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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 514 di mercoledì 7 settembre 2011

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 10,40.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 2 agosto 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Antonione, Bindi, Bongiorno, Caparini, Colucci, Gianfranco Conte, Dal Lago, Donadi, Fallica, Galati, Giancarlo Giorgetti, Jannone, Leo, Lusetti, Palumbo, Rigoni, Romano, Stucchi e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,45).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori.

GIUSEPPE GIULIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, intervengo per richiamare l'attenzione sua e dell'Aula. Lei, come i colleghi, sa che è in corso a Venezia la Mostra internazionale del cinema. Erano previsti per l'8, il 9 e il 10 tre giornate dedicate al cinema e ai diritti umani, alle quali, tra l'altro, avrebbe partecipato e parteciperà lo stesso Ministro Galan, organizzate dalla Biennale, dalla Mostra del cinema, da RAI Cinema, da Cinecittà Luce, da Amnesty International e dall'associazione Articolo 21, con film che arriveranno dalla Siria, dalla Cina, dall'Egitto, con registi che stanno uscendo dai loro Paesi per la prima volta per raccontare questa situazione, con un film italiano di Barbara Cupisi sulla tratta degli esseri umani, ma soprattutto con una giornata finale dedicata ad un grande regista iraniano, Jafar Panahi, che è stato condannato a sette anni di carcere e a vent'anni di interdizione dalla scrittura di alcunché, una sorta di lapidazione intellettuale.
Presidente Lupi, egli era stato invitato formalmente da tutte queste associazioni e dalle stesse autorità italiane ed era stato concesso al coautore del film di Panahi di venire in Italia. Si chiama Mosbahi ed è un produttore iraniano, poco fa è stato bloccato all'aeroporto di Teheran, gli è stato ritirato il passaporto, è stato detto che la delegazione iraniana non potrà venire in Italia, gli è stata impedita la partecipazione a questo evento che avrebbe visto assieme forze politiche, sociali e istituzioni diverse nel segno della libertà. Pag. 2
Le chiedo, Presidente Lupi, di attivarsi presso il Ministero degli affari esteri per sapere cos'è accaduto a Teheran, per chiedere perché è stato bloccato l'arrivo di questa delegazione in Italia, perché ancora una volta si vuole impedire che si parli, dare libera espressione agli artisti e ai registi, anche a quelli che altre volte sono usciti dall'Iran, che già erano stati al Festival di Cannes e che rappresentano comunque una manifestazione, un'espressione di libertà e di civiltà. Non solo l'intervento urgente del Ministro degli affari esteri ma, se fosse possibile, è anche una richiesta che rivolgo a lei e tramite lei alla Commissione di vigilanza e ai colleghi presenti. Da tempo migliaia di registi e autori italiani hanno chiesto che la RAI almeno trasmetta il grande film di Panahi Il cerchio, che vinse il Leone d'oro. Un modo civile per rispondere al buio, al sequestro potrebbe essere quello di dedicare il giorno 10, in occasione della chiusura della Mostra, al regista Panahi questa serata, di proiettare il suo film e assieme chiedere la sua liberazione (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Misto-Alleanza per l'Italia).

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, ero intervenuto ieri sera sull'argomento, ma ritengo necessario sollecitarlo di nuovo per capire se la Presidenza possa fare qualcosa. Qui, fuori Montecitorio, è in corso una manifestazione dell'associazione spontanea «Liberi subito» che chiede delle risposte per quanto attiene alle persone sequestrate dai pirati somali oltre sette mesi fa, anzi sette mesi credo siano proprio scaduti in questi giorni.
Come ho fatto notare ieri sera, ci sono state in passato grandi mobilitazioni, impegni dello stesso Governo su persone sequestrate con risultati sicuramente positivi che hanno gratificato anche il nostro Paese come azione politica. In questa situazione non vi è alcuna risposta, non si sa niente.
Inoltre, essendo stato con loro proprio adesso qui fuori, ho potuto constatare che a questa gente attualmente non è nemmeno permesso di arrivare in piazza per fare una manifestazione per le vie di Roma, soltanto perché sono autorizzate in minima parte. Ma si tratta di un gruppetto di famiglie disperate che non sanno nulla dei loro familiari da sette mesi, pacifiche e soltanto disperate e preoccupate.
Credo che la cosa minima da fare sia autorizzarli a fare questo percorso, ma soprattutto (credo e spero che il Presidente della Camera in mattinata li riceva) il Governo deve dare veramente a loro un minimo di speranza per quanto attiene ai loro familiari.
Mi scuso, signor Presidente, se ho ripetuto l'intervento di sera, ma dopo quello che ho visto fuori Montecitorio oggi lo ho ritenuto necessario e mi auguro che la Presidenza, ancorché molto impegnata, si attivi in questo senso (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo - Congratulazioni).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo per pochi secondi soltanto per richiamare la sua attenzione sull'intervento che ha svolto il collega Beppe Giulietti, il quale ha chiesto un intervento urgente del Ministero degli affari esteri per rendere possibile l'arrivo di una delegazione iraniana a Venezia per la proiezione di film del regista Panahi e, quindi, volevo associarmi a questo, pregandola di intervenire nei confronti del Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, la Presidenza si sta attivando per far arrivare il contenuto delle osservazioni presentate dall'onorevole Giulietti e da altri proprio in modo che il Ministro della cultura, il Ministro degli affari esteri e il Governo tutto possano attivarsi nella direzione da voi richiesta.

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Su un lutto del deputato Souad Sbai.

PRESIDENTE. Comunico che la collega Souad Sbai è stata colpita da un grave lutto: la perdita del padre.
La Presidenza della Camera ha fatto pervenire al collega le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.
Per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo ora la seduta, che riprenderà alle ore 11,05.

La seduta, sospesa alle 10,55 è ripresa alle 11,10.

Seguito della discussione della Relazione della XIV Commissione sulla Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2011, sul Programma di lavoro della Commissione europea per il 2011 e sul Programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea presentato dalle Presidenze polacca, danese e cipriota (Doc. LXXXVII-bis, n. 1-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della Relazione della XIV Commissione sulla Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2011, sul Programma di lavoro della Commissione europea per il 2011 e sul Programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea presentato dalle Presidenze polacca, danese e cipriota.
Ricordo che nella seduta di martedì 6 settembre 2011 si è conclusa la discussione di tale documento e che sono state presentate le risoluzioni Pescante ed altri n. 6-00085, Farina Coscioni ed altri n. 6-00086, Maurizio Turco ed altri n. 6-00087, Borghesi ed altri n. 6-00088, Gozi ed altri n. 6-00089 e Zamparutti ed altri n. 6-00090 (Vedi l'allegato A - Risoluzioni).
Avverto che le risoluzioni Pescante ed altri n. 6-00085, Borghesi ed altri n. 6-00088, Gozi ed altri n. 6-00089 e Zamparutti ed altri n. 6-00090 sono state ritirate dai presentatori e contestualmente è stata presentata la risoluzione Pescante, Gozi, Maggioni, Buttiglione, Borghesi ed altri n. 6-00091. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A - Risoluzioni).

(Parere del Governo - Doc. LXXXVII-bis, n. 1-A)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle risoluzioni presentate.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI, Ministro per le politiche europee. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi sia permesso manifestare, prima di tutto, la soddisfazione mia personale e del Governo per l'importante sviluppo che fa seguito al dibattito di ieri, dal quale è conseguita la presentazione di una risoluzione unitaria per la quale vorrei ringraziare tutti i colleghi, della maggioranza come dell'opposizione, ma soprattutto, se mi permettete, il presidente Pescante, che ancora una volta ha dato prova della propria competenza, saggezza politica e capacità di mediazione nella guida dei lavori della XIV Commissione.
Questa risoluzione unica, su cui sono confluiti gruppi sia della maggioranza sia dell'opposizione, costituisce il giusto coronamento di questa prima parte di sessione programmatica europea per due separati motivi: conferma la condivisione di fondo di tutti i gruppi politici sulle linee essenziali di coordinamento con l'Europa, che non possono prescindere da un maggiore coordinamento tra Governo e Parlamento, e rappresenta un compromesso in rialzo, ottenuto attraverso i lavori e il dibattito, facondo e proficuo, che si sono sviluppati sia in Commissione sia in Aula.
Pertanto, signor Presidente, onorevoli colleghi, il Governo esprime un parere favorevole sulla risoluzione Pescante, Gozi, Maggioni, Buttiglione, Borghesi ed altri n. 6-00091. Se mi è permesso, passerei immediatamente ad esprimere il parere anche sulle ulteriori risoluzioni che sono state depositate. Pag. 4
Quanto alla risoluzione Maurizio Turco ed altri n. 6-00087...

PRESIDENTE. Mi scusi, Ministro, ma neanche la Presidenza riesce a sentire. Colleghi, scusate. Il Ministro sta esprimendo il parere sulla risoluzione Pescante, Gozi, Maggioni, Buttiglione, Borghesi ed altri n. 6-00091. Almeno vi è la necessita di ascoltarla per chi la vuole ascoltare e, in particolare, di rendere possibile, almeno alla Presidenza, di conoscerne il contenuto.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI, Ministro per le politiche europee. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sulla risoluzione Pescante, Gozi, Maggioni, Buttiglione, Borghesi ed altri n. 6-00091.
Ero passata ad esprimere il parere del Governo sulla risoluzione Maurizio Turco ed altri n. 6-00087, riguardante la Turchia, rispetto alla quale il Governo ritiene che non possa dirsi pienamente corrispondente alle indicazioni contenute nel programma delle Presidenze polacca, danese e cipriota, che stanno a fondamento della Relazione del presidente Pescante da cui naturalmente nasce l'odierno dibattito, e che proprio per questa ecceda il perimetro dell'esercizio che qui ora stiamo svolgendo, toccando un terreno di vera e propria politica internazionale ed estera. Nel contempo, tuttavia, non vi è dubbio - e il Governo lo riconosce - che il tema della prospettiva europea della Turchia rappresenti una linea di fondo della politica europea dell'Italia e, naturalmente, di questo Governo. Per questo motivo il Governo si rimette all'Assemblea.
Per quanto riguarda la risoluzione Farina Coscioni ed altri n. 6-00086, relativa al rispetto dei diritti umani, ferma restando la condivisione sugli obiettivi di fondo, riteniamo che in considerazione dei temi di cui si tratta, piuttosto che operare con strumenti giuridico-contenziosi, che sono evocati dalla risoluzione stessa, occorra piuttosto prediligere come assolutamente più efficace ed efficiente e certamente maggiormente praticabile, anche nell'esperienza dell'organigramma dell'Unione, il canale politico.
Bisogna invitare la Commissione a cogliere l'occasione per implementare, promuovere e attuare il rispetto dei diritti umani attraverso clausole di condizionalità.
Per questo motivo, il Governo propone ai sottoscrittori della risoluzione la seguente riformulazione del dispositivo: «impegna il Governo ad adoperarsi in tutte le sedi istituzionali europee, invitando la Commissione europea, per quanto di sua competenza, ad attuare la clausola sui diritti umani e la democrazia negli accordi di cooperazione che l'Unione europea stipula con i Paesi terzi», con il seguito che rimane identico.

(Dichiarazioni di voto - Doc. LXXXVII-bis, n. 1-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, mi richiamo all'intervento che ho esposto ieri nell'ambito della discussione, con il quale ho lamentato l'assoluto ritardo da noi tenuto nella discussione della Relazione programmatica e del Programma relativo all'attività dell'Unione europea che - vorrei ricordarlo - riguarda l'anno corrente, ossia il 2011. Ribadisco che le deliberazioni da noi assunte nel mese di settembre diventano totalmente ininfluenti rispetto all'attività già in corso da nove mesi nell'ambito dell'Unione europea. Per questo motivo, abbiamo chiesto un impegno pressante al Governo affinché, d'ora in poi, venga anticipata la discussione in modo tale da poter effettivamente diventare interlocutori dell'Unione europea, nel senso di riuscire a far valere sul tavolo dell'Unione europea anche la visione ed il punto di vista dell'Italia, che evidentemente attualmente non rileveranno essendo già trascorsi i due terzi dell'anno. Pag. 5
Per il resto, ribadisco la dichiarazione del gruppo dell'Italia dei Valori di assoluto bisogno di più Europa e vorrei ricordare da quest'Aula il fatto che, se il nostro Paese riuscirà ad uscire da questa crisi, sarà grazie all'Europa. Probabilmente ci troveremmo in una situazione diversa se avessimo dato costantemente ed immediatamente seguito alle direttive dell'Unione europea, in relazione alle quali invece, in molti casi, sono state avviate procedure di infrazione.
Ribadisco che è necessaria più Europa anche sul piano politico e vorrei che resti agli atti la mia dichiarazione sulla necessità assoluta di agire per fare dell'Europa un'entità politica, ben più di quanto sia oggi, con la conseguente attribuzione ad essa di maggiori poteri, ossia di una governance diversa, che assegni all'Unione molti più poteri di quanti ne abbia oggi e con una conseguente riduzione dei poteri dei singoli Paesi. Facciamo questa dichiarazione di europeismo e ci riconosciamo nelle modifiche introdotte nella risoluzione unitaria che è stata presentata e rispetto alla quale naturalmente esprimeremo voto favorevole.
In relazione alla seconda risoluzione abbiamo soltanto una perplessità concernente la richiesta ad un Paese assolutamente autonomo di effettuare un referendum, che non ci vede favorevoli. Per cui, con riferimento a tale iniziativa esprimeremo voto contrario.
Esprimeremo invece voto favorevole anche sull'ulteriore risoluzione presentata dai radicali (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è accaduto credo nel 2002 che Daniel Kahneman ha ricevuto il premio Nobel per le scienze economiche e lo ha ricevuto pur non essendo un economista ma uno psicologo per i suoi studi sulla psicologia dell'economia. Vorrei raccomandare caldamente al Capo del Governo e ai membri del Governo, soprattutto a coloro che hanno organizzato questa manovra economica, la lettura delle opere di Daniel Kahneman che spiega come fattori psicologici intervengano nelle decisioni economiche accanto a fattori meramente economici. Se la manovra che stiamo approvando - e siamo in tema perché questa manovra è politica europea ed è una risposta alle domande e alle attese dell'Europa - fosse stata presentata a metà agosto ed immediatamente approvata con il consenso di tutte le forze politiche sarebbe stata sicuramente sufficiente a calmare i mercati e a dare un segnale della volontà del Paese di non rinunciare al proprio futuro in Europa.
Fatta «a pezzi e bocconi», proposta, cambiata, cambiata di nuovo, contrattata con tutte le componenti interne del Governo - e non contrattata con l'opposizione perché naturalmente quando il Governo è troppo occupato a creare unità al proprio interno non ha né il tempo né la voglia di trattare con l'opposizione -, presentata in questo modo ha dato ai mercati e all'Europa un'immagine di irrisolutezza, di incapacità di decidere e di non serietà.
Ognuno di voi si sarà trovato qualche volta a partecipare agli sforzi per salvare dei posti di lavoro in una crisi aziendale e avrà visto che c'è un momento in cui la banca dice: «io di questo amministratore delegato non mi fido, qualunque piano voi mi proponiate con questa dirigenza io non intendo trattare perché non mi fido». Si è rotto il rapporto di fiducia in Europa con questo Governo, si è rotto il rapporto di fiducia dei mercati con questo Governo, coloro che ci prestano denaro non si fidano di questo Governo. Abbiamo bisogno di cambiare. È un dato penso oggettivo al di là del dibattito politico.
In Europa oggi viviamo una situazione simile a quella di un'azienda che è in amministrazione controllata, che non è più pienamente libera di prendere le proprie decisioni non per colpa degli altri ma per colpa propria, perché ha contratto troppi debiti e dipende dalla loro fiducia. Dobbiamo agire in modo da meritare e Pag. 6conquistare questa fiducia, questa è la prima osservazione che dobbiamo fare nel dibattito di oggi sulla politica europea del Governo.
In un altro contesto sarebbe stato facile dire: «bene, giù questo Governo, elezioni anticipate, passiamo la mano», ma devo dire rispettosamente agli amici del Partito Democratico che l'opposizione non ha fatto una grande figura neanch'essa poiché, in un momento in cui era necessaria l'union sacrée di tutte le forze in Italia davanti alla drammaticità della crisi, uno sciopero come quello di ieri è stato un segnale devastante due volte: ha detto che questo Governo non è in grado di fare la manovra - e questo rimarca un fatto che è vero - ma ha detto anche che non c'è un'alternativa, che nell'opposizione non c'è una chiarezza di idee e una capacità reale di intervento. Non c'è la capacità di dire alla gente che tutti dobbiamo fare sacrifici; devono farli i poveri che devono lavorare di più - sì alla riforma delle pensioni - e devono farli i ricchi che devono pagare di più. I ricchi, coloro che hanno un patrimonio di 100 milioni di euro investiti in borsa, dall'inizio dell'anno hanno perso dal 30 al 40 per cento del loro patrimonio; se avessero dato un 10 per cento ad inizio dell'anno avremmo dato un'impressione potente ai mercati e all'Europa, non ci sarebbe stato il crollo delle azioni e avrebbero guadagnato un sacco di soldi invece di perderli.
Bisogna uscire dai tabù e non è nemmeno giusto che noi responsabili politici osserviamo dei tabù che uno come Alessandro Profumo non osserva, che dobbiamo farci dire da Alessandro Profumo che anche parlare in condizioni così gravi di tassa sul capitale e di patrimoniale non è una cosa disdicevole. Cosa si aspetta da noi l'Europa? Decisioni forti e chiare, ma soprattutto una concordanza politica, una unità politica. Se c'è un momento in cui un Governo di unità nazionale è giusto ed opportuno, questo momento è adesso, per dare un segnale che l'Italia è unita nel difendere il proprio destino. Poi dobbiamo parlare con serietà in Europa. La crisi europea chiede anche il contributo dell'Italia. Dobbiamo dare un apporto su questioni controverse, come il divieto di assicurazione per rischio altrui. Il sistema dei derivati, che ci sta mandando a fondo, è un sistema in cui molti scommettono su eventi ai quali non sono direttamente interessati. Prendete il caso della Grecia: il debito pubblico greco rispetto all'Unione europea non è gran cosa (è gran cosa, ma non rispetto al prodotto interno lordo europeo, forse 300 miliardi di euro) ma non sappiamo quanti contratti derivati sono stati chiusi sul debito pubblico greco. Allora, bisogna arrivare al divieto dei contratti derivati per rischio altrui e alla tassa sulle transazioni finanziarie, che non solo ha un gettito, ma rende anche più difficile mettere assieme i grandi capitali necessari per la speculazione. Infine, bisogna arrivare a un debito pubblico comune europeo ed al fondo per la garanzia dei debiti sovrani, un fondo che possa comprare i titoli dei Paesi in difficoltà, emettere titoli propri a tassi molto inferiori e quindi alleviare il costo del debito e la speculazione. Questo però - bisogna dirlo con chiarezza - non è possibile se i Paesi che hanno bisogno di essere aiutati non mostrano di volersi aiutare seriamente. La proposta del cosiddetto Terzo Polo per costituzionalizzare il vincolo del pareggio di bilancio è parte integrante di una politica europea. Davanti a impegni così, si può chiedere ai contribuenti dei Paesi più ricchi di assumere non l'impegno di pagare, ma l'impegno di dare una garanzia per i nostri debiti, ma senza impegni convincenti sarà molto difficile che lo facciano. Voglio ricordare che abbiamo dato questo spettacolo non bello a tutta l'Europa proprio nei giorni in cui la Corte costituzionale tedesca deve decidere se dare o non dare al Governo tedesco il permesso di intervenire a sostegno dei Paesi in difficoltà, quindi anche dell'Italia.
Venendo alle vicende più interne nostre, voglio rivolgere un cordiale saluto al nuovo Ministro, che è persona gentile, καλή και αγαθή direbbero i greci, bella e brava, con un curriculum accademico che mostra come di queste cose comprende e capisce. Abbiamo patito a lungo la mancanza Pag. 7di un Ministro per le politiche europee, segno di quanto poco il Governo, ma a volte l'Italia e non solo il Governo, intenda quanto sia centrale il tema delle politiche europee per tutte le politiche che facciamo in questo Paese, quanto l'Unione europea sia andata avanti, tanto che non si può tornare indietro e bisogna fare un altro passo in avanti. Chiedo, signor Ministro, che lei abbia coraggio nel far valere le leggi esistenti sul coordinamento della politica europea e nell'aiutarci a migliorare questa legge. Praticamente all'unanimità l'Assemblea della Camera ha approvato una riforma della legge n. 11 del 2005, una buona riforma. Non lasci che rimanga impantanata al Senato e anzi veda di migliorarla, perché qui alla Camera abbiamo tolto una cosa fondamentale, i nuclei europei all'interno dei singoli Ministeri. Veda di reinserirli se può.

PRESIDENTE. Onorevole Buttiglione, la prego di concludere.

ROCCO BUTTIGLIONE. Mi dicono che il mio tempo è esaurito e non andrò oltre. Le lancio soltanto un'ultima idea: abbiamo bisogno di un nuovo Trattato. Anche in Germania la signora Merkel comincia a comprendere che abbiamo bisogno di un nuovo Trattato. Il Governo italiano prudentemente chieda però che prima si utilizzino tutti i margini disponibili, che sono ampi, dentro il Trattato di Lisbona per migliorarlo per poi aprirci con fiducia e con decisione alla prospettiva di un nuovo Trattato, che ci porti verso l'obiettivo di una Unione sempre più forte.
Non ho paura di dirlo e mi riferisco all'obiettivo degli Stati Uniti d'Europa, che era l'obiettivo che ha guidato una generazione di politici e che oggi ha bisogno di essere ripreso con energia, con fede e con coraggio. Quella è la via della salvezza (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maggioni. Ne ha facoltà.

MARCO MAGGIONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo tre risoluzioni che toccano temi indubbiamente di grande importanza. Già ieri, in sede di discussione sulle linee generali, abbiamo, come Lega Nord, sottolineato i punti che riteniamo indispensabili, punti che diventano fondanti per una partecipazione proficua del nostro Paese all'Unione europea. Sulla risoluzione che porta anche la nostra firma abbiamo trovato un accordo tra tutte le forze presenti in Parlamento, frutto di un ampio lavoro, non semplice, ma che ha dato buonissimi frutti.
È stato un accordo che ha indubbiamente lasciato quelli che all'interno del testo originale erano i passaggi fondanti su cui la Lega Nord intende chiedere l'impegno del Paese in sede europea. Mi riferisco alla tutela delle piccole e medie imprese, della loro importanza, alla lotta alla contraffazione, al ruolo del Paese nel rilancio della crescita.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 11,33)

MARCO MAGGIONI. Diverso, indubbiamente, è il nostro giudizio per quanto concerne la risoluzione che richiede un impegno del Governo per facilitare e accelerare l'ingresso della Turchia nell'Unione europea. In quel caso voteremo convintamente per il «no». È una nostra storica posizione, che intendiamo ribadire anche con questo voto. Le motivazioni sono davvero molteplici: andiamo da motivazioni storiche a motivazioni sociali, geografiche ed economiche. La Turchia non ha nulla di europeo che le consenta di partecipare ed entrare nell'Unione europea. In più, con l'ingresso della Turchia nell'Unione europea apriremmo in modo indiscriminato le frontiere europee, e quindi anche quelle del nostro Paese, ad un'immigrazione fuori controllo, che non riusciremmo più a gestire. Vediamo, quindi, con forte preoccupazione il pericolo di un ingresso della Turchia nell'Unione europea. Pertanto, ribadisco il nostro voto contrario. Pag. 8
Su quanto affermava il Ministro in sede di riformulazione dell'altra e ultima risoluzione, ci trova convinti, nel senso che si tratta di una riformulazione che ci consente di dare un giudizio positivo. Quindi, ringraziamo il Ministro per il lavoro che è stato fatto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, sono d'accordo con gli auspici che il Parlamento esprime unitariamente in questa risoluzione conclusiva del dibattito sulla materia comunitaria e sarei molto lieto se alcune delle misure che proponiamo all'Unione europea in merito alla ripresa del processo di integrazione politica dell'Europa potessero trovare accoglimento. Do pieno sostegno al Governo, che si farà interprete di questa espressione di volontà in tutte le sedi europee. Colgo l'occasione per fare gli auguri di buon lavoro al Ministro che è stato recentemente nominato a questo importante incarico.
Faccio solo presente, sul terreno politico, che la situazione dell'Unione europea oggi non è una situazione nella quale è possibile pensare che si faranno i passi avanti che giustamente auspichiamo.
Il rischio vero davanti al quale ci troviamo oggi è quello di un'Europa che faccia dei passi indietro.
Nel momento in cui la Corte costituzionale tedesca si pone il problema dell'euro, nel momento in cui il Parlamento della Slovacchia si oppone alla nascita del fondo che servirà a mettere a posto i problemi degli Stati, nel momento in cui la situazione generale dell'Unione europea appare irta di difficoltà, è molto difficile conservare lo spirito ottimistico che impronta il nostro documento unitario.
Dico soltanto, e concludo signor Presidente, che oggi il problema dell'Europa che può fare o meno passi indietro è largamente legato a ciò che succederà nel nostro Paese. L'Italia porta con sé il rischio di una responsabilità negativa perché è chiaro che se non usciamo dalla drammatica crisi finanziaria nella quale ci troviamo porteremo il nostro problema dall'Italia all'interno dell'Europa e potremmo essere responsabili di una crisi dell'assetto finanziario dell'Europa stessa.
Colgo questa occasione, lo diremo presto...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole La Malfa.

