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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 530 di giovedì 6 ottobre 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 10,05.

GIUSEPPE FALLICA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Belcastro, Bernini Bovicelli, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Casini, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Dozzo, Duilio, Fava, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, Lombardo, Mantovano, Maroni, Martini, Mecacci, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Misiti, Moffa, Mura, Nicco, Leoluca Orlando, Palumbo, Picchi, Polidori, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romano, Rosso, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Stucchi, Vito e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (A.C. 1415-C) (ore 10,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato: Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
Ricordo che nella seduta di ieri l'Assemblea ha respinto le questioni pregiudiziali di costituzionalità e di merito presentate.
Avverto che, con lettera del 5 ottobre 2011, la presidente della Commissione giustizia, onorevole Bongiorno, ha comunicato che, a seguito della sua rinuncia all'incarico di relatore, la Commissione ha deliberato di nominare relatore del provvedimento l'onorevole Costa.

ENRICO COSTA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA, Relatore. Signor Presidente, chiederei alla Presidenza, visto che sono giunto dalla riunione del Comitato dei nove solo un minuto fa, la possibilità di poter estendere la riunione del Pag. 2Comitato dei nove - che ha ad oggetto l'esame dei subemendamenti, i quali, peraltro, sono giunti alla Commissione pochi minuti prima dell'inizio della riunione del Comitato dei nove - per almeno 30 minuti. Questo per svolgere una riflessione che sia completa.
Preannunzio anche la possibilità di richiedere, al termine degli interventi sul complesso degli emendamenti, la possibilità di svolgere un'ulteriore riunione del Comitato dei nove, per verificare se alla luce degli interventi vi possano essere degli sviluppi o delle modulazioni delle posizioni.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, trovo sia abbastanza singolare il modo di procedere e le intenzioni del relatore, il quale addirittura presuppone che vi siano degli interventi sul complesso degli emendamenti che, peraltro, non sono scontati, anche se capisco che è «entrato in campo» un nuovo relatore. Tra l'altro, suggerisco anche di aggiornare gli stampati, i quali recano il nome del precedente relatore, mentre vi è un nuovo relatore.
Signor Presidente, non voglio pensare male, ma, certe volte, a pensare male non si sbaglia. Ho la sensazione che il relatore, come si rumoreggia da ieri sera, stia sostanzialmente cercando l'occasione di evitare che oggi si arrivi al voto su alcuni emendamenti di questo provvedimento, perché la maggioranza, che ieri contava, come è noto, di far slittare ad oggi lo scrutinio per l'elezione del giudice della Corte costituzionale, ha forse consentito a qualche deputato di andare a casa o da qualche altra parte, nonostante il Presidente del Consiglio sia qui alla buvette a presidiare i lavori dell'Aula.
Tuttavia, signor Presidente, vorrei dirle che non abbiamo nulla a che dire se vi è bisogno di mezz'ora per esaminare gli emendamenti o i subemendamenti all'emendamento presentato dal relatore, ma abbiamo molto da ridire sul fatto che dopo gli interventi sul complesso degli emendamenti il relatore abbia da riunire ancora il Comitato dei nove per decidere su chi e su che cosa non si sa, visto che deve decidere sui subemendamenti, e non fare una valutazione sul dibattito politico che avviene in Aula.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, per quanto attiene alla richiesta di una sospensione di mezz'ora dei lavori dell'Assemblea per continuare il lavoro del Comitato dei nove, anche da parte nostra nulla osta. Tuttavia, faccio presente che di solito in questi casi è meglio essere chiari da subito sui tempi, perché altrimenti vi è il rischio di altre richieste di prolungamento della sospensione.
Ciò che fa specie è l'intenzione già di chiedere successivamente una ulteriore convocazione del Comitato dei nove. Conosciamo la delicatezza di questo provvedimento. Si tratta di un provvedimento che va sicuramente approfondito e visto con la lente giusta. Vorrei solo capire se effettivamente la maggioranza intende fare questi approfondimenti seriamente per partire oggi con il voto, oppure - se lo ritiene o ha bisogno di altro tempo - vuole procrastinare il voto alla prossima settimana. Per cortesia, ce lo dica subito.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo per esprimere una valutazione favorevole a questa sospensione. Avremo anche noi bisogno di qualche certezza in più sui tempi dei nostri lavori.

FURIO COLOMBO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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FURIO COLOMBO. Signor Presidente, non so quanti altri colleghi hanno trovato in casella un documento anonimo. È abbastanza insolito che questo accada. Si intitola «l'opposizione della magistratura al Presidente del Consiglio». Non so se abbia a che fare con la vicenda di questa mattina. È anonimo perché non è firmato, non c'è alcuna firma.
In esso vengono dette delle cose terribili su ciò che la magistratura starebbe tramando ai danni del Presidente del Consiglio, ma nessuno se ne assume la responsabilità. Il mittente non è l'autore di un testo. Questo testo è anonimo!
Signor Presidente, per la prima volta in questa legislatura abbiamo trovato in casella un testo anonimo con accuse alla magistratura di attentato al Presidente del Consiglio e alla continuazione del suo Governo e questa mi sembra una svista grave da parte di chi ne ha autorizzato la distribuzione.

PRESIDENTE. Onorevole Colombo, lei sa che per prassi nelle caselle degli onorevoli colleghi può essere recapitato soltanto ciò che ha espressamente indicato il mittente, quindi la Presidenza la ringrazia per la segnalazione e chiederà al Collegio dei questori di verificare chi ha dato disposizioni, perché venisse consegnato in casella ai colleghi il documento da lei richiamato.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 11.

La seduta, sospesa alle 10,15, è ripresa alle 11,05.

PRESIDENTE. Saluto il presidente della Commissione industria della Camera dei deputati romena, onorevole Iulian Iancu, accompagnato da una delegazione di parlamentari, che sta assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Prima di passare all'esame dell'articolato, desidero precisare che, in relazione alla valutazione di ricevibilità, ai sensi dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento, degli emendamenti presentati per l'esame in Assemblea, la Presidenza si è attenuta ai medesimi criteri enunciati dalla presidenza della Commissione nella seduta del 21 luglio 2010.
In quella sede è stato precisato come la «complessità del testo» e la «particolare ampiezza delle modifiche apportate dal Senato ed in particolare di quelle che incidono sulla disciplina dei presupposti e delle forme delle intercettazioni di cui al comma 11 del testo ha indotto a ritenere ammissibili anche taluni emendamenti riferiti a parti del testo non modificate letteralmente, ove risulti quel nesso di consequenzialità logica normativa, richiesto dal Regolamento, tra gli emendamenti in questione e le modifiche approvate dal Senato».
La Presidenza, condividendo tale impostazione, ha pertanto valutato gli emendamenti già proposti in Commissione e ripresentati per l'Assemblea in coerenza con i criteri adottati in sede referente, considerando, pertanto, irricevibili - e, in quanto tali non pubblicati - quelli dichiarati inammissibili in Commissione ai sensi dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento.
Colleghi, vi pregherei di prestare un po' di attenzione. Onorevole Brunetta, se può collaborare anche lei (Commenti del deputato Colombo). Onorevole Colombo, stia buono (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!Prego i colleghi di prestare attenzione.
Per quanto riguarda, infine, le proposte emendative presentate direttamente per l'esame in Assemblea, a parte quelle che incidono testualmente su disposizioni del provvedimento modificate dal Senato, la Presidenza si è attenuta del pari ai criteri sopra illustrati, ammettendo all'esame e al voto quelle che si è ritenuto presentassero un nesso di consequenzialità logica e normativa rispetto alle modifiche introdotte dall'altro ramo del Parlamento.
Sono stati viceversa considerati irricevibili gli emendamenti che, non rispondendo a tali criteri, si pongono in diretto contrasto con il principio regolamentare della doppia deliberazione conforme.

Pag. 4

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo per un richiamo al Regolamento, nella fattispecie all'articolo 24, comma 12, pregandola, se possibile, di prestare la sua attenzione. Ovviamente facciamo riferimento all'articolo del Regolamento che riguarda la contrazione dei tempi, il contingentamento e le deroghe che il Regolamento consente in questo senso. Non occuperò un secondo in più dei cinque minuti che mi consente il Regolamento per illustrare il mio richiamo, però la pregherei veramente, signor Presidente, di prestare la sua attenzione perché questo comma, se da una parte prevede come regolare la possibilità, fuori dal contingentamento, di non procedere alla restrizione dei tempi, affida una specifica responsabilità, autonomia, come d'altronde in tutte le cose, al Presidente, di poter decidere diversamente anche da quanto normato nel Regolamento.
Perché richiamo entrambi gli aspetti, signor Presidente? Perché certamente, nella prima parte del comma 12, si dice che, per le fasi successive alla discussione sulle linee generali dei progetti di legge costituzionale e dei progetti di legge vertenti prevalentemente su una delle materie indicate dall'articolo 49, comma 1, le disposizioni di cui al comma 7, cioè quelle sul contingentamento, sostanzialmente non si applicano. So perfettamente, signor Presidente, che tali disposizioni fanno riferimento alla fase della discussione nella quale non c'è stato il contingentamento, ossia prima che avvenga il contingentamento.
Richiamo questa prima parte del comma 12, signor Presidente, perché mi interessa condividere con lei il fatto che questo provvedimento, visto quanti saranno potenzialmente i voti segreti applicabili agli emendamenti presentati, rientra nelle fattispecie di cui all'articolo 49 del Regolamento che è esattamente quello che indica la possibilità di richiedere il voto segreto.
Quindi, so che non stiamo parlando della fase in cui non c'è il contingentamento, ma siamo nella fase in cui si applica il contingentamento. Mi interessa richiamare la sua attenzione sul fatto che certamente questo è un provvedimento, con i suoi emendamenti, che incide su quella parte della Costituzione che, attraverso il nostro Regolamento, consente di chiedere il voto segreto. La seconda parte di questo comma, signor Presidente, invece chiama direttamente in causa la sua responsabilità. Infatti, come lei certamente sa, dice che il Presidente della Camera dispone che la disciplina di cui al presente comma si applichi qualora ne sia fatta richiesta da parte di un gruppo parlamentare per i progetti di legge riguardanti questioni di eccezionale rilevanza politica, sociale ed economica riferite ai diritti previsti dalla prima parte della Costituzione.
Quindi, questo supera il tema della fase del contingentamento, dà a lei la possibilità di decidere in relazione non tanto alla fase in cui siamo, ma all'importanza e alla valenza dell'argomento di cui ci troviamo a discutere. Le attribuisce una responsabilità chiara. Ovviamente io non mi nascondo, signor Presidente, che questa norma da quando esiste non è stata mai applicata. Ma ciò potrebbe anche dipendere - e con questo concludo il mio intervento - anche dal fatto che mai probabilmente come in questo momento un tema, non certo per voglia di opposizione, ma innanzitutto per volontà della maggioranza, è diventato di straordinaria importanza dal punto di vista dell'attività parlamentare, visto che su questo si è fatta una «battaglia campale». Tuttavia, non è neanche colpa dell'opposizione se il tema delle intercettazioni è all'origine sostanzialmente di tutti i guai giudiziari del Presidente del Consiglio, e non solo. Sicuramente non è responsabilità dell'opposizione nemmeno se questo è l'argomento dominante da mesi sulle prime pagine di tutti i giornali, non sono italiani e, quindi, inevitabilmente anche nel dibattito politico che si svolge nel Paese ad ogni livello, dai bar agli uffici rispetto a qualunque altro Pag. 5argomento. Infatti, prepotentemente, per una battaglia convinta, si è voluto farlo diventare un tema dominante come forse mai accaduto in altre cose.
Per questo la richiamo e la sollecito a riflettere se effettivamente quanto previsto da questa seconda parte del comma 12 non risponda per ragioni oggettive ad un fatto eccezionale in ragione del quale non può essere richiamata una prassi fino ad ora utilizzata. O meglio: può anche essere richiamata, ma credo lei possa essere nelle condizioni di valutare se effettivamente l'eccezionalità della materia e della rilevanza, che ad ogni livello nel nostro Paese si è manifestata su questo argomento, non le consenta di fare qualcosa in più e, quindi, di dare la possibilità all'Assemblea tutta, e, quindi, all'opposizione e alla maggioranza, di poter discutere liberamente di questa questione senza costrizione dei tempi.
Ho concluso. Qualora lei, signor Presidente, dovesse uniformarsi alla prassi, la prego di considerare che l'applicazione matematica dei tempi del contingentamento a questo provvedimento affida al gruppo del Partito Democratico credo un paio d'ore. Penso che complessivamente per le opposizioni non ce ne sarà molto di più. Quindi, in questo senso la richiamo a quanto accaduto e le faccio una richiesta pari a quella che le abbiamo rivolto anche in altre occasioni: valuti almeno, se non vuole eliminare il contingentamento dei tempi, la possibilità di dare un tempo congruo aggiuntivo. Vorrei che fosse chiaro che va oltre il terzo che già noi possiamo chiedere (che sono 40 minuti), ma che almeno su questo argomento, di cui si discute ovunque e che è stato imposto alla Camera, ci sia data la possibilità di parlare non per briciole, visto che ci sono 70 emendamenti da discutere, il complesso degli emendamenti da affrontare, il relatore che è cambiato, problemi all'interno della maggioranza e magari ci saranno altri emendamenti all'ultimo momento. Si dia un tempo congruo in modo tale che almeno si possa tentare di esprimere quello che si pensa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, la Presidenza comprende la ragione, tutta politica, per la quale l'onorevole Giachetti ha testé avanzato la richiesta, ai sensi del nostro Regolamento, di modificare le decisioni precedentemente assunte dalla Presidenza. Comprendo le ragioni politiche, ma faccio presente all'onorevole Giachetti che in questa fase del procedimento la richiesta che viene avanzata è sostanzialmente fuori tempo massimo, tardiva. Ricordo, infatti, che il parametro sul quale viene valutata secondo la prassi, che l'onorevole Giachetti correttamente richiamava, l'applicabilità della disposizione regolamentare è il testo predisposto in sede referente.
Tale testo è stato predisposto dalla Commissione il 28 luglio 2010. L'esame del provvedimento è stato iscritto, per la prima volta, nel calendario dei lavori d'Aula per il mese di luglio 2010 e, da allora, in numerosi successivi calendari. In tutte queste occasioni, la questione, richiamata adesso, dell'applicazione dell'articolo 24, comma 12, ultimo periodo, non è mai stata sollevata. Questa è la ragione per la quale faccio presente all'onorevole Giachetti che viene posta una questione di cui comprendo le ragioni - tutte politiche - ma che evidentemente non sussisteva, ad avviso del gruppo del Partito Democratico, in precedenza, come riprova il fatto che questa questione non sia mai stata sollevata.
Quanto agli effetti dell'eventuale applicazione dell'articolo 24, comma 12, ultimo periodo, che è stato letto dall'onorevole Giachetti, rilevo che in questa fase la dichiarazione di urgenza non ha più sostanzialmente alcun rilievo, atteso che il provvedimento è già passato all'esame dell'Assemblea.
Rilevo, altresì, che con riferimento ad alcune impossibilità - come ad esempio invertire l'ordine delle votazioni, con seguente applicazione dell'articolo 85-bis - la Presidenza ha comunque già triplicato il numero degli emendamenti da porre comunque in votazione e ciò in ragione dell'evidente rilievo di carattere politico che la materia riveste. Pag. 6
La Presidenza si riserva, altresì, di valutare la richiesta sollevata dall'onorevole Giachetti, al termine del suo intervento, circa un ulteriore tempo aggiuntivo onde consentire un dibattito che sia quanto più approfondito possibile.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, in relazione non solo alla risposta che lei testé ha dato all'onorevole Giachetti, ma anche alla problematica, da lei richiamata, di carattere regolamentare e di prassi relativa all'ammissibilità, vorrei porre alla sua attenzione un'osservazione e poi, eventualmente, permettermi di insistere su una proposta.
Relativamente all'ammissibilità, lei ha richiamato un'innovazione di prassi, che fa riferimento al luglio 2010: questa Camera ha sempre evitato di rendere emendabili le parti di una norma che, in terza lettura, arrivava dal Senato e, conseguentemente, ha sempre esclusivamente ammesso gli emendamenti che intervenivano sulle parti del provvedimento che il Senato aveva modificato. È evidente, signor Presidente, che se si ammette l'emendabilità di parti che, seppure lontanamente afferenti a tematiche contenute in altre parti del provvedimento che il Senato ha modificato, non sono contenute nelle parti che ci si accinge a rendere modificabili con l'ammissibilità in termini di emendamento, per quanto attiene ad emendamenti che si riferiscono a parti non modificate dal Senato, ciò significa allargare il campo della discussione e quindi non si tratta più, a questo punto, di un'osservazione di carattere politico, non interviene più soltanto una novità di carattere politico, ma si tratta di una questione di carattere formale e regolamentare.
In sostanza, nel momento in cui il nuovo relatore, cambiato in Commissione, si fa latore di un emendamento che innova anche parti che non sono emendabili dal punto di vista della prassi, salvo il richiamo a quanto avvenuto nel luglio 2010, è evidente, signor Presidente, che ciò determina, di fatto, un nuovo testo. Noi stiamo discutendo di un nuovo testo. In realtà, lei stesso ha detto che si dovrebbe svolgere una discussione sulle linee generali che ha ad oggetto le novità intervenute.
Ciò significa che se noi dovessimo applicare il Regolamento dovremmo prendere atto che le prime due letture sono servite semplicemente a fare in modo che la nuova formulazione del provvedimento nel suo complesso, contenente anche gli emendamenti del relatore e del Comitato dei nove, determina una fase completamente nuova; siamo quasi di fronte a un nuovo provvedimento e lei stesso, dicendo che occorrerebbe una discussione, ammette che in realtà ci si trova in queste condizioni.
Ora, se ci si trova in queste condizioni, significa che noi di fatto stiamo affrontando una discussione sulle linee generali ex novo e che, affrontando una discussione sulle linee generali nello stesso momento nel quale seguirà poi la fase del seguito dell'esame del provvedimento relativamente alle proposte emendative, ciò stesso significa che di conseguenza siamo di fronte a una condizione talmente nuova che comporta anche la possibilità di valutare di innovare la prassi - così come è stata innovata in merito all'ammissibilità delle parti non ammissibili modificate dal Senato per quanto riguarda il testo medesimo - anche sul contenuto del comma 12 dell'articolo 24. Cioè significa che si potrebbe non più contingentare i tempi dell'esame proprio perché siamo in condizione dell'apertura di una nuova fase della discussione ed essendo la stessa fase della discussione interveniente nello stesso momento in cui si arriverà all'esame, e quindi non intervenendo il mese successivo, siamo nelle condizioni anche di innovare la prassi restando dentro il Regolamento, senza alcuno strappo, e per la prima volta applicheremmo anche il comma 12 dell'articolo 24.

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PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, il suo ragionamento è certamente ineccepibile da un punto di vista logico. Tuttavia la Presidenza non conviene sulle sue osservazioni, quando lei sostiene che sarebbe possibile modificare la prassi - il che ovviamente è nell'ordine delle cose possibili - rimanendo all'interno dello spirito della lettera dell'articolo del Regolamento. Ad avviso della Presidenza andremmo oltre la lettera e lo spirito del Regolamento e questo in ragione del fatto che l'iter molto tormentato del provvedimento stesso - e condivido le vostre osservazioni - ci pone di fronte ad una situazione che può essere affrontata soltanto con un richiamo al Regolamento e con il riferimento a quanto decidemmo nel luglio 2010 sul medesimo provvedimento.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,25).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1415-C)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge nel testo della Commissione e degli emendamenti ad esso presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1415-C).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, solo ieri per l'ennesima volta l'agenzia Moody's ha declassato il nostro Paese. Che c'entra si potrebbe dire con il disegno di legge sulle intercettazioni? Vorrei dire brevemente che è il disegno di legge sulle intercettazioni che non c'entra nulla con lo stato del nostro Paese, con le sue priorità, con le esigenze delle imprese, delle famiglie, dei giovani, delle donne che muoiono di lavoro nero a Barletta e i cui funerali si celebrano proprio in questi minuti, in queste ore. Eppure avete ritenuto di riportare all'esame dell'Aula questo disegno di legge sulle intercettazioni impegnando il Parlamento in un lavoro lungo e complesso come fosse una delle priorità del Paese.
Dissentiamo da questa scelta ma non dissentiamo dalla necessità di trovare, con i tempi, i modi e il clima giusto, una regola più moderna e più civile che consenta di non divulgare tutti gli atti, abusando delle divulgazioni, anche gli atti che con il processo penale non hanno molto a che fare. Non ci piace l'Italia dei polveroni, non ci piace l'Italia dei dossier e dei ricatti e vorremmo che il giusto diritto di perseguire i responsabili dei reati e le esigenze di giustizia si potessero coniugare con i diritti alla privacy e alla riservatezza in tutti i casi in cui si può sostenere una seria compatibilità.
Ora non ripercorro le tappe di questo lavoro, che occupa il Parlamento già a partire dalla scorsa legislatura, ma diamo atto subito che nel lavoro della Commissione, nel passaggio dal Senato alla Camera, vi sono stati alcuni miglioramenti nel testo. Sono miglioramenti che riguardano i presupposti nell'uso delle intercettazioni, che riguardano la durata, il principio del doppio binario, mantenendo esattamente invariato il sistema per i reati più gravi, di mafia e così via. Vi sono stati alcuni passi in avanti. Vi è stato anche il riconoscimento della necessità di non mettere il bavaglio alla rete, ad Internet, e anche in tal senso apprezziamo alcune più recenti aperture.
Restano però alcuni nodi irrisolti. Non possiamo condividere nel testo attualmente all'esame, che naturalmente speriamo possa migliorare, l'autorizzazione alle intercettazioni data da un tribunale, anziché dal giudice monocratico, perché sappiamo - lo sappiamo tutti, dai banchi Pag. 8della maggioranza e da quelli dell'opposizione - che questo comporterebbe una disfunzione grave: comporterebbe far girare molto di più le carte dei singoli provvedimenti, far pronunciare decine di giudici che poi dovrebbero astenersi nell'eventuale esame del merito, significherebbe cioè creare una disfunzione quasi irreparabile al sistema. Dunque, su questo punto insistiamo con decisione per una modifica del testo.
Poi abbiamo l'emendamento più recente, cosiddetto Costa-Contento, forse ora sarà solo Contento, dato che il collega Costa ha assunto la veste del relatore, che fa un passo avanti se vogliamo, ma anche un grave passo indietro, anche rispetto ad un punto di equilibrio cui si era pervenuti nei lavori della Commissione. Ebbene, noi accettiamo il principio dell'udienza stralcio, del filtro, che renda possibile, nell'esame tra le parti, distinguere ciò che nelle intercettazioni è penalmente rilevante da ciò che non lo è. Le intercettazioni penalmente rilevanti faranno parte degli atti del processo e seguiranno le regole di pubblicità o di segretezza, e quando saranno pubbliche insieme agli atti saranno anche pubblicabili. È del tutto ovvio. Questa udienza stralcio, questa udienza filtro, è dunque necessaria. Forse è utile prevedere un termine più breve, di trenta giorni, entro cui svolgerla e non di quarantacinque, ma riteniamo che questa regola vada posta.
Però la proposta che ci proviene dalla maggioranza dice anche di più, dice cioè che, per quanto riguarda i provvedimenti cautelari di urgenza, le richieste di arresto, di sequestro o di perquisizioni, in questi casi dovrebbe calare un silenzio pressoché «tombale» sino all'udienza filtro, cioè dovrebbero esserci convalide di arresti o di provvedimenti di questa natura, senza che siano conoscibili i presupposti per i quali ciò viene richiesto dal pubblico ministero al giudice. Non ci sembra che questo sia un punto di equilibrio accettabile. Noi abbiamo lavorato e riteniamo che forse si possa fare anche un po' di più su un concetto che è scolpito nell'articolo 268-bis, ossia l'obbligo da parte del pubblico ministero, per sua parte, e del giudice, che riceve l'istanza del pubblico ministero, di filtrare autonomamente le intercettazioni rilevanti da quelle non rilevanti ai fini della domanda e della decisione.
Dunque, già si affida al pubblico ministero, ma poi al giudice terzo, l'obbligo di operare questo filtro tra ciò che è rilevante e quello che non lo è, e ciò vale anche per i provvedimenti di urgenza e cautelari cui ho fatto cenno. Quindi, considerando anche che, a fronte di questa attività di filtro del giudice, si prevede un illecito disciplinare per il giudice o il magistrato che non la ponga in essere, e perciò una responsabilità autonoma del magistrato, riteniamo che questo sistema sia sufficientemente garantista, senza imporre altri bavagli e conseguenze aberranti.
Tra le molte opinioni espresse in questi giorni su questo punto voglio citarne una, testualmente: non è obbligatorio pubblicare tutto ciò che è contenuto in un provvedimento giudiziario, anzi, è giusto che pure nelle redazioni dei giornali vi sia un vaglio di opportunità e pertinenza, che deve andare oltre quello del magistrato, ma impedire per legge la divulgazione di documenti che non sono segreti significa violare un principio di libertà che dovrebbe essere intangibile. Chi si definisce liberale dovrebbe essere il primo a preoccuparsene.
Ecco, noi condividiamo questa opinione e condizioneremo il voto dell'Unione di Centro, oggi contrario, a modifiche sostanziali del testo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gentiloni Silveri. Ne ha facoltà.

