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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 537 di martedì 18 ottobre 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 12,05.

GIACOMO STUCCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 14 ottobre 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bindi, Brugger, Caparini, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, Dal Lago, Donadi, Fava, Lo Monte, Lusetti, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Mura, Nucara e Tabacci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni (ore 12,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

(Rinvio dell'interpellanza Berretta - n. 2-00812)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del presentatore e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza Berretta n. 2-00812 è rinviato ad altra seduta.

(Elementi in merito alla gestione commissariale del consorzio Gaia e iniziative a tutela dei lavoratori - n. 3-00420)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Catia Polidori, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Barbieri n. 3-00420, concernente elementi in merito alla gestione commissariale del consorzio Gaia e iniziative a tutela dei lavoratori (Vedi l'allegato A - Interrogazioni). La chiamiamo sottosegretario, pur sapendo che lei è stata nominata viceministro, ma, come lei sa, la Camera deve ricevere la comunicazione formale da parte della Presidenza del Consiglio. Quindi, in ogni caso, le diamo la parola usando un'espressione transitoria e cumulativa, sottosegretario-viceministro.

CATIA POLIDORI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, è opportuno premettere, nel rispondere al presente atto di sindacato ispettivo, che, fatta eccezione per lo specifico quesito concernente il signor Basso e di cui si dirà oltre, non risultano nuovi elementi, rispetto a quanto comunicato all'onorevole interrogante in occasione dell'atto di sindacato ispettivo n. 3-00196, concernente medesima materia.
Il consorzio Gaia è stato ammesso alla procedura di amministrazione straordinaria Pag. 2di cui al decreto-legge n. 347 del 2003, convertito con modifiche dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 2 agosto 2007. Dopo un tentativo di ristrutturazione economico-finanziaria, iniziato sin dall'insediamento del commissario, risulta ancora in corso l'esecuzione del programma di cessione approvato dal Ministro nel mese di marzo 2010.
Quanto al contenuto specifico dell'interrogazione in oggetto, circa i «licenziamenti» di cui trattasi, che sarebbero intervenuti nel mese di luglio 2008, nell'ambito del processo di riorganizzazione delle attività, posto in essere dal commissario straordinario, si riportano i seguenti elementi informativi forniti dallo stesso.
Tra le cause di dissesto e di insolvenza del Consorzio Gaia vi è da annoverare l'inadeguatezza dei corrispettivi previsti per i contratti di servizio tra le società del gruppo ed i comuni serviti. Per queste ragioni, il commissario straordinario, in attuazione delle finalità di legge di risanamento dell'impresa e di tutela dei creditori, nell'ambito della propria autonomia e responsabilità di gestione, procedeva ad attuare misure tese all'eliminazione delle perdite dell'azienda - secondo regole di corretta gestione della stessa - proponendo ai comuni un adeguamento delle tariffe contrattuali. Alcuni comuni - e precisamente Cave, Monte Compatri, Palestrina, Rocca di Papa, Ferentino, Piglio, Bellegra, Gallicano nel Lazio, Castel San Pietro Romano, Grottaferrata, Rocca di Cave, Roiate, San Cesareo, Paliano, Serrone - non aderivano all'adeguamento richiesto e, per questi motivi, il commissario comunicava la risoluzione dei relativi contratti, con l'anticipo necessario a consentire ai comuni medesimi di individuare, in tempi utili, un nuovo gestore subentrante. In quest'ottica, venivano coinvolte anche le organizzazioni sindacali al fine di permettere l'inizio delle procedure relative al passaggio del personale alle dipendenze dei nuovi gestori, come previsto dal CCNL di categoria - «passaggio diretto ed immediato del personale dell'impresa cessante» ex articolo 6 CCNL Federambiente - e dalla legge. Il consorzio Gaia, quindi, licenziava il personale coinvolto nelle commesse relative ai contratti risolti, in quanto provvedimento necessario e propedeutico per poter far riassumere immediatamente il personale dai nuovi gestori individuati dai comuni.
Pertanto, i dipendenti cessati da Gaia trovavano occupazione presso i nuovi gestori con passaggio diretto ed immediato, senza alcuna soluzione di continuità occupazionale: per tale motivo, non sussisteva il presupposto per la richiesta di cassa integrazione. I lavoratori, ha precisato il commissario, non sono rimasti senza lavoro neppure un giorno. Diversamente, per i dipendenti in carico al consorzio Gaia e non impegnati in alcuna commessa, veniva richiesta ed ottenuta la cassa integrazione in deroga, con accordo sindacale sottoscritto presso la Regione Lazio e, ad oggi, i dipendenti in cassa integrazione guadagni in deroga sono quarantadue. Da ultimo, come accennato in premessa, per ciò che attiene alle informazioni richieste, in relazione al dipendente del consorzio Gaia, signor Piero Basso, il MISE è a conoscenza degli spiacevoli avvenimenti da cui è scaturita l'indagine, ancora in corso, da parte della Procura di Velletri.
Si ritiene innanzitutto necessario far presente che già nella precedente risposta fornita dal MISE, pur senza nominare specificatamente il lavoratore citato, si era precisato che nessun licenziamento - quindi neanche quello, asserito, del signor Basso - era stato effettuato dal commissario straordinario del gruppo Gaia, in amministrazione straordinaria.
In realtà, come comunicato dal consorzio, il signor Basso è un dipendente, con mansioni di capo turno, di Gaiagest srl, partecipata al 100 per cento dal consorzio Gaia Spa, società che assicura la gestione operativa dei due termovalorizzatori di Colleferro, di proprietà rispettivamente di Mobilservice srl - 100 per cento Gaia - e di EP Sistemi Spa - 60 per cento Gaia, 40 per cento AMA Roma.
Lo stesso signor Basso non è mai stato licenziato ma solo sospeso cautelativamente Pag. 3dal servizio - non dalla retribuzione - e nei suoi confronti non è mai stato adottato alcun provvedimento disciplinare.
Il dipendente risulterebbe essere stato riammesso in servizio il 7 marzo 2009.

PRESIDENTE. L'onorevole Barbieri ha facoltà di replicare.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, non mi ritengo soddisfatto, ma soddisfattissimo, perché mi pare che la risposta sia esauriente. Un solo piccolo rilievo (io che non ho il ruolo del Presidente Lupi, posso chiamare viceministro la viceministra Polidori): un'interrogazione fatta il 10 marzo 2009 che ha la risposta il 18 ottobre 2011 è francamente un po' imbarazzante. Io vorrei, viceministra Polidori, che si invertisse una tendenza che è la seguente: più il Governo si amplia, più è lento nel rispondere alle interrogazioni. Quindi, non mi faccia rimpiangere quando vi era un Governo molto più snello.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Barbieri, anche per aver introdotto una categoria di cui la Presidenza prenderà atto, cioè la categoria del «soddisfattissimo».

(Intendimenti del Governo in materia di liberalizzazione del mercato del gas naturale, con particolare riferimento alla definizione degli ambiti territoriali minimi e alla dimensione ottimale dei bacini di utenza - n. 3-01107)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, viceministro per lo sviluppo economico, Catia Polidori, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Delfino n. 3-01107, concernente intendimenti del Governo in materia di liberalizzazione del mercato del gas naturale, con particolare riferimento alla definizione degli ambiti territoriali minimi e alla dimensione ottimale dei bacini di utenza (Vedi l'allegato A - Interrogazioni).

CATIA POLIDORI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, nel settore del gas, come indicato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, la vera concorrenza si determina nel settore della vendita, dove si devono concentrare gli sforzi per la rimozione degli ostacoli oggi esistenti, tra cui proprio l'elevato numero di distributori, che comporta numerose ed eterogenee connessioni fra venditori e distributori.
La distribuzione è invece un'attività in monopolio territoriale, per la quale occorre perseguire neutralità, trasparenza ed efficacia nei confronti delle imprese di vendita ed efficienza nella gestione per ridurre i costi e le tariffe di distribuzione ai clienti finali. La normativa italiana ha effettuato la scelta della gara pubblica come unica forma di assegnazione del servizio di distribuzione gas, definendo a tal fine termini anticipati di cessazione delle concessioni previgenti, anche allo scopo di aggregare i distributori esistenti, che, infatti, dal 2000 ad oggi sono diminuiti da circa 780 a 260. I termini di cui sopra verranno a scadere entro i prossimi due anni.
Le poche gare che hanno avuto luogo hanno comportato numerosi contenziosi e sono state aggiudicate con il criterio prevalente del massimo canone offerto agli enti locali, anziché del piano di sviluppo della rete, con effetti negativi sia sulle imprese sia sui clienti finali. Infatti, essendo la distribuzione un'attività regolata, con remunerazione rigidamente determinata dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, i canoni elevati non possono che contrarre gli investimenti e le spese di gestione, peggiorando la qualità e la sicurezza del servizio.
Per questi motivi, oltre che per evitare il caos che si sarebbe originato con la pubblicazione di migliaia di bandi di gara nell'arco di soli due anni, il legislatore, con la legge 23 luglio 2009, n. 99, ha affidato ai Ministri dello sviluppo economico e per i rapporti regionali il compito di emanare un decreto che definisca gli ambiti territoriali Pag. 4minimi per lo svolgimento delle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas «secondo l'identificazione di bacini ottimali di utenza, in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi (...) tenendo conto delle interconnessioni degli impianti di distribuzione e con riferimento alle specificità territoriali e al numero dei clienti».
Il Ministero dello sviluppo economico ha immediatamente attivato un gruppo di lavoro, insieme al Ministero per i rapporti per le regioni, a cui partecipano rappresentanti delle Regioni, dell'UPI, dell'ANCI, dell'UNCEM e dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas e sono state consultate le associazioni delle imprese ed i rappresentanti dei sindacati, soprattutto in questo ultimo caso per le tematiche relative alla tutela dell'occupazione del distributore uscente. Alla fine del 2009 la bozza di decreto sugli ambiti territoriali minimi è stata condivisa dal gruppo di lavoro e dalla maggioranza delle associazioni delle imprese, rappresentanti il 95 per cento delle imprese in termine di clienti serviti.
Per quanto riguarda la previsione, nello schema di decreto, di un numero eccessivamente ridotto di ambiti, cioè 129, si fa notare quanto segue.
L'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sulla base di dati di bilancio delle imprese di distribuzione italiane, ha stabilito un livello ottimale di utenti in un bacino di 300 mila clienti, tanto è vero che ai distributori con un numero di clienti al di sotto di tale soglia riconosce un maggiore ricavo tariffario per compensare i maggiori costi operativi per servire il singolo cliente. Per questo motivo, infatti, oggi 20 milioni di clienti finali stanno pagando in bolletta questi extracosti dovuti alla minore efficienza delle imprese di dimensioni minori.
L'Autorità ha altresì proposto, inizialmente, la definizione di soli 44 ambiti territoriali minimi, tutti con più di 300 mila clienti, con l'eccezione delle province autonome di Bolzano e Trento e della Valle d'Aosta; dopo il processo di consultazione, la proposta finale dell'Autorità inviata al Ministero dello sviluppo economico è stata di 59 ambiti.
Per consentire un passaggio graduale alla situazione ottimale ed attenuare i riflessi sulle imprese, il decreto predisposto dal Ministero dello sviluppo economico ha considerato la soglia di 300 mila clienti come limite superiore anziché inferiore e, per meglio cogliere le specificità locali, si è considerata come estensione massima il territorio provinciale, tenendo anche conto delle realtà montane; pertanto, si è così giunti a 127 ambiti nello schema di decreto presentato alla Conferenza unificata.
In sede di Conferenza unificata, al fine di facilitare l'aggregazione dei comuni, si è deciso di suddividere ulteriormente gli ambiti con più di 50 comuni, purché i nuovi ambiti abbiano almeno 50 mila clienti ciascuno e i comuni interconnessi appartengano allo stesso ambito. Pertanto, gli ambiti sono divenuti 177, cioè 85 in più degli ambiti territoriali ottimali nel settore acqua. Al netto degli ambiti delle grandi città (Roma, Milano, Torino, Genova, Napoli e Bologna), il valore medio per ambito è di 98 mila clienti, con 113 ambiti al di sotto dei 100 mila clienti.
Lo studio della Bocconi di Milano citato nell'interrogazione e promosso dall'associazione che raggruppa le imprese minori di distribuzione, si limita a fare una revisione delle pubblicazioni esistenti in letteratura nel campo accademico, molte delle quali non attinenti alla distribuzione gas e senza i necessari dati disaggregati dei bilanci delle imprese di distribuzione italiane, di conoscenza esclusiva dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. A conclusione di tale studio, viene presa l'affermazione di uno degli articoli esaminati per cui non vi sarebbero fenomeni di economia di scala al di sopra di 65 mila clienti serviti, giungendo alla proposta di un numero di 306 ambiti, corrispondente semplicisticamente alla divisione dei 20 milioni di clienti italiani per il valore di 65 mila.
D'altra parte, se le analisi sull'efficienza delle imprese di distribuzione contenute nello studio citato fossero più corrette, Pag. 5rispetto a quanto sinora determinato dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sulla base dei bilanci forniti dalle stesse, andrebbe anche riesaminata la correttezza del permanere dei maggiori introiti a compensazione dei maggiori costi sostenuti per inefficienze dimensionali, che oggi sono riconosciuti alle imprese di dimensione compresa fra 300 mila e 65 mila clienti serviti.
Nelle riunioni tenutesi presso il Ministero dello sviluppo economico, le regioni hanno criticato il numero eccessivo di ambiti individuato dal decreto, proponendo in alcuni casi delle riduzioni per il proprio territorio. Anche le associazioni sindacali del settore hanno espresso l'opinione che il numero degli ambiti previsto sia troppo elevato, non consentendo il recupero massimo di efficienza a beneficio degli utenti.
In seguito al parere positivo dell'Autorità dell'energia elettrica e il gas e al parere della Conferenza unificata, è stato emanato il decreto ministeriale 19 gennaio 2011 con la determinazione degli ambiti territoriali, rinviando ad un secondo decreto l'elenco dei comuni per ambito. Questo secondo decreto, dopo aver ricevuto il parere positivo della Conferenza unificata nella riunione del 22 settembre 2011 e firmato dal Ministro Romani, è stato trasmesso per la controfirma al Ministro per i rapporti con le regioni.
Si può affermare che la metodologia per la determinazione degli ambiti fatta secondo i criteri di efficienza sopra indicati è stata sottoposta e concordata in modo trasparente con il gruppo di lavoro costituito dalle regioni, da UPI, ANCI, UNCEM, Autorità per l'energia elettrica e il gas e dai due Ministeri interessati, e quindi del tutto indipendentemente da chi gestisce attualmente le concessioni. Ciò proprio per evitare di «favorire clamorosamente solo pochissimi operatori e per di più perfettamente individuabili».
Tramite lo stesso gruppo di lavoro e in consultazione con le imprese, in merito all'individuazione dei criteri per l'aggiudicazione delle gare, è stato predisposto, dal Ministero dello sviluppo economico, un decreto, che ha ricevuto il parere della Conferenza unificata e dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas ed il parere definitivo, positivo, del Consiglio di Stato.
L'attuale schema di decreto propone criteri di gara che, privilegiando la bontà dei piani di investimento e il livello di sicurezza raggiunto nella gestione degli impianti, favoriscono le imprese che operano con buoni livelli di sicurezza e che hanno buone capacità tecniche, indipendentemente dalla loro dimensione, permettendo quindi la crescita anche di imprese medio-piccole.
Infine, a tutela degli addetti del settore, circa le conseguenze occupazionali della ristrutturazione aziendale connessa alle gare, è stato emanato inoltre, un ulteriore decreto (decreto ministeriale 24 aprile 2011), insieme al Ministero del lavoro e con la concertazione delle organizzazioni sindacali e delle imprese, che prevede una serie di obblighi a carico del distributore subentrante, in particolare l'assunzione del personale del distributore uscente addetto agli impianti oggetto di gara.
L'emanazione dei quattro decreti sopra citati - ambiti minimi, elenco comuni per ambito, criteri di gara, tutela dell'occupazione - determinerà la possibilità di una ristrutturazione del settore della distribuzione del gas in termini di competitività ed efficienza, a vantaggio della concorrenza nel segmento della vendita del gas e con vantaggi economici in prospettiva per circa 16 milioni di famiglie e per 4 milioni di piccole imprese industriali, commerciali e artigianali.

PRESIDENTE. L'onorevole Compagnon, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, anch'io vorrei lanciare una novità, visto che la sottosegretario-Viceministro - che ringrazio - ha letto molto bene la sua relazione: indubbiamente viene da una buona scuola, tuttavia è talmente corposa che è difficile da comprendere ed analizzare immediatamente, rispetto anche ai quesiti posti da questa interrogazione. Pag. 6
Non so se sia possibile, ma vorrei suggerire al Presidente, in questi casi, la possibilità - pur mantenendo il rapporto parlamentare-Governo - di poter avere prima la risposta scritta, in modo che il parlamentare interrogante possa esprimere con più cognizione di causa il proprio parere e dichiarare, quindi, se sia soddisfatto o meno.
Condivido pienamente la necessità di cercare di fornire al cittadino, attraverso una gara pubblica, servizi sempre migliori e a costi sempre inferiori, nonché di evitare che siano sempre in pochi a gestire un servizio importante come la distribuzione del gas.
L'interrogazione, infatti, è sorta con la preoccupazione che gli ambiti con oltre 300 mila abitanti e con almeno 100 mila utenti fossero troppo grandi, non tanto per sponsorizzare una parte o l'altra, quanto per capire se - in questo mondo dove prima di tutto l'obiettivo principale sono i costi, la qualità e il rispetto all'utente, ossia il cittadino - vi sia, prima di tutto, una reale difesa del cittadino rispetto ad un servizio che potrebbe, con un'impostazione sbagliata, costare di più di quanto dovrebbe, in un momento di difficoltà, soprattutto quale quello che sta attraversando adesso il nostro Paese. In secondo luogo, si vuole capire anche quali possano essere le ripercussioni sul tessuto occupazionale. Sappiamo che questo settore si divide in sei, sette grandi aziende - importanti e, direi, quasi monopolistiche - ed una miriade di 600-700 piccole imprese che lavorano nel settore stesso. Questo decreto prevede, credo, a grandi linee, uno svolgimento di circa 900 gare. Pertanto, la preoccupazione nasceva dal fatto che si potessero creare condizioni di difficoltà rispetto alla possibilità di accedere a tali gare.
Mi riservo di leggere attentamente la sua risposta, signor Viceministro, poiché mi è parsa anche molto più completa di quanto non fossero le conoscenze che avevo questa mattina. Di conseguenza, non mi dichiaro né soddisfatto, né insoddisfatto. Credo che, nell'interesse dei cittadini, sia opportuno anche rivedere ed approfondire la sua risposta, per capire se essa va nel senso delle nostre preoccupazioni, le quali riguardavano il cittadino utente e la piccola-media impresa del settore. Mi riservo, eventualmente, di intervenire successivamente, sempre mediante i metodi e i sistemi consentiti ai parlamentari.
Per concludere, sappiamo che la durata di queste concessioni - chiamiamole così - è di dodici anni: poiché evidentemente dodici anni non sono pochi, sarà bene capire, in maniera precisa, se la proprietà delle reti - che è dei comuni e delle aziende - farà la scelta migliore individuando il percorso previsto dal Governo. Mi pare che vi siano alcuni atti ancora in itinere, previsti da parte del Ministro competente, e, pertanto, mi riservo di valutarli approfonditamente in quanto credo di aver colto, anche da parte del Viceministro, l'intenzione di andare verso le indicazioni poste da questa interrogazione rispetto alle preoccupazioni cui ho accennato prima.

PRESIDENTE. Onorevole Compagnon, una sola osservazione riguardo all'incipit del suo intervento: lei è un parlamentare attento, anche responsabile d'Aula, e quindi sa benissimo che la caratteristica delle interrogazioni che stiamo svolgendo è di avere, per loro natura, una risposta orale; vi è poi, ovviamente, la forma delle interrogazioni a risposta scritta che il parlamentare può utilizzare. Era evidente lo scopo del suo intervento ma, perché rimanga agli atti, è importante sottolineare questa caratteristica.
Onorevole Compagnon vorrei comunicare a lei e ai colleghi presenti in Aula che sta assistendo ai nostri lavori dalle tribune una delegazione dell'Assemblea nazionale del popolo cinese guidata dall'onorevole Ma Wenpu, il quale si trova in Italia per partecipare alla quarta riunione della Commissione di collaborazione italo-cinese, tra l'altro presieduta dal collega, onorevole Cesa. L'Assemblea vi saluta e vi ringrazia per la vostra presenza in Italia e in particolare alla Camera dei deputati. (Applausi).

