Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute >>

XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 492 di martedì 28 giugno 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 9,05.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 23 giugno 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Carfagna, Casero, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fassino, Fava, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lo Monte, Lombardo, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliori, Milanato, Misiti, Mura, Leoluca Orlando, Pecorella, Polidori, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Romano, Rosso, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza, con lettera in data 23 giugno 2011, il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla I Commissione (Affari costituzionali):
«Conversione in legge del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89, recante disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di paesi terzi irregolari» (4449) - Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), III, V, VII, XII e XIV.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Discussione della proposta di legge: Golfo ed altri; Mosca ed altri: Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati (Approvata, in un testo unificato, dalla VI Commissione permanente della Camera e modificata dal Senato) (A.C. 2426-2956-B) (ore 9,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge di iniziativa dei deputati Golfo ed altri; Mosca ed altri, già approvata, in un testo Pag. 2unificato, dalla VI Commissione permanente della Camera e modificata dal Senato: Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2426-2956-B)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la VI Commissione si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Comaroli, ha facoltà di svolgere la relazione.

SILVANA ANDREINA COMAROLI, Relatore. Signor Presidente, la proposta di legge in esame, preso atto della scarsa rappresentatività delle donne nella veste di consiglieri di amministrazione e di componenti degli organi di controllo delle società per azioni quotate nei mercati regolamentati, apporta alcune modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, al fine di prevedere che nella composizione degli organi di amministrazione - consiglio di amministrazione o consiglio di gestione - e di controllo - ovvero collegio sindacale o consiglio di sorveglianza - di tali società al genere meno rappresentato sia riconosciuto almeno un terzo dei posti.
La proposta di legge è stata approvata in un testo unificato, in sede legislativa, dalla Commissione finanze e successivamente modificata dal Senato, dove è stato in primo luogo modificato l'articolo 1, comma 1, il quale introduce un nuovo comma 1-ter nell'articolo 147-ter del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ovvero il meccanismo sanzionatorio previsto nel caso di mancato rispetto del criterio di riparto tra i generi ai fini della nomina dei componenti del consiglio d'amministrazione o del consiglio di gestione delle società quotate.
Mentre il testo approvato dalla Camera prevedeva la decadenza dei componenti eletti, la nuova formulazione del testo istituisce invece un'articolata procedura per le ipotesi in cui il consiglio di amministrazione, ovvero il consiglio di gestione eletto, non rispetti i predetti criteri di equilibrio dei generi.
In prima istanza, si prevede che la Consob emetta una diffida nei confronti della società che non abbia rispettato tali regole affinché si adegui entro il termine massimo di quattro mesi. Qualora la società non ottemperi a tale diffida si prevede l'applicazione di una sanzione pecuniaria amministrativa da 100 mila euro a un milione di euro, secondo criteri e modalità stabiliti con regolamento della Consob e la fissazione di un ulteriore termine di tre mesi per adempiere. In caso di ulteriore inosservanza di tale ultima diffida si applica la sanzione della decadenza dei membri del consiglio.
Le norme introdotte dal Senato affidano inoltre allo statuto societario la disciplina delle modalità di formazione delle liste e dei casi di sostituzione in corso di mandato, al fine di garantire l'equilibrio dei generi. Si stabilisce altresì che, in base al proprio regolamento, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della norma, la Consob statuisca in materia di violazione, applicazione e rispetto delle disposizioni in materia di quote di genere, Pag. 3anche in riferimento alla fase istruttoria e alle procedure da adottare.
Il Senato ha inoltre modificato la lettera a) del comma 3 dell'articolo 1, la quale inserisce un nuovo comma 1-bis nell'articolo 148 del TUF, relativo alla composizione degli organi di controllo societario delle società quotate, prevedendo anche in questo caso l'applicazione del riparto tra i generi, previsto per i componenti del consiglio di amministrazione. A tale proposito, mentre il testo approvato dalla Camera sanzionava il mancato rispetto delle suddette prescrizioni con la decadenza dalla carica dei componenti eletti, la formulazione approvata dal Senato prevede, anche questo caso, un'articolata procedura sanzionatoria analoga a quella prevista dal comma 1 dell'articolo per gli organi di amministrazione. Pertanto, anche in questa fattispecie, si prevede che la Consob emetta una prima diffida nei confronti della società che non abbia rispettato tali regole affinché si adegui entro il termine massimo che anche in questo caso è di quattro mesi. Qualora la società non ottemperi a tale diffida si prevede l'applicazione di una sanzione pecuniaria amministrativa - in questo caso da 20 mila a 200 mila euro - e la fissazione di un ulteriore termine di tre mesi per adempiere. In caso di ulteriore inosservanza di tale ultima diffida si applica la sanzione della decadenza dei membri dall'organo di controllo.
Si stabilisce altresì che, in base a proprio regolamento da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore delle norme, la Consob statuisca in materia di violazione, applicazione e rispetto delle disposizioni in materia di quote di genere anche con riferimento alla fase istruttoria e alle procedure da adottare.
All'articolo 2, il quale disciplina il termine di decorrenza dell'applicazione delle norme proposte, mentre il testo approvato dalla Camera prevedeva che le disposizioni trovassero applicazione dal primo rinnovo degli organi di amministrazione e controllo delle società quotate e, comunque, non prima di sei mesi dall'entrata in vigore della legge medesima, il Senato invece ha posticipato il termine di decorrenza della nuova disciplina, fissandolo al primo rinnovo dei predetti organi successivo ad un anno dall'entrata in vigore della disposizione proposta.
Inoltre, al fine di rendere graduale l'applicazione delle nuove norme, è stato previsto un regime transitorio in forza del quale, per il primo mandato in cui sono applicate le nuove disposizioni, la quota dei componenti degli organi societari riservati al genere meno rappresentato è fissata in un quinto, anziché in un terzo.
All'articolo 3, il quale estende le disposizioni in materia di equilibrio tra i generi anche alle società a controllo pubblico non quotate, il Senato ha specificato, al comma 1, che la previsione si riferisce alle società costituite in Italia controllate da pubbliche amministrazioni. È stato inoltre aggiunto un comma 2, il quale demanda a un regolamento governativo la definizione di termini e modalità di attuazione delle predette prescrizioni negli organi di amministrazione e controllo delle società pubbliche, con lo scopo di definire una disciplina uniforme per tutte le società interessate.
Al regolamento è in particolare affidata la disciplina della vigilanza sull'applicazione delle norme introdotte, nonché delle forme e dei termini dei provvedimenti ivi previsti e le modalità di sostituzione dei componenti decaduti.
Nel valutare le soluzioni individuate dalla proposta di legge in esame occorre ricordare che il nostro Paese presenta un esiguo numero, in percentuale, di donne ai vertici aziendali. Nella recente analisi di Assonime sull'attuazione del codice di autodisciplina riferita all'anno 2010 si legge che le donne presenti nei consigli di amministrazione rappresentano il 6 per cento del totale, mentre le donne presenti nei collegi sindacali il 7 per cento. Sembra quindi appropriata un'azione legislativa capace di imprimere un'accelerazione alla presenza femminile negli organi di amministrazione e controllo, altrimenti difficilmente realizzabile, ferma restando la gradualità nell'applicazione della misura al fine di consentire un ricambio equilibrato Pag. 4degli organi societari e l'elaborazione da parte delle società di idonee politiche per la selezione dei candidati, di qualsiasi sesso essi siano, dotati dei necessari requisiti di professionalità e competenza.
D'altro canto, ricordo che il 1o marzo 2011 la Commissione europea ha presentato una relazione sui progressi realizzati nella parità tra uomini e donne nel 2010 in cui un ampio capitolo è dedicato alla parità di genere nel settore economico. Per quanto riguarda in particolare le donne nel processo decisionale, la Commissione rileva che, nonostante il fatto che sempre più numerose siano le donne altamente qualificate e che la partecipazione al mercato del lavoro delle donne sia in aumento, esse sono tuttora minoritarie rispetto agli uomini in posti di responsabilità nella politica e nelle imprese, specialmente ai più alti livelli. I dati raccolti nel documento di lavoro su cui si fonda la relazione mostrano che nonostante 9 lavoratori su 20 siano donne, il numero di donne con funzioni direttive, fra cui direttori, amministratori delegati e dirigenti di piccole aziende, nell'Europa sono meno di un terzo. La differenza fra la percentuale di donne con funzioni direttive e la percentuale di donne lavoratrici è più alta a Cipro e in Finlandia; per entrambi i Paesi tale differenza è sopra i 30 punti percentuali, mentre è più bassa in Grecia, Spagna e Italia, dove la differenza è sotto i 10 punti percentuali.
In generale, secondo la Commissione, la disparità fra uomini e donne nell'ambito delle funzioni direttive non si è modificata sostanzialmente salendo, nell'Unione europea, dal 30 per cento nel 2000 al 32,8 nel 2009. Solo il 12 per cento dei membri dei consigli di amministrazione delle principali imprese - le blue chips - dei listini di borsa è costituito da donne, la percentuale supera il 20 per cento in Finlandia, Svezia, Slovacchia, Lettonia e Romania, ma scende al 5 per cento in Italia, Lussemburgo, Portogallo, Malta e Cipro. Non vi sono donne fra i Governatori delle Banche centrali dell'Unione europea e le donne rappresentano soltanto il 16 per cento negli organi decisionali più elevati di tali istituzioni. Le statistiche della Commissione europea indicano infatti che l'Italia è ventinovesima, su 33 Paesi censiti, per numero di donne presenti nei consigli di amministrazione delle società quotate e conta solo il 4 per cento di amministratori di sesso femminile, contro una media dell'Unione europea a 27 membri dell'11 per cento, seguita solo da Malta, Cipro, Lussemburgo e Portogallo.
Dati ancora più preoccupanti emergono qualora si considerano i consigli di amministrazione delle prime 300 società europee, di cui 23 italiane: in tal contesto infatti l'European professional women's network indica che in seno a tali 23 società italiane, su 375 posti negli organi di amministrazione solo 8 sono occupati da esponenti del sesso femminile, inchiodando l'Italia al sedicesimo posto su 17 della classifica.
La Commissione ritiene tale situazione tanto più paradossale in considerazione del fatto che le studentesse superano in numero gli studenti nel settore del commercio, della gestione e del diritto. Occorre, quindi, evidenziare come il tema affrontato dalla proposta di legge non costituisca solo un problema di genere, di tutela, cioè, dei diritti delle donne, ma rappresenti soprattutto un problema di modernizzazione e di rafforzamento del tessuto economico e professionale del Paese, il quale deve potersi avvalere, per sostenere le sfide poste dalla concorrenza internazionale, delle risorse umane, intellettuali ed imprenditoriali delle donne, anche attraendo le migliori intelligenze manageriali femminili presenti sul mercato europeo e internazionale.
Inoltre, il superamento di questa situazione di grave squilibrio tra i generi rappresenta un elemento fondamentale per migliorare la mobilità sociale del Paese, la quale costituisce, a sua volta, una delle molle fondamentali per lo sviluppo, non solo economico, dell'Italia. Occorre, infatti, sottolineare come la sostanziale marginalità delle risorse professionali femminili costituisca la spia di incrostazioni storiche e culturali che rischiano di condannare il Paese, nel lungo periodo, alla stagnazione Pag. 5e come un maggiore coinvolgimento delle donne all'interno delle imprese potrebbe rappresentare, invece, uno stimolo potente all'innovazione del sistema.
Inoltre, una partecipazione più attiva e qualificata dell'universo femminile ai segmenti elevati della vita professionale e imprenditoriale potrebbe favorire il superamento dell'attuale crisi delle classi dirigenti, contribuendo ad eliminare meccanismi familistici o di cooptazione e ad orientare i processi di selezione verso logiche improntate maggiormente al merito. A fronte di tale quadro, la Commissione, ribadendo che la partecipazione paritaria di donne e uomini ai processi decisionali è una necessità democratica ed economica che numerosi studi sottolineano - un rapporto positivo tra la presenza delle donne in posti direttivi e i risultati finanziari e organizzativi - ritiene necessari un impegno e una partnership più forte a tutti i livelli: Governi, autorità regionali e locali, partiti politici, parti sociali, dirigenti di impresa, unità di risorse umane, organizzazioni non governative, istituti di istruzione e mezzi di comunicazione.
Secondo la Commissione, la migliore strategia sembra comunque essere, benché controversa, l'introduzione di quote per via normativa. A tale proposito, sottolinea in particolare il caso della Norvegia, dove è stata attuata un'azione positiva per correggere il disequilibrio, imponendo per legge una rappresentanza femminile di almeno il 40 per cento in seno ai consigli di amministrazione delle imprese pubbliche e private. Oggi la presenza femminile in questo Paese è arrivata spontaneamente al 40 per cento.
La Commissione osserva in proposito che, prevedendo sanzioni in caso di non conformità, tale intervento legislativo, approvato nel dicembre 2003, ha effettivamente prodotto un innalzamento del livello di partecipazione femminile nei consigli di amministrazione norvegesi. Anche la Spagna ha adottato una legge sull'uguaglianza nel 2007, che incoraggia le imprese principali a modificare la composizione dei comitati direttivi, fino a raggiungere una percentuale di donne del 40 per cento entro il 2015.
Pur non prevedendo sanzioni, la percentuale di donne con funzioni direttive è salita dal 4 per cento del 2006 al 10 per cento nel 2010. Legislazioni analoghe sono state introdotte di recente anche in Islanda e Francia, ma la Commissione ritiene che siano in vigore da troppo poco tempo per valutarne i risultati. In particolare, in Francia, secondo una legge approvata nel gennaio 2011, la proporzione di amministratori di ciascun sesso non può essere inferiore al 40 per cento; proporzione da raggiungere nell'arco di sei anni, con il raggiungimento minimo del 20 per cento entro i tre anni dalla promulgazione della legge. Negli organi di amministrazione con un massimo di otto membri lo scarto fra i rappresentanti dei due sessi non può essere superiore a due.
In base al nuovo provvedimento, il mancato rispetto delle quote fissate comporterà la nullità delle nomine dei consigli di amministrazione avvenute in violazione di tali percentuali, ad eccezione delle nomine di amministratori appartenenti al sesso sottorappresentato nel consiglio di amministrazione e implicherà l'obbligo di convocare una nuova assemblea generale per regolarizzare la composizione del consiglio di amministrazione stesso.
Da ultimo, ricordo che, nel corso dell'esame in sede referente, non sono state apportate modifiche al testo del provvedimento in esame che potrebbe, quindi, essere approvato dall'Assemblea in via definitiva e diventare legge dello Stato in tempi brevi. Le Commissioni competenti (affari costituzionali e giustizia) in sede consultiva, hanno entrambe espresso parere favorevole sul provvedimento in oggetto.
Concludo sottolineando che le disposizioni della presente proposta di legge valgono solo per tre mandati degli organi di amministrazione e controllo, successivamente ai quali cesserà l'introduzione per via normativa della parità di accesso. L'obiettivo è quello di recuperare il ritardo nel raggiungimento di un'effettiva parità tra Pag. 6i generi, elemento di ritardo culturale che pregiudica il grado di internazionalizzazione delle nostre imprese e rischia di allargare la distanza del nostro sistema economico rispetto al contesto internazionale nel quale si osserva la tendenza delle società più importanti sul mercato ad aprire, in misura sempre maggiore, l'accesso ai propri organi di amministrazione a professionisti di nazionalità diversa da quella della società stessa, in particolare di sesso femminile (Applausi).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritta a parlare l'onorevole Mosca. Ne ha facoltà.

ALESSIA MARIA MOSCA. Signor Presidente, il provvedimento di cui stiamo discutendo oggi, concernente modifiche al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, come è noto, è alla terza lettura. Questa si è resa necessaria a causa delle modifiche apportate dal Senato che, pur mantenendo il principio fondamentale su cui si basava il testo approvato lo scorso dicembre qui alla Camera, ha introdotto due modifiche significative. Entrambe queste modifiche riguardano l'introduzione di una gradualità, da un lato, sul piano delle sanzioni da applicare in caso di inottemperanza e, dall'altro, in riferimento alle quote di genere all'interno dei consigli di amministrazione.
Per quanto riguarda la gradualità in tema di sanzioni, il testo approvato dalla Camera prevedeva che si procedesse ad un'immediata decadenza dell'organo nel momento in cui non fosse rispettato il criterio di riparto stabilito, ossia la quota del 33 per cento del genere meno rappresentato all'interno sia del consiglio di amministrazione, sia del collegio sindacale. Il nuovo testo prevede, al contrario, che questa sanzione sia diluita nel tempo. Si inizia con una diffida da parte della Consob nei confronti della società non adempiente, la quale ha quattro mesi di tempo per poter adempiere al suddetto obbligo. In caso di ulteriore inottemperanza, segue una sanzione pecuniaria, che va da un minimo di centomila euro ad un massimo di un milione di euro, con altri tre mesi di tempo per poter adempiere all'obbligo e, infine, si arriva alla decadenza solo dopo sette mesi rispetto al momento della nomina dei consiglieri di amministrazione.
Allo stesso modo è stata inserita una gradualità per l'applicazione della stessa percentuale all'interno dei consigli di amministrazione. Il testo originario prevedeva che, da subito, si arrivasse a coprire il 33 per cento del genere meno rappresentato, mentre con il nuovo testo si prevede che a un anno dall'approvazione del testo normativo di cui stiamo discutendo oggi, e al primo rinnovo, si arrivi ad una percentuale del 20 per cento, per poi arrivare al 33 per cento con il mandato successivo, dopo tre anni.
Resta comunque inalterata la questione della temporaneità della norma: dopo tre mandati la norma si ritiene decaduta.
Al di là del merito, la discussione che ha accompagnato questa proposta di legge ha avuto un iter piuttosto tortuoso e ha suscitato molti dibattiti. Prima ancora di sapere quale sarà l'esito del voto sul testo, penso che oggi possiamo celebrare una vittoria, che è la vittoria del Parlamento. Il Parlamento oggi, infatti, adempie pienamente alla sua funzione di legislatore autonomo rispetto al Governo e più autonomo del Governo nell'essere stato in grado di resistere a pressioni di lobby e corporazioni, che hanno tentato in tutti i modi di ostacolare l'approvazione di questa legge o di indebolirla al punto tale da renderla totalmente inefficace. È una vittoria del Parlamento anche nella capacità che ha dimostrato di saper lavorare in entrambi i rami con l'obiettivo di risolvere alcuni problemi, con massimo pragmatismo e senza far prevalere mai gli interessi di parte o una sterile disputa ideologica, quando invece servono delle soluzioni veloci, pratiche e pragmatiche.
È inoltre un Parlamento che oggi adempie pienamente alla sua funzione di rappresentare, cioè di onorare quel patto su cui si fonda la nostra democrazia, che Pag. 7è un patto di collegamento, di sintesi e di interpretazione delle esigenze della realtà. Si è costruito, infatti, un rapporto diretto tra ciò che sta dentro e ciò che sta fuori il palazzo, un collegamento che è stato da subito anche collaborazione, fin dai primi momenti, dalla stesura di questo testo e poi via via in tutta la fase di discussione attraverso le audizioni di esperti, che sono venuti in Commissione finanze a fornire dei suggerimenti per migliorare e per rendere quanto più efficace possibile lo stesso testo. Si tratta di esperti che sono stati vicino a noi e che hanno lavorato insieme a molte altre persone che ci hanno accompagnato in tutto questo percorso. Ne cito alcuni solamente, per non poterli citare tutti, a titolo anche di ringraziamento per tutto il lavoro che è stato svolto, dalla professoressa Maria D'Amico ad Anna Puccio, da Livia Aliberti alla professoressa Marina Brogi e tanti altri.
In più si è creato anche un supporto e un grande sostegno da parte di quanti e quante si sono mobilitati per far sentire la loro voce di sostegno a questa norma e per far capire quanto fosse ritenuta urgente e indispensabile, nel momento in cui in Senato c'è stata una fase nella quale si pensava che la norma sarebbe stata definitivamente affossata. Questa voce ha fatto sì che i senatori dentro l'Aula potessero continuare a lavorare, trovando un compromesso che ci ha consentito di arrivare al testo sul quale stiamo discutendo oggi.
Nel merito molto è stato detto su questa proposta di legge, sia da parte di chi la sostiene sia da parte di chi la contrasta, e si è tentato in realtà di far rinascere quella querelle ideologica che divide i tifosi delle quote dai detrattori delle stesse. È stato un tentativo attuato cercando di utilizzare una serie di contro argomentazioni: l'argomentazione dell'anticostituzionalità e dell'antimeritocrazia delle quote; l'argomentazione della logica antimercato, per cui le quote sono imposte a delle società che operano in mercati liberi. Tutte queste argomentazioni sono state smontate, sia in linea di principio, sia utilizzando dei dati alla mano e sia utilizzando l'esperienza di quei Paesi che prima di noi si sono dotati di una normativa simile. Fortunatamente tutti questi tentativi sono stati appunto sventati e sono stati sventati anche perché molti - anche quanti sono stati contrari alle quote e continuano ad esserlo - hanno raggiunto la convinzione che si tratta di uno strumento indispensabile per sbloccare una situazione che è bloccata o procede con tale lentezza, «pachidermica», verso una rappresentanza paritaria nei luoghi di decisione, da necessitare di una cura particolare.
È per questo che si è ritenuto indispensabile «ingoiare» un male necessario ed è anche per questo che abbiamo deciso di mantenere la temporaneità, proprio per sottolineare il carattere di azione positiva di questa norma che serve proprio per dare uno shock. Essa, infatti, non avrà più bisogno di rimanere in piedi nel momento in cui questo blocco iniziale sarà superato.
Con questa proposta di legge noi riteniamo che il Paese si muova verso la modernità, intendendo con modernità la capacità di aprirsi al diverso cogliendone tutti i vantaggi, e intendendo con modernità anche il fatto che l'economia potrà trarne beneficio. Siamo certi di questo. L'economia trarrà beneficio da una norma come questa, anche solo per il fatto che si aprirà a maggiore competizione e saranno messi in circolazione e in campo molti nuovi talenti.
Siamo molto consapevoli che non finisce qui questo percorso, anzi oggi siamo solo al punto di avvio. È un percorso che inizia, è l'inizio di un cambiamento culturale che questa legge può solo attivare. Perché abbia successo sarà necessario procedere con altra normativa simile. Alcune norme sono in discussione anche in questo ramo del Parlamento: è all'esame della I Commissione (Affari costituzionali) una norma speculare, che mantiene lo stesso principio anche nelle amministrazioni locali, e vi sono altre norme che vanno a modificare il welfare in modo da eliminare tutti quegli ostacoli per la carriera, perché le donne possano mantenere questi posti di responsabilità. Pag. 8
Ma questo cambiamento culturale avrà successo solo se tutti si assumeranno le proprie responsabilità. Queste responsabilità dovranno essere prese da parte delle donne che entreranno nei consigli di amministrazione, perché siano esse stesse effettivi fattori di cambiamento. Questo cambiamento culturale avrà successo se gli stessi consigli di amministrazione si assumeranno il loro pezzo di responsabilità, perché siano aperti alle novità e sappiano contaminarsi.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ALESSIA MARIA MOSCA. Concludo dicendo che, per affrontare i tempi complessi che stiamo vivendo e i tempi ancora più complessi che ci aspettano, bisogna accogliere benevolmente i cambiamenti e non resistere loro, e le donne che questa legge promuoverà saranno, ancora più di oggi, un grande fattore di cambiamento.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Giammanco. Ne ha facoltà.

GABRIELLA GIAMMANCO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di legge in discussione che a breve verrà definitivamente approvata da questo ramo del Parlamento rappresenta un ulteriore importante passo in avanti in direzione del raggiungimento di una piena parità uomo-donna nell'accesso a ruoli professionali di grande responsabilità. Considerato infatti lo squilibrio permanente nella rappresentanza dei generi nelle posizioni di vertice delle società quotate in borsa questo provvedimento mira a riequilibrare l'accesso agli organi di amministrazione e di controllo di tali imprese, garantendo che al genere meno rappresentato sia riconosciuto in modo graduale, e solo per tre mandati consecutivi, almeno un terzo dei posti disponibili.
Attualmente i dati sulla partecipazione delle donne ai più delicati processi decisionali riguardanti l'economia del nostro Paese sono sconfortanti. Nei consigli di amministrazione delle grandi imprese le donne rappresentano solo un irrisorio 6 per cento, pur avendo grande competenza e dimostrando di saper fare impresa. In un momento delicato come quello che sta vivendo l'economia italiana rappresenta un dato anticiclico dalla portata significativa, e perciò motivo di ottimismo, la crescita delle imprese rosa. Secondo l'ultimo rapporto Unioncamere sull'imprenditoria femminile nell'ultimo anno le imprese guidate da donne si sono comportate meglio rispetto a quelle con a capo uomini, resistendo alla crisi ed essendo cresciute del 2,1 per cento, a dispetto delle imprese a guida maschile che hanno fatto registrare una flessione dello 0,4 per cento.
Sono aumentate quindi le aziende rosa, che in Italia sono più di un milione quattrocentomila. L'attività di queste imprese si concentra soprattutto nel settore dei servizi (il settore terziario), in particolare in quelli relativi alla sanità ed alla assistenza sociale, dove ben il 41 per cento (quasi un'impresa su due) è guidata da una donna. Una realtà, quella italiana, supportata da numerosi studi e ricerche sul campo che sottolineano lo stretto rapporto tra la presenza di donne in posti direttivi e risultati finanziari e organizzativi della realtà che sono state chiamate a gestire.
Di contro, come ha rilevato lo scorso marzo anche la Commissione europea, nonostante siano sempre più numerose le donne altamente qualificate e la loro partecipazione al mercato del lavoro sia in aumento, esse sono tuttora minoritarie rispetto agli uomini nei posti di responsabilità delle imprese.
La stessa Commissione europea evidenzia che, negli ultimi anni, la disparità tra uomini e donne nell'ambito delle funzioni direttive non si è sostanzialmente modificata. Tale situazione è ancor più ingiustificata se si considera il fatto che le studentesse nei settori dell'economia e del commercio sono diventate sempre più numerose degli studenti e che, solo per fare un esempio, nel 2008, nell'Unione europea, il 60 per cento dei titoli universitari è stato conseguito da donne, mentre in media solo circa l'11 per Pag. 9cento dei membri di consiglio delle principali imprese europee è donna.
La proposta di legge che ci approssimiamo a votare per la parità di accesso dei generi nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa e di quelle a partecipazione pubblica è, perciò, in linea con quanto ci chiede l'Europa e, cioè, imprese sempre più aperte alle donne. Anche secondo il Parlamento europeo, infatti, è essenziale riconoscere il valore inestimabile delle donne sul luogo di lavoro e nel settore degli affari. La promozione della presenza paritaria di donne e uomini nei luoghi di lavoro delle decisioni economiche costituisce, infatti, una delle priorità della nuova strategia 2010-2015 per la parità dei generi nell'Unione europea. Secondo la Commissione europea, infatti, una partecipazione equilibrata dei generi ai processi decisionali economici potrà contribuire a creare un ambiente di lavoro più produttivo e innovativo.
La proposta di legge in discussione si inserisce, perciò, a pieno titolo, nello scenario europeo dove gli altri Paesi hanno introdotto le quote rosa per via normativa. È il caso della Spagna, della Francia e della Norvegia. In quest'ultima in particolare, l'introduzione di quote per la parità tra i generi ha effettivamente prodotto un innalzamento del livello di partecipazione femminile nei consigli di amministrazione addirittura superiore a quanto richiesto.
Personalmente, sono contraria al meccanismo delle quote, delle quote di genere, delle quote rosa che dir si voglia. Nell'immaginario collettivo spesso si tende a considerarle quasi come delle concessioni che si fanno a noi donne. Sono convinta che le buone idee, le capacità, il talento, la competenza, non abbiano sesso e che ne siano portatori sia uomini che donne, ma è pur vero che bisogna attuare una rivoluzione culturale e strumenti di questo tipo, da adottare in via transitoria, sono indispensabili per scardinare pratiche consolidate e modificare lo status quo. Imporre delle quote di genere nei più importanti luoghi decisionali dell'economia italiana servirà a rinnovare la classe dirigente e a rivoluzionare un sistema tradizionalmente caratterizzato da una presenza quasi tutta maschile. Sono convinta che, quando la rivoluzione del merito sarà finalmente compiuta, in questo Paese non servirà più parlare di quote e di pari opportunità perché a tutti, uomini e donne, si apriranno grandi spazi di azione.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, permettetemi, infine, di sottolineare come questo prezioso strumento legislativo messo a punto dal Parlamento per valorizzare le potenzialità delle donne, offrendo loro nuove opportunità di ingresso nel sistema imprenditoriale, sia solo l'ennesimo provvedimento di questa maggioranza e di questo Governo a favore di noi donne. Alle demagogiche manifestazioni dell'opposizione, che hanno strumentalizzato le donne, abbiamo risposto con fatti concreti.
La lista di ciò che abbiamo realizzato è lunga: dall'introduzione del reato di stalking nel codice penale, che ha garantito la sicurezza a tante donne e restituito loro una vita serena, all'inasprimento delle pene per il reato di violenza sessuale; dalle misure contenute nel Piano Italia 2020 e promosse dai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e delle pari opportunità e finanziate con 40 milioni di euro per potenziare i servizi di assistenza alla prima infanzia e favorire così le donne nella conciliazione famiglia-lavoro, all'avviso comune, siglato tra il Ministro Sacconi e i sindacati, i datori di lavoro e le parti sociali interessate, per rendere gli orari di lavoro più flessibili e, in questo modo, agevolare l'ingresso e la permanenza delle donne, con una famiglia da gestire, nel mercato del lavoro.
Questi sono solo alcuni dei successi raggiunti con una politica a sostegno delle donne e tanti sono ancora gli obiettivi che ci prefiggiamo di raggiungere, portando avanti la campagna contro la barbarie delle mutilazioni genitali femminili e sostenendo con forza la proposta di legge per un sistema elettorale con la doppia preferenza che possa permettere una maggiore presenza delle donne in politica.
E ancora stiamo portando avanti la proposta per il congedo di paternità obbligatorio Pag. 10per agevolare la permanenza delle donne nei luoghi di lavoro anche dopo la gravidanza oltre che l'importante proposta, di cui sono relatrice, per il sostegno dell'imprenditoria femminile al momento in discussione in Commissione lavoro. Fatti concreti, onorevoli colleghi, portati avanti per le donne senza strumentalizzazioni e, concedetemi di dirlo, a dispetto di certa stampa di sinistra che nei giorni scorsi non si è fatta alcuno scrupolo a pubblicare intercettazioni di nessuna rilevanza penale che insultavano, in modo indegno e incivile, alcuni esponenti del nostro Governo, in particolare modo, il Ministro Brambilla offendendola come donna e come madre e a cui va tutta la mia solidarietà e spero quella di tutte le mie colleghe al di là dell'appartenenza politica.
Signor Presidente, voglia scusarmi questa breve parentesi ma credo che oggi, parlando di donne, fosse doverosa. In conclusione, con l'approvazione della proposta di legge in discussione per la parità di accesso ai consigli di amministrazione, questa maggioranza dimostra di continuare a percorrere la strada finora seguita affinché le donne italiane possano sentirsi supportate dalle istituzioni e appagate come madri e come professioniste competenti e impegnate nel mondo del lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pastore. Ne ha facoltà.

