. Noi ci misuriamo con tutto ciò, ma è necessario, onorevole Presidente del Consiglio, che lei, forte di questo contributo, si misuri, in termini non puramente diplomatici, con una realtà europea che ci crea dei problemi, e con questi problemi strutturali credo che ci dobbiamo misurare (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Popolo e Territorio - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Franceschini. Ne ha facoltà, per 7 minuti.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, lei ha premesso all'elenco delle misure contenute nel decreto un quadro sulla gravità della situazione nel nostro Paese, sull'emergenza, quell'emergenza e quella gravità di cui noi parliamo da due anni in quest'Aula. Non dimentichiamo e la sua missione - la nostra missione - è esattamente quella di salvare l'Italia (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
La ragione sociale attorno alla quale è nato questo Governo - è un Governo sostenuto da una strana maggioranza parlamentare di avversari politici, che sanno di esserlo e sanno che torneranno ad esserlo alle prossime elezioni - è esattamente questa, e i dati di oggi, i dati dello spread, sono un segnale che, quando arrivano le misure, si può tornare a credere nelle capacità dell'Italia di uscire dalla crisi.
Tutti sappiamo che è stato difficile mettere insieme un decreto perché normalmente, nella normalità dei Paesi, dei sistemi costituzionali, c'è una maggioranza politica che si presenta agli elettori con un programma e poi gli atti sono dettati dalla coerenza con quel programma e dalla compattezza della coalizione.
Questa è una manovra che nasce, invece, come specchio della situazione inedita in cui ci troviamo ad operare, in modo duro e difficile; vi ringraziamo per il lavoro che avete fatto, lavorando in mezzo all'emergenza, ai vincoli imposti dall'Unione europea e all'esigenza di fare la sintesi possibile tra posizioni così alternative e così diverse. Sia noi che la destra, il Popolo della Libertà, probabilmente avremmo fatto due manovre diverse; avremmo rispettato gli impegni europei ma facendo due manovre diverse, tra di noi e diversa da questa. Noi avremmo lavorato per una maggiore equità, per brevità riporto soltanto i titoli: un intervento più graduale sulle pensioni, uno scalone meno improvviso, non dimenticandosi di chi vede alzarsi l'età non mentre sta lavorando ma avendo già perso il lavoro, non dimenticandosi dei lavoratori Pag. 19precoci (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico); avremmo voluto e vorremmo una franchigia maggiore per l'IMU sulla prima casa; avremmo voluto invece di più sui grandi patrimoni, sulle rendite finanziarie; avremmo cercato risorse sulle frequenze televisive e sulla dismissione del patrimonio pubblico immobiliare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). La destra, probabilmente avrebbe fatto altre scelte.
Signor Presidente del Consiglio, nessuna delle cose che abbiamo in mente e che le abbiamo detto negli incontri, in un momento complicato e difficile, è dettata dal problema dei voti e del consenso, ma sono dettate invece dal rispetto del principio, che non si deve mai dimenticare, di giustizia sociale perché ogni cittadino italiano, a cui in queste ore si va a chiedere un sacrificio, deve sentire, deve avvertire che il sacrificio è chiesto ad ognuno in base ai propri mezzi e che non ci saranno più furbizie, non si tollererà più chi da anni viola le regole ed evade, commettendo un delitto contro la propria comunità, una vigliaccheria contro la propria comunità, quella in cui vive (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Per questo noi vogliamo, e continueremo a lavorare ponendo un impegno molto forte sull'evasione fiscale; le proposte che le abbiamo fatto nell'incontro ufficiale e che quindi possiamo riportare qui, e che sono state, non totalmente, ma parzialmente positivamente accolte, miravano esattamente a questo: la tracciabilità dei pagamenti, anche se noi vorremmo meno di quei mille euro perché la scomparsa del contante rappresenta una grande modernizzazione del Paese; contante che crea nero e crea evasione.
Vorremmo poi un prelievo maggiore sullo scudo fiscale perché se si deve chiedere un contributo di solidarietà, lo si chieda a chi ha violato la legge, a chi ha esportato capitali illegalmente e ha pagato solo il 5 per cento! (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). C'è un primo segnale in tale direzione e siamo soddisfatti che ciò abbia consentito di lasciare l'adeguamento dell'indicizzazione anche alla fascia di pensione tra i 460 e i 950 euro; è un primo segnale. Ricordiamo che basterebbe oggi, far diventare quell'1,5 per cento sullo scudo fiscale, il 2 per cento, per poter aumentare la fascia in cui indicizzare le pensioni, anche per chi prende millecinquecento, duemila euro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Vorremmo che questo tema della lotta all'evasione, lo voglio dire anche al Popolo della Libertà, non fosse la nostra bandiera, vorremmo che il rispetto delle regole e la lotta all'evasione fiscale fosse una battaglia comune di tutte le forze politiche che siedono in questo Parlamento; che non c'entrassero niente destra e sinistra (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Noi insisteremo su queste cose, insisteremo nel tratto di strada che abbiamo davanti, sapendo che a questo siamo chiamati: mettere in campo idee, perché la sintesi si trova mettendo in campo le idee e difendendo le posizioni. Oggi, lei riceve una forza da questo Parlamento, l'ha chiesta e la sta ricevendo. Queste scelte, la forza che anche noi, le forze politiche, i partiti, il Parlamento, le diamo con la nostra scelta - quella forza che per noi comporta anche qualche incomprensione con l'elettorato, perché voi siete un Governo tecnico, ma nella politica c'è il rapporto con l'opinione pubblica, con i ceti sociali che si rappresentano, che hanno drammi, che hanno bisogni e che ci chiedono a tutti di essere qui rappresentati - la usi per far sentire la voce e il peso dell'Italia sui tavoli europei; le chiediamo che torni l'orgoglio di un grande Paese fondatore dell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questa nuova forza le chiediamo di usarla con l'Europa, con un grande Paese come la Germania perché dimostri più coraggio, che riscopra la sua vocazione europeista, che dimostri meno egoismi perché non è il momento degli egoismi. Pag. 20
Usi i sacrifici dolorosi che ogni italiano dovrà fare per avere forza su quei tavoli.
Noi le chiediamo questo: di difendere il welfare come ragione fondativa dell'Unione europea, come carta della competitività del futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), di chiedere una tassa sulle transazioni finanziarie sul piano europeo, di difendere il principio che la sovranità nazionale si cede alle istituzioni europee e non ci si rassegna ad una Europa fatta solo di accordi intergovernativi tra alcuni Paesi.
Questo è il suo compito e questo è il nostro compito: non soltanto salvare l'Italia, ma salvare e costruire l'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà per sette minuti.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, lei aveva l'ambizione di far ripartire l'economia e di creare nuovi posti di lavoro e invece, con questa manovra, non creerà un solo posto di lavoro e deprimerà ulteriormente l'economia del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Questa manovra non ci piace perché non è rigore, non è crescita e non è equità.
Non è rigore perché aumenta le tasse e non taglia nessuno degli sprechi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Non è crescita perché contribuirà ad ammazzare la nostra economia - altro che farla progredire - e non è per niente federalista per cui non è equa, anzi fa pagare sempre chi ha lavorato e chi ha mantenuto finora tutto questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Partiamo dalle pensioni, che è la parte che ci è più odiosa, perché colpisce chi ha lavorato, chi ha fatto dei calcoli, chi ha delle legittime aspettative. È odiosa perché colpisce chi ha lavorato tanti anni ed ha mantenuto con il proprio lavoro tanta gente che invece è veramente parassita.
Qui viene toccato tutto: viene aumentata l'età pensionabile degli uomini e delle donne - mi scusi Presidente del Consiglio, ma questi sono fatti certi -, penalizzando in questo modo chi invece vuole entrare nel mondo del lavoro e cioè i giovani (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Vengono abolite le quote e le finestre e viene colpito anche chi vive con meno di mille euro al mese di pensione, altro che la gente che sta bene!
Nessun adeguamento per l'anno prossimo a chi ha più di novecento euro di pensione e questa suona veramente come una cattiveria nel momento in cui invece ci sono altre tasse che si vanno a creare.
Le aliquote sui lavori autonomi, sugli artigiani e sui commercianti colpiscono chi ha sempre pagato tra queste categorie, non quelli che evadono, cioè sempre gli stessi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), sempre e solo loro.
E poi l'abbiamo capito negli ultimi venti secondi del suo discorso, alla fine: la patrimoniale. Avete introdotto la patrimoniale, l'avevamo detto: andrete a colpire le ricchezze vere delle nostre famiglie e la ricchezza vera, in questo Paese, è la prima casa e voi state colpendo la prima casa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), quella che, per tenerla insieme, per ristrutturarla, se la si è ereditata, o per comprarla, la gente ha fatto sacrifici o ha lavorato anni o ha fatto calcoli. E voi andate a distruggere questi calcoli con delle misure che sembrano veramente misure degne del più centralista tra i Governi che abbiamo mai visto. Infatti l'ICI almeno finiva nelle tasche dei comuni, mentre queste nuove misure finiscono nelle casse dello Stato e colpiscono quei territori - il Nord soprattutto - dove c'è il catasto, dove gli immobili non sono elusi, non colpiscono quei territori dove il catasto non esiste (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Questo è veramente ingiusto! Pag. 21
Parlate poi anche di altre misure che vorreste spacciare per patrimoniale, quale quella sulle barche che avrà l'unico effetto di colpire il turismo nautico. Aumentate pure la benzina, aumentate l'IVA del 2 per cento, ma bloccate le pensioni sopra i novecento euro. Questa è una vergogna per quelli che vivono con mille euro di pensione al mese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). In questo modo voi andate a creare inflazione che deprimerà l'economia.
Questo è quello che si sta apprestando. Accolgo con favore le parole del collega Cicchitto: non è questo che noi abbiamo voluto però, collega Cicchitto del PDL, coraggio, perché ora arriveranno i nostri emendamenti in aula e vediamo come voteremo su queste proposte.
Onorevole Franceschini, a voi non piace la riforma sulle pensioni. A parte che il suo intervento mi sembrava di uno che non ha letto e non ha capito di che cosa stiamo discutendo, perché parla di misure che non sono contenute nella manovra (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Vedremo che cosa farà il PD a difesa dei lavoratori, dei pensionati e di quelli che lavorano. Vedremo i voti in aula se saranno conseguenti.
«Eliminare gli sprechi»: io vedo solo che c'è la reintroduzione di un ente inutile che noi avevamo soppresso, l'ICE (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Andate a chiedere agli imprenditori che lavorano all'estero, agli imprenditori veri, che hanno le fabbriche in Padania o nel nostro Paese, a cosa serva l'ICE: vi diranno che non serve a niente, che serve a delocalizzare, ed è per questo che l'ICE andava chiuso e voi invece lo riaprite.
Non tagliate le spese inutili, sono tutti favori che si fanno alla burocrazia. Avete parlato del fondo di garanzia per le piccole imprese con belle parole. Sembra che siano fondi che vanno alle piccole aziende. No: finiranno alle banche questi fondi, perché sono fondi destinati ad essere incassati dalle banche che tentano di coprire in questo modo i buchi di bilancio che hanno.
Riguardo alla moneta elettronica, è questa la lotta all'evasione? Se uno fa «nero, nero, nero» e non paga le tasse, è questo il problema? Continuerà a fare allo stesso modo e chi guadagnerà saranno le banche. Infatti, anche se scrivete che non mettono commissioni, non potete dire che le carte di credito non vengono fatte pagare dai commercianti e quindi c'è un'ulteriore inflazione, un ulteriore prezzo occulto, incasso da parte delle banche, che pagano alla fine tutti i cittadini di questo Paese.
Lo avevamo detto: questa manovra non sarà una manovra fatta per chi lavora e per chi produce, ma sarà una manovra delle banche e dei burocrati di Stato tesi a difendere i loro privilegi e i loro interessi. Non ho visto tagli al Ministero degli esteri, per esempio. Per forza, non potrei aspettarmelo. I signori Ministri sono tutte persone assolutamente degne, ma come può un ambasciatore andare a tagliare il Ministero degli esteri? Ho visto tagli al Ministero della difesa, ma come può un alto funzionario del Ministero farlo? Quanto ai tagli alle prefetture...

ROBERTO GIACHETTI. Ma se stavate al Governo fino a ieri!

MARIO CAVALLARO. Maroni era Ministro!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Toccate le province, ma non volete toccare le prefetture. La verità, colleghi, è che anche voi sapete che questa manovra non creerà un solo posto di lavoro e invece questo ci aspettavamo ed è questo che avevate promesso anche ai vostri elettori.
Lei non sa da che parte girarsi, Presidente, per creare posti di lavoro, lo capiamo. Getti la spugna adesso, finché è ancora in tempo. In questo vortice in cui lei è stato preso dalla burocrazia e dalla Pag. 22difesa di interessi precostituiti che in questa manovra non sono assolutamente toccati, registriamo anche delle cadute di stile.
Infatti, il Presidente del Consiglio può anche rinunciare alla sua indennità, ma dirlo in conferenza stampa, a neanche un mese di distanza dall'essere stato nominato senatore a vita, veramente fa arrabbiare tutti quelli che hanno sempre lavorato. Conoscendola, è davvero una caduta di stile, frutto probabilmente del clima che si è creato e dell'aspettativa, che non viene colta, creata attorno al suo Governo.
Noi non le abbiamo votato la fiducia, Presidente Monti, ma eravamo disposti a valutare i provvedimenti seri contro gli sprechi e per far ripartire l'economia, qualcosa a favore di chi ha lavorato, di chi lavora e di chi ha mantenuto sempre in piedi lo Stato. Invece, non vi è niente di tutto questo. Volete solo conservare i privilegi di chi ha continuato ad averli e di chi a tutt'oggi li avrà.
Lei avrà un'opposizione parlamentare in Aula da parte della Lega, avrete forze politiche e colleghi di maggioranza - perché voi siete tutta maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) - ed i nostri emendamenti e su questi dovrete dire di «sì» o di «no», assumendovene la responsabilità davanti al Paese.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Non vogliamo far parte di quelli che sono sempre stati costretti a subire. L'impressione che avete dato è che chi ha sempre lavorato deve continuare a lavorare, pagare e tacere. Noi vogliamo riprenderci in mano, invece, il nostro futuro.