PAOLO GENTILONI SILVERI. Signor Presidente, credo che in quest'Aula non sia possibile non vedere, anche per i colleghi della maggioranza, la distanza tra le cose di cui si preoccupano gli italiani e quelle alle quali noi diamo il primo posto in questi giorni in Parlamento, alla Camera e anche al Senato. Noi ci occupiamo dei problemi dell'onorevole Berlusconi, il Pag. 9quale, cosa rarissima, è venuto anche questa mattina alla Camera dei deputati per una sorta di seduta di training autogeno di gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), per rincuorare e divertire anche i suoi, confermando, anche con la sua presenza, che questa è considerata da parte del Governo la priorità massima e assoluta nei confronti del Paese.
Le famiglie italiane hanno delle priorità diverse: problemi economici e sociali, preoccupazioni sul lavoro. Se hanno una certa circospezione nell'utilizzo del telefono, ce l'hanno non perché sono preoccupate di essere intercettate - non fanno uso di schede telefoniche peruviane - ma hanno preoccupazione sull'uso del telefono perché hanno preoccupazione del costo delle bollette in questa situazione economica. Forse, di questo dovrebbe occuparsi il Parlamento.
Invece, la maggioranza torna a imporre a tutti noi, al centro del nostro lavoro, le ossessioni del Presidente del Consiglio, e quindi l'ossessione nei confronti dei magistrati, che lo perseguitano, l'ossessione nei confronti dei giornalisti, che denigrano il Paese e sarebbero, addirittura, all'origine del declassamento deciso dalle agenzie di rating. Quindi, torniamo ad occuparci, a spalti gremiti, di questa questione, ma lo facciamo - questo credo sia l'aspetto più grave - non solo ritirando fuori dai cassetti un pessimo disegno di legge, ma addirittura peggiorandolo.
Il Presidente del Consiglio, negli ultimi mesi, ha ripetuto spesso che adesso, finalmente, questa maggioranza, non avendo più la zavorra dei parlamentari che hanno seguito il Presidente Fini, avrebbe potuto dedicarsi alle riforme. In questi giorni abbiamo capito il senso di questa affermazione, ossia che finalmente la maggioranza si può occupare della materia delle intercettazioni senza la zavorra del Presidente della Commissione giustizia e senza dovere discutere con il relatore, l'onorevole Bongiorno. Altro che riforme, questo è risultato di questa nuova fase politica.
Come dicevo prima, stiamo discutendo di un pessimo disegno di legge che viene addirittura peggiorato dagli emendamenti proposti dalla maggioranza, soprattutto sulle materie che riguardano il diritto di cronaca e la libertà di informazione, come ha già sottolineato il collega Mantini, sia pure con toni molto prudenti e dialoganti che, mi auguro, vengano accolti dalla maggioranza nelle sue intenzioni.
Il peggioramento è molto significativo. Innanzitutto si istituisce un black out assoluto sulle notizie e sulle informazioni pubblicabili da parte dei mezzi di comunicazione. Al momento attuale, si tratta di un black out senza termine perché anche i termini che vengono vagheggiati possono essere facilmente prorogati. Quindi, non si possono pubblicare, neanche per estratto o parzialmente, tutte le intercettazioni anche quando sono state rese pubbliche perché contenute negli atti messi a disposizione dalle parti. Siamo di fronte al paradosso di documenti che vengono resi pubblici, ma che non sono pubblicabili. Reggerà questo paradosso al vaglio degli organi costituzionali e degli organismi di controllo europei? Io non credo e, comunque, so che non regge al vaglio del buonsenso e del ridicolo l'idea che, nell'era di Wikileaks, in cui tutto finisce per essere messo in rete e pubblicato, anche i cablogrammi apparentemente segretissimi della diplomazia, si possa stabilire che non sono pubblicabili dei documenti pubblici. È un'idea che non sta in piedi e che, ripeto, sfiora il ridicolo.
Inoltre, il peggioramento deriva non solo dalla previsione del suddetto black out, ma anche dalla riproposizione della misura carceraria nei confronti dei giornalisti, prevedendo una pena detentiva da un minimo di sei mesi ad un massimo di tre anni. I giornalisti vengono considerati rei di quale colpa, tale da fare sì che si proponga il carcere da sei mesi a tre anni? Non di avere pubblicato intercettazioni false o estorte con i metodi usati, per esempio, nel Regno Unito in questi anni, emersi a proposito dello scandalo a Londra, o intercettazioni coperte da segreto istruttorio; si propone il carcere per i giornalisti soltanto perché rei di pubblicare intercettazioni definite da un giudice Pag. 10irrilevanti. Vi è una sproporzione tra la misura che viene proposta e la colpa che viene attribuita. Credo che in un sistema liberale tutti dovremmo convenire sul fatto che, soprattutto nei confronti di personaggi pubblici, è sicuramente rilevante tutto ciò che fa parte di atti processuali e che viene, addirittura, allegato ad ordinanze di arresto. È rilevante per l'ordinanza di arresto, ma non è pubblicabile da un giornale e se un giornalista lo pubblica deve andare in galera? Penso che l'assoluta irragionevolezza di questa proposta dovrebbe essere evidente.
Nel mirino, oltre a magistrati e giornalisti, era finita anche quella che, forse, sta diventando una terzo ossessione del nostro Presidente del Consiglio, ossia Internet, la rete, con una previsione normativa, il famoso comma 29, che era, sinceramente, paradossale persino nel modo in cui era scritto. Quella previsione attribuiva la responsabilità di stabilire il diritto di rettifica al «responsabile delle trasmissioni informatiche».
Allora, solo il linguaggio utilizzato fa pensare che forse sia più parente dell'ufficio legale di qualche azienda televisiva, che non già di qualcuno che conosce la realtà e la dimensione di Internet e della rete (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ora qui, per fortuna, a questa assoluta follia - di cui si sta parlando in mezzo mondo e speriamo quindi che l'emendamento concordato ieri venga approvato presto - sembra che si sia finalmente posto rimedio, a parte i rischi legati alla fiducia. Chissà, vedremo! Si è posto rimedio perché finalmente anche nella maggioranza - c'erano tante nostre proposte in questa direzione - qualcuno ha capito che applicare alla rete, ad oltre un miliardo di pagine web esistenti (soltanto i siti con estensione «.it» sono 3 milioni in Italia, con oltre un miliardo di pagine) a questo mondo una regola stabilita nel 1948 per i giornali, cioè l'articolo 8 della legge sulla stampa, sarebbe stato semplicemente pittoresco.
Segnalo, tuttavia, che quella proposta indica un pericolo su cui mi auguro che i tanti colleghi del centrodestra consapevoli dell'importanza della rete siano vigili. Il pericolo è il diffondersi anche in questo Governo dell'idea che Internet non sia una straordinaria opportunità di crescita, di sviluppo e di informazione, ma il covo di tutti i mali, cioè il luogo nel quale si nascondono soltanto pericoli di ogni genere. Inoltre, sempre più frequentemente, di fronte ad un grave fatto di cronaca, mentre qualche decennio or sono, magari, si ordinava una retata di presunti sospetti, oggi si annuncia la chiusura di una manciata di pagine web, come se lì si annidasse il pericolo e la minaccia, come se fosse un territorio sottratto alla legge, quando tutti sanno che non è così. L'ultimo caso, quello del sito con una pagina su Vasco Rossi, dimostra che, a legislazione vigente, la questione della diffamazione ha tutti gli strumenti per essere eventualmente perseguita e ciò al di là del merito di questa vicenda sulla rete.
Ripeto: è bene che si sia trovato ieri un compromesso che limita, quasi escludendolo del tutto, il danno che quel comma 29 avrebbe procurato, limitandone l'applicazione alle testate registrate. Forse si poteva addirittura abrogare quella norma per evitare di entrare in questa logica di applicare alla rete le regole dei giornali e della stampa. Mi auguro comunque che l'iter successivo non cancelli questo compromesso, che comunque ovviamente salutiamo positivamente.
Infine, onorevoli colleghi, credo che le opposizioni abbiano dimostrato anche nelle ultime settimane molto seriamente una disponibilità nelle procedure parlamentari e nelle proposte di merito, di confrontarsi con la maggioranza sempre che dalla maggioranza vengono proposte e vengano posti problemi che sono quelli di cui oggi discute il Paese. Cambiamo quest'agenda, smettiamola di occuparci di intercettazioni e delle ossessioni del Presidente del Consiglio, torniamo all'ordine del giorno dei problemi del Paese, e voi avrete di fronte a voi un'opposizione pronta a fare la propria parte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 11

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vitali. Ne ha facoltà.

LUIGI VITALI. Signor Presidente, voglio iniziare da dove ha lasciato il collega che mi ha preceduto, perché a sentire il suo intervento - al di là del merito sul quale dirò poi anche qualcosa - sembrerebbe che questo Governo e questa maggioranza in questi tre anni e mezzo abbiano pensato solo ed esclusivamente alle intercettazioni (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

FURIO COLOMBO. Vergogna!

LUIGI VITALI. ...e non abbiano, invece, affrontato con serietà e con impegno una contingenza economica internazionale, caro onorevole Colombo. Infatti nel 2006 voi avete gestito il «tesoretto» che avete trovato dal Governo Berlusconi. Noi dal 2008, invece, affrontiamo i problemi che derivano da una contingenza internazionale (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

LUIGI VITALI. Questa è la differenza! Questa è la semplice differenza! Capisco, capisco, capisco, per cui c'è soltanto da immaginare (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di consentire all'onorevole Vitali di svolgere il suo intervento.

LUIGI VITALI. C'è soltanto da immaginare che gli italiani sappiano fare le loro valutazioni: che cosa sarebbe successo se, in questi tre anni, ci fosse stato il Governo Prodi o un qualunque altro Governo composto da questa opposizione?
Allora, quello delle intercettazioni è il problema dei problemi? Voglio ricordare che, nel 2006, siamo stati impegnati per due anni, non dall'allora opposizione, oggi maggioranza, ma da voi, nella discussione di un provvedimento che portava la firma del vostro Guardasigilli, il Ministro Mastella. Siamo stati impegnati due anni, non due mesi o due settimane, a varare un provvedimento che mi sembra da questo ramo del Parlamento sia uscito con un ampio consenso. Il che significa che, già da allora, era noto a tutti ed era nella sensibilità di tutti che c'era un problema nella gestione e nell'utilizzo delle intercettazioni.
Noi non abbiamo aspettato, dal 2008, una sola settimana per portare all'attenzione del Parlamento questa problematica. Il Ministro Alfano ha presentato un disegno di legge nel 2008, un anno dopo, nel 2009, la Camera lo ha approvato, l'anno successivo, nel 2010, il Senato lo ha approvato e un anno dopo, nel 2011, siamo ancora qui a parlare di intercettazioni telefoniche. Quindi, si tratta di un'urgenza che non si porta avanti da poco tempo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

FURIO COLOMBO. È la prova che non facciamo altro!

LUIGI VITALI. Voglio anche ricordare - visto che qualcuno parla del fatto che ci sarebbero altri problemi - che questo problema è strettamente connesso anche alla situazione economica, perché negli ultimi dieci anni abbiamo speso per le intercettazioni una cifra impressionante, quasi tre miliardi e mezzo di euro, e il Ministero della giustizia ha un miliardo di euro di debito; il che significa che, se questo problema lo avessimo affrontato e risolto quando era necessario, forse oggi quel miliardo di euro sarebbe un risparmio e con quel miliardo di euro verremmo incontro alle esigenze delle forze di polizia, delle forze dell'ordine e degli agenti della polizia penitenziaria. Sarebbe un modo per risolvere i veri problemi del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

FURIO COLOMBO. Per esempio la libertà!

LUIGI VITALI. Allora, siamo tutti d'accordo che c'è la necessità di affrontare Pag. 12questo problema, evidentemente qualcuno trova un pretesto, qualunque pretesto, per far saltare il tavolo.
Ricordo che nel 2007 svolsi un confronto. Mi resi conto e accertai che nel 2007 il distretto della Corte di appello di Lecce, il mio territorio, in quell'anno aveva speso più di quanto si era speso negli Stati Uniti d'America per le intercettazioni.

FURIO COLOMBO. Falso! Falso! Falso!

PRESIDENTE. Onorevole Colombo, la prego!

LUIGI VITALI. Capisco pure che il mio era un territorio aggredito dalla criminalità organizzata, ma sicuramente questo semplice fatto non giustificava la considerazione che si spendesse, in un anno, più di quanto si spendeva negli Stati Uniti d'America.

FURIO COLOMBO. Falso! Falso! Falso!

LUIGI VITALI. Vedo molto agitato, signor Presidente, l'onorevole Colombo...

PRESIDENTE. La prego di proseguire, onorevole Vitali. La prego.

LUIGI VITALI. Dobbiamo anche sfatare il luogo comune che in Italia sarebbero pochissime le persone intercettate. Io dico che forse tutti siamo stati intercettati senza saperlo, perché se in un anno gli obiettivi sono 100 mila e se ognuno parla con almeno venti persone, ogni anno vengono intercettate due milioni di persone (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) e poiché non credo che siano intercettate sempre le stesse persone, ritengo che prima o poi chi non lo è già stato sarà intercettato.
Quindi, si tratta di un problema che riguarda tutti e non posso, signor Presidente della Camera, neanche consentire che autorevoli magistrati, per il ruolo che svolgono in territori di confine combattendo quotidianamente la criminalità organizzata, si permettano il lusso di interloquire non nel merito del provvedimento - che non toglie assolutamente alcuna facoltà agli inquirenti di intercettare soprattutto la criminalità organizzata ...

FURIO COLOMBO. Parla con Lavitola!

LUIGI VITALI. ... sfatiamo anche questo luogo comune - ma sul fatto che non è giusto che venga impedito ai giornalisti di pubblicare le intercettazioni ininfluenti sul reato. Questo è uno scandalo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!
Abbiamo tanti problemi, ma un problema fondamentale è anche la credibilità di questo Paese nei confronti dello scenario internazionale. Ho l'onore di presiedere una delegazione internazionale e in Europa noi veniamo messi all'indice perché vengono pubblicate intercettazioni che sono inconferenti, intercettazioni che non accertano se i politici, come è giusto che sia, rubano o meno o fanno il loro dovere, ma che vengono a spiattellare sui giornali i gusti sessuali, le frequentazioni e tutto quello che non c'entra assolutamente con la vita pubblica e con l'attività di un parlamentare. E se la nostra credibilità, oggi, nel contesto internazionale, non è adeguata al prestigio del nostro Paese...

FURIO COLOMBO. È zero, la credibilità, è zero!

LUIGI VITALI. ...vi posso assicurare che non lo era neanche negli anni scorsi quando venivano pubblicate le telefonate che intercorrevano tra D'Alema e Fassino con un tal Consorte, per lo stesso motivo e per le stesse motivazioni (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Non erano assolutamente penalmente rilevanti e noi abbiamo votato contro l'utilizzo di quelle telefonate, a differenza dei rappresentanti del PD che sono garantisti a corrente alternata. Sono sicuramente dei fatti che non possono essere spiattellati sugli organi di informazione. Pag. 13
Signor Presidente, questo provvedimento - lo affermo in quest'Aula, ma i componenti della Commissione giustizia e i colleghi di partito lo sanno perfettamente -, non mi piace. Si tratta di un provvedimento che non risolve in maniera pressante e necessaria, come era opportuno, il problema delle intercettazioni. Infatti, condividevo molto di più il disegno di legge presentato ab origine dal Governo che stabiliva dei paletti. Le intercettazioni sono uno strumento investigativo assolutamente indispensabile, un elemento per accertare la commissione di reati gravissimi ed i magistrati e la polizia giudiziaria non possono farne a meno.
Quello che vogliamo cercare di arginare è l'abuso delle intercettazioni telefoniche. Su 400 milioni di euro, 350 sono di intercettazioni. Questo è il costo annuo. Quante di queste intercettazioni erano veramente necessarie? Quante sono servite effettivamente per accertare reati gravissimi, per perseguire la criminalità organizzata, per accertare reati contro la pubblica amministrazione? E quante, invece, sono servite soltanto a «sputtanare», lo dico tra virgolette, i rappresentanti politici che vengono buttati in pasto all'opinione pubblica, non per la loro attività politica, non per quello che svolgono nelle istituzioni o per quello che rappresentano, ma per quello che fanno nella vita privata, cosa alla quale, onestamente, non sono assolutamente appassionato e che non credo debba interessare nessuno?
Voglio immaginare se tutti qui dentro fossimo intercettati; sicuramente non verrebbero fuori reati, ma non lo so...

FURIO COLOMBO. Alcuni non parlano con Lavitola!

FEDERICO PALOMBA. Parla per te!

LUIGI VITALI. ... potrebbero venire fuori altri aspetti della nostra vita privata e personale che riguarda soltanto noi o i nostri familiari o i nostri amici. Oggi, invece, ciò viene sbattuto sui giornali distruggendo famiglie prima e anche uomini politici e pubblici dopo.
Mi auguravo, dopo l'intervento di ieri degli amici dell'UdC, che vi fosse una fase nuova, un momento nuovo, nella valutazione delle intercettazioni. Infatti, il ritiro della loro pregiudiziale di costituzionalità e l'astensione sulle pregiudiziali degli altri partiti di opposizione lasciava intendere che vi era lo spazio per un confronto.
Inoltre, l'emendamento presentato dall'onorevole Costa va esattamente in questa direzione.
E voglio ricordare che l'udienza filtro l'avete inventata voi con il disegno di legge Mastella, non è stata un'idea di questa maggioranza, non è stata una volontà di questo Governo. L'abbiamo presa esattamente dal disegno di legge Mastella che voi avete presentato e che è stato votato favorevolmente, pressoché all'unanimità, dalla Camera dei deputati.
Non si può venire a dire oggi di fare l'udienza filtro e che, però, le intercettazioni inconferenti e irrilevanti lo sono dal punto di vista penale, ma non lo possono essere dal punto di vista dell'opinione pubblica per cui anche queste devono essere pubblicate. E, allora, non la facciamo l'udienza filtro; che cosa la facciamo a fare? Lasciamo il mondo come sta e pubblichiamo di tutto e di più, diamo la possibilità di intercettare chiunque e, quindi, di venire incontro più alla patologia dei cittadini e non, invece, all'interesse della sicurezza e della tranquillità che l'attività pubblica sia svolta in maniera corretta.
Non è nemmeno giusto che si intercettasse per anni. Ci sono, anche qui dentro, uomini politici che hanno rivestito o rivestono ruoli importanti di Governo, che sono stati intercettati per due, tre, quattro, cinque anni, per accertare cosa? Se c'è un reato che si consuma, se c'è una attività criminosa o criminale, è necessario veramente aspettare anni per accertare questa situazione o, invece, sulle intercettazioni telefoniche si sono adagiati alcuni pubblici ministeri che preferiscono svolgere indagini in questa maniera piuttosto che con i mezzi tradizionali, utilizzando la polizia giudiziaria ad hoc preposta per questo tipo di attività?

Pag. 14

FURIO COLOMBO. Vorrebbero anche non essere uccisi!

PRESIDENTE. Onorevole Colombo, la richiamo all'ordine.

LUIGI VITALI. Non è possibile invadere la vita privata dei cittadini e allora un tempo bisognava stabilirlo. Eppure anche su questo, diciamolo, lo diciamo a chi ci ascolta, lo diciamo qui dentro tra di noi ma lo diciamo anche a quella parte della magistratura che preferisce interloquire in maniera continuativa nei confronti dell'attività del Governo: oggi interloquisce in maniera distruttiva e ostruzionistica nei confronti dell'attività di questo Governo e di questa maggioranza ma, statevene tranquilli, che ieri l'ha fatto con voi e domani lo farà con chiunque altro verrà al Governo di questo Paese. Quindi, questo è un problema che merita la necessità di essere risolto. L'attività di indagine nei confronti della criminalità organizzata non è assolutamente toccata dalla riforma che noi stiamo cercando di portare avanti. Quindi, anche se questo provvedimento non mi soddisfa, anche se avrei pensato a qualcosa di più incisivo nella regolamentazione delle intercettazioni, lo voterò, piuttosto che niente. Infatti, comunque, si pone soluzione ad un problema che è quello della pubblicazione arbitraria, illegittima delle intercettazioni telefoniche. E quindi mi auguro che anche gli amici dell'UdC che hanno sottoscritto un patto così politico, di preconsultazione con altre componenti politiche, sappiano far prevalere in questo discorso gli interessi del Paese, sappiano far prevalere gli interessi degli italiani, sappiano far coniugare la necessità di tutelare la privacy con la necessità di mettere in campo la possibilità di accertare in maniera così sofisticata, come con le intercettazioni, la commissione dei reati e non facciano invece prevalere, almeno in questa circostanza, almeno in questa situazione, l'interesse politico, che è un interesse legittimo. L'opposizione cerca di lavorare per mettere in difficoltà la maggioranza, per cercare di ribaltare politicamente la situazione. Per carità, è un atteggiamento legittimo, ma su questi argomenti, su questo tipo di riforme credo che vi debba essere il confronto di tutti. Infatti, vedete, la cosa che mi fa più specie è che questo provvedimento, così come oggi lo stiamo discutendo, è figlio già di un compromesso, è figlio già di una trattativa intensa che c'è stata all'interno dell'allora maggioranza e tra la maggioranza e l'opposizione o, meglio, si è svolta tra la maggioranza e quella parte della maggioranza che già rappresentava l'opposizione, ma comunque c'è stata una trattativa, c'è stato un concorso, c'è stato un passo indietro da parte di tutti e, oggi, dopo che abbiamo partorito questa forma, in questa maniera, venirci a dire che questo provvedimento non è più figlio più di nessuno quando invece questo provvedimento, così com'è stata formulato fino ad oggi, ha padri e madri ben noti, non è possibile oggi disconoscerlo, facendo dimenticare tutto quello che è successo. Proprio perché è già figlio di un compromesso, è già figlio di una mediazione, è già il risultato migliore, il meno peggio, se a qualcuno piace e a me piace di più questa affermazione, il meno peggio che poteva uscire dal Parlamento, dopo l'emendamento Costa e dopo la mediazione sui blog, non è più suscettibile di alcun tipo di modifica e di nessun tipo di stravolgimento e mi auguro quindi che vi sia senso di responsabilità.
Vorrei concludere, signor Presidente, sempre rispondendo al collega che mi ha preceduto. Non lo so se questo Parlamento, questa maggioranza abbia fatto leggi per il Presidente del Consiglio o meno, non mi interessa in questo momento (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro per il Terzo Polo). Però voglio dire una cosa al collega Gentiloni, ai colleghi dell'opposizione, che questo provvedimento serve a tutti tranne che a Berlusconi, perché Berlusconi il danno l'ha già avuto e lo sputtanamento pure (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giulietti. Ne ha facoltà.

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GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, io comprendo l'affetto nei confronti del Presidente, ma dovremmo darci un limite: questo non è conflitto di interessi, è un atto d'amore, è quasi un regalo che viene fatto ad una sola persona, la si prende e le si fa una legge. Siamo ad una sorta di festa del conflitto di interesse, qualcosa di inimmaginabile. Per questo voterò «no» e firmerò tutti gli emendamenti. Non è, signor Presidente, un «no» a titolo personale, ma da parte di una rete di associazioni - lo dico oggi - in Europa e in Italia, che con grande serenità porterà questa vicenda davanti alla Corte europea, che ha già disattivato norme uguali, davanti alla Corte costituzionale e in tutte le capitali, perché questo è un disegno di oscuramento non di un giornalista, ma della pubblica opinione, cosa più seria. È il tentativo di nascondere la spazzatura sotto il tappeto, non di eliminare la spazzatura.
Ma vi sembra la priorità? Vi sembra questo il modo di suscitare coesione nazionale in un momento di crisi, affrontare in questo modo il tema in oggetto promettendo la galera e poi dicendo ai magistrati: «Noi vi ammanettiamo in alcune indagini» ? Guardate che contro questa legge hanno parlato «toghe rosse» e «toghe nere», tutti magistrati impegnati contro la mafia e la camorra. Andatelo a spiegare come avete inventato un testo simile, che spezza l'unità delle forze di questo Paese. Fermatevi, ritiratevi, non fatevi male da soli. Io do un consiglio, signor Presidente: qualcuno chieda al Presidente ungherese Orban che cosa gli è accaduto quando è andato al Parlamento europeo per prendere la presidenza di turno; è stato bloccato per ore dai parlamentari di ogni schieramento sulla legge bavaglio, una legge che in premessa diceva: «Ci ispiriamo alla legge italiana». Hanno costretto Orban a ritirarla. Vi state assumendo la responsabilità, in un momento gravissimo per il Paese, di essere declassati non solo dal punto di vista economico, ma ulteriormente dal punto di vista dei diritti e delle libertà. Fermate questa legge. Questa legge porterà l'Italia all'isolamento, al di là dei singoli aspetti. Per una volta privilegiate l'interesse generale rispetto all'interesse personale di una singola persona.
Molti parlamentari del centrodestra lo sanno: promettere la galera serve a poco. Qualunque cronista e qualunque cittadino, quando entrerà in possesso di una notizia di pubblica utilità, dovrà rispettare la Costituzione e la legge istitutiva della professione. Se non lo facesse sarebbe un disobbediente. Cosa manderete, i celerini nelle redazioni e nella rete? Questa legge è inefficace, inutile e pericolosa, serve ad avvelenare i pozzi. C'è un solo modo: ritirarla subito ed occuparsi di ben altre questioni nazionali (Applausi di deputati del gruppo Misto).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lehner. Ne ha facoltà.

GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente e onorevoli colleghi, io non sono entusiasta naturalmente, perché questa legge tra l'altro arriva tardi, arriva quando i buoi sono già fuggiti, ma il mio intervento vuole essere un intervento se permettete coraggioso e autocritico sulla stampa. Infatti qui si parla di bavaglio alla stampa, qui si grida all'attentato alla libertà di stampa. Ebbene, io vi dico che in questo Paese una vera libertà di stampa non esiste: tutti i mass media hanno un partito, hanno un padrone, hanno una lobby, hanno poteri a cui devono rendere conto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).
A questo punto vi voglio dire quindi che è difficile porre un altro bavaglio, quando già ce n'è un altro antico e consolidato. Vi voglio fare un solo esempio e non me ne voglia Walter Veltroni, che è persona che stimo sinceramente: quando egli era direttore de l'Unità - per farvi comprendere come la nostra stampa sia assolutamente lontana dal concetto di Quarto Potere - apparve un necrologio, l'11 novembre del 1993. Amico Walter, ascolta.
I compagni triestini annunciano con dolore - cito adesso alla lettera - «la Pag. 16morte di Vittorio Penco, vecchio militante del PCI, perseguitato politico per le sue idee di libertà e di socialismo». Non c'è sotto alcuna riga di spiegazione, né un commento, e questo testo fa credere che Vittorio Penco sia stato vittima del fascismo. Vittorio Penco, invece, amico Walter, si era fatto quindici anni di gulag in URSS e su l'Unità - naturalmente tu non te ne sarai neppure accorto - apparve un necrologio di una falsità incredibile, considerando che il PCI non esisteva più da un paio di anni. Questo per dirvi come si comporta la stampa - ma ciò avviene anche a destra, non soltanto a l'Unità. Tutti i giornali hanno un padrone e debbono rispondere. Ma qual è il vero problema?