MARIA PIERA PASTORE. Signor Presidente, la proposta di legge interviene sul testo unico in materia di intermediazione finanziaria stabilendo un criterio volto ad assicurare la rappresentanza femminile, nell'articolo 1, nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate e, nell'articolo 3, nelle società costituite in Italia controllate da pubbliche amministrazioni e non quotate nei mercati regolamentati. Per le società quotate la proposta prevede che lo statuto della società, per quanto riguarda i componenti del consiglio di amministrazione, e l'atto costitutivo, per quanto attiene ai componenti del collegio sindacale, assicurino l'equilibrio tra i generi e quindi assicurino la presenza di un terzo del genere meno rappresentato, applicando questo criterio di riparto per tre mandati consecutivi.
Si affida inoltre alla Consob il compito di diffidare la società che non rispetti il criterio di ripartizione prevedendo, in caso di inottemperanza alla diffida, che la Consob applichi una sanzione amministrativa pecuniaria da centomila a un milione di euro se la mancata applicazione del criterio di ripartizione riguarda il consiglio di amministrazione e una sanzione amministrazione pecuniaria da 20 mila a 200 mila euro se l'inottemperanza alla diffida riguarda il collegio sindacale.
La proposta estende anche al consiglio di gestione, se costituito da almeno tre membri, e al consiglio di sorveglianza le stesse disposizioni in materia di equilibrio di genere previste per il consiglio di amministrazione e per i collegi sindacali. Le disposizioni si applicano dal primo rinnovo degli organi di amministrazione e degli organi di controllo delle società quotate in mercati regolamentati successivo ad un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, riservando al genere meno rappresentato, per il primo mandato, una quota pari almeno a un quinto degli amministratori e dei sindaci eletti. Pertanto le norme sull'equilibrio tra i generi previsto dalla proposta di legge si applicano solamente per tre mandati consecutivi, non sono di immediata applicazione perché entrano in vigore tra un anno, stabiliscono per il primo mandato la presenza di almeno un quinto degli amministratori e dei sindaci eletti e solo per i due mandati successivi riservano al genere meno rappresentato un terzo dei componenti.
La proposta stabilisce che le disposizioni si applichino anche alle società costituite in Italia controllate da pubbliche amministrazioni e non quotate in mercati regolamentati. In questo caso i termini e le modalità di applicazione delle disposizioni, la vigilanza sull'applicazione, le forme e i termini dei provvedimenti previsti, le modalità Pag. 11di sostituzione dei componenti decaduti sono rimessi ad un regolamento nella forma di un decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei ministri da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
È opportuno quindi fare alcune considerazioni. È chiaro che la proposta mira ad aumentare la presenza femminile negli organi delle società quotate e nelle società controllate dalle pubbliche amministrazioni ma evitando discriminazioni al contrario e, quindi, evitando di discriminare gli uomini.
Del resto, nel nostro Paese, su 60 milioni di abitanti, 31 milioni sono donne; tuttavia, in tutti i settori e a tutti livelli, manca un equilibrio tra i generi: la presenza femminile, soprattutto, nei luoghi decisionali è decisamente minima, e anche negli organi degli enti locali, spesso, le donne non sono neppure presenti.
Come risulta da un'indagine svolta dalla Commissione europea, il nostro Paese è al ventinovesimo posto, su trentatré Paesi censiti, per numero di donne presenti nei consigli di amministrazione di società quotate. In generale, nei paesi dell'Unione europea, il numero di donne con funzioni direttive è meno di un terzo e solo il 12 per cento dei membri dei consigli di amministrazione delle principali imprese è costituito da donne. Ma, in Italia, la percentuale scende al 5 per cento.
La proposta di legge in discussione attribuisce alla Consob - autorità amministrativa indipendente chiamata a vigilare sul mercato delle società quotate - la regolamentazione delle violazioni e il rispetto delle disposizioni relative all'equilibrio di genere. Ma anche la Commissione nazionale per le società e la Borsa è composta da un presidente e quattro membri, tutti uomini, che restano in carica per sette anni. Quando si parla delle donne e del loro impegno lavorativo si dice e si sente dire che le donne rappresentano un'opportunità e un valore aggiunto. Poi, però, la realtà è assolutamente diversa.
La proposta di legge in oggetto consente di aumentare la rappresentanza femminile e di applicare un criterio meritocratico, dà alle donne la possibilità di dimostrare il proprio valore e la propria competenza. Con questa proposta, in qualche modo, la nostra normativa nazionale si avvicina a quella di altri Paesi europei, quali Francia, Norvegia e Spagna, Paesi dove la legislazione prevede una presenza femminile non inferiore al 40 per cento.
L'obiettivo, quindi, è quello di instaurare una buona prassi, dando applicazione a quanto disposto dall'articolo 51 della Costituzione, nella parte in cui prevede che «la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini».
L'esigenza di assicurare l'equilibrio dei generi nasce dal permanere di consuetudini e di prassi che, a mio modo di vedere, non hanno ragione di esistere. Le donne rappresentano la maggioranza della popolazione, raggiungono alti livelli di istruzione e di specializzazione, ma sono ancora penalizzate nell'accesso al lavoro e nella presenza nei luoghi decisionali di responsabilità. Le donne risultano penalizzate anche dalla maternità, che viene vista come un limite all'efficienza e alla capacità di lavoro.
La finalità del provvedimento è, pertanto, quella di porre in essere azioni positive che, secondo la sentenza della Corte costituzionale n. 109 del 1993, costituiscono il principale strumento a disposizione del legislatore per attuare il dovere, stabilito dall'articolo 3 della Costituzione, di assicurare effettive pari opportunità di inserimento sociale, economico e politico. Azioni positive che comportano l'adozione di discipline giuridiche differenziate a favore di categorie sociali, anche in deroga al generale principio di formale parità di trattamento stabilito dall'articolo 3 della Costituzione.
La proposta, quindi, rappresenta un esperimento, tanto che le disposizioni relative all'equilibrio di genere si applicano solamente per tre mandati consecutivi, ma si spera che riesca a sbloccare una situazione veramente anacronistica, riesca a dare alle donne la possibilità di dimostrare la Pag. 12loro preparazione e la loro competenza, e a portare al livello europeo la presenza femminile nei luoghi decisionali.
Vorrei anche sottolineare che la proposta di legge in oggetto è condivisa da tutti i gruppi parlamentari: spero, quindi, che questo sia la dimostrazione che i tempi sono cambiati, che non esistono, o che sono diminuiti, la diffidenza e il rifiuto circa iniziative volte a dare alle donne maggiori opportunità e a rafforzare la partecipazione della maggioranza della popolazione alla vita economica, politica e sociale (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, la mia, come si sente, non è una voce femminile, ma ciò non toglie che il gruppo al quale appartengo, l'Italia dei Valori, possa esprimere e, anzi, esprima con convinzione una fortissima condivisione di questo provvedimento.
Il problema della parità di genere è un problema culturale, che non deve e non può rimanere soltanto appannaggio delle donne, ma deve pervadere tutta la nostra società, deve pervadere uomini e donne, cioè deve diventare un fatto culturale molto preciso, che si deve insinuare fin nei più remoti gangli della nostra società e della nostra collettività.
Quindi, a mio avviso, il fatto che sia un appartenente all'altro genere - al genere maschile - ad intervenire, dev'essere considerato come un fatto positivo, nel senso che io desidero esprimere una mia personale condivisione, oltre che quella del gruppo dell'Italia dei Valori, all'effettivo riconoscimento delle pari opportunità e della parità di genere, come prevede l'articolo 51, primo comma, della Costituzione.
Questo provvedimento rappresenta uno degli aspetti importanti del raggiungimento di una tendenziale parità di genere, perché la quota riservata non è solo per il genere femminile, ma è anche per il genere maschile. In questa situazione sociale, è un eufemismo dire che gli uomini sono garantiti, per una quota, rispetto alle donne, perché la verità è assolutamente un'altra.
La realtà è rappresentata dalla pervasività della presenza maschile, dalla quasi totalità della presenza maschile, salvo situazioni molto limitate che gli studi scientifici hanno individuato in una quota tra il 7 e il 12 per cento della presenza femminile. Pertanto, in questa situazione sociale italiana, occorre dirlo con molta chiarezza: è il genere femminile che dev'essere tutelato rispetto al genere maschile.
Questo è un primo esperimento. Noi siamo assolutamente d'accordo che questa finalità debba essere mantenuta. Il mio gruppo, l'Italia dei Valori, che ha questa cultura del rispetto delle pari opportunità, si augura che provvedimenti di questo genere vengano estesi anche ad altri settori, non solo nelle amministrazioni pubbliche, ma anche in fase elettorale, in cui bisognerebbe che anche le rappresentanti del genere femminile non respingessero l'idea che, oggi, una quota debba essere riservata alle donne.
Oggi, infatti, c'è effettivamente una situazione di gravissima sproporzione. E quando c'è sproporzione, occorre che vi siano interventi come quelli auspicati o previsti dal primo comma dell'articolo 51 della Costituzione; occorre che vi siano interventi di parificazione o quanto meno di riequilibrio. A mio avviso, il Parlamento, su questo, dovrebbe esprimersi ed esporsi in maniera molto netta.
Credo che il potere detenuto ora, in maniera percentualmente molto elevata, dal genere maschile debba essere ridotto in queste dimensioni e debba estendersi al genere femminile, che rappresenta una risorsa di straordinaria importanza nella nostra società.
Le donne possono contribuire in maniera grandissima anche al superamento di tante difficoltà di carattere etico, che noi troviamo nell'amministrazione della cosa pubblica e nella gestione della vita politica. Siamo convinti che una forte presenza del genere femminile in tutte le attività Pag. 13della vita sociale farebbe fare alla nostra società un salto di qualità di grandissimo rilievo.
Ho sentito una collega che è intervenuta poco fa, la quale, in questo quadro di costituzione di un'effettiva parità di genere, ha voluto un po' strumentalizzare questo dibattito per dire che alcune donne sono state colpite da intercettazioni, e così via: non cominciamo con queste cose che non c'entrano assolutamente niente e che tendono, ancora una volta, a compiere distinzioni rispetto a fatti che riguardano una situazione nel suo complesso.
Credo che se violazioni ci sono state queste hanno riguardato in pari misura, e forse in misura ancora maggiore, gli uomini. Sono tuttavia convinto che errori non ci siano stati e che complessivamente quello che sta venendo fuori sia uno spaccato molto grave della nostra società che riguarda purtroppo complessivamente il genere maschile e il genere femminile.
Fermiamoci quindi al problema che stiamo esaminando; noi dell'Italia dei Valori avremmo preferito, e avevamo votato in questo senso, che rimanesse ferma la precedente formulazione, quella della Camera dei deputati, che prevedeva l'automatica decadenza di tutti componenti nell'ipotesi in cui non fosse stata rispettata la quota di genere prevista nel comma 1-ter dell'articolo 147-ter del TUF che veniva inserito. Tuttavia, il Senato ha ritenuto che l'adeguamento a questa previsione passasse attraverso un procedimento un pochino più articolato, che forse prolunga i tempi e i termini dell'effettiva attuazione di questo dettato normativo, ma, siccome siamo in una fase di prima applicazione di questa legge, possiamo anche ritenere che possa esserci un primo passaggio rappresentato dalla diffida della Consob agli organi societari ad adeguarsi al criterio della quota di genere femminile; se questo non avviene è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria abbastanza seria e pesante; la decadenza avviene se, ad una seconda diffida, non segue l'ottemperanza e l'adeguamento. L'obiettivo di entrambe le disposizioni, quella primitiva della Camera e quella successiva del Senato è il medesimo: è quello cioè di realizzare una garanzia assoluta e totale che la quota di genere venga rispettata sia nei consigli di amministrazione sia negli altri organi collegiali. In questo senso, pur avendo una preferenza per la primitiva stesura della norma, quella approvata in prima lettura dalla Camera, riteniamo comunque che l'obiettivo sia il medesimo.
In questo senso il gruppo dell'Italia dei Valori esprime una condivisione culturale prima di tutto, una condivisione culturale totale rispetto al fatto che si debba arrivare, anche con provvedimenti autoritativi, alla tendenziale parità di rappresentanza, di responsabilità, di decisione tra entrambi i generi.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2426-2956-B)

PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice e il rappresentante del Governo rinunciano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato alla ripresa pomeridiana della seduta.

Discussione del testo unificato dei progetti di legge: Mussolini; Bindi ed altri; Palomba e Borghesi; Capano e Ferranti; d'iniziativa del Governo; Binetti ed altri; Brugger e Zeller: Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali (A.C. 2519-3184-3247-3516-3915-4007-4054-A) (ore 10,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato dei progetti di legge di iniziativa dei deputati Mussolini; Bindi ed altri; Palomba e Borghesi; Capano e Ferranti; d'iniziativa del Governo; Binetti ed altri; Brugger e Zeller: Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle Pag. 14linee generali è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 23 giugno 2011.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2519-A ed abbinati)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Mussolini, ha facoltà di svolgere la relazione.
Onorevole Mussolini, per favore, si accomodi al banco del Comitato dei nove.

ALESSANDRA MUSSOLINI, Relatore. Signor Presidente, intervengo molto brevemente per sottolineare l'importanza di questo testo frutto della piena collaborazione tra i progetti di legge presentati dai parlamentari, quindi tra il lavoro del Parlamento e della Commissione Giustizia, e l'iniziativa del Governo, su un punto, a mio modo di vedere centrale.
Infatti, la legge di riforma del diritto di famiglia, del 1975, non ha completamente eliminato quelle che sono ancora le discriminazioni e le differenze tra i figli nati all'interno del matrimonio e i figli nati fuori dal matrimonio. In particolare, vi è un punto estremamente grave, un vulnus, rappresentato dai rapporti di parentela. Com'è noto, quando un bambino viene riconosciuto, il rapporto si instaura con il genitore che lo ha riconosciuto, e il rapporto si limita a questo; solo dopo interviene l'istituto della legittimazione, che opera un inserimento proprio all'interno del nucleo familiare, e quindi riconosce, o attraverso l'obbligo del matrimonio, o attraverso un giudizio e una pronuncia da parte del giudice, il rapporto di parentela. Questa è una cosa molto grave, un argomento estremamente delicato che abbiamo affrontato in Commissione giustizia.
Quindi, l'aspetto più importante che con questo testo intendiamo raggiungere è l'eliminazione dell'istituto della legittimazione. Un figlio quando viene riconosciuto è un figlio a tutti gli effetti, ha anche i parenti come i nonni gli zii e si inserisce nel nucleo familiare del genitore. Inoltre, si intende eliminare veramente la differenza fra figlio legittimo e figlio naturale. Questa è nella delega che si dà il Governo, perché il provvedimento prevede all'articolo 1, l'eliminazione dell'istituto della legittimazione, e si opera, anche per quanto riguarda i diritti e i doveri dei genitori e dei figli, una modifica al codice civile con l'introduzione dell'articolo 315-bis. Vi è poi una delega al Governo ampia, dove si elimina la differenza fra figlio legittimo e figlio naturale, e si parla solo di figlio. Questo è un aspetto molto importante. Inoltre, è affrontata anche la questione dell'eredità: anche questa è una delega che diamo al Governo.
Si tratta, quindi, di rapporti significativi, si tratta di un riconoscimento, per quanto riguarda il figlio, importantissimo, che, se vogliamo, conclude e meglio definisce quello che era stato fatto dal nuovo diritto di famiglia. In questo testo vi sono poi vari passaggi - che sono stati trattati in Commissione - che sono argomenti certamente delicati, dibattuti, dei quali si parlerà in sede di esame delle proposte emendative relative alla responsabilità e potestà genitoriale, quando esprimerò in modo dettagliato il parere della Commissione.
Vi è, inoltre, un punto delicato, molto importante - sul quale riferirà il collega Scelli, sempre in sede discussione sulle linee generali -, sullo stato di abbandono, e vi è un altro punto, sempre molto importante, al quale io tengo particolarmente: vedremo come l'Aula si esprimerà. Come è noto, infatti, quando viene riconosciuto un figlio, il genitore che per primo lo riconosce dà il proprio cognome al figlio; se viene riconosciuto simultaneamente da entrambi i genitori, il bambino assume il cognome del padre, mentre, se un genitore, spesso il padre, lo riconosce in un secondo momento, e quindi il bambino ha già il cognome della madre, si decide, o di aggiungere il cognome, o di sostituirlo, cioè di togliere, alla fine, sempre il cognome della madre. Credo che l'Aula Pag. 15potrebbe fare uno sforzo per dare anche un segnale, visto che proprio prima di questo testo abbiamo parlato di diritti, della parità di accesso, di considerare il cognome della madre come qualcosa di estremamente importante, non solo dal punto di vista della continuità, ma anche delle tradizioni e anche - perché no? - di poter trasmettere il proprio cognome.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, colleghi, da tempo c'è nei vari Paesi membri dell'Unione europea la tendenza verso una completa equiparazione tra tutti i figli, senza ulteriori qualificazioni. I figli sono sempre figli, dovunque e comunque vengano generati.
Convenzioni europee sui diritti dell'uomo e del fanciullo, raccomandazioni comunitarie, interventi in tale materia della Corte europea dei diritti dell'uomo si susseguono senza sosta, disegnando un quadro rispetto al quale l'Italia presenta ancora alcuni tratti divergenti, nonostante la percentuale dei figli nati fuori dal matrimonio sia superiore al 18 per cento, una percentuale più che raddoppiata in dieci anni e sicuramente destinata ad aumentare.
Un disegno di legge che voglia affrontare le tematiche connesse con la filiazione non può prescindere da una riflessione sulla famiglia e sulla complessa rete di modalità relazionali che oggi ruotano intorno al più tradizionale dei modelli, quello previsto dalla nostra Costituzione agli articoli 29, 30 e 31, con le puntualizzazioni contenute in modo particolare nell'articolo 30 proprio in relazione ai figli nati fuori dal matrimonio.
Occorre pensare la famiglia con un'ottica generazionale, ossia strettamente relazionale, per mettere in evidenza come ogni generazione ipotechi il futuro delle generazioni successive proprio attraverso i modelli di generatività che includono la generazione di legami, di valori, di effetti, di attese, di speranze e di timori. In altri termini, dal modo in cui una persona si sente generata dai propri genitori e si percepisce inserita nella propria famiglia, dipenderà in gran parte la sua maggiore o minore apertura alla generatività, al far famiglia.
Le capacità generative sono condizionate dalla percezione del clima e dello stile generativo in cui ogni persona nasce e cresce. La famiglia, in altri termini, può essere considerata come generatore e organizzatore di relazioni umane all'interno di una serie di differenze specifiche che riguardano l'identità di genere, uomo-donna, l'identità di ruolo, genitori-figli, e la specificità di appartenenza, la stirpe, il ceppo familiare.
Ogni famiglia capace di affrontare e risolvere i propri problemi rappresenta un potente ammortizzatore rispetto ai fenomeni del malessere coniugale e genitoriale se è capace di innescare delle vere e proprie relazioni di auto-aiuto. Il family for family incomincia nella propria famiglia e rispetto al disagio che sperimentano alcune famiglie presenta una serie di implicazioni positive, sia in chiave preventiva sia riparativa.
È un motivo in più a sostegno di politiche volte a dare solidità ai legami intra ed inter familiari. Attualmente è possibile che intorno ad un nucleo familiare ruotino figli con condizioni diverse tra di loro, sia sotto il profilo della relazione genitoriale, sia sotto quello della relazione di fraternità: figli nati prima del matrimonio da relazioni diverse da quelle che poi si concretizzano nel matrimonio; figli che nascono da relazioni che seguono ad una separazione o ad un divorzio.
I rapporti di fraternità si giocano spesso più sulla base di affinità affettive e caratteriologiche che non sulla base di un effettivo vincolo generativo. Le famiglie ricostituite dopo esperienze di dolorose separazioni, mentre risolvono una serie di problemi, ne aprono degli altri proprio nel rapporto con i figli e nel rapporto tra i figli. Pag. 16
Di tutto questo un disegno di legge non può tener conto con il dovuto rispetto della complessità dei vincoli che si generano e che si intrecciano, ma può almeno sancire un principio di giustizia e di correttezza nei rapporti genitore-figlio e nel rapporto fratello-fratello senza perdere di vista che si parla di rapporti strutturalmente più fragili rispetto a quelli previsti dalla nostra Costituzione, proprio perché i genitori che interagiscono con il figlio hanno a loro volta generato altri nuclei familiari e i fratelli condividono la loro relazione di fraternità facendo riferimento però solo ad uno dei genitori che li ha generati.
Però è giunto ormai il tempo di archiviare la vecchia brutta espressione di «fratellastri». La legge può solo cercare di ricreare ex post condizioni di equità senza perdere di vista che le conseguenze che scaturiscono da condizioni familiari così variamente articolate non rendono facile prendere le relative decisioni, sia sotto il profilo economico che sotto il profilo della reciprocità, come potrebbe accadere quando si tratta di prendersi cura dei genitori nel caso di loro malattia, indigenza o disabilità.
Ci sono responsabilità che vanno dai genitori ai figli, ma ci sono anche responsabilità che vanno dai figli ai genitori, ed entrambi i tipi responsabilità vanno rafforzati. Le relazioni interne ed esterne alla famiglia costituiscono una trama di rapporti, di affetti, di valori e di convinzioni in cui si generano e si rigenerano, oppure degenerano, i modelli familiari che caratterizzano i diversi approcci genitoriali. Quando questa trama si sfilaccia e si impoverisce perdendo di consistenza si creano matrici relazionali sofferenti che si trasmettono di generazione in generazione, e non a caso molte volte inducono a desistere dal generare altri figli.
Se si mina il senso di appartenenza si genera insicurezza, timore davanti alla possibile assunzione di responsabilità nei confronti degli altri, anche dei propri figli. Ebbene, l'attuale disegno di legge vuole invece dare sicurezza a tutti, sia ai figli, rafforzando i rapporti di filiazione, sia ai fratelli, rafforzando i rapporti di fraternità. Le decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo tratteggiano la famiglia come un organismo che presuppone lo sviluppo della personalità dei suoi componenti sulla base dei principi di pari dignità, di libertà, di uguaglianza e, non dimentichiamolo, di solidarietà. Da qui discende una serie di corollari, tra i quali si possono ricavare i principi relativi alla tutela dei figli per se stessi, in quanto persone con pari dignità tra i figli naturali e i cosiddetti figli legittimi.
Ribadisco che i figli sono sempre figli e come tali vanno trattati, in parità di condizioni. Per questo non minore importanza assume, anche per quanto attiene al nostro ordinamento, la posizione della Corte suprema dei diritti dell'uomo in ordine alla parentela naturale. È noto, infatti, come la Corte costituzionale, intervenendo a margine della parziale incostituzionalità dell'articolo 565 del codice civile, abbia dichiarato doversi considerare nella categoria dei chiamati alla successione legittima, in mancanza di altri successibili e prima dello Stato, i fratelli e le sorelle naturali, riconosciuti o dichiarati. Già in una sentenza del 1979 la Consulta affermava che appare contrastante con il principio di uguaglianza e di pari dignità sociale un regime successorio che escluda che i fratelli e le sorelle naturali possano succedere ai propri fratelli e sorelle naturali. Ciò nonostante, il legislatore non è intervenuto, eppure sono passati 32 anni.
Nel nostro ordinamento l'articolo 2 della Costituzione offre la chiave di lettura del fondamento che la Costituzione stessa dà alla famiglia attraverso gli articoli 29, 30 e 31. La parificazione di tutte le forme di filiazione, quale che sia la fonte di costituzione del legame giuridico, è conseguenza diretta dell'impianto costituzionale confermato anche dall'articolo 30 della Costituzione, che si esprime chiaramente in proposito sottolineando diritti e doveri dei genitori, senza discriminazioni. Va comunque messo in evidenza come l'articolo 30, terzo comma, della Costituzione assicuri ogni tutela ai figli nati fuori dal matrimonio purché, recita esattamente, «(...) Pag. 17compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima». Il punto è cosa significa oggi compatibile. Il criterio della compatibilità, infatti, non può comportare il sacrificio dei diritti inviolabili della persona. Se c'è conflitto occorre trovare il punto di equilibrio.
È doveroso quindi riformare l'istituto della parentela, con la conseguente abrogazione dell'istituto della legittimazione, facendo cadere ogni aggancio all'opinione che ancora si ostina, anche a livello giurisprudenziale, a non ritenere esistente il legame di parentela tra il figlio riconosciuto nato al di fuori del matrimonio e i parenti del genitore. Sotto questo aspetto, il distacco tra il comune sentire e la norma giuridica non potrebbe essere più evidente. Un figlio riconosciuto come tale dai genitori è, nello stesso tempo, nipote dei suoi nonni. Appare banale, tuttavia abbiamo bisogno che la legge lo ribadisca. Anacronistico, quindi, e del tutto ingiustificato risulta il meccanismo tuttora vigente che consiste nella facoltà del cosiddetto diritto di commutazione, accordato dalla legge ai figli legittimi, di corrispondere in denaro o in beni immobili ereditati la parte di eredità spettante ai figli naturali, escludendoli così dalla comunione ereditaria. Abbiamo bisogno che questa parità tra i figli si realizzi in tutti i modi e non lasci aree in chiaroscuro oppure ombre interpretative. Vengono quindi adeguati al nuovo impianto normativo le disposizioni concernenti il concorso di coniuge e figli, la successione dei figli nonché la successione dei genitori al figlio.
È sembrato opportuno, infine, ribadire con forza il dovere di tutti i figli, senza distinzione alcuna, di rispettare i genitori e di contribuire - in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito - al mantenimento della famiglia finché convivono con essa. In altri termini, si tratta di un provvedimento che in qualche modo intende interpretare la Costituzione e completarla alla luce del nuovo assetto sociale che in questi anni si è venuto creando.