GIORGIO LA MALFA. Sto per concludere, signor Presidente.
Certo non è con un Governo di questa debolezza, di questa incertezza e di questa incapacità di decisione che l'Italia può dare un contributo a se stessa e a quell'Europa di cui parla troppo spesso senza sapere esattamente di che cosa si tratta (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, discutiamo nel settembre 2011 il programma del Governo per il 2011. Basta ricordare questo per capire quanto la politica europea sia stata colpevolmente trascurata dal Governo sino ad oggi. Certamente l'assenza, per più di nove mesi, di un Ministro delle politiche europee non ha giovato a questo.
Nella risoluzione unitaria sottolineiamo, giustamente, come Parlamento, questi ritardi e chiediamo di ripartire su basi diverse. È per questo, del resto, che abbiamo contribuito alla stesura, e ovviamente voteremo a favore, della risoluzione che riflette la volontà e gli auspici di tutti i gruppi parlamentari, sperando che poi questi impegni, o almeno parte degli stessi, vengano rispettati dal Governo. In ogni caso vigileremo affinché ciò avvenga.
Onorevoli colleghi, sappiamo, come hanno detto anche i relatori che mi hanno preceduto, che in Italia e in Europa non stiamo certo vivendo giorni ordinari. Siamo davanti ad una crisi straordinaria Pag. 9che richiede risposte europee straordinarie. O l'Europa compie un grande balzo in avanti verso la politica oppure scomparirà.
L'Italia, quindi, deve tornare a svolgere il suo ruolo storico in Europa, deve tornare a lottare esplicitamente per la Federazione europea, per gli Stati uniti d'Europa. Per farlo, però, deve ritrovare un minimo, sottolineo un minimo, di credibilità e di affidabilità. È evidente che deve affrontare con molta più responsabilità e più coerenza la crisi economica perché è dalla affidabilità e dalla credibilità, con la quale il Governo italiano affronta questa crisi in cui ci troviamo, che dipenderà la nostra possibilità di tornare o meno a contribuire all'Europa politica e federale, all'Europa che vogliamo.
È evidente che le notizie che sono giunte due giorni fa da Berlino e ieri da Madrid, le valutazioni, tra le righe, che i rappresentanti della Banca centrale europea hanno fatto a Parigi e le reazioni dei mercati in questi giorni ci dicono che ancora non ci siamo. È chiaro che, se non ci siamo a Roma, non potremo esserci come Italia a Bruxelles per contribuire a costruire un Europa di tipo diverso.
Sembra un secolo, signor Presidente, eppure sono passati pochi mesi, da quando il Ministro Tremonti spiegava alle Commissioni riunite Bilancio e Politiche dell'Unione europea che, dopo il suo fantastico vertice del G20 a Parigi e dopo la formidabile riforma del Patto di stabilità, il fatto che ci si potesse riferire, adesso, per valutare lo stato dei conti pubblici, anche al debito privato e non solo al debito pubblico, ormai poteva farci dormire sonni tranquilli. Tra l'altro, il Ministro si rifiutò di rispondere alle domande dell'opposizione, del nostro gruppo, che sollevavano dei dubbi e delle perplessità rispetto alla sua linea che, purtroppo per il nostro Paese e per l'Europa, si sono rivelati del tutto fondati.
Ecco, allora, Ministro Bernini Bovicelli, certamente le faccio anch'io i complimenti. Adesso sta parlando con il Presidente Pescante, va bene così, le faccio anche io i complimenti per la sua nomina, però voglio chiederle un dialogo responsabile, voglio chiederle una netta rottura con l'atteggiamento che il Governo ha tenuto in politica europea con questo Parlamento, un taglio netto con atteggiamenti come quelli di Tremonti, che ho appena citato, voglio chiederle più franchezza, più rispetto dell'opposizione e meno arroganza, non certo sua, ma negli atti di politica europea del Governo finora rispetto all'opposizione.
Noi del resto con il nostro contributo oggi e con il voto finale che - ripeto - annuncio favorevole, stiamo dimostrando di avere a cuore l'Italia e di avere a cuore l'Europa. Quindi - mi rivolgo anche al Presidente del Consiglio - non vedo quest'opposizione anti-italiana, non vedo questa anti-italianità da parte del Partito Democratico. Penso che lo abbiamo dimostrato anche in questi giorni e in queste ore con il lavoro che abbiamo svolto per arrivare ad una risoluzione unitaria, una risoluzione unitaria che, se le condizioni precedenti si realizzassero, sarebbe un forte messaggio che diamo al Governo ma che diamo anche all'Europa. Per questo voglio ringraziare la buona mediazione che ha svolto il presidente Pescante in quest'occasione e non solo in questa occasione.
Ciò è importante, perché c'è un grande bisogno dell'europeismo italiano in un'Europa bloccata dalla paura e dagli egoismi nazionali. È ormai urgente, ad esempio, creare un vero governo economico europeo. Per Sarkozy e per la Merkel tale Governo si riduce a riunioni mensili tra capi di Stato e di Governo con Herman van Rompuy a far da segretario, il tutto nel silenzio imbarazzante ed assordante del presidente Barroso. La Commissione europea oggi è scomparsa dall'orizzonte europeo. Dovrebbe fornire nuove soluzioni e invece è diventata parte del problema.
Per noi, governo europeo invece vuol dire governo politico e democrazia europea, un governo che decida a maggioranza sotto il controllo parlamentare, vuol dire nominare un Ministro dell'economia europeo, che dovrebbe riassumere le funzioni Pag. 10del presidente dell'Eurogruppo e del commissario all'economia e rappresentare in modo unitario l'euro nel mondo.
Signor Presidente, di fronte a questa crisi non ci sono Paesi europei forti e Paesi deboli: serve un'Europa federale, perché tutti i Paesi sono debolissimi. Certamente c'è un problema specifico tedesco, come è stato già sollevato. La Cancelliera Merkel oggi ha in mano il futuro dell'Europa. La Germania è forse troppo forte per un Europa incompleta in mezzo al guado, sicuramente è anch'essa troppo piccola in un mondo globale, ma anche in Germania e anche nei giorni e nelle ore che precedono quella decisione della Corte costituzionale a cui vari si sono riferiti, anche nelle file della CDU, anche nelle file dei conservatori, le voci europeiste ricominciano a farsi sentire e a parlare di Stati uniti di Europa. Ursula von der Leyen, Ministro del lavoro della CDU, ha espressamente invocato gli Stati uniti d'Europa.
Allora, Ministro, per la prossima risoluzione, abbiate più coraggio anche voi conservatori italiani e non abbiate paura di usare il termine federale e di parlare di Stati uniti d'Europa negli atti, che adotteremo - spero - ancora in maniera condivisa. Il problema generale, come è evidente, in Europa è l'assenza di leader e la paura. L'Europa ha paura di tutto: ha paura della concorrenza cinese, ha paura degli immigrati africani, ha paura della crisi economica, ha addirittura paura dell'euro. È evidente che la politica non può arretrare di fronte alle nuove sfide e deve assumersi le sue responsabilità.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 11,45).

SANDRO GOZI. I mercati forse possono scappare di fronte all'azzardo morale, la politica no. La politica non può limitarsi sempre solo a guardare all'opinione pubblica, ma deve cercare anche di convincere e di anche di cambiare l'opinione pubblica. Ora i piccoli leader europei dovrebbero cominciare a dire la verità ai cittadini e la verità ai cittadini è che, senza federazione politica, senza Europa politica, l'euro non ha futuro e senza l'euro è la fine dell'Europa. L'Europa è ancora un esperimento e come tutti gli esperimenti può riuscire, ma può anche fallire, dipende dalla responsabilità di chi l'Europa la sta facendo o non la sta facendo.
La crisi ha bisogno quindi, innanzitutto, di risposte europee immediate. A nostro parere la risposta immediata al problema del debito della crescita europea sono gli euro union bond, proposti da Romano Prodi e da Alberto Quadrio Curzio, che permettono di realizzare due cose assieme: ridurre il debito e stimolare gli investimenti comuni.
È la risposta per uscire dalla «dittatura dell'urgenza», ma l'urgenza richiede anche visione. Dobbiamo subito creare un'unione fiscale nell'area euro. L'unione fiscale europea è necessaria per rafforzare la convergenza tra le economie della zona euro, favorire la competitività e l'occupazione attraverso procedure ben più vincolanti e credibili di quelle di Europa 2020. Allora, di nuovo urgenza e «visione». Nella seconda parte, signor Presidente cioè nella «visione» rientra anche la modifica del Trattato di Lisbona che è vecchio sin dalla nascita sopratutto per la parte economica. Era già vecchio al momento della nascita, oggi è del tutto obsoleto. La crisi finanziaria ed economica lo ha reso del tutto obsoleto, ha certificato l'obsolescenza del Trattato di Lisbona. Quindi con urgenza occorre certamente riscrivere quella parte del Trattato in base al quale gli Stati coordinano fra loro le politiche economiche nell'Unione europea. È evidente che non basta che degli attori si coordinino tra di loro: occorre che il Governo dell'Unione europea, quello da costruire, abbia tale potere di coordinamento ma abbiamo in generale bisogno di nuovi trattati, ma per farlo la tecnocrazia non basta, può stimolare ma non basta, occorrono la democrazia e la politica ed ecco perché considero la parte più rilevante...

Pag. 11

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SANDRO GOZI... sto per concludere, signor Presidente, di questa risoluzione il fatto che siamo il primo Parlamento in Europa a chiedere esplicitamente la convocazione di una nuova Convenzione in cui i parlamentari nazionali, i parlamentari europei e i rappresentanti del Governo e delle istituzioni europee, con urgenza e con «visione», potranno portare a compimento l'esperimento europeo e costruire la federazione europea con tutti i popoli e gli Stati che vorranno farne parte. Lasciamo da parte coloro che non ne vorranno far parte.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Formichella. Ne ha facoltà.

NICOLA FORMICHELLA. Signor Presidente, colleghi, la predisposizione di una risoluzione condivisa conferma la capacità del Parlamento e del Governo di definire posizioni unitarie a sostegno dell'interesse nazionale superando le differenze di schieramento. E in questo caso, in particolare, credo che un ringraziamento vada al neo Ministro delle politiche dell'Unione europea, onorevole Bernini Bovicelli, per il contributo concreto e fattivo che ha dato in questi ultimi giorni. Sicuramente è un segnale anche da parte del Parlamento - per dare maggiore forza all'inizio dell'azione del nuovo Ministro in Europa - presentarsi in Europa con una risoluzione condivisa da tutto il Parlamento; è sicuramente un buon inizio per affermare l'interesse del nostro Paese in Europa; quindi si tratta di un segnale di estrema importanza, specialmente in una fase di grande delicatezza per il processo di integrazione europea e soprattutto per il ruolo che l'Italia può svolgere in questo contesto.
La risoluzione che abbiamo presentato questa mattina ha anche il merito di esaltare lo spirito e le finalità per le quali è stata introdotta una nuova sessione programmatica europea. La risoluzione, infatti, nasce da un confronto articolato tra le priorità delle istituzioni europee e quelle del Governo per l'anno in corso. Viene così confermato un elemento qualificante dell'intervento della Camera in materia europea e cioè l'approfondimento e la qualità dell'istruttoria e delle argomentazioni piuttosto che la quantità degli atti europei esaminati.
Alla luce di questo esame approfondito la risoluzione ha, a mio avviso, il merito di sottolineare che la fase critica attraversata dall'Unione è un'occasione irripetibile per un salto di qualità del processo di integrazione sia politico che economico, purché, però, siano, signor Ministro, superate due strozzature: la prima è costituita dalla resistenza miope e talora arrogante di alcuni Stati membri, che per un verso pretendono di accentrare in direttori o assi le decisioni relative all'intera Unione e per un altro verso mettono a repentaglio la stabilità della area euro e dell'intero processo di integrazione per mere ragioni di politica interna. La seconda strozzatura risiede nella debolezza delle istituzioni europee che ha sinora vanificato le innovazioni introdotte dal Trattato di Lisbona e innanzitutto manifesta l'inadeguatezza dell'Alto rappresentante per la politica estera ad adempiere i compiti che gli sarebbero attribuiti, contribuendo alla costruzione graduale di una reale politica estera europea.
Sono questi due fattori che finora hanno impedito all'Unione di rispondere in maniera adeguata ad eventi epocali intervenuti negli ultimi mesi in settori come la governance economica, l'immigrazione, la politica estera e il partenariato euromediterraneo.
La risoluzione che presentiamo questa mattina formula alcune proposte operative che consentirebbero all'Unione europea di compiere il necessario salto di qualità verso una nuova fase nella costruzione europea. Infine, la risoluzione ha il merito di ribadire che l'Italia può giocare un ruolo importante promuovendo, come avvenuto in passato, scelte nette verso un'ulteriore integrazione. Ciò, ovviamente, postula il superamento di un punto di debolezza costituito dalla scarsa capacità di Pag. 12fare sistema tra gli attori istituzionali e non, rappresentando, quanto meno sulle questioni di maggiore interesse nazionale, una posizione unitaria o almeno non contraddittoria.
Un esempio in questo senso è la recente vicenda della cooperazione rafforzata sul brevetto unico alla quale, sia il Governo, sia il Parlamento, si sono nettamente opposti, non accettando il ricorso al trilinguismo inglese, francese e tedesco, mentre gran parte degli europarlamentari italiani e Confindustria hanno sostenuto la necessità dell'adesione dell'Italia al nuovo istituto. Per superare queste difficoltà occorre, come giustamente sottolineato nella nostra risoluzione, una rapida approvazione del testo di riforma della legge n. 11 del 2005, approvato nello scorso mese di marzo alla Camera. Ma è necessario anche che tutti i soggetti coinvolti, in particolare le parti sociali e le categorie produttive, acquisiscano la consapevolezza che, soprattutto quando sono in gioco questioni rilevanti per l'interesse comune del Paese, si deve dare la precedenza a quest'ultimo rispetto a quello dei singoli settori e componenti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, annuncio il voto favorevole della delegazione radicale. In particolare, per quanto riguarda la risoluzione che avevo presentato, voglio esprimere apprezzamento per l'attenzione che si è voluta prestare alle proposte della Commissione europea in materia di tassazione energetica ed ambientale, viste anche le recenti prese di posizione che danno importanza soprattutto all'introduzione di una carbon tax e che chiedono che il relativo gettito possa essere usato per alleggerire il carico fiscale sui redditi da lavoro. Penso che un'attenzione in sede europea a queste tematiche possa indubbiamente aiutare anche le politiche economiche, fiscali e finanziarie del nostro Paese a dare maggiore attenzione appunto alla tassazione ambientale in un Paese in cui l'uso, o meglio l'abuso, dei beni comuni e ambientali è praticamente a costo zero (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni - Doc. LXXXVII-bis, n. 1-A)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Farina Coscioni ed altri n. 6-00086, nel testo riformulato, accettata dal Governo,.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Formisano, Casini, Scilipoti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).
(Presenti e votanti 497)
Maggioranza 249
Hanno votato
497).

Passiamo alla votazione della risoluzione Maurizio Turco ed altri n. 6-00087.
Avverto che il gruppo Popolo della Libertà ne ha chiesto la votazione per parti separate nel senso di votare distintamente: dapprima la premessa, eccetto il quarto capoverso, congiuntamente al primo capoverso del dispositivo; quindi il quarto capoverso della premessa congiuntamente al secondo capoverso del dispositivo.

MAURIZIO TURCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 13

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, volevo dire ai colleghi del Popolo della Libertà e in particolare ai colleghi del Popolo della Libertà che nel periodo 1999-2004 erano membri del Parlamento europeo che qui, nel quarto capoverso, è raccontato un fatto: il fatto...

PRESIDENTE. Onorevole Turco, siamo in sede di votazione, la dichiarazione di voto è stata fatta in precedenza.

MAURIZIO TURCO. No, non è stata fatta, signor Presidente, non sono intervenuto.

PRESIDENTE. Doveva chiedere la parola prima che aprissi la votazione. Comunque continui: prego, onorevole Turco.

MAURIZIO TURCO. Procederò molto velocemente: volevo semplicemente dire che con la risoluzione in esame cerchiamo di rimettere insieme quello che è stato un danno compiuto dalla Repubblica di Cipro nei confronti del Parlamento europeo. La Repubblica di Cipro si era impegnata a risolvere il problema della questione cipriota. A poche ore dal voto ha cambiato idea, dopo aver incassato l'ingresso nell'Unione europea. Io direi che se dovessi consegnare idealmente un intervento, mi riconosco nel lungo articolo che Carlo Panella ha pubblicato oggi su Il Foglio. Lì è spiegata la necessità e l'urgenza - per l'Unione europea, e non per la Turchia o per Cipro nord - di un ingresso nell'Unione. Fino ad oggi forse c'era un interesse comune, oggi è unicamente un interesse nostro.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Maurizio Turco ed altri n. 6-00087, ad eccezione del quarto capoverso della premessa e del secondo capoverso del dispositivo, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Garagnani? Onorevole Cesa? Onorevole Baretta? Onorevole Iannaccone?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 496
Votanti 462
Astenuti 34
Maggioranza 232
Hanno votato
410
Hanno votato
no 52).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Maurizio Turco ed altri n. 6-00087, limitatamente al quarto capoverso della premessa ed al secondo capoverso del dispositivo, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 497
Votanti 250
Astenuti 247
Maggioranza 126
Hanno votato
16
Hanno votato
no 234).

Prendo atto che il deputato Grassi ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Pescante, Gozi, Maggioni, Buttiglione, Borghesi ed altri n. 6-00091, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 496
Votanti 495
Astenuti 1
Maggioranza 248
Hanno votato
495).

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Commemorazione dell'onorevole Fermo Mino Martinazzoli (ore 12).

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea ed i membri del Governo). Onorevoli colleghi, vi prego di prestare un attimo di attenzione.
Come già sapete, lo scorso 4 settembre, dopo una lunga e dolorosa malattia affrontata con grande serenità e dignità, è scomparso l'onorevole Fermo Mino Martinazzoli.
Era nato ad Orzinuovi il 30 novembre 1931 e non è retorica affermare che Martinazzoli godeva della generale stima da parte del mondo politico e della pubblica opinione in virtù di un rigore morale, di una idealità democratica e di un senso dello Stato coerentemente testimoniati nel corso della sua intensa vita politica.
Martinazzoli ha saputo egregiamente onorare le istituzioni da amministratore locale, da deputato, da senatore, da ministro della Repubblica.
Eletto al Senato nella VI, VII, VIII e XI legislatura e alla Camera nella IX e nella X, è stato presidente della Commissione parlamentare bicamerale per i procedimenti di accusa e componente, alla Camera, della Giunta per il Regolamento e delle Commissioni giustizia ed esteri e, al Senato, delle Commissioni affari costituzionali, giustizia, esteri, oltre che della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari.
Nel 1983 entrò a far parte del Governo Craxi come Ministro di grazia e giustizia, incarico che assolse con dedizione, passione e grande competenza.
Come Guardasigilli Martinazzoli ha fornito un contributo fondamentale per l'efficienza delle nostre istituzioni giudiziarie promuovendo l'introduzione del rito penale accusatorio, contribuendo ad arricchire la legislazione volta all'umanizzazione della pena carceraria, promuovendo la sottoscrizione di nuovi trattati di estradizione, tra cui di grande rilevanza quello con gli Stati Uniti, ed infine favorendo nell'ambito delle sue competenze l'allestimento del primo maxiprocesso di Palermo contro la mafia.
Negli anni seguenti, in particolare nel VI e VII Governo Andreotti, ha ricoperto gli incarichi di Ministro della difesa, delle riforme istituzionali e degli affari regionali, concludendo la sua lunga e prestigiosa carriera politica prima come sindaco di Brescia e poi come consigliere regionale della Lombardia.
La figura di Mino Martinazzoli è di certo legata anche al fatto di essere stato, nella travagliata stagione politica del 1992-1993, l'ultimo segretario della Democrazia Cristiana, incarico che condusse, al di là di ogni valutazione di parte, con coraggio, equilibrio e disinteresse personale.
In quella veste compì la difficile scelta dello scioglimento del suo stesso partito e promosse la fondazione del Partito Popolare Italiano, di cui fu il primo segretario nazionale.
Con la morte di Mino Martinazzoli scompare una figura di altissima statura morale e politica, un valido interprete dei valori democratici e repubblicani, che con onestà, rigore e con uno stile austero, misurato e sobrio, seppe coniugare la coerenza nelle idee e nelle convinzioni politiche con un profondo e generoso impegno al servizio delle istituzioni nazionali e della cosa pubblica.
Ho già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea invitandola ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Generali applausi).

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, ci uniamo con convinzione alle sue parole. In effetti, Mino Martinazzoli è stato uno dei protagonisti più importanti e più intelligenti della politica nazionale. Dotato di grande carisma, di una oratoria Pag. 15suggestiva che qualcuno ha definito musicale, di carattere un po' solitario, ricercatore sempre inappagato della verità, è stato un vero incantatore di una generazione soprattutto di giovani cattolici.
Tuttavia, tutte queste caratteristiche non rendono l'immagine dell'uomo politico rigoroso e severo, colto e innovatore, raffinato cesellatore di una idea del diritto e dello Stato che lui definiva lo Stato del valore umano, non «dal» valore umano, ma «del» valore umano.
Amava definirsi cattolico liberale e, per evitare equivoci, aggiungeva «manzoniano e rosminiano».
Parlando della libertà e della legge, ha attraversato territori poco esplorati della Bibbia e della Torah, sino a Kafka, a Chesterton e persino alla musica di Schöenberg.
Evocando Rosmini arrivò a definire quello che per lui divenne un punto irrinunciabile, un vero e proprio principio; egli diceva che il diritto non è altro che la persona umana; non c'è distacco tra l'uno e l'altra, ma identità; non la persona ha il diritto, ma la persona «è» il diritto.
Dopo averlo ascoltato alla radio, un giorno un detenuto scrisse alla RAI queste parole: il Ministro dice cose così sensate e sagge che fa sentire pienamente un uomo con la sua dignità anche l'ultimo dei detenuti.
Di indole severa, egli era capace di ironia e di autoironia, come quando diceva che la riforma più importante fatta da Ministro della giustizia era quella della riduzione della dimensione delle buste, sapendo che non era vero; in quel periodo, infatti, ha realizzato diverse riforme molto importanti come lei stesso ci ha ricordato oggi.
Egli fu un Ministro della giustizia veramente di qualità al punto che Montanelli lo descriverà come il migliore Ministro della giustizia dai tempi di Togliatti.
Non si onora la verità, dunque, se ci si limita a tracciare di lui un profilo di politico un po' strano, più intellettuale ed esteta che politico. Martinazzoli fu politico nella accezione piena e nobile; toccò a lui, come capogruppo della Democrazia Cristiana nel 1987, mentre la legislatura languiva, pronunciare, a nome del suo partito, la sentenza divenuta famosa: è giunto il tempo di abbassare il sipario.
Da ultimo, vorrei ricordare un aspetto non conosciuto della sua esperienza di ultimo segretario della Democrazia Cristiana. Egli accettò quell'incarico, arrivato troppo tardi perché potesse esitare in modo positivo, con spirito di servizio e persino di espiazione a nome di una generazione di dirigenti tra i quali pur poteva vantare la sua diversità. «Per noi non c'è che il tentare, il resto non ci riguarda» ripeteva spesso citando Eliot.
In quel periodo costruì un rapporto molto stretto con il cancelliere Helmut Kohl. Entrambi erano consapevoli che la fine della Democrazia Cristiana avrebbe avuto conseguenze che sarebbero andate ben oltre i confini nazionali, e ciò tormentava drammaticamente Martinazzoli.
Ero presente a un colloquio a Bonn quando l'amico tedesco gli diceva: da solo, senza l'appoggio di una Democrazia Cristiana italiana forte, non ce la farò a garantire la linea convintamente europeista e federalista del Partito Popolare Europeo, e se ciò dovesse accadere l'Europa sarà altra cosa da come l'avevano pensata i padri fondatori.
C'era già stata Maastricht, non era ancora nato l'euro, ma Kohl e Martinazzoli sapevano, e mi avvio a concludere, che la nuova moneta avrebbe avuto bisogno di nuove istituzioni di Governo europeo.
E, oggi, è fin troppo facile constatare i guai provocati dal non adeguato coraggio delle leadership europee che vennero dopo.
Concludo, Presidente, con una sola parola in più, per dire in che cosa consiste l'eredità morale di Mino Martinazzoli. Lo farò citando tre tra i suoi più incisivi aforismi. Il primo: siamo passati dal tutto della politica al niente della politica; il secondo: la politica è importante, ma ancora più importante è la vita; il terzo: la politica separata dall'etica non è più politica (Applausi).

ADRIANO PAROLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 16

ADRIANO PAROLI. Signor Presidente, colleghi, ieri, per l'ultimo saluto a Mino Martinazzoli, la comunità bresciana si è stretta con tutto l'affetto di cui è capace attorno ai suoi familiari e ai suoi amici, che numerosi sono venuti per quest'ultimo saluto a Palazzo Loggia, la sede della città della quale lui è stato orgogliosamente sindaco.
Il legame dell'onorevole Martinazzoli con Brescia era saldo. Della nostra terra ha ereditato la riservatezza, la sobrietà, ma anche quella capacità di ascoltare e quella volontà di perseguire i più alti valori.
Ha interpretato la politica della mitezza, come più volte è stato sottolineato, nella persuasione piena che la politica è importante, ma che la vita conta di più della politica, così come ha ricordato il collega Castagnetti, e questa frase lo ha accompagnato anche in questi ultimi anni.
È stato testimone dei valori di una comunità, li ha intesi e tradotti in modo convincente. È stato uno «strano democristiano», che ormai, così diceva, si sentiva un apolide nella seconda e terza Repubblica, dedicando molte sue energie, ormai, nell'incontro con i giovani.
È stato protagonista - l'ha ricordato lei, Presidente - protagonista anche discusso, come ultimo segretario nazionale di quel momento storico, anche di divisione, del maggior partito italiano, che era la Democrazia Cristiana, ma di questo credo se ne parlerà ancora a lungo in futuro.
Era un uomo, però, capace di superare gli steccati della politica e interessato a ragionare con tutti, ricercando un punto di convergenza, convinto che la controversia sia umana, ma sia disumano assecondarla.
Capace di ironia e pensieri fulminanti, diceva che la politica è una disciplina vuota senza la ricerca costante della giustizia sociale, e ha sempre osservato, con grande attenzione e rispetto, i movimenti popolari.
Credo che il Paese e la mia città, Brescia, perdano un protagonista importante della vita pubblica, ma credo, anche, che rimanga un'importante testimonianza, per tutti noi, di impegno politico e civile (Applausi).

RENATO CAMBURSANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, è con commozione che prendo la parola a nome del gruppo dell'Italia dei Valori, per ricordare Mino Martinazzoli in quest'Aula, che l'ha visto, come ha ricordato lei, protagonista per tanti anni.
L'onorevole Martinazzoli, che si era autodefinito in un suo libro scritto con una giornalista di Jesus, uno «strano democristiano», è stato un testimone autorevole, protagonista di grande rilievo di decenni attraversati in ruoli di assoluta preminenza; li ha ricordati lei: Ministro della giustizia, Ministro della difesa, e in questa veste l'ho avuto ospite come sindaco della mia città nel 1989.
Lo ricordiamo anche come Ministro degli affari regionali e delle riforme istituzionali, ma è stato soprattutto l'ultimo segretario del partito nel quale ho militato per tanti anni, la Democrazia Cristiana, e poi è stato anche il promotore e primo segretario del Partito Popolare.
È stato un cattolico democratico appassionato di etica civile e impegno sociale, è stato un grande della nostra storia repubblicana, non solo per aver avuto il coraggio di guidare il partito quando quasi più nessuno voleva farlo per paura di restare con il cerino in mano, ma anche per l'umiltà personale e politica con cui ha saputo tornare a dedicarsi con passione al suo territorio, prima come sindaco della sua città e poi come consigliere regionale della Lombardia.
Quella di Mino è stata la testimonianza di una politica intesa, fino all'ultimo, come servizio ai cittadini, alle istituzioni e al bene comune.
Ho letto, ieri, in un'agenzia di stampa, quanto ha dichiarato il vescovo di Brescia, Monsignor Monari, nell'omelia tenuta ai funerali del nostro compianto Martinazzoli. Pag. 17Condivido totalmente quanto detto dall'arcivescovo e mi permetto di ripeterlo: un politico deve patire come fossero proprie le ingiustizie patite dagli altri e deve desiderare il bene per tutti, se vuole riuscire a fare qualcosa per qualcuno.
Paolo VI ci insegnava che la politica è una forma esigente di amore e l'impulso sano ad occuparsi di politica può nascere solo in un cuore che sappia amare, che desideri sinceramente migliorare la condizione degli altri e che per questo obiettivo sia disposto a pagare un prezzo personale anche alto.
Quanto siamo lontani, signor Presidente, da quei tempi e, in questi momenti, dall'insegnamento e dal comportamento di Mino Martinazzoli, uomo integerrimo, esempio di virtù etiche e civiche, appassionato del proprio Paese per il cui cambiamento ha lottato con coerenza fino a quando le forze glielo hanno reso possibile.
Senza il suo impegno - come ha già ricordato il presidente Prodi - non si sarebbe sviluppata la stagione de L'Ulivo, perché in quella continuità dei valori del cattolicesimo democratico ha avuto radice quella esperienza politica. Idealità democratiche, valori cristiani che accendono speranze e alimentano passioni, ma soprattutto rigore morale: queste sono sempre state le linee guida della vita e del comportamento di Mino Martinazzoli, democratico insolito, atipico, più che strano, animato non da uno spirito di ruoli e di potere, ma dal sentimento di una responsabilità, dell'urgenza di un impegno e della consapevolezza di un servizio da rendere.
È stato una personalità che ha interpretato e agito in politica alla luce di un fondamento: il valore inestinguibile della vita; uomo moderato, ma soprattutto uomo moderatore (quanto ne abbiamo bisogno in questo momento!).
Per lui alla sua famiglia esprimiamo il cordoglio come ha già fatto lei, signor Presidente, e credo che ci mancherà per davvero tanto: ciao Mino (Applausi).