PRESIDENTE. Deve concludere.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Quindi, noi ci opporremo qui e nel Paese alla manovra che volete far subire alla gente che ha sempre lavorato, che lavora e che produce (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, un Parlamento serio, prima di discutere di questi provvedimenti e di darne un giudizio nel merito secondo le singole voci, cerca di capire il momento che stiamo vivendo. L'euro è sotto attacco.
L'Europa deve decidere se fare o no nuovi passi che comportano cessioni di sovranità per ogni singolo Stato, anche per questo Parlamento. L'Italia è sull'orlo del baratro e non c'è arrivata a caso. Tutti sappiamo quali sono i problemi delle banche nell'erogazione del credito, quante le aziende che chiudono, quanti i giovani che vanno all'estero a cercare prospettive, quante le famiglie di ceto medio che stanno scivolando nell'area della povertà. Ma tutti sappiamo, soprattutto, quanto costerebbe, a partire dai cittadini più poveri di questo Paese, l'uscita dell'Italia dall'euro o il crollo dell'euro o il crollo dell'Europa.
Solo dopo queste premesse si può dare credibilmente un giudizio serio sulle parole del Presidente del Consiglio e sugli atti che questo Governo ha formulato. Siamo contenti? Siamo scontenti? Con quale stato d'animo siamo qui? Queste valutazioni, onorevoli colleghi, fanno parte della pur rispettabile categoria dei sentimenti, ma oggi siamo chiamati ad applicare, qui, oggi, prima che sia troppo tardi, non la categoria dei sentimenti, la categoria della politica.
Da almeno sei anni, prima con il Governo Prodi poi con quello Berlusconi, il mio partito e, da quando si è costituito, il Terzo Polo hanno chiesto di non rinviare scelte dolorose, come la riforma previdenziale, perché ogni rinvio ci sarebbe costato assai salato. C'è stato risposto, da Prodi, con l'abolizione dello scalone e, dal precedente Governo, che i conti previdenziali tutto sommato erano in equilibrio. Tutti sappiamo che non era così e che stavamo solamente scaricando sui nostri figli il costo dei nostri privilegi.
Di esempi su questa manovra, sulle singole voci, ce ne sarebbero tanti, penso Pag. 23ai voti solitari, a dire il vero in compagnia dell'Italia dei Valori, sull'abolizione delle province o sulle perplessità per un'abolizione affrettata dell'ICI che, peraltro, era l'unica tassa realmente federalista esistente. Per mesi, onorevoli colleghi, abbiamo ripetuto, non senza derisioni da parte delle vestali del bipolarismo, che nessuno avrebbe fatto queste scelte impopolari per il timore di perdere voti, né a destra né a sinistra. Solo un Governo, che noi chiamavamo di responsabilità nazionale - il Presidente Monti lo chiama di impegno nazionale, ma vedete voi qual è la differenza -, ci avrebbe fatto recuperare il tempo perduto.
Questo Governo oggi si assume l'onere di fare ciò che noi non abbiamo saputo fare. Questi sono esattamente i termini della questione. La politica può continuare nella logica della vigliaccheria o dello scaricabarile oppure assumersi da oggi la responsabilità della condivisione e della partecipazione all'impegno nazionale. Onorevoli colleghi, noi abbiamo scelto questa seconda strada. Non siamo contenti, ma siamo convinti. Non abbiamo soddisfazioni da esternare, ma siamo consapevoli che la strada da percorrere è esattamente quella che abbiamo identificato in questi anni.
Infine, vorrei rivolgermi, signor Presidente della Camera e signor Presidente del Consiglio, non solo a lei ma ai colleghi del Partito Democratico e del Popolo della Libertà. Noi abbiamo dato vita ad un Governo. In esso non siedono rappresentanti dei partiti, ma tante persone che stimiamo e che non ci sono certamente estranee. In Parlamento questo Governo non può essere figlio di nessuno e non possiamo avere pavidità o furberie nel sostenerlo (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Futuro e Libertà per il Terzo Polo). Per cui chiediamo a chi lo sosterrà, anche nel voto su questa manovra, di dar vita ad un coordinamento dei gruppi parlamentari che sia limpido, palese e trasparente.
Qui non si tratta di evidenziare tutto quello che noi avremmo fatto di diverso da voi e che non ci è stato possibile fare perché il Governo non è espressione diretta solo dei nostri partiti. È il bello della diretta e della politica. È sempre capitato così: tutti hanno sempre rimproverato di non riuscire a fare le cose perché c'erano alleati riottosi che non consentivano di farle o perché non avevano la maggioranza assoluta del 51 per cento. Siamo nella coerenza di tutto quello che è capitato, ma oggi noi siamo chiamati ad uno sforzo superiore, perché la politica non è commissariata, cari colleghi.
Basta con questi facili alibi e con questi espedienti ai quali si ricorre quando non si sa bene come uscire da uno stato di imbarazzo o di palese inferiorità. Noi non ci sentiamo commissariati. La dignità del ruolo del Parlamento si difende con i fatti, non con le parole. Tutti dicono che siamo e torneremo avversari. Per me va bene, ma la rottura su un punto è obbligatoria: il bene comune deve tornare ad essere la stella polare della politica e nell'era bipolare fino ad ora non lo è stato.
La manovra si può emendare o meno. Intanto, si discuterà nelle Commissioni. È chiaro che la celerità nell'approvazione di questa manovra è direttamente proporzionale all'efficacia che essa avrà, perché noi oggi abbiamo dato un segnale.

PRESIDENTE. Onorevole Casini, la prego di concludere.

PIER FERDINANDO CASINI. Ho terminato. Noi abbiamo dato questo segnale all'Europa. Non abbiamo fatto chiacchiere. In sede europea l'Italia, a lungo derisa, si è dimostrata un Paese che in condizioni di emergenza sa rispondere con i fatti.
Bene, se questa è la realtà, ci attende un anno e mezzo duro di lavoro. Inutile esercitarsi in previsioni o dietrologie: stiamo rispondendo, in particolare, al bisogno di futuro dei nostri figli (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Misto-Alleanza per l'Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

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BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, il sostegno di Futuro e Libertà e del Terzo Polo a questa manovra e, più in generale, al suo progetto di Governo da qui al 2013 non è e non sarà acritico o rinunciatario. È e sarà pieno e leale, che è cosa diversa, perché abbiamo la comune consapevolezza (credo con voi) che in gioco c'è la salvezza del nostro Paese, l'Italia tutta. Ci sentiamo pienamente partecipi e pienamente corresponsabili, consapevoli che la partita si giocherà non solo nelle sedi governative, ma anche nelle aule parlamentari dove - lo dico a scanso di equivoci - ciascuno di noi pro quota esercita la sovranità parlamentare.
Il peso delle misure di questo decreto-legge è anche forse soprattutto il peso dei ritardi di questi tre anni, ma direi meglio di questi vent'anni e dei governi che si sono succeduti. Negli anni buoni, in cui l'euro staccava il dividendo al bilancio dello Stato sui tassi d'interesse e l'economia mondiale non era così in crisi, non abbiamo risanato la finanza e non abbiamo riformato l'economia. Altri paesi lo hanno fatto e oggi hanno titolo per chiederci impegni gravosi prima di accedere a quelle richieste - fondate, ragionevoli e nell'interesse comune - di uno sforzo di solidarietà comune europea per mettere in sicurezza il debito sovrano degli Stati più fragili tra i quali oggi purtroppo c'è l'Italia.
È stato detto che con questa manovra l'Italia si rimette credibilmente in carreggiata. Lei avrà titolo già nei prossimi giorni per spingere risolutamente l'Europa ad affrontare con spirito comunitario una crisi che, se deflagrasse, non lascerebbe sul terreno nessun vincitore, nemmeno nei paesi che più hanno goduto dei vantaggi del mercato unico e della moneta unica. Oggi, mai come oggi, il destino europeo è comune. Siamo consapevoli che le misure che lei ci ha presentato sono oggi molto impopolari, ma sappiamo che l'impopolarità di oggi può e deve servire e servirà a scongiurare da qui a pochi mesi una situazione drammatica in cui a pagare di più sarebbero gli italiani più deboli cioè proprio i pensionati, i redditi bassi, i giovani e le donne.
Non era possibile evitare i sacrifici. Era necessario che fossero ripartiti in modo equo ed efficiente senza gravare sul potenziale di crescita. Che il Governo non abbia toccato l'IRPEF, come anche noi chiedevamo, e abbia ridotto l'IRAP e fiscalmente incentivato la ricapitalizzazione delle imprese, è un messaggio chiaro.
Il vantaggio fiscale, ora e ancora più in prospettiva, va alla produzione, alle persone che lavorano e alle imprese che investono. Nella sostanza, a chi continua a scommettere sull'Italia e non sul suo declino.
Il ritorno ad una robusta tassazione sul patrimonio abitativo è una scelta dura ma importante. L'avevamo tutti quanti - anche io avevo votato l'abolizione dell'ICI - archiviata, credo con qualche elemento di frettolosità, come ha detto il presidente Casini. Chiediamo, però, ai comuni attenzione sulla rivalutazione delle rendite catastali, perché fatte in modo automatico finirebbero per generare iniquità. Anche il carico sul patrimonio abitativo dovrà servire, in prospettiva, a ridurre il carico sul lavoro.
La manovra offre garanzie tangibili per la stabilità del sistema bancario. Dovrebbe essere chiaro - ma è bene ribadirlo - che l'obiettivo di queste misure è quello di favorire il credito alle famiglie e alle imprese. Questa manovra ha consolidato la tenuta e migliorato l'equità del sistema previdenziale. È una misura che non strapperà applausi, ma era necessario farla nell'interesse delle giovani generazioni e anche delle giovani generazioni del nostro Nord, Presidente Monti. Era necessario farla per poter credibilmente puntare al riequilibrio in una spesa sociale dove i capitoli della disoccupazione, della povertà, della famiglia e della casa oggi sono drammaticamente vuoti. Questa è la via per avere meno pensioni e più spesa sociale.
Nessuna facile illusione. I dati di oggi sugli interessi dimostrano che questa è la via per tornare credibili nei confronti di Pag. 25chi ci presta i quattrini e per uscire dalla trappola della spirale del debito pubblico, che cresce e alza i tassi. Equità significa aumentare il potenziale di crescita della nostra economia per dare prospettive ai giovani e possibilità di occupazione. Insieme ad alcune liberalizzazioni, le misure in favore delle imprese sono la prima iniezione di dinamismo. Sia chiaro, siamo solo all'inizio e abbiamo tanto tempo da recuperare.
Signor Presidente, con lealtà e franchezza potremo discutere - e discuteremo - su quello che c'è e su quello che non c'è (ad esempio, i tagli alla spesa pubblica che vanno fatti). Ma oggi bisognava rimettersi in carreggiata e credo che ci stiamo riuscendo. Vogliamo lavorare per un Paese libero, dove la legalità sia la regola, la corruzione un cancro da estirpare, la concorrenza il principio di efficienza economica, il merito il valore principale e la nazione un sentimento comune, e dove i privilegi non siano fonte d'invidia ma di censura. Su questo punto, la classe politica è chiamata a dare segnali forti ed inequivoci. Chi fa politica con passione e con convinzione non deve considerarsi, né può essere considerato, un peso per il Paese e, men che meno, un peso economico. Ma sta a noi sgombrare il campo dalle polemiche quando le polemiche hanno un fondamento. Grazie anche alla positiva azione del Presidente Fini e del Presidente Schifani, Camera e Senato rivedranno immediatamente il sistema dei vitalizi, aumentando l'età e introducendo, da subito, il sistema contributivo. È un passo dovuto e importante.
Le misure che lei ha testé ribadito sulle province rispondono a un obiettivo largamente condiviso, anche in quest'Aula, che noi votammo. Vado a concludere, signor Presidente. Da qui alla fine della legislatura dovremo, in Parlamento, mettere in pratica la riduzione del numero dei parlamentari nazionali, razionalizzando la rappresentanza nelle assemblee legislative a livello regionale e a livello nazionale.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Della Vedova.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Concludo, signor Presidente. Abbiamo tanto da fare, non ci sono pasti gratis e non sarà facile, ma non abbiamo alternativa alla via delle riforme. Credo che questo sia un primo passo, primo ma importante (Applausi dei deputati dei gruppi Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, consentirà, in premessa, di sollevare da parte nostra, da parte di Popolo e Territorio, qualche riserva rispettosa - ma, comunque, di riserva si tratta - sul metodo che lei, in qualche modo, ha inaugurato, presentandosi in questa occasione dopo avere consultato partiti politici, parti sociali e, sostanzialmente, escluso alcuni gruppi che sono presenti qui in Parlamento e che l'hanno investita anche responsabilmente, offrendole la disponibilità a ragionare e ad accompagnare il suo compito certo non facile, in una fase complessa e difficile del nostro Paese e dell'Europa.
Glielo voglio dire senza iattanza, Presidente del Consiglio, perché poco fa qualcuno ha richiamato l'attenzione sulla singolarità della situazione che stiamo, in qualche modo, tutti vivendo in Parlamento, dove esiste una maggioranza del tutto inedita e particolare e dove si rischia anche di essere un po' grotteschi - me lo consentirà - come si evince dall'intervento dell'onorevole Franceschini con il suo: «vorrei, ma non posso» e dall'intervento dell'onorevole Casini, che ha detto tutto e il contrario di tutto, evocando la necessità di una politica che torni ad essere quel luogo del confronto e delle idee e che recuperi anche un suo ruolo distintivo, ma poi ha dovuto ammettere candidamente che questa situazione è figlia sostanzialmente del fallimento della politica.
Questo significa che il compito che le è stato affidato è un compito davvero titanico e noi lo guardiamo con grande rispetto. La sua fortuna politica - uso Pag. 26questo termine con grande attenzione - sarà valutata soprattutto nella misura in cui quelle tre formule che lei ha annunciato qui in Parlamento nel momento in cui ha chiesto la fiducia - cioè rigore, equità e crescita - rappresentino la misura armonica e non un disequilibrio rispetto ai tre fattori che lei correttamente ha messo in campo.
Noi siamo convinti quanto lei - e lo diciamo dal punto di vista dell'analisi politica - che davvero in Italia e in Europa - in particolare in Italia - in questo momento ci sia bisogno di rigore, ma anche di creare le condizioni per lo sviluppo. Vorremmo osservare che in questo documento negli interventi che lei ha presentato c'è ancora una carenza sotto il profilo della crescita. Ci sono alcuni argomenti che sono stati annunciati, ma non ancora presentati in Parlamento. Penso al mercato del lavoro, dove evidentemente andremo ad analizzare in futuro il preannunciato disegno di legge per capire esattamente quali saranno le misure che, intervenendo sul mercato del lavoro, sostanzialmente creano condizioni diverse, non solo per facilitare l'ingresso nel mondo del lavoro dei giovani, ma anche e soprattutto per consentire alle imprese, oggi, di essere nelle condizioni di occupare senza vincoli e senza rigori.
Lei sa meglio di me, avendolo più volte scritto sul Corriere della Sera, che in Italia abbiamo un problema di rigidità soprattutto in uscita dal sistema produttivo. Questo è un argomento che - forse per quell'equilibrio politico che anche lei in qualche misura sta cercando - esce fuori dai parametri sui quali si è soffermato il suo Governo in questi diciassette giorni. Mi auguro che per lei - davvero lo dico senza riserve - il 17 sia un numero che porti fortuna - me lo auguro davvero dal profondo del cuore - e che porti fortuna sopratutto agli italiani perché non vorrei che, dopo la chirurgia, il paziente comunque sia deceduto.
Siccome oggi ci preoccupiamo soprattutto dello stato di salute del nostro Paese e degli italiani, mi consenta di dire che noto in questi interventi, per esempio, una mancanza - e lo dico anche alla sinistra che in passato su questi argomenti più volte ha richiamato l'attenzione del precedente Governo - del sostegno al reddito, anche se la legge di stabilità aveva rifinanziato la cassa integrazione guadagni e la cassa integrazione in deroga. Occorre, in qualche modo, sistematizzare il meccanismo degli ammortizzatori sociali, che oggi rappresentano un dato normalmente statico, che blocca quello che può essere invece un fattore dinamico agganciato ad una riforma sostanziale degli ammortizzatori.
Si ritocca sostanzialmente il sistema previdenziale, il sistema delle pensioni: sono state abolite le cosiddette finestre e, a differenza di qualche collega che prima ha criticato questo aspetto, personalmente giudico ciò positivo, perché almeno non ci sarà un periodo in cui non vi è né reddito da lavoro né reddito da pensione, ma occorre rilevare che da questo momento in poi l'innalzamento dell'età pensionabile è un dato assolutamente definitivo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,30)

SILVANO MOFFA. Ma sui regimi previdenziali, credo che le misure di equità, in qualche misura, bisognerà aumentarle se è vero, come è vero, che abbiamo un sistema sostanzialmente disallineato, poiché ci sono ancora dei privilegi, ad esempio per quanto riguarda alcune casse di professionisti, che non possono pensare di restare al di fuori del sistema contributivo. Vorrei capire se su questo argomento c'è la volontà di intervenire.
C'è ancora da fare, per esempio, nel campo della totalizzazione, dove mi auguro che ci possa essere una sostanziale correzione di un'ingiustizia che ancora vige, se si pensa in particolare alla questione non risolta della ricongiunzione, ora sempre e comunque onerosa, di periodi assicurativi presso differenti enti di previdenza obbligatoria, che ha suscitato tante preoccupazioni tra i lavoratori.
Infine mi consenta di dire: mi auguro che ci sia spazio perché il Parlamento, Pag. 27recuperando un minimo di dignità politica, possa anche ragionare con il Governo su qualche aggiustamento rispetto alla manovra che viene presentata; per esempio io sono assolutamente contrario e noi siamo contrari ad una indicizzazione delle pensioni valida soltanto per quelle al di sopra del doppio del minimo, quindi per quelle che oggi raggiungono a malapena i 900 euro. Credo che bisogna assolutamente alzare questo livello, magari colpendo con una tassa di solidarietà le pensioni baby se vogliamo in qualche modo introdurre elementi di equità in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio)!
Concludo anche richiamando l'attenzione sulla tassa patrimoniale che indubbiamente oggi va a gravare ancora di più sull'abitazione, sulla prima abitazione in particolare. Una volta, soprattutto a destra, si diceva che quella era la tassa più iniqua, il balzello più iniquo che colpiva la proprietà ed il risparmio dei cittadini...