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 12,10)

GIANCARLO LEHNER. Il vero problema è che, a cominciare dal caso Tortora, si è instaurata una sinergia terrificante tra procure e mass media, con il risultato che il giornalismo si è vieppiù imbarbarito, è diventato vieppiù, in generale, acritico, mentre le procure hanno assunto un potere - io dico umilmente e sinceramente - pericoloso per le istituzioni politiche e per la sopravvivenza sostanziale delle regole principali della Costituzione.
Per dirvi dell'imbarbarimento, ricordo come, nel periodo Tortora, i nostri giornali, in grandissima parte, salvo alcune eccezioni - per citarne qualcuna, ad esempio: Biagi, Feltri, Giorgio Bocca, che hanno sempre avuto senso critico - sul caso Tortora si riempirono di infamia per la loro orgia colpevolista; ciò fu una cosa scandalosa.
In seguito, questa sinergia si è consolidata quando uscì fuori la tragica vicenda di tangentopoli. Allora i giornali arrivarono al punto di essere ridicoli: talmente asserviti alla procura di Milano da scrivere cose che neppure nel ventennio fascista erano state scritte in adorazione di Mussolini.
Pensate che al collega Di Pietro il Corriere della Sera dedicò articoli in cui lo si paragonava niente meno che a Cincinnato, a Marco Polo, a Laurence Sterne, cioè al «Viaggio sentimentale di Yorich lungo la Francia e l'Italia». Furono scritte cose incredibili sul Corriere della Sera. In cambio, però, il padrone dei giornali Corriere della Sera e la Stampa, Gianni Agnelli, quando la FIAT teneva miliardi di fondi neri, come nostra nonna, sotto il pavimento, non fu nemmeno invitato in procura a prendere un caffè. Questi sono i prezzi che si pagano all'asservimento e all'imbarbarimento.
Voglio citare una persona a voi tutti sconosciuta. Questo è un Parlamento in cui generalmente, quando qualcuno muore, può aver fatto di tutto, ma se ne parla sempre bene, come di un uomo politico specchiato, onesto e così via. Ricordo un giornalista sconosciuto a tutti voi e vorrei che vi segnaste il nome, per farvi capire che i giornalisti liberi - rara avis - esistono. Ebbene, egli - credo non sia più al mondo - si chiamava Enzo Asciolla. Scrivetevi questo nome.
Giornalista de La Sicilia il quale, davanti a un caso giudiziario - il caso di Salvatore Gallo, colui che venne condannato all'ergastolo in maniera definitiva per avere, pensate un po', ucciso un fratello che era invece vivo, vivo e vegeto - da giornalista non acritico servitore delle procure, come avviene oggi, fece un'indagine personale. Egli fece finalmente il giornalista d'inchiesta e appurò che l'unica colpa di Salvatore Gallo era quella di essere un povero contadino analfabeta. È grazie ad un giornalista che Salvatore Gallo dopo sette anni e mezzo di carcere venne poi liberato, Enzo Asciolla, ricordatevelo, perché credo sia importante.
Vorrei concludere con una considerazione amara e un po' ironica: non preoccupatevi, amici de il Fatto Quotidiano, amici della Sarzanini, amici de la Repubblica; conoscendo i nostri giudici, se verrà approvato questo disegno legge, gli unici giornalisti che rischiano di andare in galera saranno i giornalisti vicini a Berlusconi Pag. 17(Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Anna. Ne ha facoltà.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, mi rifaccio in pieno a quello che il collega Lehner, a nome del gruppo Popolo e Territorio, ha testé detto, ancorché credo che in quest'Aula si consumi un velo di ipocrisia, come d'uopo, ahinoi, per la «politica politicante».
Ho sentito dalle opposizioni la solita giaculatoria che questo provvedimento non sarebbe tra le principali preoccupazioni del Paese in un momento di crisi, salvo poi dire che il momento di crisi è acuito dal discredito che il Governo Berlusconi ha all'estero e salvo poi dire che questo Parlamento sarebbe un manipolo di servi nel momento in cui si interessa di questa questione solo perché interessa al Presidente del Consiglio.
Credo che chi ossessivamente si interessi del Presidente del Consiglio siano i leader dell'opposizione in combutta con i sodali di magistratura democratica, e con quanti altri, nel corso di questi anni, non potendo vincere la gara democratica a suon di voti, cercano di screditare in ogni modo il proprio avversario.
L'onorevole Gentiloni ci ha ricordato che in un sistema liberale tutto va reso noto. Credo che all'onorevole Gentiloni farebbe bene leggere, di Isaiah Berlin, la teoria delle due libertà: quelle positive, che sono assoggettate al consenso e all'autorizzazione, e quelle negative, che rientrano nella sfera dei diritti non disponibili a nessuna autorità, e tra questi il diritto alla propria privacy, a non subire una sentenza anticipata e a non subire la carcerazione preventiva come Papa e tanti altri cittadini in Italia, perché il rito ambrosiano questo ha statuito: che vi sia il capovolgimento dell'elemento basilare del diritto, cioè la presunzione di innocenza nella presunzione di reità.
Poiché non si riesce, per la verità, a prendere con le mani nel sacco il Presidente del Consiglio, il quale - vivaddio! - non vive di prebende politiche e non vive di nessun incarico pubblico, si pensa, attraverso l'uso distorto e l'abuso continuato delle intercettazioni, di andare a ricercare tra le lenzuola e nella vita privata del Presidente del Consiglio le argomentazioni sulle quali fare leva per gettare discredito, salvo poi dire che il Governo è screditato.
Stamattina, esterrefatto, sentivo ad Uno mattina l'onorevole Vannino Chiti che diceva che la sfera privata per un uomo pubblico diventa pubblica. Cioè Vannino Chiti affermava quello che poi affermano molte vestali della sinistra, ossia che non esista più nello Stato di diritto l'assunto che la morale risiede nella legge, ma che moralità ed eticità diventino tutt'uno, quasi che lo Stato - non certo quello liberale invocato da Gentiloni - possa diventare il paradigma della morale e possa diventare il paradigma dei comportamenti a cui ciascun cittadino debba poi uniformarsi, ancor di più se rappresenta le istituzioni.
Credo che chi rappresenta le istituzioni debba rispondere dei comportamenti nella veste istituzionale, non debba rispondere ad uno Stato leviatano che vuol determinare quali siano i principi ed i confini oltre quali si è, non nella illiceità, ma addirittura nell'immoralità, ovviamente in una politica in cui tutto viene utilizzato e accade finanche di sentir dire qui da chi è stato autorevole rappresentante del Commissione di vigilanza sulla RAI che questo provvedimento possa in qualche modo mettere il bavaglio non solo all'informazione, ma anche alla rete.
Volevo ricordare a Gentiloni - che probabilmente è un «liberale alle vongole» - che László Barabàsi, l'inventore della rete, si è ispirato alla catallassi, alla libera organizzazione, all'organizzazione spontanea che esiste nei Paesi liberali. Quindi, non abbiamo niente da temere, ma una cosa è l'informazione, una cosa è spiare dal buco della serratura, un'altra cosa è mettere le vite degli uomini, dei cittadini e dei rappresentanti delle istituzioni sotto controllo per poterne trarre materiale di discredito e di lotta politica. Pag. 18Questo è il confine sul quale ci dobbiamo misurare: se in uno Stato di diritto la morale risiede ancora nel rispetto della legge, o in uno Stato di diritto la legge si pieghi ad un moralismo che riesce finanche a trasformare il peccato in reato. Allora, cari amici post-ex-veterocomunisti, noi questo tipo di società non la vogliamo e mi fa specie che un uomo come Veltroni, che apprezzo per le cose che dice, possa coesistere con i «tartufi» di coloro che concepiscono lo Stato leviatano, che concepiscono ancora uno Stato in cui tutto può essere asservito alla lotta politica.
Quindi, noi siamo convinti che in questa nazione le forme di lotta politica debbano essere altre. Noi siamo convinti che in questa nazione debba essere edificato lo Stato liberale, con la certezza del diritto e con la certezza che nello Stato di diritto la morale deve risiedere nella legge, non nell'esercizio spurio di altri tipi di modalità perché esse diventino motivo di discredito dell'avversario politico.
Sembra che questo sia una specie di schiribizzo del Presidente del Consiglio, quasi che questo non c'entri con la crisi. Ebbene, questo c'entra e come. Infatti, vedete bene, amici della sinistra, si fa per dire, voi immaginate uno Stato finanche etico, che è parente stretto dello Stato imprenditore; che è parente stretto della pubblicità del servizio che si contrabbanda con la statalità della gestione; che è parente stretto di uno Stato che ha fatto 2 mila miliardi di euro di debito avendo Presidenti del Consiglio che non hanno mai utilizzato la leva del riformismo se non per riformare quello che faceva comodo, non quello che era utile; di uno Stato che paga 80 miliardi di euro l'anno per coprire pensioni che non hanno l'equivalente del montante contributivo; di uno Stato elargitore di prebende e di favori; di uno Stato che aveva un unico compito, che era quello della redistribuzione dei redditi; di uno Stato che doveva fare la lotta alla ricchezza, e non alla povertà.
Quindi, come vedete, il tutto si incastona in un'Italia che ci trova profondamente divisi, profondamente diversi, e io non vengo né dal fascio littorio né vengo da ideologie per cui qualcuno mi possa dare del fascista. Io vengo dal popolarismo sturziano, io vengo dalla lettura di quello che era (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)...state buoni! Colombo, stai buono! Caro Colombo...

PRESIDENTE. Onorevole D'Anna, la prego, continui.

VINCENZO D'ANNA. Io vengo da una tradizione culturale, che non è quella della calunnia e del mendacio, che ha consentito a gente come te e Travaglio di diventare dei giornalisti, capito? E non sono mai andato a prendere i soldi pubblici per acquistarmi un posto di professore alla Columbia University, chiaro (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Detto questo...

EMANUELE FIANO. Stai calmo!

RENZO CARELLA. Ma come ti permetti?

PIERANGELO FERRARI. Presidente, gli dica qualcosa!

GIAMPAOLO FOGLIARDI. È inaudito!

PRESIDENTE. Onorevole D'Anna, vuole proseguire l'intervento, per cortesia?

VINCENZO D'ANNA. State buoni! Io rivendico una mia appartenenza culturale e non ho bisogno del vostro assenso. Io sono stato un estimatore di Nicola Pistelli e non devo chiedere il consenso al figlio (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole D'Anna, la prego di usare termini, nei confronti dei colleghi, più consoni a quest'Aula, per cortesia.

VINCENZO D'ANNA. Detto questo, state buoni! State buoni (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

Pag. 19

PRESIDENTE. Onorevole D'Anna, si rivolga alla Presidenza e continui, altrimenti le tolgo la parola. Si rivolga alla Presidenza e continui!

VINCENZO D'ANNA. State buoni lo diceva San Filippo Neri «State buoni, se potete». Non è un messaggio mafioso. Credo che voi siate la pantomima di un Partito Democratico che non ha niente di democratico. Voi siete la pantomima dell'antiberlusconismo, che è il collante che vi tiene insieme. Voi siete il nulla politico e nient'altro, per cui noi andremo avanti fin quando sarà possibile, per riformare in senso liberale l'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, tenterò uno sforzo di stile dopo questo intervento che abbiamo appena sentito dal nostro collega (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Presidente, vorrei ricordare a quest'Aula la situazione estremamente complessa dal punto di vista economico, la svalutazione di Moody's, le prospettive dell'Unione europea e tanti altri problemi che attanagliano il nostro Paese e la nostra economia. Avremmo voluto una gerarchia delle priorità diverse da parte di questa maggioranza.
Avremmo voluto delle sessioni intere dedicate alle questioni della disoccupazione giovanile, alle questioni del lavoro e della precarietà, dell'università e della ricerca. Invece, dopo tre anni di mia permanenza in Commissione giustizia, per l'ennesima volta, troppe volte ci stiamo occupando delle intercettazioni telefoniche. E c'è una tempistica sospetta nel momento in cui questi provvedimenti arrivano in Commissione giustizia: corrisponde sempre a momenti nei quali delle vicende giudiziarie vedono coinvolto il Presidente del Consiglio. È come se le riforme che riguardano la giustizia avessero purtroppo, ancora una volta, sempre e comunque attinenza con le vicende processuali dell'onorevole Berlusconi. Eppure di problemi della giustizia ce ne sarebbero tanti. Si è tenuto, la settimana scorsa, un dibattito importante sulla situazione delle carceri. Si tratta di situazioni che davvero gridano vendetta e che denotano uno stato di default democratico per il nostro Paese (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico). In quella sede, il Governo attraverso il Ministro della giustizia ha fatto delle promesse per mettere mano a questa questione, che è solo la metafora drammatica della situazione della giustizia in generale. Abbiamo detto che la riforma della giustizia vuol dire accelerare i processi, non solo quelli penali, ma anche quelli civili. Noi scontiamo uno svantaggio competitivo per il ritardo del nostro processo civile. Non siamo in grado di attrarre investimenti nel nostro Paese, laddove i contenziosi civili hanno questa durata e anche questo significa contribuire allo sviluppo economico del Paese, significa contribuire ad allentare la morsa di immobilismo che pesa sulla economia del nostro Paese. Invece di affrontare tutto questo - il ridisegno della geografia delle circoscrizioni giudiziarie, l'informatizzazione delle notifiche e tante altre misure che abbiamo discusso e proposto come Partito Democratico - ci ritroviamo, ancora una volta, tristemente e mestamente, a parlare di intercettazioni telefoniche.
Lo facciamo con un provvedimento che davvero va a toccare alcuni elementi vitali della vita del nostro Paese. Infatti, nel nostro Paese da nord a sud e non solo nelle regioni storicamente dove la malavita si è radicata, gli interessi e intrecci finanziari e gli interessi economici della mafia sono arrivati a Lodi, sono arrivati in Toscana, sono arrivati in Emilia Romagna e stanno pesantemente condizionando la capitale del nostro Paese negli interessi vitali, commerciali e produttivi. Invece, questo provvedimento introduce una farraginosità dei procedimenti per fare intercettazioni per i lacci e lacciuoli che vengono messi agli inquirenti per indagare sulla malavita organizzata. Qualcuno diceva: «Ma perché usare le intercettazioni Pag. 20mentre si potrebbero fare indagini più tradizionali?». Ma vi pare, colleghi, che la mafia, che è diventata una holding internazionale, possa essere combattuta con le indagini fatte dai Carabinieri nel paesello, come si faceva una volta?
La lotta alla mafia oggi ha bisogno di utilizzare strumenti tecnologici molto avanzati e le intercettazioni sono uno di questi per acquisire le prove e per portare davanti al tribunale la criminalità organizzata. Tutto ciò è qualche cosa che va a colpire questa lotta necessaria, utile ed urgente per il nostro Paese alla criminalità organizzata. Ci sono dei meccanismi che spero non diventino mai legge, perché ci è stato detto in audizione da personaggi che non sono personaggi del Partito Democratico, ma eminenti giuristi, che davvero la macchina delle inchieste sarà in qualche modo se non impedita, comunque fortemente ritardata da questo impianto, che impedisce alla giustizia di fare chiarezza.
Noi, signor Presidente, vogliamo andare verso questa questione centrale dell'informazione. Penso che sia la prima volta nella storia di questo Paese che Wikipedia si autosospende preventivamente, ma non nei confronti dello Zimbabwe di Mugabe, non nei confronti della Cina, non nei confronti di un paese dittatoriale, ma contro l'Italia.
Infatti, questo mezzo tecnologico, che rappresenta una frontiera avanzata della comunicazione e dell'informazione, con questa norma, rischia di far arretrare, ancora una volta, il nostro Paese nelle classifiche basse della libertà di informazione. Già siamo agli ultimi posti perché abbiamo un'informazione monopolistica, dove le risorse della pubblicità e altre ancora sono drenate verso i grandi gruppi, ma se andiamo anche ad intaccare questa autorganizzazione della libera informazione e della circolazione dell'informazione attraverso l'imbavagliamento dei blog, siamo davvero in un default democratico che, ancora una volta, il Paese non vuole, che il Paese sta contrastando sulle piazze e che il Paese, tra l'altro, pagherà in termini di scambio e di acquisizione di sapere, che passa attraverso l'informatica.
Chiediamo, quindi, che questo provvedimento venga ritirato, che i problemi della giustizia vengano rimessi nelle giuste priorità - quelle che conosciamo - e che non perdiamo tempo, in un momento così difficile, a difendere, ancora una volta, la privacy del Presidente del Consiglio ed i suoi processi perché davvero il Paese ha già perso troppo tempo e non possiamo, ancora una volta, per l'ennesima volta, in un periodo di crisi, rimanere ostaggio dei processi del Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, avevamo perso le tracce di questo provvedimento tanto è vero che, quando abbiamo saputo che era stato di nuovo iscritto all'ordine del giorno, siamo dovuti andare a ripescare l'ultimo dibattito che era stato fatto. Insomma, il disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche era andato a finire in un binario morto nel luglio dell'anno scorso: il suo iter si era interrotto, erano già stati presentati tutti gli emendamenti da una parte e dall'altra, ma non se ne è saputo più niente. Adesso ritorna, così come è ritornato all'inizio di questa legislatura, perché vi è stato un iter lunghissimo. Credo che questo provvedimento si possa ascrivere tra quelli che possono essere messi sotto il nome «guerriglia».
Voglio ricordare che, all'inizio di questa legislatura, quest'Aula, l'Aula di Montecitorio, aveva invece approvato una mozione molto importante che impegnava il Governo a presentare e a calendarizzare una riforma organica della giustizia. Circa un anno fa, a forza di sollecitazioni di questa riforma organica che non arrivava, il Governo ha presentato la cosiddetta riforma epocale, che era così epocale che non se ne è saputo più niente. Anche questa è andata a finire su un binario morto.
Ora la questione che noi radicali poniamo - con Marco Pannella in testa e con tante altre voci autorevoli, come quella del Pag. 21Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano - è che c'è un problema, quello della giustizia per la Repubblica e per i cittadini, costantemente accantonato da decenni, tanto è vero che ci troviamo con un deficit di giustizia - sanzionato in Europa per l'irragionevole durata dei processi e per come vengono tenuti coloro che sono carcerati nei nostri istituti penitenziari - pari a 3 milioni e mezzo di processi penali arretrati e a 5 milioni di processi civili che non vengono celebrati.
Questa è la situazione che paralizza questo nostro Paese e da questo punto di vista noi una proposta l'abbiamo fatta. Ci è stato risposto che non ci sono le condizioni politiche per un'amnistia, un'amnistia ampia che possa ridurre il numero dei processi penali dai 3 milioni e mezzo a 1 milione, che possa restituire alle carceri quel grado di civiltà che sarebbe degno e che deve essere necessario per un Paese civile. Ecco, non ci è stato risposto «questo non va bene», ma ci è stato detto che non c'è la condizione politica, si dovrebbe fare altro, anche se questo altro però non si fa, mentre il Presidente della Repubblica ci parla di prepotente urgenza. Sappiamo quanto il problema della giustizia incida - pensiamo alla giustizia civile ma anche a quella penale - sull'economia di questo Paese, eppure sembra un problema riservato - questo lo voglio sottolineare - alle «cosche» che si confrontano in questo Paese. Credo che sia arrivato il momento di dire basta.