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(Iniziative di competenza per migliorare l'efficienza del servizio postale a Pisticci (Matera) - n. 3-01746 e 3-01891)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Catia Polidori, ha facoltà di rispondere alle interrogazioni Burtone n. 3-01746 e Bindi n. 3-01891 concernenti iniziative di competenza per migliorare l'efficienza del servizio postale a Pisticci (Matera), che, vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A - Interrogazioni).

CATIA POLIDORI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, la società Poste italiane fa presente che nel comune di Pisticci, in provincia di Matera, sono presenti tre uffici postali: Pisticci, Pisticci Scalo e Marconia. Il primo è aperto dal lunedì al venerdì con orario 8 -13,30 e il sabato con orario 8-13; è dotato di 6 sportelli, di un'area prodotti finanziari e di un cash point. L'ufficio di Marconia, anch'esso dotato di sei sportelli, di una area prodotti finanziari e di un cash point è attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 8 alle ore 18,30 e il sabato dalle ore 8 alle ore 12,30. Infine l'ufficio di Pisticci Scalo, è aperto dal lunedì al venerdì dalle ore 8 alle ore 13,30 con un solo operatore.
La società informa, altresì, che durante i primi giorni dello scorso mese di luglio è stato avviato il progetto regionale «Carta bonus idrocarburi», consistente nell'erogazione di un contributo a favore dei cittadini lucani dotati di patente auto, previa presentazione di apposita domanda presso le sportellerie degli uffici postali abilitati della regione. L'iniziativa ha riscosso ampia adesione da parte della clientela e ha determinato un sensibile incremento dei volumi di traffico, tempestivamente fronteggiato con il potenziamento dell'organico degli uffici Marconia e Pisticci presso i quali è stata applicata una ulteriore unità dedicata unicamente al rilascio dei suddetti bonus.
Si precisa infine che, al momento, Poste italiane ritiene che non vi sia la necessità di procedere all'apertura dell'ufficio Pisticci Scalo anche durante la giornata di sabato, poiché i risultati dei monitoraggi condotti sui flussi di traffico indicano un sostanziale equilibrio tra domanda e offerta di servizi.
Il Ministero dello sviluppo economico, sempre attento alle esigenze dei cittadini, non mancherà di fare effettuare, nell'ambito delle proprie competenze e attraverso gli uffici preposti, monitoraggi e sopralluoghi, al fine di verificare che un servizio così essenziale come quello postale, sia erogato nel modo migliore, onde assicurare alla cittadinanza un servizio sempre efficiente e di qualità, anche nelle piccole città di provincia e non mancherà di insistere, presso la concessionaria Poste italiane, affinché valuti la possibilità che venga riaperto l'ufficio di Pisticci Scalo anche il sabato, almeno nel caso che la richiesta dell'utenza torni ai livelli precedenti.

PRESIDENTE. L'onorevole Burtone ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-01746 e per l'interrogazione Bindi n. 3-01891, di cui è cofirmatario. Le ricordo che ha sempre cinque minuti di tempo a sua disposizione.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, esprimo la mia insoddisfazione per la risposta burocratica che ha dato il sottosegretario, una risposta assolutamente insufficiente. Saranno rammaricati anche i cittadini di Pisticci perché nulla è stato fatto di concreto; c'è questo impegno da parte del Ministero di verificare nel territorio: verifiche che non abbiamo mai visto. Ci auguriamo che si possano realizzare nel tempo, visto che negli anni l'ufficio postale ha svolto una funzione pubblica importante che viene sempre meno anche perché ci sono sempre meno operatori, non perché essi non diano il massimo, tutt'altro, si impegnano giornalmente.
In verità la politica aziendale è tutta orientata a comprimere i costi. I tagli vengono fatti in maniera irrazionale e gli uffici postali, signor Viceministro, soffrono fortemente. Pag. 8
In merito al caso di Pisticci: si tratta del terzo comune della Basilicata dopo i comuni capoluogo, ed è un comune molto importante, una condizione che meriterebbe, veramente, una verifica sul campo, anche una visita da parte sua, Viceministro. A Pisticci centro si è verificata in estate, nel mese di luglio, quando ho presentato con il presidente Bindi l'interrogazione, un fatto significativo e importante: tanti anziani si sono sentiti male, perché, innanzitutto, la sede in cui è allocato l'ufficio postale è assolutamente angusta, molto piccola, e diventa in estate quasi una pentola a pressione e in inverno un luogo dove la gente si trova in condizioni difficilissime.
È vero che con il fatto legato alla benzina e alla card che è stata concessa gli uffici postali hanno svolto ulteriori servizi, ma non vi è dubbio che parliamo di un luogo assolutamente inaccettabile, in cui vi si sono condizioni di vivibilità assolutamente precarie, così come a Pisticci Scalo, dove vi sono altri problemi. Pisticci Scalo è un luogo ad alto insediamento industriale, che ha bisogno di alcuni servizi. Lei ha qui onestamente riportato che, ancora oggi, non è stata ripristinata la funzionalità il sabato mattina, ma parliamo di un luogo di grande interesse economico, che avrebbe bisogno di questo intervento aggiuntivo. Tra l'altro, mi permetto di dire che non vi è neppure il servizio di bancomat, in un luogo, lo ripeto, assolutamente importante a fini economici.
Pisticci potrebbe essere la metafora del Mezzogiorno, signor Viceministro, una condizione di realtà che dovrebbe dare servizi e assicurare diritti di cittadinanza alle nostre comunità, mentre trova, anche in questo settore, grandi difficoltà. Proprio ieri, tra l'altro, a Catania, si sono creati ulteriori disservizi legati al fatto che il sistema informatico, puntualmente, ogni mese, va in difficoltà, ma ciò, in una società all'avanguardia nell'informatica e nella comunicazione non è assolutamente accettabile.
Quindi, concludo confermando la mia insoddisfazione, perché servizi così importanti vengono trascurati dall'azienda. Il Ministero faccia la propria opera di vigilanza e sia particolarmente attento ad alcuni importanti settori che vengono curati ancora dalle poste, che ha ampliato la propria sfera di influenza.
Tuttavia, credo che alcuni requisiti debbano essere rispettati. Mi riferisco ai locali e ai temi della sicurezza, perché ancora oggi nel Mezzogiorno tanti anziani ritirano la pensione proprio all'ufficio postale.
Quindi, ribadisco anche il tema fondamentale della sicurezza, perché purtroppo Pisticci è un caso anche da questo punto di vista, considerata la sua forte carenza. Mi auguro allora che il Viceministro faccia valere la propria autorità e rispetti gli impegni minimi che ha assunto, come quello di verificare continuamente le attività da parte degli uffici postali, in modo che tali impegni possano essere mantenuti.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni all'ordine del giorno.

Sull'ordine dei lavori (ore 12,40).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a fornire una risposta ad un atto di sindacato ispettivo, ed è così svelato anche il significato e il lavoro dei Viceministri, perché ieri in Aula vi era il Viceministro Misiti, quest'oggi abbiamo il Viceministro Polidori. Abbiamo così capito qual è la loro utilità.
Ne approfitto per ringraziare il Governo - ed è in qualche modo una notizia, visto che il ringraziamento proviene da questi banchi - per aver risposto per iscritto con una certa velocità ad una mia interrogazione sulla situazione ungherese. La mia interrogazione era dello scorso 7 settembre (la n. 4-13141) e ieri ho ricevuto Pag. 9in casella la risposta per iscritto. Quindi ribadisco un apprezzamento per il Governo e, nello specifico, per il sottosegretario Mantica.
Tuttavia, l'apprezzamento si ferma soltanto all'aspetto della tempestività. Infatti, questa risposta, per quanto tempestiva, è del tutto cieca, come la famosa gatta. Nell'atto ispettivo questionavo il carattere democratico della situazione politica e sociale ungherese e sostenevo che da una dittatura della maggioranza c'è il rischio che si passi ad una dittatura tout court, con la persecuzione degli ebrei, dei rom, dei non ungheresi e con l'assoggettamento di tutte le autorità indipendenti.
Nella risposta, invece, mi si dice di stare tranquillo, che la coalizione nazionalista di destra al Governo ha riportato la maggioranza qualificata dei seggi in Parlamento dopo le elezioni. Grazie tante, signor sottosegretario (in questo caso parlo all'autore della risposta, ossia al sottosegretario Mantica) e grazie tante, signora Viceministro. Lo sapevo anch'io, fu così anche per Mussolini. Ieri sera, tra l'altro, mi è capitato di vedere in televisione uno speciale su Hitler in cui hanno evidenziato il passaggio elettorale che lo ha portato a vincere.
Il problema è se dopo le elezioni si usa il potere per conculcare i diritti delle minoranze e delle persone in genere. Vedete, signore e signori del Governo, quando muore la politica - voi la state facendo morire giorno dopo giorno - non c'è più economia, non c'è più politica industriale, non c'è più politica dei redditi e non c'è neanche politica estera e quindi con questa risposta che avete dato non avete saputo neanche fare la più banale osservazione dei fenomeni politici europei.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO EVANGELISTI. Ho finito, signor Presidente. The Economist da molti mesi fa un'analisi preoccupata delle politiche di Victor Orban, un personaggio dai modi e dalle strategie inquietanti. Lo ripeto: non lo dico io, ma lo dice The Economist. L'ambito di sindacato della Corte costituzionale ungherese è stato ristretto e la nuova legislazione ha anche ristretto l'ambito del controllo contabile delle corti indipendenti.
Mi ero limitato a sollecitare, anche il 27 settembre, la risposta all'interrogazione, ricordando come fossero stati tributati ad un criminale di guerra nazista i funerali con gli onori militari. Si trattava di Sandor Képiro, un ufficiale della gendarmeria ungherese collaborazionista e assassino di migliaia di ebrei. Nulla di questo nella risposta del Governo. Il nostro Ministero degli affari esteri non sa o non vuol vedere (che sarebbe anche peggio), per cui mi devo dichiarare niente affatto soddisfatto per questa risposta e mi riservo di ritornarci sopra, sperando che non sia troppo tardi.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, in via eccezionale le ho fatto concludere l'intervento sull'ordine dei lavori. Lei, che è delegato d'Aula e anche persona molto attenta al Regolamento, sa che i due strumenti di sindacato ispettivo, le interrogazioni a risposta scritta e le interrogazioni a risposta orale sono ben distinti.
L'interrogazione a risposta orale prevede, come appena avvenuto, anche la dichiarazione della soddisfazione o insoddisfazione da parte del proponente per la risposta all'atto di sindacato ispettivo, mentre l'interrogazione a risposta scritta è una scelta che i colleghi parlamentari decidono di intraprendere e prevede una risposta scritta. Trasformare l'interrogazione a risposta scritta e portarla in Aula per dichiarare la soddisfazione o meno per la risposta creerebbe un precedente che la Presidenza ovviamente non può ammettere.
Detto questo, era evidente lo scopo del suo intervento e, come ha visto, con molta flessibilità l'ho fatta concludere, però non può creare precedente, perché altrimenti tutti i colleghi parlamentari che ricevono risposte scritte verrebbero in Aula utilizzando gli interventi sull'ordine dei lavori per dichiararsi più o meno soddisfatti della risposta che è stata loro inviata.

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Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi il senatore Achille Serra, in sostituzione del senatore Giampiero D'Alia, dimissionario.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15 con il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale recante modifiche agli articoli 41, 45, 97 e 118, comma quarto, della Costituzione.

La seduta, sospesa alle 12,45, è ripresa alle 15,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bongiorno, Buttiglione, Jannone, Lombardo, Pescante e Romano sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 15,06).

FIAMMA NIRENSTEIN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FIAMMA NIRENSTEIN. Signor Presidente, è con gioia e con commozione che mi tocca l'onore di riferire per prima sulla liberazione del soldato Gilad Shalit (Applausi).
Stamani, alle nove, lo abbiamo visto pallido, barcollante, ridotto ad uno scheletro uscire con i suoi 25 anni, di cui cinque passati chissà in quale cunicolo e nel silenzio dell'isolamento, come ha dovuto raccontare poi nel corso di un'intervista forzata fattagli dagli egiziani lì per lì, che era evidentemente parte del prezzo del riscatto, dopo cinque anni di totale isolamento. Questo soldato fu rapito cinque anni e quattro mesi or sono mentre era di ronda sul bordo di Gaza.
Da allora la sua famiglia non ha più potuto averne la minima notizia se non una volta tramite un filmino, e questo risale ancora a due anni e mezzo fa. Né la Croce Rossa né nessun altra istanza internazionale hanno potuto avvicinarglisi. Ed ecco che egli è tornato, ed è tornato in base - e questo ci tengo moltissimo a sottolinearlo - ad uno scambio assolutamente inconsueto, quasi inconcepibile in un mondo materialista e che conta i vantaggi e gli svantaggi su un metro completamente diverso da quello su cui li ha contati lo Stato di Israele per scambiarli.
Infatti Shalit, un ragazzo di 25 anni, è stato dato in cambio di 1.027 prigionieri palestinesi, di cui la maggior parte condannati con regolare processo a svariati ergastoli per eccidi di gruppi interi di popolazione civile, tra cui quello della pizzeria Sbarro che ha lasciato più di trenta morti, ventitre ragazzi davanti ad una discoteca del Dolphinarium di Tel Aviv, una ragazza palestinese che aveva attirato a Ramallah un giovane di 16 anni che poi è stato fatto a pezzi. Tutti questi criminali sono stati rilasciati in cambio di una vita, una vita sola, quella del soldato Gilad Shalit.
Quando si parla del valore della vita, e qui se ne parla sovente, vorrei che questo restasse nella mente di tutti noi. Questo è il valore della vita. Per una vita tutto è stato dato, per questo ragazzo, uno solo, un ragazzo che, appena tornato, si è visto subito che zoppicava, che ha una difficoltà a muovere la mano sinistra. Suo padre ha abbracciato questo fuscello di creatura che gli era rimasto fra le mani. Il ragazzo ha indossato la divisa militare e ha fatto un saluto al Primo Ministro che lo è andato Pag. 11a trovare, il quale non ha detto parole di patriottismo, ha solo detto ai genitori: «vi ho riportato il vostro bambino».
Questo è lo spirito con cui questa restituzione è stata fatta, nel mentre, invece, altrove si festeggiava con urla di guerra il ritorno di questi 1.027 criminali, tra cui moltissimi appunto colpevoli di eccidi gravissimi. Speriamo che questo sia foriero di pace. Speriamo che questo lumeggi al mondo intero quella che è la volontà di Israele. Verso questo ragazzo sono state usate soltanto parole di dolcezza e di accoglimento, dall'altra parte si sentono ancora parole di guerra. Noi speriamo che questa scelta, che dice - lo ripeto di nuovo - per una vita tutto, sia quello che illumina il nostro cammino (Applausi).

EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, mi unisco ovviamente anch'io alla gioia per la liberazione, questa mattina, di Gilad Shalit. Penso che la liberazione di Gilad Shalit sarà un fatto che la storia ricorderà, di cui si parlerà a lungo.
Infatti, questo è un episodio che unisce da un lato la commozione per il senso della vita umana che ispira e per il senso che viene dato all'idea di libertà individuale e per quello che ci fa pensare rispetto a che cosa sia tenere in cattività e in prigionia un uomo senza diritti e per l'idea che pervade l'etica dell'esercito israeliano di non lasciare mai indietro un compagno militare catturato dal nemico.
Penso che questa commozione, che ci pervade e di cui ha parlato Fiamma Nirenstein, la contiene. Tale commozione ci ha pervaso oggi rivedendo questo ragazzo magrissimo, che - in maniera difficile per noi umani da capire - ha resistito cinque anni e mezzo in quella condizione, e ritengo che si debba unire anche ad un'analisi razionale ed ottimistica di quello che è successo. Questa, per lo meno, è la mia personale convinzione: questo episodio così denso di emotività e di sentimenti deve accendere in noi anche la fiamma di una speranza che il fatto che un dialogo (seppur così dispari: uno contro mille) si sia sviluppato tra chi al momento non si parla, tra chi si fronteggia come nemico, sia una lezione da imparare per chi crede ancora fermamente nella possibilità e nell'obbligatorietà della pace in quella terra insanguinata; alla fine, in fondo, come ha detto un giorno Yitzhak Rabin, la pace si fa con il nemico. Ecco, nonostante il prezzo altissimo che Israele ha pagato per riavere tra le proprie braccia Gilat Shalit, mi auguro e spero che questa strada così stretta di un dialogo seppur minimo che è iniziato sulla pelle di questo povero ragazzo che tutti salutiamo da qui con grande gioia sia l'inizio di un cammino che possa portare quei popoli e quelle terre a vedere un giorno la pace per tutti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, anch'io mi unisco ai colleghi come leghista, ma sopratutto come uomo. Questo ragazzo giovane è il ragazzo della nostra porta accanto. Ricordo come l'anno scorso, con alcuni sindaci di alcuni comuni retti dalla Lega, insieme all'amica Fiamma e a Fiano, c'è stato un momento di condivisione. In alcuni municipi di sperdute cittadine - per carità - della nostra pianura si sono spente le luci per far capire che, con l'assenza di questo giovane, qualcosa si spegneva. Invece, oggi si riaccende il senso dell'essere uomini. Si parla di «prezzo». Ebbene, nessun prezzo vale una vita umana.
Se da questo evento dobbiamo trarre una conclusione, è la conclusione che ha tratto sulla base di un vecchio precetto biblico l'ambasciatore che dice che ogni vita umana è preziosa come il mondo. Quindi, ogni vita umana in sé ha un fine e la differenza con altre culture è che ogni Pag. 12vita non può essere utilizzata come un mezzo, lo ripeto, ma come una ricchezza grande che vale come l'universo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, è stato unanime l'applauso che è seguito alle prime parole della collega Nirenstein quando ha ricordato che questa mattina è stato liberato il soldato Shalit. Tuttavia, in un giorno del genere vale la pena soltanto di ricordare le parole di Gilat Shalit, quando ha detto: «Ho sempre confidato che sarei stato rimesso in libertà. Sto bene. Hamas mi ha trattato bene e spero che questo accordo possa aiutare il processo di pace tra israeliani e palestinesi». Questa è l'unica cosa che conta oggi, che dobbiamo considerare come un giorno di festa. Parlare ancora qui di guerra e di criminali non aiuta la causa della pace tra israeliani e palestinesi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

GIORGIO LA MALFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, mi associo alle parole con le quali l'onorevole Nirenstein, poi l'onorevole Fiano e gli altri colleghi hanno salutato la liberazione di questo giovane soldato israeliano.
Ma devo dire, con molta franchezza, alla mia collega Nirenstein, che sono molto più d'accordo con le parole dell'onorevole Fiano che con le parole con cui lei ha accompagnato questo evento. Credo che in questo evento vi sia anche una considerazione di ordine politico, cioè che salvare la vita del soldato Shalit in cambio della liberazione di 1.000 criminali - come lei dice -, colpevoli di gravi delitti, sarebbe stato un cedimento drammatico per uno Stato democratico. Credo che vi sia un senso politico in questo evento, quello che sottolineava da ultimo l'onorevole Evangelisti, cioè che si apre forse la strada per una comprensione reciproca, tra israeliani e palestinesi, sulla base della quale si potrà arrivare, un giorno, a vedere la pace prevalere in quella terra.
Quindi, prendiamo questo episodio come un episodio che può aiutare - speriamo - il cammino di un dialogo, anche se raggiunto a caro prezzo.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, ho poche parole da aggiungere a quelle della collega Nirenstein, del collega Fiano e degli altri colleghi che sono intervenuti. Intervengo per sottolineare, nella gravità anche delle parole condivisibili della collega Nirenstein, che oggi, come ha detto il mio collega Ruben, si è verificato, anche e comunque, un piccolo miracolo da non sottovalutare, cioè il fatto che per la prima volta un prigioniero israeliano è stato rilasciato vivo, seppure con la trattativa che conosciamo.
Senza cedere minimamente ai buonismi, che non è il caso di usare in queste circostanze, si provi, però, a valorizzare questo piccolo miracolo come un dato di speranza e come una condizione su cui, se ci si lavora pragmaticamente, riconoscendo torti e ragioni, si possa davvero, anche tirando questo piccolo esile filo di questo esile ragazzo che è stato liberato oggi, tornare a lavorare per la pace. Ovviamente, deve trattarsi non di una pace purché sia, ma di una pace che viva nel rispetto della libertà, dei diritti umani e della democrazia.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, anche da parte del gruppo dell'Unione di Centro per il Terzo Polo vi è la soddisfazione per la liberazione del soldato israeliano. Da parte nostra certamente non entriamo nel merito di quello che da troppo tempo è il contenzioso fra israeliani e palestinesi e su quali sono state le motivazioni di uno scambio del tipo che abbiamo visto, tra un soldato israeliano e 1.000 prigionieri palestinesi. Rimane il fatto che una persona giovane, dopo cinque anni di prigionia, è tornata a casa, dalla sua famiglia, e credo che questo sia il segnale più importante e più significativo rispetto al clima che purtroppo si vive in quella parte del mondo e di cui tutto il mondo risente, per un motivo o per l'altro.
Pertanto, senza fare in questo Parlamento distinzioni o, meglio, senza prendere posizione di parte, credo che il nostro augurio sia quello che questa vicenda sia soltanto l'inizio per arrivare, il prima possibile, ad una pace in quei tormentati e martoriati territori del Medio Oriente. Questo è l'auspicio, anche se ognuno di noi ha le sue posizioni e le sue convinzioni. Conosciamo le difficoltà e sappiamo anche, purtroppo, le speculazioni che stanno dietro a queste situazioni. Tuttavia, credo che l'augurio che questo possa essere il primo passo verso una soluzione definitiva, è ciò che tutti noi dobbiamo fare e che certamente fanno il nostro Paese e il gruppo dell'Unione di Centro per il Terzo Polo.