PRESIDENTE. Onorevole Moffa, la invito a concludere.

SILVANO MOFFA. ...ma perché mai dobbiamo tornare a vessare quella parte di popolazione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio) sapendo che non è...

PRESIDENTE. Grazie onorevole Moffa. Ha chiesto di parlare l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, la crisi economica è drammatica, ne siamo consapevoli, i rischi che corre il nostro Paese sono tali da far tremare i polsi e la cosa non ci sfugge; non ci sfugge che oggi l'Italia è chiamata ad una sfida straordinaria, a dimostrare capacità di rigore e di serietà e a riacquistare credibilità in Europa. Tutto questo non ci sfugge.
Abbiamo votato il suo Governo tecnico proprio per applicare quel rigore che fin qui non c'è stato, ma per applicarlo - questo era l'impegno che lei aveva preso - con equità sociale. Oggi lei dice di aver varato una manovra che salverà l'Italia, non voglio negarlo, noi siamo consapevoli che rispetto alle aspettative dell'Europa, che ci chiedeva di centrare con certezza l'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013, questa manovra dà all'Europa e ai mercati internazionali quella risposta; ma all'Europa e ai mercati internazionali non interessa praticamente nulla su come noi raggiungiamo quell'obiettivo, che invece interessa, e molto, noi che siamo qui in Italia. Io le devo dire con grande onestà e franchezza che in questa manovra l'equità la vede soltanto lei, qui l'equità non c'è (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori), signor Presidente del Consiglio, non c'è!
Questa è una manovra di stampo ragionieristico, voi siete andati a prendere i soldi lì dov'era più facile prenderli, dove c'erano, sui grandi numeri, minori capacità di reazione da parte di quella parte del Paese meno capace di interdizione rispetto alle azioni del Governo.
Ma se andiamo a guardare, dal punto di vista sociale, quali sono le fasce sociali davvero colpite da quei due terzi della vostra manovra che sono costituiti di maggiori entrate - cioè di maggiori tasse -, vediamo che questi proporzionalmente incideranno molto pesantemente sui redditi medio bassi e saranno praticamente irrilevanti per i redditi alti. Allora, qui ci sono, ancora una volta, troppe, troppe, troppe tasse, che, ancora una volta, graveranno quasi solo sul ceto medio, e cioè su quella parte che o perché dipendente, o perché onestamente paga le tasse, è già la più tartassata d'Europa, e così la tartassiamo ancora di più. Ci sono troppi sacrifici sui lavoratori. Noi eravamo consapevoli, e lo abbiamo sempre detto, del fatto che il sistema pensionistico aveva bisogno di un intervento che ricreasse equità tra le generazioni, ma mi spiegate cosa c'entra con l'equità tra le generazioni il blocco della rivalutazione di pensioni di 900 euro al mese? Non siamo neanche alla sopravvivenza con 900 euro al mese, non c'è equità così! Questa è un'ingiustizia sociale incredibile e inaccettabile. Non Pag. 28possiamo tollerare manovre di questo genere. Per di più, gli interventi sulla previdenza non sono volti a migliorare la qualità e l'efficienza del sistema del welfare italiano, ma soltanto a fare cassa; e anche questo noi lo riteniamo inaccettabile. Poi c'è tutta la parte che manca, tutto quello che avremmo voluto vedere. Perché noi lo volevamo da voi il rigore, ma un rigore giusto. Qui non c'è niente che colpisca i grandi patrimoni, non c'è quello che ci voleva: una patrimoniale non sulla prima casa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori), ma sui grandi patrimoni, su chi in questo Paese da troppi decenni non paga mai il conto della spesa. E ora era venuto il momento di far cominciare a pagare quel conto, ma non c'è niente su questo.
Ma signor Presidente del Consiglio, dove le vede lei le misure contro l'evasione fiscale? Qui non c'è niente contro quest'altra grande, immensa, piaga di questo Paese. Non serve a nulla portare la tracciabilità a mille euro. Mille euro sono troppi, essa andava portata a duecento o a trecento euro, ma non serve a nulla ciò se poi non si dà all'Agenzia delle entrate il potere di usare le informazioni che riceve facendo in automatico accertamenti sulla mancata congruità tra spese e dichiarazione dei redditi. Questa sarebbe stata la svolta, questo avrebbe consentito di sconfiggere finalmente l'evasione fiscale in questo Paese. Non l'ha fatto Berlusconi e non ci aspettavamo che lo facesse lui, ma troviamo veramente inammissibile e inconcepibile che non l'abbiate fatto voi. Forse dovevamo immaginarcelo, visto che, tra tanti tecnici, non avete scelto nessuno che in questi anni si sia distinto nel campo della scienza italiana per i suoi studi contro l'evasione fiscale. C'erano tante professionalità di questo tipo; inoltre quello della tracciabilità doveva essere lo strumento per sconfiggere finalmente l'evasione e portare nelle casse dello Stato tanti soldi certi.
Non c'è nulla sulla riduzione dei costi della politica. Ci sono solo cure omeopatiche: avete ridotto il numero dei consiglieri e avete cancellato le giunte provinciali. Chissà se questo intervento è costituzionale, ma ridurrà dell'1 per cento il costo delle province. Non c'è niente altro, nulla sulle settemila società improduttive, che generano solo costi degli enti locali, nulla sui 3 miliardi di euro l'anno di consulenze inutili e che spesso nascondono corruzione, nulla sull'accorpamento dei comuni, nulla sulla razionalizzazione della macchina della rappresentanza politica. Non c'è nulla di tutto questo.
Allora, noi ve lo diciamo con chiarezza: per noi lo spirito iniziale non è ancora venuto meno. Noi nei prossimi giorni, con i nostri emendamenti, cercheremo di fare una cosa che deve essere chiara: capovolgere, sotto il profilo dell'equità sociale, il contenuto di questa manovra. Quelle che oggi ho sentito, anche da parte del presidente Franceschini, sono parole belle, ma riguardano un'altra finanziaria, non questa.
Noi vi chiediamo: non mettete la fiducia perché, se lo farete, ci costringerete a dire di no ad una manovra iniqua. Accettate il confronto parlamentare; e se alla fine questa manovra produrrà quell'equità sociale che oggi manca, vi daremo un giudizio positivo, ma se la manovra resterà quella che è attualmente, noi la giudicheremo inaccettabile.
Vogliamo concludere con una considerazione: il Governo sarà tecnico, ma questo Parlamento è sovrano e noi crediamo che si debba assumere, al di là di tante chiacchiere che ho sentito oggi su chi vince o chi perde, la responsabilità di far pagare, almeno da questa volta in Italia, chi non ha mai pagato per i sacrifici e i costi delle tante crisi. Quelli sì che hanno sempre vissuto al di sopra delle proprie possibilità. Evasori e grandi patrimoni: su questo la misureremo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente del Consiglio, la manovra che lei ha illustrato ieri agli italiani e oggi al Parlamento è molto dura e severa. Solo nel Pag. 291992, in un altro momento drammatico della storia repubblicana, erano state adottate misure così scioccanti per i bilanci delle famiglie, e tuttavia noi siamo convinti che gli italiani capiranno, soprattutto gli italiani onesti, gli italiani più deboli, che la crisi dell'euro li renderebbe più poveri e che la crisi del sistema bancario metterebbe in discussione i loro risparmi. Quegli italiani, soprattutto, capiranno che è in gioco la salvezza del Paese, il futuro loro, dei loro figli e dei loro nipoti. Gli italiani, Presidente Monti, capiranno anche il linguaggio austero, ma denso di passione civile, con cui lei, per la prima volta dopo almeno 15 anni, ha detto loro finalmente la verità; la verità sulla necessità che l'Italia riconquisti reputazione e credibilità per essere accettata in un consesso europeo di cui pure era stata fondatrice, ma dal quale oggi è guardata con diffidenza, quando non con derisione. È una diffidenza giustificata, perché l'Italia, dopo l'ingresso nell'euro, ne ha dissacrato i vantaggi senza fare le riforme necessarie a diventare davvero un Paese europeo, ad essere competitiva, a costruirsi le armi per combattere e vincere la sfida della globalizzazione. Previdenza, sistema fiscale, efficienza delle amministrazioni pubbliche, liberalizzazione dei servizi e delle professioni, modernizzazione del sistema produttivo, infrastrutture, ridefinizione del perimetro dello Stato, queste erano le riforme che bisognava fare e che la politica non ha avuto il coraggio di fare, condizionata dal consenso di breve periodo, incapace di proporre al Paese una visione di lungo termine, una visione del futuro dell'Italia, del suo ruolo nel mondo globale e del percorso necessario a costruirlo.
Lei, Presidente Monti, con il suo Governo è stato chiamato al capezzale di un malato grave e le è stata richiesta una missione quasi impossibile: salvare l'Italia facendo in 15 giorni tutto o molto di ciò che la politica non aveva fatto in 15 anni. Oggi la politica e i partiti hanno un'ultima opportunità per dimostrare al Paese di sapersi assumere la responsabilità che una classe dirigente ha il dovere di assumere, anche a costo di pagare dei prezzi rispetto ai propri interessi di bottega. Chi sosterrà la sua drammatica manovra, facendosi carico di spiegarla agli italiani e di sostenerla nel Paese, avrà titolo domani a partecipare alla ricostruzione di un Paese che oggi sembra già essere sprofondato nel baratro. Noi saremo al suo fianco con totale determinazione e convinzione. Con questa manovra lei ha cercato di fare l'impossibile. Credo che abbia fatto tutto ciò che era possibile umanamente nel tempo dato, con i vincoli ben chiariti nelle lettere inviateci dalla BCE e dall'Unione europea e con i veti contrapposti espressi dai partiti della sua eclettica maggioranza.
Certo, l'aumento del prelievo fiscale e, soprattutto, il blocco delle pensioni più basse sono sacrifici molto pesanti, e tuttavia in ciascuno dei settori affrontati dalla manovra si è invertita la rotta, abbandonando la logica delle misure tampone pur di fare cassa e imboccando, invece, la strada delle riforme strutturali. Sono primi passi, che condividiamo e su cui ci riserviamo di fare delle ulteriori proposte in materia di liberalizzazione e di equità. Ci auguriamo che giovedì prevalga la volontà di salvare il progetto e il sogno europeo. Lo sforzo che l'Italia sta facendo può aiutare a superare resistenze e riluttanze dei nostri partner e a far giocare a lei, e di nuovo ancora all'Italia, un ruolo importante. Se così sarà, i sacrifici degli italiani non saranno vani e il suo Governo avrà il compito, impegnativo, ma carico di speranza, di rimettere in carreggiata l'Italia e restituirle una prospettiva di crescita e di benessere. Noi sosterremo con tutta la convinzione il suo sforzo (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Alleanza per l'Italia e Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Urso. Ne ha facoltà, per due minuti.

ADOLFO URSO. Signor Presidente del Consiglio, cari colleghi, all'atto della fiducia noi non le chiedemmo di agire con cautela, ma con coraggio. Poiché il suo Pag. 30non è un Governo di coalizione o di larghe intese, non deve mediare, ma agire. Il suo è un Governo di emergenza nazionale nel metodo e nel merito, che deve somministrare una medicina amara, ma, ci auguriamo, efficace. E quella di oggi è una medicina molto amara, soprattutto per il ceto medio che lavora, produce, paga le tasse e risparmia per acquistare la casa.
Questa manovra non è né di destra, né di sinistra ed è giusto che il Parlamento ne discuta per migliorarla, senza rinunciare al rigore, anzi, se possibile, aumentando i tagli alla spesa, magari proprio per alleggerire il peso delle tasse sulla casa, francamente eccessivo. E noi agiremo in questa direzione, per esempio suggerendo di mettere mano alla giungla delle agevolazioni fiscali e degli incentivi alle imprese, spesso fonte di distorsione del mercato e di privilegi. Signor Presidente, noi le diamo fiducia, ma agisca con fermezza, non si faccia strattonare, superi ogni freno, seguendo solo l'interesse generale.
Occorre di più per lo sviluppo, per dare speranza ai giovani, opportunità alle imprese. Nella manovra c'è qualcosa su infrastrutture, ricerca e cuneo fiscale. È la direzione giusta, ma è troppo poco. Noi le chiediamo di procedere sulla strada dell'equità, per esempio attraverso il concordato con la Svizzera, come Francia e Germania, per tassare i capitali secretati. Noi le chiediamo di procedere sulla strada dello sviluppo riformando il welfare e il mercato del lavoro, detassando il lavoro e l'impresa giovanile. Noi le chiediamo più competitività, quindi più liberalizzazione delle professioni, ma anche, e soprattutto, dei servizi pubblici locali, l'abolizione del valore legale dei titoli di studio, le privatizzazioni.
Signor Presidente, siamo consapevoli che questa è la linea del Piave dell'Italia e dell'Europa, l'Italia sta facendo la sua parte, si accerti che la faccia anche l'Europa. Le notizie che provengono da Merkel e Sarkozy non sembrano su questa strada. L'Italia difende la linea del Piave, ma tocca all'Europa fare le riforme che contano davvero (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lo Monte. Ne ha facoltà.

CARMELO LO MONTE. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, abbiamo consapevolezza che questa manovra si è resa necessaria e comprendiamo anche le difficoltà oggettive di chi si è dovuto rendere responsabile di misure così pesanti per gli italiani.
Il nostro Paese ha bisogno di rigore, ma ha bisogno, al contempo, di misure che favoriscano la crescita, che siano eque e, ci consentirà, anche territorialmente equilibrate. Le misure previste sono certamente rigorose, ma non contengono ancora norme sufficienti per fare ripartire la crescita e non ci pare contengano i necessari incentivi atti a determinare uno strutturale riequilibrio a favore del sud del Paese.
Ci ha spiegato che nella manovra non sono contenute tutte le misure che il Governo ha intenzione di realizzare e che i prossimi mesi vedranno provvedimenti in queste direzioni. Noi crediamo che sia così e per questo, all'atto dell'insediamento di questo Governo, abbiamo espresso una sostanziale apertura di credito, ma la politica dei due tempi è stata un motivo dominante della politica dei precedenti Governi. Il ritornello dei sacrifici subito e poi un secondo tempo di sviluppo, equità e incentivi per il sud è stato continuamente ripetuto, ma il secondo tempo non è mai arrivato. Adesso non si può più aspettare, è necessario garantire misure strutturali in tempi contemporanei ai sacrifici, occorre dare risposte in tempi certi a queste richieste. Noi siamo rappresentanti di un Mezzogiorno orgoglioso, che chiede garanzie certe di riequilibrio, prima di tutto infrastrutturale. Come Movimento per le autonomie sapremo essere al fianco di un Governo che sappia coniugare il giusto e necessario rigore con una forte volontà di fare crescere il Mezzogiorno e, quindi, l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

Pag. 31

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, il suo Governo, professor Monti, gode di una situazione assolutamente eccezionale sul piano politico. Esso dispone di una vastissima maggioranza parlamentare che, però, non è il frutto di un accordo fra i partiti che lo sostengono.
Ha, dunque, lei con i suoi ministri, un'invidiabile libertà dai vincoli del consenso limitato con cui i Governi parlamentari si sono dovuti nel corso degli anni, e si devono misurare. Lei, è vero, deve affrontare una situazione difficilissima, interna ed europea, ma può scegliere, ed ha scelto liberamente le misure opportune. Naturalmente la contropartita è che il Governo Monti non potrà che essere responsabile, unico responsabile dei suoi successi e dei suoi errori, che certamente non le auguriamo.
Ha scelto nei giorni scorsi una medicina. Chiunque avesse dovuto farlo in questo Parlamento avrebbe avuto vincoli politici. Il suo Governo può scegliere e sarà giudicato dai fatti. Condividendo l'obiettivo di salvare l'Italia, lei ed i suoi ministri, potete contare sulla solidarietà e, se vorrà, sul consiglio dei Liberal Democratici e mio personale, di chi ha visto per tempo venire avanti i problemi dell'euro ed i problemi dell'Italia ed ha dovuto constatare amaramente per anni la drammatica inadeguatezza delle soluzioni parlamentari, che di volta in volta si sono realizzate.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole La Malfa.