PRESIDENTE. È iscritta parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, sicuramente questo momento, questa giornata dedicata alla discussione generale sul provvedimento sulla filiazione naturale è un momento, credo, importante sia dal punto di vista delle regole tecniche, ma soprattutto sul piano del principio della politica del diritto. È il frutto - lo possiamo dire anche con orgoglio e mi riferisco anche al ruolo sicuramente di coesione che ha svolto la relatrice, onorevole Mussolini - di un lavoro parlamentare effettuato in Commissione giustizia in un periodo pur difficile per arrivare a formule condivise, ma che hanno portato a questo testo unificato con il quale sostanzialmente si conclude un percorso.
Come è stato accennato anche nel corso della relazione, si tratta di un percorso che poteva essere sicuramente risolto prima, che aveva avuto già un proprio inizio e un proprio sviluppo anche nella precedente legislatura con la proposta di legge delega dell'allora Ministro Bindi e che oggi, a metà di questa legislatura, viene in Aula con un testo in larga parte condiviso e, auspichiamo alla fine totalmente condiviso anche all'esito dei miglioramenti che vorremmo apportare con degli emendamenti.
Sicuramente si tratta di un sistema attuale ancora costruito sullo schema di un diritto ottocentesco della filiazione che è stato profondamente innovato nella direzione egalitaria con la riforma del 1975, ma che aveva bisogno di un passo ulteriore che completasse l'affermazione dell'uguaglianza fra tutti i figli indipendentemente dalla loro nascita all'interno o all'esterno del matrimonio soprattutto ai fini della parentela e, quindi, anche delle conseguenze in materia di successioni. Era necessario effettuare quella pulizia delle infinite incrostazioni che si sono accumulate nel tempo, soprattutto a seguito della menzionata riforma del 1975 e i numerosi e pregnanti interventi successivi operati dalla Corte costituzionale.
Debbo dire che in questa materia, possiamo dire in maniera unanime, si sono affermate delle regole e dei principi della giurisprudenza, con interventi della Corte di Pag. 18Cassazione e della Corte costituzionale che hanno svolto un ampio e meritorio lavoro di miglioramento e adattamento a quelle che erano le conseguenze naturali di quella riforma del 1975. Si tratta di un lavoro che ha supplito, purtroppo lo dobbiamo dire in senso critico, all'inerzia del legislatore italiano, a differenza dei legislatori dei paesi europei che negli ultimi vent'anni sono intervenuti in riforme radicali del diritto di filiazione.
L'affermazione dell'uguaglianza dei figli indipendentemente dalla loro nascita all'interno o all'esterno del matrimonio è stata ripresa anche nelle decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo che tratteggiano come la famiglia sia l'organismo che presuppone lo sviluppo della personalità dei suoi componenti. Ne derivano una serie di corollari tra i quali sicuramente quello della tutela dei figli per se stessi, quale che sia la fonte di costituzione del legame giuridico. D'altro canto, già l'articolo 39 della nostra Costituzione della Repubblica non consente discriminazioni riguardo ai figli. L'unico punto di equilibrio va visto in relazione alla compatibilità con gli altri diritti fondamentali paritari della cosiddetta famiglia ristretta, che deve essere valutato ed è risolto in questo disegno di legge attraverso la valutazione del giudice, senza condizionamenti. Si tratta dell'unico status di filiazione che implica verità biologica e assunzioni di responsabilità.
Siamo riusciti attraverso un dialogo con il Governo e una presa di posizione da parte della relatrice e dei gruppi parlamentari - e anche noi del gruppo del Partito Democratico vogliamo prenderci questo merito - a portare in Aula, non soltanto una delega per il Governo. Sicuramente la seconda parte dell'articolo 2 è importante in quanto realizza e può realizzare in una materia così complessa, anche tecnicamente, quel raccordo necessario con i principi generali, ma è importante anche la prima parte, nella quale viene formulato un articolato ben preciso, che soprattutto va a toccare i punti fondamentali.
Infatti, con la modifica dell'articolo 74 del codice civile, in nome del principio di eguaglianza, si introduce finalmente nel diritto italiano l'equiparazione in materia di parentela e l'abbassamento a quattordici anni di età per l'assenso al proprio riconoscimento, e soprattutto con la modifica dell'articolo 315 del codice civile si prevede lo stato giuridico della filiazione, un unico stato di figlio. Tale articolo, come modificato, prevederà il diritto del figlio al mantenimento, all'educazione e all'istruzione a carico dei genitori e recepisce il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza in modo unanime, secondo il quale l'obbligo discende dal rapporto genetico di filiazione e non dal matrimonio, come ancora stabilisce l'articolo 147 del codice civile, che quindi dovrà, nell'opera sistematica di raccordo, sicuramente essere abrogato.
È ormai assodato che mentre gli aspetti patrimoniali concernenti i doveri dei genitori di mantenimento e i profili economici dell'istruzione dipendono dall'aver generato un figlio, gli aspetti personali, l'educazione e i profili non strettamente patrimoniali di istruzione sono inscindibilmente legati all'esercizio della potestà genitoriale.
Un altro aspetto importante, che abbiamo affrontato già in sede di Commissione - e pertanto in Aula giunge il testo come modificato dall'intervento della Commissione giustizia - è quello del nuovo terzo comma dell'articolo 315-bis sul tema dell'ascolto del minore, un obbligo di ascolto che è posto con riferimento ai minori di età pari o superiore ai dodici anni, ma che poi fa riferimento, sulla base di quanto previsto dalla Convenzione ONU sui diritti dei minori, al fatto che il minore deve essere sempre ascoltato, se capace di discernimento. Questo è un ulteriore passo rispetto alla previsione iniziale del testo base, conseguente anche all'accoglimento di un nostro emendamento.
A fianco dei tradizionali doveri dei genitori nei confronti dei figli, il nuovo articolo 315-bis del codice civile contempla proprio il diritto dei figli all'assistenza morale Pag. 19dei genitori: il diritto di crescere con la propria famiglia, di avere rapporti con i parenti, di essere ascoltato ogni qual volta si tratti di questioni e procedure che lo riguardano e - l'ho detto in premessa - è stato aggiunto un ulteriore correttivo che demanda al giudice, senza condizionamenti o pareri di terzi, la valutazione di quella compatibilità con la famiglia ristretta prevista dal terzo comma dell'articolo 30 della nostra Costituzione.
Ho già parlato della parte seconda di questo articolato, della delega al Governo, prevista nell'articolo 2, per cercare di raccordare tutte le altre disposizioni, una volta stabiliti i principi base informatori e che sostanzialmente ha tenuto conto (mentre era in corso il dibattito parlamentare sulle proposte di legge di iniziativa dei deputati Mussolini, Bindi, Palomba ed altri) di un intervento, di una delega che, a tutto tondo, aveva preparato nel frattempo il Governo, ma che - come ho già detto - ha visto anche da parte del Governo, ragionevolmente, tener conto del corso del dibattito parlamentare e della necessità che, su alcuni punti cardini e fondamentali che qualificano questo disegno di legge, ci fosse un articolato e quindi una norma immediatamente precettiva, di formazione totalmente parlamentare, che desse anche un significato più profondo a questo intervento legislativo.
La delega, come è stato già detto nella relazione dell'onorevole Mussolini, prevede vari aspetti, alcuni saranno oggetto di ulteriori approfondimenti e soprattutto correttivi, ci auguriamo anche in sede di emendamenti approvati dal Comitato dei nove e dall'Aula.
Il punto su cui mi preme sollecitare l'attenzione dell'Aula e di tutti i gruppi è la questione affrontata nella delega alla lettera o) del comma 1 dell'articolo 2. Si tratta di un aspetto che non era stato affrontato nel disegno di delega che era stato già discusso dalla Commissione giustizia nella precedente legislatura - mi riferisco al disegno di legge d'iniziativa del Ministro Bindi - e che riguarda la nuova nozione di abbandono. Mentre la presente proposta di legge estende l'applicazione del principio di unicità dello stato di filiazione anche all'adozione - e ciò è giustissimo e ricco di implicazioni che devono essere colte a tutto tondo - riteniamo particolarmente criticabile - su questo abbiamo presentato un emendamento sia soppressivo che migliorativo - la nozione di stato di abbandono. Leggo il testo della lettera o): «Specificazione della nozione di abbandono con riguardo alla mancanza di assistenza da parte dei genitori e della famiglia che abbia determinato una situazione di irreparabile compromissione della crescita del minore», fermo restando che questa condizione non può derivare dalla condizione di indigenza dei genitori.
Questa espressione contenuta nella delega che fa riferimento all'irreparabile compromissione della crescita per definire la nozione di abbandono costituisce un criterio estremo che avrà un effetto perverso, non conforme all'intenzione di chi ha previsto la delega, produrrà l'effetto di ridurre drasticamente le dichiarazioni di adottabilità, circoscrivendole in gran parte soltanto al caso di bambini non riconosciuti alla nascita, e va in direzione contraria a tutta la politica del diritto in materia adottiva che ha indirizzato l'azione del legislatore e dei giudici sin dal 1967 e che ha dato ottima prova su questo punto. È soprattutto pericolosa la parola «irreparabile», meglio suonano le parole «irreversibilità» o «non transitoria», come abbiamo previsto anche in un «emendamento costruttivo», che ricorre abitualmente nei provvedimenti sullo stato di adottabilità ed è ampiamente usata.
Sono infatti pervenute segnalazioni consapevoli, responsabili e significative di una partecipazione alla materia anche da parte di molti giudici minorili che sostanzialmente si rifanno a questo principio: non si può consentire che i bambini corrano i rischi di gravi danni irreparabili per essere poi adottati ed i diritti del bambino - salute, integrità fisica e psichica, istruzione - devono essere tutelati nei confronti delle condotte pregiudizievoli dei genitori. I tribunali dei minori interverranno quindi - perché questo è il loro Pag. 20compito, lo auspichiamo e tante volte li critichiamo se non lo fanno - nei confronti delle condotte pregiudizievoli con strumenti di protezione che vanno dall'affidamento al servizio sociale all'allontanamento dal nucleo con inserimento in comunità o a famiglia affidataria, quindi più attiveranno gli strumenti di protezione che è loro compito attivare, meno potranno essere dichiarati adottabili i bambini per i quali invece la convivenza con i genitori è altamente pericolosa perché, dato che si sono attivati quegli strumenti, non ci potrà essere l'irreparabile compromissione della crescita.
Ritengo quindi che questo sia uno dei punti su cui sicuramente dovremo trovare una via di correzione perché credo che sia una formula male utilizzata, che non può non tener conto dell'elaborazione della giurisprudenza e dell'interesse del minore.
Credo che la lettera p) del comma 1 dell'articolo 2, altro aspetto importante, che è stata anch'essa corretta in sede di emendamenti e che prevede la segnalazione ai comuni da parte dei tribunali per i minorenni delle situazioni di indigenza dei nuclei familiari e richiede anche interventi di sostegno per consentire al minore di essere educato e la previsione di controlli da parte del tribunale dei minorenni in relazione alle situazioni segnalate, abbia un significato che vada oltre il suo aspetto letterale. Essa implica un rafforzamento dei principi che già sono nella legge n. 184 del 1983, un problema legato alla questione politica ed economica delle risorse che vengono destinate dallo Stato e dagli enti locali alle politiche di assistenza. Si tratta - lo sappiamo tutti - di risorse largamente inferiori ai bisogni.
Si potrebbe anche immaginare, in sede di attuazione della delega, di prevedere che i tribunali per i minorenni e ordinari e le rispettive procure chiamate a prendere provvedimenti in materia di potestà possano convocare i comuni per farsi illustrare che cosa questi intendano fare, in realtà e in concreto, per porre rimedio alla situazione sociale ed economica della famiglia in cui vi è il rischio che il minore non possa avere quello sviluppo armonioso a cui ha diritto e che noi tutti dobbiamo cercare di avviare a un'effettiva realizzazione.
Signor Presidente, ho tracciato gli aspetti che ci hanno visti uniti in questa battaglia e anche quelli che, a nostro avviso, devono e possono essere migliorati. Ritengo, comunque, che sia sicuramente un momento importante quello che abbiamo oggi raggiunto; un momento in cui, fuori da pregiudizi ideologici, si cerca di svolgere il ruolo effettivo del legislatore, che è quello di cogliere le istanze della società e di cercare anche di non svolgere soltanto un'attività notarile, ma di promuovere lo sviluppo, e quindi la crescita, della società attraverso l'attuazione piena dei nostri principi costituzionali.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, arriva all'esame dell'Aula un testo che riguarda problemi vitali della nostra società: sono quelli che riguardano, innanzitutto, le relazioni familiari, il modo in cui il bambino deve essere percepito nella società e nella propria famiglia. I bambini, infatti, sono la speranza del nostro futuro; sono già il presente della nostra società, e rappresentano, se l'educazione costituisce una modalità attraverso la quale essi diventano cittadini maturi, una risorsa preziosa e insostituibile per ogni forma sociale.
Questo provvedimento ha avuto una lunga gestazione, ma ha subito un'improvvisa accelerazione. Noi dell'Italia dei Valori abbiamo già fatto presente che avremmo preferito che fossero inserite delle disposizioni immediatamente operative e attuative, ben specificate nel loro contenuto, invece che una delega che può fornire dei margini anche troppo ampi di intervento al legislatore delegato. In materie così delicate, che non riguardano la circolazione dei veicoli o le modalità di costruzione degli edifici, ma che riguardano le modalità di costruzione della nostra società, delle relazioni familiari, dell'educazione dei bambini, non si può essere vaghi. Pag. 21
Bisogna essere molto precisi. In questo senso, abbiamo lamentato che si sia fatto ricorso allo strumento della delega, così come che, pur essendo il provvedimento in esame considerato limitato, si sia voluto ugualmente, sulla scorta delle indicazioni del professor Bianca e della maggioranza, portarlo all'attenzione dell'Aula invece di soffermarsi ancora in Commissione per definire meglio le questioni controverse, che sono tante.
Del provvedimento in oggetto apprezziamo che i bambini siano considerati uguali al momento della nascita e anche successivamente, indipendentemente dalle situazioni nelle quali essi sono nati. Al bambino poco interessa sapere se è nato all'interno del matrimonio o fuori, soprattutto se è legittimo o naturale, ma interessa avere dei genitori, un padre e una madre, anche un solo genitore se le circostanze della vita lo impongono, che si prendano cura di lui, che si occupino di lui, che gli prestino l'attenzione e la cura necessarie affinché cresca e maturi quel senso di sicurezza che si sviluppa soprattutto nei primi tre anni di vita, secondo quanto affermano gli psicologi.
L'educazione è un continuum, un rapporto, una relazione, non è un episodio. Quindi, per i bambini è importante avere una relazione familiare significativa, non importa se sono figli, come si diceva un tempo, naturali o legittimi, differenza che poteva soddisfare certi canoni che appartengono al passato, ma non può riguardare i figli. Questa impostazione di base ci trova totalmente d'accordo, tanto che abbiamo presentato numerose proposte emendative che tendono a modificare il nostro codice civile in tutte le espressioni e manifestazioni perché dalla premessa che non vi è più una filiazione naturale o legittima, ma vi è filiazione all'interno del matrimonio o fuori, discendano a cascata tutte le necessarie conseguenze. La tagliola che ci è stata imposta di ridurre a nove le nostre trentadue proposte emendative ci ha costretti ad eliminarne molte, confidando che il Governo attui la delega in modo rigoroso e completo così come abbiamo fatto noi.
Se si elimina, però, questo dato culturale di partenza, abbiamo qualche rilievo da fare sul provvedimento in esame. La famiglia è un sistema di relazioni tra uno o più genitori e tra uno o più figli. Il provvedimento in questione avrebbe potuto essere l'occasione per enunciare quale concezione abbiamo della famiglia e delle relazioni familiari, ossia se abbiamo una concezione adultocentrica, parola un po' complicata, oppure puerocentrica in una visione equilibrata ed armonica.
Concezione adultocentrica significa che i genitori comandano: tutto viene visto in funzione dei genitori e il bambino è oggetto di un diritto che i genitori hanno e non di un dovere che essi esercitano. Da qui discendono tante conseguenze di carattere culturale e di carattere anche giuridico. Il bambino non ha chiesto di essere messo al mondo e nel momento in cui viene al mondo ha il diritto di avere cure personalizzate e di essere al centro dell'attenzione delle relazioni familiari.
Ora non ci pare che questo provvedimento realizzi completamente una concezione puerocentrica. Ci pare ancora focalizzato e bloccato sulla concezione delle relazioni familiari come relazioni viste in funzione dell'adulto. Perché dico questo? Noi abbiamo saggiato la natura della concezione che sta alla base di questo provvedimento, presentando un emendamento in conformità anche con le indicazioni che provengono dalle scienze psicologiche, e anche dai giudici minorili e dagli avvocati specializzati in problemi minorile.
È una proposta emendativa cruciale, dalla quale si desume davvero la concezione di questo testo unificato di progetti di legge e - devo dire - anche di questa maggioranza. Abbiamo proposto che il concetto di potestà sia sostituito dal concetto di responsabilità genitoriale. È un discrimine: se noi manteniamo la formulazione «potestà» vogliamo dire che i bambini non hanno diritti e che i diritti ce li hanno solo i genitori sui bambini. Potestà vuol dire che i genitori possono occuparsi dei bambini, ma possono anche non occuparsene e trascurarli, perché c'è una concezione appropriativa - se non Pag. 22proprietaria - del bambino rispetto ai genitori. Responsabilità genitoriale significa, invece, un altro concetto: nel momento in cui con un atto, possibilmente di procreazione responsabile, mettono al mondo un figlio, i genitori hanno doveri (hanno anche diritti, che non sono esclusi) ma la cosa prevalente è che hanno responsabilità nei confronti dei figli stessi.
Perché dico questo? Perché il concetto di responsabilità genitoriale non riguarda soltanto la relazione familiare sotto il profilo del diritto di famiglia e della filiazione, ma ha delle implicazioni molto più ampie. Pensiamo all'adolescenza in difficoltà, pensiamo agli atti di bullismo, pensiamo al fatto che molti figli - purtroppo molti - che non hanno le cure necessarie da parte dei genitori ricorrono a sostitutivi - anche sostanze chimiche - di un affetto e di un rapporto mancante. Allora, se noi diciamo che c'è un rapporto di potestà e non di responsabilità, siamo portati a dire che quello che accade è colpa dei figli. I genitori tutto sommato potevano fare una cosa, potevano farne un'altra, potevano occuparsi dei bambini, potevano trattarli un pochino meglio, potevano essere un pochino più attenti, ma se non lo hanno fatto, pazienza. No, non è così.
Infatti, nel codice civile innanzitutto, esiste una norma per la quale si prevede una responsabilità dei genitori per i fatti lesivi commessi dai loro figli, ma anche nel codice penale c'è una norma di questo genere. Allora, parlare di responsabilità genitoriale, invece che di potestà, avrebbe delle conseguenze ancora più pregnanti, sia nel campo civile sia nel diritto penale. Significherebbe che, una volta che si mette al mondo un figlio, c'è un legame che non si scioglie così facilmente e che non si nega così facilmente. I genitori hanno responsabilità precise nei confronti dei figli e quindi, se i figli per qualche ragione o fatto della loro vita, prendono strade diverse, non è che i genitori se ne possono lavare le mani, perché è in campo la loro responsabilità.
Io spero che ci sia ancora la possibilità di rivedere queste opinioni. Faccio appello in particolare alla relatrice (che ha mostrato sensibilità per questi problemi) e al Governo. Spero che ci spazio per discutere su questo tema. Mi riferisco anche alla nuova formulazione dell'articolo 315-bis (i diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei figli), ovverosia l'architettura della relazione familiare.
Noi abbiamo inserito una modifica dell'articolo 315-bis, un articolo sostitutivo che sostanzialmente si materializza in due modifiche abbastanza importanti. La prima è quella che riguarda il diritto all'ascolto del bambino e il dovere dei genitori di ascoltarlo. Il diritto all'ascolto non è soltanto quello si traduce, come dice la Convenzione di New York del 1989, nei procedimenti istituzionali, nei procedimenti che riguardano le agenzie istituzionali che decidono sull'affidamento dei figli, per esempio. Il diritto all'ascolto è innanzitutto dentro la famiglia. Il bambino ha diritto di essere ascoltato. Non è che i genitori lo possono scaricare così: «ma no, ma cosa stai dicendo, tu sei piccolo». La persona adulta si costruisce con la relazione fin dal primo giorno di vita e - alcuni dicono - anche nei mesi precedenti.
Allora che cosa è la relazione? La relazione è saper ascoltare. I bambini devono avere il diritto ad esprimere tutto quello che pensano. Se i genitori non lasciano esprimere i figli la società avrà dei conformisti o dei ribelli, avremo degli adulti che non avranno maturato un senso di sicurezza, ma avranno maturato un senso di dipendenza da altri, ovvero un sentimento di inutilità. I bambini hanno il diritto di essere ascoltati dai loro genitori, nella loro relazione familiare, così come hanno il diritto di essere informati dai loro genitori su tutto, così come hanno il diritto a che le loro propensioni, le loro inclinazioni siano tenute in considerazione, ed anche che quello che essi dicono sia tenuto in seria considerazione. Il che non significa che i genitori lo debbano fare.
Attenzione, voglio essere molto preciso. I diritti dei bambini non sono una deresponsabilizzazione dei genitori. Sia ben chiaro. È il contrario, cioè i genitori più ascoltano i bambini, più seguono le loro inclinazioni Pag. 23e più sono responsabilizzati nella loro funzione genitoriale. Fa parte del diritto dei bambini all'ascolto, e anche a quello di esprimere le loro opinioni, il fatto che i genitori poi decidano: decidano se un'opinione, una richiesta sia conforme agli interessi del figlio oppure no. Ma intanto gliela fanno esprimere e la valutano come una cosa seria.
Questo è relazione familiare, Presidente, questa è una concezione puerocentrica e non una concezione adultocentrica. Invece alcuni emendamenti da noi presentati non sono stati per il momento accolti e spero che possano ricevere una riconsiderazione da parte della relatrice e del Governo. C'è un altro aspetto di questa concezione che è preoccupante. Mi riferisco alla lettera o) della delega, quella relativa all'adozione (è stata già richiamata da altri). Attenzione, qui ci sono chiaramente due punti di vista opposti: secondo il primo, il bambino è proprietà dei genitori e allora non potrà mai andare in un'altra famiglia, caso mai sta meglio abbandonato moralmente e materialmente dalla propria famiglia, oppure sta in un istituto, ma non ha diritto ad andare in un'altra famiglia. La concezione opposta è questa: che un bambino, se non ha la possibilità di essere curato nella propria famiglia, ha diritto ad averne un'altra. È il diritto del bambino che prevale, non il diritto di chi lo mette al mondo.
Il diritto di chi lo mette al mondo è quello ad avere le condizioni per poter adempiere alla propria funzione genitoriale. Ma se questo non accade, il bambino, che non ha chiesto di venire al mondo, ha il diritto di maturare relazioni familiari significative, magari in un'altra famiglia. La lettera o) del testo è preoccupante e pericolosa perché lascia ampi margini per una concezione proprietaria del bambino.
Signor Presidente, illustri colleghi, vi è un punto, un momento, nella vita di un bambino, alla luce del suo processo di maturazione, che è di non ritorno. Se non si interviene, cioè, prima che esso arrivi, il bambino è irreparabilmente compromesso nelle proprie capacità e, quindi, noi avremo sempre un cittadino dimezzato, un bambino che, originariamente, aveva gli stessi diritti di tutti gli altri e che non li avrà. Vi è anche la questione dell'indigenza economica; per carità, se c'è un problema di indigenza la società intervenga, ma se la società non interviene o se, insieme all'indigenza economica, vi è, comunque, un problema di incapacità morale dei genitori ad educare il bambino, quel bambino ha diritto di essere educato, di crescere serenamente in un'altra famiglia dove, magari, viene ascoltato e tenuto in considerazione.
Signor Presidente, siccome so che ho ancora poco tempo, volevo specificare questi spunti che servono a far capire in quale ottica ci si pone e, cioè, dal punto di vista dei diritti del bambino oppure dal punto di vista della potestà dei genitori, del potere dei genitori sui bambini.
Noi pensiamo che vi siano alcuni nodi importanti che possono essere sciolti con un'attenzione da parte del Governo e da parte della relatrice che, peraltro, ha dimostrato già di avere sensibilità. Noi, purtroppo, come dicevo, siamo stati costretti da una dura tagliola a scendere da 32 a 9 emendamenti. Abbiamo preferito puntare la nostra attenzione, quella dell'Italia dei Valori, proprio dal punto di vista puerocentrico, su questi ambiti più delicati. Abbiamo dovuto togliere tanti altri emendamenti, anche molto significativi.
Un'ultima considerazione, però, vorrei svolgere: abbiamo constatato con piacere che vi è stata una convergenza sull'ultimo emendamento, quello proposto dalla collega Capano, che in Commissione avevo sostenuto, in base al quale si apportano alcuni adeguamenti procedimentali concernenti proprio la procedura da seguire nel caso di diritti di bambini che non siano tenuti in considerazione. Questo emendamento, che consta di diversi articoli, ha trovato il consenso in diverse parti politiche; fin d'ora dichiaro di apporre la firma su tutti e tre gli emendamenti, anche se sono uguali, perché sono veramente convinto che la professionalità, la specificità, la specializzazione maturate dai giudici minorili e il fatto che essi si possano Pag. 24avvalere, avendoli nel collegio giudicante, di due componenti privati, oltre che di due togati, rappresentino degli strumenti assolutamente preziosi per riaffermare, in ogni momento, la concezione adultocentrica del bambino e, cioè, che ogni bambino è uguale a tutti gli altri e, nel momento in cui vive, ha un diritto originario ed irripetibile ad essere se stesso.
Un diritto questo che può essere garantito soltanto da relazioni familiari significative o, se quelle originarie non sono tali, da relazioni familiari sostitutive che abbiano, però, il requisito della significatività, che aiutino ogni bambino ad essere protagonista del proprio futuro, a camminare a testa alta nella società conscio della propria responsabilità, anche nei confronti della comunità di cui fa parte.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scelli. Ne ha facoltà.