GIANCARLO LEHNER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, a me spiace non associarmi agli altri colleghi. Non credo che lo scambio di un caporale israeliano con 1.027 terroristi e criminali favorisca la pace.
Credo anzi che dia al terrorismo ossigeno e licenza di continuare ulteriormente. Questo fatto a me pare grave e mi ricorda l'accordo di Monaco. Allora si disse che l'accordo di Monaco - del settembre 1938 - avrebbe favorito la pace, invece fu un cedimento al nazismo, a Hitler e porta i nomi di Daladier e Chamberlain; allo stesso modo - attenzione - temo che questo scambio rappresenti il cedimento del Governo israeliano che, sicuramente in buona fede, aveva in mente la pace, ma che, in questo modo, prepara la guerra e altri atti di terrorismo.
Sono assolutamente amareggiato e dispiaciuto per quello che è successo in Israele e vorrei che questa mia amarezza, di uomo di origine ebraica, possa arrivare anche al Parlamento israeliano. Dico «no» a questi accordi perché questi sono accordi suicidi.

LINDA LANZILLOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, stiamo per introdurre la discussione del disegno di legge di riforma dell'articolo 41 della Costituzione, disegno di legge importante e impegnativo, ma mi dice il presidente della Commissione che, con riferimento agli emendamenti presentati dal Comitato dei nove, sarebbero state date poche decine di minuti per i subemendamenti. Poiché trattasi di una riforma costituzionale credo che si debba avere il tempo necessario per una valutazione ponderata e per un'elaborazione attenta dei subemendamenti.
Quindi, la pregherei di prolungare questo termine.

GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, intervengo per ripetere le stesse argomentazioni della collega Lanzillotta. Si è trattato di una riscrittura dell'articolo 41, che è sostanzialmente la testata d'angolo di tutta la riforma. Abbiamo assolutamente Pag. 14bisogno di più tempo per poter provvedere alla presentazione di subemendamenti.

PRESIDENTE. Riguardo alle osservazioni dell'onorevole Lanzillotta e dell'onorevole Bressa, la Presidenza precisa che sono state assegnate, al momento in cui è stato depositato l'emendamento da parte della Commissione, due ore e mezza e non una decina di minuti. Tuttavia, il problema non sussiste nel senso che, se esiste richiesta da parte dei gruppi per avere un ulteriore tempo aggiuntivo, non c'è alcun problema da parte della Presidenza ad attribuire un'altra ora per poter presentare subemendamenti. La scadenza del termine era fissata per le 15,30.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, mi sono permesso di avvisare i colleghi perché ho visto che qualcuno ha già presentato dei subemendamenti ai due emendamenti della Commissione e giacché sapevo - perché ci siamo lasciati così questa mattina - che tanti colleghi dell'opposizione - e soprattutto coloro che hanno preso la parola - avevano intenzione di presentare subemendamenti, ho chiesto loro se avessero provveduto al deposito; di qui la sorpresa relativa al tempo.
Credo che il termine delle 16 - visto che ormai l'abbiamo digerito - sia congruo, credo che anche il collega Bressa possa convenire con esso. Diamo la possibilità di presentare subemendamenti perché è giusto.
Voglio tuttavia anticipare - dato che ho la parola - che subito dopo chiederò una breve sospensione affinché il Comitato dei nove, come allargato, si possa riunire. Lo dico sin d'ora perché credo che ci occorrerà non meno di un quarto d'ora.

PRESIDENTE. Valutiamo una cosa per volta. Mi sembra che il presidente della I Commissione proponga di prolungare il termine per la presentazione dei subemendamenti alle ore 16.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi permetto di proporre - ovviamente in forma assolutamente collaborativa e dialogica - ascoltato anche il presidente della Commissione, onde evitare di trovarci a procedere «a mozzichi e bocconi», che per quanto ci riguarda va bene il termine delle 16, ma a questo punto io le propongo, se lo ritiene opportuno, di riprendere la seduta direttamente alle 16,30 in modo tale che alle 16 scade il termine per la presentazione dei subemendamenti, la Commissione ha mezz'ora per poterli valutare e torniamo in Aula alle 16,30 così che chi interverrà sul complesso degli emendamenti avrà la possibilità di fare una complessiva valutazione delle proposte emendative che sono state presentate. Diversamente, dovremmo ritornare in Aula tra venti minuti - perché lei deve dare il preavviso dei venti minuti, che può dare anche subito - e poi dopo dieci minuti risospendere perché la Commissione deve esaminare i subemendamenti. Mi sembra che la cosa più ragionevole sia comprendere i venti minuti del preavviso, il termine per la presentazione dei subemendamenti e il tempo necessario alla Commissione per esaminarli in un'ora e, alle 16,30, riprendere i lavori, avendo risolto tutti i problemi che abbiamo in conto.

PRESIDENTE. Mi sembra che, acclarato che alle 16 scade il termine per la presentazione dei subemendamenti, in sintesi la proposta dell'onorevole Giachetti sia di riprendere i lavori con il seguito della discussione con gli interventi sul complesso delle proposte emendative alle 16,30 per consentire un confronto organico, senza altre interruzioni dei lavori. Presidente Bruno, come valuta questa proposta?

Pag. 15

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, non voglio assolutamente sottrarre tempo né ai colleghi per la presentazione dei subemendamenti - perché è doveroso - né al Comitato dei nove, però posso anticiparle che già conosciamo il contenuto - perché stiamo parlando di una riforma costituzionale nella quale parliamo di termini - dei subemendamenti, perciò credo che possiamo, anche per rispetto nei confronti dei colleghi, riprendere i lavori alle 16,15 se il termine per la presentazione dei subemendamenti resta fissato alle 16.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, la proposta del presidente della Commissione va già nel senso dell'intervento perché mi limito a rappresentare il fatto che quest'Aula è stata convocata alle 15 e si sapeva benissimo che il termine per la presentazione dei subemendamenti sarebbe scaduto alle 15,30. Avendo il Partito Democratico una posizione ostativa rispetto all'iter di questo provvedimento - dimostrazione ne sono gli identici emendativi soppressivi presentati all'articolo 1 - credo che essere buoni va bene, ma solo fino a un certo punto. Pertanto, l'accordo è stato trovato per riprendere i lavori alle 16,15, posso accettarlo ma esprimo rammarico perché non si può essere in Aula per un'ora e un quarto ad aspettare i comodi del Partito Democratico (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente...

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, ha appena concluso il suo intervento l'onorevole Reguzzoni, se lei permette la Presidenza ha il diritto di intervenire e di precisare...

ROBERTO GIACHETTI. Il dovere!

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, la Presidenza non accetta i suoi suggerimenti anche se non fatti a microfono, anche perché esprimere un giudizio prima ancora di sapere cosa dirà la Presidenza mi sembra quanto meno una forma di veggenza non richiesta.
Onorevole Reguzzoni, per il momento nessuno ha tirato «in lungo», semplicemente è iniziata la seduta, ci sono stati degli interventi sull'ordine dei lavori su un avvenimento che credo coinvolga la sensibilità e la disponibilità da parte di tutta l'Assemblea circa la liberazione del soldato israeliano prigioniero in Palestina e stavamo per iniziare i lavori, per cui non c'è nessuna voglia di dilazionare i tempi ma semplicemente credo che siano necessari, anche per l'importanza del provvedimento che stiamo prendendo in esame, la disponibilità e il dovere di collaborare nel migliore dei modi affinché i lavori abbiano una loro continuità.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, non so quale sia il rilievo procedurale e regolamentare dell'espressione del collega capogruppo «essere buoni va bene ma solo fino a un certo punto» che la Presidenza non ha ritenuto comprensibilmente di raccogliere, voglio solo dire che il gruppo di Futuro e Libertà per il Terzo Polo non ha nessun atteggiamento ostativo a che un iter serio di un provvedimento serio, se lo si vuol fare, così vada avanti.
Ritengo però che si debba avere il tempo necessario, visto che non si sta parlando di quisquilie e che non è un testo di cinquecento articoli. L'articolo 41 è il punto di cui stiamo parlando ed è il cuore e il punto di partenza. Quindi, se dobbiamo procedere ad affrontare un tema rilevante, una riforma costituzionale per la quale è previsto anche un quorum qualificato - può non averlo, ma sarebbe auspicabile che lo avesse - prendiamoci il Pag. 16tempo necessario, senza alcun atteggiamento dilatorio, ma senza fretta, che poi fa i gattini ciechi e noi di gattini ciechi non ne vogliamo portare avanti.

PRESIDENTE. La questione mi sembra acclarata.

DAVID FAVIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Favia, anche lei su questo? Mi sembra che siamo tutti d'accordo. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, siamo in presenza di una riforma costituzionale. In Commissione ci era stato detto che sarebbe stato dato un tempo congruo per i subemendamenti, al momento dell'annuncio dell'emendamento in Aula. In realtà, veniamo a scoprire che, nel momento in cui è stato depositato in Commissione, il termine è stato fissato e nessuno ci ha detto niente. Ora, anche in presenza della preannunciata proposta da parte del Ministro di una ulteriore modifica, di una apertura sulla funzione sociale dell'impresa, credo che sia assolutamente necessario un tempo maggiore per riflettere e discutere. Strozzare il dibattito in quarantacinque minuti di tempo mi pare veramente una follia. Le chiedo di allungare i termini sia per la discussione in Comitato dei nove sia per il deposito dei subemendamenti.

PRESIDENTE. Dopo aver ascoltato tutti i gruppi, precisando che la Presidenza, come è sua abitudine e da Regolamento, appena depositato l'emendamento da parte della Commissione ha comunicato a tutti i gruppi il termine per la presentazione dei subemendamenti, che era alle ore 15,30, apprezzato il fatto, proprio per la doverosa collaborazione su un tema così importante, che c'è anche la disponibilità del presidente della Commissione di allungare i tempi per la presentazione dei subemendamenti alle ore 16, mi sembra che a questo punto ci sia un accordo complessivo di dare continuità ai nostri lavori, riprendendo la seduta alle ore 16,15. Mi sembrava che anche il presidente Reguzzoni fosse d'accordo per le 16,15.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,34).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16,15 per permettere anche al Comitato dei nove di valutare i subemendamenti che saranno presentati.

La seduta, sospesa alle 15,35, è ripresa alle 16,30.

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori il vicepresidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Santelli.

JOLE SANTELLI, Vicepresidente della I Commissione. Signor Presidente, le volevo chiedere, a nome della Commissione, che in questo momento sta lavorando in seduta plenaria e non in sede di Comitato dei nove, ancora un quarto d'ora di tempo, perché i lavori si stanno protraendo, anche perché il dibattito è particolarmente acceso.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, penso che ogni considerazione sulla comunicazione che ci ha fatto ora il vicepresidente Santelli sia superflua e tenga Pag. 17solo conto politicamente dell'esigenza di avere pietà di quello che sta accadendo. Se, magari, può riferire questa richiesta della vicepresidente della Commissione affari costituzionali anche al collega Reguzzoni, così poi vediamo se ci spiega se dobbiamo essere ancora più buoni oppure aspettare ancora che egli ci indichi e ci guidi nel modo migliore di procedere nei nostri lavori.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, escludendo che la Commissione, e men che meno la Presidenza e il vicepresidente della Commissione, abbiano un atteggiamento dilatorio, è inutile che rimandiamo la seduta di un quarto d'ora, che poi diventa un'altra mezz'ora. Signor Presidente, le ricordo che abbiamo già cominciato, se non ricordo male - potrei ricordare male - con un quarto d'ora di ritardo rispetto al tempo stabilito, cioè non alle 16,15, ma alle 16,30. Direi, quanto meno, di rinviare la seduta alle 17, così, forse, siamo sicuri che si arriva in Aula con il testo.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, avevamo ascoltato il presidente Bruno che aveva chiesto di accorciare i tempi, ritenendo un quarto d'ora più che sufficiente. Penso che vi siano anche altre motivazioni dietro questa ennesima richiesta di rinvio. Suggerirei, a questo punto, che forse sarebbe opportuno che il provvedimento tornasse definitivamente in Commissione e si andasse lontani da questo continuo atteggiamento (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Partito Democratico), che viene portato avanti sistematicamente ogni qualvolta arriva un provvedimento appena appena un po' importante. Appena oltre le ratifiche, ci troviamo da tanto tempo in questa «melina» insostenibile.
Signor Presidente, non mi risponda niente: so che lei è persona equilibrata e sensibile, però, a questo punto, credo che almeno la dignità del Parlamento e dei parlamentari possa essere salvaguardata, non continuando questa farsa.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, mi rivolgo a lei perché spieghi al collega Compagnon e anche al collega Giachetti che la richiesta di una dilazione dei tempi non è venuta dai banchi della maggioranza, ma è venuta, all'ultimo secondo utile, dai banchi del Partito Democratico, iniziando in questo modo la seduta con un modo di procedere da cui noi, unico gruppo, ci siamo dissociati.
Questo, ovviamente, ha delle conseguenze, perché è iniziata una fase di dibattito all'interno della Commissione; non è che abbia molto senso, adesso, interromperla. Ritenevamo, invece, opportuno che l'Assemblea rispettasse i termini e i tempi che l'Assemblea stessa si era data, senza accedere alla richiesta che veniva dai banchi del Partito Democratico. La decisione di tutti i gruppi e della Presidenza, nonostante il nostro parere, è stata diversa. A questo punto, però, non vengano tirate in ballo la Lega e le ragioni della maggioranza.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, mi dispiace dover prendere atto per la seconda volta nella giornata odierna - bisognerebbe averne preso atto anche in altri momenti, perché altre volte è accaduto - che il capogruppo della Pag. 18Lega Nord interviene in spregio ad ogni regolamento, ad ogni diritto e ad ogni prerogativa di ciascun singolo parlamentare di quest'Aula, della maggioranza come dell'opposizione, di ciascun gruppo, come della Commissione o come dei presidenti, che hanno chiesto di poter rivedere il testo.

MASSIMO POLLEDRI. A che titolo parla?

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Non è certo, infatti, proposta del PD quella di riunire il Comitato dei nove. Addirittura adesso ho appreso che è l'intera Commissione che sta valutando il testo del provvedimento. Evidentemente non di dilazione si tratta. «Dilazione» non sta scritto in nessun regolamento e in nessuna legge: si tratta di un diritto, di una prerogativa e di un dovere delle Commissioni e degli organi parlamentari preposti alla preparazione della discussione in Aula.
A questo riguardo ringrazio anche il presidente Bruno e chi sta svolgendo questo lavoro.

PRESIDENTE. Va bene, onorevole Quartiani.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Eh no, signor Presidente! Qui si tratta di capire che, proprio in relazione a modifiche proposte dalla maggioranza e dal Governo, noi siamo qui ad aspettare di capire quale sia il testo definitivo della modifica dell'articolo 41 della Costituzione, e non di uno stralcio qualsiasi di un regolamento della Padania, che passa attraverso i fiumi, al di sopra o al di sotto il Po!

PRESIDENTE. Mi sembra, dunque, che vi sia una richiesta specifica da parte della Commissione, in particolare da parte del suo vicepresidente a nome di tutta la Commissione e, pertanto, sospendo la seduta che riprenderà alle ore 17.

La seduta, sospesa alle 16,35, è ripresa alle 17,05.

Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: Modifiche agli articoli 41, 45, 97 e 118, comma quarto, della Costituzione (4144-A) e delle abbinate proposte di legge costituzionali: Vignali ed altri; Beltrandi ed altri; Mantini ed altri (A.C. 3039-3054-3967-4328).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge costituzionale: Modifiche agli articoli 41, 45, 97 e 118, comma quarto, della Costituzione; e delle abbinate proposte di legge costituzionali di iniziativa dei deputati: Vignali ed altri; Beltrandi ed altri; Mantini ed altri.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Ricordo che nella seduta del 26 settembre 2011 si è conclusa la discussione sulle linee generali e il relatore e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.
Avverto che la Commissione ha presentato gli emendamenti 1.100 e 4.100, che sono in distribuzione, unitamente ai subemendamenti agli stessi riferiti.
Avverto inoltre che gli emendamenti Cazzola 1.52 e 1.53 sono stati ritirati dal presentatore.

(Esame degli articoli - A.C. 4144-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge, nel testo della Commissione.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi riferisco al quinto comma dell'articolo 39 del Regolamento che attribuisce una particolarità ai disegni di legge costituzionale e che riguarda i tempi assegnati ai singoli oratori che vengono aumentati rispetto a quelli normali. Pag. 19
Signor Presidente, le pongo un quesito al quale avrà modo di rispondermi magari consultando il Presidente della Camera: la ratio di questo articolo prevede che vi siano dei tempi maggiori per gli interventi degli oratori, proprio perché si tratta di un disegno di legge costituzionale. Seguendo questa logica, signor Presidente - non mi riferisco alla parte già determinata in sede di contingentamento per i gruppi - è delineata in questo articolo un'evidente possibilità per il Presidente, del tutto autonoma e discrezionale, di aumentare il tempo a disposizione dei gruppi. Le chiederei, per quanto riguarda la possibilità di richiedere per prassi l'ampliamento di un terzo dei tempi da parte di chi ha già avuto il tempo contingentato, di poter prendere in considerazione l'ipotesi che questo tempo possa essere, per logica rispetto alla ratio del medesimo articolo, aumentato magari fino alla metà. Questo quindi non pregiudica il contingentamento che è fissato, ma interviene nella parte aggiuntiva che è a discrezione del Presidente e che per prassi c'è sempre stata, di poter attribuire qualcosa in più nella parte aggiuntiva dei tempi.