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, tra quanti oggi in quest'Aula ricordano Mino Martinazzoli sono probabilmente uno tra i più lontani storicamente dal mondo, quello democristiano e della sinistra, che Martinazzoli ha frequentato e poi rappresentato nei suoi lunghi anni di impegno politico.
In questi giorni alcuni commentatori hanno ricordato la riluttanza di Martinazzoli ad apparire qualcosa di diverso da un democristiano e basta.
Io credo che, se non voleva esserlo - e comprendo il senso di questa sua rivendicazione di non voler essere altro che un democristiano e basta - certamente egli altro lo è stato agli occhi di quanti, come me, senza condividere le sue scelte politiche, apprezzavano, per così dire, la sua idea di politica.
Martinazzoli per molti come me non è stato un maestro politico, ma sicuramente e certamente è stato un esempio. Per chi da liberale che per il potere, e in particolare per il potere politico, coltiva più la diffidenza che il fascino è stato facile apprezzare la misura, il rigore e la sobrietà di un politico come Martinazzoli, lo ricordava il presidente Castagnetti, che anche nelle sue espressioni di membro del Governo trasmetteva più il travaglio che non il gusto del potere. È un caso raro nella prima Repubblica e soprattutto, come vediamo anche di questi tempi, nella seconda.
Di Martinazzoli ho sempre apprezzato la laica curiosità per la cultura e la convinzione che la politica, se non è anche cultura, si degrada e si corrompe, come non mancano di ricordarci le cronache di questi giorni. E quando l'ho incontrato - io fui nel 2000 candidato radicale alla presidenza della regione Lombardia contro appunto da una parte Formigoni e dall'altra Mino Martinazzoli - ho apprezzato il suo modo di intendere la competizione politica senza mai trascendere nell'ostilità e nell'inimicizia.
Concludo, signor Presidente. Il caso ha voluto che Martinazzoli, che fu chiamato Pag. 18alle massime responsabilità politiche al tramonto della prima Repubblica, se ne sia andato mentre anche la seconda sembra volgere al termine. Penso e spero che la sua figura possa essere ricordata anche in futuro perché sarebbe giusto, perché lo merita, ma soprattutto perché per le sue caratteristiche e per i suoi connotati sarebbe molto utile (Applausi).

PINO PISICCHIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, grazie per il ricordo che ha voluto fare di Mino Martinazzoli in quest'Aula e che naturalmente vede la nostra totale condivisione, anche perché è opportuno evitare il rischio di celebrare Martinazzoli come un aristocratico e, dunque, inusuale e provvisorio frequentatore delle stanze di quel palazzo Cenci Bolognetti, la sede della Democrazia Cristiana di piazza del Gesù, che si stampò nella fantasia collettiva come il luogo del potere.
Certo, Martinazzoli non nascose mai, insieme alle sue letture colte attraversate dal giansenismo manzoniano, dal personalismo di Maritain e Mounier e dagli autori di una Mitteleuropa a cui si sentiva di appartenere, il suo disturbo per la faccia volgare della politica, quella che più di una epifania ci ha regalato e ci sta regalando in questo tempo, e da cui prendeva le distanze con qualche battuta bruciante di Karl Klaus, che puntualmente veniva non compresa o trasfigurata dall'incolta vulgata di protagonisti della scena pubblica più adusi a borborigmi e a barzellette che ai lievi aforismi polisenso di Mino Martinazzoli.
Ma Martinazzoli, lontano dall'essere solo l'umbratile traghettatore della Democrazia Cristiana, è stato anche l'interprete di una concezione della politica mite, intesa come cultura e come progetto, come strumento di liberazione dell'uomo. Fu in questo l'ultimo autentico interprete del pensiero di Aldo Moro, del quale seppe riproporre, oltre che la sensibilità culturale che trovò in Montini, in Paolo VI, uno dei suoi più formidabili punti di incontro, persino gli schemi di ragionamento. A Martinazzoli si deve la più nobile e argomentata proposizione delle ragioni del terzo polo contro lo schema bipolare da lui giudicato non idoneo, non giusto, non utile per la condizione italiana. Con Mino Martinazzoli, Presidente, scompare un modo della politica desueto, avrebbe detto lui, inattuale, gentile, colto, rigoroso, perduto e - ahinoi - non più ritrovato nel tempo che stiamo vivendo (Applausi).

RAFFAELE VOLPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, ricordo Mino Martinazzoli a nome del mio gruppo, ma anche da bresciano appartenente ad una comunità civile, sociale, economica e politica della quale Mino Martinazzoli è stato alto rappresentante e, ancora di più, grandissimo esempio. Voglio ricordare un uomo che ha dato tutto quello che poteva con la sua intelligenza alla sua comunità e alla sua politica. Martinazzoli ha saputo distinguersi in un momento difficile della politica ed è uno di quegli uomini che hanno saputo dare molto senza parlare troppo e senza cedere ai personalismi. È una figura nella quale si possono cogliere quegli aspetti di rettitudine, di serietà, di coerenza e di sobrietà che sono stati e saranno preziosi insegnamenti ovviamente a quelli che vorranno seguirli. Ci sono uomini, signor Presidente, anzi galantuomini, che con il loro fare escono dal loro tempo per essere sempre contemporanei. Penso che Mino Martinazzoli sia uno di questi (Applausi).

ARTURO IANNACCONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, ci uniamo alle sue parole di cordoglio e di vicinanza alla famiglia. Ricordando Moro a San Pellegrino, nel 1984, Martinazzoli disse: «Credo insomma - e Pag. 19lo dico con brutalità - che in qualche momento la tentazione sia quella di commemorare per dimenticare». Ritengo che volesse sottolineare che, quando ci si avvicina a personalità che hanno avuto la capacità di incidere profondamente e di lasciare una traccia nella storia e nelle vicende dell'Italia, occorre evitare il rischio di avere un approccio parziale e non compiuto estrapolando singoli aspetti.
Lo sforzo che almeno io farò sia pure nel poco tempo a disposizione è di commemorare per ricordare e, quindi, per recuperare alcune delle lezioni profonde che Martinazzoli consegna al nostro tempo. I giornali hanno speso troppo poco per evidenziare gli aspetti di una personalità complessa e di un pensiero profondo. Si sono concentrati su due vicende, estrapolandole dal contesto drammatico sul piano politico nel quale avvennero: l'ascesa di Martinazzoli alla segreteria della DC con il rifiuto di fare alleanze nel 1994 e le sue dimissioni dopo la sconfitta elettorale.
Invece, la lezione di Martinazzoli in questa fase di eclissi di tante cose andrebbe recuperata: il suo rigore, il suo senso del limite della politica, ma anche della necessità della politica, la sua fermezza nel mettere al primo posto la società, ma al tempo stesso nel difendere la funzione regolatrice dello Stato. Si tratta di una personalità complessa, non tormentata da banalità, ma dalla percezione della sua inadeguatezza a fronteggiare le domande e ad allestire risposte ad una società complessa.
Ho il ricordo prezioso di una sua visita nella mia città, ad Avellino, nel 1982. Ero il segretario del movimento giovanile della Democrazia Cristiana irpina e organizzammo un incontro prima presso la sede del partito e poi avrebbe dovuto parlare al convegno. Quindi, avrebbe dovuto prendere la parola due volte. Mi disse: «Corro il rischio di ripetermi, non ho poi tante cose originali da dirvi. Forse vi deluderò». Solo chi non lo conosceva o non lo aveva ascoltato poteva credere a questo paradosso.
La DC, se ancora ci fosse, si dovrebbe rimproverare non di averlo eletto segretario ma di averlo eletto troppo tardi e in una situazione drammatica, quando nemmeno il suo rigore e la forza del suo pensiero furono sufficienti. Chi può rilegga un po' delle cose che ha scritto: ne trarrebbe un sicuro beneficio a comprendere il passato, ma anche ciò che accade oggi e a preparare il futuro.
Disse Moro, con un'espressione ripresa da Martinazzoli: «La speranza è solo la speranza». E quindi, voleva riflettere Martinazzoli, occorre coltivarla per il suo valore intrinseco, perché da essa nascono i comportamenti migliori e prendono forma e forza gli ideali e le idee. La lezione di Martinazzoli è anche questa: la sofferta percezione del limite ma anche il senso di un ampio orizzonte (Applausi).

GIORGIO LA MALFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, sia consentito a me, che ebbi l'occasione di essere segretario di un partito alleato della Democrazia Cristiana quando l'onorevole Martinazzoli ne assunse la responsabilità, di ricordarlo brevissimamente, aggiungendo le mie parole a quelle di tanti colleghi e, in particolare, del collega Pisicchio che ha fatto questo ritratto molto toccante di Martinazzoli.
Martinazzoli era un uomo, per come l'ho visto, straordinario, di qualità umane, culturali ed anche di sensibilità politica straordinaria. Fu chiamato a guidare la DC quando la crisi era già scoppiata. Come spesso capita, fu chiamato l'uomo migliore nel momento più difficile a gestire sostanzialmente la liquidazione, che egli non voleva, di un grande patrimonio politico che aveva rappresentato l'ossatura della democrazia del nostro Paese. Lo fece con amarezza e dolore e, come ha ricordato Pisicchio, nelle elezioni del 1994 scelse l'estremo baluardo del cosiddetto Terzo polo, di quel raggruppamento con Giuliano Amato, con Prodi, con Segni e Pag. 20con noi stessi che tentò di opporsi alla bipolarizzazione di cui l'Italia ha pagato e continua a pagare le conseguenze nefaste nel corso di questi anni.
Egli ha difeso quel patrimonio storico, che era l'impegno dei cattolici democratici in politica. Se posso, perché siamo nel Parlamento cioè nel centro della vita politica, esprimere un auspicio, è che dal mondo cattolico venga oggi uno sforzo per ridare al Paese quel nerbo democratico mancando il quale l'Italia è condannata a una fine catastrofica. Questo è il messaggio che credo di cogliere dal ricordo del caro e compianto onorevole Martinazzoli (Applausi).

SAVINO PEZZOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, ringrazio gli amici del mio gruppo per la fiducia che mi hanno accordato chiedendomi di pronunciare qualche parola per ricordare la figura, a me e ai miei amici molto cara, di Mino Martinazzoli. In me c'è un po' di commozione legata a tanti ricordi personali.
Romano Guardini, uno dei più grandi pensatori e teologi del secolo scorso, ebbe a dire: «Si può ricordare un uomo soltanto dicendo come in verità egli è stato» e aggiungeva che ci sono strade diverse per giungere a capire e a comprendere: da un lato il percorso di una vita, dall'altro il chiedersi quali idee ha servito. Sono due vie che portano a cercare di capire la verità della vita di una persona. Mi sono allora chiesto qual era la verità della vita di Mino Martinazzoli, quella verità cui oggi dobbiamo richiamarci per continuare nel nostro e nel suo impegno.
Non è un'operazione facile, nemmeno per chi lo ha frequentato, ascoltato e seguito. La verità della vita di Martinazzoli era sicuramente quella di essere un cristiano, di aderire consapevolmente alla fede cristiana, vissuta in modo rigorosamente laico.
Una laicità che lo portava a credere in modo profondo e convinto all'ideale democratico e a fare della libertà il suo credo di orientamento. È stato un democratico cristiano, erede e interprete di quel cattolicesimo politico popolare democratico lombardo che si alimentava del rigore morale assunto dalla lezione manzoniana e rosminiana e che aveva trovato grandi interpreti nel Tovini, in Gallarati Scotti e in Meda.
Rigoroso, ma non austero, sapeva essere conviviale, sorridere, accogliere e stare in compagnia con gli amici. Fedele ai principi che declinava in una visione giuridica che privilegiava la tolleranza, la mitezza e la comprensione, sapeva anche dire dei «no» estremamente chiari, virtù che oggi si è persa, come seppe dire di «no» a Berlusconi a suo tempo, pagando tutte queste sue scelte. Un modo di pensare che lo portava ad usare l'arte dell'ironia per mantenere il rispetto dell'avversario; fuggiva sempre dalla polemica aggressiva, intollerante e graffiante che umilia gli altri, come invece oggi appare quotidianamente. Fedele alle istituzioni della Repubblica, in cui ha espresso un vero senso dello Stato, mettendo con il suo modo in discussione coloro che hanno sostenuto che i cattolici non hanno senso dello Stato: lui ha avuto il senso dello Stato e della comunità, che oggi invece sembra essersi smarrito. Non si è mai abbandonato al moralismo, ma ha sempre avuto un'idea etica della politica, che è quella del rispetto e delle attenzioni, ma anche dei principi che si vogliono affermare.
Lo voglio ricordare come uomo oltre che come politico: lui ci diceva sempre che oltre la politica c'era la vita, la vita delle persone più deboli, di coloro che chiedono alla politica non di essere dominati, ma di essere rappresentati nei loro bisogni e nelle loro speranze. È una lezione che dovremmo apprendere anche oggi.
La verità della sua vita sta in queste cose semplici: nella fedeltà a determinati principi e valori, nella fedeltà, nella rigorosità e nel non venir meno alle promesse fatte e agli ideali assunti. Essere fedeli alla libertà, alla libertà di sé anche nei confronti Pag. 21dei propri interessi e della propria parte politica, essere fedele alla libertà per servire alla giustizia.
Questo è stato per noi Martinazzoli, la verità della sua vita si concentra in questo. Noi oggi non lo ricordiamo, ma lo riportiamo al nostro cuore perché orienti ancora il nostro impegno politico (Applausi).

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge Moffa e Tortoli; Farina Coscioni ed altri: Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di sicurezza sul lavoro per la bonifica degli ordigni bellici (A.C. 3222-3481-A) (ore 12,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Moffa e Tortoli; Farina Coscioni ed altri: Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di sicurezza sul lavoro per la bonifica degli ordigni bellici.
Ricordo che nella seduta del 6 settembre 2011 si è conclusa la discussione sulle linee generali e i relatori ed il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 3222-3481-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del testo unificato delle Commissioni e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A - A.C. 3222-3481-A).
Avverto che le Commissioni (Affari costituzionali) e (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (Vedi l'allegato A - A.C. 3222-3481-A).
In particolare, il parere reso dalla Commissione Bilancio reca due condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, riferite all'emendamento Tortoli 1.20.
Al fine di recepire tali condizioni, le Commissioni hanno presentato i subemendamenti 0.1.20.1 e 0.1.20.2, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A - A.C. 3222-3481-A).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni sulle proposte emendative presentate.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 12,45)

MASSIMILIANO FEDRIGA, Relatore per la XI Commissione. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Tortoli 1.20, volto a recepire le osservazioni della I Commissione. Tale parere favorevole è ovviamente vincolato all'approvazione dei due subemendamenti presentati in recepimento del parere reso dalla V Commissione dei quali raccomando l'approvazione.

PRESIDENTE. Il Governo?

LUCA BELLOTTI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.20.1 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli D'Incecco, Vico, De Pasquale, De Angelis, Samperi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 461
Maggioranza 231
Hanno votato
461). Pag. 22

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.20.2 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Braga, Mondello, Siragusa, Belcastro, Menia...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 464
Votanti 448
Astenuti 16
Maggioranza 225
Hanno votato
448).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tortoli 1.20, nel testo subemendato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Marchioni, Bellotti, Nicola Molteni, Bosi, Pescante...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 466
Votanti 451
Astenuti 15
Maggioranza 226
Hanno votato
451).

Prendo atto che il deputato Mecacci ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Avverto che, consistendo il testo unificato delle proposte di legge in un solo articolo, non si procederà alla votazione dello stesso ma direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 3222-3481-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 3222-3481-A).
Invito il rappresentante del Governo, onorevole Bellotti, ad esprimere il prescritto parere.

LUCA BELLOTTI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/3222-A/1, anche se i contenuti e le preoccupazioni rappresentati in premessa sembrano essere superiori rispetto alla realtà. Il Governo accetta l'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/3222-A/2, a condizione che la parte dispositiva venga riformulata nel senso di valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica e con le riforme che si accinge a varare secondo gli impegni assunti in sede europea nell'ambito previdenziale, di istituire una speciale indennità di specializzazione per il personale militare e civile della polizia di Stato e del Corpo dei vigili del fuoco operante prevalentemente nell'attività di bonifica degli ordigni bellici che nel corso dell'anno abbia prestato almeno sei mesi di servizio nelle attività proprie della specializzazione posseduta e non abbia riportato valutazioni caratteristiche inferiori a «nella media» o giudizio equivalente.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/3222-A/1, accettato dal Governo e che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/3222-A/2, accettato dal Governo, purché riformulato.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3222-3481-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale. Pag. 23
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, ieri nella discussione sulle linee generali ho espresso le perplessità del nostro gruppo su questo testo unificato. Le perplessità restano. Abbiamo appena approvato un programma dell'Unione europea che prevede la riduzione degli oneri amministrativi e continuiamo a fare leggi che stanno «sovietizzando» il nostro Paese, con prescrizioni sempre più precise, sempre più cogenti, sempre più basate su fatti burocratici, su nuovi obblighi per le imprese, su nuovi albi che riducono la concorrenza. Invece di andare verso la distruzione, la chiusura e la cessazione degli albi professionali e quant'altro, continuiamo a crearne di nuovi. Questo stiamo facendo anche con questo provvedimento: invece di delegificare e semplificare, facciamo leggi che aggiungono obblighi e che pesano ancora di più sulle imprese, con oneri del tutto impropri. Dico del tutto impropri perché in questo caso vi è il testo unico che si occupa della sicurezza, che all'articolo 17 afferma già una cosa precisa che non aveva bisogno di alcuna ulteriore specificazione. Esso prevede cioè l'obbligo in capo al datore di lavoro di valutare tutti i rischi connessi alle attività da svolgersi. Prevede tutti i rischi, senza fare specificazioni riferendosi solo ad alcuni rischi, ma a tutti i rischi. Quindi, è evidente che sono compresi anche i rischi di cui parliamo in questo provvedimento. Allora, per quale motivo c'è bisogno di andare persino a modificare questo testo unico specificando che questi rischi sono compresi? Se abbiamo bisogno di fare una specificazione di questo genere, vuol dire che non sono tutti i rischi. Vuol dire che ce ne sono altri che si possono escludere, vuol dire che ci saranno imprenditori che penseranno che, una volta assolto questo obbligo, che oggi specificate in modo espresso, sono liberi da qualunque altro tipo di valutazione dei rischi. Chiunque sappia che cosa vuol dire fare una valutazione del rischio e scrivere un piano per la sicurezza sa che il primo obbligo di chi deve scrivere questo piano è quello di fare l'identificazione dei rischi. Quando si identificano i rischi - e si devono identificare tutti i rischi - è evidente che in un'attività come quella di scavo non può non essere presa in considerazione l'identificazione del rischio degli ordigni bellici. Quindi è evidente che si deve fare.
Perché, allora, abbiamo bisogno di andare a specificarlo? Perché abbiamo bisogno di creare un albo? Perché abbiamo bisogno di creare delle sovrastrutture burocratiche che sono assolutamente inutili, che non aggiungono nulla, visto che l'obbligo vi è già, e che in più rappresentano un peso per le imprese?
Per questi motivi manteniamo le nostre perplessità. Naturalmente, ci vogliamo differenziare in ciò, perché crediamo davvero che vi sia bisogno nel nostro Paese di liberalizzare molte attività e di creare nuove situazioni di concorrenza, per ridurre gli oneri a carico delle imprese. Questo è un provvedimento che va esattamente nella direzione contraria.
Qui vi è qualcuno che vuole scomodare e apportare modifiche all'articolo 41 della Costituzione e poi presenta proposte di legge, come questa, che sono oggettivamente contro la concorrenza e contro le imprese. Per questo motivo riteniamo di doverci astenere, a fronte di queste gravi perplessità (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO PAGLIA. Signor Presidente, non condivido l'intervento fatto poc'anzi dal collega dell'Italia dei Valori. È per questo motivo che Futuro e Libertà voterà favorevolmente il provvedimento, perché mancava, ci voleva ed è obiettivamente un modo per sensibilizzare maggiormente e cautelarsi contro il pericolo che si presenta ogni qual volta si procede alla bonifica degli ordigni esplosivi (Applausi Pag. 24dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Poli. Ne ha facoltà.

NEDO LORENZO POLI. Signor Presidente, il provvedimento esaminato dalle Commissioni lavoro e affari sociali, che modifica, integrandolo, in parte, il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, ha come finalità quella, già più volte ricordata dai colleghi, di introdurre norme volte a prevenire i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili interessati da attività di scavo.
Il presupposto di partenza è dunque quello di offrire un'adeguata garanzia, anche in termini di capacità professionale e previsionale, per la sicurezza sui luoghi di lavoro potenzialmente interessati dal rinvenimento di ordigni bellici, nonché per la tutela dei lavoratori impegnati nelle delicate attività di bonifica. Le attività connesse ai movimenti di terra dei cantieri, quando interessano terreni originari risalenti al periodo bellico, possono, in qualsiasi momento, interferire con ordigni inesplosi, con gli elevati rischi che si possono attivare, producendo effetti esplosivi, incendiari o comunque lesivi e distruttivi per i quali sono stati predisposti.
Da ciò anche la necessità di remunerare adeguatamente chi è preposto a tale attività, anche in considerazione del fatto che i numerosi ritrovamenti di ordigni bellici inesplosi che vengono alla luce in occasione della realizzazione di nuove costruzioni, in particolar modo nelle opere infrastrutturali che impegnano grandi superfici, confermano la necessità di una bonifica preventiva relativamente alle aree interessate dalle attività dei cantieri. In tal senso, è sufficiente considerare i ritrovamenti effettuati durante la realizzazione delle tratte ferroviarie dell'Alta Velocità.
Riteniamo di enorme importanza il testo in esame, in considerazione anche della situazione normativa, regolata sotto il profilo tecnico, ma non perfettamente tutelata per quanto riguarda le maestranze che realizzano le opere entroterra (scavi, fondazioni, trivellazioni) ed in cui operano spesso ditte non dotate delle competenze adeguate, in presenza di affidamento degli appalti con la procedura del massimo ribasso, nonché di carenza dei controlli.
Così come evidenziato anche nel corso delle audizioni in Commissione, la ricognizione e l'individuazione di residuati bellici da parte di imprese specializzate, come proposto, consente di poter affrontare la neutralizzazione dell'ordigno ritrovato, programmando tempi e modi e limitando al massimo i pericoli di disagi e inconvenienti alle popolazioni ricadenti nelle zone potenzialmente a rischio.
È importante l'intento che regge il provvedimento, che è anche quello di ritornare ad abilitare, da parte dell'autorità militare, le imprese specializzate sulla base di requisiti patrimoniali, numero di addetti, apparecchiature, attrezzature e mezzi, e ciò anche sulla base degli interventi effettuati negli ultimi anni.
Giudichiamo di rilievo il ruolo attribuito al coordinatore della progettazione e i suoi obblighi che potrebbero comprendere, in sede di relazione tecnica, tra le fasi critiche, anche la possibilità di verificare con attenzione le potenziali ripercussioni sulla salute pubblica.
Consideriamo importanti, pertanto, le conclusioni raggiunte con il testo così come pervenuto in Aula, anche grazie ai pareri resi dalle Commissioni competenti in sede consultiva e, nello specifico, le Commissioni I e V che hanno espresso pareri favorevoli con le condizioni che sono state recepite attraverso gli emendamenti approvati dalla Commissione.
Riteniamo soddisfacenti i risultati ottenuti oltre che qualificanti in termini di approfondimento di una materia così delicata che incide sulla salute e la sicurezza dei lavoratori.
Diamo pertanto il nostro voto favorevole al provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo). Pag. 25
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà.

MARCO RONDINI. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la Lega Nord voterà a favore del provvedimento in esame, recante misure volte ad adeguare la vigente normativa in materia di bonifica degli ordigni bellici.
Ancora oggi, ad oltre sessanta anni dal termine dell'ultimo conflitto mondiale, sono presenti sul nostro territorio numerosi residuati bellici inesplosi che frequentemente imprese e operai, durante lavori di scavo, ritrovano anche a non elevate profondità.
I dati forniti dal Ministero della difesa per il triennio 2007-2009 sono sconcertanti: ben 235.830 ordigni di vario calibro e 534 bombe d'aereo. Solo sulle tratte ferroviarie dell'alta velocità sono stati rinvenuti oltre 20 mila ordigni, tutti inesplosi e potenzialmente pericolosi.
È del 23 agosto scorso la notizia di un ordigno bellico inesploso trovato nel centro di Livorno durante alcuni lavori lungo i fossi medicei, il cui disinnesco è previsto per domenica prossima, con un'operazione che prevede l'evacuazione di circa 6 mila persone su un'area di 0,6 chilometri quadrati nel cuore della città.
Una settimana dopo, il 30 agosto, un'altra bomba è stata rinvenuta a Milano, nel cantiere di CityLife, situato nella zona Fiera, da alcuni operai impegnati negli scavi di un lotto del cantiere a tre metri di profondità.
Dico ciò a riprova di quanto fosse necessario intervenire sulla vigente disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, che, difatti, non contempla, specificamente, una valutazione di rischio nelle aree oggetto di attività di scavo e proprio il continuo ritrovamento di numerosi ordigni bellici inesplosi, durante le attività di scavo connesse con la realizzazione di infrastrutture e opere, ne conferma l'esigenza.
Per questo votiamo a favore e condividiamo il provvedimento in oggetto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccuzzi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCUZZI. Signor Presidente, come ha già ricordato lei, nella giornata di ieri si è svolta la discussione sulle linee generali sul provvedimento in questione.
Puntuali e precisi sono stati gli interventi degli onorevoli Maurizio Turco e Schirru che hanno seguito, insieme al sottoscritto, l'evoluzione di tutto il dispositivo in Commissione, così come è stato importante accogliere la proposta dell'onorevole Farina Coscioni e giungere ad un testo unificato.
Lo scopo delle proposte di legge unificate è quello di considerare la bonifica preventiva e sistematica un'attività volta a garantire, prima di ogni altra cosa, la sicurezza di chi opera nei cantieri, in particolar modo dove sono previste attività di scavo manuale e con mezzi meccanici.
Avremmo voluto - già in sede di esame del Comitato ristretto avevamo posto la questione - affidare le competenze in oggetto al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero della salute. Tuttavia, non vi è dubbio che riconosciamo, in particolar modo per quanto concerne il rilascio dei brevetti e il riconoscimento dei criteri che le imprese devono possedere, le nozioni di competenza e di formazione che solo gli apparati militari sono in grado di fornire. Per questo motivo abbiamo rinunciato al nostro emendamento presentato in Commissione per giungere al testo che oggi voteremo.
Non ritengo, quindi, opportuno intervenire oltre sugli aspetti tecnici e sugli Pag. 26spunti positivi che il provvedimento in esame contiene, ma, annunciando il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico, vorrei svolgere alcune considerazioni sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e sulle azioni di controriforma che questa maggioranza ha posto in atto fin dal suo insediamento.
E, per giungere ai giorni più vicini a noi, vorrei invitarvi ad una seria riflessione su quanto sta accadendo nella manovra che state per votare al Senato. La revisione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, inserita nell'articolo 8 del provvedimento, è un attacco anche a chi si batte per fare della salute e della sicurezza dei lavoratori la stella cometa da seguire. C'è molta, moltissima preoccupazione per questa norma, onorevoli colleghi, l'ennesimo attacco al residuo dei diritti dei lavoratori che questo sfiduciato Governo ha iniziato fin dal suo insediamento. Sembrerebbe quasi pleonastico ricordarvi che un mercato del lavoro come quello attuale con una palese agevolazione al licenziamento porrebbe il lavoratore, soggetto debole nel rapporto di lavoro, a disponibilità lavorative che potrebbero andare anche a discapito della propria sicurezza e della propria incolumità. Ma anche ciò che sembra ovvio, lapalissiano, siete riusciti a metterlo in discussione.
Fermatevi, fermatevi, finché siete in tempo! Non procedete oltre, non andate avanti in questa insana destrutturazione dei rapporti di lavoro. L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro: voi state continuamente mettendo in discussione il primo articolo della nostra Costituzione. Dovrebbe essere vanto di un Paese civile permettere ai lavoratori di esercitare i propri diritti, ma per quanto vi riguarda ad ogni diritto corrisponde un amaro, triste rovescio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Farina Coscioni. Ne ha facoltà.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Signor Presidente, intervengo per esprimere il voto favorevole a questo provvedimento e per ringraziare quanti, a partire dal presidente Moffa, hanno accolto i principi fondamentali della proposta di legge che mi vede prima firmataria (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).
Per non sottrarre altro tempo, signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Farina Coscioni, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tortoli. Ne ha facoltà.