MAURIZIO SCELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, questo testo unificato è stato definito una svolta epocale dal sottosegretario Giovanardi quando lo presentò lo scorso anno ed è una dichiarazione di grande sostegno ad una prova di grande sensibilità, umana ed istituzionale, dell'onorevole Mussolini che è riuscita a ricondurre in un unico contesto quelle che erano le sollecitazioni, gli stimoli della Corte costituzionale ma anche della Corte europea dei diritti dell'uomo e le diverse anime presenti in Parlamento che si sono pronunciate in tal senso.
Vorrei prendere spunto - ritengo che sia inutile ripetersi su quelli che sono i contenuti del testo unificato - da alcune note pronunciate poco fa dall'onorevole Palomba per dire che vedo in esso l'attribuzione al bambino di un grande protagonismo: il riconoscimento al bambino di essere finalmente se stesso indipendentemente dal fatto che sia nato in costanza di matrimonio, al di fuori del matrimonio ossia conseguenza di un'adozione ma un bambino che ha, al tempo stesso, già dai primi anni di vita, i suoi diritti e i suoi doveri. Non c'è alcuna imposizione, c'è soltanto il fatto di poterlo far vivere in un contesto senza più muri discriminatori, in un contesto di grande affetto, di grande amore che non può essere imposto, che non può essere oggetto di alcuna vessazione.
Questo testo unificato si pone come un muro che cade, finalmente, che impedisce a chiunque di sentirsi diverso. Siamo in una fase storica in cui spesso ci troviamo a discutere di parità tra sessi, tra opportunità, tra le varie sfide che la società pone. In questo caso abbiamo un totale abbattimento di qualsiasi diversità, abbiamo la parificazione con la parentela di questi bambini che vengono a perdere, soprattutto quelli venuti alla luce di fuori del matrimonio, la qualifica, molto discriminante, di figli naturali in contrapposizione ai figli legittimi.
Abbiamo parificato, abbiamo messo tutti sullo stesso piano e soprattutto mi piace ricordare quanto richiamato dall'articolo 315-bis, nel quale viene fissato proprio il diritto del figlio ad essere mantenuto, educato, istruito, assistito moralmente dai genitori nel rispetto delle sue capacità e delle sue inclinazioni; viene fissato il diritto ad essere ascoltato, ad essere sentito, ad avere un ruolo da protagonista negli equilibri familiari, anche quando questi equilibri poi sfociano nelle aule giudiziarie. Non è un caso se l'età per la prestazione del consenso è stata abbassata da 16 a 14 anni, ciò è avvenuto perché oggi i bambini del terzo millennio sono più evoluti rispetto a quelli della nostra generazione. E poi c'è il rispetto, il rispetto per i genitori, che è un obbligo: questo bambino che cresce sa che, tutto quello che sta ricevendo in termini di affetto, di sostegno, di disponibilità, di amore, più in là dovrà farsi carico delle esigenze dei genitori.
L'ultimo aspetto - concludo, signor Presidente - anch'io ho una piccola perplessità per quanto riguarda la disciplina della fissazione della nozione di abbandono. Si parla di irreparabile compromissione della crescita del minore. Su questo farei una brevissima riflessione: quello può essere il passo del non ritorno, quello Pag. 25può essere il momento in cui bambino, la sua garanzia di crescita psicofisica può essere già compromessa.
La dichiarazione di stato di abbandono, che apre la strada all'affidamento e all'adozione, non può essere una condizione estrema e neanche, come ha detto poco fa l'onorevole Palomba, irreversibile o non transitoria, ma deve essere una condizione da prevenire.
Pertanto, gli organi preposti dovranno valutare e verificare se questa condizione si sta per verificare e arrivare un secondo prima, perché, altrimenti, quel bambino potrebbe veder preclusa la strada che ha davanti a sé, aperta verso un'opportunità diversa di vita migliore, da una sentenza che gli impedirebbe di essere oggetto di attenzioni e di amore da parte di chi ha tutto l'interesse a darglieli.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nicola Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, svolgerò alcune rapide considerazioni e preannunzio l'intenzione di consegnare il testo integrale del discorso che avrei formulato in questa sede sul provvedimento in discussione.
Anch'io ritengo questo un provvedimento importante, che segna la modernità e l'evoluzione del nostro Paese su un tema particolarmente caro e particolarmente delicato; un provvedimento che riporta il tema dei minori, dei bambini e dei figli al centro del dibattito politico di quest'Assemblea. Vorrei ricordare che, già in altri provvedimenti, il tema dei minori è stato affrontato e, quindi, ciò dimostra la sensibilità di questa maggioranza in merito al problema.
Ritengo che vada doverosamente fatta una menzione tanto al Governo, nella figura del sottosegretario Giovanardi - che ovviamente ringraziamo per la presenza - quanto al sottosegretario Alberti Casellati, che hanno dimostrato, in modo particolare durante l'attività dei lavori in Commissione, una particolare sensibilità proprio per giungere in Aula con un testo sostanzialmente condiviso dalle forze politiche. Vorrei menzionare anche la sensibilità della relatrice Mussolini - che anche in questo caso, ringrazio - per aver dimostrato grande pazienza nel raggiungere una sintesi e trovare posizioni comuni con tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione.
Credo che sia motivo di soddisfazione portare in Aula un testo come questo, visto che già in passato - ricordo nel 2007 - l'allora Ministro per la famiglia, onorevole Bindi, anche lei presentatrice di una proposta di legge in tal senso, aveva tentato di portare tale provvedimento concernente la filiazione e l'equiparazione tra figli naturali e figli legittimi al dibattito dell'Assemblea parlamentare. Tale circostanza, poi, non ottenne seguito proprio per l'interruzione del mandato legislativo.
Pertanto, credo che oggi si instauri un dibattito importante e necessario proprio per dare completezza e completamento alla riforma del diritto di famiglia del 1975. Dunque, con il provvedimento in discussione poniamo fine a tutte le residue discriminazioni tra figli; introduciamo un principio, a nostro avviso, importante, che è il principio dell'unicità dello status di figlio, senza più distinzioni tra figli naturali e figli legittimi; determiniamo finalmente quel riconoscimento del vincolo di parentela del figlio naturale con tutti i parenti, e non solo con i genitori, con la possibilità, quindi, di avere un rapporto costante e continuo non solo con i genitori stessi, ma anche con gli zii e i parenti. In questo modo, come giustamente diceva il collega Scelli, togliamo quel «muro» e riportiamo l'attenzione su quel principio di dignità del minore e del bambino, che, credo, sia una condizione necessaria per una società evoluta e migliore come la nostra.
Inoltre, introduciamo un elemento, a mio avviso e ad avviso della Lega, importantissimo, cioè l'articolo 315-bis del codice civile, in cui vengono sanciti ed ampliati tanto i diritti quanto i doveri del minore, tra cui anche il diritto del minore di essere ascoltato e, quindi, di avere voce Pag. 26in capitolo per quanto riguarda le determinazioni relative alle proprie condizioni.
Infine, con l'articolo 2 del provvedimento determiniamo una delega ampia, ma circostanziata: capisco che il collega Palomba avrebbe voluto che ogni aspetto di natura codicistica del codice civile fosse disciplinato nel dettaglio già all'interno delle Commissioni e dell'Aula parlamentare; tuttavia, credo che tale modalità non avrebbe, poi, consentito di portare all'attenzione del Parlamento un testo condiviso, su cui il Governo si impegnerà ad emanare i decreti attuativi, che dovranno, comunque, passare al vaglio delle Commissioni per un parere. Quindi, da parte nostra, vi sarà comunque attenzione, controllo e la possibilità di entrare nel merito dei decreti stessi.
Pertanto, credo che la soluzione adottata sia intelligente, giusta e porti finalmente all'attenzione del Parlamento questo tema.

PRESIDENTE. Onorevole Nicola Molteni, la invito a concludere.

NICOLA MOLTENI. Concludo, signor Presidente.
L'unica sottolineatura che faccio - e poi, come dicevo, consegnerò il testo del mio intervento per la pubblicazione in calce al resoconto - è in riferimento a quanto i colleghi dicevano, in modo particolare alla volontà espressa attraverso l'articolo aggiuntivo 2.01, a firma dei colleghi Capano e Ferranti, in merito all'affidamento dei figli e, quindi, alla possibilità di poter ampliare e determinare nuove competenze per quanto riguarda il tribunale dei minori, a scapito del tribunale ordinario.
A tal riguardo, rinnovo la posizione storica della Lega, che ha trovato concretizzazione anche in un disegno di legge, a firma dell'allora Ministro Castelli, relativo all'abolizione dei tribunali dei minori. Riteniamo, infatti, che i tribunali dei minori - pur nel rispetto della loro istituzione e funzione giuridica - non garantiscano il contraddittorio tra le parti, né l'applicazione del principio del giusto processo, per cui preferiamo che la competenza rimanga in capo al tribunale ordinario. Abbiamo già manifestato in Commissione - il relatore lo sa - la nostra perplessità, per non dire addirittura la nostra contrarietà, in riferimento a questo articolo aggiuntivo. Per noi l'optimum sarebbe ovviamente rappresentato - come spesso abbiamo detto - dall'istituzione di un tribunale della famiglia, che faccia chiarezza in merito alle competenze e alle funzioni relative a tutto il mondo della famiglia: adozioni, affidi e separazioni.
Crediamo che questa sia la strada che, tra l'altro, anche il Governo ha più volte manifestato e che crediamo voglia intraprendere. Però, ripeto, con riferimento a questo articolo aggiuntivo, le nostra perplessità rimangono. Siamo ovviamente disponibili ad individuare soluzioni che possano trovare un ampio consenso da parte del Parlamento. Tuttavia, su questo articolo aggiuntivo, manteniamo i nostri dubbi e le nostre perplessità in merito all'azione e al giudizio che il tribunale dei minori svolge anche relativamente all'affido dei minori. Noi, oggi, non abbiamo assolutamente la disponibilità e la volontà, né di sottoscrivere questo articolo aggiuntivo, né tanto meno di sostenerlo.
Ci auguriamo che nel Comitato dei nove - facendo anche appello, ovviamente, alla sensibilità del relatore e del Governo - possa essere trovata una soluzione che salvaguardi, soprattutto, la dignità dei minori e la possibilità di rimanere all'interno delle proprie famiglie, le quali sono il luogo naturale di crescita dei minori stessi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Signor Presidente, come preannunziato, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Molteni, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Pag. 27

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2519-A ed abbinati)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, onorevole Mussolini.

ALESSANDRA MUSSOLINI, Relatore. Signor Presidente, intervengo solo per brevi flash. Credo che il diritto all'ascolto sia ampiamente garantito e tutelato dall'articolo 315-bis del testo. Tra le altre cose, volevo dire che condivido le preoccupazioni dei colleghi su due punti.
In primo luogo, il dato economico: in riferimento alla delega al Governo, all'articolo 2, comma 1, lettera p), abbiamo aggiunto, oltre alle segnalazioni da parte dei tribunali dei minori, anche il controllo successivo sugli enti locali: ossia cosa fanno, anche in termini economici, per la sussistenza e il benessere del minore. L'aspetto economico, infatti, è fondamentale. Vorrei ricordare - è qui presente il Governo - che nell'articolo 117 della Costituzione non è menzionato il minore. Si parla di sociale in generale. Sociale è tutto: possono essere gli anziani, possono essere tutti. Pertanto, questo è un punto molto importante.
In secondo luogo, sempre con riferimento alla delega al Governo, all'articolo 2, comma 1, lettera o), si parla dell'irreparabilità della compromissione per quanto riguarda il minore: si tratta di un termine, in effetti, restrittivo. Infatti, nella legge sull'adozione del 1984, parliamo della non transitorietà del danno della compromissione. Qui, invece, si parla di danno irreparabile.
Pertanto, non possiamo varare una legge che comporti - citando un termine del codice deontologico - maleficenza, ma dobbiamo fare una legge a favore, anche di prevenzione nei confronti del minore. Credo che, al riguardo, ci sarà un dibattito e anche un'ampia riflessione, perché le perplessità sono giunte, oltre che dal mondo esterno, anche dagli operatori del settore e da molti colleghi.
Un ultimo flash per quanto riguarda l'intervento dell'onorevole Palomba in relazione alla responsabilità genitoriale; sono consapevole che ci si possa anche innamorare di un termine, ma noi operiamo nel diritto e quindi la responsabilità prevede solo dei doveri e non dei diritti, mentre molto più estensiva e molto più efficace è la potestà genitoriale. In altre parole, la responsabilità è interna anche alla potestà genitoriale e non viceversa.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

CARLO GIOVANARDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il mio intervento non vuole essere una replica, ma soltanto un ringraziamento; intanto al professor Bianca che mi ha preceduto alla Presidenza del Consiglio e qui alla Commissione che ha raccolto gli elementi sottoposti poi al Consiglio dei ministri per il disegno di legge delega che è stato presentato; un ringraziamento poi alla relatrice, onorevole Mussolini, e ai gruppi parlamentari, soprattutto a quelli che avevano presentato progetti di legge sulla materia della filiazione e che sono stati in qualche modo unificati con il disegno di legge governativo per arrivare, e questa credo sia la cosa importante, che interessa tutti, in tempi rapidi all'obiettivo che ci siamo proposti: l'obiettivo della piena e assoluta parificazione, naturalmente vista dalla parte del bambino, di chi nasce all'interno o fuori dal matrimonio. È evidente, lo abbiamo visto in Commissione e lo vedremo in Aula, che si aprono anche discussioni su tutta una serie di questioni assolutamente importanti, nel dibattito sono già emerse, tra le quali il delicatissimo argomento dell'affido, dell'adozione e di quando il bambino debba essere tolto alla famiglia naturale per passare, in un processo successivo, a chi lo adotta o a chi viene dato in affidamento. Voglio solo ricordare, anche perché ho la responsabilità della famiglia, che noi parliamo della famiglia in quanto tale, non di una contrapposizione che potrebbe emergere tra il bambino da una parte, i genitori dall'altra, come se fossero due entità distinte. La famiglia Pag. 28è qualcosa di armonico, è una società, quella società naturale di cui parla la Costituzione, in cui i vari componenti devono svolgere, anche secondo l'età del bambino, delle funzioni, delle potestà particolari che sono diritti, doveri, sono relazioni sentimentali. Il professor Bianca aveva anche proposto di inserire il diritto del bambino ad essere amato; questo poi non è stato fatto perché le leggi devono ragionare in termini di diritto e ci sono questioni come queste dell'amore che sono molto belle, che dovrebbero realizzarsi nella realtà, ma che non sono in qualche modo contingibili o comunque il diritto non può obbligare ad esercitare.
Signor Presidente, vorrei ringraziare ancora tutti quelli che sono intervenuti a questo dibattito nella speranza che, licenziato il testo della Camera, il Senato possa rapidamente approvarlo e corrispondere all'attesa dell'opinione pubblica di arrivare finalmente alla parificazione.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15.

La seduta, sospesa alle 11,20, è ripresa alle 15.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bongiorno, Boniver, Caparini, De Biasi, Galletti, Jannone e Mazzocchi sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

In morte dell'onorevole Attilio Ruffini.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Attilio Ruffini, già membro della Camera dei deputati dalla IV alla IX legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

ENRICO LA LOGGIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, non pensavo che lei fosse così rapido all'apertura di seduta.

PRESIDENTE. Onorevole La Loggia, la nuova politica è veloce.

ENRICO LA LOGGIA. Bene, me ne compiaccio molto.
Vorrei dire solo due parole - che mi sembrano assolutamente doverose - per ricordare la figura di Attilio Ruffini, che è stato parlamentare in quest'Aula per la Democrazia Cristiana dal 1963 al 1987. Più volte Ministro (della difesa, per gli affari esteri, dei trasporti e della marina mercantile), inizia la sua attività con un episodio assolutamente negativo della sua vita, ma che ha segnato molto la sua attività negli anni futuri. Mi riferisco al 1944, quando fu catturato da un gruppo delle Brigate nere mantovane, condotto nella caserma delle Brigate nere di Cerese e poi fatto prigioniero dai nazisti. Liberato alla vigilia della sua fucilazione, iniziò la sua attività a fianco di don Primo Mazzolari, e tutta la sua vita fu sostanzialmente segnata da questo impegno, essere cioè cattolico e politico insieme. Esponente di spicco della Democrazia Cristiana lombarda (segretario provinciale a Mantova, vicesegretario regionale), si trasferisce a Palermo, in Sicilia, e qui prosegue la sua attività professionale sino al 1963, quando, appunto, si candida e viene eletto alla Camera dei deputati. Fa anche una rapida carriera all'interno del partito, sino a Pag. 29diventare vicesegretario politico unico, insieme con Fanfani prima e, successivamente, Moro.
Di lui mi piace ricordare una frase, che ha una sua particolare valenza di attualità anche nel dibattito politico di oggi. Diceva: come può onestamente definirsi democratico - nel significato sostanziale del termine - uno Stato in cui le vere decisioni politiche sono adottate dai partiti, per i quali non esiste garanzia alcuna di democraticità interna e dai quali la stragrande maggioranza dei cittadini è estranea? Se il popolo è estraneo e diffidente nei confronti dei partiti politici, perché non avere l'umiltà di riconoscere che ciò in parte dipende dal fatto che essi appaiono come raggruppamenti consolidati, cristallizzati e chiusi? Sorti con funzione di coordinamento e di incontro tra i cittadini e la classe dirigente, essi hanno finito, al di là di ogni intenzione, col divenire in parte diaframmi tra il popolo e gli organi dello Stato che in nome del popolo esercitano la sovranità, primo fra tutti il Parlamento.
Attilio Ruffini ha terminato la sua avventura terrena dopo una lunga malattia, sopportata con grande fede e con grande spirito di sacrificio, il 23 giugno ultimo scorso. Sono molto grato al Presidente della Camera per aver voluto partecipare al cordoglio dei familiari e grato al Presidente Buttiglione per averlo voluto ricordare qui oggi (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole La Loggia, ci uniamo tutti alle commosse parole di ricordo di un collega che ha onorato la nostra Assemblea.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Signor Presidente, anch'io mi associo, anche a nome dei colleghi, al ricordo dell'onorevole Ruffini, scomparso nei giorni scorsi. Come è stato ricordato, Ruffini ha ricoperto incarichi politici e di Governo di primo piano. È stato vicesegretario del suo partito, più volte Ministro e lo ha fatto sempre con una sobrietà e con uno stile che in larga misura hanno caratterizzato una generazione di politici cattolici come quella di cui faceva parte.
Per lui, come per molti altri che fecero l'esperienza della Resistenza e della lotta partigiana, l'impegno politico diventò il naturale proseguimento di una testimonianza civile, un'assunzione di responsabilità vissuta come servizio alla comunità, e un servizio, anche quello politico, è sempre una risposta ad una chiamata e mai una pretesa di potere.
Così è stato anche per Attilio Ruffini, che ha avuto per la politica una vera e propria vocazione come esercizio esigente ed alto di quella carità cristiana che lo ha contraddistinto nella sua vita. In questo senso, la sua concezione della politica è sempre stata caratterizzata dal senso del limite, quello che rende umana la politica e la tiene al riparo dalla tentazione e dalla degenerazione del potere e che consente di tenere vivi gli anticorpi che ne devono garantire indipendenza e libertà.
A questo senso del limite Attilio Ruffini, nella sua esperienza e nella sua testimonianza coerente, si è sempre attenuto e ha fatto di questo stile e di questa cifra umana, prima ancora che politica, la sua bussola e per questo lo ricordiamo (Applausi).

PRESIDENTE. Saluto una delegazione della fondazione «Marisa Bellisario» che assiste oggi ai nostri lavori. Benvenuti; mi dispiace che siate venuti adesso e non durante la mattinata quando, come forse sapete, si è discussa... anzi, scusate, adesso riprendiamo la discussione sulla proposta di legge, quindi, probabilmente, avrete modo anche di registrare gli umori del Parlamento sul tema della parità, che so vi sta particolarmente a cuore (Applausi).

Pag. 30

Seguito della discussione della proposta di legge: Golfo ed altri; Mosca ed altri: Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati (Approvata, in un testo unificato, dalla VI Commissione permanente della Camera e modificata dal Senato) (A.C. 2426-2956-B) (ore 15,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge di iniziativa dei deputati Golfo ed altri; Mosca ed altri, già approvata, in un testo unificato, dalla VI Commissione permanente della Camera e modificata dal Senato: Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati.
Ricordo che nella parte antimeridiana dell'odierna seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali e la relatrice e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,11).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori.

MARCO CARRA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO CARRA. Signor Presidente, la scorsa notte la federazione mantovana del Partito Democratico è stata oggetto di gravi atti vandalici e intimidatori. In particolare, sono state colpite le sedi della federazione provinciale e di tre circoli - nello specifico quello di Virgilio, di Rivalta sul Mincio e di Borgoforte - con un'azione premeditata e organizzata, legata, a quanto si apprende, a ciò che sta accadendo in Val di Susa.
Signor Presidente, la prego di informare il Ministro Maroni affinché si adoperi perché sia potenziata la sorveglianza delle nostre sedi e dei luoghi nei quali, proprio in questi giorni e in queste settimane, il nostro Partito sta tenendo le proprie feste in diverse località della provincia.

RENATO FARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO FARINA. Signor Presidente, intervengo a proposito della libertà religiosa in Pakistan. Questo Parlamento ha avuto l'onore di accogliere il Ministro Shahbaz Bhatti poco prima che fosse assassinato in Pakistan. Ora giunge notizia che, secondo quanto dicono fonti qualificate pakistane, fonti cristiane, Shahbaz Bhatti sta per essere ucciso una seconda volta perché il Governo sta frantumando il suo Ministero per i diritti delle minoranze religiose, traslocando in provincia qualche rappresentante e così togliendo forza alle rivendicazioni delle minoranze religiose, secondo una richiesta formulata dagli islamici radicali che, in questo periodo e specialmente dopo l'esecuzione di Bin Laden, sono tornati a essere minacciosissimi contro le minoranze religiose, cristiane e indù.
Sottolineo quanto sta accadendo in Pakistan perché il nostro Parlamento ha il bel primato di essere stato in prima fila nel difendere la libertà religiosa nel mondo con la mozione unitaria del 12 gennaio.

STEFANO ALLASIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, il mio intervento sull'ordine dei lavori è in merito all'intervento effettuato la scorsa Pag. 31notte, nella giornata di ieri, a Chiomonte, in Val di Susa, per sgombrare un'area cosiddetta a rischio, in cui alcuni esponenti dell'opposizione di questo Parlamento richiedevano la militarizzazione per lo sgombero della Valle per i manifestanti contro la TAV.
Diamo la massima solidarietà agli agenti feriti perché vi è stato un episodio gravissimo con sassaiole e manifestazioni pesanti sulla città di Torino, sulle varie amministrazioni comunali da parte dei no TAV dissidenti che appoggiavano e che appoggiano l'infrastruttura paneuropea. Per tale motivo la nostra posizione deve essere chiara e deve essere ribadita a gran voce e, a tal fine, utilizziamo la cassa di risonanza che il Parlamento, che quest'Aula ci può dare, consentendoci di manifestare apertamente la nostra approvazione all'infrastruttura della TAV, che è un'occasione per il Paese, per il Piemonte e per Torino stessa.
Sappiamo benissimo che alcune fronde estremiste di sinistra vorrebbero che la TAV non fosse costruita. Noi ribadiamo il concetto e ribadiamo che ci deve essere un atto democratico, che è indubbiamente quello elettorale, che abbiamo visto a più riprese, da diversi anni, in Val di Susa, di partiti che appoggiavano la TAV vincere le elezioni amministrative, politiche e regionali.
Quelle devono essere prese in considerazione e non i facinorosi perditempo che bivaccano e hanno manifestato pesantemente e malamente perché sono poi finiti oltre 30 appartenenti alle forze dell'ordine (tra carabinieri e poliziotti) all'ospedale. Bisogna porre qualche problema di legittimità delle manifestazioni che i no TAV svolgono sul territorio torinese e piemontese.
Speriamo che l'intero Parlamento e le forze dell'opposizione in quest'Aula prendano le distanze a pieno titolo dai manifestanti facinorosi e violenti che non permettono un regolare processo dell'attività democratica nel nostro Paese e anche in questo caso nelle nostre vallate piemontesi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Credo di potermi associare anche a nome di tutta l'Aula alla solidarietà con gli agenti feriti nel compimento del loro dovere in difesa della democrazia e dello Stato.

AGOSTINO GHIGLIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AGOSTINO GHIGLIA. Signor Presidente, vorrei anch'io spendere alcune parole per testimoniare la solidarietà di tutto il Popolo della Libertà e mia personale agli agenti che in queste ore e in questi giorni sono impegnati in Val di Susa per difendere i diritti della democrazia, della legalità e lo Stato di diritto contro bande armate di facinorosi che da mesi e mesi preparano una vera e propria guerriglia contro lo Stato prima ancora che contro l'opera.
Vorrei testimoniare la nostra vicinanza e la nostra adesione «senza se e senza ma» a questi tutori dell'ordine che, nonostante tante difficoltà e una situazione ambientale particolarmente difficile, si stanno spendendo in queste ore per la realizzazione di un'opera che non è soltanto strategica e importante, ma vitale per il futuro della nostra nazione, del Piemonte e anche - andando più nel piccolo - della provincia di Torino.
Noi non possiamo rimanere isolati dall'Europa, nonostante bande di delinquenti prezzolati da una sinistra estrema, che per fortuna non trova più posto in questo Parlamento e che fa delle battaglie del «no» alla TAV, al ponte e a qualsiasi tipo di inceneritore, di cava, di discarica, l'unica forma di sopravvivenza politica. Quindi, nel ribadire ancora una volta il nostro «sì-TAV» assolutamente incondizionato vorrei anche però porre all'attenzione - suo tramite - al Ministro Maroni e al Governo di vigilare sulle troppe voci Pag. 32cosiddette antagoniste che in questi giorni invitano alla violenza e incitano all'insurrezione attraverso la rete.
Ne potrei citare alcune - e le cito - in maniera tale che rimanga, come si suol dire in queste occasioni, agli atti: infoaut.org, indymedia.org, csoaskatasuna.org, Radio Blackout di Torino, che ha i locali gentilmente concessi dall'amministrazione comunale e dal sindaco Fassino, che fanno della propaganda sovversiva, dell'invito alla lotta contro lo Stato, della mobilitazione violenta contro le istituzioni i loro canovacci e il leitmotiv di tutti i loro programmi e di tutta la loro propaganda.
Quindi, signor Presidente, la invito ad informare il Ministro dell'interno di questa situazione, augurandomi che il prima possibile queste voci non di dissenso, ma di violenza, vengano oscurate o quanto meno ricondotte ad un atteggiamento democratico di opposizione, ma non di violenza, di propaganda violenta e di istigazione ai reati.
Concludo, ribadendo per l'ennesima volta - perché non è mai troppa - la solidarietà alle forze dell'ordine nella consapevolezza che purtroppo siamo solo all'inizio, che queste bande di facinorosi avranno e tenteranno ancora azioni non solo di disturbo, ma di vera e propria intimidazione nei confronti degli amministratori locali e di tutti coloro i quali coraggiosamente difendono un'opera vitale per la nostra nazione.