GIORGIO LA MALFA. Ora tocca a lei - ho finito, signor Presidente - dimostrare la capacità di affrontare questi problemi e noi ci auguriamo che lei vi riesca, nell'interesse dell'Europa, ma soprattutto, mi consenta, della nostra Italia (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal Democratici-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà, per due minuti.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente del Consiglio, noi abbiamo già votato la fiducia al Governo da lei presieduto. Abbiamo ascoltato la sua informativa con la stessa attenzione con cui, insieme ai colleghi, abbiamo seguito la conferenza stampa di ieri sera.
Le medicine che il suo Governo ci ha somministrato sono molto amare, ma il nostro auspicio è che esse siano efficaci. Da quanto abbiamo sentito, apprezziamo l'abolizione di fatto delle province, la riforma del sistema pensionistico e la liberalizzazione delle professioni. Non siamo riusciti a capire cosa succede al Mezzogiorno che, peraltro, sia lei che il Ministro Passera ieri avete citato più volte. Apprezziamo il pensiero, ma vorremmo capire concretamente cosa succeda all'infrastrutturazione di quell'Italia che continuiamo a scrivere con la «i» minuscola. La speranza è l'ultima a morire, si dice, ma noi laici non viviamo di speranze, ma di fatti. Siamo certi che lei non mancherà all'appuntamento, che dimostrerà con i fatti che il Paese si può risanare con equilibrio ed equità.
Signor Presidente del Consiglio, poco fa il collega Della Vedova, riferendosi a lei disse: «Il nostro nord». Io mi auguro e sono certo che lei, invece di pensare al «vostro nord», penserà all'Italia e questa volta con la «i» maiuscola non con la «i» minuscola, come hanno pensato tutti i Governi che l'hanno preceduta (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani-Azionisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pugliese. Ne ha facoltà, per un minuto.

MARCO PUGLIESE. Signor Presidente Bindi, signor Presidente del Consiglio Monti, ministri, sottosegretari e onorevoli colleghi, il tempo a disposizione purtroppo non mi permette di entrare nel merito dei contenuti della manovra, ma da un punto Pag. 32di vista etico dico che, mai come ora, la politica deve dimostrare un forte senso di responsabilità, signor Presidente, e di attaccamento al Paese, soprattutto nei confronti dell'Europa.
Se oggi a guidare il Paese c'è un Governo cosiddetto «tecnico», è dovuto al fatto che nessun politico si sarebbe assunto delle responsabilità così forti nei confronti del Paese e nei confronti degli italiani. Il fatto che oggi i mercati abbiano ben reagito e lo spread è sceso sotto al 4 per cento dimostra che possiamo sperare nel breve periodo in una forte ripresa economica della nazione. Signor Presidente del Consiglio Monti, ascoltando il suo intervento poc'anzi devo dire che in questa manovra c'è tanto rigore, c'è tanta equità, ma a mio avviso c'è poca crescita. Al di là dello sblocco dei fondi per il CIPE, per circa 5,2 miliardi di euro, per alcune infrastrutture importanti, in particolar modo al sud (come la metropolitana di Napoli, la strada statale di Palermo-Agrigento e la strada statale ionica), che devo dire, tra l'altro, sono opere già messe in cantiere dall'ex sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega al CIPE, Gianfranco Miccichè, mi consenta di dire, signor Presidente del Consiglio, che l'economia finanziaria è diversa dall'economia reale. È per questo motivo che rivolgo anche un appello al neoministro Passera. Ci sono delle vertenze importanti sulla politica industriale, molto esigenti.
Mi riferisco soprattutto a Finmeccanica...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Pugliese.

MARCO PUGLIESE. ...Alenia, Irisbus, Fincantieri e Termini Imerese del gruppo FIAT, che hanno bisogno di risposte. Noi crediamo molto nella crescita e siamo anche ottimisti per la crescita del Paese. Per questo motivo la componente Noi per il partito del Sud sosterrà, signor Presidente, lei e il suo Governo, per essere anche partecipi per una crescita reale del Paese (Applausi di deputati del gruppo Misto).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo. Ringraziamo il Presidente del Consiglio e il Governo per la loro presenza in Aula e per il lavoro svolto.

Discussione della mozione Reguzzoni ed altri n. 1-00769, concernente iniziative in materia di accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo, con particolare riferimento alla questione dell'operatività della compagnia Singapore Airlines presso l'aeroporto di Malpensa (ore 17,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Reguzzoni ed altri n. 1-00769, concernente iniziative in materia di accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo, con particolare riferimento alla questione dell'operatività della compagnia Singapore Airlines presso l'aeroporto di Malpensa (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Monai ed altri n. 1-00772, Meta ed altri n. 1-00773 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A - Mozioni). I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritta a parlare l'onorevole Laura Molteni, che illustrerà anche la mozione Reguzzoni ed altri n. 1-00769, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

LAURA MOLTENI. Signor Presidente, da tempo la compagnia aerea Singapore Pag. 33Airlines ha fatto richiesta al nostro Paese di potere operare il collegamento Milano-Malpensa-New York. Questa opportunità permetterebbe al vettore di Singapore, che arriva in l'Italia e prosegue verso gli Stati Uniti, di effettuare servizi commerciali in aggiunta all'imbarco di passeggeri e merci, non solo tra Singapore e Milano e tra Singapore e New York, ma anche da Milano verso New York. Ovviamente questo comporterebbe un collegamento diretto tra Milano e New York, oltre a quello tra Singapore e Milano ed a quello tra Singapore e New York. Anche se la tratta italo-americana in questione è già coperta da altri vettori, un nuovo collegamento da parte della Singapore Airlines presenterebbe vantaggi immediati, per l'incremento dei servizi commerciali operanti e una grande potenzialità in termini di transito passeggeri diretti ad altre destinazioni continentali, aumentando così i collegamenti a lungo raggio.
Questi fattori renderebbero sicuramente più appetibile lo scalo di Malpensa. Crediamo infatti che questa opportunità potrebbe creare maggiore interesse sullo scalo di Malpensa da parte di grandi vettori del Golfo come Emirates, Etihad, Gulf Airways. In tre anni Malpensa ha perso il 23 per cento dei passeggeri, passando da 23,4 milioni di passeggeri nel 2007 a 18,9 milioni di passeggeri nel 2010. Un ipotetico decremento del volume di traffico attualmente operabile dalle altre compagnie europee non può certo bilanciare la perdita in termini economici e occupazionali, sia diretti che indotti e la perdita di attrattività per investimenti diretti esteri. In relazione a Malpensa, c'è poi da considerare anche il colpo basso che Air France e Alitalia hanno sferrato all'aeroporto bustocco. Air France ha deciso infatti di spostare tutti i suoi voli per l'aeroporto di Parigi Charles De Gaulle, in partenza da Malpensa a Linate, sfruttando quattro slot di Alitalia che fanno parte del tesoretto di slot inutilizzati sul city airport da Alitalia, mai riassegnati, malgrado sul tavolo della SEA sembrano esserci ben 54 mila richieste per volare da qua, ma questa però è un'altra questione.
Anche se per il momento il numero dei collegamenti trasferiti a Linate è relativamente basso, le ripercussioni su tutto il trasporto aereo del nord sembrano inevitabili. Le partenze per Parigi, sommando quelle delle due compagnie, francese e italiana, oggi arrivano a undici, un numero elevato, che fa presagire un possibile spostamenti su Parigi del nuovo hub, per voli intercontinentali della parte più ricca del Paese. Poi, dulcis in fundo, c'è Lufthansa, che ha abbandonato il progetto di fare di Malpensa il suo hub in Italia. Dopo il dehubbing dello scalo milanese operato da Alitalia nel 2008, il Governo si è impegnato a sostenere la crescita di Malpensa, anche attraverso la rinegoziazione degli accordi bilaterali per l'attivazione di nuove rotte.
E qui voglio ricordare che l'articolo 19, comma 5-bis, del decreto-legge n. 185 del 2008 prevede proprio che venga ampliato il numero dei vettori ammessi ad operare sulle rotte nazionali, internazionali ed intercontinentali, al fine di assicurare il mantenimento dei livelli occupazionali e dei collegamenti internazionali necessari allo sviluppo del sistema produttivo e sociale delle aree interessate. Voglio evidenziare, inoltre, che la legge n. 2 del 2009 ha per l'appunto consentito alle autorità aeronautiche italiane di autorizzare, su base provvisoria, servizi aerei richiesti da compagnie aeree straniere. Le amministrazioni competenti dovevano nel frattempo promuovere la definizione di nuovi accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo al fine di ampliare il numero dei vettori ammessi ad operare sulle rotte interessate, nonché il numero delle frequenze su cui è consentito operare a ciascuna parte. Nella maggioranza degli accordi bilaterali esistenti tra Singapore e i Paesi dell'Unione europea sono contemplati i diritti di «quinta libertà»; e sono ben 17 i Paesi che hanno già sottoscritto con Singapore accordi open skies comprendenti i diritti di «quinta libertà». Parliamo di Austria, Belgio, Danimarca, Irlanda, Regno Unito, Portogallo, solo per citarne alcuni. Inoltre, la Germania e i Paesi Bassi, pur nell'ambito di accordi Pag. 34bilaterali tradizionali non open skies, hanno concordato con Singapore i diritti di «quinta libertà». Malgrado tutto ciò il nostro Paese pare abbia deciso di negare i diritti di «quinta libertà» alla Singapore Airlines con motivazioni del diniego scarse e sicuramente poco convincenti. Dato il rifiuto italiano alla concessione di tali diritti, non è difficile immaginare che la compagnia asiatica dirotterà i propri aeromobili ed equipaggi in un altro aeroporto europeo. Da quando c'è stata la privatizzazione di Alitalia con la scelta dell'hub di Fiumicino, non solo Malpensa è andata in deficit di 5 milioni di passeggeri, ma vi sono 5 mila lavoratori a rischio del proprio posto di lavoro.
Signor Ministro, onorevoli colleghi, oggi possiamo e dobbiamo intervenire affinché possa essere accettata la richiesta della Singapore Airlines. Accettare tale richiesta significherebbe, infatti, da un lato posizionare un hub che, altrimenti, potrebbe andare a Barcellona, e, dall'altro, salvare quei 5 mila posti di lavoro che sono a serio rischio e pericolo. Se non si interviene con misure di apertura ai nuovi vettori, gli investimenti fatti fino ad oggi su Malpensa cadranno nel vuoto con il rischio che Malpensa possa gradualmente trasformarsi in una cattedrale nel deserto e questo noi non lo vogliamo. Come sempre a rimetterci sarà il popolo del nord che produce la maggior parte del PIL oltre ai cittadini di tutto questo malandato Paese.
La Lega Nord Padania si è battuta con tenacia per restituire al nord il suo aeroporto internazionale e di prestigio. Purtroppo, la profonda crisi economica mondiale accentuata oggi dalla crisi finanziaria europea ha prodotto una situazione di ulteriore emergenza per tutto il settore aereo. Il rallentamento dell'attività economica mondiale, la forte contrazione degli scambi commerciali e della produzione manifatturiera sta causando perdite rilevanti a tutto il settore e il Governo dovrebbe intervenire in merito immediatamente e in modo risoluto.
Abbiamo chiesto misure concrete e gridato a chiare lettere che era assurdo e ingiustificato negare i diritti di «quinta libertà» alla Singapore Airlines. Il Ministro Matteoli ad ottobre scorso si era impegnato a dare l'autorizzazione alla compagnia asiatica entro la fine del mese. Negli ultimi due mesi sono, invece, successe tante cose nel panorama politico, ma non sarebbe corretto nei confronti dei cittadini del nostro Paese fermare il processo già avviato. Inoltre, voglio ricordare che nel 2015 il nostro Paese, con la Lombardia, sarà interessato dall'Expo; oggi è ancor più manifesta e urgente, quindi, la necessità di concedere i diritti di «quinta libertà» alla Singapore Airlines per l'effettuazione dei servizi commerciali oltre al transito dei passeggeri. Negarli significherebbe far mancare opportunità di collegamenti e di lavoro anche in vista dell'Expo 2015. Negarli significherebbe negare e magari far chiudere prossimamente - spero che questo non accada - Malpensa.
Ma si vuole così tanto male al nord e alle imprese del nord che producono e sostengono il PIL del Paese? Come tempo fa ha già detto anche il presidente del nostro gruppo, il rilancio della nostra economia non passa dalle opere faraoniche, non passa dal ponte sullo Stretto, ma passa dall'attenzione al territorio e dalle piccole cose che la nostra gente si aspetta.
Onorevoli colleghi, oggi, l'Italia, il Paese intero, rischia incomprensibilmente di perdere il collegamento operato dalla Singapore Airlines, che riveste una particolare importanza per il sistema socio-economico della Lombardia e di tutto il nostro Paese, e che potrebbe dare un nuovo impulso ai rapporti commerciali con l'estero, offrendo prospettive alle nostre imprese, specialmente in questo periodo di crisi.
Per questo, con la nostra mozione, intendiamo impegnare il Governo a rispettare quanto previsto dall'articolo 19, comma 5-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, promuovendo la definizione di nuovi accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo, nonché la modifica di quelli vigenti, al fine di ampliare il numero dei vettori ammessi ad operare sulle rotte nazionali, internazionali e intercontinentali, di assicurare il mantenimento dei Pag. 35livelli occupazionali, dei collegamenti internazionali necessari allo sviluppo del sistema produttivo e sociale delle aree interessate, nonché di ampliare il numero delle frequenze e destinazioni su cui è consentito operare a ciascuna parte, dando priorità ai vettori che si impegnino a mantenere i predetti livelli occupazionali; ad assumere iniziative volte a concedere senza indugio i diritti di «quinta libertà» sull'aeroporto di Malpensa alla compagnia aerea Singapore Airlines; a garantire, per quanto di sua competenza, ogni atto a supporto della crescita di Malpensa, anche favorendo l'incremento dei voli intercontinentali allo scopo di dare un nuovo impulso ai rapporti commerciali con l'estero, offrendo prospettive solide alle imprese italiane.
Signor Ministro, onorevoli colleghi, la vicenda di Malpensa è una priorità per il popolo del nord, è una priorità per Milano, è una priorità per la Lombardia, prossima sede dell'Expo 2015, è una priorità per gli imprenditori, è una priorità per quella parte produttiva e sana del Paese che, con le sue aziende e il suo lavoro incide pesantemente nella produzione del PIL nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monai, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00172. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, con tutta franchezza, quello che abbiamo appena ascoltato da parte della Lega Nord sembra un po' «il canto del cigno», perché se è vero che Malpensa si trova oggi in queste drammatiche situazioni, forse, la Lega Nord farebbe bene a non piangere lacrime di coccodrillo, ma ad interrogarsi su quella che è stata la politica trasportistica nel settore aereo di questi ultimi tre anni.
Infatti, la crisi che attanaglia Malpensa e il de-hubbing, che ha determinato una perdita di volumi massicci del trasporto passeggeri e merci su questo importante hub europeo, è dovuta, come sappiamo, alla gestione dell'operazione Alitalia; è dovuta, poi, alla deroga dell'Antitrust che Berlusconi ha voluto per favorire Alitalia nello spostamento dei suoi voli su Linate; è dovuta alla desertificazione di un nodo aeroportuale, che ha determinato anche diverse valutazioni da parte di altri importanti operatori del volo. Penso a Lufthansa che, pur avendo costituito una specifica società italiana puntando su Malpensa come suo hub strategico, oggi, ha capito che, forse, quella non era una strategia vincente, visto proprio ciò che il Governo italiano ha fatto in questi anni. Anch'essa, dunque, ha dirottato le sue strategie altrove.
A questo, si aggiunga che tutta l'operazione Alitalia voluta dal Governo Berlusconi era finalizzata a garantire la nazionalità della compagnia di bandiera, quando si guardava con sospetto Air France che, viceversa, nell'operazione proposta dal Governo Prodi, diventava partner decisivo per questo salvataggio, senza far pagare ai cittadini italiani i 3 miliardi di euro che, invece, l'operazione Alitalia ha portato con sé. E ciò con una sostanziale riduzione di tutte le rotte intercontinentali che Alitalia prima garantiva e che Air France avrebbe, comunque, garantito. Ma tant'è.
Oggi, noi ci troviamo di fronte a questo paradosso: la Lega Nord Padania, che è stata artefice e complice di questo sistema pur riempiendosi la bocca con la tutela del nord e della sua rete industriale, oggi passa all'opposizione e cerca di rifarsi una verginità - uso parole del suo leader - a spese degli elettori italiani. In realtà qui il tema è molto più semplice: con la legge n. 2 del 2009 che ha convertito il decreto-legge n. 185 del 2008, si è stabilito il potere, in capo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero degli affari esteri, di promuovere la definizione di nuovi accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo, proprio per cercare di supplire a questa carenza e a questo decremento delle rotte sugli aeroporti nazionali e in particolare su Malpensa, nonché la possibilità di modificare gli accordi bilaterali vigenti, al fine Pag. 36proprio di ampliare il numero dei vettori ammessi ad operare sulle rotte nazionali, internazionali ed intercontinentali, per aumentare il numero delle frequenze e delle destinazioni su cui è consentito operare a ciascuna parte, dando priorità ai vettori che si impegnino a mantenere i predetti livelli occupazionali.
Da questo punto di vista, voglio ricordare che Singapore Airlines ha chiesto, già da un paio d'anni, di poter utilizzare l'aeroporto di Malpensa con quelle che sono le caratteristiche del diritto di imbarcare passeggeri, corrispondenza e merci, a destinazione del territorio di ogni altro Stato firmatario e il diritto di sbarcare passeggeri, corrispondenza e merci, provenienti dal territorio di ogni altro Stato firmatario.
Qui stiamo parlando della «quinta libertà»: una delle libertà commerciali che sono state elaborate da accordi bilaterali e ipotizzate da un accordo sul trasporto aereo internazionale che non è mai entrato in vigore. Ebbene, se all'interno dell'Unione europea questa libertà è consacrata dal diritto comunitario, viceversa, è affidata agli accordi bilaterali quando abbia ad oggetto Paesi terzi, non facenti parte dell'Unione europea. Da questo punto di vista, se è vero che il Parlamento europeo guarda con criticità verso questi accordi bilaterali, che si innervano in un sistema in qualche modo protezionistico del sistema aeroportuale intra-europeo, è anche vero che molti Paesi, come è già stato ricordato, hanno stipulato accordi bilaterali, anche proprio con Singapore Airlines, consentendo a questa società di utilizzare per esempio l'hub di Francoforte proprio per connettere questa città con la città di New York.
Non si vede allora per quale motivo il Ministro Matteoli abbia indugiato, anzi negato questa possibilità rispondendo ad una interrogazione che gli era stata rivolta proprio alla Camera dei deputati, e abbia in qualche modo negato a questa società di vettori di potere utilizzare la «quinta libertà» sull'aeroporto di Malpensa in connessione con New York.
Con questa mozione, chiediamo al Governo di porre in essere ogni atto di competenza volto a dare piena attuazione a quanto previsto dal citato comma 5-bis dell'articolo 19 del decreto-legge n. 185 del 2008, e che sia incentivata la definizione di procedure che portino a garantire all'aeroporto di Malpensa quei collegamenti intercontinentali che garantiscano i livelli occupazionali e nuove opportunità di lavoro; tutto ciò in un tessuto economico quale quello della Lombardia, del nord Italia, vicino alla Svizzera e che, quindi, ha grandissime potenzialità che vengono in qualche modo tradite dal decremento nei flussi che ho ora ricordato. Inoltre, chiediamo che ci sia l'opportunità di supportare questa crescita dell'aeroporto di Malpensa, proprio attraverso la rinegoziazione dell'accordo bilaterale vigente tra Italia e Singapore, adottando le opportune iniziative finalizzate alla concessione dei diritti di «quinta libertà» sull'aeroporto di Malpensa alla compagnia aerea Singapore Airlines. È questa una cosa semplice, che potrebbe dare un pertugio, uno spiraglio di rilancio a questo aeroporto sul quale, voglio ricordare, ci sono forti investimenti infrastrutturali.
Infatti lo abbiamo rilevato nell'indagine conoscitiva che abbiamo, per un lungo periodo, istruito nella Commissione trasporti e che si è chiusa con il documento approvato il 17 febbraio del 2010 in IX Commissione. In quell'occasione abbiamo sottolineato come il trasporto aereo abbia delle grandissime potenzialità, sia previsto il raddoppio dei flussi in pochi anni e nonostante tutto questo l'Italia, pur essendo meta privilegiata del turismo internazionale per le bellezze che custodisce e che la rendono prima nella graduatoria del patrimonio mondiale dell'umanità dell'UNESCO rispetto a tutti gli altri Paesi del mondo, nonostante tutto questo, stiamo assistendo ad un decremento. È una sorta di gigante nano che non riesce ad espandere le sue potenzialità a causa dei lacci e dei lacciuoli e delle politiche forse un po' campanilistiche che in maniera miope il Governo ha fatto, forse anche in questo Pag. 37modo favorito dalla politica discutibile di trasferimento di competenze regionali su questi settori così strategici e così importanti per lo sviluppo del Paese.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 18,10).