PRESIDENTE. Onorevole Bernardini, la invito a concludere.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Credo che questo Parlamento si debba fare carico di questa prepotente urgenza che riguarda la vita dei cittadini italiani, di tutti i cittadini italiani (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, vorrei sottolineare e ribadire, mentre discutiamo sul complesso degli emendamenti, l'incongruità e forse anche un qualche elemento di irresponsabilità nella discussione di queste ore che vede schierato il Governo ai banchi, pronto per votare - ho visto il Presidente Berlusconi, il Ministro Tremonti, il Ministro Bossi, il Ministro Maroni - un testo della cui urgenza francamente sfuggono le ragioni a me - ma questo ovviamente poco importa - ma credo sfuggano le ragioni dell'urgenza, dopo un anno e mezzo in cui lo stesso testo era stato lasciato a decantare, poltrire o marcire nelle Commissioni, e si decide ciò nel momento più drammatico della storia repubblicana che, detto per inciso, non è passato, non stiamo meglio di quanto stavamo ad agosto o a metà settembre. Credo che questo l'abbiamo tutti presente, stiamo leggermente peggio, i problemi sono leggermente aumentati, questa è la direzione.
E credo che non sfugga a chi ci guarda da fuori che, mentre il Ministro Tremonti, il Presidente Berlusconi e il Ministro Bossi litigano in un modo assai poco commendevole sul nome del nuovo Governatore della Banca d'Italia, portando in piazza in modo irresponsabile una polemica che mina l'istituzione che nell'ambito del sistema delle banche centrali europee ha un ruolo cardine, mentre si litiga su tutto, l'unico elemento di compattezza e di coesione granitica e tetragona di questa maggioranza sono le intercettazioni, un testo che è lì da luglio 2010, quando forse i tempi avrebbero anche consentito una divagazione rispetto al punto centrale di cui oggi tutti quanti dobbiamo occuparci, cioè la salvezza rispetto a una crisi di carattere greco della finanza italiana.
E oggi siete tutti qua - lo dico al segretario Alfano, già Ministro della giustizia - con l'aggravante di aver voluto stravolgere un testo di compromesso o di equilibrio che era stato raggiunto grazie anche all'intervento dell'allora Ministro Alfano che probabilmente ha cambiato idea, ci sfugge la ragione.
Egli ha ritenuto che nel momento di massima crisi dell'Italia l'urgenza fosse quella di prendere un testo dalla naftalina, Pag. 22stravolgerlo, fare la faccia cattiva, intervenire per depotenziare l'uso delle intercettazioni come strumento di indagine, intervenire, illusoriamente peraltro, per impedire o tentare di impedire che le cose processualmente note diventassero una notizia ufficiale, ancorché nei limiti che erano stati stabiliti dal testo del 2010.
Quindi - lo dico e lo ripeto - la responsabilità è vostra. Volete andare avanti? Le «leggi bavaglio», per i processi lunghi e per i processi brevi sono l'unico elemento di unità che riuscite a trovare? Ma, ahimè, non ci guarda solo il Paese, ci guardano da fuori e questo è lo spettacolo che state dando: non si sa nulla del decreto sviluppo, salvo che all'interno della maggioranza e del Governo si litiga; su Banca d'Italia si litiga. Oggi per votare le intercettazioni nella nuova formulazione bavaglio siete tutti schierati. Ahimè - lo dico con carità di patria e non per carità di patria - questo è il messaggio peggiore che può arrivare fuori dell'Italia a chi già guarda con sospetto alla capacità delle istituzioni e, in particolare, di questo Governo di essere la guida fuori dalla tempesta per un Paese in difficoltà (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, mi rivolgo alla maggioranza, state avviando e portando a conclusione un provvedimento oscurantista, un provvedimento che riporta indietro le lancette dell'orologio, un provvedimento illiberale. Voi, che vi dichiarate campioni della libertà, in questi due anni con molti provvedimenti avete calpestato l'idea liberale nel nostro Paese. Avete fatto provvedimenti che vanno esattamente contro le libertà. Visto che il Presidente Berlusconi sta chiedendo suggerimenti per il nome da dare al partito, ne suggerisco uno: vi potreste chiamare PCL, partito contro la libertà, con un sottotitolo: quando dà fastidio a Berlusconi.
Prima un collega diceva che non abbiamo parlato molto in questo Parlamento di leggi di questo genere, ma poi facendo l'excursus di questa legge sulle intercettazioni è venuto fuori che ne abbiamo parlato ogni due o tre mesi. Si è dimenticato di dire che abbiamo fatto i conti e che, di solo costo parlamentare, le leggi ad personam per Berlusconi sono costate 2 miliardi 259 milioni di euro e non è ancora finita. Questo è un riscontro possibile.
È un provvedimento oscurantista che ci riporta indietro nel tempo, probabilmente perché il Presidente Berlusconi, nella sua idea di dittatore da operetta, come si sta rivelando, immagina, come nelle dittature, di poter fissare regole che impediscono la libertà di informazione, che impediscono alla gente di sapere cosa succede, soprattutto se questo riguarda le nefandezze di chi li guida, le nefandezze della politica, le nefandezze della P2, della P3 e della P4, le nefandezze della cricca della Protezione civile e avanti così.
Ma sarà inutile: voi lo farete, noi resisteremo il più possibile ad un provvedimento che toglie libertà all'informazione, che vuole impedire all'opinione pubblica di conoscere. Siccome spesso - ancora di più quando si vogliono perseguire idee di dittatura da operetta - c'è una certa stupidità del potere, la verità è che non ci riuscirete, come rivelano tutte le vicende accadute nei Paesi arabi e che accadono in tutte le dittature che ancora oggi esistono. Neppure la Cina riesce più a controllare le informazioni, che se non arrivano alla gente in un modo, arrivano comunque in un altro.
Però resta un fatto: voi pretendereste che la gente conosca le notizie dopo anni dall'inizio di un'indagine. Questo farà sì che arriveremo al paradosso che potremo sapere dai giornali che una certa persona è stata arrestata, ad esempio per estorsione, per traffico di droga, per tangenti, ma non potremo sapere perché. I giornali non ci potranno dire perché questo è avvenuto o, quanto meno, non lo potranno fare quando l'inchiesta è basata su intercettazioni.
Questi vostri provvedimenti, in realtà, hanno un solo scopo: mettere il coperchio Pag. 23sulle notizie, impedire di conoscere le nefandezze, impedire di conoscere le vicende personali di Berlusconi. Per farlo, siete pronti anche ad impedire, per esempio, che si sappiano fatti come quello di Rignano Flaminio. Infatti, a conti fatti, sapremmo quello che è successo a Rignano Flaminio, dove vi sono persone accusate di reati legati alla pedofilia, soltanto tre anni dopo.
Avremmo saputo solo adesso, dopo tre anni, per quale motivo tre insegnanti, il marito di una di loro e una bidella vanno alla sbarra con il sospetto terribile di avere abusato di piccoli alunni. Voi, per coprire le vostre nefandezze e le nefandezze del Presidente del Consiglio, siete pronti a coprire anche i pedofili! Questo è quello che volete ottenere e che otterrete con un disegno di legge come questo (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, il testo sottoposto oggi al nostro esame è l'esito di un lungo iter, percorso da questo provvedimento a partire dall'inizio di questa legislatura. Si tratta di un iter che ha conosciuto anche momenti di compromesso, attraverso un lavoro in Commissione che ci ha visti impegnati ad adottare le soluzioni più propense alla collaborazione e all'elaborazione di una norma il più possibile condivisa.
Non possiamo nascondere che tale atteggiamento, che è già un connotato fondamentale della nostra azione in Parlamento, ha assunto maggiore rilievo in questo caso, perché l'argomento, come stiamo vedendo anche in sede di discussione sulle linee generali e di interventi sul complesso degli emendamenti, non è solo di stretta procedura penale, ma riguarda i delicati equilibri che devono instaurarsi tra tutela delle parti del processo e tutela del diritto dei cittadini di essere informati su fatti relativi a processi che sono rilevanti per l'opinione pubblica.
Quando parliamo di opinione pubblica, non parliamo di un ente metafisico, ma di persone e di cittadini che rappresentiamo in questa sede e che abbiamo l'obbligo morale di tutelare attraverso la legge. Una voce autorevole, Arthur Koestler, intellettuale ebreo che subì i campi di concentramento, osservò che la capacità di un popolo di governarsi democraticamente è proporzionale al suo grado di comprensione della struttura e del funzionamento del corpo sociale.
Mi ispiro a questa breve citazione solo per rimarcare che dobbiamo interpretare il nostro ruolo in Parlamento rivolgendo sempre lo sguardo ai cittadini, ora più che mai, nei tempi della casta, del denunciato scollamento dei rappresentanti dai rappresentati.
Non temo nel dire che il gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo si è distinto, per l'ennesima volta, anche in questa occasione. Ieri abbiamo ritirato la questione pregiudiziale di costituzionalità a suo tempo presentata e ci siamo astenuti sul voto relativo alle altre questioni pregiudiziali. Abbiamo fatto il possibile per salvaguardare la possibilità di votare un testo che rappresentasse un compromesso. Abbiamo dato, ancora una volta, un chiaro segnale di opposizione costruttiva e, se vogliamo, di maturità politica e come risposta abbiamo ricevuto l'emendamento presentato dagli onorevoli Costa e Contento che, in poche parole, reintroduce pesantissime limitazioni al diritto di cronaca, peraltro su fatti processuali già pubblici e non coperti da segreto. Abbiamo visto che l'emendamento presentato dall'onorevole Contento estende le ipotesi di reclusione per i giornalisti. Tutti questi interventi si muovono in un'ottica peggiorativa rispetto al disegno di legge e, in ogni caso, secondo noi, rispetto ad un potenziale dialogo con le opposizioni.
Abbiamo dimostrato la massima attenzione verso il tema che stiamo esaminando, anche presentando proposte emendative che, seppure non condurrebbero ad un testo per noi ottimale, allo stesso tempo tendono ad un buon testo, accettabile, alla luce di un confronto con le altre parti. Porterebbero, in altre parole, ad un testo ragionevole. Pag. 24
Abbiamo presentato un emendamento cercando di mitigare le rigide condizioni di autorizzazione delle intercettazioni imposte, ad esempio, dal comma 10, laddove si richiede che l'organo competente ad autorizzare le intercettazioni sia sempre il giudice collegiale. Abbiamo proposto un metodo alternativo, calibrato in base al tipo di reato per cui si procede, di modo che maggiore è l'allarme sociale che il reato desta, maggiore sarà la snellezza della procedura relativa all'autorizzazione delle intercettazioni e alle relative proroghe. Il suddetto emendamento prevede, nello stesso tempo, una verifica trimestrale dell'organo collegiale, strumento diretto ad evitare la prosecuzione automatica ed immotivata di intercettazioni infruttuose.
Gli stessi termini di durata sono stati ripensati in base alla tipologia di delitto per il quale si procede evitando, dunque, le preoccupanti conseguenze cui potrebbe dare luogo la norma così come è stata presentata in Parlamento, ovvero il rischio che i tempi brevi dell'applicazione della misura impediscano l'assunzione di prove rilevanti per esaurimento dei termini di base e dei termini di proroga.
A fronte della possibilità, normativamente prevista per il pubblico ministero, di indagare per almeno sei mesi, prorogabili, come sappiamo, sino a diciotto e, in alcuni casi, anche fino a due anni, si limiterebbe, invece, il potere di intercettare a soli due mesi e mezzo, con l'effetto surreale di dovere interrompere alla scadenza di detto periodo qualunque attività anche se dalla stessa intercettazione dovesse emergere che, dopo la scadenza, avverranno fatti giuridicamente e processualmente rilevanti. Si pensi al seguente esempio: in prossimità della scadenza del termine di settantacinque giorni un intercettato afferma che, nei giorni successivi, sarà compiuto un omicidio, o un sequestro di persona, o una violenza sessuale, senza, però, fornire elementi che permettano di comprenderne gli esatti termini. Vi appare ragionevole interrompere, senza alcuna alternativa, le intercettazioni nonostante i termini di indagine siano ancora pendenti? È eticamente e giuridicamente sostenibile la correttezza di tale scelta normativa?
Si è detto: la risposta fornita dalla maggioranza è che l'utilizzo delle intercettazioni come mezzo di ricerca della prova è stato fonte di ingenti spese per lo Stato. Si è parlato di spreco di risorse, data la registrazione di conversazioni spesso irrilevanti ai fini delle indagini. Tale evenienza - lo dico perché a volte ciò che è palese viene banalmente sottovalutato - è una conseguenza inevitabile e direi insita alla metodica dell'intercettazione medesima. Non avremmo bisogno di intercettare conversazioni, se avessimo certezze circa l'effettiva commissione di un fatto di reato o le modalità di esecuzione dello stesso.
Ed è ovvio un ulteriore dato: i soggetti indagati, seppure responsabili o a conoscenza di fatti penalmente illeciti, non è detto che discutano del medesimo fatto costantemente al telefono, ovvero negli ambienti dove siano state posizionate le cosiddette cimici. Si dà anche l'ipotesi che potrebbero eventualmente sospettare di essere intercettati e perciò stesso evitare allusioni al fatto sul quale si indaga.
Con questo voglio intanto ricordare che certi costi della giustizia devono essere messi in conto e devono essere ritenuti fisiologici rispetto al sistema, finché si resta nel rispetto delle regole procedurali in base alle quali possono essere disposte le misure, perché tutto è finalizzato all'emersione di prove del reato sul quale si indaga.
Gli sprechi di risorse, a nostro avviso, sono ben altri, come ben altri sono gli abusi del mezzo di ricerca della prova di cui ci occupiamo con questa riforma di legge. Un conto è discutere di pubblicazione di notizie irrilevanti, altro è mettere in conto che, durante un termine più o meno lungo di ascolto delle conversazioni, la maggior parte di queste non riguardi i nostri fini e sia dunque da ritenersi irrilevante. Eppure, lo si dovrebbe chiedere a chi tutti i giorni è sul campo e si occupa di contrastare i fenomeni di illegalità. Mi riferisco alle forze di polizia e alla magistratura. Pag. 25Se anche si è atteso dei giorni per individuare quei pochi minuti, che valgono a fare emergere una prova del fatto per il quale si procede, il costo che si sostiene ha un senso ed un ritorno in termini di economia processuale.
Oltre a questa premessa, ritengo opportuno evidenziare un altro dato relativo alla valenza del regime di inutilizzabilità degli atti. Qualcuno potrebbe attribuire a tale concetto significati oltremodo negativi, ma non è propriamente così. L'inutilizzabilità non è altro che il regime di nullità degli atti processuali probatori. Quando le prove vengono acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate. Si consideri che per divieti stabiliti dalla legge non si intende che la prova stessa sia derivata da comportamenti fraudolenti o penalmente rilevanti. Per intenderci, non si tratta di prove false o acquisite per vie fraudolente, tant'è che il codice di procedura penale abrogato nemmeno contemplava l'inutilizzabilità come totale inefficacia della prova, ma una semplice nullità della sentenza per vizio di motivazione, la cui sanatoria determinava la piena utilizzabilità della prova dichiarata inammissibile. Si tratta spesso di prove acquisite fuori dei termini di scadenza delle indagini preliminari, termini che possono essere retrocessi o posticipati pure dopo la chiusura stessa delle indagini (ad esempio, a seguito di valutazioni circa la necessità di retrocedere la data di iscrizione della notizia di reato a registro).
Dunque, nonostante l'inutilizzabilità, le prove acquisite restano comunque tali: sono inutilizzabili ma con ciò non vengono meno i fatti da provare. Il comma 14 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame prevede che i risultati delle intercettazioni - lo richiamo perché in sede di esame degli articoli e del complesso delle proposte emendative dovremmo occuparci di questa e delle altre proposte che sono state presentate per rendere il testo migliore - non possano essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali le medesime intercettazioni sono state disposte, salvo che risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti di stampo mafioso nonché di altri delitti specifici e non siano state dichiarate inutilizzabili nel procedimento in cui sono state disposte. Una nostra proposta emendativa si basa su due presupposti: in primo luogo, il ripensamento della selezione dei reati per i quali è possibile estendere l'utilizzo delle prove già acquisite in altri procedimenti, inserendovi tutti i reati contro la pubblica amministrazione nonché le ipotesi di riciclaggio, di usura ed estorsione, da considerarsi come reati cosiddetti «spia» rispetto a quelli di stampo mafioso; in secondo luogo, l'eliminazione della condizione per cui le intercettazioni, per essere utilizzate in procedimenti diversi, non siano state dichiarate inutilizzabili nel procedimento nel quale sono state disposte; ciò, in base alle considerazioni appena svolte sul concetto di inutilizzabilità della prova.
Signor Presidente, sto per concludere il mio intervento. Sappiamo bene che il provvedimento che stiamo esaminando oggi ha dato luogo, sin dalla sua prima formulazione, a forti critiche e ha suscitato un animato dibattito nel Paese. Di questo dibattito noi stiamo continuando a toccare con mano anche questa mattina le contrapposizioni tra i gruppi in quest'Aula. Insomma, l'eco della base, dei cittadini e non soltanto di chi è interessato direttamente dal provvedimento si è fatto sentire come non mai direi già a partire dalla proposta originaria, perché si tratta di un provvedimento che ha segnato tutta questa legislatura: è sufficiente ricordare che è stato fermo in terza lettura in questo ramo del Parlamento per quindici mesi. Credo non vi siano precedenti concernenti iter provvedimentali che sono stati fermi e sospesi per ragioni esclusivamente politiche, a causa di contrasti all'interno della maggioranza. È stata sollevata la questione di incostituzionalità del provvedimento in esame: non avete voluto cogliere alcun segnale di nostra disponibilità e avete continuato anche questa mattina ad isolare questo provvedimento, rispetto ai tanti provvedimenti che, pure, nell'attuale legislatura, sono stati approvati, tutti ad Pag. 26personam. Il collega intervenuto prima di me ricordava che quest'Aula si è occupata soprattutto di misure che servono al Paese. Vorrei ricordare al collega che quest'Aula si è occupata invece nel corso dell'attuale legislatura di lodo Alfano, di prescrizione breve, di processo lungo, dei conflitti costituzionali per il caso Ruby, ancora in precedenza, per ritornare indietro nel tempo, del lodo Schifani, di rogatorie internazionali, di falso in bilancio e di legittimo sospetto con la cosiddetta «legge Cirami», l'ex legge Cirielli.
Insomma, questo provvedimento, ancora una volta, si inserisce in una lunga sequela di provvedimenti che hanno tenuto quest'Aula prigioniera degli interessi del Presidente del Consiglio.
Ecco perché vi chiediamo, ancora una volta, di riflettere e di cercare di riportare questo provvedimento sui binari di una giusta sintesi di quelli che sono gli interessi contrapposti nella presente materia.
Ancora una volta, inoltre, vi diciamo che vi è la possibilità di arrivare ad un provvedimento condiviso perché così era stato più di un anno fa quando, in Commissione, si riuscì a trovare la sintesi sulla proposta della presidente e relatrice, onorevole Bongiorno. Vi chiediamo di ripartire da lì se volete riportare ad una decisione quanto più possibile condivisa questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, all'inizio dei nostri lavori, prima che iniziasse la discussione sul complesso degli emendamenti, il neorelatore aveva chiesto una sospensione per consentire al Comitato dei nove di riunirsi per valutare i subemendamenti presentati agli emendamenti del relatore medesimo. Contemporaneamente, sempre il relatore, aveva annunciato che avrebbe chiesto un'ulteriore riunione del Comitato dei nove al fine di valutare l'esito della discussione sul complesso degli emendamenti.
In quell'occasione sono intervenuto per dire che era abbastanza singolare che il relatore chiedesse un'ulteriore sospensione dei lavori dell'Aula per valutare una discussione - politica ovviamente, per quanto sul complesso degli emendamenti, ma pur sempre politica - che si era sviluppata in Aula.
Se, in sostanza, dalla discussione politica fosse in qualche modo emersa una valutazione secondo la quale la Commissione avesse dovuto riprendere in discussione e rivalutare il comportamento della maggioranza e dell'opposizione sul provvedimento, alla luce degli emendamenti e dei subemendamenti presentati, allora chiedo al relatore di fare una riflessione e di darci una risposta.
Si tratta di una valutazione di parte, però non sono intervenuti soltanto deputati dell'opposizione (Partito Democratico, Italia dei Valori, Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo e via dicendo), ma anche deputati rappresentanti della maggioranza che, chiaramente con argomentazioni diverse, hanno detto però la loro.
Pur essendoci ancora qualche intervento sul complesso degli emendamenti, mi pongo una domanda e la rivolgo al relatore, visto che ci ha detto preventivamente, senza sapere quello che si sarebbe detto, che era necessario riunire il Comitato dei nove: alla luce del dibattito che si è sviluppato fino ad ora, non ritiene di riportare non in Comitato dei nove, non essendo quella una sede nella quale valutare se proseguire o meno l'esame di questo provvedimento, ma di riportare direttamente in Aula, senza necessariamente implicare voti, regolamenti e via dicendo, le conclusioni del dibattito che c'è stato ed essere lui stesso a chiedere che il presente provvedimento ritorni in Commissione?
Signor Presidente, la pregherei formalmente, di chiedere ciò al relatore, visto che ci voleva dare un parere in Comitato dei nove su quanto fatto fino ad ora. Non si Pag. 27tratta solo di curiosità, ma penso sarebbe giusto da parte del relatore dirci se non ritenga, alla luce del dibattito che si è svolto, di ritornare con questo provvedimento in Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, posso anche girare la domanda al relatore, siamo, però, ancora nella fase degli interventi sul complesso degli emendamenti. Se il relatore ritiene di rispondere, lo può fare. La domanda l'ha già sentita, è inutile che gliela ripeta.
Prendo atto che il relatore non intende rispondere.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Cosa vuol dire, signor Presidente?

PRESIDENTE. Ha detto che non vuole rispondere, non posso obbligarlo.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, le è stato chiesto di porre la domanda e lui deve dire perché non risponde.

PRESIDENTE. Onorevole Colombo, se non sente quello che dico è inutile che grida. Che cosa grida? Il relatore ha sentito la domanda ed io gliel'ho rifatta.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, colleghi, per la mia esperienza professionale vorrei anzitutto in via preliminare dire che le investigazioni hanno nelle intercettazioni telefoniche uno strumento indispensabile. Immaginare di limitare questo strumento investigativo significa oggettivamente favorire il crimine e, coerentemente con quello che penso, in Commissione, negli anni in cui ho fatto parte della Commissione giustizia, ho espresso la mia opinione devo dire spesso in difformità rispetto a tanti colleghi deputati avvocati che oggi siedono anche nei banchi dell'opposizione e dai quali ho sentito oggi pronunciare affermazioni esattamente opposte da quelle che hanno reso negli anni passati in Commissione. Io, invece, ho sempre affermato le stesse cose. Non credo, da una lettura seppur superficiale di questo provvedimento, che incida sullo strumento investigativo. Ho letto, come ho detto, in maniera non approfondita e credo che tutti i provvedimenti si possano aggiustare e certamente questo provvedimento potrà essere corretto dall'Aula.
L'elemento rispetto al quale credo non si possa arretrare è il valore espresso da questo provvedimento, ossia che non si può, con i soldi dello Stato, carpire notizie dai cittadini, notizie non costituenti reato, ma private, per poi pubblicarle sui giornali impunemente. Credo sia un elemento basilare della democrazia e, peraltro, ho anche imparato dalla lettura di tanti classici del diritto che hanno un'ispirazione culturale di sinistra, dai quali giustamente abbiamo appreso negli anni quanto sia importante difendere il cittadino dal potere occulto dello Stato. Credo che ciò significhi essere liberali e ricordo, quando tanti anni fa lavoravo con il vecchio codice, il codice istruttorio, che, anche in relazione a gravi reati, i PM che, allora controllavano l'azione della polizia giudiziaria, erano molto attenti, prima di farlo, ad autorizzare le intercettazioni anche qualora vi fossero fondati elementi per ritenere che quelle investigazioni si potessero compiere con tale strumento o concreti elementi per ritenere che la persona avesse a che fare con il reato su cui si indagava.
Detto ciò, voglio semplicemente cogliere l'occasione per citare un fatto che mi ha riguardato personalmente. Qualche tempo fa, nel corso di un'indagine, che non vedeva me come indagato (era indagato e poi arrestato un componente del mio partito), nella mia città, una piccola cittadina di quarantamila abitanti, apparse la seguente locandina, affissa su tutti i portici della mia città, che è Cava de' Tirreni: Caso Gambino, intercettato Cirielli. Mia moglie, che era in compagnia dei miei due figli piccoli, mi chiamò per sapere che cosa avessi fatto. Io le dissi: comprati il giornale. Si comprò il giornale e nel giornale c'era scritto che io e questo esponente politico, rispetto alla cui vicenda giudiziaria ritengo che la magistratura svolgerà Pag. 28bene il suo compito ed io ne ho massima fiducia, parlavamo di chi si doveva candidare a sindaco in quella città. Ovviamente delle migliaia di cittadini della mia comunità avranno comprato il giornale poche decine di persone. Centinaia, invece, hanno visto il titolo, immaginando che, se il giornale fa una locandina dove c'è scritto che è intercettata una persona, all'interno delle intercettazioni si parla di fatti costituenti reato. Ebbene, moltissime persone mi hanno chiamato quella giornata per sapere in che cosa fossi stato coinvolto, mentre io non ero coinvolto, almeno da quella intercettazione, in nulla; parlavo semplicemente, come sarà capitato a molti di noi, di chi si doveva candidare a sindaco.
Allora io pongo solo questa domanda ai colleghi: se una cosa del genere sia legittima, se per un diritto sacrosanto, che è quello all'informazione, si possano in maniera così capziosa mettere alla berlina le persone, utilizzando per esempio anche lo strumento della locandina o lo strumento del titolo, a cui non corrisponde il contenuto dell'articolo all'interno del giornale. Penso che questa riflessione sia il cuore del motivo per cui è necessario limitare la pubblicazione, sacrosanta quando le intercettazioni, quando le notizie che riguardano chiunque siano captate grazie al potere dello Stato, e legate soltanto a casi e a fatti che siano penalmente rilevanti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Così come stabilito in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento, che proseguirà nella seduta di mercoledì 12 ottobre.
Avverto i colleghi che la seduta, dopo la sospensione, riprenderà alle ore 17,30 con lo svolgimento delle interpellanze urgenti.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 13,20).

ANTONIO PALAGIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per un minuto.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, in un momento così delicato per le libertà dell'informazione nel nostro Paese, alla vigilia del voto sulla legge bavaglio, si è spento un mito. La scorsa notte Steve Jobs ci ha lasciato. L'America si è fermata, il mondo del web è a lutto. Il Parlamento italiano, sempre pronto e puntuale nel ricordare tanti colleghi passati a miglior vita, ma che spesso non hanno minimamente inciso sulle nostre vite e sul nostro modo di vivere, si dimentica di porgere l'ultimo saluto al «mago» della Apple, il Leonardo del terzo millennio. È triste constatare che in un momento del genere la casta «se la suona e se la canta», anche quando si tratta di una marcia funebre del proprio tempo, della Camera dei deputati. Steve Jobs è morto, un grande uomo della storia se n'è andato. Sono certo che porterà una ventata di innovazione anche in paradiso.
Chiedo ai colleghi, col permesso del Presidente, di rivolgere a Steve un saluto estremo con un minuto di raccoglimento (Applausi).

FRANCESCO LARATTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO LARATTA. Signor Presidente, intervengo solo per richiamare l'attenzione sulla richiesta che abbiamo rivolto già due settimane fa con il collega Giulietti e che è anche tema di un'interrogazione firmata da 30 colleghi sulla sorte di Francesco Azzarà, l'operatore di Emergency che è oggi al cinquantatreesimo giorno del suo rapimento in Darfur. Avevamo chiesto, sia nell'interrogazione sia nell'intervento in aula di due settimane fa, al Governo e al Ministro Frattini di riferire in aula, di informare l'Aula, di far sapere sulle condizioni di salute di Francesco Azzarà, sulla situazione e sullo stato delle cose. Pag. 29
Capiamo il silenzio stampa chiesto dalla famiglia e da Emergency, però il Parlamento credo che debba essere informato sullo stato delle cose. Pertanto, signor Presidente, ribadiamo per la terza volta consecutiva se il Ministro Frattini e il Governo possano informare l'Aula sullo stato della situazione del rapimento di Francesco Azzarà, ormai da due mesi nelle mani dei rapitori in Darfur.

GIUSEPPE GIULIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, intervengo solo per associarmi alla richiesta fatta dall'onorevole Laratta, la quale è stata anche oggetto di un documento finale della marcia Perugia-Assisi, dove erano presenti moltissimi esponenti calabresi e anche del paese di Azzarà.
Si tratta, infatti, signor Presidente, di una situazione molto delicata in quanto da ogni parte si dice che si avvicina la soluzione, ma passano i giorni. È importante rispettare il silenzio stampa, ma è importante che almeno le Commissioni ne siano informate.
Ne approfitto, inoltre, per ringraziarla, signor Presidente, perché mi pare corretto. Ieri l'Aula, in modo unitario, ha chiesto che vi fosse grande attenzione sui funerali di Barletta che si svolgeranno alle ore 15. Dopo il suo intervento sulla Commissione di vigilanza Rai, il presidente Zavoli ha comunicato che ci sarà la diretta almeno su Rai News - forse sarebbe stato meglio che fosse condivisa da altre reti - insieme ad una ricostruzione dell'accaduto.
Ci auguriamo, come lei ha auspicato, che - almeno in occasione della giornata che l'Associazione nazionale fra lavoratori mutilati ed invalidi del lavoro dedica alle vittime degli infortuni sul lavoro - vi sia un'attenzione straordinaria nei confronti di un tema troppo a lungo rimosso.

ALDO DI BIAGIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, in questa sede voglio sollecitare l'attenzione sulla grave situazione che si sta determinando nella rete consolare.
Mentre rimandiamo di settimana in settimana la discussione della mozione concernente la cooperazione allo sviluppo e il voto estero, il Ministero degli affari esteri ha confermato la razionalizzazione della rete, inclusi i tagli per i finanziamenti allo sviluppo, le decurtazioni del personale a contratto e le riduzioni dello stesso personale.
I rapporti epistolari tra sede centrale e sedi estere in questo momento riguardano unicamente questioni economiche e commerciali: quanto guadagnano, se licenziano le persone, se chiudono il consolato, se chiudono l'Istituto di cultura e riducono lo stipendio dei contrattisti. Dei servizi poco importa. Ciò è gravissimo. Si sentono ventilare possibilità di affidare ai servizi postali dei Paesi esteri alcune prestazioni altamente delicate e riservate, come l'acquisizione delle impronte digitali. Si concentra l'erogazione dei servizi in una sede unica su tutto il territorio.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ALDO DI BIAGIO. Ciò può andare bene per un Paese come Malta, ma non certo per i Paesi più grandi, come la Germania e l'Australia.
Costringiamo i nostri cittadini a fare centinaia di chilometri per ottenere un passaporto o i documenti per la pensione. È inaccettabile!

RAFFAELLO VIGNALI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, intervengo anch'io per associarmi al ricordo di quello straordinario personaggio che è stato Steve Jobs, mancato questa notte.
Vorrei, tuttavia, ricordarlo con le sue parole, quelle stesse che pronunciò ai giovani laureandi di Stanford e che, a mio Pag. 30avviso, valgono per tutti, non solo per i giovani, ma anche per tutti noi: «Ricordarmi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita. Perché quasi tutte le cose - tutte le aspettative di eternità, tutto l'orgoglio, tutti i timori di essere imbarazzati o di fallire - semplicemente svaniscono di fronte all'idea della morte, lasciando solo quello che c'è di realmente importante. Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore che io conosca per evitare di cadere nella trappola di chi pensa che abbiamo sempre qualcosa da perdere. Siamo già nudi. Non c'è ragione, quindi, per non seguire il nostro cuore. (...). Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. (...). Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione» (Applausi).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, mi permetta di svolgere due richiami.
In primo luogo, se non ho capito male la ripresa dei lavori, oggi, per lo svolgimento delle interpellanze urgenti, è prevista per le ore 17,30. Non riesco a comprenderne la necessità, però, lei, magari, dopo, riuscirà a spiegarla.
Il secondo richiamo che intendevo fare riguarda quello che normalmente è un sollecito per la risposta ad un atto di sindacato ispettivo. Ebbene, questa volta, per la prima volta ed in maniera certamente non usuale, intervengo non per sollecitare la risposta ad un atto, ma per ritirare l'atto stesso. Sì, signor Presidente, ritiro la mia interrogazione n. 4/13140 non perché il Governo abbia fatto il suo dovere o perché mi sia reso conto che essa fosse superflua o inutilmente polemica. Tutt'altro. La ritiro perché è successo un fatto, a mio avviso, scandaloso.
L'interrogazione faceva riferimento alla lettera della Banca centrale europea del 5 agosto scorso, su cui si è innestato il drammatico balletto del decreto-legge, che poi è diventato la cosiddetta manovra bis, poi ter, poi quater, e così via.
Questa lettera non era mai stata resa nota dal Governo. Molti ministri, a sostegno delle scelte fatte, si sono sempre fatti scudo di questa lettera, senza mai renderla pubblica. Le motivazioni, giuridicamente sgrammaticate, che erano state adottate per non pubblicare la lettera le confuteranno poi gli storici, i giuristi, ma non è questo ora il punto. Importa, invece, che il Governo, che non l'ha voluta rendere pubblica, tuttavia, su di essa, o prendendo essa come pretesto, aveva adottato un decreto-legge, la cui conversione è stata poi ottenuta con la questione di fiducia, sia al Senato che alla Camera. Sono tutti fatti gravissimi, per un Governo che ha la maggioranza in Parlamento solo a giorni alterni, ma che da tempo è stabilmente minoranza nel Paese.
Con il mio atto volevo soltanto conoscere il testo di quella lettera. Per fortuna ci ha pensato il Corriere della Sera del 28 settembre. Ora l'ho letta, signor Presidente, non ho bisogno della risposta di un Governo che si è dimostrato incapace, incompetente. Ovviamente, essendo in stato comatoso e agonizzante non potrebbe essere diversamente, per cui confermo il ritiro della mia interrogazione.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, per quanto riguarda il rilievo che ha fatto sull'orario d'inizio della ripresa della seduta, devo dirle che la scelta è dovuta a un'organizzazione della Presidenza. È la prima volta che accade, ma non era possibile fare diversamente.

ENZO RAISI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, anch'io vorrei associarmi al coro dei colleghi che hanno voluto ricordare questo straordinario personaggio, Steve Jobs. Anch'io Pag. 31avrei gradito si osservasse un minuto di silenzio, anche perché è stato un grande imprenditore, che ha insegnato molto ai giovani, come anche la frase che ormai ricorre su tutto il web, «stay hungry, stay foolish», un grido di speranza per tanti giovani che ha cambiato il nostro stile di vita, anche a noi un pochino meno giovani. Ritengo sia uno di quei personaggi che anche nella nostra Aula poteva e doveva essere ricordato, per cui mi associo alla richiesta del minuto di silenzio.

PIETRO TIDEI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIETRO TIDEI. Signor Presidente, vorrei richiamare la sua attenzione sul fatto gravissimo che è apparso sulle cronache nazionali dei giornali, sia ieri che oggi, e sul quale già da tempo, insieme ad altri colleghi, ho presentato un'interrogazione, alla quale non è stata ancora fornita adeguata risposta.
Si tratta del carcere di Mammagialla di Viterbo, ormai oppresso da molti drammi: il sovraffollamento, l'assenza del direttore del carcere, che non c'è, l'assenza cronica di personale di polizia penitenziaria. Si è aggiunto a tutto ciò la presenza dell'arsenico nell'acqua, per cui l'acqua non si può bere. Vi è una condizione disastrosa, tant'è che il 17, signor Presidente, si riunirà a Viterbo tutta l'assemblea degli enti locali (comune, provincia e regione), per denunciare questa grave assenza del Governo, in modo particolare del Ministero della giustizia e, soprattutto, per ottemperare a delle esigenze che sono diventate drammatiche.
Annunziamo che una delegazione di parlamentari, martedì, sarà al carcere di Mammagialla, per verificare questa drammatica situazione. La pregheremmo, Presidente, e lo dico per l'ennesima volta, di far rispondere alle interrogazioni che presentiamo, sulle quali ogni giorno si scatena un crogiolo, un numero di esigenze tali da non poter ancora permetterci la totale assenza ed il silenzio del Governo. È un problema serio, vogliamo su questo una risposta adeguata.