PRESIDENTE. Ovviamente riferirò al Presidente della Camera la sua richiesta ed è evidente che questo tema si porrà quando i tempi saranno esauriti.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 4144-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4144-A).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, noi dei gruppi di Alleanza per l'Italia e del Terzo Polo non siamo pregiudizialmente contrari - lo abbiamo detto in sede di discussione sulle linee generali - alla modifica dell'articolo 41 della Costituzione. Molto si è scritto sulla cultura economica dei padri costituenti e su questa norma, frutto di un compromesso culturale che ha orientato la parte della Costituzione economica e che ha dato una netta prevalenza, ponendo l'accento sulle libertà e sui diritti individuali, sulle libertà associative e di espressione del pensiero piuttosto che sulle libertà economiche. Ovviamente ha prevalso in quella sede una diffidenza sulla capacità del mercato e della concorrenza a realizzare quel processo di crescita che poi si sarebbe realizzato invece nel corso degli anni della ricostruzione economica. Tuttavia, sotto la spinta delle trasformazioni economiche si è evoluto anche l'ordinamento nella materia della regolazione delle attività di impresa e, sotto la spinta dell'evoluzione della struttura della nostra economia, si sono introdotte delle importanti disposizioni. Ricordo la legge del 10 ottobre 1990, n. 287, istitutiva dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, così come poi le norme dei Trattati europei che hanno per relationem costituzionalizzato quel principio.
Tuttavia, riteniamo che esplicitarlo in Costituzione sia un fatto anche culturalmente importante che può riorientare la nostra opinione pubblica, nonché l'azione del legislatore. Quanto alla nostra disponibilità, credo che il testo che ci è stato proposto sia un manifesto ideologico caratterizzato da una certa confusione mentale rispetto all'approdo effettivo di questa revisione costituzionale. Ai sensi del nuovo articolo 41, non è chiaro quale dovrebbe essere, secondo il Governo, il proponente e la maggioranza, il nuovo tipo di relazione da costruire nel rapporto tra Stato e mercato e l'introduzione di questa modifica costituzionale è stata quella di un'affermazione ideologica dell'assoluta libertà di impresa. Il paradosso è che questa affermazione proviene da un Governo che non ha fatto nulla nel senso pro concorrenziale e pro libertà di impresa. Ricordo che due leggi annuali per la concorrenza sono state bloccate, che nessuna iniziativa di liberalizzazione è stata promossa e che a tutto ciò non si è frapposto l'ostacolo della Costituzione. Pertanto, che bisogno Pag. 20c'era di questa norma? Forse sarebbe stato meglio prima creare più libertà d'impresa, che è anche il presupposto di una maggiore crescita. Tuttavia, andiamo avanti su questo testo e oggi ci rendiamo conto che, nel giro di pochi minuti e di poche ore, è stato modificato molte volte.
Devo dire che l'approdo di questa revisione costituzionale è, da un certo punto di vista, migliorativo, perché viene eliminato quell'inciso tutto ideologico sulla totale libertà delle iniziative e delle attività economiche, ma, dall'altro lato, segnalo ai colleghi che il testo che deriverà dalle modifiche che il Comitato dei nove ha accettato di inserire configura un approdo assai più dirigista rispetto al testo attuale. Infatti, dà alla legge un potere di intervento e di orientamento dell'attività economica assai più incisivo e pervasivo di quello attuale.
Inoltre, le norme sulla concorrenza non indicano questo strumento come quello atto a promuovere l'apertura di mercati e la libertà di accesso, ma esso è solo finalizzato alla non formazione di monopoli, che è un aspetto solo marginale della regolazione pro concorrenziale e non è solo quello di cui oggi abbiamo bisogno. I nostri emendamenti quindi vanno nella direzione di correggere questa impostazione, ma intervengono anche su un altro aspetto, ossia sull'aspetto del rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione. L'idea che tutta l'attività dell'amministrazione debba ritrarsi rispetto all'autonoma autocertificazione delle imprese per l'avvio e lo svolgimento di attività economiche non solo non è desiderato dalle imprese, che più volte hanno sottolineato il fatto che ciò che serve è la certezza del diritto e la certezza delle regole, ma è una rinuncia dell'amministrazione a fornire servizi efficienti, tempestivi, efficaci, vale a dire ad essere un servizio attivo per l'esercizio di una libera attività di impresa.
Con la prevalenza costituzionale del principio del controllo successivo e dell'autocertificazione, rischiamo di paralizzare le attività economiche perché le imprese, quando devono fare grandi investimenti, hanno bisogno di essere sicure che l'amministrazione non interverrà ex post, a meno che non si voglia creare un grande mercato dei controlli successivi e quindi fare di questo fonte di corruzione.
Abbiamo presentato un emendamento, che mi auguro verrà valutato positivamente, che vuole affermare il principio che se si dà maggiore libertà e se si dà maggiore responsabilità al cittadino e alle imprese, allora occorre maggiore responsabilità e maggiore severità nel rispetto delle regole: le sanzioni devono essere certe e quindi occorre costituzionalizzare il divieto di condonare gli illeciti commessi, proprio in virtù della maggiore libertà e della maggiore fiducia che l'amministrazione attribuisce ai cittadini.
Ecco perché abbiamo presentato alcune proposte emendative che entrano nel merito e che si muovono nello spirito di una maggiore libertà e di una Costituzione più liberale; tuttavia, la libertà deve avere dei contrappesi. Ci misureremo su tale aspetto, per verificare se questo Governo, al di là delle azioni, che sono tutte in direzione opposta, condivide questa impostazione o se vuole fare, anche a tale riguardo, solo propaganda (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, l'articolo 1 del disegno di legge costituzionale in esame rappresenta l'intenzione puramente formale e, per certi aspetti, direi anche propagandistica del Governo di modificare le regole poste a base dell'iniziativa economica privata nel nostro Paese, con l'obiettivo - ahimè, solo apparente - di adeguare l'articolo 41 della Costituzione al modello liberistico fondato sulla piena concorrenza di mercato.
Da un lato, la modifica proposta vorrebbe inserirsi nel solco già tracciato dall'Unione europea, che, in effetti, ci impone politiche aderenti ai tre strumenti essenziali previsti dai Trattati europei per la creazione di un mercato unico: le quattro libertà economiche, la creazione di un Pag. 21mercato libero disciplinato in modo da assicurare la concorrenza e il divieto di aiuti statali alle imprese che possano falsare la concorrenza fra di esse.
Secondo tale premessa, superato ormai, sin dagli anni Novanta, il fenomeno del cosiddetto Stato imprenditore mediante le note politiche di privatizzazione e dismissione delle imprese pubbliche, l'articolo 41 della Costituzione è stato finora reinterpretato in ossequio ai nuovi principi dettati dal processo d'integrazione europea. Sottolineo, infatti, che la nostra Costituzione possiede già quella meravigliosa caratteristica di adeguarsi agli sviluppi normativi, poiché è strutturata dai nostri padri costituenti proprio secondo l'ottica illuminata e, naturalmente, direi lungimirante, dell'evoluzione dei tempi.
In base alla rilettura imposta dal raccordo automatico della nostra Carta fondamentale ai principi comunitari, l'articolo in questione - appunto, l'articolo 41 della Costituzione - è già, quindi, inteso nel senso che l'iniziativa privata è libera nel territorio italiano, qualunque sia la nazionalità dell'impresa che la rivendica.
Il potere di disciplinare l'attività di impresa si sposta, dunque, dal livello nazionale a quello comunitario; le limitazioni dettate dall'utilità sociale vengono uniformate e standardizzate alle regole comunitarie poste a tutela dei lavoratori, dell'ambiente e dei consumatori; infine, la programmazione economica deve essere svolta non esclusivamente a sostegno delle imprese nazionali e senza limitazioni delle quattro libertà economiche.
Il terzo comma dell'articolo 41 della Costituzione - che recita: «La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali» - rappresentò in Assemblea costituente un compromesso tra le posizioni pianificatrici della sinistra e quelle liberiste. Anche se ha il merito di riservare solo alla legge la possibilità di stabilire programmi e controlli, può apparire in contrasto con una visione dell'iniziativa economica orientata al mercato. Infatti, non si può pensare, anche per il più convinto liberista, che l'iniziativa economica possa essere esercitata a dispetto dei valori tutelati dal secondo comma, cioè utilità sociale, sicurezza, libertà e dignità umana.
La disposizione perciò risulterebbe incompatibile con la libertà di concorrenza se non fosse che la stessa è già stata, di fatto, abrogata dall'ingresso, nella nostra Costituzione economica, di concetti come la concorrenza e il mercato sempre per quel meccanismo di adeguamento intrinseco ai principi comunitari di cui è dotata la nostra Costituzione. Nulla quaestio, dunque, nel caso in cui la proposta di riforma costituzionale si fosse limitata a riformulare il testo dell'articolo 41 in base ai principi comunitari abrogando anche formalmente il terzo comma.
Il nostro dissenso rispetto alle modifiche proposte sorge, invece, da quello che, a mio avviso, si presenta come un abile tentativo di eludere i reali problemi del Paese, ancora più gravi a causa della epocale crisi economica in atto. Finora, infatti, il Governo non ha fatto altro che affermare la prevalenza della politica sul mercato, sottraendo spesso le imprese nazionali dalla concorrenza estera; la contraddizione che ne deriva rende ammissibile un dubbio sulla genuinità dell'attuale proposta di riforma dato che ciò di cui il Governo deve convincerci oggi non è che è disposto ad abrogare formalmente ciò che è stato già abrogato di fatto ma che è veramente intenzionato a rimuovere i vincoli dell'iniziativa economica. In sostanza, piuttosto che pensare a generare dibattiti sui limiti all'iniziativa economica privata, bisognerebbe dimostrare un'effettiva volontà di rimuovere i veri vincoli che ostacolano l'iniziativa economica, quelli fiscali e legati al costo del lavoro innanzitutto, quelli legati alla governance delle imprese, rilanciando realmente privatizzazioni a livello nazionale e locale e intraprendendo misure di stimolo alla concorrenza. Infine, occorre affrontare una volta per tutte il problema della semplificazione dell'ambiente istituzionale italiano; quest'ultimo, come sappiamo, secondo i dati della Corporazione finanziaria internazionale della Pag. 22Banca mondiale, è molto meno favorevole di quello della Colombia e del Ghana ed è poco più favorevole di quello dell'Egitto all'iniziativa economica privata. Siamo scivolati dal settantaseiesimo all'ottantesimo posto nella classifica complessiva e la ragione non può essere cercata nell'articolo 41 ma negli infernali meandri della burocrazia, nella moltitudine di livelli decisionali, tutti probabilmente giustificati da qualche legge, che rendono l'avvio di una attività in Italia, nel nostro Paese, estremamente difficoltosa.
Su tali reali problemi la riforma dell'articolo 41 non avrà alcun effetto; ancora una volta non si opera per il bene concreto dell'economia ma per un bene propagandistico a tutto vantaggio dell'attuale coalizione di Governo teso a segnare un ulteriore colpo a vuoto del quale sventolare fieri il falso vessillo illudendoci di operare riforme che in realtà non riformano un bel nulla e sprecando, per l'ennesima volta, preziose occasioni di sviluppo e di crescita per il Paese.
Quanto al contenuto dell'articolo 1 del disegno di legge, non posso fare altro che rilevarne la ridondanza: che senso ha, ad esempio, rimarcare il divieto di contrasto dell'iniziativa e dell'attività economica con i principi fondamentali della Costituzione? Forse, finora, il secondo comma dell'articolo 41 ammetteva il contrario? Ed inoltre mi soffermo sull'introduzione al primo comma della seguente espressione: «È permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge». A parte l'espressione infelice e quanto meno ampollosa della proposizione, stiamo di fatto decostituzionalizzando le garanzie per l'attività economica privata?
In sostanza, invece di riconoscere la fonte comunitaria di rango sopranazionale, il Governo ci propone di portarle ad una fonte di grado inferiore, qual è la legge.
Ad ogni modo - e mi avvio a concludere - la riforma, seppure ridondante e con risvolti pratici pressoché inesistenti, potrebbe rappresentare un primo passo verso la riforma di cui davvero ha bisogno il Paese.
Non abbiamo condiviso il metodo (non saremmo partiti dalla modifica della Costituzione, ma dalla soluzione dei problemi concreti), ciò nonostante, in funzione di un tentativo di collaborazione e di una politica di dialogo abbiamo presentato le nostre proposte emendative.
Inoltre, dopo le reiterate dimostrazioni di chiusura della maggioranza, l'ulteriore offerta di collaborazione resta uno dei punti cardine delle politiche dell'Unione di Centro e anche della funzione politica che siamo chiamati a svolgere in Parlamento.
Pertanto, signor Presidente, concludo preannunziando il ritiro degli emendamenti soppressivi a mia firma presentati in ordine agli articoli 1, 2 e 3 del disegno di legge. Infatti, sebbene non sia strettamente necessario intervenire su un testo costituzionale che, di per sé, va ben oltre il mero significato delle parole in esso contenute, voglio interpretare tale intervento come un segnale, come un inizio, come la premessa teorica di una riforma pratica di cui sentiamo veramente la necessità.
È con queste premesse, con il ritiro già annunziato delle proposte emendative soppressive, che ci disponiamo ulteriormente al dialogo e auspichiamo che le proposte emendative presentate dal gruppo dell'Unione di Centro possano trovare considerazione e accoglimento da parte dell'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, come sempre, osservo con meraviglia che siamo in Aula a discutere di modifiche alla Costituzione intanto che il Paese sta bruciando, invece di discutere di ciò che vi è o che si dovrebbe fare per introdurre elementi di sviluppo. Uno sviluppo di cui il Governo e la maggioranza parlano in continuazione, ma di cui ancora non hanno dato il segno, neppure in termini di prospettive e di contenuti.
Continuate a rinviare perché non siete d'accordo su cosa significhi sviluppo. Ma Pag. 23che qualcuno immagini che lo sviluppo o la crescita del Paese dipendano da modifiche alla Costituzione appare davvero singolare.
Eppure, il Presidente del Consiglio aveva più volte annunziato la modifica dell'articolo 41, ritenendola una causa finanche della stagnazione economica del nostro Paese e un ostacolo all'iniziativa del Governo per il rilancio dello sviluppo. Mi pare davvero impegnativa una dichiarazione di questo genere, poiché è ben evidente che non dipendono da ciò le condizioni di sviluppo, ma da interventi che non intendete fare, di cui parlate, ma senza la volontà politica di intervenire e, di fatto, il Paese continua ad essere in una situazione economica drammatica.
Guardiamo quotidianamente a ciò che sta succedendo alla Grecia e il nostro timore è che, tra un po', la Grecia saremo in realtà noi, e ci troveremo direttamente coinvolti in un processo drammatico come quello, a causa dei ritardi con i quali voi affrontate o pensate di affrontare questa situazione.
Ricordo che noi, soltanto con i tagli ai costi della politica, abbiamo dato suggerimenti per il recupero di 15 miliardi di euro. Proviamo a pensare, se questi 15 miliardi andassero a ridurre le tasse ai lavoratori, alle famiglie e alle imprese, che effetto immediato potrebbe esserci.
Ma voi i costi della politica non li volete tagliare, le province le volete lasciare lì nonostante tutto quello che costano, e le auto blu, caro Ministro Brunetta - che ho visto circolare prima in Aula - sono sempre lì e non ne è stato ridotto l'uso neppure di una. Come ha riconosciuto in quella sua ricerca valgono quattro miliardi di euro l'anno, ma più o meno sono sempre lì e non si toccano: altro che sviluppo!
Lo sviluppo deriverebbe per prima cosa da questi interventi che non volete fare e, quindi, dite che poi vi mancano i quattrini per poter intervenire e per poter dare realmente una prospettiva di crescita al Paese. È evidente che la prima prospettiva di crescita viene dal potere di acquisto delle famiglie, un potere d'acquisto che invece è continuamente taglieggiato.
Non solo: continuate, ad onta delle dichiarazioni di principio, a mettere le mani nelle tasche dei cittadini ed imponete agli enti locali di metterle ulteriormente. Proprio in questi giorni quasi tutte le province - che dovrebbero essere abolite perché sono foriere di costi pubblici - stanno aumentando le tasse sulle assicurazioni e anche questo è un altro modo per mettere le mani nelle tasche dei cittadini.
Ben se ne stanno accorgendo le popolazioni che vivono al nord del nostro Paese e che avevano immaginato il federalismo fiscale come strumento per abbassare loro le tasse. Invece, quotidianamente, tra nuove addizionali IRPEF (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori), nuovi aumenti delle tasse sulla responsabilità civile automobilistica e avanti così, le tasche dei cittadini del nord, cari colleghi della Lega, stanno rapidamente riducendosi dei loro contenuti grazie al federalismo che non c'è (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Quindi, non intervenite, mentre è evidente che il primo motivo di sviluppo nasce dalla crescita di domanda interna. La nostra economia è stazionaria e si sono ridotti fortemente i consumi, persino dei beni di prima necessità, a dimostrazione della gravità della situazione ed è evidente che da lì si deve ripartire e non da altro.
Invece, noi in Aula parliamo dell'articolo 41 della Costituzione, come se questo servisse; e non si capisce bene quale sia l'origine della fobia del Presidente del Consiglio verso l'articolo 41 della Costituzione, a parte la sua maniacale insofferenza di tipo ossessivo-compulsivo verso tutto ciò che fa intravedere dei limiti. Non si capisce per quale motivo questo articolo 41, così com'è formulato oggi, possa ostacolare l'azione del Governo e lo sviluppo del Paese.
Senz'altro desta curiosità vedere ciò che potrà essere intrapreso di così nuovo quando questa modifica sarà portata a termine. Peraltro, non vorrei che nessuno Pag. 24vi si nascondesse dietro, dimenticando che sono richieste due deliberazioni da parte della Camera e la maggioranza qualificata per porre al riparo l'eventuale modifica da eventuali referendum confermativi. Quindi, spero che tutti abbiate ben in mente che, senza l'opposizione, ciò che state facendo rischia di essere cancellato domani da un referendum confermativo.
Fate delle modifiche e ce n'è una che mi incuriosisce davvero, oggetto ovviamente delle nostre proposte emendative. Mi riferisco alla previsione per cui «la legge e i regolamenti disciplinano le attività economiche unicamente al fine di impedire la formazione di monopoli pubblici e privati».