CARLO MONAI. Quindi confido che il Governo, e il Parlamento prima, accettino questo suggerimento che viene dal gruppo dell'Italia dei valori e si porti, quindi, uno sviluppo a questo importante hub che oggi è veramente in sofferenza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marantelli, che illustrerà la mozione Meta ed altri n. 1-00773, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

DANIELE MARANTELLI. Signor Presidente, con questa mozione il Partito Democratico intende avanzare al Governo alcune idee per rilanciare il ruolo della più moderna modalità di trasporto di persone e merci: il trasporto aereo.
La strategia per realizzare in Italia un sistema aeroportuale sostenibile che è una delle leve per superare la crisi economica e favorire la centralità del nostro Paese nei commerci, nelle culture internazionali non può che essere decisa dal Governo.
Aver abdicato a questo ruolo affidando storicamente ad Alitalia la decisione più importante non si è rivelata una scelta saggia. È necessario cambiare passo perché è il mondo che è cambiato e cambierà con ritmi e modalità straordinarie.
Penso che noi dobbiamo esaminare questi cambiamenti con umiltà e freddezza. Negli ultimi vent'anni la ricchezza nel mondo è triplicata, gli scambi commerciali sono aumentati di venti volte e il rapporto tra economia e finanza è cresciuto di ottanta volte.
La prima onda lunga della globalizzazione avviata dalla libera circolazione dei capitali ha cambiato radicalmente diritti umani, sfruttamento del suolo e delle acque e valore del lavoro. Molti di noi si chiedono ormai se globalizzazione economica, democrazia politica e diritti delle persone siano conciliabili tra loro.
Con umiltà dobbiamo constatare che siamo però di fronte ad una crisi soprattutto dell'Occidente e non c'è rassegnazione in questa valutazione. Dobbiamo realisticamente considerare che i nuovi protagonisti fuori dall'Europa e in altri continenti influenzano le decisioni più importanti del nostro futuro. Ma proprio partendo da tale consapevolezza riteniamo che l'Italia, un grande Paese dalle straordinarie qualità ambientali, culturali, produttive, paesaggistiche, possa rilanciare il proprio ruolo e quello dell'Europa nello scenario internazionale.
L'Italia deve tornare a crescere e per farlo ha bisogno di infrastrutture materiali e immateriali, ha bisogno di un moderno, efficiente e razionale sistema aeroportuale. Le istituzioni, a partire dal Governo, debbono però assumersi responsabilità dirette superando colpevoli ritardi.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, ci dica quando avrà finito il suo servizio fotografico!

DANIELE MARANTELLI. Per carità, non censuriamo Giachetti!
Mi chiedo: può uno dei dieci Paesi più ricchi del mondo esser privo di un piano nazionale della rete aeroportuale? Non può, eppure è così. Su affidamento del Ministero dei trasporti e di ENAC si è giunti alla definizione delle linee guida per il piano nazionale degli aeroporti.
Noi con questa mozione chiediamo al Ministro delle infrastrutture di individuare gli scali principali su cui concentrare risorse pubbliche e private disponibili.
La parcellizzazione degli aeroporti non è un fattore di modernità. In Italia esistono 47 aeroporti commerciali con voli di linea, di questi solo i primi venti assorbono il 94 per cento della domanda dei passeggeri e solo sette, con un traffico di passeggeri superiore a cinque milioni all'anno, soddisfano il 70 per cento dell'intero traffico nazionale. Pag. 38
Questi dati condannano quanti, al riparo di parole e fatti che, come liberalizzazione e federalismo, hanno dato vita a palesi operazioni clientelari che hanno danneggiato la qualità dei servizi e lo sviluppo dell'intero settore.
Oggi nel mondo è ormai superato il concetto di hub, ma come non ricordare la lunga sterile discussione che ha opposto i fautori dell'hub di Fiumicino contro quello di Malpensa? Con il risultato che oggi la maggioranza dei passeggeri italiani che si recano all'estero non parte né da Fiumicino né da Malpensa.
Malpensa è il più grande aeroporto internazionale del Nord. Si estende per oltre 12 chilometri quadrati e, pur in presenza di evidenti difficoltà, nel 2010 ha visto 190 mila movimenti aerei. In un momento di crisi economica e occupazionale è bene ricordare che il trasporto aereo rappresenta uno dei settori con i più alti valori di moltiplicatore in termini di effetti diretti, indiretti ed indotti.
Ciò tanto più vale per un territorio con alti tassi di internazionalizzazione come quello della cosiddetta area di Malpensa, dove si colloca il 23 per cento della popolazione italiana con redditi pro capite e propensione al volo piuttosto alti, oltre un quinto delle imprese nazionali, più della metà delle imprese multinazionali italiane e quattro quinti degli investimenti diretti esteri in Italia, il 26,4 per cento del PIL italiano e circa un terzo del valore delle attività di import-export del Paese.
Su Malpensa ritardi ed errori sono stati compiuti dai Governi nazionali, ma sarebbe poco serio aggirare le responsabilità politiche (e non solo) lombarde. Il Governo Prodi inaugura l'hub il 25 ottobre 1998. È solo nel marzo 1999 che la regione Lombardia approva la legge su Malpensa. Nel marzo 1999 il Governo D'Alema destina oltre 5 mila miliardi di lire per l'accessibilità. Sarà solo a fine marzo 2008 che si inaugurerà il collegamento fra lo scalo e l'autostrada Milano-Torino.
L'11 settembre 2001 l'attacco alle torri gemelle colpisce pesantemente il trasporto aereo in tutto il mondo. Nei mesi successivi la giunta Formigoni avanzò nel PRS la proposta di realizzare a Montichiari (Brescia) il secondo hub della Lombardia, proposta a dir poco surreale, che i leghisti ricorderanno bene perché di quella giunta facevano parte.
La comprensibile ostilità dei grandi vettori europei verso Malpensa trovò fortissimi alleati in tutti coloro che, a partire dal comune di Milano, erano contrarissimi a rivedere il ruolo di Linate. Questi i fatti; la deformazione dei fatti non aiuta a comprendere la realtà e soprattutto a risolvere i problemi. Non posso nascondere una certa invidia per l'efficacissimo slogan utilizzato dalla Lega nella propaganda elettorale delle politiche del 2008 per deformare le posizioni del centrosinistra: «per salvare il carrozzone romano - diceva - si colpisce il Nord».
Eppure dal 2001 al 2007 la Lega era stata al Governo. Nel 2004 Alitalia perse 500 milioni di euro, nel 2005 la perdita sfondò gli 800. Il Governo privatizzò? Non mi risulta. Ricapitalizzò l'azienda con un miliardo di euro, però priva di un convincente piano industriale, soggetta alla concorrenza dei grandi vettori europei e all'aggressività delle compagnie low cost, Alitalia bruciò rapidamente quelle enormi risorse pubbliche.
Dal 2008, vinte le elezioni, il Governo ha sostanzialmente lasciato l'aeroporto di Malpensa al suo destino, con buona pace del collega Reguzzoni, che nel 2008 mandò al voto anticipato la provincia di Varese, di cui era presidente, per venire a Roma da deputato a salvare appunto Malpensa. L'ambizione grande è stata inversamente proporzionale ai risultati raggiunti. Quel che non sono mancati sono stati i proclami: «al Nord non abbiamo bisogno di Alitalia», «faremo da soli», «Lufthansa salverà Malpensa». Questo ritornello è continuato addirittura incomprensibilmente sino alle recenti elezioni amministrative di Milano.
Ad ottobre, come si sa, Lufthansa se ne è andata, idem per Air France. Io penso che con la sua mozione la Lega, che chiede al Governo di procedere senza indugi sui Pag. 39diritti di quinta libertà relativi a Singapore Airlines, non finisce di stupirci. Ma in questi anni al Governo che ci stava a fare? È stata in letargo? Ecco, spero che il tempo degli slogan lasci il posto a quello di un sano realismo.
Sarebbe ingiusto sottovalutare gli sforzi che si erano compiuti per attrarre nuovi investitori nell'aeroporto, sforzi in qualche caso premiati. Sarebbe però sbagliato trascurare le numerose crisi che hanno colpito le attività dirette e indirette del sistema aeroportuale lombardo, determinando serissimi problemi occupazionali.
Il Governo uscente lascia in eredità una patata tanto bollente quanto prevista. L'Antitrust ha aperto un'istruttoria per accertare se vi siano posizioni dominanti sulla Linate-Fiumicino. Mi risulta che nella lista dei collegamenti oggetto di ispezione non ci sia Linate-Parigi Charles de Gaulle.
Sicuramente ci sono gli slot; sono quelli che attraverso cinque sigle, aggirando il «decreto Bersani» permettono ad AZ di operare ben 35 voli quotidiani tra il Forlanini e la Capitale, tutte frequenze che possono essere girate su altre rotte. Il «decreto Bersani» permette al massimo due voli quotidiani a compagnia da Linate, ma in code sharing con Air France e facendo leva su quelle cinque sigle che sono (Alitalia, Italia Express, la scomparsa Volare, Air One e Air One City Liner) Alitalia ne opera dodici verso Parigi.
Anche KLM a marzo se ne andrà. Allora, è chiaro che, contando sul ponte offerto da Linate, si stanno progressivamente spostando passeggeri da tutta Italia, grazie al federaggio, su Parigi. Tutto ciò colpisce al cuore il traffico pregiato non solo di Malpensa, ma dell'intero Paese.
Credo che, con tanti saluti agli investimenti fatti e al libero mercato, di questo noi dobbiamo occuparci. Abbiamo ritenuto di dare un taglio fortemente propositivo alla nostra mozione. È necessario un chiarimento, sì, sui cosiddetti diritti di «quinta libertà» alla luce della richiesta di Singapore Airlines di operare su Malpensa. Chiediamo al Governo di valutare puntualmente i pro e i contro dell'operazione. Chiediamo di definire un piano nazionale della rete aeroportuale, a partire da Fiumicino e Malpensa, che ad oggi non c'è.
Milano nel 2015 ospiterà l'Expo, una formidabile occasione che l'Italia non può sprecare. È stato un errore tagliare tratte che collegavano Milano con importanti realtà internazionali. Il rilancio di Malpensa - voglio dirlo con chiarezza - deve essere accompagnato, realizzando la valutazione ambientale strategica, la VAS. È necessario completare l'accessibilità ferroviaria e stradale prevista.
Il Partito Democratico ritiene che le opere, che si devono realizzare con procedure trasparenti, partecipate, rispettando l'ambiente, debbano essere realizzate in tutta Italia, in tutto il Paese. Del resto, è ciò che si fa normalmente in Europa. E noi non siamo quelli del «no». Nella passata legislatura, del resto, è stato il Governo Prodi a finanziare l'opera ferroviaria che collegherà Malpensa con la città di Varese e Lugano e, con essa, il cuore dell'Europa. È stato sempre il Governo di centrosinistra a finanziare la pedemontana lombarda, dando vita per la prima volta a quello che è stato definito il cosiddetto federalismo infrastrutturale. In quasi tre anni e mezzo - lo voglio dire onestamente ai colleghi della Lega -, al di là di qualche finanziamento di rotonda o cartello stradale in dialetto, almeno in Lombardia, non si è andati.
Chiediamo al Governo d'intervenire con urgenza per porre rimedio alle carenze infrastrutturali del nostro sistema aeroportuale, potenziando accessibilità e intermodalità, tema particolarmente grave nel sud del nostro Paese. Al Governo non chiediamo miracoli, non pretendiamo miracoli, lo invitiamo ad operare nella direzione da noi precisata nel dispositivo della mozione perché il prevedibile aumento del traffico aereo si registrerà in un arco di tempo relativamente limitato. Non c'è tempo da perdere, c'è molto lavoro da fare. Mi pare che il Ministro Passera, sul tema delle infrastrutture, stia Pag. 40prospettando idee innovative che noi apprezziamo e che vedremo presentate fin dalle prossime sedute del CIPE. C'è molto lavoro da fare e mi auguro che queste indicazioni raccolgano il sostegno più ampio di tutte le forze politiche che hanno a cuore la modernizzazione del nostro Paese.
Per questo, il Partito Democratico si augura che il Governo tenga conto dell'elemento fortemente propositivo della nostra mozione, che chiede di valutare i pro e i contro sulla richiesta di Singapore Airlines, di potenziare i collegamenti e di dar vita ad un modello, ad un sistema di trasporto aereo nazionale di cui, purtroppo, al momento siamo privi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Simeoni. Ne ha facoltà.