SOUAD SBAI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SOUAD SBAI. Signor Presidente, cari colleghi, vorrei portare alla vostra attenzione il dramma di Martina, la bambina di due anni ancora sequestrata in Tunisia.
Solo ieri il tribunale italiano ha tolto la patria potestà al padre. Lo ripeto, è stata tolta la patria potestà al padre. Martina è ancora sequestrata. Nessuno parla di Martina. Tuttavia, ringrazio i colleghi che hanno sottoscritto l'interrogazione da me presentata il 5 settembre, che ancora ad oggi non ha avuto risposta.
Vorrei richiamare la sua attenzione, signor Presidente, e quella di tutti i colleghi affinché si faccia al più presto qualche cosa per liberare Martina dal sequestro. La mamma di Martina versa in una condizione drammatica: non può viaggiare e non può muoversi. La mamma di Martina è disperata. Stiamo parlando di una bambina italiana, non stiamo parlando di bambini stranieri, come qualcuno ha detto. Stiamo parlando di una bambina italiana che non ha nessun diritto oggi in Tunisia. C'è stata l'udienza qualche giorno fa a Tunisi dove è stato dato l'affido al padre, ma senza la presenza né dell'ambasciata, né del consolato e neanche del suo avvocato italiano (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà)

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, volevo sollecitare la risposta ad un'interpellanza che ritengo rivesta un carattere particolare, al di là della risposta. Questo mio brevissimo intervento è volto a sollecitare il Governo ad affrontare un problema che è quello del carcere e della polizia penitenziaria. Mi riferisco, nella fattispecie, ad un concorso bandito nel 2006 per vicecommissari della polizia penitenziaria che era stato indetto per 133 posti e poi ampliato a 150. Sono rimasti fuori una serie di idonei, che sono 300. Pag. 32
Quello che ha chiesto più volte il DAP è di poter attingere a questi idonei per completare l'organico. Credo sia importante. Abbiamo discusso poco fa di intercettazioni e vi è il problema delle carceri e dei padiglioni vuoti, esigenze più volte avvertite. Lo ripeto: il DAP ha chiesto queste cose al Ministro della giustizia. Se è pronta una risposta a questa interpellanza, quanto meno si affronterà il problema dello svuotamento delle carceri e della cura del personale. Ritengo sia un dato molto importante e significativo.

ANDREA SARUBBI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, mi rivolgo a lei perché ho due problemi anche regolamentari, nel senso che non so se sono autorizzato a parlare di qualcosa che è accaduto in quest'Aula al di fuori della seduta, però mi sento obbligato a farlo politicamente. Infatti, mentre la seduta attuale era sospesa (ossia nell'intervallo che vi è stato, durante il quale si era chiesto tempo per permettere al Comitato dei nove di riunirsi) è arrivato in quest'Aula il Presidente del Consiglio.
Il Presidente del Consiglio, invece, ha evitato completamente il dibattito prima e dopo sulle intercettazioni. Si tratta di una sua scelta politicamente legittima, forse poco comprensibile per gli italiani, ma comunque legittima. È arrivato in quest'Aula il Presidente del Consiglio e ha radunato attorno a sé un nutrito capannello di colleghi del Popolo del Libertà - immagino forse ci sarà stato anche qualcuno della Lega - e in maniera piuttosto «ridanciana» li ha intrattenuti. Abbiamo saputo di barzellette raccontate, abbiamo visto molte risate...

RENATO FARINA. Non ha detto nessuna barzelletta! Metti una cimice qui, così sai cosa ha detto!

ANDREA SARUBBI. Abbiamo assistito a molte risate e a momenti di ilarità. Adesso c'è una cosa grave che le devo dire.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Sarubbi.

ANDREA SARUBBI. A un certo punto è intervenuta, come alcuni di voi, la nostra collega Codurelli, e - guardi, questo glielo posso assicurare sul mio onore - ho sentito con queste orecchie dai banchi della Lega (chiedo scusa per l'espressione che sto per dire) un nostro collega che è intervenuto dicendo alla nostra collega «Codurelli fatti scopare».
Ora, credo che questo sia vergognoso nella storia della Camera dei deputati, che sia un insulto a una donna innanzitutto e un insulto anche all'istituzione che rappresentiamo. Per questo motivo, pur non rientrando certamente nei resoconti, queste parole resteranno udite da queste mura e le voglio documentare nei resoconti e a tal fine sono intervenuto.
In più, vorrei autodenunciarmi, perché so che è contrario al Regolamento della Camera, ma per disobbedienza civile ho scattato una foto del capannello del Presidente Berlusconi con i deputati, l'ho pubblicata su twitter - so che non si può fare - e per evitare di essere scoperto mi autodenuncio. Chiedo quindi alla Presidenza e all'Ufficio di Presidenza di prendere provvedimenti disciplinari contro di me, se lo ritiene necessario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Io, invece, rappresenterò eventualmente la questione che lei ha segnalato. È vero che eravamo fuori dai lavori, comunque la questione che lei ha sollevato verrà rappresentata alla Presidenza e, ritengo, poi al Collegio dei questori. Ci sarà eventualmente un seguito.

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor deputato Presidente, intervengo per segnalare a lei, ai colleghi e alle colleghe deputate un fatto molto grave che si è verificato nel nostro Paese. Abbiamo sentito qualche Pag. 33giorno fa che l'amministratore delegato di FIAT ha abbandonato Confindustria. La verità è che Marchionne vuole abbandonare non Confindustria ma l'Italia, ed è gravissimo. Ma è ancora più grave il modello che questo amministratore delegato di FIAT ha dell'industria, la concezione di come si debba operare in Italia, di come bisogna fare industria, cioè a mani libere. È ancora più grave apprendere che l'amministratore delegato di FIAT, Marchionne Sergio, nato a Chieti il 17 giugno 1952, ai sensi dell'articolo 335 del codice di procedura penale, si dispone che venga iscritto nel registro degli indagati...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Barbato.

FRANCESCO BARBATO. ...quindi è indagato per gli articoli 110, 368 e 629 del codice penale, ossia l'amministratore delegato di FIAT in Italia è indagato per estorsione, è indagato per calunnia e poi perché ha commesso questi reati in concorso con altre persone, ai sensi dell'articolo 110 del codice penale. È gravissimo che nella nostra industria italiana e in questo Paese ci siano operatori industriali che si muovono in tal senso, che fanno gli estorsori.

RENATO FARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO FARINA. Signor Presidente, intervengo semplicemente per pronunciare le parole Corno d'Africa ed emergenza perché in questo momento la situazione in quella parte del mondo non è affatto migliorata rispetto a quando ne abbiamo discusso e abbiamo approvato una mozione unitaria in settembre. Anzi, l'allarme continua e desidero, se possibile, che il Governo venga a riferire di come vanno le cose lì e come questa mozione approvata all'unanimità trovi rispondenza nei fatti.
Lo dico anche perché ieri il Papa ha rinnovato un appello alle organizzazioni internazionali su quanto sta accadendo nel Corno d'Africa, perché tutte le notizie che giungono qui non sono certo positive e incoraggianti e non testimoniano di quell'impegno corale che pure tutti i Paesi del mondo a voce avevano sostenuto di adempiere.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 17,30.

La seduta, sospesa alle 13,40, è ripresa alle 17,45.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati D'Amico, Mantini e Stucchi sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 17,46).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Rinvio delle interpellanze urgenti Vico n. 2-01214 e Carlucci n. 2-01205)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Vico n. 2-01214 è rinviato ad altra seduta.
Avverto altresì che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Carlucci n. 2-01205 è rinviato ad altra seduta.

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(Iniziative volte a individuare le risorse necessarie per la messa in sicurezza della strada statale n. 166 «degli Alburni» - n. 2-01215)

PRESIDENTE. L'onorevole Mario Pepe (Misto-R-A) ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01215, concernente iniziative volte a individuare le risorse necessarie per la messa in sicurezza della strada statale n. 166 «degli Alburni» (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARIO PEPE (Misto-R-A). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il maltempo dei giorni 18 e 19 settembre 2011 ha causato una frana sulla strada statale n. 166 degli Alburni che è stata chiusa al traffico nel tratto compreso tra i comuni di Corleto Monforte e San Rufo. Sul posto si sono portate le squadre di pronto intervento dell'ANAS e i tecnici del genio civile di Salerno e della regione Campania stanno eseguendo le verifiche sui costoni rocciosi. Al momento il traffico viene deviato sulla viabilità comunale con grave disagio soprattutto della popolazione studentesca che deve raggiungere il Vallo di Diano.
L'assessore ai lavori pubblici e protezione civile della regione Campania, Edoardo Cosenza, ha dichiarato che il rischio idrogeologico sulla strada statale n. 166 è noto e che nell'accordo di programma quadro sottoscritto mesi fa con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stati previsti circa 3 milioni di euro per la messa in sicurezza dei costoni rocciosi della strada statale n. 166; tuttavia, secondo l'assessore, si tratta di una problematica grave, che non può certo risolversi con azioni tampone, servono azioni radicali se si vuole evitare il rischio di isolamento dell'intera vallata.
Chiedo pertanto al sottosegretario - approfitto anche della presenza dell'onorevole Misiti, sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti - quali provvedimenti intendano adottare i Ministri interpellati al fine di individuare le risorse necessarie per la definitiva messa in sicurezza della strada statale n. 166 «degli Alburni».

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e per la tutela del territorio e del mare, Elio Vittorio Belcastro, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITTORIO BELCASTRO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in risposta all'interpellanza urgente n. 2-01215 presentata dagli onorevoli Mario Pepe (Misto-R-A) e Brugger, riguardante la frana verificatasi a seguito degli eventi meteorici intensi che hanno interessato l'area tra il Vallo di Diano ed il territorio dei Monti Alburni nei giorni 18 e 19 settembre 2011, si rappresenta quanto segue.
La frana, avvenuta lungo un versante già interessato da incendi nei mesi estivi con conseguente distruzione della copertura vegetale, ha invaso con blocchi e detriti il tratto tra il chilometro 55,150 e il chilometro 55,300 della strada statale n. 166 «degli Alburni» nel comune di San Rufo, in provincia di Salerno, interrompendone la transitabilità in direzione del comune di Corleto Monforte.
Per quanto riguarda gli interventi di somma urgenza per la messa in sicurezza del tratto stradale, il settore provinciale del Genio Civile di Salerno ha rapidamente eseguito l'allontanamento e il disgaggio dei massi instabili.
Le condizioni di pericolosità e di rischio idrogeologico dei versanti lungo i quali si sviluppa l'asse viario, e nello specifico il tratto di interesse, sono note da tempo e chiaramente individuate nell'ambito del Piano stralcio per l'assetto idrogeologico dell'autorità di bacino interregionale del fiume Sele, adottato con delibera del Comitato istituzionale n. 31 del 29 ottobre 2001 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 262 dell'11 dicembre 2001 (Supplemento ordinario). Le condizioni di rischio risultano confermate nella rivisitazione del Piano stralcio per l'assetto idrogeologico in corso di adozione: in base alle Pag. 35cartografie redatte dall'Autorità di bacino, l'intero versante a monte e a valle del tratto viario interessato dalla frana risulta perimetrato come area a rischio molto elevato e su tale area, nelle more dell'adozione definitiva del nuovo Piano, risultano già vigenti misure di salvaguardia adottate con delibera n. 1 del 4 aprile 2011.
Le condizioni di rischio afferenti all'intero versante a monte dell'abitato di San Rufo e della strada statale n. 166 sono state evidenziate nel corso delle attività tecniche che si sono svolte per la predisposizione dell'accordo di programma tra il Ministero dell'ambiente e la regione Campania, finalizzato alla programmazione e al finanziamento di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico. L'Autorità di bacino, infatti, ha segnalato tra gli interventi prioritari sul proprio territorio di competenza l'intervento nel comune di San Rufo (SA) - consolidamento dell'area denominata «Tempa Sant'Antonio» - consistente in opere di difesa attiva e passiva a difesa del centro abitato, per il quale è stato programmato, nell'accordo sottoscritto in data 12 novembre 2010, l'importo di euro 2.723.280, a valere su risorse regionali (fondi di bilancio regionali e risorse afferenti alla programmazione 2007-2013). Attualmente, risultano in corso verifiche tra la regione, i comuni ed il commissario straordinario sullo stato di avanzamento dei progetti già disponibili per gli interventi programmati nell'accordo, al fine di individuare le situazioni rapidamente cantierabili sulle quali trasferire le risorse di bilancio regionali già disponibili. Per quanto riguarda l'intervento nel comune di San Rufo, deve essere ancora individuata una soluzione progettuale per gli interventi che sia efficace nella mitigazione del rischio idrogeologico, ma anche coerente con i progetti già predisposti da ANAS per la messa in sicurezza della strada. Attualmente, la strada, con ordinanza del sindaco del comune suddetto, è stata interdetta al traffico, pertanto, l'ANAS si è attivata per ripristinare la funzionalità dell'arteria ma, nei sopralluoghi tecnici effettuati, ha verificato che, per mettere in sicurezza l'intero itinerario stradale, è necessario attuare un intervento organico in collaborazione con la regione Campania, competente per la difesa del suolo. A tal fine, il 28 settembre scorso, nel corso di un sopralluogo congiunto tra l'ANAS, l'assessore ai lavori pubblici e un rappresentante della protezione civile della regione Campania, si è concordato di istituire un tavolo tecnico allo scopo di valutare gli interventi più idonei alla mitigazione del rischio idrogeologico e i relativi impegni economici da sostenere. Proprio lunedì scorso, 3 ottobre, l'assessore ai lavori pubblici e la protezione civile della regione Campania ha coordinato, in qualità di commissario per l'emergenza Sele, i due tavoli tecnici previsti per la messa in sicurezza della statale n. 166 «degli Alburni» e delle altre strade provinciali del Vallo di Diano e degli Alburni. Per quanto riguarda la statale n. 166, ha rappresentato che si è costituito un gruppo di progettazione, coordinato dall'Arcadis, di cui fanno parte i tecnici dell'ANAS, del genio civile di Salerno, della provincia di Salerno e dell'Autorità di bacino del Sele, fissando per l'indomani un nuovo sopralluogo sul posto finalizzato alla progettazione di parti di gallerie artificiali e di ulteriori reti paramassi. Tale sopralluogo ha permesso di individuare, quale ipotesi progettuale più efficace, una galleria paramassi. Per il 10 ottobre prossimo venturo è stato già programmato un incontro tecnico per fare il punto della situazione e valutare il progetto preliminare; in tale occasione la provincia di Salerno presenterà un piano di opere minori per la sistemazione urgente sulle strade provinciali dell'agro nocerino-sarnese e del resto della provincia. Per quanto riguarda il riferimento alle riduzioni indotte dalla recente manovra finanziaria sul finanziamento dell'accordo di programma sulla difesa del suolo e alla richiesta su quali provvedimenti si intendano adottare al fine di individuare le risorse necessarie per la definitiva messa in sicurezza della strada statale n. 166 «degli Alburni», si evidenzia che questo Ministero sta attualmente svolgendo ogni Pag. 36azione possibile nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dello sviluppo economico e del CIPE affinché il taglio delle risorse FAS non sia interamente attuato a carico del settore della difesa del suolo, proprio in relazione all'esteso quadro di dissesto idrogeologico che interessa il territorio nazionale e, nello specifico, alle condizioni di elevato rischio presenti in regione Campania. Si precisa, infine, che il Ministero dell'ambiente, anche attraverso i recenti strumenti di flessibilità di bilancio, sta facendo fronte alle criticità derivanti dalle ridotte disponibilità utilizzando risorse proprie di investimento allocate nelle pieghe del proprio bilancio, pur nella consapevolezza che tali risorse non possono essere sufficienti a coprire il fabbisogno connesso alla programmazione, per il quale è indispensabile che non vengano apportate riduzioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Mario Pepe (Misto-R-A) ha facoltà di replicare.

MARIO PEPE (Misto-R-A). Signor Presidente, signor sottosegretario, ringrazio la sua cortesia, ma non sono per nulla soddisfatto della risposta.
Il territorio degli Alburni ha pagato un prezzo enorme in termini di disagio per la viabilità, l'isolamento e la mancanza di infrastrutture. Lo Stato è stato lontano per decenni da questi luoghi, quello Stato che Giovanni Amendola aveva definito l'invenzione più rivoluzionaria di un millennio di storia del popolo italiano, uno Stato che non deve essere un distributore di favori, ma uno strumento di diritti.
Qui, signor sottosegretario, sono in discussione propri i diritti fondamentali delle persone come, per esempio, il diritto allo studio. Gli studenti, per raggiungere le scuole superiori nel vallo di Diano, devono affrontare cinque ore di pullman al giorno. Quindi, il territorio degli Alburni ha bisogno di altro e non di chiacchiere e tabacchiere di legno.
Signor sottosegretario, vorrei invitarla a visitare il territorio degli Alburni (e ne approfitto per ricordarlo anche al viceministro Misiti, presente in Aula, che mi ha promesso che verrà il 14 ottobre), quei paesi che hanno subito emorragie di giovani, le case, i monumenti che ricordano i caduti sul Carso, contributo all'unificazione nazionale, i santuari della civiltà contadina, dove ancora si respira la sofferenza di tanti padri e madri che hanno fatto studiare i loro figli che hanno contribuito alla ricchezza di altre regioni italiane, di regioni del Nord, che oggi considerano il Sud un peso. Ebbene, signor sottosegretario, troverà in questi paesi ormai spopolati dei giovani che non si vogliono rassegnare, che stanno impiantando nuove imprese, che puntano sul binomio inscindibile qualità e ambiente, che stanno creando delle imprese agrituristiche attraverso un turismo non predatorio, ma duraturo, che possa intercettare i nuovi flussi del Nord Europa. Non lasciamoli soli, ma se non rompiamo quell'isolamento, se lei, signor sottosegretario, non prevede un investimento massiccio nella zona, queste iniziative moriranno. Signor sottosegretario, non lasciamoli soli.

(Iniziative del Governo in relazione al progetto di riorganizzazione del gruppo Alenia, con particolare riferimento alle attività produttive in Campania e nel Lazio ed ai relativi livelli occupazionali - n. 2-01219)

PRESIDENTE. L'onorevole Barbato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01219 concernente iniziative del Governo in relazione al progetto di riorganizzazione del gruppo Alenia, con particolare riferimento alle attività produttive in Campania e nel Lazio ed ai relativi livelli occupazionali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
Prendo atto che l'onorevole Barbato si riserva di intervenire in sede di replica.
Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e per la tutela del territorio e del mare, Elio Vittorio Belcastro, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITTORIO BELCASTRO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, Pag. 37 con l'interpellanza urgente n. 2-01219, l'onorevole Barbato ed altri pongono quesiti in ordine alla riorganizzazione del gruppo Alenia e, in particolare, chiedono che non venga meno la centralità del radicamento delle attività produttive in Campania e nel Lazio.
Al riguardo, la società Finmeccanica ha comunicato che il 16 settembre ultimo scorso è stato presentato alle organizzazioni sindacali il piano di rilancio, di riorganizzazione e ristrutturazione del settore aeronautico di Finmeccanica.
Le azioni previste dal citato piano mirano ad adeguare l'offerta alle esigenze del mercato, al fine di consentire al sistema industriale italiano di mantenere la capacità di progettare, produrre, testare e supportare logisticamente un velivolo completo ad ala fissa in una situazione internazionale sempre più competitiva e caratterizzata da una generalizzata contrazione dei budget nazionali della difesa.
Il piano sarà consolidato attraverso la fusione per incorporazione di Alenia Aermacchi in Alenia Aeronautica, in modo da realizzare un'unica realtà industriale con un unico nome e un'unica sede sociale (Venegono superiore), affiancata da due sedi operative (Torino per addestratori-velivoli da difesa e Pomigliano D'Arco per il settore civile), che saranno il baricentro di attività industriali omogenee per tecnologia e prodotto (Centri integrati di produzione).
Nel piano sono previsti una serie di investimenti mirati che riguarderanno sia l'area sud che l'area nord. Tali investimenti saranno garantiti utilizzando risorse finanziarie interne, che in parte si renderanno disponibili grazie a un programma di ottimizzazione dei processi interni ed esterni e la razionalizzazione dei siti industriali. Complessivamente nei prossimi anni la società prevede di realizzare investimenti per circa tre miliardi di euro, oltre a 168 milioni di euro da attivare nel breve periodo. In particolare, è previsto lo sviluppo in partnership di un nuovo velivolo commerciale civile che coinvolgerà significativamente l'area sud e lo sviluppo sempre attraverso una collaborazione internazionale di un nuovo velivolo UAV, che coinvolgerà industrialmente l'area nord.
È inoltre prevista la ridefinizione dell'ingegneria in 3 settori (difesa, addestratori, civile) ed una ristrutturazione della filiera produttiva. Per quanto riguarda i costi operativi, il piano prevede una significativa riduzione degli stessi, l'esternalizzazione delle attività a minor valore aggiunto (sorveglianza, magazzino, contabilità) ed un necessario riequilibrio delle risorse umane in termini quantitativi e qualitativi. Sotto il profilo occupazionale la società ha precisato di aver studiato soluzioni che consentono la realizzazione del citato piano senza prevedere alcun licenziamento, nonché di procedere a circa 500 assunzioni mirate in relazione ad alcuni programmi internazionali.
Con riferimento ai siti è prevista la dismissione di alcuni di essi. In particolare, le attività attualmente svolte a Casoria verranno implementate presso il sito di Nola, mentre le risorse saranno trasferite presso i siti di Nola e Pomigliano. La chiusura del sito di Roma è, invece, finalizzata al consolidamento e alla crescita delle sinergie fra le funzioni di progettazione e produzione e le funzioni di staff restituendo alla fabbrica la sua centralità. Il trasferimento delle risorse sarà supportato da specifiche misure di sostegno, al fine di mitigarne eventuali risvolti negativi sia sotto il profilo economico che sociale. Le risorse dello stabilimento di Venezia verranno riallocate sul medesimo sito in un contesto industriale polifunzionale di ala fissa ed ala rotante.
La società ha, infine, soggiunto che tali azioni saranno in ogni caso esaminate nei prossimi incontri con le organizzazioni sindacali a cominciare da quello già calendarizzato per la data odierna (giovedì 6 ottobre) attraverso un approccio costruttivo ed aperto al confronto, nel rispetto dei diversi ruoli.

PRESIDENTE. L'onorevole Barbato ha facoltà di replicare.