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO BORGHESI. Concludo, signor Presidente. Va benissimo questo, ma tutti dovremmo ricordare che una delle prime leggi al tempo della Costituzione americana fu proprio quella del contrasto ai monopoli e qui il concetto di «unicamente» non si capisce. Sarebbe come dire che gli unici interventi legislativi dovrebbero guardare al fatto se creano monopoli o meno?
A noi pare davvero limitativo dell'intervento che un Parlamento serio e una legislazione seria possano fare. Abbiamo presentato una serie di emendamenti e vi invitiamo a valutarli. Il più importante è l'emendamento soppressivo: questo articolo della Costituzione non ha bisogno di essere cambiato, perché permette comunque alle imprese di operare in piena libertà, in piena concorrenza e in un regime di libero mercato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, credo che i colleghi che mi hanno preceduto, in particolar modo l'onorevole Ria, abbiano dato la dimensione del dibattito, del confronto che vi è stato in Commissione prima e che adesso si sta svolgendo in quest'Aula.
Intanto, vorrei svolgere una riflessione iniziale: è possibile che stiamo tentando di riformare la Carta costituzionale attraverso provvedimenti che configurano una situazione di «pezzetti e bocconi»? Prima la riforma dell'articolo 81 della Costituzione, adesso dell'articolo 41 e degli articoli 45, 97 e 118 della Costituzione, poi anche un'altra riforma che è stata licenziata da quest'Aula e che riguarda l'elettorato passivo dei giovani. Stiamo tentando ovviamente di realizzare una riforma senza avere un quadro e senza avere una strategia di carattere istituzionale, ordinamentale e, in questo caso, di carattere anche economico.
Questa riforma dell'articolo 41, come veniva ricordato dall'onorevole Ria, nasceva da un'esigenza posta in essere da parte del Governo, quando si disse che bisognava liberalizzare l'economia.
Certamente, è una maggioranza che sta facendo i conti con gli appuntamenti falliti della mancata liberalizzazione, con una situazione economica che si aggrava sempre di più, con il concentrarsi di situazioni di potere all'interno dell'economia e dei mercati che condizionano certamente la libertà delle espressioni economiche e, soprattutto, il raggiungimento di obiettivi a fini sociali dell'economia stessa.
Quindi, c'è da capire se vi è oggi, in questo momento, una riflessione forte tra le scuole di pensiero, tra le scuole economiche, per stabilire se dobbiamo dare forza al libero mercato, se soltanto il libero mercato è il supremo regolatore della situazione politica e sociale, se risolve i problemi della gente con delle risposte esaustive e se questo provvedimento riesce a raggiungere qualche obiettivo. Io ritengo di no perché, quando si pensa che vi è un condizionamento della pubblica amministrazione, questa è una parte di verità, ma ci sono dei riferimenti, e soprattutto degli impedimenti, all'interno del mercato, per il formarsi di poteri economici e finanziari che condizionano il mercato stesso e non vi fanno entrare nessuno se non si hanno quelle caratteristiche e non si possiede questo profilo. Pag. 25
Questo lo diciamo anche con molta chiarezza nell'emendamento di cui sono il primo firmatario, l'emendamento Tassone 1.14, quando parliamo certamente delle funzioni che devono essere portate avanti per una liberalizzazione vera, per un accesso al mercato, nella legislazione che riguarda lo Stato, le regioni e gli enti locali. Ma parliamo anche di un adeguamento delle funzioni amministrative ai vari livelli di Governo e delle autorità indipendenti per organizzarle anche ai fini di facilitare il buon funzionamento del mercato. Molte volte sfugge certamente qual è il ruolo delle autorità indipendenti, come se fosse un qualcosa che fuoriesce anche dal nostro circuito e dal nostro orizzonte.
Quando parliamo di economia o di bilancio, quando parliamo di spese o di spesa pubblica sfuggono anche le regioni, le autonomie locali, e questa certamente è una visione parziale del Parlamento, che non ci fa capire e non ci fa inquadrare il contesto reale del problema.
Tuttavia, stiamo dibattendo da questa mattina, in Commissione, su due o tre questioni di fondo. Innanzitutto sulla funzione sociale, perché questa funzione sociale appare in alcuni testi e poi sparisce nelle proposte emendative.
Quindi, poniamo l'attenzione su questo aspetto: la funzione sociale non è un opzione, non è un'ossessione, non è una fissazione di nessuno. La funzione sociale nasceva da una mediazione - così come è stato ricordato - nell'Assemblea costituente tra forze di massa popolare, di ispirazione cristiana e forze comuniste.
Fu una mediazione per dare senso e significato all'uomo e alla sua dignità, alle esigenze di evitare squilibri territoriali, umani, ingiustizie ovviamente rispetto ai bisogni delle persone. Tutto questo quadro oggi è finito? Valeva ieri, nel 1946, 1947, 1948, dopo il secondo conflitto bellico, e oggi non c'è più questo tipo di esigenza? Io ritengo che oggi ci sia questa stessa esigenza di assicurare alla politica dell'economia certamente la funzione sociale.
Ma questo, onorevoli colleghi, signor Presidente, può avvenire se c'è il primato della politica. Il fatto vero è che qui non c'è il primato della politica, non c'è il primato delle istituzioni e, quando certamente andiamo ad un ragionamento a volte contorto, confuso e non chiaro, appare evidente che ci sono dei poteri forti all'interno dell'economia che sono equilibratori, non lo Stato come rappresentante e, soprattutto, «tutelatore» degli interessi generali dei cittadini. Ci sono pezzetti di società e di strutture che condizionano la vita economica e sociale all'interno del nostro Paese.
Quindi, non è una piccola riforma. Bisogna capire qual è il disegno, quale è la prospettiva che noi dobbiamo inseguire e che dobbiamo portare avanti. Ritengo che uno sforzo si stia facendo, per carità. Ci siamo trovati di fronte un testo che suonava in questa maniera: l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge. Ma come possiamo pensare e immaginare che un assunto di questo genere, che è semplicemente uno spot, che non so da quale cervello è venuto fuori, possa essere recepito in una norma fondamentale dello Stato e, quindi, in un principio costituzionale?
Si sta cercando di evitarlo e di rimuovere questo aspetto che certamente non è accettabile. Come possiamo accettare, come dicevo poc'anzi, la scomparsa del riferimento alla funzione sociale e ai principi fondamentali della Costituzione? Vi è al riguardo un nostro emendamento, sottoscritto da Mantini, da me, da Galletti, da Compagnon e da altri colleghi. Ma certamente c'è una sofferta azione che si sta facendo per riconoscere non un contributo emendativo, ma una politica che dobbiamo fare.
Poi, vi è un'altra spinta ed un altro contributo da parte del Governo, quando si propone di evitare e cancellare quell'assunto in cui si dice che è permesso tutto quello che non è espressamente vietato dalla legge (libertà economiche), e si dice chiaramente, come proposta, che la legge non può stabilire limitazioni all'iniziativa e all'attività economica privata. Pag. 26Diamo alla legge un ruolo diverso. Stiamo parlando di principi fondamentali del nostro Paese e della Carta costituzionale. Non può essere la legge che individua i passaggi delle attività economiche, se le attività economiche vanno svolte in funzione sociale nel rispetto dei principi costituzionali, della sicurezza e quant'altro.
Qui ci troviamo di fronte ad una situazione dirigistica. Una cosa è quando si rimanda alla legge l'ottemperanza di principi fondamentali, un'altra cosa è quando la legge è un riferimento forte rispetto ad un'azione e rispetto ai principi che debbono essere tutelati.
Questo, dunque, è un aspetto che certamente noi stiamo indicando con i passaggi che non possono essere accettati. Infatti, in questo aspetto ci sono l'equivoco, la confusione e l'interrogativo che mi pongo, signor Presidente, onorevoli colleghi: noi vogliamo fare veramente un provvedimento di rango costituzionale per garantire le liberalizzazioni e la libertà? Credo che questo vada in direzione opposta a tutelare il fatto e sostanzialmente il monopolio, anche se poi viene ad essere indicato il passaggio e soprattutto il percorso della lotta ai monopoli. Di fatto si fa questo.
Di questo ne abbiamo contezza, signor Presidente, quando nell'articolo 4 del provvedimento in esame, in riferimento all'articolo 118 della Costituzione, si apportano modifiche in termini assurdi. Il testo iniziale era: «Stato, regioni, città metropolitane, province e comuni garantiscono e favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati...». Invece, la modifica è questa: «Stato, regioni, città metropolitane, province e comuni esercitano le attività che non possono essere svolte adeguatamente dai cittadini singoli o associati». Ritengo che questa sia una norma antilibertaria. Ma qual è? Come si fa a dire che lo Stato e le regioni esercitano le attività che non possono essere svolte adeguatamente dai cittadini? Chi lo stabilisce quando le attività sono adeguate o meno? Questo è veramente un dirigismo che non possiamo accettare. Con l'articolo 4 del provvedimento in esame - e certamente con le modifiche apportate all'articolo 118 della Costituzione - si evince chiaramente qual è l'intendimento di una maggioranza che forse è «dimenata» e, soprattutto, travagliata e sofferta o sta soffrendo rispetto a concezioni politiche ed economiche che non sono state individuate e non sono un dato di chiarezza.
Signor Presidente, non abbiamo avuto mai una posizione pregiudiziale e preconcetta nei confronti di nessuno, ma questo modo di procedere è un modo balordo nel momento in cui vogliamo mettere mano alla riforma costituzionale. Voglio dire che l'articolo 118 della Costituzione fu così modificato nel 2001, nella bicamerale. Quando si parla di favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini questo dato sparisce, perché non vi è più un'autonoma iniziativa dei cittadini. Qualcuno parlerà di sussidiarietà ma questa sussidiarietà più volte invocata, per quanto ci riguarda, come un valore fondamentale e come una crescita sociale e civile del cittadino appare e sparisce drammaticamente. Ecco perché, dicevo, non abbiamo nessuna posizione preconcetta. Tuttavia, leggendo e rileggendo questo testo, con i contributi che non sono stati aperti e che non sono stati, ovviamente, forieri di novità rispetto a quello che chiedevamo, abbiamo veramente una posizione di grande preoccupazione.
Certamente, è sparito nel testo iniziale questa indicazione che si riferiva alla legge e che poteva essere «accolto» tutto ciò che non fosse proibito dalla legge. È stata accolta l'idea dell'unità sociale, ma è messa in un quadro e in una prospettiva che certamente lascia molte perplessità e, soprattutto, molta insoddisfazione.
Per questo motivo andremo poi a valutare gli emendamenti e a capire ulteriormente, se ve ne fosse bisogno, quello che vi è scritto. Ma, soprattutto, il mio invito e la mia sollecitazione, che rivolgo in termini finali, è che non si può - e lo ripeto per la quarta volta - riformare la Costituzione in questo modo, come se il dato economico fosse svincolato dal dato ordinamentale e istituzionale, come se i principi per la riforma dell'ordinamento Pag. 27del nostro Paese - e, quindi, i dati che si riferiscono all'economia - non fossero tutti inseriti in un contesto, in termini sinergici, per configurare e dare un'identità alla nostra società.
Signor Presidente, ho voluto riferirmi a questi nostri emendamenti e al lavoro che hanno svolto i colleghi Mantini e Ria in Commissione e in quest'Aula per dire, in fondo, che tutto questo nostro lavoro e questo nostro impegno è stato improntato a una grande disponibilità ma, soprattutto, a una grande preoccupazione di fondo, perché se questo è il testo è meglio non far nulla e procedere a una rivisitazione globale della Carta costituzionale in termini seri e organici. Se si legifera e si effettuano le riforme costituzionali così, allora questo non è un metodo di saggezza e non denota sensibilità istituzionale. Credo che sia questo il contributo e l'aspetto che volevo mettere, a nome del mio gruppo, in evidenza e sottolineare con forza (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, i costituenti fissarono delle procedure rafforzate per introdurre le modifiche della Costituzione.
Questo vuol dire che la Costituzione ovviamente non è un tabù e può essere modificata, ma essa deve essere modificata, per così dire, in presenza di una condizione di necessità di evoluzione della situazione politica del Paese e per l'esigenza di adeguare le nostre istituzioni e le nostre strutture alle nuove esigenze che si possono manifestare. Non è una legislazione come un'altra da trattare come se fosse una legislazione che si aggiunge, la modifica della Costituzione è una questione fondamentale. Ripeto che si può decidere di esaminare tutto, ma ci vuole anche l'intenzione di inserire queste modifiche in un ragionamento e in un'analisi.
La prima anomalia, onorevoli colleghi della maggioranza, se avete voglia di ascoltare, è che in questo momento il Parlamento, ossia la Camera e il Senato hanno all'esame cinque se non sei proposte di modifica costituzionale: l'articolo 41, che stiamo esaminando adesso, l'articolo 81, l'abolizione delle province, la riduzione del numero dei parlamentari e il riconoscimento del diritto di voto per il Senato ai giovani. Si tratta di molte modifiche e ho l'impressione che una cosa sia non considerare la Costituzione un tabù e un'altra sia considerare che l'attività legislativa delle Camere debba essere impegnata per mesi e mesi in modificazioni molto... minori. In alcuni casi, le proposte sono rilevanti: è chiaro che se si ritiene di modificare l'ordinamento e di abolire le province o se si ritiene di dimezzare il numero dei parlamentari si tratta di una riforma importante di cui è giusto discutere, ma la domanda che faccio è: l'articolo 41, che viene portato alla nostra attenzione, merita il lavoro delle Camere? Faccio un confronto tra la modifica dell'articolo 41 e la modifica dell'articolo 81 che discuteremo. La modifica dell'articolo 81 introduce un principio in base al quale lo Stato e gli enti pubblici dovranno redigere in maniera diversa i loro bilanci. Io personalmente ho delle riserve su quella modifica, per come è esposta, ma si tratta di una questione importante: se la situazione finanziaria europea e italiana è difficile si può ben inserire nella Costituzione un principio diverso. Ma questa modifica dell'articolo 41, onorevoli colleghi, a che cosa serve? È una pura perdita di tempo (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!
Voi dite che serve allo sviluppo economico, ma allo sviluppo economico servirebbe quel famoso decreto per lo sviluppo economico che sono settimane e settimane che il Governo non è in grado di produrre. Pensate che le sviluppo economico del Paese possa dipendere dall'articolo 41? L'Italia ha avuto cinquant'anni di formidabile sviluppo economico con questo articolo scritto con equilibrio e precisione e non avrà cinquant'anni di sviluppo perché voi modificate l'articolo 41.
È una pretesa ridicola quella di pensare che ciò possa accadere, anzi è un'evasione. Pag. 28Voi sapete che dovreste presentarvi in questa sede con una discussione seria su come far ripartire l'economia italiana e ci volete regalare una modifica di quattro parole per dire che ve ne siete occupati o per dire che quei signori dell'opposizione si sono opposti a modificare la Costituzione? Cosa c'entra la povera Costituzione italiana con lo sviluppo economico, bloccato dalla vostra mancanza di idee su come realizzarlo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)? Ho finito, signor Presidente.
Vi faccio alcuni esempi: non so se voi, onorevoli colleghi della maggioranza che urlate, avete letto che cosa volete che approviamo. Sentite questa per la: «La legge si conforma ai principi di leale collaborazione, prevedendo di norma controlli successivi». Cosa vuol dire scrivere in Costituzione le parole: «di norma»? Vuol dire non scrivere nulla! Noi dovremmo approvare un testo che introduce nella Costituzione la possibilità di fare in un modo o nell'altro? Sentite quest'altra perla introdotta dalla Commissione: «La legge disciplina le attività economiche unicamente al fine di impedire la formazione di monopoli pubblici e privati». Ma se noi vogliamo approvare una legge per impedire che la mafia entri nelle attività economiche non lo possiamo fare perché la nostra Costituzione prevede che lo possiamo fare soltanto per impedire monopoli? Vi sembra questo il modo di affrontare i problemi del nostro Paese?
Infine, noi vogliamo distinguere - voi dite - nell'ambito dell'articolo 97 tra politica e amministrazione. È un sacrosanto principio quello che volete introdurre.
Se avete approvato una norma, anche con la responsabilità della sinistra devo dire, che afferma che gli amministratori e i direttori generali vengono nominati sulla base dello spoil system, ma come diavolo potete pensare di separare la politica dall'amministrazione, se avete introdotto una norma in base alla quale i vostri Ministri scelgono i loro direttori generali in modo che obbediscano ai loro ordini (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)? Questa è la riforma costituzionale! Ma portatela indietro, mandatela in Commissione e preoccupiamoci di altro di più serio, degli interessi del Paese, onorevoli colleghi (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, invito i colleghi di tutto l'emiciclo a valutare l'abnormità di alcune delle soluzioni che prospettate nella riforma costituzionale: cito quella all'articolo 41 dove si afferma che «la legge e i regolamenti disciplinano le attività economiche unicamente al fine di impedire la formazione di monopoli pubblici e privati». Mettetevi nei panni dei giudici della Consulta quando dovranno decidere per esempio sulla conformità alla Costituzione di leggi che oggi tutelano il consumatore o l'utente, o che tutelano l'ambiente nelle attività economiche e per evitare l'inquinamento, o contro il lavoro nero e per la tutela del lavoratore, o la tutela dei brevetti che teoricamente dovrebbe essere incompatibile con il monopolio economico che in qualche modo è favorito dalla tenuta dei brevetti e della proprietà industriale. È paradossale che mentre l'Italia affonda nella crisi economica noi qui ci trastulliamo a discutere di questi slogan che fanno solo male alle attività economiche e al tessuto sociale del Paese. Vergognatevi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, rinuncio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, la Costituzione è cosa troppo seria perché si possa consentire di coinvolgerla e strumentalizzarla a beneficio di scelte o non scelte politiche. Non sono parole mie ma del presidente emerito della Corte costituzionale Pag. 29Valerio Onida, che considero un monito sempre valido per il riformatore costituzionale in tutte le epoche.
Qual'è il fine di questa proposta di revisione? In particolare, qual è il fine del cuore di questa proposta che riguarda l'articolo 41 della Costituzione? Ci dite che è quello di rendere libera l'iniziativa privata, in particolare l'iniziativa di impresa, libera dai lacci e laccioli dai quali sinora sarebbe stata oppressa. Io penso al contrario che il fine sia strumentale e che sia un fine ideologico, che come tale danneggerà gravemente l'equilibrio interno della Costituzione, la sua intrinseca armonia.
Mi consenta, signor Presidente, di rifarmi all'articolo 41 della Costituzione nella sua versione vigente: è un modello di limpido stile legislativo, si apre proclamando senza ombra di ambiguità alcuna che l'iniziativa privata è libera, affermazione che nella sua laconicità adamantina non ammette alcuna interpretazione capziosa. Pone poi come unico limite l'utilità sociale, concetto al quale fa seguire quelli della sicurezza, della libertà e della dignità umana, e al terzo comma subordina solo e unicamente alla legge, ripeto, solo alla legge, l'esercizio dell'attività economica sia pubblica che privata. Non bastava questa formulazione? Io dico che bastava, non c'era nessun bisogno di modificarla, pasticciarla e in parte stravolgerla.
Si dice - l'ho letto qualche volta nella stampa della destra iperliberista - che l'utilità sociale è un criterio troppo ampio, che prefigura una zona grigia in cui la libertà economica affermata al comma principale sarebbe come vanificata dal successivo, ma nel testo che voi ci presentate - anche in quest'ultima versione rivista dal Comitato dei nove che ho avuto appena il tempo di scorrere - questo comma del vecchio articolo praticamente resta intatto, salvo l'aggiunta dei riferimenti ai principi fondamentali della Costituzione.
Avete usato più parole - che nelle Costituzioni non è mai bene - per dire la stessa cosa su quel punto. Quindi non è qui che sta, almeno in apparenza, la ragione della revisione. La ragione sta invece nel primo comma, che nella nuova formulazione più stringata uscita dal Comitato dei nove dice: «L'iniziativa e le attività economiche private sono libere». Le parole, specie nei testi costituzionali, sono pietre, signor Presidente, e con queste nuove pietre questa maggioranza si propone di erigere in realtà un edificio molto diverso dal precedente. C'è una filosofia, c'è un'ideologia nell'aver ricercato e messo sulla carta queste nuove parole al posto delle vecchie. Non è un fatto ininfluente che si sia voluto farlo, c'è una ragione profonda. Ricorrerò all'autorità di un altro insigne costituzionalista come Onida e anche di uno sperimentato uomo di Governo, il presidente Giuliano Amato. L'altro giorno Amato, nella sala del mappamondo qui alla Camera, analizzando con grande finezza, come è solito fare, e con grande maestria da grande giurista il vostro testo, ci ha detto che questa è una costruzione che nel suo insieme proprio non sta in piedi essendoci una pluralità di ragioni per le quali è bene che non entri in vigore. Questa formula - ha aggiunto Amato, alludendo alla precedente formula, ma calza bene anche per quest'ultima uscita dal Comitato dei nove - si colloca fuori contesto rispetto alla nostra lunghissima storia, a partire da Adam Smith. Già, la nostra lunghissima storia: i teorici dell'economia classica. Il liberismo rivisto e corretto a vostro uso e consumo non esiste neanche nelle pagine dei classici dell'economia. Se voi leggete Smith con attenzione, come ci ha detto Amato, ma se leggete anche Ricardo e gli altri teorici del libero mercato, vi accorgerete quanto forte sia in quegli autori il vincolo dell'ispirazione etica dell'attività economica, prima e talvolta anche a costo di limitare la libertà assoluta e l'egoismo assoluto dell'imprenditore. Vedrete che in Smith, come giustamente ci ricordava Amato, senza un fondamentale sentimento di giustizia il mercato stesso in realtà non può funzionare. Del resto - continuo sul filo del ragionamento - non sarà un caso se in tutto il mondo occidentale, anche nei Paesi leader del capitalismo, si è sentito Pag. 30progressivamente il bisogno di istituire intorno al mercato, a tutela del mercato stesso e del suo corretto funzionamento, un sistema di regole e con esse di «inventare» autorità indipendenti e organismi pubblici che ne garantiscano il corretto funzionamento. Ma quale società liberale potrebbe mai esistere senza una tutela dei più deboli, senza l'assistenza per chi si ammala, senza una ragionevole protezione per chi lavora, senza un'opportuna vigilanza sui danni ambientali? Quale mercato potrebbe funzionare in assenza totale di regole, lasciato interamente alla legge della giungla, dove prevale il più forte? Tutto è permesso, salvo ciò che è espressamente vietato, avevate scritto nella formula precedente, che adesso avete cassato. Ma esiste un contesto di principi, esiste un testo complessivo della Costituzione repubblicana che va tenuto in conto, nel quale i principi nuovi devono inserirsi armoniosamente senza generare conflitto, senza contraddire quello che è scritto nel resto della Costituzione. Esiste per il legislatore costituzionale - per tutti i legislatori dovrebbe esistere per la verità, ma per quello costituzionale anche di più - un obbligo di coerenza e di rispetto dell'organicità del testo complessivo. Cosa volete dirci, imponendoci come sperate di fare a colpi di maggioranza questo nuovo testo emendato? Che abbiamo vissuto per sessant'anni in non contesto economico-sociale di socialismo reale, gestiti da ciechi burocrati del piano, impegnati a vessare i liberi imprenditori che volessero esercitare la loro libertà? Ma via colleghi, basterebbe volgersi indietro alla storia d'Italia, i cui centocinquanta anni stiamo ancora celebrando in questi giorni, per renderci conto della falsità, anzitutto in termini storiografici di questa rappresentazione. Se c'è un filo conduttore nella storia di questo Paese sin dal 1861 sta nella lunga strada compiuta, a partire dalla legislazione costituente del 1865, ancora astensionista verso qualunque forma di controllo e limitazione degli egoismi privati, passando per le prime leggi di fine Ottocento sul lavoro, sulle malattie, sull'assicurazione, fino alla provvida legislazione giolittiana del primo decennio del Novecento e poi ancora a quella coraggiosa del primo dopoguerra.
Perfino il fascismo, guardate, sia pure in nome di una concezione distorta dell'interesse nazionale, proseguì, a suo modo, in quella strada virtuosa. E nel dopoguerra, segnato dalla Costituzione repubblicana, una legislazione attenta all'equilibrio tra i diritti dei privati e la difesa dell'interesse pubblico caratterizzò gli stessi Governi centristi e democristiani, prima che il centrosinistra, negli anni Sessanta, desse avvio ad una nuova stagione di riforme e a uno sviluppo ulteriore dei diritti collettivi. Questa è la nostra storia!
Questo non significò affatto comprimere la libertà dei privati. Lo dico a quelli di voi che da giovani militavano nel Partito Socialista di Nenni e di Riccardo Lombardi, che si ricordano ancora la lezione di Ugo La Malfa. Solo una visione faziosamente deviata e di parte potrebbe sostenere che il miracolo economico degli anni Cinquanta si sia svolto nel quadro di una legislazione o, peggio, di una prescrizione costituzionale limitativa delle libertà dei privati, o che l'impresa, allora e nei decenni successivi fino ad oggi, abbia sofferto di un regime vincolistico, tale da non poter esercitare pienamente la propria iniziativa.
D'altra parte, colleghi, se ritenete che vincoli eccessivi siano stati posti e che gli interessi privati siano stati sacrificati in eccesso, possiamo anche acconsentire, in via di ipotesi, a questa formulazione. Benissimo, è la legge ordinaria lo strumento idoneo a rimuoverli, a temperarli, a correggerli; non certo lo stravolgimento della Costituzione.
La Costituzione non è immodificabile, non bisogna soffrire nei suoi confronti di un complesso per il quale nulla può essere modificato, ma ha ragione l'onorevole La Malfa: se la si deve modificare, lo si deve fare tenendo conto del suo complesso, e non a pezzi e bocconi, a colpi di maggioranza, modificando ora questo ora quell'altro principio, fino a fare di un grande Pag. 31ed armonioso meccanismo per il governo del Paese un guazzabuglio incomprensibile di principi tra loro in conflitto.
Abbiamo voluto cambiare il Titolo V anni fa, ed è stata una significativa modificazione, anche se forse, a mio avviso, sarebbe stato meglio farlo con una maggiore unanimità del Parlamento; altre se ne possono immaginare. Personalmente, penso, per esempio, che abbia ragione Gustavo Zagrebelsky: molto si deve lavorare sulla parte che concerne l'organizzazione della macchina del Governo, che ancora soffre di una concezione da anni Quaranta. E posso anche apprezzare e ritenere utili le modifiche che voi proponete all'articolo 97 sull'attività amministrativa, anzi, le ritengo perfino poco coraggiose, sebbene sia abbastanza dubbioso sul fatto che principi come la semplificazione amministrativa debbano trovare posto tra i principi della Costituzione della Repubblica, ma diciamo che su quella parte non ho obiezioni di fondo.
Ma questo vostro articolo 41, che è il cuore del provvedimento ed è la vera ragione per cui avete presentato questo agglomerato abbastanza incoerente di revisioni su articoli che non stanno insieme, sarebbe assolutamente un corpo estraneo, un tumore maligno, che, inserito in Costituzione, recherebbe danno non solo in sé, ma per le contraddizioni che genererebbe con il resto del testo.
Confliggerebbe subito con interi settori della legislazione, con istituti ormai radicati da decenni nel nostro ordinamento. Forse, bisognerebbe riscrivere gran parte del nostro diritto del lavoro, per esempio, a confronto con questa modifica dell'articolo 41. La formula da voi proposta, nella sua apparente banalità, dice poco e dice, al tempo stesso, troppo: contiene un veleno nascosto, contiene un implicito giudizio storico inaccettabile sul testo attuale della Costituzione, come se sino ad oggi, vigente la Costituzione del 1948, avessimo vissuto in anni di regime e di compressione della libertà economica. Non è così!
La verità è che voi mirate a quello che non dite: volete espellere, in realtà, il concetto stesso dei limiti, dei contemperamenti alla libertà dei privati, della prevalenza dell'interesse pubblico, che, colleghi, è l'interesse dei cittadini a non vedere sconvolto l'ambiente in cui vivono, ad esempio; è l'interesse dei consumatori ad essere difesi nei loro diritti; è l'interesse dello Stato a garantire che la produzione non si svolga in contrasto con fini pubblici riconosciuti.
Se noi approvassimo la vostra riforma - io mi auguro che non vi sia il tempo che essa compia l'iter prescritto - dovremmo ripensare a tutta una serie di istituti e di norme regolatrici e, forse, buttare a mare interi capitoli del nostro diritto pubblico e privato. Scrivere un testo costituzionale - ha detto l'altro giorno alla Camera Giuliano Amato a conclusione della sua conferenza - presuppone che si sia lavorato sul preesistente.
Avendo lavorato sul preesistente, si saprebbe che questa aggiunta è francamente inutile e dannosa e che può ingenerare confusione. E mi permetto di dire, onorevoli colleghi, che in un campo delicato come quello della legislazione costituzionale, in un campo in cui è in gioco l'interesse di tutti - perché la Costituzione è la Costituzione di tutti e non di una sola parte - la confusione può generare mostri molto pericolosi per la vita democratica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 1 e sulle proposte emendative ad esso presentate, inviterei il relatore...