GIORGIO SIMEONI. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, devo dire che ho ascoltato con grande attenzione le ragioni della mozione presentata dai colleghi della Lega e chiaramente siamo perfettamente consapevoli che vanno ad investire una problematica importante. La questione sollevata con la mozione oggi in discussione riguarda lo sviluppo dello scalo di Malpensa. Devo dire che è stata fatta una proposta seria, che va valutata.
Certo, negli altri interventi si avverte - anche nell'ultimo intervento del collega del Partito Democratico - che effettivamente si vuole andare avanti, anzi si fa un intervento di sollecito, di sensibilizzazione nei confronti del Governo per verificare un caso che effettivamente c'è. Mi dispiace quando si cerca, a fronte di un problema così importante, di strumentalizzare tutto, tornando a parlare di Alitalia; al riguardo, devo dire con grande convinzione, l'azione del Governo Berlusconi non solo ha rilanciato la nostra compagnia di bandiera, ma l'ha salvata dal fallimento.
In ordine a ciò abbiamo avuto tutte le ragioni per averla portata avanti. A chi non se la sentiva e a chi non se l'è sentita di condividere un salvataggio della bandiera italiana dico che è vero, a volte dipende dai ruoli che si occupano. Probabilmente, se anche i colleghi fossero stati «maggioranza», avrebbero ragionato in maniera diversa. Ma oggi, come dicevo, c'è una questione importante sollevata riguardo allo scalo di Malpensa; è vero che, tanto più nel 2011, ha dovuto subire l'abbandono di due grandi vettori come Lufthansa ed Air France, quindi, vive un momento importante, tuttavia ci tengo anche a dire che, per poterlo affrontare, va prima di tutto condiviso, altrimenti ci si dovrebbe chiedere la ragione per la quale il Governo ha manifestato un diniego.
Va considerato che ciò è accaduto in un momento preciso, per cui, rispetto ad una tale richiesta, il diniego si fondava su ragioni oggettive e coerenti con gli impegni e le intese internazionali che regolano l'intera materia. Ci tengo a ricordare ai colleghi che la decisione del Governo era in linea con un complessivo atteggiamento di cautela assunto in materia sia dalle istituzioni dell'Unione europea, sia dagli Stati membri della stessa. Quindi, è vero che noi cogliamo con grande senso di responsabilità la richiesta della Singapore Airlines di operare nella tratta Milano-New York, avvalendosi del diritto di «quinta libertà», tuttavia, quando il Governo ha detto di «no» effettivamente ci si trovava in un momento nel quale non si poteva dire di «sì».
Oggi non mi sentirei di dire lo stesso, colleghi, ed è chiaro che è necessario un ulteriore approfondimento. Anzi, a proposito, noi, come gruppo del Popolo della Libertà, siamo pronti a presentare una mozione nella quale esprimeremo la nostra posizione, a fronte di una situazione che - è vero - va ad inserirsi in un contesto generale, rientrando nella globalizzazione e in un periodo di crisi generale. Chiaramente il nostro sforzo principale è sempre quello di rivolgerci al mondo dell'occupazione, anche tenendo conto del fatto che il mondo del lavoro, negli ultimi 15-20 anni, è stato contrad Pag. 41distinto da una sorta di trasformazione epocale. Quindi, è chiaro che noi dobbiamo «accompagnare» tutte queste esigenze. Pertanto, teniamo in grande considerazione il fatto che una compagnia importante venga nel nostro Paese ad aprire una tratta.
Ci tengo a ricordare che nella Commissione trasporti, presieduta dal presidente Valducci, si è svolta al riguardo un'indagine conoscitiva, durata 18 mesi, proprio per comprendere la situazione e poi entrare nel merito di uno scenario che sicuramente è degno di attenzione. È chiaro che emerge - ed è emersa anche nell'indagine conoscitiva - la necessità di un piano nazionale dei trasporti, non c'è dubbio alcuno, e bisogna andare avanti. Chiaramente è necessario anche un piano dei poli aeroportuali (bisogna fare in modo di andare incontro a questa esigenza).
Colleghi, non mi dilungo perché effettivamente tengo conto di quanto è stato detto. Ho recepito anche le indicazioni dei colleghi. Come dicevo, saremo anche noi, come Popolo della Libertà, a presentare una mozione domani, ma l'invito è veramente quello di approfondire un tema importante e verificare se magari, dopo che il Governo ha espresso un diniego, oggi sono cambiate le condizioni e se ci si può lavorare. Al riguardo, siamo certamente aperti. Nel momento in cui il Governo ha opposto un diniego su tale richiesta, è chiaro che sussistevano certe condizioni a livello nazionale, anche su sollecito dell'Unione europea.
Quindi, un ulteriore approfondimento è sicuramente necessario. Noi come sempre siamo disponibili a ragionarci. Anzi, l'invito che rivolgiamo al Governo, che ha iniziato a lavorare, è proprio quello di confrontarci su questa tematica, facendo in modo di intraprendere un cammino importante. Altrimenti ci ritroveremo di fronte ad altre decisioni. Per la verità, quando si governa, alla fine si finisce sempre per prendere le stesse strade, che sono quelle di cercare di andare incontro ai cittadini e di fare modo di alleviare, oggi ancora di più, le pene che si vivono quotidianamente. Quindi, sono certo che, anche su questa tematica, saremo attenti, ma innanzitutto la nostra sarà una decisione oggettiva e tesa ad un rilancio effettivo, tenendo conto della situazione di Malpensa.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Il Governo intende intervenire?

GUIDO IMPROTA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, mi riservo di intervenire successivamente.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Donadi ed altri n. 1-00685 concernente iniziative normative per la costituzione di unioni di comuni con popolazione inferiore ad una determinata soglia (ore 18,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Donadi ed altri n. 1-00685 concernente iniziative normative per la costituzione di unioni di comuni con popolazione inferiore ad una determinata soglia (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Bressa ed altri n. 1-00774 e Reguzzoni ed altri n. 1-00775 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A - Mozioni). I relativi testi sono in distribuzione. Pag. 42
Avverto altresì che, in data odierna, è stata presentata una nuova formulazione della mozione Donadi ed altri n. 1-00685 (Vedi l'allegato A - Mozioni). Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Monai, che illustrerà la mozione Donadi ed altri n. 1-00685 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, la nostra mozione è intesa a sollecitare una riforma, anche se sappiamo che di questa materia il Parlamento e il Governo si sono già interessati, anche recentemente, con la manovra economica di agosto. Tuttavia, a nostro giudizio ci vuole un po' più di coraggio per cercare di semplificare e razionalizzare la gestione amministrativa dei piccoli comuni italiani, che sappiamo essere ancora oggi troppi, nonostante l'Italia sia, in qualche modo, la patria dei comuni, anche nella sua storia preunitaria.
Certo è che il sistema delle autonomie locali ha visto in Europa recentemente delle coraggiose iniziative, tese a prendere atto che con l'informatizzazione e con la infrastrutturazione vi sono, ormai, meccanismi che tendono ad accorpare e a consentire una maggiore facilità dei trasporti e di collegamenti e, quindi, anche a decentrare, in maniera più fattiva, i servizi rispetto alla burocrazia intesa come struttura erogatrice di servizi in qualche contesto territoriale. Per esempio, nella Germania della Cancelliera Merkel, da 38.814 comuni si è passati a poco più di 8 mila. In Gran Bretagna, da 1.383 comuni si è arrivati a 400. In Svezia, da 2.281 comuni si è passati a 286. In Belgio, da 2.669 comuni a circa 600. Questo tipo di evoluzione, che ha determinato una forte razionalizzazione dei costi della burocrazia, ha visto, invece, più timidi i Paesi dell'area mediterranea. La Francia, infatti, ha mantenuto la bella cifra di 37.763 comuni, mentre l'Italia e la Spagna hanno, appunto, questo primato, teso alla conservazione dello status quo.
È vero che l'unione dei comuni è un istituto che ha avuto il suo battesimo con la legge n. 142 del 1990, che voleva, appunto, introdurre il principio di rendere organico il lavoro dei piccoli comuni, creando le condizioni per accentrare su una organizzazione unitaria l'attività dei comuni nei vari settori di intervento.
Questo iniziale progetto, che trovò scarsa attuazione, fu poi migliorato con successivi interventi legislativi: tra questi, l'ultimo in ordine di tempo è certamente quello introdotto con la creazione delle unioni di municipi, le cosiddette unioni municipali, introdotte dalla legge n. 148 del 2011 e l'intervento della legge a che ha evitato l'obbligo delle fusioni tra le organizzazioni dei comuni che avessero deciso unirsi. Qual è la finalità di queste unioni? È sostanzialmente quella di mettere in rete e unificare alcune attività tipiche dei comuni al fine di creare una massa critica e un'economia di scala, di evitare la duplicazione dei costi e di economizzare e rendere più efficaci i servizi. Da questo punto di vista, oltre all'intervento statale, dobbiamo registrare una serie di legislazioni regionali che, con la riforma del Titolo V soprattutto, hanno via via normato le unioni di comuni in una sorta di geometria variabile che nel Paese vede diverse applicazioni, non sempre coerenti, di questa forma di organizzazione unitaria.
Allora, noi ci siamo proposti di suggerire una soluzione che porti a rendere più coerente questo modello - stabilendo che ci sia una soglia minima per le unioni, di 15 mila abitanti - per prevedere che questo orientamento sia, in qualche modo, esteso anche alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano. Abbiamo anche suggerito - e lo auspichiamo - che i risparmi conseguiti a seguito della costituzione di queste unioni di comuni siano destinati a ridurre la Pag. 43compartecipazione al servizio sanitario da parte degli assistiti (ossia l'odioso ticket sanitario che il Governo Berlusconi ha da poco imposto anche per le prestazioni di pronto soccorso)...

PRESIDENTE. Onorevole Monai, la prego di concludere.