PRESIDENTE. Onorevole Ghiglia, naturalmente provvederemo a far presente le sue osservazioni al Ministro dell'interno.

RENATO CAMBURSANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, chiarisco subito che intervengo a titolo personale proprio sui fatti oggetto delle comunicazioni dei colleghi in ordine ai lavori. Ero prima in riunione con l'Unione industriali di Torino su questi temi e poi ad una programmata conferenza stampa insieme ad altre associazioni politiche e di volontariato quando venivano svolte quelle azioni di forza in Val di Susa.
Credo che la coerenza e lo sguardo lungo di un politico siano le condizioni primarie per esercitare il proprio ruolo. Parlo di sguardo lungo perché se uno dovesse misurare semplicemente la politica nei termini dell'oggi o semmai del domani e non già invece in un profilo molto più lungo nel tempo e di merito rispetto ai vantaggi prodotti da una certa opera che nell'immediato viene valutata non positivamente, non svolgerebbe il proprio ruolo in modo corretto, così come la coerenza dovrebbe essere la precondizione rispetto a posizioni manifestate nel corso degli anni.
Per quanto mi riguarda, la mia posizione è sempre stata favorevole alla realizzazione di questa grande infrastruttura che colleghi la Francia e tutto il mondo dell'Europa occidentale con l'Europa dell'est, passando attraverso il valico della Val di Susa.
Bisogna rappresentare - cosa che io faccio personalmente - la solidarietà alle forze dell'ordine e dire che una delle fonti citate dal collega poc'anzi, Radio Black out, sebbene sia una fonte assolutamente di parte, tuttavia ha detto testualmente che le forze dell'ordine si sono comportate correttamente. È chiaro che quando c'è resistenza possono anche esservi conseguenze, pertanto esprimo alle forze dell'ordine, a quegli agenti feriti e ai manifestanti che siano eventualmente stati colpiti da fatti collegati a questa manifestazione la mia piena solidarietà.
Ho sempre sottoscritto ordini del giorno e mozioni che andavano nella direzione di realizzare quell'opera. Lo Stato quindi ha un compito essenziale: far rispettare l'ordine e le decisioni assunte a maggioranza; le istituzioni piemontesi - e non solo piemontesi - si sono espresse più volte a favore della realizzazione di quell'opera, che «s'ha da fare». Ovviamente bisogna governarla bene: non potranno esservi migliaia di rappresentanti delle forze dell'ordine quotidianamente in Val Pag. 33di Susa. Deve essere riattivato il tavolo presieduto dal dottor Virano, ma deve essere garantito - come bene ha detto il sindaco di Torino ieri - che il Governo destini risorse finanziarie compensative a quei territori, così come deve essere realizzato il nodo di Torino perché altrimenti, se così non fosse, avrebbe ragione chi manifesta contro. L'opera è utile e s'ha da fare, ma deve essere completa e vista in prospettiva.

EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, credo che sulla vicenda che ha visto ieri gli scontri in Val di Susa per l'apertura di uno dei cantieri della TAV vadano fatte alcune riflessioni pacate e serie su principi costitutivi dell'idea di democrazia. Credo che il dissenso sia il sale della democrazia, ma lo è altrettanto il diritto, che c'è in democrazia, di decidere.
La scelta di realizzare delle infrastrutture certamente utili al Paese nel rapporto tra il nostro Paese e lo sviluppo dell'Europa e nel collegamento con il corridoio est-ovest di questo sviluppo ha avuto numerosissimi passaggi istituzionali, parlamentari, di Governi di colore diverso, di parlamenti di colore diverso, di consigli regionali di colore diverso, di comuni e di province. Al termine di questo percorso istituzionale vi sono legittimamente opinioni ancora contrarie allo sviluppo di questa infrastruttura, si è svolto in questi ultimi tre anni un tavolo istituzionale di confronto molto importante nel quale sono state accolte alcune delle critiche, il progetto è stato ridisegnato, la modalità - di cui giustamente ieri il sindaco Fassino parlava nel consiglio comunale di Torino - con cui si realizzerà l'opera è cambiata a seguito di questo percorso istituzionale.
Ebbene, a conclusione di un iter democratico e nelle sedi istituzionali di consultazione perché il maggior numero possibile di richieste provenienti dalle popolazioni di quella valle venisse accolto e portasse a una modificazione del progetto, c'è il nodo fondamentale della democrazia che si esprime con il criterio rappresentativo nelle istituzioni. Ad un certo punto la democrazia ha non la possibilità ma il dovere di decidere e di realizzare ciò che è stato deciso dalle maggioranze, altrimenti si sfocia nell'anarchia che è il contrario della democrazia, e non creda chi ha opinioni legittimamente contrarie a questa opera infrastrutturale che nell'anarchia, nell'assenza di una gerarchia delle decisioni e nell'assenza di una gerarchia delle istituzioni verrebbero garantiti meglio i diritti legittimamente contrari all'opera di chi sostiene idee diverse. Non sarebbe così, è per questo che da tempo il gruppo del Partito Democratico, i colleghi di Torino - il Partito Democratico piemontese e torinese - e il Partito Democratico nel suo complesso hanno detto, come stiamo sostenendo in queste ore, che non c'è più discussione possibile sul «se» rispetto alla TAV, c'è una possibile discussione ancora sul «come», sapendo che abbiamo un appuntamento che il Partito Democratico non vuole perdere, poiché vogliamo che quest'opera si faccia perché ha superato tutti i gradi di condivisione e di confronto possibili nella democrazia.
È per questo che abbiamo espresso solidarietà agli agenti delle forze dell'ordine che ieri sono stati feriti negli scontri, ovviamente ci dispiace ed esprimiamo la nostra vicinanza anche a coloro che fra i manifestanti sono stati feriti ma non crediamo che faccia parte della democrazia lanciare le pietre sugli agenti delle forze dell'ordine che per ordine dei loro superiori sono lì per far rispettare la legge, perché nelle democrazie si deve far rispettare la legge. Altra cosa è dire, come altri qui hanno detto, che vogliamo avere la certezza da questo Governo - certezza che ancora non abbiamo - che verranno corrisposti tutti i fondi perché nella complessità di questo progetto venga dato ai territori tutto ciò che è stato promesso e perché si compia quella complessa e difficile opera di inserimento di questa infrastruttura nel territorio circostante.
Anche noi siamo preoccupati che il progetto vada avanti bene e che l'inserimento Pag. 34di questa infrastruttura avvenga secondo quanto è stato prestabilito, ma non ci piegheremo mai all'idea che un dissenso legittimo possa mai diventare manifestazione violenta. Sì a qualsiasi dissenso nella democrazia, no a qualsiasi opinione politica che si esprime con la violenza contro chi è lì per far rispettare la legge.
Mi consenta un'ultima frase signor Presidente, ci sono stati episodi gravi in queste ore di attacchi verso sedi del Partito Democratico, il collega Carra ha già ricordato gli attacchi di questa notte a Mantova e provincia di quattro sedi del Partito Democratico. Voglio ricordare la manifestazione che c'è stata ieri davanti alla sede nazionale del Partito Democratico con il lancio di un fumogeno. Non piegheremo la nostra cultura garantista e democratica di fronte a nessuna minaccia.
Ci appelliamo al Governo perché sappia garantire le nostre sedi. Riconosceremo tutti i diritti della popolazione, che ha diritto di esprimere il proprio legittimo dissenso, e continueremo a lavorare perché la democrazia alla fine decida (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Credo di poter dire che tutta l'Assemblea esprime la sua solidarietà ai militanti del suo partito che hanno visto le loro sedi bruciate. Comportamenti del genere sollecitano una condanna da parte di tutte le forze democratiche.

Si riprende la discussione (ore 15,30).

(Esame degli articoli - A.C. 2426-2956-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli modificati dal Senato.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 2426-2956-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 2426-2956-B), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cambursano, Carlucci, Berruti, Germanà, Torazzi, Colucci, Libè, Zazzera, Ventucci, Zaccaria, Morassut, Mantini, Borghesi, Lainati, Razzi, Ciccanti, Bersani, Toccafondi e Vico...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 428
Votanti 406
Astenuti 22
Maggioranza 204
Hanno votato
395
Hanno votato
no 11).

Prendo atto che i deputati Vannucci, De Girolamo, Pompili, Farinone, Vessa, Pionati e Velo hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 2426-2956-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 2426-2956-B), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Golfo, Vella, Nizzi, Casini, Di Pietro, Donadi, De Torre, Leone...
Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 35
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 445
Votanti 419
Astenuti 26
Maggioranza 210
Hanno votato
406
Hanno votato
no 13).

Prendo atto che i deputati Mogherini Rebesani, Vannucci, De Girolamo, Pompili, Vessa, Pionati e Farinone hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 2426-2956-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 2426-2956-B), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Golfo, Gava, Coscia, Trappolino, Villecco Calipari, Tanoni...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 455
Votanti 423
Astenuti 32
Maggioranza 212
Hanno votato
411
Hanno votato
no 12).

Prendo atto che i deputati Ascierto, De Girolamo, Pompili, Vessa e Pionati hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

(Esame di un ordine del giorno - A.C. 2426-2956-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (Vedi l'allegato A - A.C. 2426-2956-B).
Qual è il parere del Governo sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/2426-2956-B/1?

BRUNO CESARIO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/2426-2956-B/1.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/2426-2956-B/1, accettato dal Governo.
È così esaurito l'esame dell'unico ordine del giorno presentato.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2426-2956-B)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi non siamo appassionati delle leggi che impongono, in modo, forse, contraddittorio con i principi liberali, dei vincoli e degli obblighi a chi opera sul mercato. Tuttavia, è innegabile che il nostro Paese si trova oggi in una situazione di vera e propria emergenza quanto alla presenza delle donne nei luoghi decisionali. Dunque, questa situazione, che è una vera e propria emergenza, e forse anche per essa l'Italia si trova in una condizione di tale difficoltà nella sua economia e nella sua società, giustifica un provvedimento come quello che la Camera sta per approvare.
Si tratta di un provvedimento che comporterà nel tempo la presenza di un terzo Pag. 36di donne in tutti i consigli di amministrazione delle società quotate, cioè delle società che hanno un ruolo decisivo nell'economia, nella finanza e nel mercato del nostro Paese. Certo, vi è da fare qualche considerazione su come questo provvedimento arrivi oggi all'approvazione definitiva.
Dopo un primo entusiastico e unanime consenso alla Camera dei deputati, quando si è visto che questa prospettiva cominciava davvero a concretizzarsi, vi è stata la sollevazione di dubbi e resistenze, perché non vi è dubbio che la presenza vincolante di una quota consistente di donne riduce necessariamente la presenza di uomini per un numero corrispondente. Questo ha destato preoccupazione.
Credo che ciò che è più importante sia non solo il ruolo che le donne potranno svolgere, portando il loro punto di vista e la loro competenza, ma anche il fatto che tante donne, sottolineo non solo nelle società quotate, ma in tutte le società pubbliche, che saranno presenti grazie al provvedimento in esame, che in qualche modo le protegge, dovranno essere volano, leva, per introdurre, nei luoghi in cui opereranno, i criteri ed i meccanismi che agevolano le donne stesse e che in Italia non vigono. Questi criteri sono quelli meritocratici che, se applicati, farebbero naturalmente emergere una leva di giovani professioniste, di giovani scienziate, di grandissimo valore.
Quindi, credo che l'approvazione della proposta di legge in oggetto, di cui viene pure ritardata e diluita nel tempo la piena operatività, sarà un vantaggio non solo e non tanto per le donne che ne beneficeranno, ma per l'Italia che potrà beneficiare delle donne (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, colleghi, preannunzio il voto convintamente favorevole del gruppo Italia dei Valori al provvedimento in oggetto.
È assolutamente necessario presidiare con un intervento normativo la parità tra uomo e donna, in attuazione del primo comma dell'articolo 51 della Costituzione. Capisco e so che il problema della parità di genere è un problema culturale che dovrebbe essere risolto attraverso una normale rappresentazione e presenza delle donne in tutti i settori decisionali della nostra società, da quelli privati, a quelli pubblici, a quelli elettorali, ma, purtroppo, la cultura in Italia, a differenza di quella di altri Paesi, è ancora indietro. Basti pensare che la presenza delle donne ai vertici delle imprese quotate in borsa è rimasta invariata intorno al 12 per cento, così come il peso delle donne tra gli amministratori delle medesime società è fermo al 9 per cento.
Ecco perché è necessario che vi siano interventi normativi che garantiscano la presenza delle donne negli organi di amministrazione. È necessaria una fase di avvio che speriamo sia la più breve possibile, ma, tuttavia, questa è necessaria per operare quella trasformazione culturale della nostra società che vede la presenza delle donne come un fatto assolutamente essenziale e necessario per la nostra democrazia, come dice l'Unione europea. Infatti, dai documenti dell'Unione europea emerge che le quote di genere rappresentano un mezzo verso la parità di risultato, tramite il quale sperare di realizzare un progetto politico e sociale globale di piena parità tra uomini e donne. Le quote di genere sono cioè uno strumento di affermazione della democrazia.
Noi avremmo anche votato, come abbiamo fatto, a favore del testo originario approvato dalla Camera e avremmo voluto che esso rimanesse invariato. Il testo prevedeva, infatti, l'immediata decadenza dai consigli di amministrazione e dagli organi di controllo nel caso in cui non fosse rispettato il criterio di riparto stabilito, ossia la quota prevista di presenza femminile. Tuttavia, riteniamo comprensibile e compatibile la modifica apportata dal Senato. Sulla base di questa modifica vi è un primo intervento della Consob che diffida l'organismo della società quotata in Pag. 37borsa nel quale non è presente la quota prevista per la rappresentanza femminile, imponendo l'obbligo di adeguarsi entro quattro mesi. Se la diffida non ha esito, vi è l'irrogazione di una sanzione piuttosto pesante. Se neppure ciò produce un risultato, dopo tre mesi vi può essere la decadenza dei rappresentanti degli organi di amministrazione e del collegio sindacale.
Quindi siamo disposti anche a votare favorevolmente questo nuovo testo introdotto dal Senato, anche se diventa più articolato e meno immediatamente operativo. Riteniamo, infatti, che in una fase di avvio possa risultare anche accettabile che vi possa essere un procedimento più graduale ed articolato. E comunque riteniamo che sia assolutamente necessario in questa fase non fermarsi a questo provvedimento, ma estendere la necessità di rappresentanza di quote di genere anche in altri settori, ad esempio nella vita pubblica e nella fase elettorale. Vorremmo che, anche nel nostro Parlamento, così come nelle amministrazioni locali (regionali, provinciali e comunali), fosse assicurata e garantita la presenza delle donne. In questo senso, abbiamo anche presentato le nostre proposte.
Speriamo che il Parlamento non sia timido e speriamo che soprattutto la rappresentanza di genere maschile non insista nella propria volontà di mantenere il potere, ma estenda sempre di più la partecipazione essenziale delle donne alla vita pubblica e alla vita comunque degli organismi decisionali (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bongiorno. Ne ha facoltà.

GIULIA BONGIORNO. Signor Presidente, gentili colleghe e gentili colleghi, a dir la verità sarebbe stato bello se questa proposta di legge fosse nata da un'iniziativa di uomini, ma così non è stato. Questa legge nasce da un'iniziativa di donne, che ringrazio in questo momento. A dir la verità sarebbe anche stato bello se in questo momento le dichiarazioni di voto fossero state rese, come avviene nelle materie molto importanti, dai leader dei partiti per dare un segno dell'importanza del provvedimento, ma anche questo, purtroppo, non è avvenuto.
Ma proprio perché questa proposta di legge è di iniziativa delle donne e proprio perché non sono i leader ad alzarsi a parlare di questa legge credo sia la dimostrazione dell'importanza di questo progetto di legge. Vorrei svolgere due affermazioni: votare favorevolmente questa proposta - sappiate - non significa, come forse si pensa con quei pulsanti rossi che ho visto illuminarsi, fare una gentile concessione alle donne; votare favorevolmente questa proposta legge, come forse pensano molti di quelli che pur votando con il pulsante verde, avrebbero voluto votare «rosso», non significa privilegiare un genere. Per dimostrare queste due affermazioni potrei illustrare vari argomenti, ma ne ho selezionati due: uno ufficiale, che tutti potrete condividere e uno sostanziale che molti non condivideranno. Esporrò l'uno e l'altro argomento.
Primo argomento. Questa legge non è una gentile concessione, perché la presenza di uomini e donne ai vertici delle aziende può costituire concretamente un vantaggio per tutti, atteso che la diversità tra sessi, in termini di attitudini, qualità e competenze può risultare una risorsa. Questo risulta da una serie di studi ed è provato che la compresenza di generi dà un impatto positivo alla produttività. Tale argomento può essere più o meno condiviso da tutti.
Passiamo al secondo argomento. Perché non considero questa legge una gentile concessione? Una gentile concessione, ovvero un privilegio, presuppone che si parta da una situazione di parità tra uomini e donne. Se si partisse da una situazione di parità, la legge che impone delle quote effettivamente sarebbe un privilegio. In realtà, siccome è inutile negare che esiste una situazione di discriminazione, questo tipo di iniziative non possono costituire alcun tipo di privilegio. Intendo dire che possiamo anche fare discorsi di tutti i generi - come quello che ho proposto Pag. 38prima sull'importanza della produttività e quindi sulla necessità che uomini e donne siano compresenti - ma, a mio avviso, il vero discorso è che oggi, anche se si nega, esiste una netta discriminazione nei confronti della donna e pregherei, chiunque lo nega, di confutare il seguente argomento.
È un argomento che non vola alto, ma vola basso, perché soltanto su questo si può concretamente misurare quanto è forte la discriminazione.
Esiste una discriminazione a livello sociale e familiare perché continua a prevalere un modello in cui la equa ripartizione del carico familiare è soltanto una chimera. C'è qualcuno che è in grado di smentirlo? C'è qualcuno che è in grado di smentire che, se scarseggiano servizi per la cura dei bambini e degli anziani, alla donna - e, beninteso, solo alla donna - si chiede di scegliere? Si chiede alla donna di fare tutto, se ci riesce e, se non riesce, a quel punto di scegliere. La scelta più dolorosa tra famiglia e lavoro, a chi si chiede? Si chiede ad un uomo o si chiede ad una donna? Sempre e comunque alla donna si chiede la scelta più rigorosa. A me è capitato di sentire uomini, anche della mia generazione, quarantacinquenni, persone che stimo, persone che, forse, sentendo le mie parole ricorderanno questi colloqui che ho avuto con loro, parlare del tipo di aiuto che danno a casa, nella distribuzione del lavoro, per lasciare del tempo alla moglie. Ho sentito risposte di questo genere: dare alla luce figli determina ipso facto l'addebito di certe incombenze alla donna. I più evoluti addirittura parlano di un istinto materno, altri parlano di legame madre-figli, altri di accudimento o di maternage, cioè tu hai dato alla luce un figlio e solo tu sei in grado, da zero a trecento anni, di aiutarlo. Reputo tali discorsi che scaricano sulla donna tutto in nome di questi principi come il maternage, discorsi elegantissimi, ma vigliacchi, estremamente vigliacchi perché è un modo subdolo, infiorettato di lusinghe, per caricare sulle spalle delle donne tutto il carico familiare, tutto o quasi. Perché quasi? Perché c'è, invece, una cosa che gli uomini fanno sempre. Se voi chiedete, nell'ambito di tutti questi compiti familiari, cosa fanno gli uomini, ti rispondono che sono convinti di fare quanto di loro competenza, assolvendo al compito di accompagnare i figli a scuola, come se il tragitto che parte da casa ed arriva fino alla scuola fosse un percorso quasi catartico che consente a tutti di superare i loro doveri.
Ecco perché qui non si tratta di stabilire se le quote sono belle o brutte come discutevo adesso con il mio compagno qui accanto che credo voterà rosso; a me le quote non piacciono affatto, non mi sembrano uno strumento idoneo; tuttavia, non è un problema se piacciono o non piacciono. È chiaro che suonano come una lettera di raccomandazione, ma, in questo momento, non dobbiamo dire se le quote sono belle, dobbiamo dire se sono importanti, indispensabili ed imprescindibili. Le quote sono assolutamente sgradevoli, ma necessarie. Ovviamente, devono essere temporanee, altrimenti sarebbe un privilegio inaccettabile. Le donne, a loro volta, investite da questa responsabilità, non si devono adagiare su questi meccanismi altrimenti torneremmo indietro di mille anni. Ripeto: non amo le quote, ma voterò convintamente e preannunzio il voto favorevole di tutto il gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo su questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Anna. Ne ha facoltà.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, intervengo brevemente per preannunziare il voto favorevole del gruppo di Iniziativa Responsabile Nuovo Polo sul provvedimento. Non ho grandi considerazioni da svolgere così come l'onorevole Bongiorno, anche se credo che questa legge sia giusta perché crea maggiori opportunità per le donne ed il loro inserimento in tutti i gangli sociali, soprattutto nei luoghi ove si assumono le decisioni. Pag. 39Non credo che possa contribuire altro che a questo. Quanto poi alla parificazione ed a tutti i discorsi che ho poc'anzi ascoltato, credo sia ineluttabile che nessun legislatore può modificare la biologia, la diversità biologica. Inoltre, a proposito di compiti, volevo ricordare all'onorevole Bongiorno che le donne sono costruite ancestralmente e biologicamente per svolgere compiti e ruoli, come l'accudimento della prole, a cui nessun uomo sarà mai parificato. Detto ciò, e lasciando perdere anche questa vecchia dicotomia tra gli uomini e le donne, credo che il processo di emancipazione non dipenda solo dalle opportunità, ma da una serie di fattori culturali e sociali che tardano ad affermarsi soprattutto in quei contesti socio-economici che sono più arretrati.
Quindi siamo d'accordo sull'inserimento delle quote rosa all'interno dei consigli di amministrazione e in tutte le altre articolazioni decisionali che il provvedimento prevede e, quindi, preannunzio il voto favorevole di Iniziativa Responsabile (Applausi dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile Nuovo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cera. Ne ha facoltà.

ANGELO CERA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo brevemente per esprimere il voto favorevole del gruppo dell'Unione di Centro sul provvedimento in esame e per rimarcare come in questi ultimi anni, nonostante la vita politica, il mondo della cultura e del sociale ed ovviamente dei settori economici abbiano registrato una sempre più crescente partecipazione delle donne, siamo ancora lontani dagli standard dei principali Paesi europei e lontanissimi da quelli dei Paesi nordeuropei. Si tratta di un primato di cui non si deve andar fieri e che stride con i dati diffusi dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che ci danno una lettura diversa di una presenza imprenditoriale femminile molto vivace e competitiva che ha retto l'urto della crisi meglio di quella maschile e che ha indotto gli analisti economici a parlare di un vero e proprio fattore «D» cioè fattore donna. L'Italia resta invece fanalino di coda in Europa insieme al Portogallo quanto alla promozione delle pari opportunità nei consigli di amministrazione delle società. Basti pensare che nelle 23 società italiane presenti tra le prime 300 in Europa, solo otto seggi di consiglio di amministrazione disponibili su 375 sono occupati da donne. Dire oggi sì a questo provvedimento, oltre ad adempiere ad un precetto costituzionale e a tener conto che le pari opportunità rappresentano uno dei principi fondamentali sanciti dal diritto comunitario, significa stimolare un processo di crescita professionale delle donne al fine di premiarne e valorizzarne le significative risorse. Si tratta di un altro passo verso l'effettivo raggiungimento delle pari opportunità anche se rimane ancora insoluto o risolto in minima parte il problema della conciliazione dei tempi di lavoro e di cura. Oggi, ancora e purtroppo, viviamo in un sistema sociale e culturale che rende molto difficile contemperare la scelta professionale con quella di non rinunciare alla famiglia: sulle donne italiane ricade, infatti, il peso di un welfare incompleto, in cui la donna, oltre a dover assolvere ai compiti di cura dei figli, deve spesso occuparsi dei genitori anziani e di conduzione della casa. Non si presta quindi un'adeguata attenzione a questi temi, al tema dei servizi sociali, della politica di conciliazione, della politica della famiglia.
Il dilemma per le donne italiane continuerà a presentarsi. Onorevoli colleghi, anche se si tratta di una legge transitoria graduale, dobbiamo apprezzarla nel merito perché si inserisce nel solco delle azioni per la promozione delle pari opportunità che ha finora prodotto risultati significativi. Certo, siamo ancora ben lontani dal 60 per cento di partecipazione femminile al mercato del lavoro che ci indica l'Agenda di Lisbona e non sarà l'approvazione di questa legge che probabilmente chiuderà questa stagione. Si è detto che il sistema delle quote non rappresenta lo strumento migliore e più adatto a favorire la piena realizzazione di Pag. 40un riequilibrio tra i generi e che lo stesso termine, quote rosa, è inviso alle donne per prime ma rappresenta comunque un mezzo verso la parità di risultato.
Si tratta di un mezzo per poter realizzare una piena parità tra donne e uomini e raggiungere ciò che già il Consiglio d'Europa raccomandava nel lontano 2003, in quanto esigenze di mera giustizia ed elemento costitutivo non negoziabile della democrazia.
È proprio nell'interesse della nostra democrazia e per consentire un'adeguata presenza delle donne in tutte le sedi in cui vengono prese decisioni per il futuro del nostro Paese, che ribadisco a nome del mio gruppo, l'Unione di Centro per il Terzo Polo, il voto favorevole sul provvedimento in oggetto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pastore. Ne ha facoltà.