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo per sottoporle a nome del gruppo Partito Democratico la richiesta di rinvio in Commissione del provvedimento. Credo che questa mia richiesta possa valere anche come intervento a favore del rinvio. La pregherei, quindi, quando ovviamente lei riterrà opportuno, di mettere tale proposta ai voti.

Pag. 32

PRESIDENTE. Vi è dunque una richiesta di rinvio in Commissione del provvedimento da parte del gruppo Partito Democratico.
Ha facoltà di parlare il relatore. Poi si svolgerà un intervento a favore e un intervento contro il rinvio, come previsto dal Regolamento.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, io vorrei capire però le motivazioni di tale richiesta. Non sono, infatti, abituato a sentire un semplice «si rinvia in Commissione».
Forse devo una risposta a tutta l'Aula - e non al collega Giachetti - perché ho sentito in diretta mentre eravamo riuniti in Commissione...

ROBERTO GIACHETTI. Bisogna dire se a favore o contro il rinvio in Commissione!

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Giachetti, faccia concludere il presidente Bruno, che sta motivando se è a favore o contro. Almeno questo possiamo permetterlo!

DONATO BRUNO, Relatore. Poiché ho sentito che, appunto, l'onorevole Giachetti e altri colleghi lamentavano il fatto che la Commissione non era in Aula, ricordo a tutti che la Commissione stava lavorando e che, a fronte di due o tre subemendamenti che si riteneva fossero presentati all'emendamento della Commissione, ci siamo trovati dinanzi a trenta proposte emendative.
Fortunatamente il tempo concesso è bastato al fine di chiarire tra il Governo e la Commissione quali sono i punti su cui la Commissione stessa ha convenuto. Io sono pronto per dare la lettura di quanto abbiamo convenuto ed esprimere, quindi, il parere sulle proposte emendative. Non capisco altrimenti perché si è fatta questa discussione. La discussione si è svolta e sono state avanzate delle critiche, qualcuna devo dire ingenerosa, perché già il testo è cambiato. In particolare gli onorevoli La Malfa e Monai si sono soffermati su punti che non fanno più parte del testo.
Credo che il parere sulle proposte emendative possa servire anche a tutta l'Aula per chiarire qual è la portata del testo che stiamo discutendo.

PRESIDENTE. Il relatore è dunque contrario al rinvio del provvedimento in Commissione.
Ricordo che a favore del rinvio è già intervenuto l'onorevole Giachetti.
Ha chiesto di parlare contro l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, esprimo la mia sorpresa rispetto a questa richiesta di rinvio in Commissione del provvedimento, che si aggiunge a quella testé espressa dal presidente della I Commissione, onorevole Bruno.
Forse si aveva l'idea di rinviare un testo in Commissione per un approfondimento, che pure nel corso del pomeriggio c'è stato nell'ambito delle diverse sospensioni che si sono svolte.
Ricordiamo che si è svolta una sospensione sostanzialmente all'inizio della seduta per il termine dei subemendamenti. Un'altra sospensione, signor Presidente, è stata ulteriormente richiesta dal Presidente della Commissione proprio in forza del fatto che, a seguito della presentazione dei medesimi subemendamenti, si è aperto, all'interno della Commissione stessa, un dibattito che immagino sia stato, signor Presidente, di merito, proprio sul contenuto delle norme relative all'articolo 1 e sui subemendamenti presentati.
Ritengo, signor Presidente, che - essendo ripresa la seduta alle ore 17 ed essendosi svolti gli interventi sul complesso degli emendamenti che hanno visto protagonisti i diversi gruppi parlamentari e non ultimo il gruppo del Partito Democratico che ha partecipato con alcuni interventi, come quello dell'onorevole Melis, a questo dibattito - sarebbe stato logico proseguire nel corso dei nostri lavori con i pareri sull'articolo 1 e poi con la votazione delle proposte emendative ad esso presentate, in primo luogo quella soppressiva. Pag. 33Credo, pertanto, che si possa procedere nel merito del provvedimento, confrontandosi sulle diverse questioni, anche attraverso un dibattito che ha un contingentamento. In questo senso credo la Presidenza abbia già dato dei tempi e poi sarà cura della medesima Presidenza discrezionalmente assegnare tempi successivi quando i gruppi inizino a terminare i tempi a loro disposizione ed anche i tempi a titolo personale o i tempi tecnici che il Regolamento stabilisce.
Credo, signor Presidente, che sia una richiesta quantomeno curiosa quella sollevata dall'onorevole Giachetti, rispetto alla quale esprimo la contrarietà del mio gruppo ma anche, credo, di tutti gli altri gruppi di maggioranza, che su questo terreno hanno la consapevolezza di volersi confrontare anche con l'opposizione senza rimandare in Commissione un provvedimento che ha una sua portata di valore costituzionale e che permette a tutte le forze politiche, gruppi parlamentari ed esponenti in questo Parlamento, di esprimersi su un tema importante come quello della libertà di impresa.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la richiesta di rinvio in Commissione del disegno di legge costituzionale n. 4144-A concernente modifiche agli articoli 41, 45, 97 e 118, comma quarto, della Costituzione.
Onorevole Mariarosaria Rossi... onorevole Lusetti... onorevole Damiano... onorevole Coscia... onorevole Pionati... onorevole Goisis... onorevole Soglia... Hanno votato tutti?
(Segue la votazione)

La Camera respinge per 15 voti di differenza.
Invito dunque il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Favia 1.1 e Bressa 1.2 e sull'emendamento Mantini 1.3.
La Commissione esprime parere contrario sui subemendamenti Bressa 0.1.100.16 e Favia 0.1.100.11.
La Commissione esprime altresì parere contrario sul subemendamento Lanzillotta 0.1.100.17, nonché sul subemendamento Favia 0.1.100.21, sugli identici subemendamenti Favia 0.1.100.6, Amici 0.1.100.15 e Lanzillotta 0.1.100.18 e sul subemendamento Favia 0.1.100.4.
Riguardo al subemendamento Mantini 0.1.100.13 che reca le parole: «utilità sociale», su questo noi non siamo d'accordo...

PRESIDENTE. Le chiederei di seguire questo ordine: il parere lo spiegherà alla fine su questo subemendamento, in modo da proseguire con gli altri e poi ci ritorneremo.

DONATO BRUNO, Relatore. Sì, ma c'era una riformulazione...

PRESIDENTE. Appunto, proprio per questo le chiederei di andare avanti, poi torniamo su questo subemendamento.

DONATO BRUNO, Relatore. Va bene. La Commissione esprime parere contrario sul subemendamento Favia 0.1.100.9.
La Commissione esprime parere favorevole sugli identici subemendamenti Favia 0.1.100.7 e Calderisi 0.1.100.20.
La Commissione esprime parere contrario sui subemendamenti Favia 0.1.100.10, 0.1.100.8 e 0.1.100.12, sui subemendamenti Zeller 0.1.100.2 e 0.1.100.3, sul subemendamento Zaccaria 0.1.100.14, sul subemendamento Lanzillotta 0.1.100.19, nonché sui subemendamenti Favia 0.1.100.5, 0.1.100.11 e 0.1.100.22.
La Commissione esprime parere favorevole sul subemendamento Cazzola 0.1.100.1 a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: all'emendamento 1.100 della Commissione, capoverso terzo comma, dopo le parole: «le attività economiche», Pag. 34aggiungere le seguenti: «,nel rispetto del principio di libera concorrenza,».

PRESIDENTE. Quindi, il parere è favorevole con questa riformulazione?

DONATO BRUNO, Relatore. Sì. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.100.

PRESIDENTE. Bene, allora torniamo al subemendamento Mantini 0.1.100.13. Prego.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, su tale subemendamento la Commissione ha espresso un parere contrario, però la Commissione ritiene di comprendere lo spirito con cui si sono mossi coloro che l'hanno presentato, per cui propone, se coloro che lo hanno sottoscritto sono d'accordo, di aggiungere all'emendamento della Commissione 1.100, capoverso secondo comma, infine, le parole: «e l'utilità sociale». Se questa eventuale modifica venisse accolta dai firmatari del subemendamento si può dare parere favorevole.

PRESIDENTE. Mi ripete come secondo lei andrebbe riformulato?

DONATO BRUNO, Relatore. Quando si arriverà al testo, dopo l'eventuale approvazione o meno, il secondo comma dell'articolo 41 reciterebbe: «La legge non può stabilire limitazioni all'iniziativa e alle attività economiche private se non quando necessario a tutelare i principi fondamentali della Costituzione, la sicurezza, la libertà, la dignità umana, l'utilità sociale». Poi l'articolo continua «La legge disciplina (...)». Questo è il senso, su cui eventualmente la Commissione darebbe parere favorevole. Laddove i proponenti del subemendamento non fossero d'accordo il parere è contrario.

DAVID FAVIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

DAVID FAVIA. Per annunciare il ritiro delle proposte emendative.

PRESIDENTE. Onorevole Favia, ritira i suoi subemendamenti?

DAVID FAVIA. Signor Presidente, ritiro i subemendamenti a mia prima firma 0.1.100.7 e 0.1.100.22.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prima di entrare anche nel merito della riformulazione proposta al subemendamento Mantini 0.1.100.13, e quindi svolgere un'osservazione di carattere procedurale, chiedo all'onorevole Mantini, che è il primo firmatario, se accetta la riformulazione proposta dal relatore, presidente della Commissione.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, come abbiamo già affermato in Commissione, questa riformulazione non ci soddisfa; è utile, perché introduce il concetto di utilità sociale. Quindi, noi che abbiamo dialogato costruttivamente su questo testo, come diremo meglio nel prosieguo, possiamo anche accettare la riformulazione del subemendamento in oggetto, riservandoci, però, di non votarlo con questo testo. Vorrei che fosse chiaro, perché abbiamo svolto un grande lavoro costruttivo, tentando di avvicinare le posizioni, come conviene in una riforma costituzionale.
Pertanto, posso anche aderire alla riformulazione, che, però, a noi non convince, e, quindi, ci asterremo in sede di votazione.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Mantini: o la convince o non la convince, non c'è un'altra possibilità. Le spiego, perché, evidentemente, qualora lei...

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, possiamo anche accettare la riformulazione e non votarla, sia chiaro.

PRESIDENTE. Onorevole Mantini, non è compito della Presidenza, ovviamente, decidere ciò che lei e il suo gruppo farete. Pag. 35Poiché siamo in presenza di una proposta integralmente sostitutiva del vostro subemendamento, perché si passa da un subemendamento sostitutivo ad un subemendamento aggiuntivo, vi sono problemi di carattere regolamentare e procedurale che bisogna rispettare. Se lei, con il suo gruppo non accetta tale proposta, il problema è risolto.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, sono stato chiaro: noi accettiamo la riformulazione, ma ci riserviamo in sede di voto nel merito.

PRESIDENTE. Prendo, dunque, atto che accetta la riformulazione.
Devo far presente al relatore, presidente della I Commissione, che la riformulazione proposta, mutando il carattere del subemendamento Mantini 0.1.100.13 da integralmente sostitutivo di un comma - chiedo all'Assemblea di seguirmi - ad aggiuntivo di parole al medesimo comma, si configura in sostanza come un nuovo emendamento.
Anche tenendo conto di quanto stabilito in sede di Giunta per il Regolamento nella seduta del 28 febbraio 2007, la Commissione potrà presentare o un subemendamento al suo emendamento 1.100 ovvero, meglio ancora, una nuova formulazione dello stesso emendamento 1.100.
In tale ultima ipotesi, la Presidenza provvederà, trattandosi in sostanza di una modifica limitata a due sole parole, a fissare un breve termine per la presentazione di ulteriori subemendamenti da riferire esclusivamente alle parti modificate. È chiaro, signor presidente, nonché relatore? Pertanto, qualora si procedesse per questa strada, dobbiamo stabilire i tempi per la presentazione dei subemendamenti e, ovviamente, procedere ad una breve sospensione dei lavori, affinché possiate riformulare il tutto (Commenti). È il relatore che deve scegliere, la Presidenza non può fare altro che guidarvi nel lavoro che il Regolamento prevede!

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, riepilogo brevemente, se ho ben compreso. A me sembra che il presentatore abbia accettato la riformulazione. Le chiedo una cortesia, tanto non arriveremo, credo, alla votazione di questo subemendamento. Domani mattina, convocheremo la Commissione mezz'ora prima dei lavori dell'Assemblea in modo da cercare di risolvere questo problema. Fermo restando che, se il presentatore insiste sulla sua formulazione, il parere è contrario; laddove dovesse ritenere che la frase che ho già citato possa essere inserita, la Commissione oggi ha dato un parere favorevole, domani si vedrà.

PRESIDENTE. Sta bene, se non vi sono obiezioni rispetto alla proposta di lavoro del relatore, presidente della I Commissione, penso che possiamo procedere in questa direzione: passare cioè all'esame delle proposte emendative, arrivare al subemendamento Mantini 0.1.100.13 e a quel punto sospendere i lavori per riprenderli domani. Questa è la proposta?

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, capisco che il presidente Bruno sia veggente e abbia stabilito che non potremo arrivare in breve tempo ad esaminare quel subemendamento; magari invece potremo arrivarci facilmente o potremo non arrivare a nulla. Vorrei solo sottolineare che eventualmente quel subemendamento può anche essere accantonato, non necessariamente bisogna sospendere i lavori per poi riprenderli; poiché è previsto che la seduta vada avanti fino alle 20 possiamo quindi tranquillamente procedere, casomai accantonando quel subemendamento. Lo dico per i Ministri, in maniera tale che si possano organizzare.

Pag. 36

PRESIDENTE. È il relatore che mi deve dire cosa ne pensa.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, onorevole Giachetti, la ringrazio anche per l'auspicio, come lei ritiene, che noi possiamo arrivare a quel subemendamento. È chiaro che lo accantoneremmo nel caso in cui vi arrivassimo.

PRESIDENTE. Sta bene, procediamo allora nel senso indicato dal relatore.
Il Governo?

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per la semplificazione normativa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore, con un unico dubbio rispetto al subemendamento Mantini 0.1.100.13 perché non ho capito, francamente, se alla fine, esiste una riformulazione o meno. Il Governo ritiene di non poter esprimere un parere rispetto ad un'ipotesi: «ma, forse, ci penso...». Ci dicano se presentano o meno una riformulazione e il Governo si pronuncerà su quella.

PRESIDENTE. Si è deciso che il subemendamento Mantini 0.1.100.13 sarà accantonato e quindi il Governo, su quello, si esprimerà successivamente in funzione dell'eventuale proposta di riformulazione.

LINDA LANZILLOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo, onorevole Lanzillotta.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, stiamo esaminando una modifica alla Costituzione. Non è che questo si possa fare pezzetto per pezzetto perché il testo in esame ha una sua unitarietà e una sua sequenzialità interna. Il fatto di sapere se l'esito finale comprenderà oppure no un riferimento all'utilità sociale è un elemento dirimente per valutare anche il comma 1. Non si può fare a pezzi.