Pag. 38

FRANCESCO BARBATO. Deputato Presidente, con la risposta del Governo io non solo voglio esprimere tutta l'insoddisfazione di Italia dei Valori su un tema così rilevante che riguarda il lavoro e l'occupazione, ma voglio aggiungerci qualcosa di più. Mi riferisco a quanto accaduto oggi in Aula, ora deserta (è un'Aula nella quale ci sono cinque deputati compreso il sottoscritto, sei con il Presidente, e questa è l'ennesima dimostrazione dell'interesse che la politica e il Parlamento ripongono sui temi dell'occupazione, del lavoro, segnatamente sul caso Alenia, oggetto di questa interpellanza). Mi riferisco alla provocazione che questo Governo e questa maggioranza hanno arrecato in data odierna ai lavoratori, non solo a quelli di Alenia, ma a tutti i lavoratori e le lavoratrici che in Italia oggi soffrono, hanno paura, stanno perdendo il loro posto di lavoro, vedono a rischio il loro futuro. Qual è la provocazione che hanno fatto il Governo e la maggioranza di centrodestra che lo sostiene?
È che oggi, anziché parlare di questi temi, anziché parlare di Alenia, questione che viene seguita qui, in quest'Aula, da sei parlamentari, l'ordine del giorno odierno in Parlamento recava il tema delle intercettazioni. Una politica seria, un Governo serio, che davvero stia al servizio di un Paese, può non dare la priorità ai veri temi, o meglio alle vere tragedie, che, in questo momento, stanno avvinghiando il nostro Paese? Ed è così disinvolto, così superficiale, così sprovveduto questo Governo che, oggi, impegna il Parlamento per parlare di intercettazioni. Io vi chiedo: secondo voi, in questo momento, il Paese ha bisogno di risposte sui temi economici e del lavoro o sui temi delle intercettazioni? Personalmente, l'ho verificato perché sono tra i cittadini, perché l'Italia dei Valori ascolta i cittadini, parla con i cittadini, respira i problemi, le difficoltà, le ansie e le paure dei cittadini. Lunedì, quando ero a Napoli ad una manifestazione, ad un corteo, dei lavoratori di Alenia, vi erano centinaia e centinaia di lavoratori che da piazza Garibaldi sono arrivati a piazza Matteotti ed io insieme a loro. Ahimè, non eravamo neanche sei parlamentari come oggi, ma ero l'unico parlamentare insieme a quei lavoratori, a rappresentare le loro sacrosante ragioni. Quei lavoratori vogliono sapere per quale motivo il Governo e il Parlamento non mettono all'ordine del giorno la loro vicenda perché è a rischio il loro posto di lavoro. Dopo venni anche a Roma perché, sempre i lavoratori di Alenia, avevano organizzato una giornata di protesta e di sciopero in via Campania; stetti anche con loro e pure lì ero solo, non c'erano neanche i sei parlamentari che sono oggi in Aula ad ascoltare la vicenda Alenia.
Signor Presidente, è grave o no che, in questo momento, si trascurino i veri temi del Paese, le vere questioni di cui la politica dovrebbe farsi carico? Ecco perché è una provocazione, ecco perché il Governo, e la maggioranza che lo sostiene, sono i veri responsabili delle tensioni sociali che stanno crescendo nel Paese. Una protesta che monta e che, secondo me, tra non molto ci porterà ai livelli della Grecia dove i cittadini, stanchi ed indignati, occupano i palazzi delle istituzioni, i ministeri. Infatti, quando di fronte ad ogni uomo e ad ogni donna vi è lo spettro della disperazione, della fame, quando non si ha più un futuro e si perde tutto non avendo più nulla da perdere, allora l'esasperazione viene fuori e ribellarsi in quel momento è giusto. Per questa ragione, l'Italia dei Valori è vicina ai lavoratori ed alle lavoratrici che, oggi, in questo Paese, stanno soffrendo inascoltati dalla politica. Noi non stiamo vicino a loro solo nelle piazze, davanti ai cancelli, davanti alle fabbriche, ma veniamo nel Palazzo a portare le loro ragioni, le loro sacrosante ragioni. Infatti, il piano di Alenia è scellerato, non è un piano industriale. E noi siamo preoccupati soprattutto perché, in questo Paese, davvero non c'è una politica industriale da parte del Governo Berlusconi. Anzi, no, forse ho sbagliato, una politica industriale ce l'ha il Governo Berlusconi, o meglio: come intende la politica industriale il Governo Berlusconi?
La intende introducendo nel circuito delle grandi opere pubbliche soggetti come Pag. 39Tarantini, il magnaccia cocainomane. Si è preoccupato di inserirlo soprattutto nella Protezione civile e in Finmeccanica perché lì è più facile bypassare le procedure d'appalto. Per ben due volte Berlusconi convoca a palazzo Grazioli il presidente di Finmeccanica per sollecitarlo di persona a sdoganare i contratti che Tarantini e il suo socio attendono di ricevere. Insomma, questa è la politica industriale del Presidente Berlusconi. È la politica industriale con la quale si aiutano le cricche, si aiutano gli affaristi, si consente a soggetti come il latitante Lavitola di diventare consulenti di Finmeccanica. Quest'ultima è la Spa a capitale pubblico ed è la controllante di Alenia. Allora è singolare il piano di rilancio di cui parlava il sottosegretario nella sua risposta. È un piano di rilancio nel quale il Governo ci riporta il piano industriale di Alenia: né più né meno. Quindi rispetto alla nostra interpellanza urgente con la quale vi chiedevamo: signori del Governo, ci sono 1.200 esuberi strutturali che Alenia ha evidenziato nel suo piano. C'è la volontà di Alenia di chiudere gli stabilimenti di Casoria, Venezia, Roma. Ebbene rispetto a queste scelte solo a Casoria ci sono 465 lavoratori. Che fine fanno questi lavoratori? E allora non abbiamo risposte perché abbiamo visto come funziona la politica industriale del Governo Berlusconi. Infatti Finmeccanica serve per aiutare le cricche, gli amici e gli amici degli amici, per dare qualche consulenza alla modella definita amica di Berlusconi, Debbie Castaneda, al latitante Lavitola, insomma così funziona Finmeccanica. Dunque per quale ragione dobbiamo tollerare una politica industriale con la quale si arricchiscono e si danno i soldi alle cricche, agli affaristi e poi si vuol far pagare il conto ai lavoratori dell'Alenia di Casoria, dell'Alenia di Pomigliano, dell'Alenia di Roma. Per quale ragione chi fa il proprio dovere come questi lavoratori deve sempre pagare il conto? È questo che noi dell'Italia dei Valori non vi consentiremo e abbiamo preso per mano questi lavoratori, questi italiani onesti che vogliono semplicemente riconquistare una dignità che voi gli state togliendo perché state togliendo loro il lavoro. Loro vogliono semplicemente quanto previsto dalla Costituzione. Vogliono lavorare. E sono gente che offre più produttività, offre efficienza. Gli stabilimenti di Casoria, di Pomigliano danno il massimo della produttività. Ci sono dati incredibili. Loro producono per un mercato, per un mercato che ha richiesta perché di aeromobili c'è bisogno. Ma il guaio è che questo Governo ha questo tipo di politica. È il Governo che pensa soltanto alla politica del «magna magna». Perché poi, guarda un po', il 22 marzo 2011 il direttore delle relazioni istituzionali di Finmeccanica, Borgogni, vuota il sacco ai magistrati della procura, riferisce e spiega il senso di due biglietti che erano stati sequestrati. Nel primo c'erano alcune aziende controllate da Finmeccanica con la dicitura «rinnovo consiglio d'amministrazione».
Nel secondo invece compaiono i nominativi degli onorevoli Milanese, Giorgetti, poi c'era Squillace per il Ministro La Russa, poi c'era Guerrera, che è il capo della segreteria di Scajola. Ve lo ricordate? È quel Ministro che si arrabbiò, perché disse: «Ma chi si è permesso di regalarmi un appartamento di fronte al Colosseo a mia insaputa? Ma come si sono permessi di regalarmi una casa di fronte al Colosseo di cui non so niente?». Ebbene, così funziona la spartizione della pubblica amministrazione, dei consigli di amministrazione delle Spa a capitale pubblico. A questo servono le società per azioni a capitale pubblico, dove dobbiamo inserire un po' di amici del centrodestra, dove naturalmente chi la fa da grande è anche la Lega. Infatti mi devono spiegare che c'entra nel consiglio di amministrazione Galli, il presidente della provincia di Varese. Deve pensare a fare il presidente o deve amministrare e governare una grande azienda qual è Finmeccanica?
Ma è semplicemente perché la politica che sta portando avanti il Governo di centrodestra è solo la politica delle poltrone, la politica del «magna magna», del cumulo di poltrone e di incarichi, perché vi servono solo per fare affari. È questo il Pag. 40lavoro che sta facendo la Lega, che sta «mantenendo il sacco» a Berlusconi ed al Popolo della Libertà. Questo è il lavoro vero della Lega, che nei territori dice una cosa e poi a Roma diventa una Lega ancora più ladrona di quella Roma ladrona che per tanto tempo aveva invocato. Così sta funzionando.
E purtroppo a noi dispiace soprattutto perché chi paga le conseguenze di questo sistema sono gli italiani e le italiane, che non hanno un Governo che governi. Purtroppo stiamo vedendo come funziona, che tipo di politica stanno mettendo in campo. Noi siamo veramente preoccupati. L'Italia dei Valori su questo tema non ve la manda buona, perché siamo stufi, girando per i territori, davanti ai cancelli delle fabbriche, di vedere le lacrime negli occhi di uomini e di donne e dei loro figli. Sono stato davanti all'Irisbus ad Avellino; vi erano i ragazzi, i figli che facevano le nottate con i genitori, perché dicevano: «Dobbiamo dare sostegno ai nostri genitori, perché sono disperati».
Che ne sapete voi di queste cose. Voi non conoscete il disagio, il bisogno, la paura, la rabbia che ormai si accumula nell'animo degli italiani e delle italiane. Voi vi limitate alla politica televisiva, vi basta andare a Porta a Porta, pensate che finisca tutto lì, fate un po' di propaganda e state a posto. Ma la cosa più grave è che invece state sfasciando un Paese, perché state dando un'impostazione economico-industriale che sta facendo crollare il nostro Paese.
Ve lo dicevo stamattina, di questo tipo di politica che il Governo ad esempio fa nelle società per azioni a capitale pubblico. Come vengono gestite? A che cosa servono? Non servono per garantire il lavoro a Casoria, come a Pomigliano, come a Roma. Non servono per creare delle industrie produttive che riescano a stare sul mercato. Servono per sistemare un po' di amici, per fare un po' di affari, per far funzionare qualche cricca. Questo modello purtroppo è stato preso ad esempio. Non a caso citavo stamattina la più grande industria italiana, quella per antonomasia, la FIAT, ed il suo amministratore delegato, Sergio Marchionne. Lo ripeto e voglio essere anche più preciso per la verità: secondo il protocollo n. 1820/09, RGNR modello 21, la procura della Repubblica presso il tribunale di Sant'Angelo dei lombardi dispone che si iscrivano Marchionne Sergio, nato a Chieti il 17 giugno 1952 e residente a Scanzorosciate, (BG), via Fermi 51 e Palla Alessandro per i reati di cui agli articoli 110, 368 e 629 del codice penale.
Questo atto è firmato dal procuratore della Repubblica, dottor Antonio Guerriero. Ebbene, vi sono imprenditori e società che pensano che possono prendere a calci nel sedere i lavoratori, anziché far sistema. Infatti, un'azienda funziona se, da Marchionne all'ultimo operaio della FIAT di Pomigliano o di Termini Imerese, tutti sono in sintonia: in questo modo si va avanti, non creando guerre come si sta facendo, non buttando fuori, oggi da Termini Imerese, domani dall'Irisbus di Avellino, per non parlare, di CNH in Emilia Romagna, l'altra fabbrica che costruisce trattori.
Insomma, si sta smontando l'industria italiana: e dire che questa industria produce mezzi che sono richiesti dal mercato. Infatti, l'Irisbus costruisce gli autobus ed è l'unica industria italiana a farlo: ne parleremo lunedì, perché all'ordine del giorno della Camera è prevista una risoluzione che riguarderà il piano trasporti. È lì che il Governo non funziona, sulle iniziative che deve mettere in campo davvero per la crescita e lo sviluppo, cosa che non fa. Ed è nostro compito, da deputati dell'opposizione, incalzare il Governo per far rimuovere queste politiche scellerate che sta facendo - o, meglio, che non ha - nel campo economico e nel campo industriale.
Proprio ieri, e ieri l'altro ancora, in Commissione finanze, durante le audizioni che si sono svolte con le parti sociali in relazione alla delega concernente la riforma fiscale ed assistenziale, abbiamo ricevuto una serie di indicazioni. In esse si dichiarava che quest'ultima manovra che state realizzando, e che si attua attraverso la delega fiscale, è un'operazione - come ci hanno detto - criptica, che non si riesce Pag. 41neanche a capire, generalista, confusa ed inutile. Lo hanno detto dei tecnici e lo dice la Marcegaglia - che non è una comunista, ma è la presidente di Confindustria -, che avete già sbagliato tre manovre, che avete fatto in meno di un anno.
Dunque, campate alla giornata, vi muovete con approssimazione, per tentativi. Un Governo serio non funziona così: un Governo serio sa soprattutto dove vuole andare. Ricordate: nessun vento serve a quel marinaio che non sa quale deve essere la sua rotta. Lo diceva Socrate due millenni fa. Qualsiasi vento, anche il migliore, non fa spostare questo Governo neanche di un metro sulla nave, perché esso non sa qual è la rotta che deve seguire, non sa quali sono gli obiettivi, ma, soprattutto, non sa quali sono le necessità di questo Paese e di cosa ha bisogno l'Italia.
Ecco perché il Governo Berlusconi e questa maggioranza di centrodestra hanno fallito; con una Lega che accompagna, che è complice di un'operazione affaristico-clientelare di questo Governo. Abbiamo visto, infatti, come funziona nelle politiche industriali: abbiamo visto come si muove, come convoca, chi convoca i vari Tarantini, i vari Lavitola, che arrivano in Finmeccanica e nelle società per azioni a capitale pubblico.
È questo che non vogliamo, perché la politica buona deve essere anche capace, senza alcuna ipocrisia né infingimento, di dire cosa non si deve fare più in questo palazzo, perché la gente ne ha le tasche piene. Dico ciò per essere moderato nei termini e per non dirvi davvero cosa pensano i cittadini di questo Parlamento, con tanti venduti, con tanti contrabbandieri di voti, che sono qui dentro, e di questo Governo che non serve al Paese, perché non dà risposte agli italiani. È meglio che abbassiamo il tono vero, signor Presidente? Ne va soprattutto della salute...

PRESIDENTE. Non solo i toni, onorevole Barbato, ma anche i concetti sui parlamentari.

FRANCESCO BARBATO. È il concetto che, in questo Paese, gli italiani hanno dei parlamentari, di certi parlamentari naturalmente, di una certa politica, ma soprattutto di questo Governo, senza «certo». Questa è la convinzione che si ha, perché gli italiani vogliono la politica, vogliono partecipare alla politica.
Proprio ieri, vi abbiamo dimostrato anche il tipo di politica che vuole l'Italia dei Valori.
Noi non seguiamo scorciatoie, diciamo con chiarezza le cose come stanno.
Anche ieri, ad esempio, a proposito della nomina del membro della Corte costituzionale, seppure sia rispettabilissima la persona che è stata votata e che è stata eletta - nulla da dire per l'amor di Dio - ma, giusto per essere concreti, noi riteniamo che ognuno debba svolgere il proprio ruolo, la politica è una cosa, un organo giurisdizionale è un'altra.

PRESIDENTE. Questo non è oggetto della sua interpellanza urgente.

FRANCESCO BARBATO. Questo per dire come noi dell'Italia dei Valori abbiamo le idee chiare.
Questa è la ragione per la quale, signor Presidente, e mi avvio rapidamente alle conclusioni, le facevo questo esempio, perché a noi questo tipo di politica, la politica delle spartizioni, dei posti da dividersi nei consigli di amministrazione, nel CSM o nella Corte costituzionale, è una politica che non ci interessa; sono modi di fare politica che non ci appartengono, anzi che contrastiamo rigorosamente. Perché, noi dell'Italia dei Valori, vogliamo continuare ad essere la politica per i cittadini, vogliamo essere a fianco dei cittadini nelle piazze, davanti ai cancelli delle fabbriche, nelle manifestazioni e anche nella protesta dei cittadini che oggi è legittima, è sacrosanta.
Ribellarsi oggi è giusto, è giusto in questo Paese, perché si sta mortificando questo Paese! Allora, vogliamo continuare con la nostra azione, soprattutto dando anche delle indicazioni di quale deve essere la strada da seguire. Abbiamo detto Pag. 42che tipo di politica industriale vogliamo; non vogliamo la politica delle cricche e degli affari, vogliamo invece una politica che tuteli il lavoro, ma lo tuteli soprattutto dove c'è un mercato perché siamo per il libero mercato.
Allora, Alenia costruisce aeromobili dove c'è mercato, perché se Alenia volesse realizzare lampade a petrolio noi diremmo: cari ragazzi, non c'è più mercato per voi. Noi guardiamo in modo moderno, in modo avanzato, progressista alle questioni del Paese, ma soprattutto noi guardiamo avanti. Insomma, con Italia dei Valori si guarda al futuro.

(Elementi in merito al recente tragico crollo di una palazzina nella città di Barletta (Bari) - n. 2-01220)

PRESIDENTE. L'onorevole Boccia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01220, concernente elementi in merito al recente tragico crollo di una palazzina nella città di Barletta (Bari) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, sulla tragica vicenda del crollo improvviso di una palazzina nel centro della città di Barletta il 3 ottobre scorso, il gruppo del Partito Democratico ha chiesto al Governo un'informativa urgente nella seduta di ieri. Aspettiamo dal Governo una disponibilità già preannunciata alla Presidenza e ci auguriamo che, dopo questa interpellanza urgente, ci sia una ulteriore integrazione delle informazioni che questo Parlamento ha il dovere di avere su questa vicenda.
Signor sottosegretario, il 3 ottobre scorso, il Partito Democratico, prontamente, ha ritenuto opportuno il coinvolgimento, rispetto a questa vicenda, dell'intero Parlamento perché abbiamo ritenuto che le caratteristiche, le circostanze e le modalità con cui la vicenda è avvenuta lo richiedessero: una palazzina all'improvviso viene giù nel centro di una città, portandosi via la vita di cinque persone, provocando una tragedia immane per le famiglie di queste donne, quattro delle quali erano lavoratrici, purtroppo in nero, di un maglificio. Lo abbiamo fatto ieri, lo rifacciamo oggi, ricordiamo i nomi di queste donne: Matilde Doronzo, di 32 anni, Giovanna Sardaro, di 30 anni, Antonella Zaza, di 36 anni, Tina Ceci, di 37 anni e la piccola Maria Cinquepalmi, di 14 anni, figlia del proprietario dello stesso maglificio.
Queste donne hanno pagato un prezzo altissimo, e con loro le loro famiglie e l'intera città di Barletta, per delle gravi responsabilità che noi riteniamo essere dello Stato, e per Stato intendiamo tutti. Intendiamo coloro le cui responsabilità dirette verranno accertate dalla magistratura, alla quale bisogna mettere a disposizione tutte le informazioni, comprese quelle che verranno fuori da questa interpellanza urgente.
Noi riteniamo che ci sia una responsabilità oggettiva dello Stato. La pubblica amministrazione è responsabile di questa vicenda perché una palazzina non crolla all'improvviso, non viene giù all'improvviso, una palazzina viene giù per delle responsabilità evidenti, oggettive, di qualcuno.
Non vogliamo anticipare verdetti, non sarebbe giusto. Certamente allo Stato, alla pubblica amministrazione chiediamo di mettere nelle mani della magistratura tutte le informazioni possibili.
Noi non possiamo però non rilevare - e lo abbiamo fatto con questa interpellanza anticipando un dibattito che il gruppo Partito Democratico vuole portare in Parlamento a partire da oggi passando per l'informativa urgente - che queste lavoratrici, queste donne lavoratrici e le persone che si trovavano in quella palazzina, compresa l'innocente Maria Cinquepalmi di 14 anni, debbano essere trattate dallo Stato (se vogliamo fino in fondo essere moralmente corresponsabili di questa vicenda e lo siamo) allo stesso modo in cui sono trattati i lavoratori che all'improvviso scompaiono per cause di servizio.
Dobbiamo avere il coraggio di assumerci la responsabilità morale che quella Pag. 43palazzina è crollata perché un pezzo dello Stato non ha funzionato. Di cosa si è trattato? Certamente il tessuto urbanistico non mantenuto in maniera adeguata, ed è la condizione in cui si trovano gran parte delle nostre città. Non abbiamo nessuna intenzione di polemizzare qui, oggi, sulle risorse adeguate o meno messe nella disponibilità degli enti locali - ma i tagli sono sotto gli occhi di tutti - risorse che consentono agli enti locali di fare monitoraggio e prevenzione rispetto ad un patrimonio inestimabile di cemento ormai andato degli anni Trenta, Quaranta, Cinquanta, Sessanta e Settanta.
Ci sono interi palazzi che hanno dai trent'anni in su la cui stabilità, la cui tenuta non è garantita dallo Stato e abbiamo il dovere di dare una risposta in quest'Aula e agli enti locali, ed abbiamo il dovere di pretendere una risposta dalle amministrazioni regionali.
Poi c'è un tema più generale che riguarda, invece, la condizione di lavoratori e lavoratrici, in questo caso lavoratrici mamme, che per meno di 4 euro l'ora lavoravano in un maglificio tipico della subfornitura di un settore che dovrebbe essere il fiore all'occhiello del nostro Paese e, cioè, il settore tessile, ossia il made in Italy. Quel lavoro, pagato male, era figlio di un pezzo di una filiera produttiva pagata ancora peggio (ad essere pagati male erano tutti), che molto spesso consente a quei prodotti trasformati di arrivare sul mercato a prezzi altissimi, se non in alcuni casi esorbitanti. Il tutto con dei margini che ci sono - perché il mercato li paga quei margini - ma sono margini pagati con un costo molto alto dal punto di vista sociale e dal punto di vista culturale, perché vengono creati utilizzando la condizione di bisogno delle lavoratrici e dei lavoratori ed in alcuni casi anche dei piccoli imprenditori.
Questa è una tragedia che accomuna tutti e sarà la magistratura tranese, coinvolta dal primo momento in un lavoro molto difficile e molto complicato, che certamente aiuterà tutti noi a capire cosa è successo. Sarà la magistratura a dirci chi ha sbagliato.
Sarà la magistratura ad individuare i colpevoli sul piano penale, i responsabili anche sul piano economico, ma sul piano morale siamo responsabili tutti, per la condizione urbanistica di quella palazzina e di quell'area, per la condizione sociale nella quale erano finite quelle famiglie e, quindi, per la condizione di bisogno che portava quelle famiglie a consentire quel lavoro in nero in quelle condizioni.
È diffusa nel Mezzogiorno d'Italia soprattutto, ma anche nel resto del Paese, l'opzione, che noi riteniamo drammatica, di dover addirittura scegliere se andare in un'area industriale, in un'area artigianale o sotto una palazzina al centro della città e tener su un'attività manifatturiera industriale o artigianale come questa. Si tratta di una cosa che non solo grida vendetta nel 2011, ma che uno Stato civile non può consentire a nessuno.
Non è ammissibile che vi siano ancora norme che consentono lo svolgimento di attività produttive e di attività manifatturiere sotto alcuni palazzi che sono anche adibiti ad abitazione. È una vicenda che deve farci fino in fondo riflettere sui buchi, sulle carenze e sui ritardi che il nostro Paese ha su temi che riguardano la convivenza più generale e civile.
In questa vicenda pagano il prezzo più alto coloro che erano rimasti indietro. Coloro che erano nello stato di bisogno hanno pagato il prezzo più alto, la vita.
Non possiamo girare la testa dall'altra parte, non possiamo ritenere che i responsabili verranno solo accertati da qualcun altro, dal potere giudiziario. Abbiamo il dovere, se vogliamo salvare la dignità del nostro Parlamento e se vogliamo dare un senso anche al nostro ruolo, di dimostrare che lo Stato esiste. In questa vicenda lo Stato esiste se queste famiglie, che hanno pagato un prezzo così alto, verranno equiparate a tutte quelle famiglie che hanno avuto perdite per cause di servizio.
Per questo il Partito Democratico chiede al Governo di farsi carico della trasformazione di questa tragedia in una tragedia nazionale. La vita dei loro cari non sarà più restituita alle famiglie, questo è evidente. Non vi è alcun indennizzo che Pag. 44potrà mai restituire loro quello che hanno perso il 3 ottobre, ma lo Stato potrà restituire loro la dignità e anche l'orgoglio di sentirsi cittadini italiani.
Se riuscissimo a mettere il Parlamento nella condizione di far questo, sono convinto che anche la magistratura e la procura di Trani metteranno tutti noi nella condizione di maggior serenità, di maggior tranquillità e anche di maggiore consapevolezza dei poteri dello Stato, ci metteranno nella condizione di individuare, con i tempi che serviranno, i responsabili di questa immane tragedia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, onorevole Belcastro, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITTORIO BELCASTRO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, onorevole Boccia, leggo la risposta che è stata approntata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
In relazione all'atto di sindacato ispettivo presentato dalla signoria vostra, onorevole, concernente il crollo di una palazzina a Barletta il giorno 3 ottobre 2011 e in conformità a quanto comunicato dai Ministeri dell'interno, del lavoro e delle politiche sociali, della giustizia e dal Dipartimento della Protezione civile, si fa presente quanto segue.
Il 3 ottobre ultimo scorso, poco prima delle ore 13, la prefettura di Barletta-Adria-Trani ha appreso la notizia del crollo, a Barletta, di una palazzina composta da tre piani fuori terra con un laboratorio artigianale di maglieria posto al piano terra, tra la via Mura Spirito Santo e via Roma.
Il prefetto, recatosi immediatamente sul luogo e preso atto della dimensione dell'evento e dell'intervento immediato dei soccorritori, ha attivato il centro di coordinamento dei soccorsi, utilizzando la struttura comunale nelle immediate vicinanze del luogo del disastro.
Alle riunioni operative hanno partecipato le componenti istituzionali di diritto, alla presenza del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trani. Inoltre è intervenuto sul luogo dell'evento il sottosegretario di Stato al Ministero dell'interno, onorevole Mantovano.
Per i soccorsi è stato richiesto l'intervento dell'esercito - della Brigata Pinerolo Bari, dell'XI reggimento Guastatori Foggia e dell'82o reggimento fanteria Barletta - che hanno raggiunto rapidamente il luogo del disastro con uomini - circa trenta - e mezzi, coadiuvando i vigili dei fuoco e le forze dell'ordine nelle operazioni di soccorso.
Per quanto riguarda i residenti nello stabile, tre persone sono riuscite a fuggire prima del crollo e sono state ricoverate presso il locale nosocomio per le cure necessarie. Si è inoltre provveduto al contemporaneo sgombero e messa in sicurezza degli edifici circostanti a rischio, transennando l'intera area.
Le squadre dei vigili del fuoco, provenienti dai comandi provinciale di Bari, Foggia e Taranto, unitamente alle unità cinofile di Lecce e Benevento, hanno rapidamente proceduto al salvataggio di una donna rimasta intrappolata su un balcone pericolante posto a circa sette metri di altezza dalle macerie sottostanti.
È stata anche accertata la presenza di altre sei persone sotto le macerie, che si trovavano all'interno di un laboratorio di maglieria sito al piano terra della palazzina. Pertanto, le squadre di soccorso hanno proseguito incessantemente nella rimozione dei detriti, inizialmente scavando a mano e successivamente con i mezzi, nel tentativo di salvare gli altri superstiti.
Inoltre, è stata rilevata la presenza di un locale interrato sottostante, comunicante con il laboratorio artigianale, dove i soccorritori si sono introdotti attraverso la grata di aerazione, percorrendolo fino alla scala di comunicazione con il piano terra, completamente ostruito da macerie di notevole consistenza, utilizzando sia le unità cinofile che la strumentazione tecnica specifica.
Tale operazione ha consentito di estrarre, ancora viva, una donna che ha Pag. 45fornito indicazioni molto utili ai fini delle ricerche e della individuazione di altre persone. Al termine delle operazioni di primo soccorso il bilancio è stato di cinque vittime, tra cui quattro donne, tra i trenta e trentasette anni, lavoratrici presso il suddetto laboratorio di maglieria e una ragazza di 14 anni, figlia dei proprietari del laboratorio, che casualmente si trovava lì.
Nella tragicità dell'evento si è registrata una notevole partecipazione della popolazione e delle varie associazioni di volontariato, concretizzatasi in forme di sostegno e solidarietà di varia natura.
Le cause che hanno procurato il crollo sono al vaglio dell'autorità giudiziaria del Tribunale di Trani che ha immediatamente avviato un'indagine e instaurato un procedimento penale (n. 70781/2011) per i delitti di disastro colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni personali plurime. È attualmente oggetto di specifico accertamento la circostanza relativa alla pregressa segnalazione della instabilità dell'edificio alle autorità comunali.
L'ufficio requirente ha precisato, inoltre, che dalle informazioni assunte risulta pendente, presso il tribunale di Trani, una procedura di accertamento tecnico-preventivo intesa ad appurare le condizioni statiche dell'edificio poi crollato. In relazione a tale procedura, il presidente del tribunale aveva già disposto il conferimento di incarico peritale al consulente tecnico di ufficio per l'udienza del prossimo 18 ottobre 2011.
Si precisa, infine, che le famiglie evacuate, rimaste prive di ogni mezzo di sostentamento sono state immediatamente ospitate presso una struttura alberghiera, in attesa di una adeguata e definitiva sistemazione, a cura dell'amministrazione comunale di Barletta. Si soggiunge che la giunta regionale ha stanziato in favore del comune di Barletta, a titolo di contributo, la somma di 200 mila euro per fronteggiare le prime necessità.
Per quanto riguarda la situazione del laboratorio di confezione di abbigliamento si fa presente che esso è della ditta Cinquepalmi Salvio, con sede legale a Barletta, in via Mura Spirito Santo n. 60, e lo stesso si compone, altresì, di un'unità locale sita in via Roma, quest'ultima non censita alla camera di commercio.
La ditta è stata qualificata come impresa artigiana dal 23 maggio 2002 al 21 novembre 2004 e successivamente come impresa individuale artigiana di fatto senza dipendenti, come emerge anche dalla posizione previdenziale.
Le lavoratrici decedute sono: Matilde Doronzo, nata a Barletta l'11 dicembre 1978, Giovanna Sardaro, nata a Barletta il 26 ottobre 1981, Concetta Ceci, nata a Barletta il 15 luglio 1975 e Antonella Zazza, nata a Barletta il 12 giugno 1975, mentre l'unica lavoratrice superstite è Mariella Fasanella, nata ad Andria il 16 maggio 1974. Da verifiche effettuate presso il centro per l'impiego, è emerso che tutte le lavoratrici non risultavano regolarmente assunte - sono perciò da considerarsi «in nero» - ad eccezione della lavoratrice Giovanna Sardaro, risultata assunta presso la ditta Lemma Ruggiero con contratto a tempo determinato intermittente dal 10 settembre 2011 al 15 ottobre 2011.
Sono in corso accertamenti da parte della Sede INAIL di Barletta ed accertamenti di polizia giudiziaria da parte dei carabinieri e della Polizia di Stato di Barletta. Il personale ispettivo della direzione territoriale del lavoro di Bari si è recato sul luogo dell'incidente ed ha acquisito informazioni presso l'ufficio dei vigili urbani, settore della polizia edile. Il fabbricato si affacciava su due strade parallele, in particolare via Roma e via Spirito Santo, site al centro della città.
Nel gennaio del 2008 il comune di Barletta ha rilasciato una delibera per il recupero urbano, con la quale concedeva l'inizio dei lavori al fabbricato adiacente a quello oggetto del crollo, e nel febbraio dello stesso anno sono iniziati i lavori del cantiere che ben presto, a seguito di demolizioni del fabbricato da ricostruire, hanno provocato lesioni al fabbricato adiacente. Alla fine del 2009, in seguito a tali lesioni, il cantiere è stato bloccato per consentire la messa in sicurezza di quest'ultimo fabbricato dichiarato pericolante. Quindi, sono stati eseguiti corposi lavori di Pag. 46tirantaggio e puntellamento dell'immobile sgombrato, completati il 22 settembre 2011.
Fino a qualche mese fa, la palazzina crollata era ancora sostenuta da un contrafforte sulla via Roma e dall'intera facciata di via Spirito Santo dell'edificio in demolizione. Tali strutture superstiti probabilmente contribuivano alla staticità dei fabbricati adiacenti. Ripresi i lavori in cantiere, il 30 settembre 2011 sono state dichiarate ultimate le attività di demolizione. Lo stesso giorno, a seguito dell'allarme divulgato dagli abitanti del fabbricato, sono intervenuti i vigili del fuoco e il tecnico del comune con i vigili urbani, che hanno rilevato lo stato di pericolosità, effettuando anche rilievi fotografici dello stato dei luoghi del cantiere.
Il 3 ottobre 2011 è avvenuto il crollo. Gli ispettori del servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (SPESAL) di Barletta, intervenuti nell'immediatezza dei fatti, si stanno occupando delle indagini relative al cantiere e hanno già informato, in via preliminare, la procura di Trani.
Questa era la risposta che mi è stata data da leggere all'interpellante. Con riferimento alla richiesta che viene fatta, ossia individuare uno Stato sempre responsabile, ritengo che in questo momento - al di là dei nostri stati d'animo, che non possono che essere univoci, di dolore profondo, nella convinzione dell'assoluta necessità che i responsabili di quanto è accaduto vengano individuati - interpretare ciò che è accaduto come causa di servizio, alla luce dell'attuale normativa, potrebbe essere un osare troppo sotto il profilo giurisprudenziale.
Tuttavia, ritengo che l'affrontare seriamente il problema sia compito di questo Governo e che, nel caso in cui l'attesa dell'individuazione dei responsabili possa portare nocumento a queste famiglie, lo Stato, e quindi il Ministero del lavoro competente, avrà il dovere di intervenire. Se necessario, tutti insieme - lo ripeto -, senza differenze tra destra, sinistra o centro, dovremo legiferare in materia perché possa darsi alle vittime «in nero» degli incidenti sul lavoro una copertura tranquilla.
Quindi, occorre pensare a quei familiari e a quelle famiglie che subiscono determinati eventi - forse per culpa in vigilando da parte dello Stato o degli organi preposti - per dare soddisfazione al dolore e alle perdite subite. Quindi, ritengo che il Governo, il Ministero competente sarà molto sensibile alle sollecitazioni che provengono oggi dall'interpellante.