ROBERTO TORTOLI. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto favorevole del Popolo della Libertà e per ricordare all'onorevole Borghesi che questo testo unificato di proposte di legge tende a tutelare i lavoratori, non a tutelare le aziende, e, in particolare, certamente non a tutelare quelle aziende, di cui il collega evidentemente non conosce l'esistenza e che stanno, da due o tre anni a questa parte, inquinando il settore fino ad arrivare alla falsificazione dei certificati (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 3222-3481-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato. Pag. 27
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 3222-3481-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge n. 3222-3481-A, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Proprio l'onorevole Tortoli non riesce a votare questo provvedimento? Fate in modo che possa votare l'onorevole Tortoli. Onorevole Rosato... L'onorevole Tortoli ha votato... Direi che ci siamo tutti. L'onorevole De Pasquale ha votato...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di sicurezza sul lavoro per la bonifica degli ordigni bellici) (3222-3481-A):

(Presenti 467
Votanti 451
Astenuti 16
Maggioranza 226
Hanno votato
451

Prendo atto che il deputato Baccini ha segnalato che non è riuscito a esprimere voto favorevole.

Seguito della discussione delle mozioni Renato Farina ed altri n. 1-00702, Evangelisti ed altri n. 1-00705, Binetti ed altri n. 1-00706, Di Biagio e Della Vedova n. 1-00707, Mosella ed altri n. 1-00708 e Tempestini ed altri n. 1-00709 concernenti iniziative in relazione alla grave carestia che ha colpito il Corno d'Africa (ore 13,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Renato Farina ed altri n. 1-00702, Evangelisti ed altri n. 1-00705, Binetti ed altri n. 1-00706, Di Biagio e Della Vedova n. 1-00707, Mosella ed altri n. 1-00708 e Tempestini ed altri n. 1-00709 concernenti iniziative in relazione alla grave carestia che ha colpito il Corno d'Africa (vedi Allegato A - Mozioni).
Ricordo che nella seduta di martedì 6 settembre 2011 si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni ed è intervenuto il rappresentante del Governo.
Avverto che in data odierna è stata presentata la mozione Renato Farina, Evangelisti, Binetti, Di Biagio, Mosella, Tempestini, Dozzo, Razzi e Commercio n. 1-00710, il cui testo è in distribuzione e contestualmente le mozioni all'ordine del giorno sono state ritirate dai presentatori (vedi Allegato A - Mozioni).

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentate il Governo ad esprimere il parere sulla mozione Renato Farina, Evangelisti, Binetti, Di Biagio, Mosella, Tempestini, Dozzo, Razzi e Commercio n. 1-00710.

LUCA BELLOTTI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Il Governo esprime parere favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, aver unificato le mozioni ci impegna anche ad essere essenziali questa mattina. Noi parliamo di fame e di sete Pag. 28qui, oggi, di indifferenza, di colpevoli ritardi e di silenzi imperdonabili. Il dramma che si sta consumando nel Corno d'Africa non è improvviso né imprevedibile: se saltano le stagioni delle piogge si prosciugano i fiumi, se una guerra civile si protrae per vent'anni, se mancano mercati regolamentati e controllati nei punti strategici così che la distribuzione del cibo nelle zone rurali è insufficiente, se non ci sono canali, sistemi di irrigazione e impianti per rendere l'acqua potabile, se gli agricoltori non hanno accesso ai depositi per i viveri e non dispongono di fertilizzanti o di vaccini per il bestiame, forse significa che la tragedia che si sta consumando e che sta consumando le popolazioni africane non era un evento imprevedibile come uno tsunami, sebbene altrettanto devastante.
L'Occidente, l'Europa e il nostro Paese non hanno alibi dunque, non possono distogliere lo sguardo dalla catastrofe umanitaria senza precedenti che ha colpito la Somalia e il resto delle popolazioni del Corno d'Africa. Intere regioni sono piegate dalla siccità e dalla carestia che continua inarrestabile a diffondersi in nuove aree. È di pochi giorni fa l'annuncio delle Nazioni Unite che un'altra area della Somalia, la regione di Bay, la sesta del Paese, è stata investita dalla terribile crisi alimentare. Anche qui la malnutrizione acuta e il livello di mortalità hanno sorpassato la soglia della carestia. Secondo l'ultimo rapporto dell'Unità di analisi per la sicurezza nazionale delle Nazioni Unite, infatti, sono 750 mila le persone che rischiano la morte nei prossimi quattro mesi se non si interviene con determinazione e la volontà precisa di andare oltre egoismi grandi e piccoli.
Lo abbiamo visto appena questo dramma passare in televisione, dimenticato, sottaciuto, non è certamente nel cuore e nella testa del nostro Paese che ha contribuito in maniera esigua allo stanziamento dei fondi dell'Unione europea per predisporre aiuti alle popolazioni africane prostrate dalla fame. C'è molto da fare perché, mentre siamo presi dalle paure che la crisi del sistema di finanza globale ci trasmette, nel Corno d'Africa continuano a morire di fame e di sete decine di migliaia di persone, la metà delle quali sono bambini. L'Italia vive un momento grave e difficile ma non è ripiegandosi su se stessa che ne uscirà, non è certamente ignorando la tragedia dell'Africa che ripianeremo il debito pubblico. Mi vengono in mente le parole di Giorgio La Pira: «Sperperare l'inutile per far sopravvivere l'utile». Umanità, solidarietà, cooperazione e aiuto non devono smettere di essere parole chiave della nostra politica internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Allenza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ieri - mi rifaccio ovviamente al mio intervento in sede di discussione sulle linee generali - avevo auspicato, a nome del gruppo dell'Italia dei Valori, uno sforzo per convergere in un'unica mozione. Questo sforzo è stato prodotto, c'è stato un risultato, siamo in presenza di una mozione che porta la firma di tutti i gruppi e di conseguenza fa immaginare un voto unanime, e ciò vuole dare un segnale. Un segnale di attenzione sulla drammatica realtà del Corno d'Africa, dove oltre 12 milioni di persone sono a rischio della vita per una gravissima siccità e carestia, senza considerare i danni della guerra.
La sottolineatura che intendo svolgere in questa brevissima dichiarazione di voto è che a noi sembra importante che, insieme agli aiuti umanitari, insieme ai fondi alimentari da far giungere immediatamente in quei Paesi, in quelle realtà, vi sia, come noi abbiamo fortemente voluto, la necessità di rilanciare interventi di cooperazione allo sviluppo perché, senza interventi nei settori soprattutto dell'agricoltura, oggi si potrà - si spera - superare l'emergenza, ma l'anno prossimo ci troveremo di fronte ad una nuova drammatica situazione. Pag. 29
Ho riportato una citazione classica, un sentire comune: in quelle realtà ora bisogna assolutamente portare i pesci per sfamare queste povere popolazioni, ma insieme bisognerà pensare di insegnargli a pescare perché altrimenti ogni sforzo rischia di essere vano. Per questo approviamo la mozione unitaria dove, ovviamente, insieme agli aiuti si auspica che le iniziative diplomatiche, anche a livello dell'Unione europea e, soprattutto, dell'ONU, possano provare a dare una risposta al dramma di milioni - ripeto - di donne, uomini e bambini in fuga dalla carestia, dalla siccità e dalla guerra (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, tutti i gruppi rappresentati in quest'Aula hanno manifestato la volontà di convergere su una posizione comune riconoscendo la gravità e l'urgenza del tema in esame e riconoscendo la necessità di azioni e di interventi le cui caratteristiche siano unità di visione, immediatezza e concretezza. In questo modo, abbiamo dato un segnale di responsabilità e di collaborazione di fronte all'invito del Governo e del sottosegretario Mantica. Non si può non osservare che un analogo segnale di responsabilità e collaborazione sta mancando in queste ore da parte del Governo stesso su altre questioni.
Nonostante ciò, la nostra volontà di operare ed operare per il bene comune non viene meno. Voglio cogliere l'occasione, anche con la presenza qui quest'oggi dei familiari degli undici italiani ancora trattenuti nel Corno d'Africa, che questo problema deve restare in maniera irrevocabile all'attenzione del Governo. Mi preme, pertanto, sostenere il voto favorevole di Futuro e Libertà per il Terzo Polo alla mozione unitaria (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, fortunatamente questa è una delle occasioni in cui riusciamo a dare una risposta unitaria, in cui riusciamo a trovare tutti una stessa volontà concreta di venire incontro a delle necessità urgenti che si impongono alla nostra attenzione e che mostrano come questo Parlamento è capace di andare al di là delle sue differenze per centrarsi davvero davanti a quello che minaccia di essere una sorta di disastro umanitario.
Per questo, sono molto felice di essere riuscita, insieme a tutti gli altri, a raggiungere un punto di vista profondamente condiviso. Su questo, mi piacerebbe richiamare l'attenzione, però, su tre passaggi chiave. Il primo è che non tutti quanti abbiamo mantenuto la parola data in molteplici occasioni quando ci siamo impegnati a venire incontro, attraverso quella che è la cooperazione internazionale, ai bisogni di questi Paesi che, in teoria, erano i Paesi in via di sviluppo, ma che, in questo momento, sembrano andare assai oltre uno sviluppo che sembra diventato lo sviluppo impossibile. La prima cosa, quindi, è chiederci: saremo capaci questa volta di essere coerenti con le nostre parole oppure la nostra crisi ci impedirà di vedere chi sta già oltre la crisi? Secondo punto, molto concreto, su cui mi piacerebbe richiamare l'attenzione: cosa possiamo fare perché, al di là delle parole di tutti, si possano davvero fare arrivare gli aiuti alle persone e alle popolazioni che ne hanno bisogno?
Concretamente mi chiedo: sarà possibile bypassare il sistema, che non è solo quello della carestia e della siccità, ma è quello della corruzione, quello del conflitto di interessi, quello per cui c'è sempre qualcuno che si arricchisce alle spalle di qualcun altro, anche quando quest'altro è lì proprio sul punto più drammatico della sua esistenza?
Da questo punto di vista mi chiedo: saremo capaci noi di ottenere che le Pag. 30grandi compagnie aeree riescano a far arrivare questi aiuti attraverso modalità possibilmente gratuite, se non fortemente scontate, per garantirci davvero che tanti passaggi intermedi, spesso dovuti anche ai trasportatori, possano vanificare gli sforzi di tutti?
L'altro punto concreto, che io credo potremmo davvero raggiungere insieme, è: in un momento così drammatico come quello in cui versa il nostro Paese sotto il profilo della crisi economica, avremo il coraggio, la trasparenza morale, l'energia veramente di uomini dabbene di chiedere di essere generosi agli italiani, attraverso queste unità internazionali, come ad esempio la Caritas? La tradizione che la Caritas ha, lo ricordo, è di grande trasparenza nel fare arrivare davvero gli aiuti e nel farli arrivare anche quando altri si sottraggono alla loro responsabilità e si sottraggono alla loro necessità istituzionale di essere presenti.
Però per chiedere questo è necessario che lo Stato mantenga la sua parola data, è necessario che gli aiuti internazionali a livello istituzionale facciano la loro parte per chiedere a coloro che a livello personale possono e debbono fare un passaggio in più che lo facciano.
L'ultima cosa è questa: sarà mai possibile, davanti ad una situazione drammatica come quella che è stata disegnata ed è ben descritta nella mozione unitaria, firmata da parte di tutti noi, e che ha nei bambini l'anello più debole della catena (sono bambini che sono chiamati a fare i bambini soldato, sono bambini che sono chiamati a morire di fame, sono bambini che sono destinati a non avere un futuro), semplificare le modalità di adozione o perlomeno le modalità di affidamento, per cui la nostra società sia in grado di accogliere e di recepire questa nuova generazione, per restituirla poi meglio nutrita, meglio istruita, più coraggiosamente capace a sua volta di assumere i destini del proprio Paese?
Ecco, io mi interrogo su queste cose: trasparenza nel nostro impegno, coraggio nel chiedere sacrifici agli altri perché noi avremo già fatto i nostri, e quella creatività a livello internazionale che ci fa intravedere anche vie alternative per rispondere ai bisogni sia pure di una parte; se saremo capaci di fare questo la nostra mozione avrà raggiunto il suo obiettivo. Altrimenti saranno solo parole in libertà e questo sarebbe veramente drammatico in questo momento (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, ci troviamo di fronte ad una tragedia di immani proporzioni, quella che in questo momento ha colpito il Corno d'Africa, un insieme di cause anche naturali che hanno certamente portato ad una situazione insostenibile. Con la mozione unitaria in esame, che fa così prologo a quella mozione unitaria che è stata votata in Commissione affari esteri poco tempo fa, vogliamo porre l'attenzione su una situazione veramente catastrofica.
Siamo di fronte, anche dal punto di vista governativo, per quanto riguarda la Somalia, ad una situazione veramente debolissima: un Governo di transizione, dove gruppi di miliziani islamici la fanno da padroni e controllano gran parte del territorio. Allora noi dobbiamo fare i conti anche - e lo dobbiamo dire forte oggi - con sistemi di distribuzione di fondi che in tutti questi anni e negli ultimi vent'anni hanno fatto sì che la comunità internazionale inviasse nel Corno d'Africa tantissimi milioni di euro, che però hanno portato pochissimi vantaggi in termini di sviluppo per quell'area, anzi, hanno creato più che altro una dipendenza dai generi di prima necessità inviati dall'estero.
Dobbiamo porci questo problema. Dobbiamo porci la questione che, oltre ai fondi, occorre anche delineare quali debbano essere la linea di azione e l'obiettivo a cui tendere. Infatti, se andiamo avanti come è stato fatto in questi ultimi anni, naturalmente, senza progetti e senza che le organizzazioni internazionali abbiano la capacità di individuare una soluzione stabile Pag. 31e concreta, ho la netta sensazione che, da qui a poco, ci troveremo con gli stessi problemi che abbiamo in questo momento.
Mi auguro che il Governo, accettando questa mozione unitaria - la quale, comunque, dà il via a tutta una serie di soluzioni -, abbia anche la possibilità di stanziare alcuni fondi che sono fondamentali in questo momento per quelle zone del Paese. Mi auguro che vi siano attività e progetti concreti affinché poi si possa superare quel momento veramente di tragedia che attualmente si sta verificando nel Corno d'Africa.
Se me lo consente, signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto e, dal momento che abbiamo firmato anche noi la mozione, concludo il mio intervento preannunziando il voto favorevole della Lega Nord Padania (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevole Dozzo, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, colleghi, l'obiettivo della mozione unitaria doveva essere perseguito - e così è stato - perché, naturalmente, non ci possiamo presentare con opinioni difformi anche su questo, a condizione che vi sia un'intesa sui punti essenziali.
Il primo è che, naturalmente, quel poco o quel tanto di aiuti, che anche da questa parte, da questa sponda del Mediterraneo e dall'Italia arrivano, partano e arrivino seriamente. Questa prima considerazione non è banale perché, purtroppo, uno dei temi fondamentali con i quali ci si deve misurare è l'inefficacia degli aiuti. Per mille ragioni che non sto qui ad elencare, gli aiuti non arrivano dove devono arrivare.
Dietro questa mozione vi è l'intesa, il consenso rispetto ad un metodo pratico ed efficace: utilizzare le principali organizzazioni non governative, come sapete tutti, raccolte attorno ad Agire, ed il Governo, affinché questa possibilità di superare tutti gli ostacoli pratici che si frappongano abbia un buon risultato.
Questa è, dunque, la prima questione: che gli aiuti arrivino e che siano sufficienti. Nella nostra mozione, come è giusto che sia, abbiamo sollecitato il Governo a fare di più, ma conveniamo che nella situazione attuale il principale dei problemi è quello, appunto, che gli aiuti arrivino.
La seconda questione riguarda il fatto che si tratta di un'area politica e territoriale nella quale occorre fare qualcosa di più da un punto di vista politico. L'attivismo del Governo si è anche concretizzato in qualche punto positivo, tuttavia resta il fatto che anche l'incontro di ieri e i passi che vengono portati avanti a Mogadiscio sono sempre molto al di sotto delle necessità.
Pertanto, a mio avviso, il secondo punto è quello di lavorare tutti insieme ed avere, insieme, la consapevolezza che occorre fare qualche passo avanti in termini federali, in termini di una unità di tipo nuovo da costruire su quel territorio, il quale non sopporta e non concepisce forse neppure l'idea di uno Stato unitario. Occorre, insomma, fare passi avanti sul terreno politico per ristabilire quelle condizioni di praticabilità che mancano per assistere dall'interno le aree meridionali della Somalia.
La terza questione, di maggior respiro, riguarda il fatto che dobbiamo mettere un po' meglio a fuoco come Paese - e lo dobbiamo fare con serietà - il meccanismo più generale: in tal senso chiamo in causa il sistema Nazioni Unite, che è un sistema che non funziona in modo efficace, che anche in questo caso ha mostrato molte défaillances e che è ancora per troppi versi improntato ad una filosofia quantitativa.
Non ci siamo. Bisogna che il Governo si faccia sentire, dobbiamo fare una riflessione tutti insieme. Non è con le parole di Diouf che affrontiamo le questioni, non si Pag. 32tratta di mettere insieme un miliardo in più, quando poi resta aperto l'interrogativo su quanto non si è fatto; e non si è fatto per davvero nulla, da parte delle organizzazioni internazionali, sul versante strutturale della capacità di affrontare ciò che vi è dietro e che, giustamente, l'onorevole Evangelisti sintetizzava in un adagio molto popolare.
Lì è il punto di snodo sul quale dobbiamo fare una riflessione, perché così le cose non vanno. Si tratta di una questione che non attiene soltanto al territorio della Somalia, dove certamente vi è una guerra, ma vi è quell'area di siccità sulla quale ci aspetteremmo, diversamente, parole, che ritornano sempre a suonare sul tasto dei mega impegni finanziari, quando poi non riusciamo a cogliere, in quelle realtà, iniziative reali, che abbiano saputo dare un minimo di cambiamento strutturale sul terreno del recupero delle politiche dell'agricoltura di sopravvivenza e quant'altro; il discorso sarebbe molto lungo.
Questi sono i temi che si intrecciano: l'immediatezza dell'intervento, la ripresa di un'azione politica capace a tutto campo di fare un po' meglio di quanto è accaduto in questi anni di dimenticanza totale del problema somalo e, il terzo, il tema più strutturale, di come si muovono le organizzazioni internazionali, che merita davvero una riflessione molto ma molto critica, per ciò che accade soprattutto nelle aree del Sahel, le aree peggiori, da questo punto di vista, del mondo.
Penso che su questi temi si trovi un consenso generale, e con questo consenso spero che il Governo e il Paese possano fare di più per quelle martoriate popolazioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Renato Farina. Ne ha facoltà.

RENATO FARINA. Signor Presidente, quello che sta capitando nel Corno d'Africa è una spaventosa carestia, ed è una carestia in crescita, non è una carestia che si sta fermando. Essa mette a rischio la vita di circa 12 milioni di persone, anche se altre cifre sono state fatte. Il paradosso è questo: la cifra è così alta che diventa irreale, tant'è che è irreale sulle pagine dei nostri giornali.
Qualcuno ha scritto oggi sui giornali che la Camera dei deputati si occupa di Corno d'Africa? Perché è ritenuto un argomento superfluo. Il rischio è che di questa superfluità e di questa inutilità ce ne facciamo carico anche noi, e diventiamo anche noi gente che fa un'opera marginale: vi sono i delegati all'opera pia che, ogni tanto, si trovano e concordano una mozione unitaria su argomenti di carità universale o argomenti umanitari. Non è così, non può essere così, è un lusso che non ci possiamo permettere.
Nei momenti di crisi non vi sono neanche le briciole da distribuire; e allora, che cosa fare? Qui non vi è il problema di dare delle briciole che non vi sono, ma vi è da decidere chi siamo noi, chi siamo noi come Paese e chi siamo noi come persone qui presenti.
O una faccenda come quella del Corno d'Africa diventa strutturale nel nostro modo di concepire la politica, nell'importanza da dare alle dimensioni del nostro impegno, oppure abbiamo costruito un altro mucchio di parole utili a pulirci la coscienza, ma neanche tanto, perché non se ne accorge nessuno. Questa è la grande questione.
Questa mozione unitaria è importante perché dice che noi ci mettiamo d'accordo sulle cose essenziali, non sulle cose superflue, e questo dipende da noi. Ci sono due cose che sono contenute nella mozione: le cifre spaventose della tragedia - invito tutti a leggerle e a diventarne portavoce - e, in secondo luogo, un altro discorso, ossia che la carestia è un moltiplicatore e il moltiplicatore è la guerra, il moltiplicatore è la violenza. Essa genera la fame.
Oggi il grande problema non è solo e non è tanto quello di far arrivare del denaro alle organizzazioni internazionali, ma di far sì che questo denaro si trasformi in aiuti che raggiungano concretamente la Pag. 33popolazione. Oggi vaste zone della Somalia sono in mano ai terroristi o pseudo terroristi o para-terroristi, alle corti islamiche che impediscono qualsiasi aiuto, e il paradosso è che le organizzazioni umanitarie sono costrette a pagare il pizzo alle bande armate per far arrivare gli aiuti.
Questa mozione afferma un altro principio: che è importante costruire uno Stato democratico, uno Stato dove sia possibile una convivenza tra i clan e per questo è importante il sostegno che si dà all'azione diplomatica che anche il nostro Governo ha intrapreso, portando intanto ad un ottimo risultato, quello della firma di ieri, a Mogadiscio, di un documento per la stabilità fra le varie componenti che si potrebbero definire «non violente» del popolo somalo.
Si tratta di un percorso di democrazia che dovrà portare a una nuova Costituzione e alle elezioni democratiche su tutto il territorio tra luglio e agosto dell'anno prossimo. La politica c'entra con la risoluzione dei problemi della vita, questo dice il testo. Non è la mano dell'elemosina, accanto alla quale sta ben più importante la mano della politica, ma è un'unica dimensione quella che tiene insieme il nostro lavoro. Credo che in questo consista la dignità del nostro lavoro politico da affermare oggi.
Non importa se poi i mass media non se ne accorgono e magari calcolano quanta carta è stata sprecata per stampare questo documento che poteva servire a comprare del pane - perché sarebbero capaci anche di questo - ma è importante che noi siamo consapevoli di questo e che lo riaffermiamo anche all'interno del contrasto e delle differenze, consapevoli che quello che ci tiene insieme è una concezione dell'uomo per cui l'uomo non può essere abbandonato alla fatalità e alla violenza, vuoi della natura, vuoi degli uomini malvagi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Renato Farina, Evangelisti, Binetti, Di Biagio, Mosella, Tempestini, Dozzo, Razzi e Commercio n. 1-00710, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Di Caterina, onorevole Lussana...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 439
Maggioranza 220
Hanno votato
439).

Prendo atto che i deputati Ruben, Rugghia, Boccuzzi e Fugatti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,35).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, vorrei preannunziare e contestualmente sollecitare - si tratta di un'azione preventiva - la risposta a tre interrogazioni che ho appena depositato.
La prima riguarda l'oggetto delle prossime discussioni in quest'Aula, in particolare la cosiddetta «manovra-bis», il decreto-legge n. 138 dello scorso Ferragosto. È a tutti noto che essa viene detta «bis» perché a luglio ne avevamo già fatta una, la «semel», se mi si consente la ordinazione latina.
La necessità di questo bis - di cui però ho perso il conto, non so se siamo alla quarta o alla quinta versione - è stata Pag. 34attribuita da tutti ad una lettera a doppia firma Trichet-Draghi che ingiungeva alla Repubblica italiana di assumere provvedimenti urgenti di contenimento della spesa pubblica. Tuttavia questa lettera non è stata resa nota nel suo esatto contenuto, l'Italia quindi di fatto viene «commissariata» sulla base di un documento segreto. Questo - lei sarà d'accordo con me, signor Presidente - non va bene, è contrario ad ogni principio di democrazia e di trasparenza, è contrario al principio di sovranità del popolo, tanto caro, seppur a corrente alternata, all'onorevole Berlusconi. Quindi vorrei tramite lei, signor Presidente, invitare il Governo, in primis Berlusconi e Tremonti, a pubblicare la lettera che ha scatenato prima l'urgenza di provvedere in pieno agosto con un nuovo decreto-legge e poi l'insopportabile tira e molla tra le varie fazioni, armate l'un contro l'altra, dell'ex maggioranza, che tale ormai è soltanto in Parlamento, perché non lo è più nel Paese, lo sappiamo.
In secondo luogo, ancora qualche giorno fa il terrorista Battisti, latitante in Brasile, ha esternato ai giornali che non ha motivi di pentirsi e che è lieto di essere scampato alle carceri italiane perché in queste si pratica la tortura, in più ha anche aggiunto che sarebbe stato pronto ad uccidere se gli fosse stato ordinato. Sebbene la politica estera e quella carceraria di questo Governo siano insipienti, ai limiti dell'irresponsabilità, ritengo sia inaccettabile che Battisti parli in questo modo ed è inaccettabile che il Brasile abbia dato e continui a dare rifugio a questo delinquente proprio mentre sul suo suolo consente invece l'assassinio della dottoressa Patricia Acioli, una donna coraggiosa, un magistrato integerrimo che lottava contro il narcotraffico e contro la corruzione nell'Esercito e nella polizia. Patricia Acioli, che aveva 47 anni, è stata uccisa, senza scorta, da uomini armati. Si tratta di un fatto che ci fa tornare alla memoria i nostri martiri nella lotta al terrorismo e alla mafia. Vorrei quindi sapere se il Ministro Frattini abbia chiesto informazioni e spiegazioni al collega brasiliano su questo orribile omicidio e su questa insopportabile contraddizione.
Da ultimo, ma non per importanza, signor Presidente, ho presentato un'interrogazione sempre al predetto Ministro Frattini, ma anche alla neo Ministra Bernini, per sapere qualcosa di più dell'Ungheria. L'Ungheria, signor Presidente e colleghi, è un Paese dell'Unione europea dal 2004 ed è una nazione a noi cara, dai romanzi di Ferenc Molnár, ricordo I ragazzi della via Pal, ai saggi di György Lukács, al nostro Giorgio Perlasca, che vi soggiornò, aiutando molti ebrei, alla rivolta del 1956, soffocata nel sangue dai carri armati sovietici. Chi di noi non è stato almeno una volta a Budapest, a visitare il Parlamento, architettonicamente simile a Westminster, sulle rive del Danubio? Chi di noi non ha mai ascoltato il Barbablù di Béla Bartók? Ecco, quell'Ungheria che ricordiamo, che abbiamo conosciuto, che conosciamo, oggi è a rischio. Vi si è instaurato un regime che definire filonazista non è esagerato, un regime che sta conducendo epurazioni razziali e politiche nelle strutture dello Stato e della società. È in corso un censimento degli ebrei e dei rom e vi è il totale e ferreo controllo dei mezzi di informazione e delle autorità indipendenti da parte del Governo.
Chiedo di conseguenza ai Ministri competenti cosa sappiano di questa situazione, se abbiano chiesto spiegazioni all'ambasciatore ungherese, se in sede di Unione europea siano in corso procedure di controllo e di sanzione come fu per l'Austria ai tempi di Haider. L'Europa infatti non può permettersi di coltivare un bubbone razzista e nazista proprio mentre sta faticosamente costruendo quell'unità economica, insieme alla politica e ai diritti. Spero ovviamente, grazie al suo interessamento, di aver presto risposte adeguate su tutte e tre le interrogazioni che ho presentato.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, e Pag. 35alle ore 16 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 13,40, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e il Ministro della salute.