MARIA PIERA PASTORE. Signor Presidente, la proposta di legge in esame introduce un criterio volto ad assicurare l'equilibrio fra generi per quanto riguarda gli organi delle società quotate e gli organi delle società costituite in Italia e controllate dalle pubbliche amministrazioni non quotate nei mercati regolamentati.
È importante sottolineare che questo criterio si applica solamente per tre mandati consecutivi e che non è neppure di immediata applicazione, perché entrerà in vigore, di fatto, nel 2012. Per il primo mandato, viene prevista la presenza di almeno un quinto degli amministratori e dei sindaci eletti e, solo nei due mandati successivi, si riserva al genere meno rappresentato un terzo dei componenti.
L'obiettivo è quello di instaurare delle buone prassi, dando applicazione a quanto disposto dall'articolo 51 della Costituzione, nella parte in cui si prevede che «la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini». L'esigenza di assicurare l'equilibrio tra i generi nasce dal permanere di consuetudini, di prassi e, spesso, di preconcetti.
Le donne rappresentano la maggioranza della popolazione, raggiungono alti livelli di istruzione e di specializzazione, ma sono ancora penalizzate nell'accesso al lavoro e nella presenza nei luoghi decisionali e di responsabilità. Le donne risultano penalizzate anche dalla maternità, che viene vista come un limite all'efficienza e alla capacità di lavoro.
Da una relazione presentata il 1o marzo dalla Commissione europea, risulta che il numero di donne con funzioni direttive nell'Unione europea è meno di un terzo e che solo il 12 per cento dei membri dei consigli di amministrazione delle principali imprese è costituito da donne. In Italia, però, questa percentuale scende al 5 per cento.
La finalità del provvedimento è, pertanto, quella di porre in essere azioni positive che, secondo la sentenza della Corte costituzionale n. 109 del 1993, costituiscono il principale strumento a disposizione del legislatore per attuare il dovere, stabilito dall'articolo 3 della Costituzione, di assicurare effettive pari opportunità di inserimento sociale, economico e politico.
Del resto anche il Parlamento europeo, proprio l'8 marzo scorso, ha approvato una risoluzione nella quale si invitano gli Stati membri ad adottare misure efficaci che garantiscano una migliore rappresentatività delle donne nelle grandi società quotate in Borsa e nei consigli di amministrazione delle imprese in generale, con particolare riferimento a quelle a partecipazione pubblica.
Questa proposta, quindi, di fatto, è un esperimento, tanto che le disposizioni relative all'equilibrio di genere si applicano solamente per tre mandati consecutivi, ma si spera che riesca a sbloccare una situazione anacronistica, riesca a dare alle donne la possibilità di dimostrare la loro preparazione e la loro competenza, e a portare al livello europeo la presenza femminile nei luoghi decisionali, anche se Pag. 41rimaniamo molto lontani dalle disposizioni che vengono applicate in Paesi quali la Francia, la Spagna e la Norvegia.
Vorrei ricordare che sulla proposta di legge in oggetto vi è la condivisione dei gruppi parlamentari; rimane il dissenso di alcuni parlamentari. Credo che su questo punto abbia ragione l'onorevole Bongiorno: non si tratta di quote, ma di applicare alcuni principi e di prevederne finalmente l'osservanza.
Io comunque spero che oggi si possa dare dimostrazione che i tempi sono cambiati, che c'è meno diffidenza, che non c'è più un netto rifiuto verso provvedimenti diretti a dare alle donne maggiori opportunità e a rafforzare la partecipazione della maggioranza della popolazione alla vita economica, politica e sociale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, la proposta di legge sottoposta al voto dell'Aula e sulla quale il Partito Democratico esprimerà un voto favorevole è un contributo importante su un tema che, molto opportunamente, questa mattina, nel corso della discussione sulle linee generali, i colleghi hanno richiamato e che, in particolar modo, ha richiamato nel proprio intervento la collega Alessia Mosca, tra le prime firmatarie del provvedimento.
Riprendendo una riflessione svolta dalla collega Bongiorno, ricordo che noi abbiamo la necessità in quest'Aula di chiarire alcuni aspetti, signor Presidente, e cioè che è evidente a tutti che la parità tra i generi, in particolar modo la parità tra uomo e donna, non può essere stabilita per legge e non può essere stabilita, a maggior ragione, da una legge dello Stato.
Tuttavia, poiché la parità è garantita da una legge superiore, la legge naturale, un provvedimento legislativo dello Stato può e, anzi, ha il dovere di riportare tutto e tutti nelle stesse identiche condizioni di partenza.
Per questo motivo noi abbiamo fortemente voluto questo provvedimento che non è, come dicono alcuni, anche semplificando, l'imposizione di un numero di donne (infatti, quando si parla di parità di genere si tende a smussare in qualche modo il vocabolario) nei consigli amministrazione delle società quotate. Non è questo.
In realtà, l'articolato di questa proposta di legge è un grimaldello per provare a scuotere un sistema, quello della governance delle grandi imprese, delle imprese quotate, dopo oltre due secoli. Nonostante il mondo intorno a noi sia cambiato, nonostante la modernità e l'innovazione, nonostante il grado di innovazione nei contesti aziendali anche internazionali, nonostante tutto questo, rispetto alla prima donna italiana entrata in un consiglio di amministrazione di una grande impresa nel 1932, la percentuale di donne dentro i consigli di amministrazione in questo momento nel nostro Paese non supera il 6 per cento, anzi è appena sotto questa soglia.
Per questo motivo è giustificabile il ricorso alla forza della legge; quando la realtà è impossibile da cambiare e non è modificabile, allora è inevitabile che possa essere modificata dall'intervento del legislatore.
Noi ci auguriamo che, con questo grimaldello, le cose cambino semplicemente attendendo che le generazioni modifichino i loro atteggiamenti rispetto a quelle precedenti e cambino soprattutto il nostro modo stesso di pensare e di intendere la vita.
Ben venga, quindi, una norma che, per un periodo limitato nel tempo - stiamo parlando di tre mandati - riesca in qualche modo a modificare le abitudini dei modelli di selezione dei vertici e del management nella governance delle grandi imprese, delle imprese quotate evidentemente, perché è di quelle che parliamo in questo provvedimento.
Enormi passi in avanti sono stati compiuti in questi anni ma insufficienti rispetto a quei modelli di governance; certamente, sono stati fatti passi in avanti in Pag. 42Europa, per esempio nel Regno Unito, in Norvegia, in Finlandia, in Svezia e, forse, dovremmo chiederci perché in quei Paesi la parità di genere, anche ai vertici delle grandi imprese, in qualche modo è andata a braccetto con il modello di welfare che quei Paesi stessi avevano assicurato.
Se è vero che la politica non ha il compito di imporre quote nella gestione delle imprese, è anche vero che non può sottrarsi alla definizione delle modalità con cui si influenza il modo di essere stesso dei comportamenti, delle modalità di funzionamento tra comunità e mercato, tra società e mercato stesso.
È anche vero che la buona politica è quella che riesce a intravedere l'orizzonte dei problemi quando questi sono ancora chiusi nei meandri delle difficoltà.
A nostro avviso, se la società è in ritardo nel suo processo di parificazione dei diritti, soprattutto nell'attuazione di una parità vera e sostanziale, allora la politica ha il dovere sacrosanto di intervenire, somministrando rimedi che invertono l'andamento di un circolo - in questo caso rispetto alla parità di genere nelle grandi imprese - che non esitiamo a definire vizioso, ristabilendo paletti entro i quali lasciare poi, nella mano del mercato, la regolazione.
Signor Presidente, la legge ci vuole, noi l'abbiamo voluta e la vogliamo. È anche vero che l'Italia, certamente, non cambierà per una legge, e forse non cambieranno alcuni comportamenti dentro le grandi imprese, per una legge, ma certamente si costringeranno al confronto, in qualche modo, l'idea di governance ed il modello di management governato in questo modo dai principali gruppi quotati nel nostro Paese.
A nostro avviso, il provvedimento necessita - lo diciamo al Governo, senza polemica, al Ministro Carfagna - di una massiccia e costante campagna di sensibilizzazione culturale e, mi perdoni, non solo per le pari opportunità. Serve una massiccia campagna di sensibilizzazione culturale nelle scuole. Invece di ipotizzare, a volte, assurde tipologie di insegnamento, torniamo banalmente all'insegnamento cardine della nostra civiltà, quello che si insegnava con le principali regole democratiche: i temi della parità dei diritti e la necessità di consentire alle nuove generazioni - i nostri figli - di comprendere che cosa si intenda per doveri, per senso civico e per rispetto civico.
Forse, quando anche la scuola avrà dato questo contributo, sostenuta da un'idea di welfare nuova e moderna, probabilmente, in quel tempo, non vi sarà più bisogno di un grimaldello come questo. I cittadini di domani saranno certamente migliori se avranno avuto gli strumenti, anche familiari, per divenirlo.
Vorrei fare un'ultima annotazione sulla parità di genere. Molti hanno detto, anche in quest'Aula, di copiare un po' più gli altri Paesi. La parità di genere, la parità uomo-donna, non si ottiene solo con le cosiddette quote, ma fornendo, alle donne, soprattutto, un supporto sostanziale al loro ingresso nel lavoro.
In quest'Aula abbiamo tentato anche in altri contesti di sottoporre all'attenzione del Governo quanto fossero diverse le esigenze delle donne rispetto al mercato del lavoro, anche da territorio a territorio, anche rispetto all'idea di reinterpretare il lavoro che è completamente diverso, per esempio, in alcune aree con una certa densità economica. Pensiamo alle condizioni presenti nel nord, caratterizzate dalle grandi imprese, e a quelle del Mezzogiorno, dove la disoccupazione femminile ha raggiunto indicatori ed indici allarmistici.
Tante donne sono costrette a lasciare il lavoro, soprattutto in alcune aree del Paese, perché non vi sono quelle protezioni sociali che spesso noi richiamiamo. Ma non è oggi il tempo di richiamare alcuni doveri che tutti quanti noi abbiamo. Tuttavia, l'opportunità che oggi ci dà questa proposta di legge è quella di sottolineare come abbiamo il dovere di non far finta di non vedere anche casi come quello di donne che compiono una scelta contraria anche quando questa, in qualche modo, vada contro la propria volontà.
Hanno richiamato questi aspetti, prima di me, i colleghi degli altri gruppi, che voteranno Pag. 43tutti a favore di questa proposta di legge, che arriva, probabilmente al momento opportuno.
Arriva in un momento in cui tutti quanti noi abbiamo la necessità, senza ipocrisie, di riaffermare un principio, e cioè che un'impresa quotata non ha la certezza di funzionare meglio solo se fatta nel proprio management e nel proprio sistema di governance da un genere solo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCESCO BOCCIA. Concludo, signor Presidente. Non basta battersi il petto per dimostrare che in un ordinamento in qualche modo si sostiene la famiglia, ma ci vogliono atti concreti e questo, signor Presidente, è un atto concreto.
Il secolo scorso - e chiudo - Virginia Woolf concludeva uno dei suoi scritti più importanti sul rapporto tra uomini e donne ricordando che probabilmente, quando la femminilità cesserà di essere un'occupazione protetta, forse il mondo correrà più velocemente. Se siamo ancora qui, quasi 80 anni dopo, a inserire nel nostro sistema ordinamentale un grimaldello per proteggere ancora quella parte di genere, probabilmente significa che da allora il sistema non solo non è cambiato, ma nelle modalità di gestione delle imprese siamo tutti quanti rimasti colpevolmente un passo indietro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Golfo. Ne ha facoltà.

LELLA GOLFO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, stiamo per votare una proposta di legge che mi onoro di aver pensato, condiviso e presentato come prima firmataria. È per me un grande giorno, ma credo che lo sia anche per tutte le donne italiane. Oggi abbiamo una grande responsabilità di fronte al Paese: siamo chiamati a votare una legge di civiltà e a mostrare l'immagine di una democrazia non più dimezzata.
È una grande occasione e sono certa che questo Parlamento saprà coglierla.
Il dibattito, che nei due rami del Parlamento è stato acceso dal confronto serio e costruttivo, ha consegnato un testo equilibrato, ponderato e ha recepito le osservazioni e le richieste avanzate dal mondo industriale, bancario e finanziario.
Prima di entrare nel dettaglio del provvedimento consentitemi di dire che esso ha avuto due grandi meriti sin dall'inizio del suo cammino. Signor Presidente, vorrei un po' di silenzio se possibile...

PRESIDENTE. Colleghi, cerchiamo di facilitare il compito di chi di noi deve parlare ed esprimere con tranquillità le proprie idee. Prego, onorevole Golfo.

LELLA GOLFO. Prima di entrare nel dettaglio del provvedimento, consentitemi di dire che esso ha avuto due grandi meriti sin dal suo inizio. In primo luogo, ha restituito l'immagine di un Parlamento che lavora per la crescita del Paese, che riesce a dialogare su materie importanti e, spero, a legiferare per rendere l'Italia una nazione ancora più moderna. Il secondo merito è di aver animato un dibattito prezioso, ormai spento all'indomani delle grandi battaglie femministe.
Dal mio osservatorio privilegiato della fondazione Belisario conosco bene i numeri dell'esigua presenza delle donne, anche e soprattutto nei ruoli di vertice. Grazie al confronto suscitato da questo provvedimento questi dati oggi sono patrimonio condiviso e testimoniano, prima di tutto, il crescente contributo femminile alla vita produttiva del Paese.
Oggi le donne sono il 60 per cento dei laureati, più del 40 per cento dei magistrati e oltre il 30 per cento degli imprenditori e dei medici. Come ha detto il Presidente Napolitano, hanno conquistato spazi e diritti. Il loro grado di impegno per la parità, l'affermazione del ruolo nei vari ambiti sociali, il livello di uguaglianza di cui godono sono tra i principali indicatori della maturità e dello stato di salute dei sistemi democratici.
Il nostro ordinamento ha il merito di riconoscere formalmente a tutti i cittadini pari Pag. 44opportunità, a partire dall'articolo 3 della Costituzione fino alla modifica dell'articolo 51. Accanto a questi principi fondanti, negli ultimi trent'anni il Parlamento ha ben operato. Penso alla legislazione a protezione della maternità, alla legge n. 125 del 1991, alla legge n. 215 del 1992 e a tutti i provvedimenti che questo Governo ha approvato. Queste azioni positive a sostegno delle donne hanno segnato il nostro progresso civile e democratico e rappresentano i momenti di maggiore concordia del nostro sistema parlamentare.
Le donne della nostra Repubblica hanno recepito il mandato di quelle coraggiose figure risorgimentali meritatamente ricordate nell'anniversario dei 150 anni dell'Unità d'Italia. Esse, al di là delle diversità di idee e opinioni, visioni e prospettive nell'unità di intenti, hanno trovato la forza necessaria per portare a compimento battaglie che ci rendono un Paese migliore. Oggi stiamo per scrivere un'altra pagina di quella storia di donne determinate e leali che hanno cercato e trovato il consenso di colleghi lungimiranti e coraggiosi. Si tratta di uomini e donne che hanno giurato fedeltà alla Costituzione e che hanno il preciso dovere di garantirne la piena attuazione perché, cari colleghi, nonostante i grandi passi compiuti, le donne sono ancora lontano dall'aver conquistato la parità. Basti ricordare il divario di genere nella rappresentanza politica, nei media, nelle carriere pubbliche, nella guida delle imprese, nell'ingresso nel mercato del lavoro.
Provvedimenti come questo che stiamo per votare non rappresentano un segnale di buona volontà o un'alterazione di meccanismi di mercato, sono piuttosto un preciso dovere di questo Parlamento in rispetto di quel dettato costituzionale che l'articolo 41 prescrive, ossia che la libertà d'iniziativa economica «non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana», e sono un dovere a cui ci richiama la situazione attuale. Tutti l'abbiamo detto, io lo ripeto: sono appena il 6,4 per cento le donne nei consigli di amministrazione delle società quotate, e tale dato ci pone al ventinovesimo posto su 33 Paesi censiti. Nell'ultimo anno le circa 4 mila aziende che hanno visto un cambio al vertice hanno scelto nel 90 per cento dei casi un uomo, mentre le dirigenti sono diminuite da 128 mila a 115 mila. Sono numeri che parlano da soli e negano ogni principio meritocratico.
Ma al dovere dell'azione immediata ci richiama anche la Comunità europea. Il vicepresidente della Commissione Viviane Reding ha avviato a marzo una campagna a sostegno delle quote di genere. In Italia, per sua espressa volontà, sono stata io a firmare un appello congiunto per richiamare i Paesi dell'Unione europea a raggiungere, entro il 2015, il 30 per cento di donne nei consigli di amministrazione delle aziende. Questa proposta di legge, dunque, non solo è in linea con le politiche dei Paesi come Norvegia, Spagna e Francia, che hanno già legiferato in questa direzione, ma ci terrà a riparo da pesanti sanzioni comunitarie.
È indubbio che quello di oggi è solo un primo, ma significativo, passo e che tanti altri dovranno essere compiuti per risolvere il grave problema della disoccupazione femminile e della conciliazione tra la famiglia e il lavoro. Consentitemi di dire però che il passo che stiamo per compiere ha un'enorme valenza sostanzialmente culturale, ed è un passo che nessun Governo prima - consentitemi di dire - ha avuto il coraggio di compiere. Con il voto favorevole di oggi apriremo i cancelli dei consigli di amministrazione alle donne che lo meritano. La fondazione Marisa Bellisario ha promosso la campagna di mille curricula eccellenti, raccogliendo in pochi mesi ben 1.800 profili di donne con le carte in regola per entrare nei consigli di amministrazione delle società quotate e controllate.
Nei Paesi dove è stato introdotto, il meccanismo delle quote di genere ha innescato un circolo virtuoso e accelerato il naturale processo di affermazione delle donne in economia con risultati sempre positivi Pag. 45non solo in termini di maggiore eguaglianza, ma di migliori risultati aziendali.
Onorevoli colleghi, il voto positivo su questa legge, che durerà solo tre mandati, sarà il voto di una classe dirigente responsabile che crede nel merito e nel talento individuale, una classe dirigente che lavora per un Paese in cui sviluppo sostenibile, equità e opportunità non restano parole morte. Il mio gruppo ha sostenuto questo provvedimento e il dialogo costruttivo con l'opposizione ne ha accelerato l'iter.

PRESIDENTE. Onorevole Golfo, dovrebbe concludere.

LELLA GOLFO. Dopo l'approvazione in Senato con larghissima maggioranza quest'Aula oggi è chiamata a dare un'eguale prova di saggezza, consapevolezza ed equilibrio. Forse non è un caso che una legge epocale come questa abbia l'occasione di entrare nel nostro ordinamento durante le celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia.
Pertanto, dichiaro il voto favorevole del mio gruppo e ringrazio quanti hanno consentito di giungere fin qui: il Governo, i ministri, il Ministro Carfagna, i sottosegretari, le Commissioni chiamate ad esprimere i loro pareri, il sottosegretario Viale, il Presidente Fini, il capogruppo Cicchitto. In particolare, un ringraziamento va al presidente della VI Commissione (Finanze) Gianfranco Conte che ha creduto e sostenuto questa legge con forza, equilibrio e determinazione, alla relatrice Comaroli, che ha svolto un encomiabile lavoro, a tutti i componenti della VI Commissione (Finanze), ai funzionari, ai gruppi parlamentari e ai colleghi e alle colleghe e che con il loro lavoro hanno contribuito all'ottimo risultato finale.

PRESIDENTE. Onorevole Golfo, la prego di concludere.

LELLA GOLFO. Ho finito, signor Presidente. Consentitemi di ringraziare le centinaia di donne che mi hanno sostenuta e incoraggiata anche in momenti umanamente e politicamente difficili.
Era il 1932 quando la prima donna è entrata in un consiglio d'amministrazione, il 1948 quando Lina Merlin varcava il portone del Senato, nel 1976 Tina Anselmi prima donna Ministro...

PRESIDENTE. Onorevole Golfo, per favore, chiuda...

LELLA GOLFO. È nel 1984 che la senatrice Marinucci presiede la prima Commissione pari opportunità fortemente voluta dal Governo Craxi. Il mio ringraziamento va allora a tutte le donne che ieri e oggi in Parlamento e nella società (Applausi)...
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Golfo, la Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quanto sto per dire suonerà certamente impopolare in quest'Aula e forse non solo, ma sento il dovere di esprimere il mio netto dissenso rispetto all'indicazione di voto espressa in questa occasione dal mio gruppo e, per la verità, da tutti i gruppi di maggioranza e di opposizione. Il tempo di cui dispongo, onorevoli colleghi, non consente ovviamente nemmeno di sfiorare i contenuti serissimi posti da questa proposta di legge.
Mi limiterò a dire una cosa: so bene che le discriminazioni di genere non solo esistono, ma sono forse le più odiose perché le più insensate, ma il sistema delle quote, colleghi, non elimina le discriminazioni di genere anzi le rende in qualche modo istituzionali. È un sistema che, se fossi una donna, considererei irrispettoso, ma che da cittadino considero profondamente illiberale. Le quote, cioè la scelta di assegnare dei diritti a qualcuno non in quanto cittadino, ma in quanto appartenente Pag. 46ad un genere, ad una razza o ad una fede religiosa sono le negazione del moderno concetto di cittadinanza.
In questo provvedimento, però, onorevoli colleghi, c'è anche qualcosa di più grave: l'idea che lo Stato scelga i consiglieri di amministrazione delle aziende è contraria ad ogni criterio di libertà d'impresa, a tre secoli di cultura liberale e anche alla logica e alla razionalità delle scelte. Credo che sia non solo legittimo, ma anche auspicabile, in uno Stato libero che un consiglio d'amministrazione possa essere costituito anche tutto da donne o da uomini se questa è la soluzione migliore per quella azienda. A decidere quale sia la soluzione migliore devono essere gli azionisti di quell'azienda che sceglieranno secondo il loro interesse e non secondo criteri di genere.

PRESIDENTE. Onorevole Orsini, la prego di concludere.

ANDREA ORSINI. Concludo, signor Presidente, dicendo che fuori di questo c'è solo l'economia pianificata che da liberale non posso condividere. C'era solo una ragione che mi ha fatto esitare prima di assumere questa posizione: la stima e il rispetto che mi legano alle colleghe e ai colleghi che hanno lavorato a questa proposta.
Come dicevano i latini: «Amicus Plato, sed magis amica veritas». La verità, in questo caso, è che la libertà non è divisibile e i diritti non sono divisibili. La libertà d'impresa e i diritti di ogni cittadino - donna o uomo - devono andare nella stessa direzione, che non è certo quella delle quote. Per questo, ossia per la dignità delle donne e per la libertà d'impresa, il mio voto sarà contrario (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, anch'io ho deciso di fare questo intervento in dissenso dal mio gruppo.
Come è già stato detto dal collega che mi ha preceduto, non è in questione la solidarietà alle donne in quanto tale, né la condivisione di un principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione, che tutti noi vogliamo che sia rispettato a vari livelli. Tuttavia, qualcuno ha detto che questa legge non deve essere concepita come una gentile concessione; io invece ritengo che una gentile concessione sia un vero e proprio obbrobrio giuridico e istituzionale. Dico ciò in quanto viola, a mio modo di vedere, a contrariis il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione, lede la libertà d'impresa imponendo vincoli che - come è stato detto prima - non si concepiscono in nessuna democrazia dell'Europa e, in nome di un'omologazione alla realtà europea, comprime il diritto di scelta della libera impresa e soprattutto parifica in modo innaturale, in nome di questo principio di eguaglianza, uomini e donne che invece dovrebbero essere tutelati dalla legislazione in modo alquanto diverso, soprattutto lasciando ai medesimi la libertà di intraprendere, in questo caso l'impresa, in ogni altro caso ogni altra attività, prescindendo da vincoli e da imposizioni che non si giustificano assolutamente.
Da questa legge non è tutelata la dignità della donna, anzi ritengo - piaccia o meno - che la dignità della donna venga compressa. È una legge umiliante per la medesima in quanto - piaccia o meno - introduce il principio delle quote riservate alle donne, che credo sia quanto di più antitetico e illiberale si possa concepire nel nostro ordinamento, andando contro le leggi emanate dal dopoguerra fino ad oggi a tutela della dignità della donna.
Questa è la ragione per la quale preannunzio il mio voto contrario su questo provvedimento (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Barbieri. Ne ha facoltà.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, anch'io voglio intervenire a titolo Pag. 47personale per preannunciare - lo dico anche ad una collega che stimo moltissimo, ossia alla presidente Bongiorno (io ero uno di quei «bottoni rossi» che hanno votato contro l'articolato) - il mio voto contrario su questo provvedimento. Come ha detto l'onorevole Boccia con grande chiarezza, questa legge è un grimaldello per fare le cose che poi ha illustrato nel suo intervento e che quindi, da questo punto di vista, poco si concilia con una cultura liberale come quella della quale noi, Popolo della libertà, dovremmo farci portatori.
Abbiamo sempre detto e ho sentito tante volte i colleghi intervenire in quest'Aula sul fatto che bisogna mettere al centro delle nostre azioni il merito e abbandonare definitivamente scorciatoie e familismi e poi salutiamo come una grande conquista un testo che non fa altro che creare un'ulteriore «riserva indiana» per le donne. Penso a come debbano sentirsi tutte quelle valide donne che non hanno chiesto sconti e che hanno ottenuto risultati professionali, misurandosi alla pari con gli uomini senza chiedere alcun vantaggio.
Mi sono più volte espresso in quest'Aula contro ogni normativa in merito alle quote rosa e, anche in questo caso, non condivido questo passaggio che impone per legge la presenza femminile nei consigli di amministrazione (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mussolini. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, io ormai sono al di là delle quote rosa e sarei favorevole alle quote azzurre - cioè per gli uomini e non per le donne - perché trovo ciò francamente avvilente. Al di là di questo vorrei dare concretezza a questa proposta di legge, noto che i nostri tre questori sono tutti e tre maschi, anche nell'Ufficio di Presidenza si parla quindi di organismi di amministrazione ma, a meno che non ci sia un cambio repentino (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà) da parte di Mazzocchi, Colucci o di Albonetti, mi aspetto un riequilibrio di genere. Diamo l'esempio (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lehner. Ne ha facoltà.

GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, anch'io preannunzio il mio voto contrario a questa proposta di legge perché penso che il concetto stesso di quote rosa sia offensivo per le donne. C'è qualche altra cosa di molto più grave: il pensiero liberale vuole che l'eguaglianza sia raggiunta e sia conquistata sui punti di partenza e non sui punti di arrivo, non sono io a dirlo ma il grande John Stuart Mill. Che significa questo? Chi vuole imporre un'eguaglianza sui punti di partenza è liberale, chi vuole farlo sui punti di arrivo ha un acre odore sovietico, per questo voto contro e vi chiedo di votare contro questa proposta di legge (Applausi di deputati del gruppo Iniziativa Responsabile Nuovo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, come già avvenuto al Senato la delegazione radicale all'interno del gruppo del Partito Democratico si asterrà dal voto su questo provvedimento. Come sapete - e spero che sappiate - come radicali siamo sempre stati contrari alle quote, contrari a questo privilegio che verrebbe dato a determinate categorie perché in realtà ci siamo comportati all'interno del nostro partito nel modo per cui non c'è discriminazione. In quest'Aula siamo sei, ci sono tre deputati maschi e tre deputate femmine. Ma se andiamo a vedere gli altri gruppi parlamentari, la cosa è interessante perché adesso si vuole imporre ai consigli di amministrazione le quote ma le donne in questa Camera sono l'8 per cento per Pag. 48quanto riguarda il Popolo della Libertà mentre la cifra si eleva - questo dobbiamo riconoscerlo - al 30 per cento per quel che riguarda il Partito Democratico, che è il gruppo che ha il maggior numero di donne, però ragioniamo: sono 30 donne e 70 uomini, questo è l'accesso per cultura alla politica.
In realtà gli interventi da realizzare sono di altro tipo, noi abbiamo proposto l'innalzamento e l'equiparazione dell'età pensionabile e abbiamo detto che quei denari devono essere destinati per realizzare quelle infrastrutture che consentano alle donne italiane di poter accedere al mondo del lavoro e non ad essere obbligate a fare esclusivamente quello domestico. Abbiamo il più alto tasso europeo di inoccupazione femminile, ci mancano gli asili e le strutture di supporto agli anziani e di queste cose si fanno carico solo le donne.
Credo che dobbiamo essere un po' più seri, che servono non quote ma interventi seri per realizzare quelle infrastrutture che non esistono nel nostro Paese (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dal Lago. Ne ha facoltà.