PRESIDENTE. L'onorevole Vico, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, come interpellanti avremmo anche gradito la certezza di un'informativa, più approfondita, da parte del Governo in Aula. Le ultime parole del sottosegretario, al termine dell'informativa della Presidenza del Consiglio, ci offrono la possibilità attraverso questa interpellanza di dialogare sicuramente. Infatti, la vicenda di Barletta non è un semplice incidente sul luogo di lavoro e non si tratta solo di una certa inequivocabile, purtroppo, situazione del nostro patrimonio edilizio: è un insieme di cose che, nel momento in cui si sommano, richiamano (non a caso lo diceva il collega Boccia) l'impegno del Governo e del Parlamento italiano dal punto di vista morale delle misure da predisporre.
Infatti, rispetto a queste vicende e a tante altre che hanno tanti altri nomi, le domande poste sono sempre le stesse: chi doveva o chi dovrà impedire che una nuova palazzina crolli? Chi doveva, chi può e chi dovrà impedire che un laboratorio operi in un sottoscala? A chi compete che si assicuri il diritto ad un salario legale (l'assicurazione e la sicurezza sul luogo di lavoro)? Onorevole sottosegretario, penso che vi sia anche una quarta domanda che impegna le istituzioni, il Governo e il Parlamento: a chi compete farci sapere chi commissiona quei lavori di maglieria che sono pagati quattro euro all'ora e che troviamo in via Condotti o in Pag. 47via Montenapoleone a prezzi ovviamente diversi?
Quindi, se queste domande sono oggetto comune della nostra presa di coscienza che le misure da adottare competono al Parlamento e, soprattutto, al Governo, si alza il profilo dell'intervento. A me sarebbe piaciuto anche oggi sentire, ad esempio, che nelle commissioni competenti si darà il via alla proposta di legge che prevede che il caporalato sia considerato un reato penale in agricoltura come nel settore delle costruzioni. Pertanto, rispetto a quelle quattro domande vi deve essere una certa iniziativa da parte del Governo, fatte salve le responsabilità, che richiamava il collega Boccia, dell'istruttoria e dell'inchiesta della magistratura e delle diverse competenze che so che si sono dimostrate tutte in ordine ad un caso straordinariamente terribile nel crollo di Barletta.
Noi avanziamo un'ipotesi di lavoro, come abbiamo dichiarato nell'introduzione dell'interpellanza urgente e concludiamo nella stessa.
Quest'ultima tragedia forse può aiutarci anche a comprendere quale modello economico e sociale abbiamo assecondato fino ad ora e penso che sia proprio un'illusione pensare che con 4 euro si possa reggere la concorrenza globale, che è un altro grande interrogativo che si pone tutti i giorni nella situazione data della crisi economica che attraversa il nostro Paese.
Pertanto, non solo poniamo al Governo e nelle sedi del Parlamento quelle domande ma offriamo anche la possibilità di costruire risposte. Ciò che abbiamo messo sul tavolo e che il sottosegretario ci è parso accogliere come terreno di iniziativa presso il Ministero competente, ovviamente con la Presidenza del Consiglio, è di riconoscere in tale contesto la causa di servizio e ciò per riordinare l'intera e complessa struttura di quelli che sono i diritti di chi lavora - chiamiamoli con semplicità - i diritti dell'impresa, il diritto alla vita; altresì, come avevo preannunziato qualche minuto fa, per riordinare il nostro patrimonio edilizio, che in parte risale - non solo al Sud, ma anche al Centro e al Nord - agli anni Cinquanta e Sessanta, che ha bisogno di controlli, di regole certe, non di deregulation e fai da te.
Mi permetto di aggiungere su questo versante che l'abusivismo, esemplificazione del modello del Piano casa e della SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività), forse dovrebbe far riflettere, per contribuire concretamente alla diminuzione del rischio di crollo degli edifici vecchi. In questo modo ci siamo posti e ci attendiamo risposte. Se non arriveranno, il nostro rigore sarà quello di una forza di opposizione, anche in termini di responsabilità nei confronti di chi pensa che diventeremo forza di Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Elementi ed iniziative in merito alla situazione finanziaria della società Ferrovie della Calabria - n. 2-01218)

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01218, concernente elementi ed iniziative in merito alla situazione finanziaria della società Ferrovie della Calabria (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARIO TASSONE. Signor Presidente, con questa interpellanza affrontiamo uno dei tanti problemi che contrassegnano anche la vita di questa maggioranza e di questo Governo. Certo, abbiamo ascoltato poco prima con sentimenti di sincera commozione la rievocazione degli avvenimenti della tragedia di Barletta e quindi anche gli interventi dei colleghi e del rappresentante del Governo. Quando ci sono disattenzioni e superficialità nella gestione e nel governo della cosa pubblica c'è una serie di inconvenienti che possono ovviamente sfociare in tragedia. L'argomento che trattiamo certo non ha queste implicazioni e questi pericoli ma certamente determina anche delle disfunzioni gestionali e di un certo servizio che ovviamente deve essere assicurato al cittadino. Pag. 48
Parliamo delle Ferrovie della Calabria e mi fa piacere che l'autorevole collega e amico che viene a rappresentare il Governo è anche calabrese, per cui sa di cosa parliamo; sa di cosa trattiamo e sono convinto che la risposta a questo atto di sindacato ispettivo non sarà rituale ma sarà ovviamente una risposta che fotografa la situazione e partecipa anche di una vicenda che ha dei punti oscuri e delle situazioni a volte indecifrabili.
Le Ferrovie della Calabria esercitano un ruolo importante nella realtà calabrese da moltissimi anni. Prima del secondo conflitto bellico e poi negli anni Cinquanta del secolo scorso, ha costituito un patrimonio irrinunciabile nell'esercizio del trasporto pubblico locale per la regione. Credo che la storia della Calabria sia stata contrassegnata anche da Ferrovie della Calabria, che ha svolto un ruolo importante nei piccoli paesi e nelle piccole realtà. Ha rappresentato un fatto culturale, avvicinando paesi a paesi e mettendo i cittadini in condizione di usufruire di questo servizio. Chi non ricorda Ferrovie della Calabria - allora si chiamava la calabro-lucana - collegare i piccoli paesi della Sila, attraversare stupendi paesaggi innevati, ovviamente in inverno, o pieni di sole, quel sole forte proprio della nostra regione. Signor Presidente, è quindi un dato culturale forte quello che rievoco in questo momento e che sottopongo alla riflessione anche dell'onorevole Misiti. Non c'è dubbio che oggi ci troviamo di fronte ad un groviglio di vicende e di situazioni, che purtroppo sono partite pesantemente in termini negativi con questo Governo. Onorevole Misiti, noi da questi banchi abbiamo fatto anche battaglie per il riscatto di questa nostra regione, per tentare di sottrarre questa nostra realtà all'apatia e soprattutto alla miopia e al disinteresse dei Governi. Voglio capire il perché. La realtà di Ferrovie della Calabria dal 2001 presentava una situazione di ripresa e di risanamento anche sul piano economico - quindi c'è stata l'immissione di questa azienda, anche in termini positivi, nel divenire trasportistico di questa nostra regione - ma dal 2008 è crollata pesantemente. Oggi si parla di liquidazione di Ferrovie della Calabria, diventata, per la buona gestione dell'allora amministratore, anche un punto di riferimento. Poi con questo Governo non si è fatta una valutazione della gestione o del servizio, ma semplicemente una valutazione politica: quell'amministratore era stato nominato dal precedente Governo e quindi doveva essere cambiato. Si è cambiato e si è cambiato in peggio. Come dicevo poc'anzi, abbiamo avuto un collasso che credo per alcuni versi irreparabile e irrecuperabile. Mi auguro che il rappresentante del Governo questa sera voglia darci delle risposte esaustive. Quali sono gli interrogativi che poniamo? Vi era stato un accordo di programma - visto e considerato che il Ministero detiene le quote di Ferrovie della Calabria - stipulato fra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la regione Calabria nel 2001. Il Governo si impegnava a versare alla società Ferrovie della Calabria la somma di 40 milioni di euro, a titolo di corrispettivo per l'esercizio e la realizzazione del traffico ferroviario. Il predetto accordo di programma prevedeva anche un aggiornamento per la messa in sicurezza e un aggiornamento per fronteggiare i costi, attraverso le risultanze di un apposito comitato, attraverso istruttorie. Questo aggiornamento era anche garantito da una struttura tecnica. Tutto questo non è avvenuto più. Non c'è stato nessun aggiornamento. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, violando l'accordo di programma stipulato tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e la regione Calabria, non ha realizzato più questi aggiornamenti e non ha corrisposto più queste risorse, facendo crollare verticalmente questa struttura, la quale ha dovuto dimezzare il suo trasporto su ferro e liquidare il trasporto automobilistico, quello su gomma.
Voglio ricordare che il trasporto su gomma era stato pienamente recuperato attraverso una fitta rete di società e riportato, quindi, a dato importante e fondamentale. Non voglio «dare la croce» a nessuno, ma chi ha amministrato le Ferrovie della Calabria lo ha fatto senza Pag. 49amore, ma, soprattutto, avendo le spalle coperte da parte del Ministero che lo aveva incaricato. Vi è la responsabilità piena di questo Governo.
Allora, al di là di tutte le valutazioni che possiamo fare sulle infrastrutture di questa nostra regione, sulle strade, sul trasporto ferroviario, sul trasporto su gomma, sulla portualità e aeroportualità, viene meno un dato importante. Quando si sono stabiliti i programmi, parlavamo delle Ferrovie della Calabria come di uno strumento da utilizzare per realizzare dei collegamenti rapidi, come una metropolitana di superficie, e un potenziamento che doveva essere perseguito con sempre più forza.
Tutto questo si collegava ad una visione di raccordo e di intermodalità nei trasporti all'interno della regione Calabria, si pensi ai collegamenti con i porti e con gli aeroporti o all'interno della realtà calabrese, come, ad esempio il collegamento tra Catanzaro e Lamezia Terme, ma, soprattutto, si collegava ad un ruolo sempre più forte delle Ferrovie della Calabria nel servire le aree montane, nascoste, dimenticate, secondo alcuni arretrate, della regione per rivalutarle e collegarle con il resto del territorio. Tutto questo viene meno per una precisa responsabilità del Governo.
Oltretutto, vengono messi a repentaglio anche mille posti di lavoro. Cosa facciamo fare a questo personale qualificato e specializzato che comunque ha lavorato? Vi sono alcuni lavori che stanno procedendo e voglio ricordare al sottosegretario Misiti che questi lavori sono stati individuati nel 2001 quando, con la legge obiettivo, abbiamo previsto la realizzazione di un collegamento tra Simeri Crichi e Copanello. Questo è stato un impegno assunto da quel Governo per quella realtà.
Oggi queste opere si stanno realizzando a fatica, ci si sforza per mandarle avanti perché non vi sono risorse sufficienti, mentre continuiamo a parlare del Corridoio 1, dell'asse Berlino-Palermo rispetto a quelle che sono le notizie che rimbalzano anche tra di noi all'interno di questo Parlamento.
Il problema non è costituito soltanto dalle Ferrovie della Calabria, ma riguarda la credibilità di una politica di infrastrutture e trasportistica presenti nella nostra realtà regionale. Credo che debba esservi una risposta esaustiva. In questo particolare momento non chiedo una soluzione del problema, ma l'avvio di un percorso serio. Si sta lasciando morire una realtà, vi è una disattenzione di carattere generale. Proprio da quest'Aula voglio sollecitare un'attenzione maggiore da parte della regione. Dovrebbe esservi un combinato disposto per questo tipo di impegno.
Signor Presidente, ho detto più volte che dovrebbe costituirsi un gruppo di lavoro formato dalla regione, dal Governo e dal Ministero, ne ho parlato anche personalmente con il sensibile sottosegretario Misiti, per stabilire uno scadenzario per la realizzazione di queste opere e, soprattutto, il percorso, l'adempimento, lo stato di avanzamento per la suddetta realizzazione.
Molte volte noi, come si dice volgarmente, ci riempiamo la bocca, ma riempiamo anche le piazze, di notizie, di dati e di cifre di milioni di euro per cui la gente ricorda semplicemente le dichiarazioni di intenti, le evocazioni di questi soldi e di queste risorse. L'attuazione pratica diventa una pura chimera e un ricordo soprattutto: il ricordo non delle opere, ma delle cifre.
Signor Presidente, ritengo che ci troviamo di fronte ad uno snodo particolare e fondamentale. Non si tratta solo della vicenda di un'azienda, non è un episodio, non è un'azienda in fallimento per cui si deve decidere cosa fare per fronteggiare la crisi.
Si tratta della credibilità del Governo nei confronti della Calabria, nei confronti delle strutture dei trasporti della Calabria. Si tratta inoltre della credibilità del Governo rispetto a quella che è la vocazione di questo Esecutivo a prestare un'attenzione diversa nei confronti del Sud, dei collegamenti, anche in accordo con la regione. Anche su questo bisogna che la regione si muova, con molta autorevolezza e con molta autonomia, nella critica - se Pag. 50vogliamo - anche rispetto alle insufficienze da parte del Governo. Prima vengono gli interessi delle popolazioni, delle collettività, e poi gli schieramenti, le collocazioni. Sì, ci sono esigenze di sopravvivenza di questa nostra realtà perché se muoiono anche dei pezzi di storia, se muoiono anche servizi importanti e fondamentali, tutto diventa vuoto, tutto diventa senza prospettiva e la gente perde il «raccordo con la fiducia» e si spegne anche la speranza.
Non credo che questo dato debba essere tenuto ai margini delle nostre preoccupazioni e della nostra attenzione, deve invece essere al centro delle nostre preoccupazioni, perché con questo sforzo si dà una risposta soprattutto a quelle che oggi sono le esigenze di certezza, le esigenze di dare una prospettiva alla nostra realtà calabrese. Concludo l'illustrazione di questo nostro atto di sindacato di ispettivo, attendo con la doverosa attenzione la risposta che mi darà il rappresentante del Governo, e mi riservo ovviamente la replica con la dovuta libertà e il dovuto rispetto. Mi auguro che ci possa essere da parte mia - dopo aver ascoltato le sue parole, onorevole Misiti - una replica di compartecipazione e di raccordo alle sue valutazioni. Me lo auguro di cuore, perché in questo caso non si tratterebbe di accordi, di una nostra convergenza di posizioni, ma ovviamente dell'avvio di una soluzione molto importante e significativa per la nostra regione.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Aurelio Salvatore Misiti, ha facoltà di rispondere.

AURELIO SALVATORE MISITI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, l'interpellanza urgente dell'onorevole Tassone è stata illustrata ampiamente, ma l'onorevole Tassone ha toccato numerosi argomenti (oltre a quelli più specifici dell'interpellanza) a cui si potrebbe far riferimento con eventuali altri atti ispettivi oppure con un dibattito in altra sede, quello delle infrastrutture in generale del Mezzogiorno e quello delle infrastrutture in Calabria. Sono disponibile ad approfondire e discutere anche tali argomenti.
Per quanto riguarda invece l'oggetto dell'interpellanza, non è altro che una valutazione della gestione della società Ferrovie della Calabria. Non voglio qui rifare completamente la storia di questa vicenda, anche perché il testo dell'interpellanza ne fa un accenno facendo riferimento anche ad un accordo intervenuto tra la Presidenza del Consiglio dei ministri (il Governo) e la regione nel 2001. Nessuno meglio dell'onorevole Tassone conosce l'evolversi di quell'accordo, in quanto allora il mio attuale posto era sostanzialmente tenuto proprio dall'onorevole Tassone per gli anni che vanno da quella data fino alla fine della legislatura. Quindi è chiaro che io adesso mi riferirò quasi esclusivamente alle problematiche della gestione, facendo un'osservazione di carattere generale - se volete - perché queste gestioni soffrono di un fatto (bisogna essere chiari sul fatto che sia così): spesso queste gestioni vengono affidate a dirigenze e presidenze tutte provenienti dalla politica, che spesso non svolgono una conduzione molto economica e molto avveduta (lo devo dire in senso generale).
Allora, con riferimento a queste problematiche, concernenti la situazione finanziaria di Ferrovie della Calabria, descritta bene, sia dall'illustrazione, ma anche dal testo, dell'onorevole Tassone, devo evidenziare che detta società vanta, a fronte dei servizi di trasporto pubblico ferroviario eserciti sino all'esercizio 2010, un credito non riscosso, nei confronti della regione Calabria, di circa 86 milioni di euro. È vero che l'azionista è lo Stato, ma questa società fa servizio per la regione Calabria la quale deve, alla società medesima, 86 milioni di euro. Il credito in parola deriva, in particolare, per circa 26,2 milioni di euro, per i servizi automobilistici eserciti dalla gestione commissariale governativa Ferrovie della Calabria dal 1o gennaio 2001 a tutto il 31 dicembre 2000. Tale somma, già oggetto di trasferimento dello Stato alla regione Calabria, non è Pag. 51mai stata erogata all'azienda ferroviaria. In pratica, 26,2 milioni di euro sono stati dati dallo Stato alla regione Calabria e la regione Calabria stessa non li ha mai trasferiti all'azienda ferroviaria. In particolare, per i crediti imputabili alle annualità precedenti, 1987-1992, è in corso un'azione civile presso la corte d'appello di Catanzaro, prima sezione. Il credito, inoltre, deriva: per circa 11,5 milioni di euro, tra l'altro, per interessi sull'integrazione dei corrispettivi relativi agli anni 2002-2009 e per gli oneri derivanti dal rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro; per circa 48,3 milioni di euro per i servizi erogati dalla società a tutto il 31 dicembre 2010. La criticità è soprattutto dovuta al fatto che, dal 2002 al 2010, e non dopo, il corrispettivo del contratto di servizio richiesto dall'azienda alla regione è maggiore di quello erogato dallo stesso ente regionale fino ad arrivare ad uno scostamento, solo per il 2010, di circa 8 milioni di euro.
La mancata riscossione dei crediti in parola ha prodotto una situazione di grave criticità finanziaria dovuta, tra l'altro: alla determinazione, da parte di Ferrovie della Calabria, del proprio fabbisogno aziendale e, quindi, del corrispettivo del contratto di servizio da stipulare con la regione Calabria sulla base, sino al 2007, dell'adeguamento automatico dello stesso all'inflazione, che era citata dall'interrogante, e, dal 2008, dei criteri fissati dalla normativa comunitaria con il conseguente inevitabile incremento annuale del medesimo fabbisogno; al riconoscimento, da parte del Comitato di verifica e monitoraggio istituito dalla regione in applicazione dell'Accordo di programma stipulato dallo stesso ente territoriale e lo Stato, di un maggior fabbisogno, dal 2003 a tutto il 31 dicembre 2007, di circa 22 milioni di euro; all'erroneo assunto che il maggior fabbisogno aziendale, rispetto a quello definito dal DPCM del 16 dicembre 2000, con cui sono state trasferite alla regione le risorse finanziarie per l'esercizio delle funzioni e dei compiti di amministrazione e programmazione in materia di servizi ferroviari regionali, fosse, secondo la normativa vigente, da porre a carico dello Stato che avrebbe dovuto, in tal senso, adeguare i trasferimenti finanziari alla regione. Si parla di erroneo assunto, non che questo fosse vero.
In tale quadro si può evidenziare che secondo la normativa vigente: ai sensi dell'articolo 1, comma 295, della legge finanziaria 2008, i trasferimenti finanziari dallo Stato alla regione relativi ai servizi in argomento si sono ormai trasformati in compartecipazione fiscale al gettito dell'accisa sul gasolio per autotrazione; ai sensi dell'articolo 1, comma 297, ad eccezione dell'ulteriore compartecipazione sull'accisa, non sono previsti ulteriori stanziamenti e trasferimenti alla regione per i servizi di cui trattasi; ai sensi dell'articolo 1, comma 298, sono state adeguate le risorse destinate ai servizi del trasporto pubblico locale, compresi quelli di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 422 del 1997, attribuendo alle regioni a statuto ordinario una quota dell'accisa sul gasolio impiegato come carburante per autotrazione, ulteriore rispetto a quella prevista ai sensi del comma 296, determinata nella misura di 0,00860 euro per l'anno 2008, di 0,00893 euro per l'anno 2009 e di 0,00920 euro a partire dall'anno 2010 per ogni litro di gasolio erogato nei rispettivi territori regionali.
Inoltre, preciso che i rapporti tra regione e società, essendo rapporti tra il committente di un servizio - la regione - ed una società di capitali che eroga il servizio stesso, prescindono tecnicamente, nonostante la società sia di proprietà statale, dai rapporti istituzionali intercorrenti tra Stato e regione. Questo è un concetto importante.
Pertanto, al fine di far fronte alla grave crisi di liquidità finanziaria in cui incorre la società Ferrovie della Calabria ed al fine, quindi, di evitare eventuali procedure concorsuali - temute dall'interpellante - che potrebbero essere intraprese nei confronti dell'azienda ferroviaria con effetti negativi sulla regolarità e sulla continuità del servizio pubblico, il Ministero, in qualità di socio unico, ha più volte invitato la società in parola a riscuotere i crediti Pag. 52pregressi e, nel contempo, ad adottare un piano di impresa che adegui il fabbisogno aziendale e l'attività aziendale alle risorse effettivamente erogate dalla regione.
Ferrovie della Calabria ha proposto un piano di impresa diretto ad una progressiva riduzione del fabbisogno di esercizio, pari a 5 milioni di euro per l'anno 2011 ed a 8 milioni di euro per l'anno 2012, che dovrebbe consentire alla società di garantire una regolare gestione ordinaria a decorrere dallo stesso anno 2012, qualora fossero invariate le erogazioni regionali sino ad oggi garantite.
Affinché il piano d'impresa di cui trattasi produca gli effetti auspicati è tuttavia necessario che almeno una quota dei cospicui crediti vantati nei confronti della regione Calabria sia riscossa e che lo stesso ente regionale provveda ad una riprogrammazione dei servizi in linea con quanto disposto dal decreto legislativo n. 422 del 1997, ossia eliminando o riducendo i servizi ferroviari il cui rapporto tra ricavi e costi d'esercizio sia inferiore al 35 per cento.
Inoltre, tale rimodulazione dovrebbe riguardare i servizi con frequentazione debole o nulla e con costi d'esercizio elevati.
Infine, per quanto riguarda il piano degli investimenti, in data 19 dicembre 2002 è stato sottoscritto tra questo Ministero e la regione Calabria l'accordo di programma ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 281 del 1997, ai fini dell'attuazione dell'articolo 15 del citato decreto legislativo n. 422 del 1997, in materia di investimenti per il potenziamento e l'ammodernamento della rete ferroviaria. Tale accordo prevede trasferimenti per interventi per un importo pari ad euro 29.480.550. Ad oggi l'80 per cento di tale somma, cioè euro 23.584.440, è già stato svincolato a favore dell'ente regionale, mentre è prevista a breve la stipula di un accordo integrativo, a valere sulle economie prodotte dall'utilizzo diretto dei contributi pluriennali e dal rinvio delle procedure di attivazione dei mutui, per un importo pari ad altri 10 milioni di euro circa.
Quindi, come si può notare e come l'interpellante comprende fino in fondo, la gestione delle Ferrovie della Calabria ha una storia che evidentemente non è la storia di una gestione molto efficiente. Dunque, è chiaro che, non attenendosi ai compiti di una società che deve avere un bilancio annuale e deve avere sempre le entrate che devono essere paragonate con le uscite, evidentemente questa società non può essere soltanto assistita, viste le condizioni dell'erario italiano e visto anche il fatto che è giusto, in generale, che venga utilizzata una società che gestisce dei servizi essenziali e si debba andare nella direzione di far sì che questa società possa avere sempre dei bilanci che non presentino queste criticità.
Pertanto, io credo che non ci sia alcun pericolo attuale di liquidazione, tuttavia la società dovrà portare avanti le indicazioni che io ho cercato qui di riassumere.
Credo che con l'apporto di tutte le forze che lavorano in Calabria, ma anche a livello ministeriale, e con il consenso di tutti si possa andare a sostenere la società Ferrovie della Calabria, evitare che i mille dipendenti possano essere licenziati o messi in cassa integrazione e cercare di riattivare un servizio essenziale - il Ministero concorda esattamente con l'interpellante - che è essenziale per la Calabria non solo dal punto di vista occupazionale, ma anche dal punto di vista del servizio che riguarda i cittadini meno abbienti, soprattutto i giovani, gli alunni ed evidentemente tutte quelle categorie di persone che hanno bisogno di muoversi per ragioni di lavoro o di studio.