PRESIDENTE. Comunque dovremo iniziare dagli identici emendamenti Favia 1.1 e Bressa 1.2; quando arriveremo alla proposta emendativa in questione ridiscuteremo e riapriremo una discussione.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Favia 1.1 e Bressa 1.2.
Ricordo che l'emendamento Ria 1.55 è stato ritirato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini.
Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, noi ci asterremo su questa proposta di soppressione dell'articolo 1 perché, come gruppo dell'Unione di Centro e con tutti i colleghi del Terzo Polo, abbiamo mantenuto un atteggiamento molto dialogante. In linea di principio, questo vorrei fosse ben chiaro, non riteniamo impossibile una riflessione nuova, più moderna ed attuale sui contenuti dell'articolo 41. Riteniamo, soprattutto, che parlare oggi di attività economica e di libertà dell'attività economica significhi fare riferimento ad alcuni principi, certamente anche al principio di utilità sociale per come lo conosciamo e per come è stato storicamente inserito nella Costituzione, ma anche a principi nuovi, più espliciti, come il principio di concorrenza e di tutela della concorrenza che, come è noto, non si trova nella Costituzione e che per noi è un parametro dell'utilità sociale, credendo in un'economia di mercato responsabile. Ci riferiamo poi, ancora, ad altri principi, come lo stesso principio di semplificazione amministrativa che riteniamo degno del rango costituzionale e molto più serio e concreto che non la formulazione, per il vero un po' astrusa e quasi provocatoria, contenuta nel primo testo, secondo cui tutto ciò che non è vietato è permesso, formula persino indicibile sul piano della logica e degli effetti giuridici, men che meno in Costituzione.
Dunque abbiamo avanzato delle proposte e svolto anche un lavoro che, a Pag. 37nostro avviso, ha portato a qualche miglioramento del testo. Per questa ragione, riteniamo non soddisfacenti le conclusioni a cui siamo pervenuti finora, anzi, riteniamo - lo dico en passant, in poche parole - che forse non sia il caso di tenere il Parlamento imbrigliato da sei riforme costituzionali contemporaneamente aperte, quali il taglio al numero dei parlamentari, la riduzione del numero delle province, la Costituzione economica, la grande riforma della giustizia, del titolo IV e, inoltre, l'inserimento del principio del pareggio di bilancio che, forse, sarebbe l'unica cosa seria ed urgente, e infatti è per ultima considerata nei nostri lavori.
Pur ritenendo che non sia questo il modo di fare le riforme costituzionali e non sia questo il clima costituente che pur tante volte abbiamo invocato, non solo per le grandi riforme istituzionali, ma anche per le riforme economiche utili al Paese, all'Italia, ciò nonostante ci asterremo, in coerenza con il segnale di dialogo che su questi temi abbiamo dato.
Naturalmente, le altre considerazioni le svolgeremo, tenendo conto dei risultati e dei lavori che riusciremo a produrre, fermo restando che il nostro giudizio sul punto cui siamo arrivati è negativo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, al contrario di quanto affermato poc'anzi dal collega Mantini, considerate le modifiche intervenute nel corso del dibattito in Commissione, ma soprattutto considerata l'origine cui ricondurre l'iniziativa da parte del Governo di modificare l'articolo 41 della Costituzione, siamo fermamente contrari e, da qui, il senso del mantenimento dell'emendamento interamente soppressivo dell'articolo 1.
Lo dico perché è importante, in questo contesto - e uso questa parola, «contesto» - capire bene perché siamo giunti a questo disegno di legge del Governo. Del resto, siamo abituati - ed è purtroppo un danno molto grave per questo Paese - ad annunci ad effetto, compreso quello cui abbiamo assistito, nel pieno della crisi finanziaria di questo Paese, nel bel mezzo di agosto, con riferimento all'intervento del Ministro dell'economia, che ci ha ricordato l'importanza della modifica dell'articolo 81, con l'introduzione della norma del pareggio di bilancio, ma annunziando, con tanto di conferenza stampa con il Presidente del Consiglio, della necessità della modifica dell'articolo 41, attraverso la formula per cui - come il collega Bressa dice, legato ad un effetto di marketing, come quello della Coca-Cola - è libero tutto ciò che non è vietato.
Perché voglio argomentare intorno a questo principio? Perché in sede di discussione sulle linee generali, il Ministro Calderoli ha svelato la verità della portata di questo disegno di legge costituzionale, e lo voglio fare proprio citando le parole del Ministro Calderoli. Il Ministro Calderoli dice: la discussione del presente disegno di legge costituzionale non è solo un simbolo della nostra idea costituzionale del mercato, della libertà di impresa e del rapporto fra pubblico e privato nel nostro Paese. Certo, essa è anche un simbolo, che indica il tipo di società, di pubblico potere che intendiamo realizzare, ma limitarla a questo, come alcuni commentatori hanno frettolosamente detto, sarebbe davvero sbagliato.
Ministro Calderoli, la verità è che dietro quel simbolo vi è la natura e il giudizio sulla nostra Costituzione. Questa premessa alla discussione del disegno di legge lascia intendere un elemento: come se l'articolo 41, che in questi anni è stato vigente, e lo è tuttora, abbia impedito a questo Paese l'esercizio della libera attività economica. È un errore concettuale gravissimo, che nasconde la tendenza politica di questa maggioranza a guardare alla nostra Costituzione come ad un elemento di freno, senza vedere, all'interno di essa, gli elementi che, in modo armonioso, hanno tenuto insieme la capacità della funzione dello Stato, la condizione dell'espletamento dell'attività economica e dell'iniziativa Pag. 38privata, facendo della nostra Costituzione uno degli elementi più innovativi nel contesto europeo.
La nostra Costituzione, soprattutto quando ragiona dell'articolo 41, tiene conto di quello che è successo con la rivoluzione industriale. Ricordiamoci le date, perché le date non sono solo il frutto di una memoria storica, ma la costruzione di un percorso culturale. In tale contesto aver vissuto la rivoluzione industriale ha significato porre la distinzione tra proprietà e iniziativa economica e anche che l'attività economica si conformasse ad una serie di principi, che tenessero conto di quanto affermato in tutta quella parte importante della nostra Costituzione.
Avete voluto, attraverso questo «simbolo», tentare di immettere nella discussione della nostra opinione pubblica l'idea che l'articolo 41 della Costituzione ha impedito, attraverso i lacci e lacciuoli, quella che è stata una definizione degli anni della propaganda più importanti della vostra origine politica, ossia quella in base alla quale occorre che via sia meno Stato, più mercato, meno regole e proprio per questo libertà da lacci e laccioli.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SESA AMICI. Non è così e non lo è esattamente per un motivo assai importante. Noi avremmo bisogno che, attraverso le azioni politiche e le leggi ordinarie, vi sia una scossa all'economia di questo Paese e un coinvolgimento anche dell'economia e dell'iniziativa privata, ma solo attraverso le leggi ordinarie, non con una modifica costituzionale, che nasconde ancora una volta un disegno conservativo e falsamente innovativo intorno a questi principi. Per questo motivo manteniamo fermamente la nostra contrarietà alla modifica dell'articolo 41 della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Favia. Ne ha facoltà per tre minuti.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, nell'andare a ristudiare i lavori della Costituente, mi sono reso conto di due cose: che siamo in una situazione socio-economica abbastanza simile, ossia drammatica, e che ci fu allora un dibattito durato praticamente diciotto mesi. Ebbene, oggi ci troviamo invece in una situazione in cui accusate la Costituente e dite che l'articolo 41 della Costituzione, che è stato una grande ed alta mediazione, è addirittura contraddittorio perché frutto di un compromesso.
Crediamo, invece, che le Costituzioni debbano essere frutto di un compromesso tra grandi categorie ideologiche e filosofiche (che sono state quelle appunto dell'epoca della Costituente) e che non sia possibile fare, come state facendo voi, ossia imporre con un colpo di mano, senza dibattito e senza che la società italiana ne senta il bisogno - perché non se n'è parlato minimamente con i corpi sociali - una riforma costituzionale a colpi di maggioranza.
Certo, probabilmente l'iter dei quattro passaggi non sarà completato e, semmai fosse completato, ci sarà lo sbarramento perché non raggiungerete la maggioranza dei due terzi. Si verificherà, pertanto, lo sbarramento del referendum, norma sacra che non riuscirete mai a modificare, nemmeno con le vostre idee. Pur tuttavia, non possiamo che continuare a censurare questo vostro modo di fare e chiedervi di tornare indietro, perché troppe cose mancano in questa vostra nuova formulazione dell'articolo 41 della Costituzione.
Soprattutto due sono le previsioni contro le quali vi siete accaniti. La prima è il comma che dice: «Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Il soggetto è l'iniziativa economica privata che ovviamente deve essere libera, ma con quei limiti. In secondo luogo, non volete che la legge determini i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Pag. 39
Certo, la cancellazione del principio in base al quale è consentito ciò che non è proibito e questa introduzione surrettizia del concetto di utilità sociale migliorano di pochissimo lo scempio che state facendo, ma non ci consentono di approvarlo e, anzi, ci costringono ad un'attività di contrasto durissima che continueremo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, noi siamo, peraltro da tempo, convinti che le modifiche anche della prima parte della Costituzione, che per tanto tempo sono state ostracizzate da qualsiasi discussione, non solo ovviamente siano legittime, ma siano anche per certi versi opportune.
Certo, mettersi a discutere della riforma così radicale e roboante dell'articolo 41, in un contesto in cui i principi che dovrebbero ispirare questa riforma sono assolutamente estranei all'attività legislativa ordinaria e all'attività di Governo, rende il cammino molto faticoso.
Avremmo preferito - vedo che il Ministro Romani si è assentato - discutere la riforma dell'articolo 41 della Costituzione sulle ali di un grande provvedimento per lo sviluppo, pieno di liberalizzazioni, intriso del principio di libertà economica che si vorrebbe trasfondere in questo nuovo articolo 41.
Avremmo preferito che uno strumento semplice, di cui in questa legislatura questa maggioranza si è dotata, ossia la legge annuale per la concorrenza, fosse stato utilizzato prima di dire che sarà tutto possibile ciò che non è vietato; infatti, diventa difficile capire una maggioranza che da due anni lascia marcire la legge annuale sulla concorrenza.
Ci è stato detto dal Ministro, in un question time relativamente recente, che ci vorranno ancora mesi e mesi prima di decidere quali misure prevedere nella legge annuale sulla concorrenza, che viene puntualmente disattesa da due anni da questo Governo.
Avremmo preferito che, in tema di riforme costituzionali, si partisse dalla riforma dell'articolo 81 della Costituzione.
Ricordo nel mese di agosto le Commissioni riunite e, in quella occasione, il Ministro Tremonti ci preannunciò - facendo seguito ad una discussione che vi era stata, a proposte di legge sostenute anche dal Terzo Polo e presentate al Senato - la riforma dell'articolo 81, ossia la previsione in Costituzione del pareggio di bilancio, giustamente come una riforma da accelerare perché - quello sì - sarebbe stato un segnale importante anche rispetto a chi ci guarda da fuori, a chi investe e a chi compra i titoli del debito pubblico italiano.
Si sarebbe dovuto partire da lì, da una modifica non semplice ma di un impatto certo: nel momento in cui il Paese è impegnato - e speriamo che, Corte dei conti permettendo, le previsioni reggano - nel perseguire e ottenere il pareggio di bilancio, lo costituzionalizza. Questo sarebbe stato un modo serio di procedere.
Poi arriveremo al merito, ma francamente la discussione sull'articolo 41 della Costituzione è, non voglio usare espressioni diverse, totalmente decontestualizzata, non si capisce. Vi sono cioè due Paesi, innanzitutto il Paese in cui, come ci ha detto il Presidente del Consiglio due ore fa, sul cosiddetto decreto sviluppo non vi è ancora nulla. Non so se le e-mail, i suggerimenti che il Presidente del Consiglio ha chiesto ai banchi della maggioranza la settimana scorsa siano arrivati; forse, bisognerà processare tutte quelle valanghe di e-mail. Tuttavia, rispetto al nulla, rispetto al fatto che non sappiamo se, quando e cosa conterrà il cosiddetto decreto sviluppo, le cose di cui abbiamo sentito parlare sono solo tasse, patrimoniale e condono.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Della Vedova.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Quindi, diventa difficile comprendere con Pag. 40un testo che viene modificato in corso d'opera, con i foglietti scritti a mano.
Tuttavia, siccome crediamo nell'importanza teorica di quello che stiamo facendo, ci asterremo rispetto al voto di soppressione dell'articolo 1, perché confidiamo che tutti gli emendamenti vengano accolti e che, quindi, in qualche modo si possa dare seguito con serietà all'analisi di questa modifica costituzionale che, diciamolo però, parte con il piede sbagliato nei tempi, nei modi e anche nel contenuto (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà, per un minuto.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, questa modifica costituzionale, che non vorrei chiamare riforma, è ideologica, sciatta, inutile e, in alcune parti, decisamente pericolosa. È un manifesto che non approverete mai.
Però, quello che non riuscite a fare con la legge tentate di farlo con la Costituzione (parlo della semplificazione). Ricordo un dettaglio: prima c'era un solo richiamo alla legge; oggi ce ne sono ben tre. Voi volete, in questo modo, porre la legge sopra la Costituzione. Volete dire che si può fare con legge quello che prima non si poteva fare: i limiti e il sistema dirigistico che voi impostate in questa norma (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà, per un minuto.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, al banco del Governo vedo impegnato uno schieramento dei nostri ministri più autorevoli in materia di economia e di sviluppo. Anziché presenziare in quest'Aula, forse magari basterebbe un piccolo sforzo per aiutare la maggioranza, dimettendosi da parlamentari e facendo i ministri a tempo pieno.
Nel frattempo, siamo qui a modificare la Costituzione, credo solo per propaganda, per un qualcosa da discutere, anziché affrontare le questioni vere. Solo che non ci rendiamo conto che la modifichiamo in peggio, apportando un danno irreparabile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà, per un minuto.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, credo che chi ha votato per il rinvio del provvedimento in Commissione dovrebbe convergere sul voto per sopprimere questo articolo 1.
Questa riforma è stata presentata più volte in certe interviste da esponenti del Governo come necessitata dal bisogno di dare una scossa all'economia, alle forze imprenditoriali, alle forze vive della società.
Leggendo le interviste dei protagonisti dell'economia e delle forze sociali della nostra società viene fuori, invece, che l'unica scossa vera che potreste dare all'economia è quella di togliervi di mezzo.
Credo che prendere atto di questa situazione, forse, ci consentirebbe di evitare un percorso di riforma costituzionale del tutto sbagliato, se non anche pericoloso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, rimarrò nell'ambito del minuto, semplicemente perché rimanga agli atti che la nostra volontà è quella di ampliare il senso della Costituzione verso la libertà di impresa.
Mi sembra che siano state dette delle falsità. Spero che con il prosieguo dei lavori venga dimostrata quella che è, in realtà, la nostra volontà. Infatti, se il nostro è un Paese con la cultura «pro business» più bassa tra i paesi OCSE - e non è certo la Lega a dirlo, ma gli studi Pag. 41internazionali: cito l'ultimo meeting di Cernobbio - è proprio il caso di intervenire. Ed è il motivo per cui siamo qui oggi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà, per un minuto.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, alla fine, onorevole Reguzzoni, vedrà che quanto lei ha detto è una grande bugia. Il testo attuale della Costituzione, all'articolo 41, recita: «L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale (...)». È un testo di una straordinaria modernità. È la prima Costituzione che considera l'iniziativa economica separata dalla proprietà privata.
È un articolo che, in questi oltre sessanta anni di vita della Costituzione, ha consentito uno sviluppo impetuoso dell'economia nel nostro Paese. Tuttavia, voi avete deciso di cambiarlo per una semplice ragione ideologica: volete piantare una bandierina dietro la quale nascondere la vostra incapacità di fare provvedimenti veri per lo sviluppo e l'economia del nostro Paese.
È un'autentica vergogna. Ma il Paese si accorgerà di questo vostro misfatto e di questa vostra bugia, perché non ha gli occhi foderati di prosciutto, e boccerà questo provvedimento, se mai dovesse essere chiamato al referendum confermativo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, credo anch'io che la proposta di modifica dell'articolo 41 della Costituzione sia priva di qualsiasi senso. È appena stato detto della modernità della nostra Costituzione. Ricordo che l'articolo 41 recita:«L'iniziativa economica privata è libera». Mi fermerei qui. Non vi è bisogno di altre aggiunte, se non quella del capoverso successivo: «Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale».
Allora, signor Presidente del Consiglio che non c'è, signor Ministro dell'economia e delle finanze, ma c'è bisogno di fare questo? Ieri abbiamo audito, sulla modifica dell'articolo 81 della Costituzione - che lei aveva promesso il 29 marzo e poi l'ha tradotta in un testo pochi giorni fa - i costituzionalisti italiani più quotati dire apertamente: attenzione a mettere le mani nella Costituzione, fatelo cum grano salis. Evidentemente, voi di sale in zucca non ne avete molto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, anch'io vorrei intervenire su questo primo emendamento per dire che questa modifica alla Costituzione ha le caratteristiche del nulla, perché non vedrà mai la luce. Questo provvedimento di cui stiamo discutendo non vedrà mai la luce. Stiamo solo perdendo tempo, perché il vostro stile è quello della demagogia, perché quello che scrivete in questo disegno di legge non lo state facendo con la vostra azione di Governo e lo scrivete per nascondere la vostra incapacità di decidere e di fare.
Vedo il Ministro Tremonti assentire e guardare con attenzione, confermando questa vostra incapacità. Chiedo che, invece di occuparsi di questo ...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Rosato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, i padri costituenti ci hanno lasciato in eredità una Costituzione che ha retto in questi anni anche difficili, soprattutto nel momento più drammatico, dal dopoguerra in avanti, quando si doveva ricostruire un Paese. Pag. 42
Oggi abbiamo la pretesa di modificare un articolo immodificabile. Ne abbiamo la pretesa, e l'onorevole Reguzzoni è il rappresentante più evidente di tale pretesa. Ma, oramai, queste dichiarazioni della Lega non vengono più credute, la gente non crede più ai proclami della Lega.
Credo che questa modifica della Costituzione non andrà sicuramente in porto, perché poi vi sarà la reazione della gente che oramai è molto attenta alla politica nazionale che, di fatto, non sta combinando niente, ma si sta occupando di fatti collaterali. Non è di questo che abbiamo bisogno ma di molto altro. Soprattutto, vi sono i Ministri dell'economia che sono seduti qui a mantenere il numero legale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cimadoro.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, dopo il dibattito che si è registrato in Commissione e in Aula, le ragioni che hanno portato il gruppo del Partito Democratico a presentare questo emendamento si sono rafforzate.
Penso che il fulcro di tutto questo provvedimento sia contenuto nell'espressione, utilizzata anche in maniera molto colorita e fuori dal Parlamento, che è ormai famosa: «È permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge». Ma richiamo l'attenzione dell'Aula sul fatto che questa espressione è stata introdotta dal Governo in un decreto-legge, il n. 138 del 13 agosto 2011. Bisognerebbe capire come è stato possibile, se oggi è stata ritenuta necessaria addirittura una riforma della Costituzione, introdurre allora questo principio con un decreto-legge.
Quello che voglio dire, in questo pochissimo tempo che mi resta, è che questo principio, che aveva resistito in Commissione per tanto tempo nella discussione, oggi è caduto definitivamente. È caduta l'ultima bandierina. Credo che non vi sia nient'altro da difendere e da aggiungere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, certamente qui si tratta di modificare l'articolo 41 della Costituzione, lo stesso articolo che contiene il principio dell'utilità sociale applicato poi alla libertà di iniziativa economica privata. Modificare questo articolo, così come proponete voi, significa aggiungere nella Costituzione che si può fare liberamente tutto quello che la legge non vieta espressamente. Questa è una manovra pericolosa, che fa scadere la cultura politica ed istituzionale. L'Italia diventerà il Paese del Bengodi.
Volete cambiare le cose - come dite da tempo - e volete riformare tutto? Questo non può avvenire a tutti i costi e, soprattutto, a danno della nostra Costituzione. Se c'è qualcosa da cambiare, cambiate le cose che non vanno e non quelle che vanno e contenute nella Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, mi rivolgo ai colleghi del centrodestra. A volte ho l'impressione che giriamo per Paesi diversi: non ho mai incontrato un cittadino, un imprenditore o un piccolo imprenditore che mi dicesse che, per produrre ricchezza, il suo problema fosse l'articolo 41 e non uno Stato inefficiente, una burocrazia soffocante, l'illegalità o un fisco iniquo. Questo articolo è scritto bene, è l'articolo più simile all'economia sociale di mercato, quello più simile alle pagine migliori della Caritas in veritate.
Non sono un fine costituzionalista, ma sono una persona curiosa e sono andato a vedere come il più grande Paese manifatturiero europeo - noi siamo il secondo - affronta questo tema. La Costituzione tedesca prevede che la proprietà impone degli obblighi, il suo uso deve, al tempo Pag. 43stesso, servire al bene della collettività. È molto più duro dell'articolo 41, che è un ottimo articolo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, intervengo per dire che una lettura pedagogica - e non politica, né tanto meno economica - la dice lunga sulla forza e la modernità dell'articolo 41. Credo che noi dovremmo usarlo ancora per molto, senza essere ultronei e, soprattutto, inefficaci ed inefficienti, vista la parabola che ha preso l'economia nazionale e che un Governo invece serio avrebbe dovuto, invece, intercettare e modificare, utilizzando leggi importanti e risorse, che dessero il senso e la cifra di una qualità e della voglia di sfida che ci rendesse finalmente europei (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo che la modifica dell'articolo 41 della Costituzione che ci stanno proponendo il Governo e la maggioranza di centrodestra sia effettivamente una questione molto delicata. Infatti, il Governo modifica questo articolo della Costituzione nella sua essenza proprio per i valori che propone ex novo e per le premesse che rischia di definire, per il modo in cui è scritto e riscritto, per l'attività successiva.
Non c'è dubbio che le parole «è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato per legge» rinviano sostanzialmente al solo giudice ogni decisione ed escludono la legge dalla possibilità di intervenire, se non sul punto richiamato dal comma terzo, ossia per impedire che la legge intervenga (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Quartiani.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, mi ha colpito molto la proposta di modifica dell'articolo 41. Scrivere «è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge» è già da brividi, ma, in particolare quel lemma «tutto» - come si dice a Roma - non se po' vedé.
Pensare di sfregiare il testo dei padri costituenti con una norma così insulsa è per noi davvero incomprensibile, per non parlare di altre perle quali: «La legge si conforma ai principi di fiducia e leale collaborazione tra le pubbliche amministrazioni e i cittadini» oppure «Le pubbliche funzioni sono al servizio delle libertà (...) dei cittadini», ma - direi - anche dei doveri dei cittadini in qualche caso e della mancanza di libertà dei cittadini, ovviamente soltanto i poveracci...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Evangelisti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, l'emendamento è molto importante perché intende mantenere l'attuale formulazione dell'articolo 41 della Costituzione che costituisce un esempio positivo di collaborazione tra impresa e lavoro; infatti stabilisce, come è stato ricordato, che l'iniziativa economica privata è libera e che non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale. Sono principi importanti che vanno difesi e attuati e, contrariamente a quanto è stato sostenuto dagli esponenti della maggioranza in quest'Aula - in particolare dall'onorevole Reguzzoni poco fa - questi principi hanno consentito uno sviluppo economico importante della nostra economia in alcune fasi storiche, anche impetuoso, con questo articolo della Costituzione. Pertanto non c'entra nulla quello che si è provato a sostenere relativamente Pag. 44ai possibili rischi di blocco dell'economia da parte di questa articolo.
Qual è il motivo per cui il Governo e la maggioranza vogliono modificare l'articolo 41 della Costituzione? Semplicemente per nascondere l'incapacità e il colpevole ritardo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Naccarato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, con questa modifica contemporaneamente conseguite diversi obiettivi che sono tutti quanti deprecabili: il primo è sfregiare la Costituzione con riferimento all'articolo 41 che è perfetto. Cosa si può dire di più oltre che l'iniziativa privata è libera, cosa si può dire di più per dire che tutto quello che non è vietato dalla legge è permesso? È una tautologia che macchierà per sempre la Costituzione, ma nel contempo volete coprire le vostre inefficienze, facendo comprendere per esempio ai valligiani della bergamasca o del Varesotto (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e alle piccole e medie imprese che hanno difficoltà ad andare avanti, che quello che possono fare, perché non è vietato, li aiuterà nell'esercizio dell'impresa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Palomba. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cavallaro. Ne ha facoltà.