MANUELA DAL LAGO. Signor Presidente, esprimo il mio voto in difformità dal gruppo. Mi asterrò su questa proposta di legge. Venendo in questo Parlamento, mi sono chiesta - e già questo non mi era piaciuto, anche se mi ero data una risposta - se oggi sono qui presente perché rappresento una quota o sono stata portata qua perché sono una persona ritenuta capace e degna di rappresentare il mio movimento e la gente del mio territorio. Un domani non vorrei mai pensare di essere in un consiglio di amministrazione di una società, sia essa quotata in borsa o pubblica, semplicemente perché rappresentante di quota. Credo che l'applicazione dell'articolo 3 della Costituzione e il renderci tutte uguali agli uomini si debba fare in modo diverso, rispettando assolutamente il talento che le donne hanno, spesso superiore agli uomini, e non semplicemente inserendole come quote, che danno tanto il senso di specie in via di estinzione da proteggere. Per questi motivi, signor Presidente, il mio voto sarà di astensione (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Centa. Ne ha facoltà.

MANUELA DI CENTA. Signor Presidente, intervengo per annunciare personalmente il mio voto molto favorevole a questa proposta di legge, dicendo però anche che le quote non mi appartengono per cultura e soprattutto per la cultura che viene dal merito, che è la strada che ho sempre seguito nello sport. Però, è proprio nello sport che ho visto che, pur partendo dagli stessi blocchi di partenza, perché la partenza e l'arrivo sono uguali nella stessa gara sia per il maschio che per la femmina, come qualche collega ha accennato, ci sono e ci sono ancora tempi, cari colleghi, in cui le atlete e gli atleti, pur partendo e arrivando nello stesso posto, non hanno avuto le stesse opportunità e le stesse possibilità. Per raggiungere questa quasi parità, che adesso abbiamo raggiunto nello sport, abbiamo dovuto accettare comunque magari non i migliori allenatori, massaggiatori e tecnici, però abbiamo sempre pensato che era un work in progress per essere migliori e per arrivare ad essere come tutti gli altri. Piano piano ci siamo riusciti, ma ancora adesso questo lavoro non è finito, perché ci sono dei momenti in cui la donna ancora oggi, pur avendo pari opportunità, non è pagata, come premio gara, allo stesso modo dei maschi. Allora, la strada è molto lunga. Per riassumere, credo certamente che non piaccia a tante, soprattutto a me, essere in una cintura di quota, però è una strada e non è una strada che non ha fine, ma ha il fine ben preciso di aprire e di cercare di dare la possibilità a tutte le donne di entrare (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Pag. 49

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Anna Teresa Formisano. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, intervengo molto brevemente per annunciare il mio voto favorevole, però vorrei anche svolgere due considerazioni. Tutta questa unanimità di consensi da parte delle colleghe donne in quest'Aula oggi non l'ho vista - e non sono un'appassionata di quote - quando si è trattato di fare il sistema a tutela delle donne. Sto parlando di fondi che il Governo non ha stanziato per l'imprenditoria femminile, sto parlando di fondi che il Governo non stanzia per creare i servizi, quelli sì, che aiuterebbero le donne, come gli asili nido e quant'altro. Allora, lasciamo perdere. Questo può essere un inizio, ma la verità vera è che, finché in questo Paese non si creeranno le condizioni di un Paese con un sistema sociale a sostegno delle donne, saranno soltanto chiacchiere e fantasie, il resto è noia. Mi aspetto quindi dalle colleghe donne la stessa unanimità quando presentiamo questioni di carattere politico e sociale, ma anche economico, a favore di tutte le donne in tutti i settori (Applausi di deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luisa Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, sarò brevissima. Vorrei annunciare il mio voto di astensione su questo provvedimento. Credo che siamo molto lontani da provvedimenti che vadano in favore delle donne, come meriterebbero.
Credo che dobbiamo fare tutti ancora molta strada, ma non credo che questa sia la strada giusta. Sono convinta che il cammino che abbiamo davanti sia molto faticoso, però mi sembra veramente illogico imporre nei consigli di amministrazione la presenza delle donne, quando questo non si fa nel Consiglio superiore della magistratura o in altri ambiti altrettanto importanti.
In secondo luogo, mi piacerebbe molto di più - in questo sono d'accordo con la collega Formisano - che nelle aziende, magari dove si rispetta la presenza delle donne nei consigli di amministrazione, non si permettesse, però, che i direttori o gli impiegati che hanno qualche autorità convocassero le riunioni alle sette di sera, impedendo alle donne di stare a casa ad accudire i propri figli e penalizzando intere famiglie. Questa è la cultura che ancora abbiamo diffusa e non sarà questo provvedimento a cambiarla. Dobbiamo mettere le donne in condizioni di scegliere e, soprattutto, dobbiamo far sì che le aziende non considerino le donne come se fossero senza figli, per fare carriera. Non condivido questa scorciatoia, che mi sembra una forzatura, e quindi voterò astenendomi (Applausi di deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, semplicemente, in mezzo a tanti dubbi e a tanti distinguo, devo dire che personalmente mi sento onorato di essere in un Parlamento che vota questa proposta di legge. Fosse per me, le quote le metterei dappertutto. Sicuramente non sono lo strumento migliore e più efficace, ma fino a quando la più forte lobby del Paese, quella dei maschi, non deciderà di farsi un po' da parte, ben vengano le quote rosa.
Voglio dire una cosa a questa maggioranza: se credete nella proposta di legge che oggi state votando, tra qualche giorno non presentateci una manovra finanziaria che ruba i soldi delle pensioni delle donne e li porta a decurtazione del debito pubblico. Con quei soldi bisogna costruire il primo embrione di un welfare europeo che dia alle donne servizi e aiuti e consenta loro davvero di raggiungere l'uguaglianza nel mondo del lavoro (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Pag. 50

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cazzola. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato l'occasione di ricordare in quest'Aula, in occasione di un voto importante come questo - io voterò a favore della proposta di legge - alcuni discorsi di un grande padre della nostra Costituzione, Piero Calamandrei. Si tratta di discorsi che sottolineavano, in particolare, l'idea di uguaglianza dei diritti che sono scritti nella nostra Costituzione. Se prendiamo l'articolo 3 della Costituzione, visto che si è discusso di valori e di principi, i padri costituenti, sicuramente, scrivendo il primo comma, si sono resi conto che quelle parole non bastavano.
Infatti, il primo comma riconosce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni pubbliche, di condizioni personali e sociali. Ma i nostri padri costituenti si sono accorti che questa norma non bastava a realizzare un'uguaglianza sostanziale dei cittadini e hanno scritto il secondo comma, che sarebbe bene mandare a memoria.
Per ricordarlo a noi tutti, signor Presidente, se me lo permette, ne do lettura: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Credo che con questo voto, che mi auguro vedrà una grande maggioranza di colleghe e di colleghi, adempiamo all'obbligo che ci deriva da questo secondo comma (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole De Angelis. Ne ha facoltà.

MARCELLO DE ANGELIS. Signor Presidente, è un fatto sufficientemente noto e documentato, oggetto di un interessante intervento dell'ex senatore Polito quando era direttore del quotidiano il Riformista, che la maggior parte delle persone che siede nei consigli di amministrazione delle grandi aziende pubbliche e private, nonché di banche e di istituti finanziari, è per lo più legata da vincoli familiari: padri, fratelli, nipoti, cugini ed altro. La maggior parte di loro siede contemporaneamente in quattro o cinque consigli di amministrazione, spesso pubblici e privati, di aziende che, tra l'altro, interagiscono tra loro con dei legittimi dubbi anche sulla legittimità di questo in termini di conflitto di interessi.
Mi sembra evidente che, se si stabilisce, semplicemente, che debbano esservi delle donne all'interno di questi consigli di amministrazione, senza stabilire quali siano i criteri selettivi, sarà automatico che ad occupare questi posti saranno le sorelle, le mogli, le nipoti, le cugine o altro di queste stesse famiglie e di queste stesse persone che già occupano questi consigli di amministrazione (Applausi di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Tra l'altro, la proposta di legge in esame potrà essere usata come grimaldello per alterare artificialmente delle maggioranze che già vi sono in alcune aziende. La vera difficoltà di accesso che vi è in Italia, e non solamente in Italia, non è solo tra donne e uomini, ma è tra chi appartiene a determinati circoli e determinate famiglie, che sia un uomo o una donna. Se non interveniamo su questo punto di controllo e di blindatura del potere economico in Italia non vi sarà altra legge che possiamo emanare. Resterà sempre tutto solo nelle mani di alcune famiglie, indipendentemente dal fatto che facciano entrare nei consigli di amministrazione i loro figli maschi o le loro figlie femmine (Applausi di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marsilio. Ne ha facoltà.

Pag. 51

MARCO MARSILIO. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Cazzola che mi ha preceduto nell'intervento e che ha espresso un parere che ha sottolineato la necessità della rimozione degli ostacoli che impediscono l'effettiva parità.
Rispetto pienamente il pensiero di quanti sono intervenuti prima di me, invocando principi liberali a difesa della loro legittima dichiarazione di voto contraria alla proposta di legge in esame. Pur essendo uno dei tanti che non si entusiasmano, né mi sono mai entusiasmato, per la politica delle quote, soprattutto quote fini a se stesse, oggi voglio sottolineare il mio voto favorevole alla proposta di legge in esame. Va bene ricordare il principio liberale in base al quale bisogna essere pari alla partenza e non imporre la parità all'arrivo, ma oggi non siamo pari alla partenza. Dobbiamo prendere atto, e con il provvedimento in oggetto lo vogliamo fare, del fatto che le donne scontano qualche secolo di mancanza di parità di accesso nella rappresentanza. Non è un caso se la rappresentanza delle donne in Parlamento è, ancora oggi, molto bassa e che quella parte di donne presenti, a volte, è dovuta ai partiti, compreso il nostro, che si sono imposti di garantire un minimo di rappresentanza. Se ci si fosse affidati alla «libera competizione» sarebbero ancora di meno.
Prima l'onorevole Di Centa ricordava anche la sua esperienza sportiva; nello sci di fondo, come nella maratona, si parte insieme, ma non si può arrivare insieme. Ecco, dire «partite insieme, poi chi arriva primo vince» è un modo un po' troppo comodo di dimostrarsi liberali quando si sa già che per ragioni storiche, sociali, economiche e politiche gli uomini arriveranno prima delle donne.
Credo che ci si debba dimostrare completamente all'altezza di questo principio applicando il principio costituzionale di parità nel suo senso più profondo, prendendo atto che vanno rimossi degli ostacoli, accettando la politica delle quote anche se, ripeto, non ne sono un fanatico, conosco i limiti che queste comportano e apprezzo e condivido anche l'imbarazzo, a volte la reticenza, che hanno molte donne nell'approvare norme di questo tipo, soprattutto quelle donne che hanno dimostrato, con la loro forza, di sapere arrivare e di sapere raggiungere comunque dei risultati.
Però - ripeto - è un dato di fatto che solo il 6 per cento delle donne siede in determinati luoghi di rappresentanza nei consigli di amministrazione e che l'accesso delle donne ai vertici della società, sia pubblica che privata, è ancora oggi troppo basso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Concia. Ne ha facoltà.

ANNA PAOLA CONCIA. Signor Presidente, naturalmente voto a favore e ringrazio chi ha lavorato per questa proposta di legge, il nostro gruppo come gli altri. Voglio dire una cosa, però, e ringraziare l'onorevole Donadi, perché ha detto la più grande verità di questo Parlamento e cioè che la più grande lobby del Paese è la lobby degli uomini (e si vede!).
Un'altra cosa la volevo dire agli uomini di questo Parlamento. Un'amica mi ha fatto notare che ci dovreste ringraziare che istituiamo le quote rosa perché, se nel nostro Paese ci fosse il merito, voi uomini non sareste più nei luoghi di potere. Quindi, abbiate pazienza e ringraziate iddio che istituiamo le quote rosa (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Poi vorrei dire un'ultima cosa, signor Presidente. Come si vede, in questo Parlamento, quando si parla di tutele di un soggetto debole, sono tutti d'accordo. Quando si tratta di promuovere le donne nei luoghi di potere tutti i maschietti di questo Parlamento si risentono (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, anche in relazione ad alcune dichiarazioni Pag. 52che non condivido dell'onorevole Concia, vorrei fare una sola considerazione. Anch'io sono personalmente molto dubbioso sull'utilità delle quote rosa e delle quote in generale. Vorrei, però, dire a tutti coloro che sono intervenuti per marcare la propria contrarietà che noi dobbiamo avere l'onestà di ammettere che dietro questo velo di ipocrisia si manifesta il fallimento della nostra classe dirigente, della nostra generazione, oltreché delle generazioni precedenti. Tutti i principi liberali, infatti, sarebbero e dovrebbero essere giustamente percorsi, a cominciare dal fatto che tutti dovrebbero manifestamente avere le stesse opportunità.
Noi sappiamo che stiamo operando - ripeto - rispetto ad un fallimento, che è il fallimento anche di questa classe dirigente, di tutta la classe dirigente e - se mi è consentito - anche delle donne, che non sono state in grado di mettere ancora in campo in questo Paese condizioni per le quali tutti effettivamente possano avere le stesse opportunità. Certamente questa è una riduzione del danno, per quanto mi riguarda, perché certo si correranno i rischi che in quelle quote si creino le stesse situazioni poco carine che accadono nelle quote ben più cospicue dei maschi, e cioè che vi sia una selezione di un certo tipo.
Tuttavia, non ritengo che questa possa essere una ragione per la quale si possa proseguire a pensare che in questo Paese, dove ormai le donne sono più della maggioranza degli italiani, noi le rappresentiamo in una condizione da «riserva indiana», a prescindere dalle quote. Infatti, mai, quando poi ci troviamo a decidere, abbiamo la capacità di creare le condizioni perché esse possano attraverso il merito arrivare a determinate posizioni. È la più grande ipocrisia attraverso la quale si fa tanta chiacchiera per non cambiare mai nulla (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Argentin. Ne ha facoltà.

ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, vorrei dire che voterò a favore di questa proposta di legge e ringrazio molto i colleghi che si sono occupati del provvedimento.
Vorrei dire, però, che non c'è niente di peggio delle quote, perché quando parliamo di quote vuol dire che noi parliamo di un limite che già si è creato all'interno di un sistema. Io sono abituata ad essere una quota perché disabile, una quota perché donna, una quota perché in una posizione debole. Le dico francamente che mi piacerebbe molto essere, ad esempio, in Parlamento solo perché Ileana Argentin, per i meriti che rivesto e per le mie capacità, e non perché faccio parte di molte mille categorie.
Mi rendo conto che le pari opportunità sono necessarie, però, mi creda, riconoscere le diversità anche con le persone, ovvero chi può dare e chi non può dare, non vuol dire altro che rispettare gli altri e quindi un sistema connettivo, al di là dell'essere uomini o dell'essere donne.
È chiaro che non ritengo le donne una fascia debole, ritengo, anzi, la donna una fascia molto forte di questa società, ma così non è letta dagli uomini; per questo motivo, si avverte il bisogno del provvedimento in esame. Mi piacerebbe molto, tuttavia, che, da domani, le donne entrassero in Parlamento o in qualsiasi categoria per i loro meriti, per le loro capacità. Ciò dovrebbe accadere non attraverso dei colloqui, in cui chi ha la minigonna ha un senso e chi non ha la minigonna ne ha un altro, bensì in base alle proprie capacità e ai propri strumenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, da parecchie legislature, ogni qual volta si propone uno strumento che riguarda le condizioni e la rimozione di alcuni ostacoli alla presenza e alla rappresentanza femminile, si scatena, in quest'Aula, un dibattito molto acceso. Ed è veramente Pag. 53singolare che, nell'ambito di queste argomentazioni, vi sia l'invito a riflettere sui talenti e sulla forza delle donne che non hanno bisogno di strumenti ed in genere, questo invito rivolto in maniera calorosa proviene dai colleghi uomini. Ci sarà anche un problema, che non è solo un fatto linguistico, ma è esattamente quello sul quale, con il presente provvedimento, si voleva provare a riflettere. C'è una discrasia che riguarda la grande forza delle donne nella società italiana, le quali hanno, ormai, un grande spessore culturale, di formazione, e sono meglio rappresentate anche nel mondo dell'impresa per quanto riguarda la capacità di gestione delle crisi. Questa rappresentanza sociale trova tuttavia dei limiti sotto il profilo della rappresentatività all'interno della politica e della società. In particolare, questo in discussione non è uno strumento di quote, poiché si tratta di un provvedimento che affronta una questione antidiscriminatoria. Serve esattamente a stabilizzare nella società la rappresentatività delle donne, rappresentando un primo passo che corrisponde anche ad un bisogno della politica, nell'arco temporale molto preciso di tre anni. Quando discutiamo, perciò, lo facciamo nel senso di fornire una risposta a ciò che nella società occorre venga rappresentato, a partire dal mondo delle società. Deve, però, costituire il primo passo anche per una discussione all'interno della politica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Virgilio. Ne ha facoltà.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, mi asterrò dal votare questo provvedimento però vorrei portare un contributo che proviene dal mondo scientifico e medico. Per tanti anni sono stato primario negli ospedali di Roma e mi ricordo benissimo che, tra le centinaia di primari, contavo pochissime donne. Quando mi sono iscritto alla facoltà di medicina, eravamo prevalentemente uomini e, quindi, pensavo che questa fosse la causa per cui nei concorsi vincevano quasi sempre gli uomini. Ora la situazione storica è completamente cambiata: la maggior parte degli iscritti alla facoltà di medicina sono donne. Mi aspetto, quindi, se loro valgono, come credo che valgano, che si facciano avanti e che i primari siano anche in numero proporzionale, ma prevalentemente donne. Sono contrario a che, per legge, vi sia una normativa del genere, ma mi auguro assolutamente che le donne si facciano avanti perché lo meritano.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole De Camillis. Ne ha facoltà.

SABRINA DE CAMILLIS. Signor Presidente, intervengo per dire che sono onorata di votare questa norma e per ringraziare Lella Golfo e, con lei, tutti i colleghi che hanno lavorato per arrivare fin qui con il presente provvedimento, strumento indispensabile per tentare di riuscire dove finora la classe dirigente politica del Paese ha fallito, ossia mettere tutti, in quanto persone, sullo stesso nastro di partenza. È quello che è mancato finora e, per questo, serve il presente provvedimento.
Quando raggiungeremo una democrazia compiuta, soltanto allora strumenti cosiddetti illiberali potranno essere eliminati. Fino ad allora, sono onorata di votare questa norma che può essere definita illiberale ma che serve per fare un passo in avanti in questo Paese dove lo stesso Parlamento rappresenta quanto maschilismo ci sia ancora.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

SILVANA ANDREINA COMAROLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SILVANA ANDREINA COMAROLI, Relatore. Signor Presidente, vorrei solo ringraziare tutti i membri della mia Commissione dove il 95 per cento sono uomini. Pag. 54Vorrei ringraziare i funzionari per il supporto tecnico e, in modo particolare, il presidente Conte per quanto ha fatto affinché questa proposta di legge diventasse legge (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2426-2956-B)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 2426-2956-B, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Ghiglia... onorevole Golfo... onorevole Sbai... si affretti onorevole Laboccetta...onorevole Pili...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).
Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati) (Approvata, in un testo unificato, dalla VI Commissione permanente della Camera e modificata dal Senato) (2426-2956-B):

(Presenti 529
Votanti 465
Astenuti 64
Maggioranza 233
Hanno votato sì 438
Hanno votato no 27)

Prendo atto che il deputato Vitali ha segnalato di aver espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario e che i deputati Monai, De Biasi, Favia e Aniello Formisano hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2322 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2010 (Approvato dal Senato) (A.C. 4059-A/R).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee (Legge comunitaria 2010).
Ricordo che nella seduta del 28 marzo 2011 si è conclusa la discussione sulle linee generali, svolta congiuntamente a quella relativa alla Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2009, e che il relatore sul disegno di legge comunitaria 2010 e il rappresentante del Governo sono intervenuti in sede di replica.
Ricordo altresì che nella seduta del 6 aprile 2011 l'Assemblea aveva deliberato il rinvio in Commissione del provvedimento e della Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2009.

(Ripresa esame articoli - A.C. 4059-A/R)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge, nel testo della Commissione.
Avverto che, con riferimento all'esame della legge comunitaria, l'articolo 126-ter, comma quarto, ultimo periodo, del Regolamento prevede che gli emendamenti dichiarati inammissibili in Commissione non possano essere ripresentati in Assemblea.
Per quanto riguarda, invece gli emendamenti presentati direttamente per l'esame in Assemblea, il regime di ammissibilità si basa su una prassi applicativa - risalente alla XIII legislatura - derivante dalla particolare natura della legge comunitaria stessa, quale principale strumento a cadenza annuale della cosiddetta fase discendente del diritto comunitario. Pag. 55
In virtù di tale prassi è riconosciuta la possibilità di presentare direttamente in Assemblea emendamenti nuovi, purché riconducibili, ai sensi dell'articolo 126-ter, comma 4, all'oggetto proprio della legge comunitaria come definito dalla legislazione vigente, che consiste, tra l'altro, ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 11 del 2005, di disposizioni volte a «dare attuazione ad atti del Consiglio o della Commissione delle Comunità europee», ovvero «modificative o abrogative di disposizioni vigenti oggetto di procedure di infrazione».
La Presidenza, in conformità ai predetti criteri di ammissibilità, non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 89 e 126-ter, comma 4, del Regolamento, le seguenti nuove proposte emendative, non riconducibili all'oggetto proprio della legge comunitaria, come definito dall'articolo 9 della legge n. 11 del 2005 e pertanto non configurabili quali attuazione di obblighi comunitari: Montagnoli 7.0150, in materia di imposta sui trasferimenti di denaro all'estero; Bitonci 7.0151, recante la disciplina per l'attribuzione della partita IVA ai cittadini stranieri; Lupi 17.0150 e Bratti 40.0150, recanti una norma di interpretazione autentica volta a ricomprendere i materiali di riporto nelle categorie dei rifiuti di cui all'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006; Moffa 18.0150, volto ad autorizzare l'INPS a destinare alla spesa per il personale relativa alla somministrazione di lavoro le economie di gestione realizzate nell'anno 2011; Agostini 27.0150 e Sani 27.0151, recanti disposizioni in materia di arresto temporaneo per l'attività di pesca; Cenni 28.0150, in materia di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini; Centemero 41.0150, volto a novellare il decreto legislativo n. 70 del 2003, in materia di attività di memorizzazione di informazioni; Gottardo 41.0152, volto a novellare il decreto legislativo n. 188 del 2008 in materia di pile, accumulatori e relativi rifiuti; Brugger 41.0153 e 41.0154, volti a prevedere l'emanazione di decreti ministeriali per l'aggiornamento della disciplina in materia di prevenzione incendi nelle strutture alberghiere; Della Vedova 41.0155, recante una disciplina organica in materia di gestione delle risorse idriche e del servizio idrico integrato.
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso il prescritto parere, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A - A.C. 4059-A/R). Al fine di recepire una delle condizioni contenute nel parere reso dalla Commissione bilancio, la Commissione ha presentato il subemendamento 0.1.300.300, che è in distribuzione.
Avverto che la Commissione ha presentato le seguenti proposte emendative: 1.301, 10.0300, 41.0300, 41.0301, 41.0302 e 41.0303 che sono in distribuzione e con riferimento alle quali il termine per la presentazione dei subemendamenti è fissato alle ore 17,45 di oggi.
Ha chiesto di intervenire il relatore, onorevole Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI, Relatore. Signor Presidente, sulla scorta di un ragionamento fatto durante la riunione del Comitato dei nove che si è svolta circa un'ora e mezza fa, il Governo ha anticipato la volontà di valutare attentamente l'urgenza di alcune norme che sono attualmente contenute nel testo all'esame dell'Assemblea.
Vorrei ricordare che il disegno di legge comunitaria, da parecchi mesi, giace tra le Commissioni e l'Assemblea e che, al suo interno, vi sono alcuni articoli che non rivestono carattere di urgenza in ordine al recepimento di direttive o alla conclusione di procedure d'infrazione o messa in mora.
Sulla base di questa considerazione, che ancora non si è manifestata con una richiesta specifica di un eventuale stralcio di alcuni articoli, vorrei far rilevare che l'articolo 1, per la sua natura, implica anche il collegamento con tutti gli allegati (allegato A e allegato B).
Pertanto, porre in votazione adesso l'articolo 1 creerebbe una confusione nonché un danno a questa norma perché la renderebbe in parte zoppa. Poiché il Governo ha detto che si sarebbe riservato di decidere entro qualche ora, quindi immagino Pag. 56entro la riunione del Comitato dei nove prevista per domani mattina alle ore 9, chiedo di accantonare l'articolo 1 e di proseguire con l'esame dei successivi articoli 2, 3 e così via. Colgo l'occasione per anticipare già da adesso che, per un problema tecnico, anche per l'articolo 8 verrà chiesto l'accantonamento.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, poiché è stata avanzata una proposta di accantonamento, a termini di Regolamento darò la parola ad un deputato a favore e ad uno contro. Lei intende intervenire a favore o contro?