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di replicare.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, lei mi vuole portare ad un'estrema sintesi...

PRESIDENTE. Ci rimettiamo al suo buon cuore.

MARIO TASSONE. ...ma cercherò di fare una sintesi dando anche un'argomentazione Pag. 53che tenterà quanto meno di seguire il ragionamento dell'onorevole Misiti.
Mi ha fatto piacere, onorevole Misiti, che lei abbia fatto riferimento ai giovani ed al servizio che Ferrovie della Calabria, un tempo calabra-lucana, ha dato ai giovani. Mi ricordo anche un triste e drammatico episodio dei primi anni Sessanta, quella tragedia, quella disgrazia che provocò molti morti, soprattutto fra i giovani studenti: era l'antivigilia di Natale, eravamo nel 1961 o 1962.
Io l'ho seguita con molta attenzione e le dirò, onorevole Misiti, che sono preoccupato: la ringrazio per la sua esposizione così articolata ma, mentre lei parlava, io non capivo se «FdC» significasse Ferrovie della Calabria o Ferrovie della Cambogia, perché è come se fosse qualcosa di distante e di lontano dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti della Repubblica italiana.
Noi abbiamo detto chiaramente che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti detiene le maggiori quote, che è l'unico azionista, che è socio; abbiamo fatto anche riferimento alla nomina degli amministratori, che è ad appannaggio soprattutto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti stesso. Certamente, una volta che si avvia la gestione, vi sono i due momenti - lei lo ha ribadito, signor sottosegretario - di diversificazione delle responsabilità sul piano amministrativo e gestionale, che non toccano la responsabilità della politica.
Signor Presidente, onorevole Misiti, se, in questa sede, rimuovessimo la responsabilità della politica, non andrebbe bene: avremmo fatto un lavoro vuoto e questo Parlamento, che già di per sé stesso è continuamente aggredito ed attaccato, sarebbe semplicemente il simulacro o la caricatura di un'istituzione di democrazia rappresentativa che, con un Governo democratico, deve assumersi le proprie responsabilità.
Signor sottosegretario, ho intravisto da parte del suo Ministero, attraverso le sue parole, anche se edulcorate intelligentemente, una presa di distanza da un'assunzione di responsabilità.
È vero, lei ha fatto un elenco della situazione debitoria da parte della regione: ovviamente, non le contesto le cifre, non ho gli elementi per farlo. Tuttavia, voi avete anche un bravo presidente della regione, che appartiene a quest'area, quindi noi partecipiamo come partito. Ebbene, il presidente della regione ha una sua responsabilità e, molte volte, con riferimento al presidente della regione Calabria, chiedo anche lo stato dell'arte della sua attività e della sua gestione. Io non applaudo per fede: io applaudo quando si fanno le cose, tanto per capirci; non sono fra gli osannanti in occasioni e circostanze, a seconda di chi ho di fronte, secondo il clima o secondo le contingenze e le latitudini. Pertanto, poiché è contigua al Governo, perché lasciar morire questa azienda?
Questo è il dato, signor sottosegretario: vi è questo lungo elenco, ma lei non ha detto una cosa. Anche nelle sue dichiarazioni, nella sua risposta, non è stata prevista una qualche notizia sul motivo per il quale non è stato mantenuto l'accordo - così viene evidenziato - fra Presidenza del Consiglio dei ministri e presidenza della regione Calabria. Al di là dei debiti della regione e dei crediti che l'azienda ha nei confronti della regione stessa, non abbiamo capito perché non vi è stato l'aggiornamento della convenzione rispetto alle risorse. Queste erano risorse che avrebbe dovuto dare il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Su questo dato si è costruita l'interpellanza urgente a mia firma: l'interpellanza mia e dell'onorevole Galletti e, quindi, del gruppo dell'Unione di Centro per il Terzo Polo, verteva proprio su questo.
Inoltre, chiedevamo di sapere quali finanziamenti statali in conto capitale siano stati erogati alle altre aziende di trasporto pubblico locale, le cui quote sociali sono detenute dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dal 2006 ad oggi. Questo è un ulteriore dato che emerge.
Dunque, vi sono decine e decine di milioni di euro di inadempienze, ma lei, signor sottosegretario, deve spiegarmi una cosa: perché la crisi scoppia nel 2008? Pag. 54Perché prima del 2008 vi è stato un ammodernamento - vuol dire che c'erano delle risorse - dei pullman e dei vagoni per quanto riguarda il trasporto su ferro.
Perché c'è stato questo tipo di attività, questo successo o quanto meno questa acquisizione di risultati, questo raggiungimento di risultati? Questo non si è capito. Perché scoppia oggi, perché scoppia cinque mesi fa, sei mesi fa? Ciò lo si è detto anche a fronte di questa situazione debitoria della regione. Ad ogni modo, voglio capire: l'amministratore, quali atti ha messo in atto nei confronti della regione? L'amministratore, in fondo, era un vostro ex direttore generale del Ministero: quali atti ha messo in atto o fatto, quali atti ha portato avanti per esigere questi crediti? Il Ministero non può dire: è una gestione loro. Il Ministero e il Governo hanno una responsabilità politica e c'è una convenzione, c'è un aggiornamento anche per fronteggiare i costi attraverso questo comitato. Ha funzionato questo comitato tecnico? Qual è tutta l'attività? Chiedo scusa, signor Presidente, ma non si evince uno straccio di risposta e allora io le debbo dire: ci trasferiamo tutti al palazzo della regione, a Palazzo Alemanni e vediamo. Questa doveva già essere un'iniziativa presa dal Governo, che invece è restato lì fermo in questa maniera ad aspettare che accadessero e che accadano alcune cose, come sono accadute in questi giorni, di fronte a un rilassamento continuo e costante. Se ci fosse la volontà di intervenire sarebbe un bene, e io sono convinto che lei, personalmente, abbia tale volontà, ma non c'è la volontà nel Governo di cui lei fa parte, perché questo Governo ha rimosso la Calabria. Lei sa meglio di me, signor sottosegretario, che il suo ministro in Calabria, ai calabresi che ha incontrato, ha detto continuamente che non ci sono più risorse. Lo continua a dire, continua a dire queste cose! Se ci sono problemi tra Matteoli e Tremonti, che ce lo si dica chiaramente, ci saranno dei problemi e c'è anche un problema per la Calabria, ma questo è il vero discorso. Ecco perché lei non ha fatto riferimento a quella che è l'attività e soprattutto a quello che avrebbe dovuto fare il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Lei ha dato la sua versione e non la metto in dubbio, tra uomini d'onore non si può certamente avere qualche debolezza, o avere qualche sospetto.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO TASSONE. Tuttavia, signor Presidente, e mi avvio a concludere, c'è la mia amarezza, la mia grande amarezza per come il Governo, al di là della buona intenzione di un calabrese verace, si lavi le mani nei confronti di una realtà che, come dicevo all'inizio nella mia illustrazione, non è soltanto un'azienda così, è anche parte di una storia che lei ha ricordato. Una parte che potrebbe avere potenzialità sul piano economico perché le storie da sole sanno di nostalgia ma se c'è una coniugazione tra storie e nostalgie rispetto alla speranza e alla prospettiva significa che al centro c'è l'uomo. E questo è un servizio che si fa all'uomo calabrese, alla Calabria e certamente dovrebbe essere un dato di riferimento costante e dovrebbe essere sottratto alle cifre ragionieristiche, accettando di far vivere con il calore dell'impegno e della volontà quello che ho visto fare personalmente da parte sua; lei, signor sottosegretario, tuttavia, ha cercato di camuffare l'assenza di volontà da parte del Governo e della maggioranza che sostiene questo Governo.

(Iniziative per l'incremento dell'organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco - n. 2-01221)

PRESIDENTE. L'onorevole Rosato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01221 concernente iniziative per l'incremento dell'organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

Pag. 55

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, signor sottosegretario, lei non ha la delega ma so che ha seguito la questione inerente i vigili del fuoco, anche perché il sottosegretario delegato non c'è ed io mi auguro che questo mio invito a far sì che il Governo assegni con urgenza la delega ad un sottosegretario venga accolto. Infatti il tema dei vigili del fuoco è di interesse per il Paese e soprattutto essi hanno bisogno di una gestione e di essere seguiti direttamente e con costanza.
Ho presentato un'interpellanza che riguarda i temi generali del personale. Lo dico facendo una cornice, ossia che siamo consapevoli della difficoltà del momento della finanza pubblica, che la crisi impone dei tagli alla pubblica amministrazione e che questi tagli alla pubblica amministrazione e alla spesa pubblica comportano anche una riduzione della spesa in generale anche per il Ministero dell'interno. Tuttavia siamo di fronte non più a dei tagli mirati che possono riguardare questioni che attengono agli sprechi nella pubblica amministrazione o a servizi superflui, ma siamo di fronte a dei tagli che sono generalizzati, lineari. E oggi nelle dichiarazioni di chi usciva da palazzo Grazioli, ormai sede principale del Governo, si diceva che i tagli della manovra che si continua a chiamare «decreto sviluppo» continueranno ad essere lineari.
Quindi ai tagli impostati nelle manovre di luglio e di agosto e a quelli del DPCM che sono stati presentati proprio in questi giorni al Ministero dell'economia e delle finanze se ne aggiungeranno degli altri. Tutto questo è insostenibile per un Ministero che deve offrire e garantire sicurezza ai nostri concittadini. Credo che occorra quindi ragionare anche nei termini dei servizi di cui andiamo a parlare. Tagliare le risorse al dipartimento dei vigili del fuoco, al Corpo dei vigili del fuoco vuol dire tagliare sicurezza, ma vuol dire anche creare disservizi che sono diseconomie nel nostro sistema.
Quando un intervento per spegnere un incendio in uno stabilimento industriale o in una strada ad alta densità arriva con venti minuti di ritardo perché non ci sono risorse umane questo vuol dire creare diseconomie, oltre naturalmente a non potersi occupare della salvaguardia della vita umana di tante persone che sono coinvolte.
Accanto a questa che è una questione di sistema per il nostro Paese su cui c'è la necessità che da parte vostra ci sia un intervento più selettivo per individuare i luoghi dove tagliare le risorse e quelli dove bisogna investire - il Corpo nazionale dei vigili del fuoco in questo caso è un luogo dove investire - credo ci sia un maltrattamento inaccettabile, perché può essere descritto solo così, del personale di tutto il Ministero dell'interno ed in particolare dei vigili del fuoco da parte della pubblica amministrazione.
Non possiamo pensare che gli straordinari vengano pagati dopo sei, otto, dieci o dodici mesi. Io l'ho anche segnalato, anche nella maniera più collaborativa possibile, ma senza trovare un'interlocuzione di nessun tipo. Questo problema c'è sempre stato, ma il ritardo con cui vengono pagati gli straordinari e persino i rimborsi spese a persone che hanno anticipato di tasca loro sta diventando sempre più ampio. Ciò si lega anche con il problema del personale discontinuo cioè quelli che svolgono richiami per sostituire personale che non c'è perché al turnover comunque non si è fatto fronte in questi anni e ci sono tremila vuoti nell'organico. Il personale discontinuo, che ha quello come primo reddito in moltissime parti di questo Paese, comunque viene pagato con tre, quattro o cinque mesi di ritardo. Invito quindi il Governo a fare una grande attenzione a questo problema.
Nello specifico, signor sottosegretario, abbiamo presentato questa interpellanza perché riteniamo che la vita di migliaia di persone sia legata a una risposta da parte di questo Governo che non è mai arrivata.
Ci sono stati due percorsi paralleli, dopo cinque anni dal 2001 al 2006 non sono stati fatti i concorsi pubblici, non c'è stata alcuna procedura di stabilizzazione, ci sono stati solo due concorsi riservati per Pag. 56gli ausiliari, coloro che sceglievano di fare gli ausiliari alla leva. Quindi per cinque anni l'amministrazione non ha fatto nuovi concorsi e sono state solo usate le vecchie graduatorie cosa che poi il Governo successivo ha continuato a fare. Esso però ha parallelamente attivato un percorso concorsuale, che voi avete portato avanti con un concorso per 814 vigili del fuoco - graduatoria oggi approvata con l'assunzione degli 814 - e poi una procedura di stabilizzazione straordinaria che partiva proprio dall'assunto che per cinque anni non erano stati fatti concorsi pubblici.
Quella procedura concorsuale, molto selettiva, perché non sono stati ammessi alla selezione numerosi ragazzi, quella procedura di stabilizzazione, inspiegabilmente, senza nessuna nota, senza nessuna comunicazione, nonostante il Governo si sia impegnato in quest'Aula, più volte, a prorogare e ad utilizzare quella graduatoria, non viene più utilizzata.
Vi sono stati centottanta ragazzi che sono andati a fare le visite mediche, le hanno superate, hanno avuto la stretta di mano da parte del dirigente sanitario e gli è stato detto: benvenuti nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Loro hanno dato la disdetta, il preavviso nei loro posti di lavoro, per chi lavorava, e chi aveva dei concorsi in piedi non li ha fatti più, perché aveva ricevuto una stretta di mano da parte della pubblica amministrazione che gli diceva: benvenuto nel Corpo. Ma queste persone non sono state più chiamate. Vi è un silenzio tombale.
Chiedo, allora, e mi auguro di avere una risposta chiara, qual è l'intenzione dell'amministrazione. Noi pensiamo che vi sia una strada da percorrere, che è quella di sospendere l'utilizzo di tanto personale discontinuo, che di fatto va a coprire le carenze di organico e, quindi, di procedere a un piano di assunzioni, che sono anche economicamente più vantaggiose per l'amministrazione e, con quelle, continuare ad utilizzare la graduatoria derivante dalla stabilizzazione.
Vi è poi un grande turnover necessario e vi è la graduatoria per 814 posti che comprende ancora migliaia di ragazzi, che possono essere utilizzati nei prossimi anni. Vi è bisogno di nuovo personale, il Corpo ormai è al collasso, non solo per il personale, ma anche per i tagli lineari che vengono praticati sulla parte economica. Vi è bisogno di persone che vadano lì a lavorare, che si occupino della nostra sicurezza.
Chiediamo, quindi, qual è l'intenzione del Governo su questo, per dare anche una garanzia a quelle migliaia di giovani che stanno aspettando una risposta da parte vostra.
Vi sono poi tanti problemi ancora aperti. Non voglio scaricare la responsabilità su questo Governo solo perché sono all'opposizione. Capisco che nelle difficoltà di queste questioni, che attengono al personale e che attengono al fatto che vi è sempre qualcuno escluso, vi sia una difficoltà di carattere operativo e di scelta, ma penso che su questo ci voglia una parola chiara.
Inserisco anche un altro tema, signor sottosegretario: in questa vicenda vi sono coloro che sono rimasti esclusi dalla stabilizzazione, per un principio, che era quello che noi abbiamo fissato con le organizzazioni sindacali, dell'età massima. A queste persone, esponenti di alto livello del PdL, in tutta la legislatura del Governo Prodi, il Governo precedente, avevano assicurato una risposta, una legge per la loro assunzione. Questo provvedimento è fermo in Commissione affari costituzionali e su di esso vi è stata un'espressione del Governo sicuramente non favorevole. Chiedo che anche su questo vi sia chiarezza, perché sono persone che hanno ricevuto una parola da parte di una forza politica, su cui dopo è calato il silenzio.
Signor sottosegretario, penso che su questi temi non bisogna entrare nello scontro. Bisogna trovare le modalità di collaborazione, ma le modalità di collaborazione dipendono dalla chiarezza del ragionamento.
Ho già detto in premessa che lei non ha seguito direttamente tutte le vicende del Corpo nazionale dei vigili del fuoco perché non rientrante nelle sue deleghe, ma sono Pag. 57certo che avrà approfondito le questioni e avrà ottenuto tutta la documentazione necessaria.
Da parte nostra non può che trovare collaborazione, l'abbiamo sempre dimostrato su queste vicende, ma abbiamo bisogno di un Governo che dia delle risposte e che lo faccia con grande chiarezza.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Sonia Viale, ha facoltà di rispondere.

SONIA VIALE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, la presenza effettiva nei diversi ruoli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, alla data del 1o ottobre 2011, è pari a 31.969 unità, con una carenza residua, rispetto alla previsione organica, di 2.741.
Le politiche di gestione del personale, nonostante le limitate risorse, sono volte, in via prioritaria, alla riduzione di queste carenze.
In particolare, il decreto del Ministro dell'interno del 30 luglio 2007 ha stabilito i criteri della procedura di stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale, introdotta dall'articolo 1, commi 519 e 526 della legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296).
Ciò ha consentito di immettere personale già qualificato nei ruoli operativi del Corpo e, al contempo, di non disperdere le professionalità acquisite in anni di servizio volontario.
La relativa graduatoria, riguardante 6.080 candidati, è stata approvata con decreto del Ministero dell'interno del 2008. Al 31 dicembre 2010, data di chiusura della graduatoria, considerate le limitate risorse sono state stabilizzate 1.943 persone.
La procedura di stabilizzazione costituisce, tuttavia, una procedura speciale rispetto alla norma generale che prevede l'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso.
Questo Ministero, pertanto, ha avviato anche la procedura ordinaria del concorso a 814 vigili del fuoco (indetto con decreto ministeriale del 6 novembre 2008), prevedendo comunque la riserva del 25 per cento dei posti al personale volontario che risulti iscritto in appositi elenchi da almeno 3 anni e abbia effettuato non meno di 120 giorni di servizio.
La procedura concorsuale, conclusa nel 2010, ha coinvolto circa 11 mila candidati e la graduatoria costituisce, ad oggi, sulla base della normativa vigente, l'unico serbatoio per le assunzioni dei prossimi anni.
Più in generale, desidero sottolineare che il problema degli organici è stato affrontato prevedendo per il Corpo nazionale la piena copertura del turnover, autorizzata - al pari delle forze di polizia - dalla legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010) e confermata dalla recente manovra economica (decreto-legge n. 98 del 2011).
Al riguardo, la avvenuta assunzione degli 824 vigili del fuoco permanenti e la già programmata assunzione di ulteriori 740 idonei del concorso per 814 posti, consentirà di coprire, pressoché integralmente, la quota di personale operativo cessato dal servizio nel biennio 2009-2010.
Ogni ulteriore ipotesi di revisione e potenziamento delle piante organiche attuali, comunque allo studio del Dipartimento dei vigili del fuoco, dovrà tenere conto delle risorse finanziarie risultanti dalle più recenti manovre economiche approvate dal Parlamento.
Analoghe considerazioni vanno svolte in relazione all'incremento di distaccamenti sul territorio previsto dal progetto «Soccorso Italia in 20 minuti», la cui attuazione risulta fortemente condizionata dalle già citate misure di contenimento della spesa.
Desidero sottolineare che, anche con risorse assai limitate, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco svolge con efficacia la missione di preminente interesse pubblico finalizzata alla sicurezza della vita umana e all'incolumità delle persone.
Proprio per tali considerazioni, il Ministero dell'interno porrà in essere, con forte impegno, ogni possibile azione nel perseguimento di quegli obiettivi ritenuti strategici per il mantenimento delle capacità Pag. 58operative del Corpo e del suo ruolo centrale tra gli apparati dello Stato chiamati a garantire la sicurezza del Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Rosato ha facoltà di replicare.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la risposta che, mi consenta, è molto formale e non ha toccato alcune delle questioni centrali. Intanto fate 740 assunzioni, ma sono poche, perché il turnover è molto più ampio e quindi lì c'è un primo problema da affrontare con una certa rapidità e tempestività.
La seconda questione riguarda la procedura di stabilizzazione che lei ha definito una procedura speciale. Senza dirlo, perché nella sua risposta non c'è, voi sottolineate il fatto che quella procedura di stabilizzazione è conclusa e che quindi quella graduatoria non è più utilizzabile. Altrimenti, non riesco a capire il senso della sua risposta.
Mi chiedo il perché e dove sia scritto. Faccio due tipi di ragionamento. Il primo è che per prassi il Ministero dell'interno ha sempre prorogato le graduatorie fino a quando è stato possibile utilizzarle, ossia fino al bando di altri concorsi idonei a garantire il bacino delle assunzioni.
Allora, se il bacino delle assunzioni che si è creato - questo è stato un percorso che ho descritto in premessa - che abbiamo voluto costruire noi è parallelo, prevedendo da una parte la stabilizzazione e dall'altra parte il concorso pubblico, perché dopo solo tre anni la graduatoria della stabilizzazione non viene più utilizzata?
Dov'è scritto che scade? È una procedura speciale, come lei stessa ha descritto, e mentre è chiaro che in un concorso ci sono i vincitori del concorso e gli idonei del concorso, in una procedura di stabilizzazione non ci sono i vincitori della stabilizzazione e gli idonei alla stabilizzazione, ma ci sono solo gli idonei alla stabilizzazione.
Quindi, dal primo all'ultimo erano vincitori di una procedura di stabilizzazione che non aveva di per sé alcuna scadenza. Vi è anche una circolare che ho citato in una delle numerose interrogazioni che abbiamo presentato, a cui non abbiamo mai avuto risposta e abbiamo dovuto ricorrere alla formula dell'interpellanza urgente. C'è scritto anche quello, vi è una circolare del Dipartimento della funzione pubblica che asseriva che le graduatorie per le procedure di stabilizzazione, non solo quella dei vigili del fuoco, ma tutte le procedure di stabilizzazione, non avevano scadenza.
Però entriamo nel cuore della vicenda. Non si vuole creare una guerra tra poveri, ossia tra coloro che sono stati vincitori di un concorso pubblico e coloro che sono stati vincitori di una procedura di stabilizzazione. Bisogna utilizzare due canali che sono tutti e due nella disponibilità dell'amministrazione. Oggi ci sono migliaia e migliaia di richiami di personale discontinuo, che sono gli stessi che poi sono nella graduatoria come personale idoneo alla loro assunzione, che vengono chiamati ogni giorno per andare nelle partenze a fare un servizio che è lo stesso che svolge un vigile del fuoco assunto regolarmente. È un'invasione della normativa che provoca una chiarissima contestazione a quelle che sono le norme sul lavoro. Pertanto, inviterei l'amministrazione a fare molta attenzione sotto questo profilo. Si può risolvere con uguale spesa, affrontando la questione dando garanzie a ragazzi che hanno lavorato e continuano a lavorare per noi, dandogli garanzie di un lavoro stabile. La lotta al precariato si fa così, non con la pubblica amministrazione che crea e costruisce nuovo precariato.
Poi, signor sottosegretario, questo Parlamento, questa Camera, ha approvato con tre voti contrari un ordine del giorno, che era stato accolto già prima dal Governo - ma, visto come vanno le cose, ossia che qualche volta il Governo accoglie gli ordini del giorno per il ritiro delle truppe dall'Afghanistan per rimandarne il doppio nella stessa seduta, abbiamo fatto votare anche la Camera - in cui vi era scritto che entro 90 giorni, che Pag. 59naturalmente sono scaduti, voi dovevate venire qui, in sede di I Commissione, a presentarci un piano rispetto a «Italia in 20 minuti», e quindi la risistemazione dei presidi sul territorio, che, in tanti anni da cui è stato varato, richiedeva una sua revisione. Sono passati oltre tre anni dall'insediamento di questo Governo e non abbiamo visto niente.
Quindi, anche il rapporto con il Parlamento è molto carente sotto questo profilo, ma non è carente nei rapporti personali che possono esserci tra parlamentari di opposizione e membri del Governo, è carente rispetto alla qualità del servizio che offriamo ai cittadini, è carente la risposta che la politica dà a chi lavora per lo Stato, peraltro con paghe miserabili, come è chiaramente evidenziato da tutti, parlamentari di centrodestra e di centrosinistra. Pertanto, almeno su questo, signor sottosegretario, mi aspetto una revisione della vostra posizione, anche perché, se non ci sarà tale revisione, ci saranno i ricorsi, che già stanno arrivando numerosi da parte dei singoli, che vi imporranno il pagamento del TFR e che vi imporranno le assunzioni.
Penso che questo, per la pubblica amministrazione, sia profondamente sbagliato quando si sa di essere nel torto. Poi - e concludo -, signor sottosegretario, anche in questo caso lei non mi ha dato una risposta che andava data, prima che sul piano politico, sul piano personale alle persone che hanno ricevuto - lo ripeto perché non è simbolico il fatto che hanno ricevuto una stretta di mano da parte dell'ufficiale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco dicendogli benvenuto nel Corpo e poi non hanno avuto una regolare assunzione - una stretta di mano che è stata reale, non solo citata. Quindi, quei centottanta ragazzi si aspettano che ci sia qualcuno nell'amministrazione che gli mandi almeno una lettera dicendo guardate che ci siamo sbagliati, vi abbiamo presi in giro.
Mi auguro che ci sia una lettera che dica: guardate che noi abbiamo rivisto le nostre posizioni e procediamo alle assunzioni perché questo era l'impegno che avevamo sottoscritto chiamandovi e dicendovi che la vostra visita d'idoneità era utile all'assunzione. Ecco, signor Sottosegretario, non posso dichiararmi soddisfatto della sua risposta, mi dichiaro soddisfatto della sua cortesia, ma questo purtroppo non risolve i problemi. Mi auguro che il Ministro assegni la delega a lei o a chi ritiene e che questa questione venga presa in mano dalla politica con capacità di volerla risolvere veramente.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sull'ordine dei lavori (ore 20,03)

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera del 5 ottobre 2011, il presidente della I Commissione (Affari costituzionali), anche a nome del presidente della II Commissione (Giustizia), ha sottoposto alla Presidenza l'esigenza, rappresentata dai relatori e condivisa dai rappresentanti dei gruppi presso le due Commissioni, che l'inizio dell'esame in Assemblea del disegno di legge recante «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione», già previsto per lunedì 10 ottobre, sia differito di una settimana.
L'esame di tale provvedimento non sarà pertanto iscritto all'ordine del giorno delle sedute della prossima settimana.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 10 ottobre 2011, alle 13:

1. - Discussione congiunta dei disegni di legge:
S. 2803 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2010 (Approvato dal Senato) (C. 4621) Pag. 60
S. 2804 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2011 (Approvato dal Senato) (C. 4622)
- Relatore: Simonetti.

2. - Discussione delle mozioni Borghesi ed altri n. 1-00713 e Meta ed altri n. 1-00715 concernenti misure a favore del trasporto pubblico locale.

La seduta termina alle 20,05.