(Misure a sostegno del settore agricolo colpito dalla crisi economico-finanziaria - n. 3-01800)

PRESIDENTE. L'onorevole Ruvolo ha facoltà di illustrare per un minuto la sua interrogazione n. 3-01800, concernente misure a sostegno del settore agricolo colpito dalla crisi economico-finanziaria (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

GIUSEPPE RUVOLO. Signor Presidente, signor Ministro, abbiamo voluto presentare questa interrogazione per mettere in evidenza - ove ce ne fosse bisogno - la difficoltà ed il disagio delle imprese agricole italiane in ordine soprattutto a questa gravissima crisi finanziaria che si è abbattuta con violenza sul Paese, ma soprattutto sulle imprese agricole, creando ancora notevoli difficoltà e ulteriori disagi al settore.
Noi pensiamo che sia fondamentale ridare la competitività al sistema agricolo mediante una vera e nuova strategia e soprattutto per consentire, al di là dell'importanza che riveste la politica agricola comunitaria, che a livello nazionale vengano fatte delle scelte con provvedimenti urgenti in ordine soprattutto all'accesso al credito e un immediato...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ruvolo. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Francesco Saverio Romano, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'interrogazione cui mi accingo a rispondere riguarda gli interventi a sostegno della competitività delle imprese agricole. Al riguardo vorrei richiamare la vostra attenzione su alcune delle iniziative assunte dal mio Dicastero a sostegno del settore agricolo, soprattutto per quanto concerne lo snellimento delle procedure di erogazione dei fondi comunitari messi a disposizione al nostro Paese e che hanno riguardato il periodo 2007-2013. In particolare, per alleviare le difficoltà finanziarie in cui si trovavano gli agricoltori (in molti casi aggravate anche da condizioni meteorologiche particolarmente avverse), mi sono attivato presso la Commissione europea affinché gli aiuti relativi ai pagamenti diretti potessero essere erogati in anticipo rispetto alla data del 1o dicembre già fissata con regolamento dell'Unione europea.
Grazie a questa iniziativa, a partire dal 16 ottobre 2011 potranno essere versati anticipi agli agricoltori fino ad un massimo del 50 per cento dei pagamenti diretti alle loro spettanze per le domande presentate nel 2011 con due mesi di anticipo rispetto ai tempi previsti. Inoltre, in collaborazione con il Ministero dell'economia e delle finanze è in fase di definizione un provvedimento di facilitazione all'accesso al credito da parte degli agricoltori, grazie alla possibilità di cessione, a degli istituti finanziari, di crediti vantati nei confronti dell'Unione europea.
Per quanto riguarda il comparto ortofrutticolo, al prossimo comitato di gestione OCM unica a Bruxelles verrà adottato il regolamento con il quale sarà aumentato Pag. 36del 50 per cento circa il prezzo del ritiro di pesche nettarine a valere dallo scorso 19 luglio.
Per quanto riguarda il settore vitivinicolo, nel programma nazionale di sostegno, cui annualmente sono destinati appositi fondi comunitari, sono state inserite numerose misure che concorrono a sostenere e promuovere il settore. Tra queste la promozione dei vini sul mercato dei Paesi terzi merita particolare attenzione. L'intervento permette, infatti, di sostenere le esportazioni di vini italiani attivando misure di informazione e di promozione con particolare attenzione alle piccole realtà e a quelle con determinate situazioni di disagio. Nell'ultima annualità 2011 sono stati destinati a tale misura oltre 45 milioni di euro e si prevede di destinarne oltre 80 milioni nel 2012. Sempre per favorire lo sviluppo del settore vitivinicolo circa 115 milioni di euro (annualità 2011) sono stati destinati alla ristrutturazione e alla riconversione dei vigneti; 15 milioni di euro alla misura degli investimenti e 25 milioni di euro alle assicurazioni agevolate.

PRESIDENTE. Signor Ministro, la prego di concludere.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Concludo. Quanto ai programmi di sviluppo rurale, che rappresentano il principale strumento di sostegno alla competitività delle imprese, alla salvaguardia dell'ambiente e alla diversificazione economica delle aree rurali, il 31 agosto 2011 le regioni italiane avevano speso 5,1 miliardi di fronte a 17,6 miliardi. In questo caso ci siamo attivati e ci stiamo attivando anche con l'Ismea (il nostro braccio operativo) con un Fondo di garanzia già operativo per fare in modo che questi ulteriori finanziamenti non vengano dispersi.

PRESIDENTE. L'onorevole Ruvolo ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE RUVOLO. Signor Presidente, tengo molto alla replica per una ragione semplicissima, in quanto non ho avuto il tempo di poter esporre compiutamente la mia interrogazione a risposta immediata.
Intanto, ringrazio il Ministro per il dettaglio della risposta. È una buona speranza per gli agricoltori italiani. Tuttavia, vorrei sottolineare al signor Ministro che vi è l'esigenza immediata di mettere in moto tutte le procedure, affinché vengano riscossi i contributi dovuti da Agea e per dare la possibilità a coloro i quali, magari per un dettaglio inutile, burocratico, si sono visti bloccare migliaia e migliaia di pratiche, così evitando di dare una risposta concreta ai nostri agricoltori e alle nostre imprese agricole.
La raccomandazione, ancora una volta, è quella di sbloccare tutte le risorse che sono a disposizione per le imprese agricole per dare loro una boccata di ossigeno.

(Iniziative volte a tutelare gli operatori del comparto della pesca penalizzati dall'attuale fermo biologico previsto dalla normativa comunitaria - n. 3-01801)

PRESIDENTE. L'onorevole Callegari ha facoltà di illustrare l'interrogazione Reguzzoni n. 3-01801, concernente iniziative volte a tutelare gli operatori del comparto della pesca penalizzati dall'attuale fermo biologico previsto dalla normativa comunitaria (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

CORRADO CALLEGARI. Signor Presidente, signor Ministro, a fronte della necessità di preservare e ripopolare la flora e la fauna acquatica, in esecuzione del regolamento comunitario del 2006, è stato disposto, anche per il corrente anno, il fermo biologico che stabilisce, da Trieste a Bari, un periodo di arresto temporaneo alle attività di pesca di 60 giorni, decorrente dallo scorso 1o agosto.
Nonostante il fermo obbligatorio in moltissime località della costa adriatica si trovano giornalmente quantitativi considerevoli di pesce fresco proveniente dalla vicina costa dalmata, catturato dai pescherecci Pag. 37croati non tenuti, ovviamente, al rispetto del lungo periodo di pausa imposto agli operatori italiani.
Intervengo per sapere di quali elementi disponga il Ministro in relazione ai fatti espressi in premessa e se non si ritenga opportuno intervenire nelle competenti sedi comunitarie, affinché gli sforzi degli operatori italiani non vengano vanificati dal maggior impegno di pesca dimostrato da flotte straniere che operano nello stesso mare chiuso e che, tuttavia, non sono assoggettate alle regole, particolarmente restrittive, imposte dall'Unione europea a salvaguardia degli ambienti marini.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Francesco Saverio Romano, ha facoltà di rispondere.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, il fermo biologico costituisce una misura da numerosi anni applicata nei mari italiani al fine di tutelare le risorse biologiche in attuazione della politica europea che, nell'ottica di realizzare uno sviluppo sostenibile delle risorse, esige che lo sfruttamento delle stesse tenga conto del loro ciclo vitale e che il tasso di prelievo non superi la loro capacità di rinnovarsi.
Ritengo doveroso precisare che questa amministrazione si è sempre preoccupata di assicurare, con fondi nazionali o comunitari secondo le disponibilità recate, la cessazione dell'attività di pesca, volta a garantire la conservazione delle risorse acquatiche, e che essa fosse collegata a misure sociali di accompagnamento per i marittimi e al ristoro del mancato introito reddituale dell'attività di pesca. In riferimento al 2011, proprio al fine di sostenere il settore ittico che in questo periodo di crisi congiunturale presenta, in maniera particolare, effetti economici negativi, abbiamo previsto l'erogazione di un ristoro, che è stato valutato complessivamente in 22 milioni di euro, sia agli armatori sia agli imbarcati, garantendo loro l'erogazione del trattamento di cassa integrazione guadagni in deroga a copertura dell'intero periodo di interruzione temporanea obbligatoria.
Riguardo ai noti episodi di consistente presenza di pesce fresco proveniente dalla costa dalmata nei mercati ittici italiani, non si può non tener conto del fatto che l'adesione della Croazia all'Unione europea sarà definitivamente conclusa, verosimilmente, il 1o luglio 2013. Pertanto, i penetranti vincoli, di cui sono soggetti gli operatori italiani del comparto ittico, purtroppo non si applicano compiutamente ai pescherecci croati. Sul punto vorrei osservare che la questione è già all'attenzione della Commissione europea la quale ha chiuso, nel giugno 2011, il capitolo inerente la pesca sul negoziato di adesione della Croazia all'Unione europea. Al riguardo, l'Unione europea ha sottolineato che presterà particolare attenzione al controllo dell'applicazione di tutti i criteri richiesti sul dossier della pesca, per il quale la Croazia dovrà assicurare un'adeguata capacità amministrativa per vigilare sulle ispezioni e adempiere agli obblighi di controllo nell'ambito della politica comune della pesca, anche per verificare l'allineamento dell'uso delle reti tradizionali con quelle consentite dalle norme comunitarie. Pertanto, stante il perfezionamento in corso nella procedura diretta all'ingresso della Croazia nell'Unione europea, con i relativi passaggi istituzionali da rispettare e gli equilibri politico-economici da preservare, vorrei rassicurare gli onorevoli interroganti che provvederemo a sottoporre la questione in seno ai competenti organi comunitari ed internazionali, tra cui in primis la Commissione generale della pesca per il Mediterraneo di cui l'Italia ha la presidenza.
In tale contesto, l'obiettivo prioritario consisterà nel definire una politica della pesca che tenga conto della riproduzione e dell'accrescimento delle risorse ittiche all'intero bacino dell'Adriatico per un più razionale sfruttamento delle risorse e una corretta competizione tra gli Stati rivieraschi di questo bacino.

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PRESIDENTE. L'onorevole Callegari ha facoltà di replicare.

CORRADO CALLEGARI. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio per l'attenzione che sta dedicando a questo delicato settore. Le chiedo ancora comunque, ovviamente in sede comunitaria, di fare maggiori pressioni perché, ancora prima dell'entrata nel 2013 della Croazia nell'Unione europea, cominci ad esserci un comportamento corretto, anche se non vincolato da normative, da parte di questo Stato.
Come anche lei ha detto, la ricostituzione degli stock ittici specialmente in alcune aree come il bacino dell'alto Adriatico, dove per alcune specie marine il prelievo è arrivato a coincidere con il massimo della loro riproduttività biologica, è di vitale importanza non solo per lo sfruttamento sostenibile delle risorse acquatiche, ma anche per il futuro degli operatori del comparto ittico.
Con l'occasione, mi preme in ogni caso fare una raccomandazione: in alcune zone, come quelle lagunari, dalle quali provengo, un segmento estremamente importante dell'economia territoriale è rappresentato dalla piccola pesca la cui attività risulta gravemente compromessa dall'attuazione di un fermo pesca continuativo di sessanta giorni a causa delle migrazioni delle specie bersaglio dalle aree interne verso l'alto mare. Tale criticità potrebbe tuttavia risolversi con una diversa modulazione dei giorni di arresto obbligatorio.
Ciò detto, la ringrazio e sono fiducioso che magari, entro fine anno, con la Croazia si possa avviare un percorso costruttivo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Misure a tutela dell'occupazione e delle attività produttive del settore della pesca - n. 3-01802)

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01802, concernente misure a tutela dell'occupazione e delle attività produttive del settore della pesca (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor Ministro, il settore della pesca largamente inteso riveste un'importanza economica molto significativa sia per il numero delle imprese - circa 26.000 - sia per il numero degli occupati - circa 60.400 addetti all'attività di pesca e ai servizi connessi - poco più del 6 per cento degli occupati in agricoltura, silvicoltura e pesca. La produzione nel nostro Paese è di 478 mila tonnellate nel 2010 - una produzione stimata da Ismea - a fronte di 923 mila tonnellate di prodotto importato. Il sistema della pesca - come evidenziato nell'interrogazione - è attraversato da una grande crisi, occorre pertanto un'attenzione più forte.
Noi vorremmo sapere da lei e dal suo Ministero quali provvedimenti intendano adottare in questa grave situazione di crisi (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Francesco Saverio Romano, ha facoltà di rispondere.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli interroganti, ritengo opportuno evidenziare che negli ultimi anni la quantità di prodotto ittico acquistata dai consumatori italiani è aumentata del 13 per cento rispetto ad un aumento del solo 4 per cento del complesso delle produzioni agroalimentari. In particolare, rispetto all'aumento della domanda di prodotto, vi è stata una contrazione del numero degli operatori e delle imbarcazioni. Ciò ha determinato la necessità di acquisire sempre maggiori quantità di prodotto proveniente dall'estero, soprattutto quello proveniente dai Paesi extraeuropei, che ha costi ben più contenuti ed è presente in grande quantità tutto l'anno anche in considerazione delle caratteristiche di Pag. 39questi mari nonché dei sistemi di pesca, spesso meno selettivi di quelli italiani, come sono imposti dalla normativa comunitaria.
Inoltre, occorre evidenziare le peculiarità del settore della pesca in Italia, che è caratterizzato da una frammentazione delle attività di pesca in una miriade di piccole imprese con scarsa redditività, il cui sviluppo è fortemente condizionato da una penetrante normativa comunitaria volta a ridurre lo sforzo di pesca al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile.
Al riguardo faccio presente che lo sviluppo della competitività delle imprese nazionali costituisce un obiettivo prioritario dell'azione del mio Dicastero.
In particolare, al fine di intraprendere questa iniziativa a tutela delle attività produttive del settore pesca del prodotto nazionale, con il prossimo Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura si intendano prevedere specifiche misure di sostegno e di sviluppo attualmente in fase di definizione anche attraverso appositi confronti con le associazioni di settore e le organizzazioni sindacali di categoria proprio per realizzare un effettivo rilancio competitivo del settore.
Peraltro lo sforzo dell'amministrazione è volto all'incentivazione del ruolo multifunzionale dell'impresa pesca, cercando di accelerare lo sviluppo delle attività connesse quali l'ittiturismo e il pescaturismo. Inoltre, al fine di tutelare il prodotto ittico made in Italy, intendiamo ampliare gli obiettivi della strategia di comunicazione e promozione in funzione delle esigenze di adattamento del mondo della pesca italiana alle norme e ai regolamenti nazionali.
La strategia di comunicazione verrà adeguata in un contesto in evoluzione corroborato quindi da numerosi elementi già precedentemente individuati e ancora oggi particolarmente rilevanti: il sostegno all'immagine del settore, la valorizzazione degli aspetti sociali, economici, occupazionali e culturali propri della pesca italiana, la valorizzare dei prodotti ittici di qualità, del prodotto fresco, dei prodotti di acquacoltura, l'incremento dell'informazione circa le specie ittiche meno commercializzate e volte a promuoverne il consumo, valorizzazione dei prodotti ittici provenienti da attività di pesca sostenibili, sensibilizzazione dell'opinione pubblica in generale ed in particolare degli operatori del settore sull'importanza e il rispetto delle specie protette, valorizzazione della qualità dei prodotti dell'acquacoltura italiana con una particolare attenzione al rapporto fra acquacoltura e ambiente.
Infine, in attuazione del nuovo regime europeo di controllo della pesca teso ad assicurare il rispetto delle norme della politica comune della pesca lungo l'intera filiera - ovvero dal peschereccio al venditore - i controlli svolti dagli organi preposti continueranno ad essere effettuati in mare ma saranno rafforzate le verifiche a terra. A tal riguardo preciso che sono in corso di adozione norme applicative del regolamento (UE) n. 404/2011 entrato in vigore il 7 maggio 2011 che reca norme e istituisce il controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca stessa.

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di replicare.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor Ministro, stando alle sue parole noi avremmo un quadro molto più sereno di quello che consta alla nostra forza politica perché le indicazioni di progetto che lei ha fornito sono tutte condivisibili ma l'attuale situazione è di profonda crisi. Cosa ci saremmo aspettati noi? In primo luogo un'attenzione più forte che avesse portato anche con lo strumento della Conferenza Stato-regioni ad individuare delle misure urgenti per far fronte alla diminuita capacità reddituale di quelle migliaia di pescatori, che hanno la frammentazione che lei ha ricordato, e che non hanno la possibilità di far fronte alla loro esistenza vitale, avremmo quindi voluto il riconoscimento dello stato di crisi. In secondo luogo, un rilancio del programma triennale della pesca. Abbiamo visto che le risorse lì sono diminuite, non sono state Pag. 40incrementate, e questo è un altro elemento che contrasta profondamente con quanto lei ha detto sull'attenzione che il Ministero avrebbe rispetto alla pesca. In ultimo, la nostra flotta peschereccia ha gravissimi problemi e lei lo sa benissimo perché vive in un contesto in cui affronta sicuramente quotidianamente queste questioni e queste tematiche.
Vorremmo, anche attraverso le misure economiche che il Governo sta approntando, un rilancio del settore proprio per quella qualità di made in Italy, quella riconoscibilità che azioni adeguate di promozione potrebbero fare del nostro prodotto anche in una competizione globale che rispetto ad altri attori e altri protagonisti veda riconosciuta la specificità e la bontà del nostro prodotto ittico.
Quindi non posso dichiararmi ovviamente soddisfatto della sua risposta soprattutto perché ci auguriamo e auspichiamo che anche le regioni con il Ministero individuino una risposta di oggi e non per domani (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

(Chiarimenti in ordine al ritardo nell'approvazione del provvedimento recante indennizzi a favore di coloro che hanno contratto malattie a causa di una trasfusione di sangue - n. 3-01803)

PRESIDENTE. L'onorevole Palagiano ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01803, concernente chiarimenti in ordine al ritardo nell'approvazione del provvedimento recante indennizzi a favore di coloro che hanno contratto malattie a causa di una trasfusione di sangue (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, signor Ministro, siamo ancora in Aula a parlare degli emodanneggiati, cioè di quei cittadini che hanno contratto malattie molto gravi come l'Aids o l'epatite C in seguito a una trasfusione di sangue infetto, a un vaccino obbligatorio contaminato o alla somministrazione di un emoderivato.

Si tratta di un errore di Stato e lo Stato ha il dovere di risarcire questi cittadini.
Ricordo soltanto che si tratta di 2605 vittime, cioè di cittadini che sono morti per fare una vaccinazione di Stato. Lo Stato ha il dovere di intervenire.
Il nodo da sciogliere è quello di risarcire altri settemila cittadini malati.
Lei sa bene che il provvedimento era pronto il 5 maggio scorso in Consiglio dei Ministri e adesso è stato fatto slittare a data da destinarsi.
Con questa interrogazione l'Italia dei Valori chiede al Ministro della salute quali siano le misure che il Governo adotterà per questi cittadini e quando si sbloccherà la situazione degli indennizzi.

PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Ferruccio Fazio, ha facoltà di rispondere.

FERRUCCIO FAZIO, Ministro della salute. Signor Presidente, onorevole Palagiano, il Ministero della salute ha seguito con attenzione e convincimento questa tematica e, infatti, ha predisposto lo schema del provvedimento d'urgenza finalizzato proprio ad attribuire un indennizzo straordinario rateizzato ai soggetti che avevano presentato istanza entro il 19 gennaio 2010.
Questo schema è stato esaminato dal Consiglio dei Ministri, come ha accennato l'onorevole Palagiano, il 5 maggio 2011 e il Consiglio ha ritenuto di rinviare la decisione definitiva a seguito di un approfondimento di aspetti tecnici.
Questi aspetti tecnici si riferiscono non tanto al contenuto in sé del provvedimento, ma alla valutazione di impatto più complessivo, cioè alla possibilità che ulteriori soggetti, non inclusi nella platea oggetto del provvedimento stesso, richiedano l'erogazione dell'indennizzo straordinario in questione, invocando criteri di analogia ed equità, innescando quindi un processo di tipo emulativo con possibili e rilevanti conseguenze finanziarie a carico del bilancio dello Stato.
Tuttavia, poiché sulla sostanza il Governo è deciso in questa direzione, un altro motivo per così dire tecnico di rinvio Pag. 41del decreto è stata l'ipotesi di inserire il provvedimento nella manovra, ipotesi che successivamente non ha trovato realizzazione. Poiché gli ultimi Consigli dei Ministri sono stati sostanzialmente dedicati alla manovra stessa, il decreto in questione verrà calendarizzato in una delle prossime riunioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Palagiano ha facoltà di replicare.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, Ministro, non ho parole. Lei ha parlato di approfondimento di aspetti tecnici. Il quesito che le ho posto riguardava proprio i tecnicismi per cui il Governo blocca questi fondi e lei mi risponde che state ancora approfondendo questi aspetti tecnici, perché potrebbero esserci altre persone.
Avete fatto un censimento e il Governo ha censito 7365 persone: cominciate a risarcire queste, perché ciò vuol dire che avete a cuore la salute degli emodanneggiati.
Credo che il vostro disinteresse sia stato già tracciato dalle azioni del Governo, perché lei sa bene che l'articolo 11 della manovra finanziaria del 2010 ha decurtato proprio gli interessi dell'assegno quindicennale che era previsto per gli emodanneggiati. Quindi, lei non mi ha risposto, signor Ministro.
Credo che uno Stato che si rispetti, nel momento in cui obbliga un cittadino a fare una vaccinazione o mette in commercio sostanze contaminate, l'albumina, il sangue, debba risarcire chi, avendo bisogno di una trasfusione di sangue per un incidente o perché talassemico, contragga un'infezione assumendo un prodotto che voi avete liberalizzato.
È finito il tempo in cui lo Stato continua ad accanirsi sulle fasce più deboli. Credo che un compito della sanità, il compito che lei signor Ministro ha, sia quello di occuparsi delle persone più fragili e più deboli, delle persone che adesso hanno bisogno di aiuto, perché devono sostenersi, devono curarsi adeguatamente, far fronte agli impegni delle famiglie e uscire da quel ghetto in cui sono state purtroppo cacciate dopo aver contratto una malattia grave come l'AIDS. Credo che questo sia un dovere.
Signor Ministro, non dico che lei abbia la colpa di ciò che è accaduto, ma lei ha il dovere di intervenire e di fare qualcosa per queste persone che sono state colpite così ingiustamente.
Quindi, le chiedo davvero di mettersi la mano sulla coscienza e di spingere affinché non solo non ci siano ipotesi future, ma effettivamente si riesca a trovare i fondi per risarcire immediatamente queste persone, che giustamente rivendicano il loro diritto.

(Iniziative volte a rivedere la tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti e del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità - n. 3-01804)

PRESIDENTE. L'onorevole Ginefra ha facoltà di illustrare l'interrogazione Boccia n. 3-01804, concernente iniziative volte a rivedere la tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti e del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

DARIO GINEFRA. Signor Presidente, signor Ministro, l'articolo 138 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, ha previsto la predisposizione di una specifica tabella per la quantificazione delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra i 10 e i 100 punti in materia di assicurazioni private e si è istituita una commissione presso il suo Ministero, che, da quello che apprendiamo, ha concluso il suo iter il 3 agosto 2011.
Da quanto si apprende, la decisione derivante dai lavori di questa commissione prevede un ribasso di circa il 50 per cento dei valori risarcitori, che dunque risultano di gran lunga inferiori a quelli previsti dal tribunale di Milano, punto di riferimento sino ad ora in materia risarcitoria. Pag. 42
Ecco perché insieme al primo firmatario, il collega Boccia, e al collega Vico le chiediamo se il Governo intenda evitare l'ingiusta penalizzazione di migliaia di famiglie che hanno già subito gravissimi danni, ritirando questo provvedimento e ridefinendo la posizione del Ministero.

PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Ferruccio Fazio, ha facoltà di rispondere.

FERRUCCIO FAZIO, Ministro della salute. Signor Presidente, come è noto e come l'onorevole interrogante sa, il provvedimento è finalizzato a garantire in modo uniforme, con un'unica tabella valida per l'intero territorio nazionale, i risarcimenti dei danni in sede assicurativa RC Auto. Quindi, l'obiettivo è proprio quello di stabilire dei criteri risarcitori certi, uniformi, adeguati e sostenibili e di dare maggiore certezza ai diritti spettanti ai danneggiati, evitando anche sperequazioni e differenze territoriali ed evitando incertezze e incrementi che poi si tradurrebbero, inevitabilmente, in aumenti dei prezzi delle assicurazioni.
Voglio sottolineare che in Italia la percentuale di sinistri con danni alla persona è crescente negli ultimi anni: nel 2009 è arrivata al 21,8 per cento rispetto al totale dei sinistri, a fronte di una media europea valutata intorno al 10 per cento. Il costo totale dei risarcimenti nel 2010 in Italia è stato di 14 miliardi di euro. Questo provvedimento, che è stato atteso e sollecitato dal Forum dei consumatori, di cui fanno parte otto delle associazioni che sono più rappresentative, si basa sul presupposto che sia una delle misure che possano contribuire alla riduzione delle tariffe.
Il Ministero della salute ha aspetti regolatori da questo punto di vista, mentre gli importi della tabella unica nazionale sono stati stabiliti dal Ministero dello sviluppo economico, come sicuramente l'onorevole sa, e saranno comunque aggiornati annualmente con decreto dello stesso Ministero.

PRESIDENTE. L'onorevole Ginefra ha facoltà di replicare.

DARIO GINEFRA. Signor Presidente, dico immediatamente al Ministro Fazio che non siamo soddisfatti della sua risposta. L'elaborazione della tabella unica per la quantificazione del danno biologico per lesioni di non lieve entità - di questo stiamo parlando - costituisce un drammatico arretramento della tutela dei diritti dei cittadini. Lei ha fatto richiamo a quelle che sono state le istanze dei movimenti dei consumatori: avrà sicuramente appreso l'insoddisfazione di questi movimenti per le risultanze dei lavori della commissione.
Con il lavoro che la giurisprudenza aveva fatto, corroborato dal parere della Suprema Corte, che, da ultimo, il 7 giugno 2011, con la sentenza n. 12408, aveva definito equitativamente congruenti i parametri che erano stati via via formulati dal tribunale di Milano, si era raggiunto un punto di quantificazione del risarcimento del danno che poi era stato preso come punto di riferimento in tutta Italia.
Sappiamo, come lei ha ricordato, che l'impegno a definire in una tabella unica il punto di riferimento su tutto il territorio nazionale appartiene a quello che è il Codice delle assicurazioni e agli impegni che il legislatore aveva assunto, però non possiamo non considerare che, da un lato, si dichiara di voler tutelare le vittime della strada, inasprendo pene o prevedendo nuove fattispecie di reato (si ricorderà il lavoro che abbiamo fatto anche in fase di ridefinizione del Codice della strada negli scorsi mesi), dall'altro, con questo provvedimento, si decide di dimezzare i risarcimenti in favore delle vittime.
Signor Presidente, voglio fare un'ultima considerazione: signor Ministro, la nostra preoccupazione nasce anche dal fatto che questa sarà l'unica tabella che il legislatore individuerà come riferimento per la quantificazione del risarcimento del danno.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DARIO GINEFRA. La nostra preoccupazione è che, oltre a favorire un sistema di assicurazioni che finora non ha dato segnali di disponibilità al consumatore, parliamo di un'ipotesi di riduzione delle tariffe...