CARLO MONAI. ...e a ripristinare - e concludo, signor Presidente - la piena indicizzazione delle pensioni che, anche con la manovra che oggi il Presidente del Consiglio Monti ha illustrato, verrebbe salvata per le sole pensioni minime o per quelle entro il doppio del minimo.
Per questo, chiediamo che si faccia un'economia di spesa più sostenuta e robusta e che queste risorse risparmiate siano destinate proprio a questi due settori, così importanti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Naccarato, che illustrerà anche la mozione Bressa ed altri n. 1-00774, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, per rendere più efficienti le istituzioni, razionalizzare le risorse pubbliche e aumentare la qualità e la quantità dei servizi essenziali per i cittadini è necessario attuare pienamente la nostra Costituzione, in particolare l'articolo 5 e il Titolo V, così come approvato con legge costituzionale del 18 ottobre 2001. La nostra mozione va in questa direzione e vuole impegnare il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, ad agire in questo senso e mi auguro - viste le nuove condizioni politiche in cui operano le Camere - che il Parlamento possa esprimersi in maniera unitaria su questo punto.
L'obiettivo che indichiamo all'Esecutivo è quello di rendere più efficiente il sistema istituzionale, attraverso l'attuazione piena degli articoli 5, 118 e 119 della Costituzione e attraverso l'approvazione della Carta delle autonomie, che oggi è in discussione al Senato per dare finalmente un quadro normativo certo al sistema delle autonomie locali.
Per attuare la riforma autonomistica, che finora è rimasta incompiuta, bisogna innanzitutto definire l'identità, il ruolo istituzionale e le competenze amministrative delle autonomie locali, in particolare dei comuni, che costituiscono l'elemento fondante dell'autonomia perché sono il primo e principale interlocutore del cittadino nel rapporto con le istituzioni. Inoltre, deve essere valorizzato il ruolo delle regioni, come soggetto legislativo, e dei comuni come soggetto operativo. Questo sistema funziona rafforzando gli elementi e i caratteri di unità nazionale presenti nella Costituzione, che sono i livelli essenziali delle prestazioni sui diritti sociali e civili, che devono essere garantiti a tutti i cittadini.
L'articolo 5 stabilisce che «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento».
Gli articoli 118 e 119 determinano le funzioni e le fonti di finanziamento delle autonomie locali che costituiscono la Repubblica. Le funzioni sono attribuite con legge statale ai comuni sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Il termine «sussidiarietà», anche se va tanto di moda e viene usato spesso a sproposito, non mi convince moltissimo, perché in questi anni è stato spesso causa di confusioni ed interpretazioni errate ed è stato strumentalizzato e utilizzato in modo distorto per attribuire a soggetti privati ruoli e competenze che dovrebbero essere esercitati invece da soggetti pubblici, basta vedere l'uso distorto del concetto di sussidiarietà che hanno fatto alcune regioni - penso alla Lombardia - per assegnare ai privati parti importanti dei servizi socio-sanitari e di assistenza e per questo mi pare doveroso specificare che il principio di sussidiarietà significa che ogni funzione pubblica deve essere esercitata al livello territoriale più vicino ai cittadini, finché ciò sia concretamente praticabile. Pag. 44
I principi di differenziazione ed adeguatezza indicano che le funzioni amministrative non sono attribuite a tutti i comuni in maniera uguale e indifferenziata, le funzioni devono essere attribuite invece in relazione alle caratteristiche sociali, alle dimensioni territoriali e alle risorse disponibili. Per finanziare integralmente le funzioni amministrative gli enti locali devono avere autonomia finanziaria di entrata e di spesa, devono avere risorse autonome, stabilire e applicare tributi ed entrate propri, disporre di compartecipazione al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
Per attuare dunque il processo federalista basato sulla promozione dell'autonomia e del decentramento bisogna prima stabilire le funzioni amministrative e dopo assicurare gli strumenti legislativi per esercitare l'autonomia finanziaria di entrata e di spesa che, per essere tale, deve basarsi su tributi propri. Senza questi passaggi, definiti nel nuovo Titolo V, non c'è autonomia, c'è quanto abbiamo visto in questi ultimi tre anni: il centralismo e la finanza derivata, fondati sui tagli lineari e sui trasferimenti pro capite a piè di lista; i proclami e le promesse sul federalismo fiscale e la riduzione per decreto dei poteri, delle risorse e dell'autonomia dei comuni.
La riforma autonomistica è stata interrotta e il Governo nazionale negli ultimi tre anni è intervenuto con misure normative finalizzate soltanto a ridurre risorse e poteri agli enti locali, considerati - a proposito di federalismo - luoghi dove si spende male e si spreca e non soggetti titolari di funzioni ed erogatori di servizi.
Elenco brevemente alcuni provvedimenti che hanno caratterizzato l'impianto profondamente centralista del precedente Governo: penso alla legge 4 dicembre 2008, n. 189, alla legge delega 5 maggio 2009, n. 42, alla legge 6 agosto 2008, n. 133 e alla legge 23 dicembre 2009, n. 191, alla legge 26 marzo 2010, n. 42 e alla legge 30 luglio 2010, n. 122, infine alla recente legge 14 settembre 2011, n. 148. Si tratta di interventi che spesso hanno invaso le materie di competenza regionale innescando conflitti di fronte alla Corte costituzionale ed hanno provocato un assetto istituzionale indeterminato, pieno di provvedimenti contraddittori e causa di incertezza e confusione.
La legge delega 5 maggio 2009, n. 42, che tante speranze aveva suscitato, è stata depotenziata dai decreti legislativi emanati dal Governo e si è trasformata in un'autentica delusione che è servita soltanto a nascondere i tagli imponenti imposti alle autonomie locali. È utile ribadire che il sistema di finanziamento delineato nei decreti legislativi è in contrasto con la Costituzione, perché non dà garanzie certe ed effettive alla previsione dell'articolo 118 della Costituzione dell'esercizio integrale di tutte le funzioni amministrative attribuite ai diversi soggetti.
Per attuare la Costituzione si deve partire dalle funzioni delle autonomie locali. Per questo riteniamo superato il Testo unico degli enti locali che risale al 2000, prima delle modifiche del Titolo V. Serve una carta delle autonomie, una legge che definisca in maniera chiara e coerente con il nuovo dettato costituzionale funzioni e compiti del sistema delle autonomie, in base ai principi di differenziazione e adeguatezza e che ogni funzione pubblica deve essere esercitata al livello territoriale più vicino ai cittadini.
Le risorse finanziarie devono essere tali da permettere di finanziare integralmente l'esercizio delle funzioni assegnate alle autonomie locali. Questo principio, vero e proprio punto cardine dell'ordinamento autonomistico italiano, stabilisce un parallelismo tra funzioni e risorse. La relazione parallela funzioni-risorse serve ad impedire che lo Stato, come in passato e negli ultimi tre anni, devolva o imponga funzioni senza prevedere le risorse necessarie per esercitarle. Per questo vengono prima le funzioni e dopo le risorse e pertanto, prima di affrontare il federalismo fiscale e l'articolo 119 della Costituzione, è necessario attribuire le funzioni sulla base delle previsioni dell'articolo 118, altrimenti si ripeterà il fallimento della legge delega 5 maggio 2009, n. 42: senza funzioni amministrative Pag. 45 chiare da esercitare è stato possibile privare i comuni dell'autonomia finanziaria e imporre tagli lineari.
La nostra mozione, impegnando il Governo a favorire l'approvazione rapida della Carta delle autonomie, ha l'obiettivo di riavviare sul serio e su basi definite il processo federalista, a partire dall'attribuzione di funzioni amministrative e delle relative risorse proprie alle autonomie locali. Per riformare le funzioni pubbliche e garantire un loro effettivo esercizio autonomo e responsabile da parte delle autonomie locali, il processo avviato dalla legge n. 3 del 2001 deve essere completato e rafforzato affrontando la questione, allora accantonata, della semplificazione istituzionale. È urgente infatti ridurre la moltitudine di organismi ed enti strumentali - spesso organizzati nella forma delle società partecipate dagli enti locali per erogare servizi pubblici di competenza comunale in violazione delle norme sulla concorrenza e sulla trasparenza - che sottraggono ruoli e competenze alle autonomie locali; ed è altrettanto urgente incentivare le aggregazioni dei comuni attraverso le unioni.
Qui si inserisce la questione di quale debba essere per i comuni la dimensione adeguata a svolgere le funzioni amministrative loro attribuite. È evidente a tutti che l'attuale frammentazione dei comuni non consente sempre di esercitare con efficienza ed efficacia le funzioni. Per semplificare l'assetto istituzionale del sistema delle autonomie con successo è indispensabile stimolare aggregazioni su base volontaria sia per i necessari coinvolgimento e condivisione delle popolazioni interessate sia alla luce delle previsioni degli articoli 132 e 133 della Costituzione, che pongono limiti e vincoli alle modifiche territoriali di province e comuni. In questo processo è necessaria una scelta di chiarificazione e semplificazione istituzionale. Molti degli attuali 8.101 comuni italiani, dei quali 5.836 hanno meno di cinquemila abitanti, non sono in condizione, per la scarsa popolazione e la carenza di risorse, di svolgere in modo efficace le funzioni amministrative. Questo limite può essere superato inserendo nella Carta delle autonomie la previsione normativa di unificare l'esercizio delle funzioni, mediante lo strumento delle unioni tra più comuni con caratteristiche simili. Il provvedimento per avere successo deve essere accompagnato da scadenze precise e non derogabili e da incentivi fiscali effettivi per i comuni che decidano di unificare l'esercizio delle funzioni. Così è possibile rispettare i principi di differenziazione ed adeguatezza nell'attribuzione delle funzioni amministrative. Su questa strada si stanno muovendo molti Paesi dell'Unione europea, sulla base di modelli differenti che rispecchiano le tradizioni amministrative e le identità locali. Questo è un punto decisivo di cui tenere conto, perché i comuni oggi sono anche luogo di identità locale, storica e culturale e non si può affrontare la questione con provvedimenti demagogici e superficiali. In alcuni Paesi è stata effettuata la scelta della fusione tra comuni, in altri, con caratteristiche storico-culturali simili a quelle dei comuni italiani, è prevalsa l'idea di unificare le funzioni. La Francia, ad esempio, negli ultimi decenni ha dato vita ad una interessante esperienza. I comuni sono 36.786, dei quali 34.187 con meno di cinquemila abitanti. I comuni possono associarsi, esercitando insieme le funzioni su base volontaria, dando vita agli enti pubblici di cooperazione intercomunale, che si dividono in due tipologie: quelli senza fiscalità propria e quelli con fiscalità propria. Il modello ha incontrato il gradimento dei comuni nella realtà francese. Nel 2007 si erano costituiti 2.588 enti pubblici di cooperazione intercomunale con fiscalità propria, che raggruppavano ben 33.400 comuni, equivalenti a più del 90 per cento dei comuni francesi. Nel nostro Paese le unioni sono 340, coinvolgono 1.695 comuni e non hanno avuto fino ad ora una grande diffusione soprattutto a causa delle incertezze normative e degli scarsi incentivi economici e fiscali. La Carta delle autonomie può costituire l'occasione per favorire le unioni tra comuni, rendendole stabili e migliorandone le prestazioni. Inoltre le unioni, dove raggiungono Pag. 46 dimensioni di territorio e di popolazione rilevanti, possono svolgere anche le funzioni amministrative di area vasta da esercitare in modo unitario e sostituire le province. Credo che se si ragiona in questi termini, cioè sulle funzioni e su come in modo volontario i comuni possano aggregarsi dando vita a unioni sulla base delle funzioni da svolgere, anche il tema delle province possa essere affrontato in modo costruttivo e positivo. La nostra mozione intende rilanciare e accelerare la costruzione dello Stato delle autonomie locali delineato dalla riforma costituzionale del 2001. Bisogna ridare organicità all'iniziativa legislativa che finora è stata frammentaria, contraddittoria e confusa e ha agito spesso in contrasto con le previsioni costituzionali, determinando una situazione di incertezza normativa e di estrema difficoltà finanziaria, in particolare per i comuni.
Il Parlamento deve lavorare per elaborare, in accordo con le autonomie locali, e non in contrasto con esse, e approvare al più presto una Carta delle autonomie che realizzi un sistema istituzionale con tre caratteristiche fondamentali, che indichiamo nella mozione: riconoscere il ruolo delle regioni nella definizione degli assetti regionali delle autonomie, stabilire il ruolo degli enti locali nella titolarità delle funzioni amministrative, riconoscere il valore del principio di adeguatezza per favorire le forme più idonee ed efficienti per esercitare le funzioni amministrative in modo associato nei piccoli comuni.
Se vi sarà questa volontà, ritengo che la Camera potrà esprimersi sulle mozioni presentate in maniera unitaria e dare, così, una risposta positiva alle esigenze delle autonomie locali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pastore, che illustrerà la mozione Reguzzoni ed altri n. 1-00775, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

MARIA PIERA PASTORE. Signor Presidente, in base all'articolo 32 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni, di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza, e alle unioni si applicano, in quanto compatibili, i principi previsti per l'ordinamento dei comuni.
Il tema dell'unione dei comuni è stato fortemente integrato con alcune disposizioni contenute nel decreto-legge n. 138 del 2011, la manovra estiva, che affida, appunto, all'articolo 16, commi da 1 a 16, la regolamentazione delle unioni di comuni, prevedendo la gestione obbligatoria in forma associata delle funzioni amministrative e dei servizi pubblici per i comuni con popolazione fino a mille abitanti (in altri commi si prevedono i comuni con popolazione fino a cinquemila o tremila abitanti, a seconda che tali comuni appartenessero già a comunità montane).
Ciò non toglie che si sta parlando di un ente locale i cui organi sono costituiti, appunto, dal presidente dell'unione, dalla giunta e dai consiglieri. Se è vero che, a regime, la giunta e i consiglieri sono sindaci dei comuni che compongono l'unione, ciò non toglie che anche questa istituzione preveda costi, ad esempio, per quanto riguarda il trattamento economico dei componenti gli organi.
Vi è, però, un altro istituto, che è previsto dal Testo unico degli enti locali. Mi riferisco alla convenzione, cui è dedicato l'articolo 30 del Testo unico, che stabilisce che, al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare fra di loro apposite convenzioni, che possono prevedere, tra le altre cose, anche la costituzione di uffici comuni, che possono operare con personale distaccato da parte degli enti.
Se l'obiettivo che tutti noi ci proponiamo è quello di procedere ad una maggiore semplificazione e a una riduzione della burocrazia, ma mantenendo, comunque, livelli di efficacia e di efficienza del sistema degli enti locali, e in più ridurre i costi, argomento a cui tutti noi poniamo grande attenzione, ecco che si potrebbe procedere ad una semplificazione, non Pag. 47prevedendo un nuovo ente locale, così come previsto dal Testo unico, ma partendo e prendendo come riferimento l'articolo 114 della Costituzione, in base al quale «La Repubblica è costituita dai comuni, dalle province, dalle città metropolitane, dalle regioni e dallo Stato».
Quindi, manteniamo fermi gli enti previsti in Costituzione, ma, partendo dal presupposto che i comuni rappresentano l'ente più vicino al cittadino, quello che offre servizi e che deve esercitare funzioni, possiamo proporre anche un superamento della figura dell'unione di comuni, per prevedere una forma obbligatoria di convenzioni che possano svolgere le stesse funzioni e arrivare agli stessi obiettivi.
Posto, quindi, che le unioni di comuni non hanno rilievo costituzionale e in base ai principi su cui poggia il federalismo istituzionale, è possibile arrivare ad una semplificazione che riduca gli adempimenti a carico degli enti locali e comporti anche una riduzione della spesa.
Ricordo infatti che, in base al decreto-legge n. 138, l'iniziativa per costituire l'unione spetta ai singoli comuni, comunque la regione deve poi ratificare l'ambito territoriale dell'unione e comunque poi vi è un ulteriore passaggio per cui, in base ad un elenco del Ministero dell'interno, si stabilisce quali comuni sono tenuti obbligatoriamente ad esercitare in forma associata funzioni e servizi e quali comuni no, che sono quelli, appunto, che hanno scelto il sistema della convenzione.
Quindi, si può procedere ad una riorganizzazione dell'istituto dell'unione dei comuni sostituendolo con una chiamiamola federazione di comuni tramite l'approvazione di una convenzione semplicemente approvata nei consigli comunali, prevedendo che questa federazione non abbia personalità giuridica e non disponga di organi o strutture articolate, quindi un modello associativo in cui gli obiettivi vengono definiti dalla Conferenza dei sindaci o vengono inseriti nella convenzione, lasciando alla libera scelta e, quindi, al principio di autonomia degli enti locali, la possibilità di fare in modo che i comuni possano scegliere se fare parte o meno di questa federazione, prevedendo però l'obbligatorietà della federazione per i comuni con popolazione inferiore a 1000 abitanti. In questo modo, della federazione potrebbero fare parte i comuni fino a 1000 abitanti, ma anche i comuni superiori che potrebbero trovare una soluzione all'obbligo della gestione obbligatoria associata delle funzioni fondamentali, ma anche una soluzione alla carenza di risorse e all'obbligo di osservare il Patto di stabilità interno, posto che, appunto, dal 2013 sono tenuti all'applicazione del Patto di stabilità anche i comuni con popolazione superiore a 1000 abitanti e dal 2014 anche le unioni di comuni.
Quindi, questa federazione sarebbe dotata di un bilancio che non ha una valenza giuridica, ma che svolgerebbe un ruolo di rendicontazione e, al contempo, un modo per definire gli obiettivi generali e le linee operative. Inoltre, ai fini del Patto di stabilità, questo consentirebbe di operare delle compensazioni tra i comuni che faranno parte di questa federazione.
Quindi, noi chiediamo al Governo di adottare le misure che ritiene opportune al fine di introdurre nel nostro ordinamento il modello associativo della federazione dei comuni che, senz'altro, comporterà minori adempimenti burocratici e riduzioni di spesa, eliminando, quindi, la formula dell'unione dei comuni che ritengo sia uno strumento un pochino troppo farraginoso previsto dalla nostra normativa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Valducci. Ne ha facoltà.