MARIO CAVALLARO. Signor Presidente, dobbiamo al grande linguista De Mauro un'analisi acuta persino sotto l'aspetto linguistico della Costituzione, che ne dimostra la modernità. Con sole 1.357 parole e con frasi lunghe non più di venti parole sono stati espressi dei concetti destinati nella loro asciuttezza a durare nel tempo, ad essere compresi ed utilizzati nel passare delle epoche. È proprio il caso dell'articolo 41 nella versione vigente che in tre semplici commi delinea il rapporto necessario fra la libertà dell'impresa e dell'iniziativa economica ed i valori tipici del bene comune che sono interpretati da uno Stato solidale. È dunque necessario che l'emendamento soppressivo venga approvato e che soprattutto questo inutile teatrino demagogico venga a cessare per occuparci del bene comune (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, avrei gradito rivolgere questa domanda al Ministro Tremonti che immagino si sia assentato - no, osservo che è ancora qui - per chiedergli: se il mercato, come egli spesso ha affermato, non è l'unico luogo di affermazione della personalità dei soggetti, come spesso egli ha affermato, per quale ragione bisogna modificare l'articolo 41 della Costituzione che asserisce un'idea di società solidale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, ebbene questa è la norma manifesto del vostro fallimento, del fallimento del Governo che avrebbe dovuto con il Ministro Calderoli garantire la semplificazione ai cittadini italiani. Ebbene, dopo tre anni abbiamo assistito a concentrazioni sui media televisivi a scapito delle piccole emittenti locali; abbiamo assistito all'inasprimento della burocrazia per tutte le piccole e medie imprese, dal Sistri in poi è tutto un affastellarsi di una babele normativa. Avete messo nei decreti-legge le più svariate norme, inserendo norme processuali quando si parlava di energia, creando una babele normativa da cui non se ne esce, e adesso la panacea come un magico stregone è questa riforma costituzionale con la quale manifestate la foglia di fico per le Pag. 45vostre vergogne. Questa è la situazione in cui ci avete messo; è inutile che andiate a modificare la Costituzione che dal 1947 ha garantito lo sviluppo economico del Paese...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Monai.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Strizzolo.
Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, con questo provvedimento si continua a perpetrare il tentativo di imbroglio verso l'opinione pubblica, cercando di illudere chi pensa che, una volta approvata malauguratamente questa modifica alla Costituzione, sarebbe tutto più semplice e ci sarebbe un enorme sviluppo per il Paese. Niente di più falso, perché anzi, se esaminiamo il contenuto di questo provvedimento, ci accorgiamo che la famosa scossa è sì una scossa, ma che, se approvata in questo testo, andrebbe a complicare ulteriormente le attività economiche e produttive, senza risolvere alcun problema. Quello dell'articolo 41 della nostra Costituzione è un testo che è assolutamente sbagliato modificare. È un articolo che risponde ai requisiti di libertà di impresa e di finalità sociale dell'attività economica e produttiva. Andare a toccarlo non aiuterà la ripresa economica del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Colombo. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, in questo periodo una trasmissione televisiva molto popolare: Un posto al sole, sta trasmettendo la storia di un imprenditore che si sta tormentando con il pensiero del mancato controllo sulle scorie tossiche che sono state inserite nella sua fabbrica. Il mancato controllo è diventato il soggetto di una soap opera e noi stiamo legiferando ad un livello inferiore a quello della soap opera. Un po' al di sotto perché si dice, nel mondo della 'ndrangheta e della camorra ed esattamente nel periodo della 'ndrangheta e della camorra e della loro capacità di imporre la volontà sulle istituzioni dello Stato, che è libero tutto, tranne ciò che è proibito, senza specificare e dicendo che si può verificare dopo, dopo la sepoltura delle scorie tossiche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ferrari. Ne ha facoltà.

PIERANGELO FERRARI. Signor Presidente, ci è stato detto che la filosofia che sottende questa decisione è quella di consentire all'economia italiana di correre più spedita, di liberarsi dai lacci e dai lacciuoli che sembrerebbe che la Costituzione abbia messo in campo. Nell'intervento dell'onorevole Realacci però abbiamo ascoltato la lettura di un articolo della Costituzione tedesca sulla materia che va nella direzione opposta a quella dichiarata programmaticamente dalla maggioranza di centrodestra, cioè va esattamente nella direzione dell'attuale testo della Costituzione italiana. Quindi, questa manovra si rivela del tutto propagandistica. È una copertura, un tentativo di nascondere i limiti, il fallimento dell'opera di Governo di questa maggioranza, perciò noi la contrastiamo con assoluta determinazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lenzi. Ne ha facoltà.

DONATA LENZI. Signor Presidente, mi chiedevo: quando il Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti ha scritto quel libro sulla paura, sul mercatismo, cosa aveva in mente? Non condannava forse il fatto che la finanza si muovesse in libertà senza tener conto dell'interesse generale e del bene comune, che eravamo tutti schiavi delle banche, dei finanzieri e che bisognava fare la Robin tax e così via? Poi cade Pag. 46qui su una dizione che diventa l'inno, la dichiarazione palpabile della vittoria del mercatismo, lo stesso che avete condannato finora (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fluvi. Ne ha facoltà.

ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, oggi il mondo delle imprese, quelle stesse sigle imprenditoriali che alcuni giorni fa hanno presentato al Governo una serie di proposte per lo sviluppo, ha inviato una nuova lettera al Presidente del Consiglio, non tanto per plaudire all'avvio della discussione sulla modifica dell'articolo 41 della Costituzione, ma per reclamare l'adozione di misure per stimolare la crescita, per reclamare quel decreto-legge sullo sviluppo che ogni giorno viene rinviato.
Ho la sensazione, e concludo, signor Presidente, che questa sia poco più di una foglia di fico, che nasconde la vostra incapacità di guidare la ripresa economica del nostro Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Damiano. Ne ha facoltà.

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, non mi stupisco più di tanto, perché, al di là della propaganda, qui non vi è niente altro che la prosecuzione di una linea di attacco ai diritti del lavoro portata avanti da questo Governo, che, voglio ricordarlo, come primo atto del suo insediamento, ha cancellato la tutela dal licenziamento in bianco delle giovani madri e ha attaccato pesantemente le pensioni.
Quando si cancella una frase per cui l'attività dell'impresa non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale, è evidente qual è l'intenzione: negare l'utilità sociale e mettere al centro non la persona, ma il mercato e la più bieca competitività.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pizzetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO PIZZETTI. Signor Presidente, il Governo e la maggioranza usano la finzione ideologica per nascondere il disordine operativo che hanno messo in campo. La verità è che l'articolo 41 della Costituzione ha garantito fin qui crescita e sviluppo e, nel giorno in cui, come ricordava il collega Fluvi, le imprese, quelle vere, chiedono che con il decreto sviluppo si attuino misure operative concrete, voi vi affidate alle furbate costituzionali.
Questa finzione, in realtà, non giungerà a buon fine, e voi ben lo sapete, così come non giungerà a buon fine l'azione di Governo che state conducendo, perché è una non azione di Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sereni. Ne ha facoltà.

MARINA SERENI. Signor Presidente, come ha detto poco fa l'onorevole Fluvi, le imprese italiane ancora oggi sono tornate a rivolgersi al Presidente del Consiglio. Quest'ultimo, in un'intervista, credo, un po' a ruota libera, a proposito del decreto sviluppo, ha detto che non vi sono risorse e bisognerà inventarsi qualcosa. Forse, non sapeva che qualcosa l'avevate già inventata e che, per cercare di confondere un po' le acque, avevate tentato, addirittura, di scomodare l'articolo 41 della Costituzione.
A legislazione vigente e a Costituzione invariata avreste potuto utilizzare questi tre anni, a costo zero, Ministro Tremonti, per fare molte cose per aiutare le imprese: semplificare la pubblica amministrazione, modernizzare la giustizia civile, avere un fisco più equo. Non lo avete fatto e ora vi nascondete dietro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sereni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, a me l'ineffabile Ministro Tremonti sembra Pag. 47sempre di più un personaggio in cerca d'autore. Mi fa venire in mente Pirandello, perché ogni anno cambia idea: prima è antieuropeista, poi è mercatista, poi è dirigista, oggi, leggendo male i testi dell'Unione europea, scrive una norma che, anziché andare verso la libertà di impresa prevista dall'articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali, va contro di essa.
Infatti, a forza di giocare ai finti liberisti, poi si è ancora più dirigisti. Solo con la legge si può fare qualcosa in campo economico; il risultato, tra l'altro, è esattamente opposto a quello che questa maggioranza sbandiera. La Costituzione non ha mai impedito nulla; magari, il Governo potrebbe fare qualche liberalizzazione in più e anche qualche pagliacciata in meno con la Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, poiché credo che stiamo per procedere al voto, le suggerirei di prendere trenta secondi in più, in maniera che il Ministro Tremonti, che non vedo in Aula, possa raggiungere i banchi del Governo ed evitare una seconda volta...

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, il suo intervento non mi sembra sia attinente all'ordine dei lavori.
Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Favia 1.1 e Bressa 1.2, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Ministro La Russa... onorevole Andrea Orlando... onorevole Dionisi... onorevole Arturo Mario Luigi Parisi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 575
Votanti 519
Astenuti 56
Maggioranza 260
Hanno votato
223
Hanno votato
no 296).

Prendo atto che la deputata Pes ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Interrompiamo, a questo punto, l'esame del provvedimento, che ricordo riprenderà nella seduta di domani, a partire dalle ore 9,30.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 19,20).

LUCIA CODURELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per due minuti.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, ieri Fausto Tentorio, padre missionario del PIME, nativo della provincia di Lecco e anche mio concittadino, è stato assassinato.
Aveva appena finito di celebrare messa nella cittadina di Arakan sull'isola di Mindanao nelle Filippine, dove operava dal 1978. Prima operava nella diocesi di Zamboanga e, dal 1980, era passato nell'area di Columbio. Poi, con le comunità indigene, dal 1990, aveva deciso di impegnarsi a tempo pieno con i tribali della zona, i Lumad, circa 20 mila persone in via di estinzione.
Chiedo all'Aula di unirsi al cordoglio della famiglia di padre Fausto e anche della sua missione. L'unica colpa del padre è stata quella di voler aiutare coloro che, in altre parti del mondo, si trovano a vivere in una situazione di estrema sofferenza e povertà. Pag. 48
Ancora una volta a pagare un caro prezzo, per la propria scelta di schierarsi a favore di chi si trova in una situazione di debolezza, è una persona che ha dedicato la sua esistenza agli altri, che si è battuta per il rispetto dei loro diritti e per portare anche in quelle terre, oltre alla parola religiosa, un contributo in termini di crescita, di sviluppo e di solidarietà.
Si tratta del terzo missionario ucciso nell'isola di Mindanao. Le minacce, a cui anche in passato era stato sottoposto, ci restituiscono l'immagine di una persona coraggiosa e appassionata, che con il suo umile lavoro è diventato un testimone scomodo per quelle forze il cui unico scopo è lo sfruttamento massiccio delle imponenti risorse economiche che caratterizzano quella zona e che godono, purtroppo, anche di forti appoggi politici.
Forte e unanime io chiedo che sia anche la nostra condanna per un atto che trova le sue radici non nel fondamentalismo religioso, bensì nell'eterna opposizione tra l'interesse economico di pochi che calpesta sotto di sé i diritti di tanti (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Codurelli. Tutta l'Assemblea e la Presidenza della Camera si associano alle sue parole anche nell'esprimere le condoglianze alla famiglia del nostro missionario.

RENATO CAMBURSANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per due minuti.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, vorrei chiederle solo di farsi interprete gentilmente presso il Governo e, precisamente, presso il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell'economia e delle finanze, per avere un riscontro circa un'interrogazione a risposta scritta presentata a fine giugno. Mi riferisco all'interrogazione n. 4-12528 relativa al rendiconto 2010 della città di Alessandria sul quale sono intervenute già la Corte dei conti, la magistratura ordinaria e anche la prefettura di Alessandria. L'unico grande assente continua ad essere il Governo.
Quindi, insieme al collega Lovelli abbiamo sottoscritto e presentato questa interrogazione e le chiediamo di farsi interprete presso il Governo, perché ci dica che cosa bisogna fare in quella città, se bisogna commissariarla oppure se tutti i rendiconti economici sono in regola.

CARLO NOLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO NOLA. Signor Presidente, intervengo molto brevemente. Faccio riferimento al dibattito di questi ultimi giorni apparso sulla stampa in relazione agli strumenti e alle misure da adottare per prevenire incidenti gravissimi come quelli di Roma dell'altro giorno.
Poco più di un mese fa ho presentato un'interrogazione a risposta scritta, su sollecitazione di esponenti delle forze dell'ordine e di tecnici della sicurezza, in cui chiedevo le motivazioni per cui le nostre forze dell'ordine non sono autorizzate ad utilizzare i cosiddetti «proiettili non letali», ovvero le pallottole di gomma.
In situazioni come quelle che si sono verificate sabato a Roma e in Val di Susa negli ultimi tempi questo tipo di munizionamento, utilizzato da tutte le polizie occidentali e da molti cittadini italiani anche per difendere le proprie abitazioni, è una delle soluzioni di immediato utilizzo che può essere fatta propria anche dalle nostre forze dell'ordine.
L'effetto di queste pallottole non letali di gomma è equivalente ad una sonora bastonata e credo che, in situazioni in cui le forze dell'ordine per motivi vari non possono caricare i manifestanti che si danno a gravi atti di intolleranza, nell'arco di trenta o quaranta metri, l'utilizzo di questo tipo di munizionamento possa essere autorizzato alle nostre forze dell'ordine. Pag. 49
Nell'attesa della risposta all'interrogazione pongo una nota polemica: credo che nel momento in cui i nostri tutori dell'ordine verranno autorizzati ad utilizzare questi strumenti debbano anche essere dotati di colleghi alle spalle che filmino il tutto, a tutela dei nostri esponenti delle forze dell'ordine, che molto spesso devono impegnare il loro stipendio per pagarsi gli avvocati quando intervengono a difesa della legge.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 19 ottobre 2011, alle 9,30:

(ore 9,30 e ore 16)

1. - Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale:
Modifiche agli articoli 41, 45, 97 e 118, comma quarto, della Costituzione (C. 4144-A)
e delle abbinate proposte di legge costituzionali: VIGNALI ed altri; VIGNALI ed altri; BELTRANDI ed altri; MANTINI ed altri (C. 3039-3054-3967-4328).
- Relatore: Bruno.

2. - Seguito della discussione dei disegni di legge:
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo euromediterraneo nel settore del trasporto aereo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, e il Regno hascemita di Giordania, dall'altro, con Allegati, fatto a Bruxelles il 15 dicembre 2010 (C. 4454).
- Relatore: Zacchera.
S. 2739 - Modifiche allo statuto del Fondo monetario internazionale e quattordicesimo aumento generale delle quote derivanti dalla risoluzione del Consiglio dei Governatori del Fondo n. 66-2 del 15 dicembre 2010 (Approvato dal Senato) (C. 4589).
- Relatore: Pianetta.
S. 2741 - Ratifica ed esecuzione degli Scambi di Note tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio federale svizzero relativi alla modifica della Convenzione per la navigazione sul Lago Maggiore e sul Lago di Lugano, con allegati, del 2 dicembre 1992, effettuati a Roma il 23 luglio ed il 24 settembre 2010 (Approvato dal Senato) (C. 4590).
- Relatore: Narducci.
S. 2742 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione in materia culturale, scientifica, tecnologica e nei settori dell'istruzione e dell'informazione fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato del Kuwait, fatto a Kuwait il 7 dicembre 2005 (Approvato dal Senato) (C. 4591).
- Relatore: Pianetta.
S. 2743 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Giappone di mutua assistenza amministrativa e cooperazione in materia doganale, fatto a Roma il 15 dicembre 2009 (Approvato dal Senato) (C. 4592).
- Relatore: Zacchera.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sui trasporti aerei tra il Canada e la Comunità europea e i suoi Stati membri, con Allegati, fatto a Bruxelles il 17 dicembre 2009 (C. 4564).
- Relatore: Biancofiore.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sullo spazio aereo comune tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Georgia, dall'altro lato, con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 dicembre 2010 (C. 4565).
- Relatore: Picchi.

Pag. 50

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1474 - Ratifica ed esecuzione dei Protocolli di attuazione della Convenzione internazionale per la protezione delle Alpi con annessi, fatta a Salisburgo il 7 novembre 1991 (Approvato dal Senato) (C. 2451-A).
e delle abbinate proposte di legge: ZELLER ed altri; FRONER (C. 12-1298).
- Relatore: Dozzo.

(ore 15)

4. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 19,25.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl c. 4144 ab-A - em.1.1, 1.2 575 519 56 260 223 296 21 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.