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PRESIDENTE. La prego di concludere.

DARIO GINEFRA. Un secondo solo, signor Presidente.

PRESIDENTE. Onorevole Ginefra, lei sa che i tempi sono rigidissimi. La ringrazio. Siamo in diretta e, quindi, abbiamo tempi rigidissimi.

(Elementi in merito alla vicenda di un'infermiera del reparto di neonatologia del policlinico Gemelli di Roma risultata affetta da tubercolosi e iniziative relative alla tutela della salute dei pazienti - n. 3-01805)

PRESIDENTE. L'onorevole Angela Napoli ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-01805, concernente elementi in merito alla vicenda di un'infermiera del reparto di neonatologia del policlinico Gemelli di Roma risultata affetta da tubercolosi e iniziative relative alla tutela della salute dei pazienti (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, onorevole Ministro, il caso dell'infermiera, denunciato dallo stesso policlinico Agostino Gemelli di Roma il 18 agosto 2011, è un caso che, a tutt'oggi, manca assolutamente di chiarezza.
Sono ancora notizie odierne, attraverso una conferenza stampa, le novità che emergono da questa situazione.
Qualcuno denuncia la malattia dell'infermiera segnalata fin dal 2004, qualche altro parla di un periodo anteriore, qualcuno parla di malattia del marito dell'infermiera, qualche altro di situazione igienica interna allo stesso policlinico.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANGELA NAPOLI. Allora, chiedo di conoscere quali sono i provvedimenti assunti dal suo Ministero.

PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Ferruccio Fazio, ha facoltà di rispondere.

FERRUCCIO FAZIO, Ministro della salute. Signor Presidente, onorevole Angela Napoli, rispondo anche a seguito di un approfondimento avvenuto oggi in una lunga riunione congiunta tra Ministero e unità di coordinamento regionale con la presidente Polverini.
Venerdì 29 luglio scorso è stato notificato alle ASL competenti un caso di Tbc polmonare in un infermiera in servizio fino al 25 luglio presso il nido del reparto di neonatologia del Gemelli.
Lunedì 1o agosto - quindi da venerdì 29 luglio a lunedì 1o agosto - la ASL Roma 3 ha eseguito una visita di ricognizione nei locali del nido del Gemelli che sono stati ritenuti idonei, dopodiché ha avviato un'indagine sui livelli di esposizione dei neonati.
Successivamente ha istituito un'unità di crisi, che ha individuato come periodo per l'attività di controllo i nati dal 1o gennaio al 28 luglio 2011, ha definito un protocollo operativo e le modalità di reclutamento e controllo.
Martedì 16 agosto è partita la procedura di contatto.
Giovedì 18 agosto la presidente della regione Lazio, Polverini, ha riassorbito l'unità di crisi della ASL nell'unità di coordinamento regionale.
Complessivamente i bambini coinvolti dall'indagine sono 1.708. Ad oggi ne è stato contattato il 95 per cento, 1.621. Dei 1.415 soggetti già sottoposti al test quantiferon l'8,6 per cento è risultato positivo, quindi, sotto quello che è l'indice di bassa incidenza della Tbc nei Paesi sviluppati.
Tutti i bambini positivi al test quantiferon sono stati sottoposti al test della tubercolina con tecnica di Mantoux e alla radiografia del torace. Entrambi i test sono risultati negativi.
Quanto alla neonata malata di Tbc, nata nel marzo 2011, ricoverata il 18 luglio al Bambino Gesù e dimessa ieri, è in corso di valutazione un'eventuale correlazione con l'episodio dell'infermiera infetta. Pag. 44
La novità è che in letteratura sono descritti solo tre casi simili: uno accaduto negli Stati Uniti, nel 2003, relativo a 613 pazienti coinvolti, uno accaduto in Canada, nel 2004, con due soli pazienti e uno accaduto in Giappone, nel 2006, con cento pazienti coinvolti. L'episodio verificatosi al Gemelli è, quindi, da considerarsi un evento del tutto nuovo per l'Italia, anzi per l'Europa.
In considerazione di questo, premesso che è in corso un'indagine della magistratura che verificherà eventuali responsabilità, è opinione del Governo che l'ospedale Gemelli, l'ASL di riferimento e la regione Lazio abbiano agito con prontezza e competenza. Questo in base alla considerazione che è stato prontamente esteso un protocollo operativo, è stato contattato, visitato e sottoposto al test entro un mese dalla prima esternazione della malattia il 95 per cento dei bambini coinvolti. Questo a fronte del 37 per cento dei bambini contattati e visitati entro due anni, non un mese, nel caso dell'episodio accaduto negli Stati Uniti nel 2003.

PRESIDENTE. L'onorevole Angela Napoli ha facoltà di replicare.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, signor Ministro, non posso assolutamente ritenermi soddisfatta dalla risposta offerta, non per qualche pregiudizio, ma perché dalla sua stessa risposta si tende a sottovalutare la drammaticità del problema.
Qui non è un problema di assoluzione né dell'ASL, né della regione, né del Ministero. Qui è un problema di verifica dei controlli che vengono fatti nei presidi ospedalieri sul personale che lavora all'interno degli stessi.
È inimmaginabile pensare che questa infermiera, ammalata dal 2004, sia stata messa in un reparto di neonatologia, dove quindi si sa benissimo che i neonati sono privi delle immunità necessarie. È stata assegnata a quel reparto, certamente, come si dice, da un determinato periodo ad un altro, ma in realtà qui stanno venendo fuori casi di test positivi anche antecedenti a quelli per i quali sono stati fatti gli accertamenti. Per esempio, di oggi è la denuncia di un test positivo per un nato nel dicembre 2010.
Allora qui il problema, al di là degli interventi della magistratura, che sono indispensabili e che daranno le dovute soluzioni, sta nei provvedimenti di controllo, che a mio avviso non possono più, signor Ministro, essere legati solo al caso singolo.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Angela Napoli.

ANGELA NAPOLI. Io approfitto di questa occasione per sollecitare lei, come Ministro, a sollecitare, a sua volta, le regioni perché provvedano sui controlli dello stato di salute di tutto il personale che opera nei presidi ospedalieri (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

(Iniziative di competenza in merito ai recenti casi di positività al test della tubercolosi verificatisi al policlinico Gemelli di Roma - n. 3-01806)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Virgilio ha facoltà di illustrare l'interrogazione Baldelli n. 3-01806, concernente iniziative di competenza in merito ai recenti casi di positività al test della tubercolosi verificatisi al policlinico Gemelli di Roma (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, signor Ministro, mi ricollego all'interrogazione della collega Angela Napoli su questa infermiera, che si è scoperto - e non è vero assolutamente - dal 2004 affetta da tubercolosi polmonare.
Ora, innanzitutto, bisogna dire una cosa, ovvero che la regione Lazio si è mossa tempestivamente e la presidente Polverini ha istituito quest'unità di crisi, come lei ha sottolineato. Tale unità di crisi ha facilitato, con la collaborazione delle famiglie, il controllo su questi bambini. Ad oggi mi risulta che 1.415 bambini sono Pag. 45stati controllati e solo 122 sono risultati positivi al test della tubercolina. Tale positività non significa affatto - e chi si occupa di questo problema lo sa - malattia, ma avvenuto contatto con il germe.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Di Virgilio.

DOMENICO DI VIRGILIO. Ora il problema è la prevenzione e, quindi, le chiedo quali provvedimenti in questo senso il suo Ministero ha attuato e cosa intende fare per tutelare la salute dei cittadini, in particolare delle fasce più deboli, perché questi episodi non si ripetano più.

PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Ferruccio Fazio, ha facoltà di rispondere.

FERRUCCIO FAZIO, Ministro della salute. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Di Virgilio e colgo anche l'occasione per rispondere ad alcuni quesiti, a cui appunto, per motivi di tempo, non è stato possibile rispondere durante l'interrogazione dell'onorevole Angela Napoli.
Allora, anzitutto, in merito alla vicenda del Gemelli, che è stata ricostruita prima, vorrei affermare che non esiste un'emergenza tubercolosi nel nostro Paese. In Italia l'incidenza della malattia è stata nel 2009 di sette casi per 100 mila residenti (4.200 casi in totale), sotto il valore che indica i Paesi a bassa prevalenza, ovvero meno di dieci casi per 100 mila abitanti, e questo dato è stabile da molti anni.
In particolare poi, anche in base agli elementi forniti dalla regione Lazio, ritengo di poter realmente rassicurare i genitori e le famiglie sul fatto che i bambini coinvolti - questa credo che sia la cosa più importante - e già sottoposti a profilassi non avranno conseguenze da questo evento. Credo sia forse la cosa principale da sottolineare, su cui ritengo che, però, tutti siano d'accordo.
Sullo specifico, anzitutto, l'infermiera si è ammalata formalmente il 28 luglio, perché non è che una malattia (l'ammalarsi di tubercolosi) è un'ipotesi: l'infermiera è formalmente ammalata dal 28 luglio di quest'anno, non dal 2004.

La positività al test non significa malattia e può avvenire anche in seguito a vaccinazione, questo è noto e fa parte dell'armamentario della medicina. Quanto ai controlli, il 23 agosto, a seguito del caso Gemelli, il Ministero della salute ha inviato una circolare alle regioni per ribadire e rafforzare misure di prevenzione e controllo della tubercolosi. Sottolineiamo l'importanza della sorveglianza nell'applicazione delle linee guida emanate dal Ministero della salute nel 1998 e aggiornate nel 2009 e condivise con tutte le regioni e anche un programma straordinario di educazione sanitaria e di formazione degli operatori ai diversi livelli. In queste linee guida vengono anche precisati, in conformità tra l'altro con le indicazione dell'Organizzazione mondiale della sanità, i criteri e i soggetti sui quali eseguire i test e ai quali somministrare il vaccino. Quindi, da questo punto di vista non c'è da inventarsi assolutamente niente, come è stato da alcuni riferito su agenzie di stampa. Ora, anche in seguito a questi episodi, stiamo predisponendo un nuovo documento di indirizzo che riguarda in particolare il tema delle strutture sanitarie - ancorché già ricompreso nelle linee guida come, se vengono lette attentamente, si può vedere - ivi compreso il settore della neonatologia, documento che sarà concordato con le regioni proprio per concordare al meglio e rendere più omogenei i piani e i programmi predisposti sulla base del Piano nazionale di prevenzione e in attuazione ed integrazione delle linee guida già emanate.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Virgilio ha facoltà di replicare.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Ministro, mi reputo assolutamente soddisfatto delle sue risposte. Intendo dire quindi che non c'è nessun allarmismo, ma neppure occorre essere eccessivamente superficiali e dire che nulla sia avvenuto. È importante comunicare alla popolazione e ai cittadini, come stiamo facendo, che positività al test della tubercolosi non significa essere malati, perché per tanti Pag. 46motivi si può essere positivi e che nessuno dei bambini esaminati si è ammalato. Occorre certamente un'attenta sorveglianza. Occorre ribadire che un terzo della popolazione mondiale ospita il microbatterio della tubercolosi e che in Italia questa malattia è in aumento: circa 5 mila casi l'anno o poco meno, come lei ha detto, vengono denunciati. Quindi, questi casi di tubercolosi latente vanno sorvegliati e richiamiamo l'attenzione degli operatori sanitari, delle regioni e dei medici perché ci sia un'attenta sorveglianza. Non è vero affatto che il vaccino mediante il bacillo BCG per la tubercolosi possa evitare questi casi di contagio, perché è dimostrato, come dice, e concordo con lui, il professore Aiuti, grande esperto in questo campo di malattie infettive, che i neonati sviluppano un'immunità già nelle prime settimane di vita, quindi questa vaccinazione è obbligatoria, secondo il decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 7 novembre 2001, per certe categorie a rischio ma certamente non modifica notevolmente la reazione immunologica di questi soggetti. Quindi, la ringrazio moltissimo e mi auguro che continui nel progetto di sorveglianza da lei attuato (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 15,45, è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Caparini, Cicchitto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Fava, Franceschini, Alberto Giorgetti, Giro, Lo Monte, Lucà, Milanato, Misiti, Moffa, Reguzzoni, Paolo Russo, Stucchi e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 16,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative per prevedere limiti di età alla partecipazione ai concorsi per ricercatori universitari - n. 2-01172)

PRESIDENTE. L'onorevole Mario Pepe (Misto-R-A) ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01172, concernente iniziative per prevedere limiti di età alla partecipazione ai concorsi per ricercatori universitari (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARIO PEPE (Misto-R-A). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, sarò brevissimo anche perché non amo il vaniloquio. Quando alcuni mesi fa discutemmo in quest'Aula il provvedimento di delega al Governo per migliorare l'efficienza del sistema universitario, ci chiedemmo le ragioni del male oscuro che da tempo turbava la vita interiore dei nostri atenei. Ci chiedemmo allora e ce lo chiediamo oggi perché i nostri atenei stanno scivolando verso gli ultimi posti delle classifiche internazionali. Ma di che cosa sta morendo il nostro sistema universitario? Signor sottosegretario, la risposta è semplice: l'università sta morendo di vecchiaia, sono vecchi i ricercatori, sono vecchi i professori, l'età media è 60 anni ed a 60 anni la mente non è più scientificamente fertile per produrre quella conoscenza, attraverso la ricerca, conoscenza che, poi, va trasmessa.
E, allora, da queste considerazioni nasce l'interpellanza, ma, soprattutto, dal fatto di aver appreso, attraverso gli organi di stampa, che il dottor Angelo Giuliani, Pag. 47un funzionario della ASL di Urbino, a 56 anni ha vinto un concorso per giovani ricercatori presso l'ateneo della medesima città di Urbino. Il rettore ha deciso di sospendere la proclamazione del vincitore. Perché? Perché fa questa considerazione: tra i principi ispiratori della legge n. 240 del 30 dicembre 2010, vi è la previsione di favorire i giovani ricercatori. Tuttavia, la norma, puntuale in merito, non prevede limiti di età. All'epoca, feci presente al Ministro e ai commissari della Commissione cultura del rischio che era presente e che consisteva, appunto, nel fatto che potevano partecipare anche soggetti avanti negli anni in possesso di altri lavori e, quindi, di questo concorso potevano approfittare, per esempio, i magistrati e pubblici funzionari facendo un doppio danno, un danno all'università in termini economici, perché portavano dietro di loro lo stipendio, e un danno perché toglievano il futuro ai giovani, i quali per anni sono stati tenuti lontano dall'università. Non dimentichiamo l'eclissi dei concorsi che è durata per ben 20 anni e molti dei nostri giovani sono stati costretti all'esilio. Allora, chiedo al sottosegretario se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per modificare quanto prima la disposizione che non pone limiti di età alla partecipazione ai concorsi per giovani ricercatori universitari ed evitare quello che già è successo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, l'istituzione e il funzionamento dei dottorati di ricerca nelle università sono disciplinati dall'articolo 4, comma 2, della legge n. 210 del 1998 e dal relativo regolamento emanato con decreto ministeriale n. 224 del 1999. Il citato articolo 4 è stato in parte modificato dall'articolo 19 della legge n. 240 del 2010 - tra gli altri, è stato soppresso l'obbligo per gli atenei di garantire che almeno il 50 per cento dei posti di dottorato banditi siano coperti da una borsa di studio -, ma nulla di nuovo è disposto in merito ai limiti d'età per la partecipazione alle procedure selettive di accesso. In applicazione delle norme e delle disposizioni regolamentari citate, il bando di istituzione e di attivazione del XXVI ciclo dei corsi di dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi di Urbino «Carlo Bo» ha espressamente stabilito che «possono presentare domanda di partecipazione al concorso di ammissione ai corsi di dottorato di ricerca (....) coloro che sono in possesso di diploma di laurea magistrale/specialistica, di laurea quadriennale/quinquennale (vecchio ordinamento) o di equipollente titolo accademico conseguito presso università straniere, previamente riconosciuto dal Collegio dei docenti».
La domanda di ammissione al corso di dottorato presentata dal dottor Angelo Giuliani è stata ritenuta regolare dai competenti uffici amministrativi e il candidato è stato ammesso alla partecipazione al concorso avendo tutti i requisiti richiesti per la partecipazione al medesimo; d'altronde, non sussistendo alcuna limitazione alla partecipazione al concorso legata all'età anagrafica del candidato, l'ateneo urbinate nell'emanare i bandi non poteva imporre limitazioni non previste, se non creando situazioni di disparità ed abusi. Per le medesime ragioni appena esposte non sussistono i presupposti per un intervento del Ministero nella vicenda in esame.
Quanto invece all'opportunità di assumere iniziative per un'eventuale modifica delle disposizioni che non pongono limiti di età alla partecipazione ai concorsi di dottorato, si rappresenta che nell'ambito della riforma della normativa del dottorato di ricerca di cui all'articolo 19 della legge n. 240 del 2010, l'apposito gruppo di esperti sta valutando l'opportunità di prevedere nuovi limiti temporali per l'accesso ai corsi di dottorato di ricerca, nella convinzione che nel mondo della ricerca è necessario introdurre forze giovani per ambire a contributi innovativi.

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PRESIDENTE. L'onorevole Mario Pepe (Misto-R-A) ha facoltà di replicare.

MARIO PEPE (Misto-R-A). Signor Presidente, evidentemente non sono soddisfatto: sarei stato soddisfatto se il Governo all'epoca avesse accolto il mio emendamento. Però il sottosegretario ha messo il dito su una piaga ben più grave, che è quella dei dottorati di ricerca. I dottorati di ricerca, signor sottosegretario, sono diventati terreno di conquista di magistrati, magistrati amministrativi, funzionari dello Stato, funzionari dei Ministeri, alti burocrati della Camera e del Senato. Perché? Perché è vero che lo stipendio di dottore di ricerca viene pagato con una quota caritatevole, però i magistrati, per una legge dello scivolamento, si portano dietro il loro stipendio di magistrato. Quindi significa che mettiamo a studiare dei giovani di 50-60 anni, togliamo il futuro ai nostri ragazzi e, se continuiamo di questo passo, nei prossimi anni noi vedremo i padri contro i figli, i padri che protestano contro i figli. Infatti, noi non possiamo sacrificare ancora per molti anni intere generazioni di giovani, i quali a 30 o 35 anni non riescono a prendere neanche un posto di dottorato di ricerca perché magari è stato preso dal magistrato di Caltanissetta, il quale non ama fare il magistrato e preferisce venire a Roma a fare il dottore di ricerca, pagato però come magistrato. Quindi, avremo fatto un danno alla giustizia e al futuro dei nostri giovani.

(Misure per assicurare adeguate risorse alle scuole dell'infanzia e alle scuole secondarie di primo grado nella regione Veneto - n. 2-01175)

PRESIDENTE. L'onorevole Rubinato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01175, concernente misure per assicurare adeguate risorse alle scuole dell'infanzia e alle scuole secondarie di primo grado nella regione Veneto (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, l'interpellanza urgente in esame è stata depositata da me e da un gruppo di colleghi il primo di agosto. Si trattava di un momento particolarmente delicato per la gestione della formazione degli organici della regione Veneto. La mia interpellanza poi guardava in particolare ad una delle situazioni più difficili della stessa regione Veneto, quella della provincia di Treviso. Nel frattempo poi sono intervenuti ulteriori provvedimenti e quindi nella mia illustrazione tengo conto della situazione attuale, che si è evoluta rispetto a quella del momento in cui ho presentato l'interpellanza urgente in esame.
La regione Veneto è caratterizzata da un aumento di cinque, seimila alunni, in media, ogni anno, per la scuola dell'obbligo, a partire dalla scuola dell'infanzia fino alla scuola secondaria di secondo grado. Con questi numeri, ogni anno in media di aumento, la regione Veneto si è trovata a fare i conti, per effetto della terza tranche di riduzioni di organico prevista dal decreto-legge n. 112 del 2008, con una chiusura dell'organico di diritto che ha evidenziato un taglio di 1398 posti, a fronte di quasi seimila alunni in più. Se è difficile fare le nozze con i fichi secchi figurarsi se è possibile avere una scuola di qualità senza un numero di insegnanti adeguato in rapporto al numero degli alunni. Certo che per la qualità della scuola non basta il numero degli insegnanti, occorre che siano bravi insegnanti, ma il numero sostenibile in rapporto alla popolazione scolastica è una precondizione necessaria ad una scuola di qualità. Lo stesso assessore per l'istruzione alla regione Veneto, Donazzan, a giugno, come ebbi a riportare nell'interpellanza urgente, dichiarò, in un'intervista rilasciata a Il corriere del Veneto di sentirsi trattata «come la figlia di un Dio minore, dimenticata ai confini dell'impero» da un Ministro, «l'amica Mariastella che per di più è del Popolo della Libertà, come me». In particolare l'assessore regionale ha dichiarato alla stampa: «informalmente mi è stato assicurato che a settembre avremo lo stesso organico di quest'anno ma ogni richiesta di una presa di posizione nera su bianco è rimasta finora lettera morta (...). Pag. 49Abbiamo un dirigente regionale a scavalco con il Friuli, il che è inammissibile pur con tutto il rispetto per il Friuli, e tre dirigenti provinciali ad interim in altrettante province. I concorsi per i presidi sono bloccati, mancano insegnanti ed anche il personale ATA è in affanno. Così - conclude - non ce la facciamo, la qualità della nostra scuola rischia di precipitare».
L'ufficio scolastico regionale ha comunicato al Ministero, a comprova di quanto dichiarato dall'assessore regionale, i seguenti dati quanto ai bisogni del territorio in relazione all'aumento della popolazione scolastica: per la scuola dell'infanzia la necessità di 52 posti in più, per la primaria di 65 posti in più, per la secondaria di primo grado di 139 posti in più e per la secondaria di secondo grado di 121 posti in più. Complessivamente 377 posti in più e questo lo dice lo stesso ufficio regionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
A fronte di tale situazione, ho presentato la presente interpellanza urgente. Ad oggi, pur dando atto di un aumento dei posti concesso dal MIUR e dello sforzo dell'ufficio scolastico regionale nella distribuzione dei posti disponibili dell'organico di diritto, la situazione è ancora in grave sofferenza. La scuola apre lunedì, dei 377 posti richiesti solo 150 sono quelli assegnati in più. Non sono state coperte 26 sezioni dell'infanzia. Su questo mi permetto una piccola digressione: il Veneto ha una specificità, che è quella di una rete di scuole dell'infanzia coperta per il 68 per cento dalle scuole dell'infanzia paritarie. È l'unica regione che ha questi numeri, 94 mila bambini dai tre ai sei anni, nella regione Veneto, trovano come offerta formativa della scuola dell'infanzia quella delle scuole paritarie.
In questo momento, per i tagli e per i ritardi nelle erogazioni dei finanziamenti - non hanno ancora visto un euro per l'anno scolastico già chiuso 2010-2011 - molte di queste scuole stanno paventando il rischio della chiusura. Qualcuna ha già chiuso. Per cui si pone pure il problema che, in una regione come il Veneto, a spese del bilancio dello Stato troviamo solo il 32 per cento dell'offerta delle scuole dell'infanzia paritarie, percentuale che ritroviamo capovolta in altre regioni d'Italia; la rete delle scuole dell'infanzia paritarie fa risparmiare tantissimo al Ministero, si calcola 500 milioni l'anno, perché i genitori si accollano il 60 per cento delle rette nelle scuole paritarie, rette che non sono coperte dai finanziamenti statali in modo integrale, e nemmeno dai comuni che pure danno una media di 400 euro di contributo annuale a bambino, né tantomeno dalla regione Veneto che dà una media di 150 euro all'anno.
Per cui comunque i genitori si sobbarcano il 60 per cento della retta. Questa è una iniquità che, aggiunta al fatto della crisi, della possibile chiusura di queste scuole perché sono in rosso, perché lo Stato paga in meno di quello che era dato in passato, aggrava la responsabilità del MIUR di non concedere ulteriori sezioni della scuola dell'infanzia in Veneto. Tutto ciò con un numero di bambini che cresce e scuole dell'infanzia paritarie messe in difficoltà da ritardata erogazione dei contributi da parte dello Stato. In Veneto, in questo momento, vi è ancora la sofferenza di 26 sezioni dell'infanzia, anche se alcuni sindaci, stanno facendo convenzioni per pagarsi le insegnanti, ma, francamente, questa è una situazione ingiusta e insostenibile. Per le altre scuole di ogni ordine e grado inoltre servirebbero, ad oggi, nonostante gli sforzi già fatti e di cui ho dato atto, altri 132 posti in più di quelli concessi.
Vi è poi il fronte degli insegnanti di sostegno: gli alunni che hanno presentato in Veneto certificazione di disabilità per quest'anno sono 14.910, con un aumento di 1.097 rispetto all'anno scorso. Vi è una richiesta, in questo momento, di 755 posti in deroga rispetto agli attuali 5.960 posti. Ad oggi non è ancora stata disposta alcuna deroga, con una media quindi attuale di 2,5 alunni certificati per insegnante di sostegno: anche questo è del tutto insostenibile.
Tutto ciò questo crea ovviamente disagi, proteste delle famiglie, delle istituzione Pag. 50locali e difficoltà degli stessi provveditorati che cercano di fare i miracoli, ma le nozze con i fichi secchi non si possono fare. Vi sono conseguenti problemi di perdita di continuità didattica, in conseguenza dell'elevato taglio dei posti; inadeguatezza delle aule a contenere un numero crescente di bambini - e qui vi sarebbe da aprire una parentesi sul Patto di stabilità interno: comuni che adeguano il numero delle aule, e quindi delle sezioni, alla crescita dei bambini, sono messi in difficoltà rispetto ai sindaci che non lo fanno, anche questa è un'anomalia tutta italiana -; di calo della qualità della scuola pubblica per famiglie con lavori sempre più precari e flessibili; di difficoltà di organizzazione di un tempo scuola con rientri pomeridiani; di sovraffollamento delle aule, il che comporta anche problemi di sicurezza e di edilizia scolastica. Insomma, questa è la situazione in una delle regioni di questo Paese che è tra che eccellono, e che sinora hanno avuto una scuola di qualità. Eppure, la situazione, oggi anche lì, è contrassegnata dalla precarietà.
Con l'interpellanza urgente che ho presentato chiedo quali iniziative intenda assumere il MIUR - e mi avvio a concludere -, non solo con specifica attenzione ai dati della realtà della provincia di Treviso, ma anche con riferimento alla situazione di tutta la regione Veneto.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, con l'atto parlamentare oggi in discussione, l'onorevole interpellante sollecita l'adozione di iniziative finalizzate a garantire nelle scuole della regione Veneto, e in particolare di quelle della provincia di Treviso, adeguati livelli di istruzione, sui quali inciderebbero negativamente le riduzioni organiche disposte in applicazione dell'articolo 64 della legge n. 133 del 2008. In particolare, richiede che vengano accolte le richieste delle famiglie per l'attivazione di nuove sezioni di scuola dell'infanzia, di classi a tempo pieno nella scuola primaria e di nuove classi prime nella scuola secondaria di primo grado.
Si ricorda che l'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni nella legge n. 133 del 2008, ha previsto per il triennio 2009-2012 una rimodulazione dell'organico del personale della scuola, in funzione dell'esigenza di razionalizzare l'organizzazione del sistema scolastico e al fine di contenerne la spesa.
Le tre azioni del piano programmatico attivato dal sopra citato articolo 64 hanno comportato nel triennio in corso una riduzione del personale docente, a livello nazionale, di 87.400 posti, di cui 20.000 erano stati programmati dal precedente Governo. Tali riduzioni sono state attuate secondo i criteri previsti dal citato piano programmatico e dai relativi regolamenti attuativi, e vengono completate nel corrente anno scolastico 2011-2012 con un impatto di 19.700 posti, numero inferiore rispetto ai due precedenti anni scolastici.
Le modalità con cui si è proceduto alla razionalizzazione delle piante organiche sono state individuate grazie ad un confronto non soltanto all'interno del Ministero e degli uffici scolastici regionali, ma anche tra l'amministrazione e la struttura tecnica della Conferenza unificata, al fine di pervenire alla definizione di criteri condivisi di riparto dell'organico tra le regioni. Tale struttura tecnica ha proposto nuovi criteri di riparto che sono oggetto di valutazione e la cui efficacia potrà decorrere dall'anno scolastico 2012-2013.
È anche opportuno ricordare che, in base alle vigenti disposizioni, le dotazioni organiche complessive sono definite annualmente a livello nazionale e ripartite poi a livello regionale sulla base di vari elementi quali l'entità e la composizione della popolazione scolastica, il grado di densità demografica delle varie realtà territoriali, le caratteristiche geomorfologiche dei territori interessati, l'articolazione dell'offerta Pag. 51formativa, la distribuzione degli alunni nelle classi e nei plessi sulla base del rapporto medio previsto dalle norme ed anche sulla base delle caratteristiche dell'edilizia scolastica.
Con circolare ministeriale n. 21 del 14 marzo 2011 sono state diramate le istruzioni per la formazione dell'organico di diritto del personale docente per il corrente anno scolastico 2011-2012; alla circolare era allegato lo schema di decreto interministeriale, da emanare di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Sulla base della successiva circolare ministeriale n. 63 del 13 luglio 2011, gli uffici periferici hanno poi definito l'adeguamento degli organici di diritto alla situazione di fatto.
Ciò detto, per quanto riguarda la scuola dell'infanzia, pur nella considerazione che la stessa non ha carattere di obbligatorietà ai sensi delle vigenti disposizioni, sono state messe in atto le misure idonee a limitare al massimo il contenimento dei posti, in considerazione della forte valenza educativa e sociale che la stessa riveste. Pertanto, sono stati confermati in organico di diritto per l'anno 2011-2012 i posti attivati in organico di fatto dell'anno precedente.
Con riferimento al tempo pieno nella scuola primaria, si precisa che esso può essere assegnato se la disponibilità di organico lo consente ed a condizione che sussistano le necessarie strutture idonee - ad iniziare dalla mensa - per il suo funzionamento. Pur non essendo stato possibile soddisfare integralmente le richieste delle famiglie, da sempre superiori alle effettive disponibilità di organico, gli alunni frequentanti le relative classi, a livello nazionale, sono aumentati rispetto all'anno scolastico 2003-2004 di oltre 170 mila unità, con un incremento di circa 7 mila classi, di cui 3.803 nell'ultimo triennio.
Venendo al caso specifico delle scuole del Veneto, il direttore del competente ufficio scolastico regionale ha comunicato quanto segue. Per la scuola dell'infanzia, sono state attivate, a livello regionale, ulteriori 17 sezioni rispetto a quelle funzionanti nell'anno scolastico 2010-2011; in particolare, nella provincia di Treviso, rispetto all'anno precedente, sono state autorizzate 4 nuove sezioni (per un totale di 8 posti), secondo criteri che hanno tenuto conto della maggiore consistenza delle liste d'attesa registrate nel territorio.
Relativamente alla scuola primaria della medesima provincia, l'incremento della popolazione scolastica rispetto all'anno 2010-2011 - 138 alunni in più per un totale di 41.698 rispetto a 41.560 - ha comportato l'attivazione di 10 classi in più.
Tuttavia, la necessità di non superare i contingenti assegnati alla provincia, nonché l'applicazione alle classi prime, seconde e terze degli orari previsti dalla riforma degli ordinamenti, non sempre hanno reso possibile soddisfare le richieste delle famiglie garantendo un tempo scuola di 30 ore.
Per quanto riguarda la scuola secondaria di primo grado l'incremento di 552 alunni rispetto all'anno scolastico 2010-2011 (25.596 rispetto a 25.044) ha comportato la costituzione di quattordici classi in più, di cui quattro a tempo prolungato. In relazione a quanto sopra riportato, l'ufficio scolastico regionale, in data 22 luglio 2011, ha inoltrato al Ministero una specifica richiesta di incremento della dotazione organica regionale. In risposta a detta richiesta, il Ministero ha autorizzato il funzionamento di 150 posti in più rispetto a quanto precedentemente assegnato. Detti posti sono stati ripartiti dal direttore scolastico regionale tra le diverse province in misura proporzionale alle esigenze evidenziate dai responsabili dei rispettivi ambiti territoriali.
Alla provincia di Treviso, oltre agli otto posti per il funzionamento di quattro nuove sezioni di scuola dell'infanzia sopra richiamati, sono stati assegnati ulteriori venticinque posti con i quali sono state sanate le situazioni relative alle classi di ogni ordine e grado costituite in organico di diritto oltre i limiti previsti dalla normativa vigente (decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009), in modo da assicurare il rispetto delle norme relative Pag. 52alla sicurezza degli alunni e garantire la funzionalità del servizio scolastico.