MARIO VALDUCCI. Signor Presidente, signor sottosegretario, le mozioni presentate, che sono state illustrate, fondamentalmente hanno finalità ed obiettivi che sono ampiamente condivisibili, ovvero arrivare alla creazione di realtà che, in qualche modo, associno i servizi, per potere consentire di dare ai cittadini di un ambito territoriale quelli che erano definiti servizi pubblici locali, con qualità e prezzi, diciamo, ottimali. Pag. 48
Voglio solo qui ricordare alcune delle caratteristiche delle unioni di comuni che, peraltro, mi preme qui sottolinearlo, anche in base all'illustrazione del decreto da parte del Presidente Monti, non sconteranno più uno dei problemi dell'unione di comuni, ovvero quello del creare consigli di amministrazione, gettoni ed emolumenti che vengono meno in quanto, non essendo le unioni di comuni, come le altre eventuali forme di associazione, previste in Costituzione, non sono più dotate di emolumenti. Ricordo che le unioni di comuni sono poche, sono limitate, sono circa 350 e comprendono circa 5 milioni 380 mila cittadini residenti nelle stesse.
Questo è dovuto anche al fatto che c'è un quadro normativo incerto su queste unioni di comuni.
Ricordo anche al riguardo, come quanti hanno voluto giustamente ricordare prima di me, che noi abbiamo la Carta delle autonomie in discussione avanzata - da quello che mi risulta - presso il Senato, dove addirittura nel prossimo mese di gennaio potrebbe essere approvata.
Ricordo che la Carta delle autonomie è una stella importante di riferimento, per così dire, di funzioni e compiti di comuni e, quindi, della realtà del territorio. In quell'ambito penso che si potranno poi andare a rivedere alcune questioni, che già io mi auguro una mozione unitaria possa definire nel dispositivo, al termine della discussione che oggi stiamo svolgendo e che si concluderà nella giornata di domani.
Ricordo solo che l'unione dei comuni non cancella i campanili e le torri civiche che la costituiscono, ma li valorizza. Questo è un dato fondamentale ed importante, data la nostra storia d'Italia e anche l'importanza di un presidio democratico sul nostro territorio, rappresentato appunto dai comuni stessi.
Non vorrei adesso entrare nel dettaglio se sia meglio l'unione di comuni, l'associazione dei comuni o la federazione dei comuni. Penso che sia importante arrivare, per così dire, ad un'aggregazione, che in qualche modo consenta di offrire dei servizi, che altrimenti oggi i comuni non sarebbero in grado di dare.
Vorrei ricordare, soprattutto rispetto alla mozione illustrata dal collega Monai, che il tema previsto dell'imposizione e la costituzione di queste forme aggregate è sicuramente un tema difficile determinare ex lege. Quindi, attraverso lo strumento dell'incentivazione, attraverso lo strumento delle volontarietà e attraverso anche lo strumento della complessità economico-finanziaria sia del momento che costante, noi dovremmo cercare di arrivare a queste forme di aggregazione.
Così come prevedere forme di aggregazione dei comuni sotto i 20 mila abitanti mi sembra una soglia di per sé molto elevata perché - cito solo alcuni numeri - in Italia abbiamo solamente 497 comuni sopra i 20 mila abitanti e, dunque, la gran parte dei comuni stanno molto al di sotto di questa soglia. Penso, quindi, che sarebbe già importante arrivare a degli strumenti di incentivazione per i comuni sotto i 3 mila abitanti (già solo questi sono 4.500 comuni).
Così pure è fondamentale il ruolo delle regioni, perché nel nostro Paese in alcune regioni un comune di 20 mila abitanti non esiste, ad eccezione dei comuni capoluogo di provincia. Se noi andiamo a vedere in Molise, ad esempio, non esiste un comune, al di là dei due comuni capoluogo di provincia, che abbia più di 20 mila abitanti. È, quindi, evidente che la regione ha un ruolo importante e determinante nell'andare a definire quelli che dovrebbero essere gli ambiti territoriali cosiddetti ottimali rispetto a quella determinata area territoriale.
Mi avvio rapidamente alle conclusioni, riservandoci poi anche come gruppo del Popolo della Libertà di presentare una mozione, con l'auspicio che si possa arrivare ad un'unico documento di indirizzo con un dispositivo condiviso. Mi sembra, infatti, da tutti gli interventi che mi hanno preceduto, che si possa ritrovare, con l'ausilio del Governo, una siffatta soluzione. Pag. 49
Concludo, segnalando poi che i risparmi devono sicuramente andare al territorio che li ha generati, ma senza prevedere a livello nazionale in quale direzione debbano andare tali risparmi. Tengo molto, tuttavia, a sottolineare l'importanza che questi risparmi debbano ricadere su quei territori che, attraverso il loro comportamento virtuoso, sono arrivati a creare delle aggregazioni nell'ambito della possibilità di fornire servizi ai concittadini di quel determinato ambito territoriale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, credo che il dibattito si sia proficuamente avviato verso un auspicio che mi auguro il Governo raccolga e si faccia parte diligente, di una mozione unitaria che faccia sintesi tra i punti di vista, mi sembra sostanzialmente convergenti, che sono emersi nel dibattito fino a questo momento. Condivido del tutto l'intervento che ha fatto il mio collega, l'onorevole Naccarato, e voglio aggiungere soltanto alcune sottolineature che mi sembrano importanti relativamente anche alla particolare contingenza politica ed economica che stiamo attraversando.
Sono tra quelli che sono convinti, anzi, fermamente convinti, che la semplificazione istituzionale può favorire da una parte una pubblica amministrazione migliore, più efficace e più efficiente, dall'altra un contenimento della riduzione dei costi nella produzione dei servizi. Credo che questa sia una strada maestra che dobbiamo perseguire con grande determinazione, fra l'altro chiaramente indicata dal Titolo V della parte seconda della Costituzione. Se c'è un'autocritica che dobbiamo farci - senza voler sottolineare particolari divisioni tra noi in merito - è che abbiamo tardato molto a dare attuazione piena ai contenuti del Titolo V della parte seconda della Costituzione, abbiamo manifestato incertezza su quella strada e così abbiamo favorito il fatto che lo stesso concetto di federalismo venisse in qualche modo declinato, quasi che andassimo ad aggiungere pezzi al sistema, più che semplificarlo, producendo maggiori costi, più che riducendoli, producendo complicazioni piuttosto che semplificazione.
Penso che siamo ancora in tempo per ritrovare il bandolo della matassa e prendere una strada corretta in questa direzione. Molto dipende dai passi che si fanno. Da questo punto di vista, due sottolineature voglio fare. Sbagliamo quando diciamo che, ad esempio, i comuni sono troppi. L'articolo 5 della Costituzione dice chiaramente che la Repubblica riconosce le autonomie. Quasi un omaggio alla storia, nel senso che la Repubblica riconosce che le autonomie preesistono alla Repubblica e quindi dilungarci sul numero dei comuni può essere ozioso o comunque può andare a sollecitare negativamente quel senso di identità di cui i cittadini italiani sono particolarmente gelosi. Credo che, molto più fruttuosamente, potremmo orientarci nella direzione di forme di unione che fanno salva l'identità storica e, nello stesso tempo, si muovono nella direzione della gestione associata delle funzioni fondamentali che la legge deve attribuire ai comuni e della gestione associata dei servizi.
E ancora, quando abbiamo parlato del federalismo e abbiamo anticipato l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione a quanto era previsto dagli articoli 117 e 118 - lo ricordava il collega Naccarato - abbiamo fatto un errore, perché è difficile discutere delle fonti di finanziamento degli enti se non si discute prima e in modo chiaro e definitivo delle loro funzioni e credo che questo errore lo possiamo recuperare e quindi condivido molto ciò che ha appena detto il collega Valducci, di andare rapidamente all'approvazione al Senato della Carta delle autonomie, per tornare qui alla Camera ad una riflessione su quel testo e licenziarlo nei tempi più rapidi possibili. Vengo alla questione: semplificare il sistema istituzionale certo non può limitarsi alla sola questione della frammentazione istituzionale comunale. C'è il grande tema del superamento del Pag. 50bicameralismo e della nascita di un Senato delle regioni e delle autonomie. Oggi stesso il Presidente del Consiglio ci ha riproposto il tema della riforma delle province.
Però, senza nulla togliere a questi aspetti della riforma istituzionale, dal mio punto di vista credo che, ancor di più di questi punti, sia rilevante il tema dell'unione dei comuni. Magari solletica meno il dibattito intellettuale e il contributo dei costituzionalisti, ma, dal punto di vista funzionale, ormai che la stragrande maggioranza dei servizi dipende direttamente dai comuni e che la vita quotidiana delle persone, delle famiglie e delle imprese e il destino dei territori è in gran parte nelle mani dei comuni medesimi, noi dobbiamo interrogarci fino in fondo su cosa significa essere adeguati a svolgere queste responsabilità e queste funzioni. Il contributo straordinario, quindi, può venire da un lavoro razionale ed importante che si può fare attorno al tema dell'associazionismo comunale verso la gestione dei servizi e delle funzioni. Ciò a maggior ragione - mi sia consentito -, nel momento in cui mettiamo in discussione le province, Dio non voglia che noi, nel discutere e nel decidere il destino delle province stesse, ci rassegniamo ad uno scivolamento, dal mio punto di vista assai pericoloso, verso un neocentralismo regionale che è una delle cose più pericolose che oggi ci si presentano davanti al sistema istituzionale.
Per quanto riguarda, quindi, la questione delle unioni, starei molto sull'adeguatezza. Capisco che il Parlamento spesso è costretto o, comunque, indotto a ricercare strumenti di incentivazione verso soluzioni più razionali che sono un po' semplicistiche. Adottare il numero degli abitanti o soltanto il numero degli abitanti per spingere nella direzione di una razionalizzazione del sistema locale è giusto, ma, nello stesso tempo, è insufficiente, perché il territorio italiano è estremamente diversificato, perché il parametro degli abitanti può non essere sufficiente, anzi sicuramente non lo è, e tende a semplificare il panorama. Credo, quindi, ci voglia una riflessione più approfondita.
A tali questioni, però, se ne possono aggiungere altre. Credo che, ad esempio, un buon criterio per dire quanto deve essere grande un'unione di comuni e qual è il parametro di riferimento potrebbe essere il ragionamento attorno ad un passaggio ormai ineludibile nella produzione dei servizi che è la professionalizzazione dei servizi medesimi, cioè il rendere i servizi in modo professionale. Qualcuno un po' naïf può essere ancora affezionato al fatto che vi sia un comune dove il vigile urbano fa l'usciere, risponde al telefono, fa il vigile urbano e guida la macchina. Credo che questo, appunto, faccia parte di una storia passata, per quanto bella ed affascinante. Abbiamo bisogno sempre di più di prendere parametri professionali nella gestione dei servizi, altrimenti come facciamo a chiedere agli enti tutta una serie di strumentazioni che sono ormai necessarie per la gestione corretta delle risorse umane e delle risorse finanziarie.
Credo, quindi, che un buon criterio sia quello di puntare verso la professionalizzazione dei servizi, il che significa, ad esempio, che un'unione dei comuni, invece di un piccolo comune, può dotarsi di un buon sistema di pianificazione, può dotarsi di un buon sistema di gestione delle risorse finanziarie e delle risorse umane e può dotarsi di un buon sistema di controllo, cosa che non accade quasi mai nei piccoli comuni ed è fonte di grandi equivoci e anche di ombre rispetto alla gestione trasparente della pubblica amministrazione. Nei piccoli comuni, infatti, vi è l'assenza di strumenti di controllo che siano degni di questo nome. E davanti abbiamo anche il grande tema del rapporto tra pubblico e privato.
Un conto è che il privato vada a spigolare, comune per comune, la gestione di singoli servizi, un conto è che un'unione dei comuni si metta nella condizione anche di una collaborazione moderna tra pubblico e privato, ma dotandosi di tutti quegli strumenti di controllo dei servizi che soltanto la dimensione dell'ente consente di avere. Queste sono le questioni rilevanti che stanno davanti all'opportunità che l'unione dei comuni ci offre. Pag. 51
Per non parlare della gestione dei servizi sociali. La legge n. 328 del 2000 già, parlando degli ambiti sociali, ci spingeva nella direzione della gestione dei servizi sociali in modo associato, capace di coinvolgere il terzo settore, il volontariato. Per non parlare della sicurezza. Lo ripeto: un conto è un vigile urbano polifunzionale, diciamo così, un conto è un corpo di polizia municipale che può essere interlocutore della polizia di Stato, della prefettura, della questura nel servizio di vigilanza del territorio.
Per non dire degli uffici tecnici. Tutti i giorni piangiamo dei disastri territoriali e ambientali: molto dipende dai cambiamenti climatici, ma molto dipende anche dalla pianificazione territoriale e locale. Cosa pensate, che il destino di un territorio dipenda dal recinto stretto di quel piccolo comune? No. È la mancanza di una pianificazione territoriale degna di questo nome di un'area un po' più vasta, che poi provoca anche quei danni.
Si parla anche di questioni fiscali. Oggi, andiamo a reintrodurre l'ICI. Io ho difeso l'ICI dal Governo Prodi, quando il Governo Prodi ne tagliò il 40 per cento. E sono ancora convinto che sia una delle poche, se non l'unica imposta davvero federalista che abbiamo, che merita di essere difesa e reinserita nel nostro ordinamento. Tuttavia, l'ICI ha una controindicazione: può spingere verso la monetizzazione del territorio, cioè verso il far cassa attraverso il territorio. È pericolosa. Allora è necessario avere una gestione urbanistica, la più ampia dal punto di vista del territorio, in modo tale da inserire anche nella pianificazione quelle aree di compensazione, di riserva naturale, che devono, in qualche modo, riequilibrare lo sfruttamento del territorio.
Come si fa a tenere queste opportunità insite nelle unioni dentro una logica autonomista che rispetti, quindi, l'identità e l'autonomia dei singoli comuni? Io credo che la strada - lo diceva in conclusione del suo intervento anche il collega Naccarato - sia quella di leggi regionali, leggi regionali che ridisegnino ambiti ottimali dentro ai quali spingere verso l'aggregazione delle funzioni e dei servizi che i comuni devono gestire. In questo senso, anche l'esperienza della federazione, che è più presente ad esempio in una regione come quella veneta, può trovare il suo spazio. Ma io credo che quello sia il luogo giusto dove produrre una legislazione che, nello stesso tempo, rispetti le autonomie e favorisca l'aggregazione della gestione dei servizi e delle funzioni, in modo tale da corrispondere in modo moderno ed adeguato alle domande sempre più qualificate ed esigenti che provengono dai cittadini, dalle persone, dalle famiglie e dalle imprese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 6 dicembre 2011, alle 11:

1. - Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 2380-2386 - d'iniziativa dei senatori: CARUSO ed altri; BERSELLI e CARDIELLO: Modifica dell'articolo 645 e interpretazione autentica dell'articolo 165 del codice di procedura civile in materia di opposizione al decreto ingiuntivo (Approvata, in un testo unificato, dalla 2a Commissione permanente del Senato) (C. 4305).
e dell'abbinata proposta di legge: CAVALLARO ed altri (C. 3794).
- Relatore: Cavallaro.

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2. - Seguito della discussione delle mozioni Reguzzoni ed altri n. 1-00769, Monai ed altri n. 1-00772 e Meta ed altri n. 1-00773 concernenti iniziative in materia di accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo, con particolare riferimento alla questione dell'operatività della compagnia Singapore Airlines presso l'aeroporto di Malpensa.

3. - Seguito della discussione delle mozioni Donadi ed altri n. 1-00685, Bressa ed altri n. 1-00774 e Reguzzoni ed altri n. 1-00775 concernenti iniziative normative per la costituzione di unioni di comuni con popolazione inferiore ad una determinata soglia.

La seduta termina alle 19,20.