PRESIDENTE. L'onorevole Rubinato ha facoltà di replicare.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, non posso ritenermi del tutto soddisfatta per la risposta. Nell'illustrazione ho dato atto al Governo di aver fatto uno sforzo, ma il problema è che i numeri devono tornare non solo con i conti pubblici - ciò è fondamentale -, ma devono tornare con i bisogni, con il numero dei ragazzi, con i bisogni delle famiglie di una regione dove un tempo pieno, un tempo comunque prolungato è anche necessario per la percentuale di donne che lavorano. Ciò, tanto più vale in un settore, qual è quello della scuola e della formazione, su cui l'Europa, ma tutte le persone di buonsenso sanno che dobbiamo investire in qualità, nel merito, eliminando gli sprechi - sono d'accordo -, ma assolutamente assicurando le condizioni necessarie perché la scuola sia di qualità.
Lei ha parlato di nuovi criteri per il 2012 e il 2013 però intanto l'anno che va ad iniziare ha visto un taglio consistente in Veneto, che ovviamente ricadrà sul lavoro degli operatori, sugli insegnanti, ma soprattutto, attraverso il personale della scuola, ricadrà sulle famiglie e sugli alunni, che poi devono essere il nostro obiettivo finale. Non farò ulteriori commenti su ciò perché ho già detto prima che mancano comunque all'appello, nonostante le diciassette sezioni dell'infanzia aperte, ventisei sezioni dell'infanzia e comunque mancano 132 posti indispensabili, secondo l'ufficio scolastico regionale, per rispondere alla domanda formativa del territorio per la primaria e la secondaria. Approfitto del tempo della replica per sottoporre al rappresentante del MIUR la necessità di una riflessione sulla questione che ha creato gravissimi disagi nel completamento degli organici e nomina dei supplenti. Non credo sia una specificità del Veneto, ma in Veneto probabilmente anche le circostanze di fatto che ho appena descritto hanno fatto sì che si sia generata una situazione di particolare caos.
Si tratta della non corretta ed adeguata programmazione della tempistica nella formazione dell'organico, che crea disagi sia agli uffici periferici del MIUR, sia agli insegnanti che attendono con ansia di sapere il loro destino, al punto da rasentare una totale mancanza di rispetto per le persone dei lavoratori. Cos'è successo? Poiché le assegnazioni e l'utilizzazione del personale di ruolo sono preliminari alla predisposizione dell'elenco delle sedi disponibili per la nomina dei supplenti, per il personale delle sedi regionali e provinciali è ogni anno una corsa contro il tempo, anche con il rischio di errori che poi innescano ricorsi, e per gli insegnanti è una perenne via crucis. In particolare, quest'anno il MIUR solo alla fine di agosto, proprio agli sgoccioli di agosto, ha provveduto all'inserimento in ruolo di 500 docenti nella scuola trevigiana, il che è un bene, ma senza farlo tempestivamente si è verificato che, non avendo la certezza di quali posti poi venissero effettivamente occupati, non si è potuto procedere con l'assegnazione delle supplenze nei tempi programmati, così la lista delle cattedre è stata pubblicata dall'ufficio provinciale tra la sera del 30 e la mattina del 31 agosto.
Si aggiunga a ciò la partita anche di 100 ricorsisti dell'inserimento a pettine e l'arrivo di docenti da fuori provincia che ha costretto a rivedere, all'ultimo rush finale, tutte le graduatorie con mille precari convocati per il 29 agosto e, dopo due giornate con fumata nera, riconvocati finalmente per il 31.
In sostanza, le operazioni per le supplenze, che dovrebbero occupare un mese di lavoro degli uffici, si sono svolte in poco meno di una settimana con la carenza di un organico ridotto alla metà, con gli insegnanti lasciati in sfibrante attesa per ore in balia dell'incertezza: una miscela esplosiva non degna, credo, di un Paese civile, tanto meno degli standard europei.
Mi chiedo: le iscrizioni degli alunni si raccolgono alla fine di gennaio. Credo sia possibile operare una semplificazione delle procedure e programmare una tempistica Pag. 53adeguata per cui si comincia a lavorare sulla determinazione degli organici almeno a maggio, per arrivare ad avere le assegnazioni del personale di ruolo almeno entro la prima settimana di agosto, consentendo agli uffici regionali e provinciali di lavorare in condizioni sostenibili per predisporre l'elenco delle sedi disponibili per le supplenze al massimo entro la fine di agosto. Ciò, tra l'altro, consentirebbe anche una più efficiente formazione dell'organico che tenga conto degli effettivi bisogni sulla base della popolazione scolastica.
Auspico - e concludo - che il Ministro dell'istruzione faccia tesoro del caos accaduto quest'anno per disporre le modifiche procedurali, per cui abbia le competenze necessarie al fine di consentire agli uffici periferici di lavorare in condizioni sostenibili e di rispettare la dignità degli insegnanti. Tutto questo per consegnare, all'inizio dell'anno scolastico, alle famiglie e ai nostri ragazzi una scuola all'altezza dei loro bisogni e delle aspettative di un Paese civile.

(Iniziative di competenza in relazione alla mancata espressione dei pareri dell'ISPRA in merito all'applicazione da parte delle regioni delle deroghe previste dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE sulla conservazione degli uccelli selvatici - n. 2-01177)

PRESIDENTE. L'onorevole Renato Farina ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01177, concernente iniziative di competenza in relazione alla mancata espressione dei pareri dell'ISPRA in merito all'applicazione da parte delle regioni delle deroghe previste dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE sulla conservazione degli uccelli selvatici (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

RENATO FARINA. Signor Presidente, il tema di cui alla presente interpellanza, la caccia, è uno di quei temi delicati per cui ci si spacca. In particolare, quando poi si parla di caccia ai piccoli volatili, tutto questo assume connotati emotivi giustamente molto forti.
La legislazione in vigore in Italia, che recepisce varie direttive europee, stabilisce comunque che - sempre avendo come obiettivo preservare il creato e la natura - sia però possibile cacciare, in deroga ai principi generali, alcuni specie di piccoli uccelli i quali siano in numero consistente sul territorio.
Per intendersi, secondo questa legge in deroga, è possibile abbattere e «prelevare» (come si dice con parole tecniche) una quantità di volatili pari o inferiore all'1 per cento della mortalità annua di quella specie sul territorio. Dunque, non si tratta di autorizzare una strage, ma l'intento è anzi quasi quello di aiutare una regola ambientale della natura.
Questa materia è di competenza regionale. Affinché si possa dar luogo a delle regole e all'apertura della caccia in deroga, le regioni debbono, in base all'articolo 9 della direttiva europea 2009/147/CE, sentire l'Istituto per la fauna selvatica (che una volta si chiamava INFS e ora si chiama ISPRA) oppure istituti riconosciuti a livello regionale.
Questi attestano quali siano i numeri della detta specie e, quindi, quale sia, sul territorio nazionale, il numero degli uccelli prelevabili. La cosa sembra molto semplice. Ripeto che questo suscita sentimenti contrastanti. Personalmente, non sono un cacciatore e non ho nessun amore per la caccia. Però, penso anche che non si debbano assumere, in questa materia, delle posizioni che confondano il valore della persona rispetto al valore, pur alto, degli animali, mentre si rischia di non sottolineare le differenze assiologiche tra la specie umana e le altre specie. Pertanto, sono personalmente contrario alla religione della natura.
Ma questo non conta e, piuttosto, conta il fatto che esiste una legge e vi è questo istituto, l'ISPRA, che è tenuto a fornire i dati, altrimenti le regioni non possono deliberare e se deliberano l'Europa appioppa delle multe solenni all'Italia e alle Pag. 54regioni, con un danno doppio e anche con un sentimento, da parte dei cacciatori, che forse dovrebbero essere loro una specie umana protetta, dato che la caccia è sempre stata un'attività umana ritenuta perfettamente lecita, naturalmente se la caccia obbedisce a delle regole e non rappresenta un atteggiamento sleale verso la natura.
Dunque, non esito a dire che la mia interpellanza urgente mi è stata sollecitata da varie regioni e, in particolare, dalla regione Lombardia, dove si è molto sensibili al tema, specialmente nelle province di Brescia e di Bergamo, dove si producono anche le armi da caccia su cui si regge in parte consistente - soprattutto nella provincia di Brescia - l'economia locale. Questi mi dicono: «Ma ci stiamo prendendo in giro? Questa legge è stata fatta per impedire la caccia? Allora lo si dica». Si sia più leali e si dica che non vi deve essere caccia in deroga per le varie specie di uccelli. Mi riferisco ai nomi che fanno tenerezza, quali la pispola, lo storno, il fringuello, la peppola e il frosone. Sono questi gli uccelli che sarebbe possibile cacciare in deroga in quantitativi, lo ripeto, dell'1 per cento rispetto alla mortalità annuale di ciascuna specie. Lo si dica, si cambi la legge e si sia più onesti, perché non è possibile che dal 2005 l'ISPRA dica di non essere in grado di fornire questi dati. Allora, cosa ci sta a fare?
L'interpellanza urgente chiede se il Ministero, sulla base proprio di un articolo di un provvedimento del 2010, non ritenga di procedere, anche in senso disciplinare, perché alla fine l'ISPRA dica quello che è necessario che dica o che si procuri i dati o, in alternativa, si stabiliscano quegli enti regionali che sono autorizzati a fornire i dati. So che vi è, giacente e incardinata nella Commissione agricoltura e produzione agroalimentare del Senato, una proposta di legge, approvata dalla regione Lombardia e trasmessa al Senato perché sia discussa, dove questi problemi potrebbero essere superati sempre riconoscendo, in un certo senso, la legittima critica alla caccia e a tutto quello che riguarda argomenti così delicati ma senza creare ostacoli che, sembra, a volte nascono da un'ideologia ecologista invece che dal rispetto della legge.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Elio Vittorio Belcastro, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITTORIO BELCASTRO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, intanto voglio complimentarmi davvero con l'interpellante per il garbo con cui ha posto un problema, non rappresentando la categoria. Credo che questo significhi profondo rispetto anche per le minoranze, per delle tradizioni che vengono da lontanissimo e, quindi, le fa onore questo garbo e questa disponibilità ad affrontare problemi di altri che spesso, ahimè, vengono invece criminalizzati.
Vengo alla risposta.
Per quanto indicato nell'interpellanza urgente presentata dall'onorevole Renato Farina ed altri, relativa alle problematiche legate alla determinazione della «piccola quantità», ai sensi della direttiva 2009/147/CE, al fine di consentire la caccia nei confronti di specie ornitiche protette, va premesso che, in base a tale direttiva, tutti gli uccelli selvatici presenti sul territorio dell'Unione europea sono protetti e, pertanto, non possono essere uccisi o catturati. A questo regime generale di tutela è possibile derogare solamente per consentire la caccia (articolo 7) o per permettere prelievi in deroga per particolari ragioni (articolo 9).
Le specie che possono essere soggette a prelievo venatorio in base all'articolo 7 sono solo alcune e sono elencate nell'allegato II della direttiva. I prelievi in deroga, invece, possono riguardare qualunque specie, ma devono essere adeguatamente motivati e attuati nel rispetto di precise condizioni indicate dalla Commissione europea.
In Italia, la direttiva 2009/147/CE è stata recepita con la legge n. 157 del 1992, che regolamenta anche le modalità di Pag. 55esercizio della caccia, e individua l'elenco delle specie cacciabili nell'articolo 18.
A seguito dell'approvazione della legge n. 221 del 2002, che ha introdotto l'articolo 19-bis nella legge n. 157 del 1992, alcune amministrazioni regionali hanno fatto ricorso al regime di deroga, ai sensi dell'articolo 9, lettera c), della direttiva, per consentire l'esercizio della caccia nei confronti di specie protette, non inserite nell'allegato II.
L'articolo 9, lettera c), prevede la possibilità di «consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità». Il ricorso a questa specifica tipologia di deroga per consentire forme di prelievo venatorio è stato ritenuto ammissibile in più occasioni dalla Corte di giustizia europea.
Nel 2004, a seguito delle prime istanze formulate dalle amministrazioni regionali, l'ISPRA, all'epoca INFS, ha provveduto a determinare le «piccole quantità» prelevabili a livello nazionale nel caso di cinque specie diverse: Prispolone Anthus trivialis, Pispola Anthus pratensis, Fringuello Fringilla coelebs, Peppola Fringilla montifringilla e Frosone Coccothaustes coccothraustes.
Contestualmente, l'ISPRA ha indicato anche i periodi in cui autorizzare i prelievi e il calcolo è stato effettuato utilizzando il metodo indicato dalla Commissione europea nel documento recante: «Guida alla disciplina della caccia nell'ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici», edito nel 2004 e successivamente integrato nel 2008.
Il conteggio è stato ripetuto anche nel 2005 per le stesse specie; inoltre, è stato effettuato ex novo per lo storno, a seguito della richiesta di alcune amministrazioni regionali.
Per le opportune valutazioni, l'ISPRA ha richiesto alla Commissione europea un giudizio sull'applicabilità del metodo di calcolo della «piccola quantità» nel caso delle specie di interesse venatorio in Italia.
L'esigenza di ottenere un chiarimento dall'organismo preposto a garantire il corretto recepimento delle direttive comunitarie è scaturita a seguito della constatazione che le conoscenze di base disponibili per la determinazione dei quantitativi prelevabili in regime di deroga risultano lacunose per le specie richieste dalle amministrazioni regionali.
La Commissione europea, per rispondere in modo approfondito al quesito posto dall'ISPRA, ha incaricato dei consulenti esterni e le valutazioni tecniche da questi effettuate hanno confermato i dubbi e le perplessità circa la possibilità di applicare in modo scientificamente corretto il metodo di calcolo indicato nella «Guida alla disciplina della caccia nell'ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici» per consentire la caccia in deroga nei confronti delle specie in questione.
Ogni anno, infatti, per ciascuna specie occorrerebbe disporre di stime attendibili delle popolazioni nidificanti in tutto l'areale da cui originano i soggetti che raggiungono l'Italia; inoltre, occorrerebbe conoscere con maggiore dettaglio le rotte di migrazione seguite dalle diverse popolazioni geografiche delle specie interessate dalla richiesta di applicazione di tale strumento di deroga. Infine, sarebbe necessario effettuare, nei diversi contesti geografici e ambientali, studi di dettaglio per acquisire informazioni sul successo riproduttivo delle coppie nidificanti e sulla mortalità annuale di giovani e adulti.
Colmare una tale lacuna di informazioni in breve tempo è possibile solo in parte. Ad esempio, la produzione di un atlante europeo della migrazione potrebbe avvenire reperendo le risorse necessarie all'analisi dei milioni di dati già disponibili presso la banca dati dell'EURING, alla quale il nostro Paese contribuisce da decenni con il proprio Centro nazionale di inanellamento gestito dall'ISPRA. La raccolta di altre tipologie di dati, in particolare quelli riguardanti la dimensione delle popolazioni nidificanti, il loro successo riproduttivo ed i tassi di mortalità, risulta talmente onerosa che, attualmente, nessun organismo tecnico nazionale o internazionale Pag. 56è nelle condizioni di poter avviare programmi di monitoraggio e di ricerca così complessi ed estesi ad un'area geografica tanto ampia. Non si prevede, pertanto, che la situazione possa mutare sostanzialmente in un breve arco temporale.
A seguito delle valutazioni critiche espresse dai consulenti della Commissione europea, a partire dall'annata 2006/2007 l'ISPRA ha ritenuto di non poter procedere alla determinazione delle «piccole quantità», stante la mancanza di nuove informazioni aggiornate in grado di rendere più accurate e attendibili le stime effettuate negli anni precedenti. Alla luce di questa circostanza, l'Istituto ha informato le amministrazioni competenti che la quantificazione dei quantitativi cacciabili in deroga non poteva essere effettuata in modo oggettivo e tecnicamente corretto.
Gli aspetti critici della procedura di calcolo sono stati ampiamente illustrati ai rappresentanti delle amministrazioni regionali nel corso di un'apposita riunione tenutasi in data 4 maggio 2006 presso la sede dell'Istituto. Negli anni successivi, non essendo subentrati nuovi elementi in grado di modificare in modo sostanziale la situazione, l'ISPRA ha mantenuto invariata la propria posizione, rappresentandola alle amministrazioni interessate.
Da quanto esposto, risulta chiaro che l'ISPRA non ha espresso un diniego di parere, illegittimo per violazione di un preciso obbligo di legge, ma che l'Istituto ha sempre fornito risposta puntuale alle richieste delle regioni, formulando pareri motivati, derivati da una complessa istruttoria, durata mesi. Sino al 2005 ha formulato i conteggi richiesti; successivamente, l'ISPRA ha informato che i dati attualmente disponibili a livello europeo non consentono una determinazione oggettiva e scientificamente solida della piccola quantità cacciabile. Se l'Istituto avesse agito diversamente, ignorando le valutazioni tecniche dei consulenti della Commissione europea, si sarebbe comportato in modo arbitrario, venendo meno al ruolo di organo scientifico e tecnico assegnatogli dalla legge 11 febbraio 1992 n. 157, articolo 7.
Riguardo al contenzioso in atto tra Commissione europea e regioni, le modalità adottate dalle amministrazioni regionali per consentire il prelievo venatorio in deroga ex articolo 9, lettera c), sono state giudicate non conformi al dettato della citata direttiva dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in tre distinte sentenze emesse in relazione ad altrettante procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea e riferite all'operato della regione Liguria, della regione Veneto e di diverse altre regioni.
Tutte e tre le sentenze di condanna sono state espresse non già per la mancata quantificazione della cosiddetta «piccola quantità» da parte dell'ISPRA, bensì per il mancato rispetto, da parte delle amministrazioni regionali, di diverse condizioni poste dall'articolo 9 della direttiva, tra cui la mancata indicazione delle ragioni astratte e dei «motivi concreti che renderebbero necessario il prelievo di alcuni esemplari di tali specie, né sull'assenza di altre soluzioni soddisfacenti» (sentenza della causa C-573/08).
Solamente nella sentenza relativa al Veneto la Corte di giustizia delle Comunità europee ha introdotto un riferimento esplicito alle «piccole quantità», ma solo come considerazione conclusiva e dopo aver accolto i precedenti punti del ricorso presentato dalla Commissione europea. In questo caso, comunque, la Corte di giustizia delle Comunità europee non ha contestato la mancata determinazione della «piccola quantità», bensì ha stigmatizzato come la regione Veneto abbia consentito il prelievo di un numero più elevato di capi rispetto ai quantitativi che l'ISPRA aveva indicato per la stagione venatoria 2005/2006.
Pertanto, non trova oggettivamente riscontro l'affermazione riportata in premessa dagli interpellanti, secondo la quale la mancanza di un riscontro alle richieste regionali è fra le cause che hanno determinato l'avvio di procedure d'infrazione nei confronti dell'Italia e che hanno portato a pronunce sfavorevoli della Corte di giustizia delle Comunità europee e della Corte costituzionale. Al contrario, il comportamento Pag. 57tenuto dall'ISPRA in relazione ai pareri espressi sulla possibilità di autorizzare forme di prelevo in deroga è stato valutato in termini assai lusinghieri da parte della Commissione europea, la quale, anche di recente, nella riunione tenutasi in data 5 luglio 2011 presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha espresso vivo apprezzamento per l'operato di questo ente, giudicandolo «particolarmente affidabile».
Come accennato in precedenza, anche prescindendo dalle difficoltà tecniche legate alla determinazione della «piccola quantità», il regime di deroga di cui alla lettera c) dell'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE risulta difficilmente applicabile per consentire la caccia nei confronti di specie non incluse nell'Allegato II. La Corte di giustizia, nelle citate sentenze che hanno portato alla condanna dell'Italia, ha ribadito che le deroghe possono essere autorizzate solo previo il rispetto di precise condizioni: devono essere adeguatamente motivate le ragioni che le giustificano; deve essere accertata l'assenza di un'altra soluzione soddisfacente; devono essere garantite adeguate condizioni, atte ad ottemperare a quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE. Queste condizioni possono essere rispettate qualora s'intenda prolungare la stagione venatoria nei confronti di piccole specie cacciabili, estendendola oltre i termini temporali indicati dall'articolo 7 della direttiva; in tal senso, vi sono già diversi precedenti nelle sentenze emanate dalla Corte di giustizia.
Vorrei solo aggiungere, infine, che il nostro Ministero non è nemico dei cacciatori, che i problemi esistono, che insieme vanno affrontati e risolti. Magari si potrebbe partire proprio dalla proposta di legge giacente al Senato cui lei, onorevole Farina, ha fatto riferimento.

PRESIDENTE. L'onorevole Renato Farina ha facoltà di replicare.

RENATO FARINA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario non solo per il garbo, ma per la concretezza del suo intervento. Mi dichiaro soddisfatto rispetto alle intenzioni espresse dal sottosegretario medesimo a nome del Ministero dell'ambiente, insoddisfatto invece di quella che ritengo una vera e propria autodifesa da parte dell'ISPRA, che il Ministero fa completamente sua. In sintesi che cosa dice l'ISPRA: la legge prevede che per la caccia in deroga ai cacciatori sia dato un fucile ad acqua, perché di fatto è impossibile che la caccia in deroga possa essere mai realizzata, stante il fatto, in primo luogo, che non è possibile determinare la quantità minima, la piccola quantità - la modica quantità riguarda la droga - di materiale ornitico prelevabile. Pertanto se non è identificabile la quantità tutto il resto diventa inutile. Come si fa a dire che è necessario un prelievo di determinati uccelli, quindi dando le motivazioni, se non si può dire qual è la quantità della medesima specie presente su quei territori? È ovvio che la Corte europea non punisca le regioni perché non indicano o non è precisata la minima quantità, ma è ovvio che le motivazioni diventano assolutamente inconsistenti quando non è possibile partire da un dato minimamente accettabile di quantità, perché la quantità coincide con la qualità dice Hegel. La quantità è una forma di qualità e se non si può stabilire la quantità non si può neanche stabilire la qualità del prelievo. Quindi, la risposta dell'ISPRA, mi si scusi, è pretestuosa, perché ci può essere anche una determinazione di numero in regime di principio di cautela. Vale a dire se si erano stabiliti criteri abbastanza validi, tant'è che la Corte li riconosce come tali, che hanno permesso di stabilire un numero di piccola quantità nel 2005 e nel 2006, non si vede perché improvvisamente tutto questo non sia più possibile e non sia accertabile scientificamente. Come mai la Corte accetta la determinazione del 2005 e del 2006 e non più quella successiva? Faccio riferimento anche alla letteratura internazionale, ad esempio all'ultima edizione disponibile del BirdLife International - Birds in Europe, che dice come lo stato di conservazione è stabile e in alcuni casi elevato e crescente di storno, fringuello, Pag. 58peppola, pispola e frosone, che sono esattamente le specie per cui le regioni citate e, in particolare, Lombardia, Veneto e Liguria hanno predisposto strumenti legislativi e regolamentari per la caccia in deroga. Questo è quello che dico.
Se abbiamo votato una legge impossibile, come sembra voler dire l'ISPRA, mi domando se non valga allora la pena che il Ministero prenda il coraggio a due mani e dica che questa legge è impossibile ed è inutile che stiamo qui a parlarne, perché ci stiamo prendendo in giro.
Nulla è determinabile scientificamente, per cui non esiste la piccola quantità. Ma mi sembra che l'orientamento del Ministro sia diverso da quello dell'ISPRA, perché se lei dice, e io condivido questa sua posizione, che occorre trovare delle soluzioni, è chiaro che questo si scontra con l'ideologia che è assolutamente evidente nelle parole che lei ha letto e che provengono dall'ISPRA, che legittimamente le propone, ma mi domando se un ente dello Stato possa essere in mano a dei sacerdoti di una religione ecologista. Quali sono i criteri per cui prevale questa lettura totalitaria della materia di competenza di detto Istituto?
Non dubito minimamente della buona fede e mi sembra molto convincente la ragione per cui non si può determinare il numero. Sarebbe come dire che si può procedere allo sfondamento di una parete solo se si precisa perfettamente il numero di atomi che vi sono in quella parete, sentita l'ISPRA. L'ISPRA dice: ho provato a contarli, ma non ce la faccio. Quindi, non si può abbattere il muro. Ma, allora, perché vi è una legge che lo consente?
Credo che giustamente la proposta di legge presente e depositata al Senato possa essere un buono strumento. Credo che se il Ministero e lei in persona, onorevole sottosegretario, vi faceste carico di dare slancio a questa proposta, potrebbe essere una soluzione; naturalmente, sempre sapendo che qualsiasi cosa tocca il tema della caccia suscita sentimenti a volte - posso dirlo? - esagerati. Vorrei che il Corno d'Africa suscitasse lo stesso clamore che ha suscitato la discussione sull'abbattimento della pispola. Sarei l'uomo più felice del mondo! Purtroppo, molto spesso nel dibattito sui mass media e nel sentimento anche di questa Assemblea prevale il desiderio di proteggere la pispola rispetto anche al buonsenso. Grazie, signor sottosegretario.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sull'ordine dei lavori (ore 17,05).

LAURA MOLTENI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LAURA MOLTENI. Signor Presidente, intervengo su delle questioni di cronaca di oggi. Leggo dai quotidiani di oggi: «Presentato un libro alternativo per bambini. Ed ora Pisapia dà il via libera al modello di famiglia gay negli asili».
Leggo ancora dai quotidiani: «Il libro con i pinguini gay dovrebbe entrare negli asili. Polemica: Piccolo Uovo, presentato durante la festa del PD. Lo sponsor dell'opuscolo che parla di famiglie di due papà e di due madri vuole incontrare il vicesindaco Guida, per l'adozione del testo nelle scuole». Ebbene, milanesi, buongiorno Milano!
È aberrante e ingiusto strumentalizzare i bambini e i minori per un proprio egoismo personale di affermazione di una famiglia che prevede al suo interno che, al posto di una mamma e di un papà, vi siano due mamme o due papà e un piccolo. Rivendico il diritto naturale di ogni bambino ad avere una mamma e un papà per un suo pieno, equilibrato ed armonico sviluppo. Invito la giunta di Milano a soprassedere alle istanze di chi vorrebbe introdurre negli asili nido la fiaba sulle nuove famiglie «Piccolo Uovo», il cui intento sarebbe quello di spiegare ai bambini che è normale avere una famiglia composta da due papà o da due mamme. Pag. 59
Ebbene, tutti i bambini hanno il diritto, a parere mio, di vivere con serenità tutte le tappe del loro sviluppo in una famiglia formata da un padre e da una madre. Non vogliamo che, dietro ad un modello di una famiglia diversa da quella naturale, venga trasmessa la proposizione di nuovi modelli di riferimento che sono modelli di identificazione problematica e problematici per coloro come bambini e ragazzi che sono nella fase dello sviluppo evolutivo di formazione, di strutturazione e consolidamento successivo della propria personalità.
In genere si aspetta che siano i bambini a porre delle domande. Porre dei problemi a dei bambini che non si sono ancora fatti domande è anticipare un ragionamento che il bambino non è in grado di capire dal punto di vista cognitivo e che rimarrebbe enigmatico.
La tutela dell'infanzia passa per il rispetto dei bisogni dei bambini che devono venire prima di ogni egoismo personale di diventare padre o madre a tutti i costi.
Inoltre, attraverso questa fiaba è facile pensare al richiamo a bambini in adozione, bambini che vengono da situazioni già precarie, soprattutto a livello emotivo e psicologico, da situazioni difficili come abbandoni temporanei, maltrattamenti in famiglia o abusi. L'affidamento di questi bambini deve avvenire sempre in modo tale che vengano riconosciute e rispettate le esigenze dei bambini stessi di vivere nell'equilibrio e nell'armonia delle loro tappe evolutive.
Gli adulti facciano, decidano e scelgano quello che vogliono, ma giù le mani dai bambini!
A breve vi sarà anche una raccolta firme a disposizione dei cittadini milanesi per evitare l'introduzione di certi testi negli asili nido e nelle scuole milanesi.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Laura Molteni.

LAURA MOLTENI. Infine, mentre Pisapia e i compagni di Giunta aumentano le tariffe dei mezzi di trasporto e le tasse dei milanesi, e la sinistra milanese scalda i motori sulla cultura e sull'educazione qualora certi testi, grazie alla sinistra, venissero introdotti nelle scuole, ancora una volta, i cittadini milanesi, per fare sì che i propri figli non ricevano un'educazione ideologizzata, dovranno mettere mano al portafoglio e rivolgersi a strutture e scuole private. Peccato che non tutti potranno permetterselo!
Buonasera milanesi, buonasera a Milano!

PRESIDENTE. Onorevole Laura Molteni, lei avrà a disposizione opportuni strumenti per approfondire l'argomento da lei posto.

RENATO FARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO FARINA. Signor Presidente, intervengo sullo stesso argomento per esprimere un parere concorde rispetto a quello espresso dall'onorevole Laura Molteni sulla questione, invitando a considerare il fatto che le amministrazioni pubbliche non possono di certo promuovere e assumere posizioni che vadano contro la Costituzione.
Ricordo che l'articolo 29 della Costituzione non prevede che esistano famiglie se non quelle fondate sul matrimonio. Dunque, a prescindere dal dato religioso o etico, inculcare l'idea che esistano altri tipi di famiglia va contro ciò che la Costituzione vorrebbe che si insegnasse (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani, ricordando che domani alle ore 10, è convocato il Parlamento in seduta comune per l'elezione di un giudice della Corte costituzionale e di un componente del Consiglio superiore della magistratura. La chiama avrà inizio dai senatori.

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Giovedì 8 settembre 2011, alle 13:

Comunicazioni del Presidente.

La seduta termina alle 17,10.

TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI NEDO LORENZO POLI E MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI SUL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE NN. 3222-3481-A

NEDO LORENZO POLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento esaminato dalle Commissioni riunite XI (Lavoro) e XII (Affari sociali) che modifica integrandolo, in parte, il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (riguardante la materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro) ha come finalità quella già più volte ricordata dai colleghi, di introdurre norme volte a prevenire i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili interessati da attività di scavo.
Il presupposto di partenza è dunque quello di offrire un'adeguata garanzia, anche in termini di capacità professionale e previsionale, per la sicurezza sui luoghi di lavoro potenzialmente interessati dal rinvenimento di ordigni bellici, nonché per la tutela dei lavoratori impegnati nelle delicate attività di bonifica.
Le attività connesse ai movimenti di terra dei cantieri, quando interessano terreni originari risalenti al periodo bellico, possono, in qualsiasi momento interferire con ordigni inesplosi, con gli elevati rischi che si possono attivare producendo effetti esplosivi, incendiari o comunque lesivi e distruttivi per i quali sono stati predisposti. Da ciò anche la necessità di remunerare adeguatamente chi è preposto a tali attività, anche in considerazione del fatto che i numerosi ritrovamenti di ordigni bellici inesplosi che vengono alla luce in occasione della realizzazione di nuove costruzioni, in particolar modo nelle opere infrastrutturali che impegnano grandi superfici, confermano la necessità di una bonifica preventiva relativamente alle aree interessate dalle attività dei cantieri. In tal senso è sufficiente considerare i ritrovamenti effettuati durante la realizzazione delle tratte ferroviarie dell'Alta Velocità.
Riteniamo di enorme importanza il testo in esame in considerazione anche della situazione normativa, regolata sotto il profilo tecnico, ma non perfettamente tutelata per quanto riguarda le maestranze che realizzano le opere entro terra (scavi, fondazioni, trivellazioni, eccetera) ed in cui operano spesso ditte non dotate delle competenze adeguate, in presenza di affidamenti degli appalti con la procedura del massimo ribasso, nonché di carenza dei controlli.
Così come evidenziato anche nel corso delle audizioni in Commissione, la ricognizione e l'individuazione di residuati bellici, da parte di imprese specializzate come proposto, consente di poter affrontare la neutralizzazione dell'ordigno ritrovato, programmando tempi e modi limitando al massimo i pericoli di disagi e inconvenienti alle popolazioni ricadenti nelle zone potenzialmente a rischio.
È importante l'intento che regge il provvedimento che è anche quello di ritornare ad abilitare, da parte dell'Autorità Militare (Istituzione di un Albo di requisiti, analogamente a quanto avviene nel settore ambientale), le imprese specializzate sulla base di requisiti patrimoniali, numero di addetti, apparecchiature, attrezzature e mezzi e ciò anche sulla base degli interventi effettuati negli ultimi anni.
Giudichiamo di rilievo il ruolo attribuito al coordinatore della progettazione e ai suoi obblighi, che potrebbero comprendere, in sede di relazione tecnica, tra le fasi critiche, anche la possibilità di verificare con attenzione le potenziali ripercussioni sulla salute pubblica.
Il provvedimento è conforme alla normativa comunitaria per quanto concerne il miglioramento dell'ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori, alle loro condizioni di lavoro e alla loro sicurezza e protezione sociale. Pag. 61
La finalità che il testo intende perseguire, soddisfa la metodologia di intervento a livello europeo e nazionale perseguita attraverso la Strategia quinquennale per la salute e la sicurezza sul lavoro (2007-2012) adottata il 21 febbraio 2007 dalla Commissione dell'Unione europea, con l'obiettivo di ridurre, entro il 2012, del 25 per cento gli infortuni e le malattie professionali, dando in tal modo un contributo essenziale al successo della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione.
Il testo che ci apprestiamo a votare nasce dalla consapevolezza di quanto sia indispensabile, nell'approntare un cantiere di lavoro, prendere in considerazione concretamente il rischio di rinvenire ordigni bellici con la conseguenza che le condizioni di sicurezza del cantiere e di coloro che vi operano possano essere compromesse. Inoltre, la non obbligatorietà da parte della Ditta di eseguire la bonifica sistematica è stata spesso causa di ritrovamenti occasionali la cui criticità ha comportato notevoli disagi alle popolazioni residenti. È ormai improcrastinabile una regolazione normativa in merito alla bonifica sistematica delle aree di lavoro, in modo tale da consentire fin dall'inizio dei lavori dei cantieri, di pianificare con la dovuta accuratezza eventuali azioni riducendo i tempi per le successive fasi di intervento.
Prendiamo positivamente atto della disponibilità del Governo ad avviare il serio confronto avvenuto in sede parlamentare nelle Commissioni riunite XI e XII della Camera, in merito alla materia esaminata anche attraverso l'approfondimento svoltosi con il contributo delle associazioni e dei soggetti auditi nel corso delle sedute.
Consideriamo importanti, pertanto, le conclusioni raggiunte con il testo così come pervenuto in Aula, anche grazie ai pareri resi dalle Commissioni competenti in sede consultiva e nello specifico le Commissioni I e V che hanno espresso pareri favorevoli con le condizioni che sono state recepite attraverso gli emendamenti approvati dalla Commissione.
Riteniamo soddisfacenti i risultati ottenuti oltre che qualificanti in termini di approfondimento di una materia così delicata che incide sulla salute e la sicurezza dei lavoratori, diamo pertanto il nostro voto favorevole al provvedimento in esame.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. L'approvazione della proposta di legge oggi all'esame dell'aula, rappresenta uno strumento a favore della sicurezza nei cantieri di opere che comportano attività di scavo. La presenza di ordigni bellici, ancora presenti nel sottosuolo del territorio nazionale a 65 anni dall'ultimo conflitto mondiale, rappresenta un rischio più elevato di quello che si potrebbe immaginare. I dati ufficiali forniti dal Ministero della difesa e richiamati in sede di discussione sono veramente impressionanti se si pensa che ogni anno si rinvengono circa 100.000 ordigni, dei quali una parte consistente ancora in grado di esplodere e procurare danno alle persone e alle cose.
Il provvedimento di legge in esame interviene integrando il vigente decreto legislativo n. 81 del 2008 in materia di sicurezza sul lavoro e impone che il rischio del rinvenimento di ordigni bellici venga esplicitamente considerato. Cosa che potrebbe sembrare ovvia, ma in realtà nella generalità dei casi non se ne tiene conto nei piani di sicurezza!
Al riguardo si deve considerare che quest'onere è previsto nei quadri economici che accompagno i progetti di opere pubbliche, quindi sono soldi che lo Stato paga ed è essenziale che delle norme precise e rigorose regolino un'attività tanto delicata, impedendo illeciti arricchimenti a scapito dei lavori eseguiti. La bonifica bellica, come è stato detto nel corso della discussione del provvedimento, consta di due fasi e il progetto di legge in approvazione riguarda la prima fase, cioè la ricerca e l'individuazione degli ordigni ancora presenti. Questa prima attività è demandata a ditte private ma con requisiti specifici (organico specializzato, dotazioni strumentali, eccetera), mentre la successiva neutralizzazione e rimozione degli Pag. 62ordigni invece riguarda essenzialmente l'ambito militare.
Le ditte private fino al 2002, anno di abolizione dell'Albo Fornitori della Difesa, dovevano dimostrare e documentare il possesso dei requisiti necessari per operare, successivamente, in mancanza di un albo di requisiti da istituire, si è proceduto con elenchi informali non suffragati da una documentazione oggettiva. L'elenco delle ditte che sarebbero abilitate secondo il Genio Militare contiene alcune società sparite ormai da anni, ed altre che alla professionalità hanno preferito utilizzare l'inganno e la truffa! Ieri il collega dell'IDV ha voluto censurare il rigore di questa proposta di legge ritenendolo in contraddizione con la politica di liberalizzazione sostenuta dal Governo; ma qui non parliamo di comuni attività commerciali, qui, oggi, e per la prima volta nella storia della Repubblica, affrontiamo un tema di enorme rilevanza che riguarda la sicurezza dei cittadini, delle opere e delle infrastrutture e ancor più rilevante la tutela dell'incolumità dei lavoratori. Prima di oggi, non è mai stato affrontato e concretamente discusso questo argomento: la bonifica degli ordigni bellici. Presidente, onorevoli colleghi, alla situazione già difficile determinatasi a seguito dell'abolizione dell'Albo Fornitori della Difesa è seguita quella ancora più sconcertante in conseguenza dell'erronea abrogazione del Decreto Luogotenenziale del 12 aprile 1946 n. 320, ad opera del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (il Codice dell'ordinamento militare). A questo punto chiunque, indicando solo nell'oggetto sociale presso la Camera di Commercio la volontà di eseguire bonifica bellica, può svolgere questa attività senza alcun controllo da parte dell'Autorità Militare competente: una sorta di bricolage! Oltre all'aspetto della sicurezza delle persone e delle cose c'è in ballo anche un altro aspetto ed è quello che riguarda la sicurezza intesa come security: le ditte e il personale da esse impiegato durante le ricognizioni per la ricerca di ordigni sepolti vengono necessariamente a conoscenza della presenza di ordigni contenenti esplosivo che, se gestito al di fuori di procedure controllate dall'Autorità Militare potrebbero rappresentare rischi di uso illecito di tale materiale.
L'aspetto fondamentale delle verifiche dell'Autorità Militare riguarda il rispetto delle prescrizioni in sede operativa, rilasciate preliminarmente sulla base dei progetti da eseguire. Questo è indispensabile per garantire precise regole e modalità considerate idonee da chi istituzionalmente ne ha competenza. L'albo da istituire, previsto dalla proposta di legge in esame, analogamente a quanto avviene per settori altri settori, quale l'Albo Nazionale Gestori Ambientali eccetera, serve solo a garantire che l'abilitazione ad eseguire la bonifica da ordigni bellici sia affidata a soggetti in regola con i requisiti oggettivi per garantire un servizio affidabile e sicuro e, inoltre, garantisce anche le stesse imprese di bonifica, evitando che chiunque, iscritto semplicemente alla Camera di Commercio, possa operare in un settore così delicato e pericoloso. È auspicabile che l'albo trovi rapida attuazione ridando ordine e rigore all'attività di bonifica bellica. Nel corso della discussione generale abbiamo fatto riferimento ad alcuni casi di ritrovamenti occasionali o di esplosioni accidentali che hanno causato morti e feriti, o ancora, a quelli che causano ampi disagi alla popolazione come quello avvenuto lo scorso 23 agosto nel centro di Livorno. Il ritrovamento occasionale di un ordigno da 500 fibre rinvenuto durante le operazioni di scavo che si stanno svolgendo per la realizzazione di un nuovo canale collegato al resto dei Fossi Medicei comporterà, domenica prossima, l'evacuazione di circa 6.000 residenti e l'interdizione di un'area di 0,6 chilometri quadrati. Od ancora, quello ritrovato il 30 agosto all'interno di un'area del grande cantiere di City Life, in zona Fiera, a Milano. La bomba, lunga circa un metro, è stata scoperta da alcuni operai durante uno scavo a tre metri di profondità. Come ho già avuto modo di esporre sono innumerevoli i casi dove solo grazie alla fortuna i ritrovamenti occasionali non si sono trasformati in tragedie. Il numero degli Pag. 63incidenti occorsi a seguito di ritrovamenti occasionali, o avvenuti nel corso delle operazioni di brillamento, che hanno determinato il ferimento o la morte di civili o di personale militare non è, tuttavia, noto; ma è chiaro che l'impatto sociale ed economico può essere ritenuto rilevante.
La prevenzione e quindi la tutela, nel loro significato più ampio, nei cantieri temporanei o mobili interessati da attività di scavo, che per loro natura sono pericolosi, è lo scopo principale di questa proposta di legge. Noi Radicali, assieme al Partito per la tutela dei diritti dei militari e delle forze di polizia, il cui contributo ai nostri lavori è stato determinante, siamo convinti che oggi quest'Assemblea licenzierà con voto favorevole e ampia condivisione questo testo di legge. Vi chiedo di sostenerlo convintamente.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO ANTONIO BOCCUZZI SUL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE NN. 3222-3481-A

ANTONIO BOCCUZZI. La materia della sicurezza sui luoghi di lavoro è stata oggetto di pesante intervento da parte dell'esecutivo. Il decreto legislativo n. 81, infatti, varato solo pochi giorni prima del termine della XV legislatura, con ampio consenso anche in sede di espressione del parere delle Commissioni parlamentari, è stato oggetto di profonda trasformazione, con ben 136 articoli modificati su 306.
Non si è trattato di una semplice correzione, bensì della profonda revisione di un testo che, durante il Governo Prodi, era stato frutto di un lungo e laborioso lavoro e di un confronto serrato con le organizzazioni sindacali e datoriali.
Solo l'intervento del Presidente della Repubblica, giova ricordarlo, ha impedito il varo di una norma sul cosiddetto «obbligo di impedimento», che sollevava il datore di lavoro da particolari responsabilità in ordine alla sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro.
Con il varo del decreto legislativo correttivo n. 106 del 2009, si è inciso profondamente sul tema della valutazione dei rischi, derogando, ad esempio, dall'obbligo di redigere il relativo documento in determinati casi.
Sono state ridefinite e ridimensionate, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo, le pene e le ammende, anche con la reintroduzione dell'alternativa tra arresto e ammenda e si è modificata anche la normativa in materia di visita preassuntiva che potrà essere effettuata adesso da un medico interno all'azienda. Questo, solo per citare le correzioni più gravi.
Numerose sono state le ulteriori azioni tutte volte ad abbassare la guardia sul dramma dell'insicurezza sul lavoro, ma anziché dare una sterzata a questa scellerata azione, si è preferito perseguire questo diabolico disegno.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO GIANPAOLO DOZZO SULLE MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE ALLA GRAVE CARESTIA CHE HA COLPITO IL CORNO D'AFRICA

GIANPAOLO DOZZO. Negli ultimi mesi i media internazionali hanno dato finalmente risalto alla tragica situazione che si sta vivendo in Somalia in particolare ed in tutto il Corno d'Africa. In questo territorio sfortunato siamo ormai ben oltre la situazione di emergenza, siamo di fronte ad una immane tragedia umana di dimensioni così enormi che ci sentiamo impotenti davanti a tanta disperazione.
Un insieme di cause, anche naturali, hanno certamente portato a questa situazione insostenibile, tra le quali tuttavia non mancano i clamorosi errori compiuti dalla comunità internazionale ed una colpevole noncuranza con la quale si guarda storicamente, ammettiamolo, alle tragedie africane.
La situazione somala oggi è forse la più grave mai registratasi anche per un continente martoriato come quello africano: il territorio è di fatto privo di un Governo con un'autorità effettiva, il Governo di transizione è debolissimo e gruppi di miliziani Pag. 64islamici controllano di fatto gran parte del territorio, gruppi con i quali, senza inutili ipocrisie, è stato necessario e sarà necessario scendere a patti se vogliamo che gli aiuti inviati raggiungano la popolazione.
Non sono interlocutori migliori del resto molti appartenenti all'esercito ufficiale che pretendono denaro o perpetrano violenze sulla popolazione in cambio della distribuzione degli aiuti che gestiscono. Del resto gli stessi caschi blu inviati quasi vent'anni fa per porre fine alla guerra civile non hanno dato esempi migliori e hanno dovuto ritirarsi senza onore. In questo contesto di assoluto caos politico e amministrativo, e su una agricoltura già poverissima e poco sviluppata nonostante decenni di programmi, di investimenti e di aiuti da parte della FAO e della Banca Mondiale, si è abbattuta la peggiore siccità degli ultimi sessant'anni, con i risultati spaventosi che hanno ricordato i colleghi presentatori delle mozioni: una mortalità infantile che non ha precedenti (l'86 per cento dei nati non sopravvivono al primo anno di vita nelle due regioni del sud più colpite), 50 per cento di bambini denutriti, 3,8 milioni di persone, la metà della popolazione, vittime della fame, la fame vera, quella di cui si muore. Il flagello della siccità si è abbattuto sulla Somalia provocando la perdita della maggior parte dei capi di bestiame e rendendo di fatto impossibile la prosecuzione delle coltivazioni in un paese in cui l'agricoltura fornisce il 65 per cento del PIL e impiega il 71 per cento della forza lavoro. Oggi la vita della metà dei somali dipende unicamente dalla tempestività con cui i donatori internazionali saranno in grado di fornire assistenza e beni di prima necessità, cioè acqua, cibo, medicine e ripari.
La presenza di organizzazioni internazionali ai massimi livelli, l'ONU con le sue agenzie specializzate come la FAO e la Banca Mondiale non hanno impedito negli ultimi dieci anni che fossero realizzate deviazioni di corsi d'acqua a di puro sfruttamento lasciandone privi interi territori, né che terreni necessari per l'agricoltura della popolazione locale fossero convertiti a produzioni destinate ai mercati esteri, magari ai bio carburanti. I prezzi dei cereali, schizzati alle stelle, hanno provocato rivolte per fame in Asia, nel Maghreb fungendo da detonatore di rivolte civili di cui abbiamo visto gli esiti, ma qui no, la gente è talmente affamata e sfinita da non avere nemmeno la forza di ribellarsi.
Come ho già avuto modo di dire in altre occasioni, ritengo veramente importantissimo, anzi direi «propedeutico» capire che il dibattito sull'aiuto e sulla cooperazione superi la semplice guerra delle cifre, dell'ammontare di soldi che stanziamo per l'una o l'altra emergenza, perché questo oltre al lavare le nostre coscienze non garantisce nulla, ma proprio nulla del miglioramento delle condizioni delle persone che vogliamo aiutare, anzi, se mal veicolati aumentano le sacche di corruzione, e quindi di diseguaglianza e di violenza.
Tutti i milioni di dollari che la comunità internazionale ha inviato nel Corno d'Africa negli ultimi venti anni hanno prodotto pochissimo in termini di sviluppo e hanno portato ad una situazione semmai di dipendenza dai generi di prima necessità inviati dall'estero, una dipendenza che è necessaria nelle situazioni di emergenza ma non può diventare cronica, i campi profughi non possono diventare il contesto di tutta una vita per una persona ma solo un passaggio per poi avviare almeno un tentativo di auto sviluppo.
Il Kenya ha assistito all'ingresso nel proprio territorio di un numero altissimo di somali sfuggiti dalle aree più a rischio. Si calcola che solo dall'inizio del 2011 circa centomila somali si siano rifugiati in questo paese, dei quali sessantamila sono stati ospitati nel tristemente famoso campo profughi di Dabaab, il più grande del mondo. Costruito nel 1991 per dare rifugio a circa novantamila persone, il campo di Dabaab ne ospita più di quattro volte tanto; le condizioni di vita in questa struttura diventano sempre più precarie, soprattutto alla luce del fatto che ogni giorno si registrano più di mille nuovi arrivi. Pag. 65
I mezzi necessari per una situazione tanto grave devono certo essere ingenti, e credo che, nonostante la crisi economica, il nostro paese abbia fatto davvero uno sforzo finanziario importante per l'emergenza in Corno d'Africa, ma per favore parliamo anche di che cosa occorre fare con questi soldi, di quale deve essere la linea di azione e l'obiettivo a cui tendere, parliamo di progetti, anche in seno all'ONU, e non limitiamoci a dichiarazioni di intenti.
I progetti in questo contesto devono necessariamente passare per uno sviluppo agricolo autonomo, l'unico in grado di assicurare l'alimentazione di base della popolazione e cancellare lo spettro della fame, ma troppo spesso questo tema nei consessi internazionali viene trascurato con una superficialità imperdonabile di fronte ai temi dell'approvvigionamento di risorse energetiche e del controllo di territori strategici, temi che purtroppo relegano il Corno d'Africa ad un ruolo marginale.
Mi fa molto piacere registrare oggi in quest'aula, come già era successo in seno alla Commissione esteri, una ampia sensibilità e una attenzione non superficiale alla situazione di queste terre martoriate. La mozione chiede che la comunità internazionale si impegni a sostenere un miglioramento delle condizioni di vita nel Corno d'Africa attraverso gli strumenti della diplomazia, del dono, ma anche con l'informazione, elemento spesso sottovalutato ma in realtà davvero molto importante per creare una coscienza diffusa di quel che avviene in questa parte del mondo che riteniamo lontana ma, come ormai tutti dovremmo avere capito, in un mondo globalizzato subisce direttamente gli effetti dei nostri comportamenti, dei nostri consumi, dei nostri sprechi e della nostra indifferenza.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 9)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Risol. Farina Coscioni e a 6-86 497 497 249 497 52 Appr.
2 Nom. Risol. Maurizio Turco e a 6-87 p. I 496 462 34 232 410 52 53 Appr.
3 Nom. Risol. Maurizio Turco e a 6-87 p. II 497 250 247 126 16 234 52 Resp.
4 Nom. Risol. Pescante e a 6-91 496 495 1 248 495 51 Appr.
5 Nom. T.U. 3222-3481-A - subem. 0.1.20.1 461 461 231 461 49 Appr.
6 Nom. subem. 0.1.20.2 464 448 16 225 448 49 Appr.
7 Nom. em. 1.20 466 451 15 226 451 49 Appr.
8 Nom. T.U. 3222-3481-A - voto finale 467 451 16 226 451 49 Appr.
9 Nom. Moz. Farina R. e a 1-710 439 439 220 439 49 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.