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Contro, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, la ringrazio, anche se vorrei sottolineare, a premessa del mio intervento, che forse, sarebbe stato necessario precederlo da un richiamo al Regolamento e quindi non si tratterebbe di una dichiarazione sul nostro orientamento, ma sto a quello che mi chiede la Presidenza e quindi la consideri come tale.
Il relatore Pini ci chiede di non procedere alla votazione dell'articolo 1, il quale non è un articolo di merito, ma è l'articolo che definisce le procedure e la tempistica attraverso le quali il Governo viene delegato a dare attuazione alle direttive europee nei termini di tre o di dodici mesi seguenti la non attuazione della direttiva che è oggetto dell'intervento successivo da parte del Governo. Ora, signor Presidente, mi pare evidente che è un nonsenso chiedere di non procedere e quindi di accantonare l'articolo 1; accantonarlo è un nonsenso perché questo vorrebbe dire che noi procediamo nel nostro lavoro alla cieca, peraltro, come ha affermato il relatore, senza conoscere esattamente l'opinione e l'indirizzo del Governo relativamente al contenuto degli allegati che sono oggetto della legge comunitaria o almeno di alcuni di questi contenuti su cui pare vi sia la disponibilità o la volontà del Governo di procedere ad alcuni stralci, se ho capito bene ciò che ha affermato il relatore nella concitazione dell'Aula nel post voto del provvedimento precedente.
Signor Presidente, senza definire le procedure e i termini delle deleghe che vengono date al Governo anche attraverso i passaggi successivi degli articoli successivi, non si tratta solo dell'articolo 8 su cui eventualmente non si deve procedere, ma è l'insieme del provvedimento che rischia, non solo di non avere un'anima, ma di non avere proprio senso. Il passaggio agli articoli seguenti ci fa discutere esclusivamente del merito di alcune direttive che devono essere attuate ma non si sa chi le debba attuare, perché l'articolo 1 dice che deve essere il Governo, non si sa in che termini, anche in relazione alla tempistica, con quali procedure e soprattutto su iniziativa di chi. È chiaro che un decreto-legislativo viene sottoscritto dal Presidente del Consiglio dei ministri ma su proposta dei Ministri competenti e ad esempio, se non si dice questo, di che cosa discutiamo? Di quali emendamenti agli articoli possiamo discutere?
Signor Presidente, non si può pensare di procedere seriamente a dare attuazione alla legge comunitaria, a fronte, tra l'altro, di un atteggiamento di incapacità del Governo a intervenire sulla norma comunitaria e sul dettato comunitario, peraltro facendo perdere alla comunità nazionale milioni, milioni e milioni di euro ogni giorno, e dire poi che non si può procedere, da una parte, perché il Governo non ha ancora deciso cosa fare e, dall'altra parte, perché, non avendo il Governo ancora deciso cosa fare, nemmeno il Comitato dei nove sarebbe in grado di dire qual è la procedura attraverso la quale poi si procederà all'attuazione della legge in oggetto. Signor Presidente, l'articolo 1 è premessa, non è conseguenza della normativa complessiva che ci accingiamo ad approvare e quindi, siccome si ricomprendono gli allegati A e B, di cui si discute in tutti Pag. 57gli articoli a seguire, mi chiedo di cosa stiamo parlando, del sesso degli angeli?
Nel momento in cui l'articolo 1 non venisse accolto, questo Parlamento, in realtà, non sarebbe messo nelle condizioni di adottare alcuna deliberazione, né attorno a questioni emendative, né attorno a voti sugli articoli, relativamente alla legge comunitaria. Questo è il punto.
Questo è molto peggio che dire semplicemente «no» in dichiarazione di voto alla richiesta di accantonamento. È una sorta di disfatta del Governo e della maggioranza, che si presentano in questo Parlamento in ritardo di anni, perché non parliamo della legge comunitaria di quest'anno, ma della comunitaria dell'anno scorso che è qui in terza lettura; e il Governo non è ancora in grado di decidere e la maggioranza ci dice di non esaminare l'articolo 1.
Signor Presidente, questa è una questione che un Parlamento serio, una maggioranza e un'opposizione serie, di fronte al Paese, non dovrebbero nemmeno mettersi a discutere. Invece, la maggioranza ci propone di non procedere all'esame dell'articolo 1.
Anche per questo motivo, oltre al fatto che vi è poi un riferimento all'articolo 3, signor Presidente, le pare che siamo nelle condizioni di procedere?
Si dia vita ad un confronto serrato tra la Commissione e il Governo e si dica che servono due o tre ore, un giorno, o un mese: dite quanto vi serve per arrivare a farci decidere sulla legge comunitaria, e smettetela di proporre rinvii, considerato che avete già rinviato tale provvedimento semplicemente per far gli interessi del Presidente del Consiglio e le leggi ad personam!
Oggi siamo sul merito della legge comunitaria e non siete in grado di andare avanti! È veramente scandaloso (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e Futuro e Libertà per il Terzo Polo)!

GIANLUCA PINI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Pini, se lei consente, preferirei ascoltare prima l'intervento a favore dell'accantonamento e poi darle la parola, così potrà replicare a tutti e due gli interventi, a meno che lei non intenda modificare la proposta che ha avanzato. Chi parla a favore della proposta di accantonamento?

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, per l'economia dei nostri lavori e per un proseguimento il più possibile, per un verso, spedito e, per l'altro verso, anche efficace, credo che contrapporsi sulla richiesta di stralcio dell'articolo 1 non abbia granché senso, a maggior ragione se dal Comitato dei nove possa giungere un approfondimento risolutivo.
Credo, quindi, signor Presidente, che sarebbe forse più opportuno, anche recependo in qualche modo una proposta e un'indicazione formulata poc'anzi dall'onorevole Quartiani, verificare se il Comitato dei nove abbia volontà e facoltà di riunirsi per approfondire, insieme al Governo, a partire dall'articolo 1, altre tematiche e, magari, aggiornarci più tardi sulla ripresa dei lavori a seguito delle conclusioni del lavoro del Comitato dei nove, oppure, addirittura, riprendere l'esame di questo punto nella giornata di domani, se dal Comitato dei nove emergessero indicazioni definite sul punto.
Signor Presidente, credo che, dal punto di vista della procedura, forse potrebbe essere opportuno dare la parola al relatore o al Presidente della Commissione, per sapere se vi possano essere ulteriori elementi di confronto e di convergenza.

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, in realtà lei non è intervenuto a favore della proposta di accantonamento, ma ha svolto un intervento sull'ordine dei lavori chiedendone un cambiamento. A questo punto, sentiamo se questa proposta è accettata dal Presidente della Commissione.

Pag. 58

MARIO PESCANTE, Presidente della XIV Commissione. Signor Presidente, il problema è assolutamente tecnico e non politico. Ci siamo consultati ora con il sottosegretario che ha rappresentato il Governo in Commissione: questa soluzione ci mette in condizione di risolvere il problema, perché riunendo il Comitato dei nove in consultazione con il Governo si possa arrivare ad un chiarimento da parte dello stesso Governo, per poi procedere regolarmente.

PRESIDENTE. Onorevole Pescante, se ho capito bene lei chiede una sospensione dei lavori.

MARIO PESCANTE, Presidente della XIV Commissione. Sì, signor Presidente, rinviando la questione al Comitato dei nove, che convocherei immediatamente.

PRESIDENTE. Può darci una valutazione dei tempi?

MARIO PESCANTE, Presidente della XIV Commissione. Assolutamente no, Presidente.

PRESIDENTE. Quindi, propone il rinvio a domani?

MARIO PESCANTE, Presidente della XIV Commissione. Esattamente.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori perché, come purtroppo accade ultimamente, si comincia a chiedere lo stralcio di un articolo per poi chiedere una sospensione di qualche minuto. Almeno, questa volta, il presidente è stato chiaro, chiedendo di sospendere, ma senza dire per quanto tempo. Potremmo pensare di riunirci tra una, due o tre settimane.
Ecco, a parte questa battuta, credo che la Presidenza, per non far rimanere il Parlamento in standby non si sa quanto, debba verificare se effettivamente la richiesta del presidente è seria e trova nel rappresentante del Governo la disponibilità ad arrivare fino in fondo sulla valutazione dell'articolo 1 o di quant'altro o se, altrimenti, in via definitiva occorra rinviare questo provvedimento fino alla prossima riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo.
Non è possibile continuare a prendere in giro l'Assemblea con questo disegno di legge comunitaria che, sappiamo, manca del rappresentante del Governo a livello di Ministro ed è da troppo tempo fermo, non si sa per quale motivo - e se si sa, è meglio non dirlo - invece di approfondire i temi contenuti in questo provvedimento.
Pertanto, la mia proposta è di capire veramente se, in tempi stretti, il Governo possa dare una risposta, altrimenti rinviando l'esame e discutendone nella Conferenza dei presidenti di gruppo.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, per carità, dovrà decidere lei se concedere questa sospensione oppure no, ma vorrei ricordare semplicemente che questo provvedimento è stato approvato dal Senato il 2 febbraio 2011.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
MAURIZIO LUPI (ore 17,30)

ANTONIO BORGHESI. Ora siamo al 28 giugno 2011 e ci troviamo qui con il Governo e la maggioranza che non sanno ancora che cosa fare su questo provvedimento. È un disegno di legge che riguarda, come è noto, la legge comunitaria 2010.
Penso che questa sia la cartina di tornasole di come sta lavorando questo Governo dopo le dichiarazioni roboanti su quello che faremo nei prossimi 18 mesi. Non siete neppure capaci di fare un provvedimento così modesto, dopo cinque mesi dall'approvazione del Senato, ma che cosa Pag. 59volete fare? Andate a casa che è meglio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Mi sembra che siamo di fronte alla proposta del presidente della Commissione di rinviare il seguito dell'esame alla seduta di domani. C'è qualche altro gruppo che vuole intervenire?

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, mi ritrovo nelle parole del collega Compagnon e credo che sia serio comunque, a questo punto, accedere alla richiesta di rinvio. Voglio però lasciare agli atti una questione che credo dovrebbe riguardarci tutti. La settimana scorsa abbiamo avuto una discussione solenne in quest'Aula sui mutamenti nella maggioranza e nella compagine di Governo.
Credo che sia grottesco, scandaloso (non so che parole usare) che in questo contesto, dopo quasi dieci mesi, siamo ancora a votare il disegno di legge comunitaria senza che il Governo si sia preso la briga di nominare il Ministro delle politiche comunitarie.
Credo che, se c'è una questione che porta poi all'impasse - che vediamo anche oggi e sul quale è bene stendere un velo pietoso - occorre domandarsi (lo dico ai membri del Governo residui): è possibile che questo Parlamento e le Commissioni non possano avere l'interlocuzione con il Ministro delle politiche comunitarie piuttosto che con uno dei tanti sottosegretari che occasionalmente si ritrovano in Commissione o in Aula (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo)?

GIANLUCA PINI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI, Relatore. Signor Presidente, innanzitutto mi permetta di fare un attimo chiarezza. Nessuno ha chiesto lo stralcio dell'articolo 1, come qualcuno ha detto erroneamente, ma semplicemente l'accantonamento, questo per chiarezza.
Tecnicamente, per rispondere al collega Quartiani, dal quale ho solo da imparare in termini di Regolamento, noi abbiamo già un testo dell'articolo 1 votato dalla Commissione, nel quale sono fissati i principi e i criteri direttivi di delega. Quindi, sulla base di quello possiamo tranquillamente procedere anche al voto di quelli successivi, diversamente sugli eventuali emendamenti che non riguardano i principi e i criteri direttivi di delega, ossia gli emendamenti che sono presentati all'articolo 1, che possono o meno modificare non l'impianto complessivo della delega, ma un collegato, chiamiamolo così. Quindi, tecnicamente potremmo anche procedere.
La richiesta era stata fatta per evitare di procedere in maniera zoppa, come dicevo. Tuttavia, capisco che il Governo di fatto è pronto eventualmente a fare le sue valutazioni, era pronto anche oggi pomeriggio, evidentemente in maniera cautelativa si è voluto fare un ulteriore passaggio e di questo me ne assumo la responsabilità come relatore.
Ribadisco anch'io la richiesta della sospensione, mi associo alla richiesta fatta dal presidente, però riteniamo che nel giro di un'ora si possa serenamente iniziare nuovamente, dopo il Comitato dei nove, a fare il lavoro con scadenze chiare e con proposte chiare sia da parte del relatore che da parte del Governo.

PRESIDENTE. L'onorevole Pini, in qualità di relatore, afferma che un'ora di tempo è sufficiente al Comitato dei nove per risolvere le questioni che si sono discusse.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 60

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei solo farle presente che circa tre minuti e mezzo fa, alla domanda rivolta al presidente della Commissione se riteneva che si potesse proseguire sospendendo brevemente o rinviare a domani mattina, il presidente della Commissione ha detto che neanche con la palla di vetro sarebbe stato in grado di stabilire quanto tempo ci fosse voluto e che era il caso di rinviare a domani mattina.
Ora, pianificando le cose, apprendiamo e scopriamo che ci sono valutazioni diverse. Tuttavia, signor Presidente, a me rimane un dubbio perché, atteso che il tema non riguarda il Comitato dei nove in quanto tale - se non ho capito male perché sicuramente per miei limiti non è molto chiaro ciò che accade nel Governo e nel rapporto con la Commissione -, manca qualcosa che il Governo deve dire al Comitato dei nove.
Mi permetto di dire che sarebbe forse utile - onde evitare di riconvocarci tra un'ora e poi tra un'ora scoprire che ci vuole un'altra mezz'ora, e poi tra mezz'ora scoprire che ci vuole un'altra ora, film che abbiamo visto ripetutamente in quest'Aula - che si levasse dal banco un autorevole rappresentante del Governo e ci dicesse, a parer suo, se effettivamente quest'ora che il relatore Pini individua come possibile, ovvero le 12 ore che riteneva necessarie il collega Pescante, equivalgono alla realtà.
Cosa pensa il Governo? Gli è sufficiente un'ora per dare le risposte di cui necessita il Comitato dei nove per poter iniziare a discutere finalmente il disegno di legge comunitaria, oppure il Governo ha bisogno di un giorno, una settimana e magari, non so, anche un mese visto l'andazzo di questo disegno di legge comunitaria? È inutile che lo decidiamo noi, lasciamo che ce lo dica il Governo.

PRESIDENTE. Il Governo? Onorevole Giorgetti, siamo tutti in attesa del suo verbo.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, innanzitutto vorrei dire che tutte queste riflessioni sono state fatte in sede di Comitato dei nove. Il Governo ha già rappresentato in quella sede che non sarebbe stata certamente una riflessione traumatica per il contesto dei nostri lavori. Confermo assolutamente che la tempistica prospettata dal relatore credo sia una tempistica che il Governo è assolutamente in grado di rispettare. Possiamo riprendere i nostri lavori dopo una sospensione di un'ora con grande tranquillità.

PRESIDENTE. Il presidente Pescante?

MARIO PESCANTE, Presidente della XIV Commissione. Signor Presidente, il collega è diabolicamente abile nel farmi dire cose che non ho detto. Allora non avevo la palla di vetro, non vorrei scambiare il sottosegretario per una palla di vetro, ma con un confronto che c'è stato abbiamo deciso praticamente insieme, consultandoci, che in un'ora questa risposta da parte del Governo ci può essere. Pertanto, confermo la proposta del sottosegretario.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, come il presidente Pescante ha, quindi, confermato, si è passati dalla palla di vetro al parere espresso dall'onorevole Alberto Giorgetti, sottosegretario delegato ovviamente a seguire il provvedimento al nostro esame.
Quindi, se non vi sono obiezioni, la Presidenza non può fare altro che prendere atto che occorre un'ora di sospensione dei lavori per permettere al Comitato dei nove di dirimere le questioni emerse. Pertanto, sospendiamo la seduta, che riprenderà alle 18,40.

La seduta, sospesa alle 17,40, è ripresa alle 18,50.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il presidente della XIV Commissione, onorevole Pescante. Ne ha facoltà.

MARIO PESCANTE, Presidente della XIV Commissione. Signor Presidente, la Pag. 61ringrazio, anche se non devo ringraziarla per avermi dichiarato responsabile delle comunicazioni che sto per fare, perché vorrei quantomeno condividerle con il relatore.
Comunque, vorrei informare l'Aula che la famosa palla di vetro forse mi sarebbe stata utile. Infatti, si è svolto l'incontro con i due sottosegretari, i relatori ed i presidenti dei gruppi di maggioranza e devo dire con grande rammarico, signor Presidente, scusandomi con l' Assemblea, che non abbiamo trovato quell'intesa tecnica che sembrava scontata.
Pertanto, signor Presidente, come le ho riferito prima, il Comitato dei nove all'unanimità le chiede di rinviare la riunione a domani mattina al fine di definire le questioni rimaste in sospeso.

PRESIDENTE. Presidente Pescante, prima di dare la parola ai colleghi che hanno già chiesto di intervenire - come gli onorevoli Quartiani e Compagnon e gli altri che immagino vorranno parlare sulle comunicazioni del presidente - vorrei essere certo, per l'andamento dei lavori, di aver capito bene.
La proposta del Comitato dei nove è di rinviare a domani mattina. Domani mattina la seduta è prevista per le 9,30. Per non ritrovarci nella medesima situazione di oggi vorrei chiederle: il Comitato dei nove e lei, in qualità di presidente della XIV Commissione, ritenete che sia utile anche una parte del tempo della mattinata di domani o no?

MARIO PESCANTE, Presidente della XIV Commissione. Signor Presidente, noi continueremo la riunione di lavoro di maggioranza e Governo questa sera stessa. Alle ore 9,30 di domani le confermo la convocazione del Comitato dei nove e alle ore 10,30 - ho considerato mezz'ora di più di quello che servirebbe - chiederei la convocazione dell'Assemblea.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, innanzitutto non capisco la tempistica della convocazione del Comitato dei nove per le ore 9,30 e dell'Assemblea per le ore 10,30, perché credo che il Parlamento potrebbe iniziare i suoi lavori un po' più presto al mattino: se il Comitato dei nove si riunisse alle 8,30 e l'Assemblea fosse convocata per le 9,30 sarebbe meglio, in modo tale che i nostri lavori possano procedere come stabilito.
Peraltro, la calendarizzazione del punto dell'ordine del giorno concernente la legge comunitaria è stata chiesta per questa settimana dall'opposizione e dal Partito Democratico nella Conferenza dei presidenti di gruppo. Non è ammissibile che il presidente Pescante dica che il rinvio del seguito dell'esame della legge comunitaria è stato deciso con l'accordo di maggioranza e opposizione. Pregherei il relatore ed il presidente Pescante di fare in modo che tutti i passaggi - d'ora in avanti - vengano concordati con il Partito Democratico e con l'opposizione.
Infatti, l'inserimento all'ordine del giorno di tale punto è stato chiesto da noi responsabilmente perché sappiamo che ogni giorno che passa questo Paese perde più di 500 mila euro in multe. In quattro mesi fate un po' voi i conti di quanti soldi sono stati persi, soldi che potevano invece essere destinati ad altre attività e iniziative soprattutto per alcune categorie disagiate, investite dalla crisi economica, tanto per essere chiari. In materia di manovra finanziaria saremo costretti ad attuare e a discutere di una serie di tagli.
Pertanto, la motivazione di carattere economico che abbiamo addotto non è secondaria ed è bene che noi tutti l'abbiamo presente: qui si discute della legge comunitaria per lo scorso anno. Tutti questi soldi, per responsabilità del Governo e della maggioranza, si stanno perdendo da un anno a questa parte. Ogni giorno perdiamo più di 500 mila euro. È chiaro, signor Presidente, ciò di cui discutiamo? Non di noccioline, ma di decine e centinaia di milioni di euro.
Detto questo, forse il Governo avrebbe potuto affidarsi alla saggezza e all'esperienza Pag. 62del presidente Pescante che, dopo l'intervento mio e del rappresentante del Popolo della Libertà, aveva chiesto un rinvio in modo tale che fosse possibile, almeno da parte della maggioranza, incontrare membri autorevoli del Governo, e magari non solo due o tre sottosegretari, otto o quanti erano nella riunione con il Governo in quest'ora che ci separa dall'interruzione precedente. Si sarebbe potuto lavorare in Commissione tutto il pomeriggio fino a domani mattina e verificare se il Governo è in grado di decidere.
Signor Presidente, non è una decisione tecnica, non attendiamo dal Governo una decisione tecnica, perché attendere che il Governo decida, su 40 articoli, di stralciarne 20, cioè la metà, per rinviarli a un'altra discussione sulla legge comunitaria di quest'anno, quindi per metterli su un altro carro, su un altro treno, non è una decisione di carattere tecnico, soprattutto se dobbiamo decidere o meno di votare in quest'Aula quella norma che ci sarà sottoposta - se non viene stralciata - relativa alla responsabilità civile dei magistrati.
Signor Presidente, a me pare del tutto evidente che siamo di fronte a un'estrema confusione - per usare un eufemismo - da parte dei rappresentanti del Governo, con tutto il rispetto che ho per l'onorevole Giorgetti e per la sua esperienza anche d'Aula, rispetto la serietà con cui svolge il suo ruolo, ma credo che lui stesso sia stato in imbarazzo nel verificare che, dopo aver chiesto che si sospendesse un'ora, qualche Ministro gli ha risposto che non c'erano le condizioni da parte del Governo per decidere in merito agli articoli da stralciare o di cui si debba o meno proporre lo stralcio.
Peraltro, signor Presidente, per fare lo stralcio in quest'Aula bisogna avere i numeri, bisogna avere la maggioranza, e per decidere di stralciare norme relative a un provvedimento che è stato proposto alla discussione e al voto da parte dell'opposizione c'è bisogno di non andare a colpi di maggioranza; e vi suggerirei di non andarci in questo periodo perché c'è la confusione più totale, la maggioranza non c'è, il Governo di fatto non esiste, non siete in grado di dare una risposta. Volete andare a colpi di maggioranza allo stralcio, ma gli stralci bisogna votarli in quest'Aula.
Non avete i muscoli, non avete la possibilità di usare adeguatamente la capacità di raziocinio in questo momento, cioè di ragionare attorno a quello che siete in grado effettivamente di fare. Signor Presidente, possiamo anche rinviare a domani mattina - anche se alle 10,30 mi sembra eccessivo, comunque decida lei, non è un problema di orario - però sia chiaro che qui c'è una questione politica per l'incapacità del Governo di assumere le responsabilità che sono proprie.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, purtroppo avevamo ragione: nell'intervento di prima si era preventivato che questa quasi farsa fra il Comitato dei nove che dà la colpa al Governo e il Governo che dice che ha bisogno di poco tempo si sarebbe rivelata, come sempre, una perdita di tempo che avvilisce ancora una volta di più questo Parlamento. Però, anche se il Comitato dei nove all'unanimità ha chiesto lo slittamento a domani, questo non significa che la responsabilità appartenga solo ed esclusivamente a questa maggioranza e a questo Governo.
Certamente anche la mancanza del Ministro, come ho avuto modo di dire prima, influisce in questa incertezza che però mette in difficoltà non solo il Parlamento ma anche il nostro Paese per i contenuti di questo disegno di legge e di questi 40 articoli.
Ci ritroveremo domani alle 10,30, perché ho sentito che il Comitato dei nove è stato convocato alle 9,30. Direi che, per penitenza, bisognerebbe convocare il Governo alle 8 assieme al Comitato dei nove per dare la possibilità all'Aula di lavorare con un'orario normale. Pag. 63
Resta il fatto che, per l'ennesima volta, siamo qui a discutere di cose che potremmo tranquillamente evitare. Se vogliamo continuare a farci del male, noi dell'opposizione - almeno come Unione di Centro per il Terzo Polo - non vogliamo assolutamente accomunarci a questo, perché non accettiamo di continuare a lavorare in questo modo.

ANTONINO LO PRESTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, intervengo perché credo che gli italiani debbano sapere che, se non si va avanti su questo provvedimento, non è per ragioni tecniche, come qualcuno ha detto poc'anzi, ma per una ragione squisitamente politica. Questa maggioranza, in questo momento, non ha i numeri per portare avanti questo provvedimento, per un semplice dato, non per le assenze che si possono registrare, ma perché ci sono decine di deputati della maggioranza che in questo momento attendono da questo Governo risposte serie e concrete su un'emergenza nazionale. Noi siamo qui a discutere di legge comunitaria ed a Napoli, signor Presidente, si stanno diffondendo le epidemie. Solidarizzo personalmente con quei colleghi della maggioranza che in questo momento stanno ponendo questo problema politico. Questa è la realtà che ci blocca e gli italiani devono sapere che questo Governo non è in grado oggi di garantire la prosecuzione di questo provvedimento e non sarà in grado probabilmente, per i ricatti cui è sottoposto, di dare risposta ad una parte importante del Paese che in questo momento ha bisogno di aiuto (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Presidente Pescante, mi sembra che la sua previsione sia ormai tranquilla, nel senso che a questo punto il seguito dell'esame si potrebbe rinviare.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Anche lei sull'ordine dei lavori?

ROBERTO GIACHETTI. No signor Presidente, per un richiamo all'articolo 8 del Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi riferisco in particolare alla sua precipua responsabilità nella conduzione dell'Aula, atteso che a lei in questo momento spetta, oltre che cercare di garantire il decoro e la dignità del lavoro di tutti noi, anche di garantire certezze ai nostri lavori. Signor Presidente, evito di sparare sull'ambulanza e mi richiamo all'intervento precedente. Vorrei fare un appello all'onorevole Pini e al collega Pescante, dal momento che si affronta tutto ciò con tale sicumera - avendo parlato al volo con il Governo e quindi è tutto a posto - magari per la prossima volta; anche se è un appello inutile, perché, di volta in volta (oggi tocca all'onorevole Pescante e all'onorevole Pini, in altre occasioni ad altri), sappiamo, purtroppo, come il film va avanti.
Signor Presidente, non abbiamo davanti - non lo dico io - un problema tecnico, ma un problema politico, che emerge, se lei ha la possibilità di consultare le agenzie, anche dalle dichiarazioni che alcuni deputati della maggioranza hanno reso all'uscita della Commissione: è stato detto che il problema è che non c'è un accordo e quindi non ci sono i numeri per la maggioranza per proseguire con l'esame di questo provvedimento. Mi pare del tutto evidente che, se non si è concluso l'esame, nonostante sembrava che ci accingessimo a farlo (potevamo pure non sospendere i lavori per un'ora) rimane un problema politico. Risollevo lo stesso problema che ho posto al Governo, sperando che, da parte dello stesso, vi sia una maggiore responsabilità nella risposta, perché abbiamo un ordine del giorno che ha vari punti e questo è un punto chiesto dall'opposizione. Ora dobbiamo sapere dal Governo la sua posizione, senza prenderci in Pag. 64giro, perché dubito che l'onorevole Giorgetti adesso vada a cena con l'onorevole Pescante, l'onorevole Pini e i colleghi di maggioranza a discutere di legge comunitaria per trovare la soluzione che non hanno trovato ora. Dubito ancora che il problema si risolva domani mattina alle 9. Voglio sapere dal Governo, visto che prima ha affermato che il problema era risolto, qual è la sua posizione rispetto ai problemi politici che esistono; domani mattina possiamo anche decidere, a prescindere dai problemi del Governo e della maggioranza, di votare e di andare avanti comunque con i lavori, con quello su cui è possibile andare avanti, ma vorrei che il Governo si alzasse in piedi, ammesso che ancora c'è, e ci dicesse, possibilmente con un po' più di credibilità rispetto a quella manifestata un'ora fa, qual è lo stato dell'arte e se si impegna domani mattina a sbloccare la questione per fare in modo che quest'Aula possa - per questo ho richiamato la sua responsabilità - andare avanti con i propri lavori.
Atteso che il collega Pescante e il collega Pini parlano di problemi tecnici, mi risulta che all'interno del Comitato dei nove, visto che si richiama l'unanimità nella decisione di rinviare la seduta, c'erano anche i colleghi che hanno ascoltato quali erano le argomentazioni. Non c'è accordo tra maggioranza e Governo: è realistico che questo accordo «si risolva» domani mattina? Forse qualcuno ce lo dovrà pur dire.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, ovviamente alla Presidenza spetta il compito di regolare il buon andamento dei lavori dell'Assemblea e di non entrare nel merito corretto delle considerazioni che lei ha fatto attinenti al problema politico che questo provvedimento comporterebbe.
Il Governo, ovviamente, può rispondere adesso o domani mattina: è libero nella sua responsabilità. Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire domani. Mi sembra che sia acclarata la richiesta da parte del presidente della Commissione e del Comitato dei nove di rinviare il seguito dell'esame del provvedimento alla seduta di domani, con inizio alle 10,30.
La Presidenza della Camera sollecita, ovviamente, il Governo da questo punto di vista. Domani mattina mi auguro che il Governo si presenterà insieme ai membri del Comitato dei nove, il relatore e i membri della Commissione per dare indicazioni chiare sul prosieguo dei lavori, che sono sotto gli occhi di tutti, perché le strade, come ha ricordato l'onorevole Quartiani, sono chiare a tutti, e quindi poi ognuno si dovrà assumere le proprie responsabilità.
Il seguito dell'esame è rinviato alla seduta di domani con inizio alle 10,30. Sono altresì rinviati gli altri argomenti all'ordine del giorno.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di proposte di legge (ore 19,05).

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, delle seguenti proposte di legge, delle quali la sottoindicata Commissione permanente, cui erano state assegnate in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:

alla VI Commissione (Finanze):
Senatore COSTA; senatore BARBOLINI: «Istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore assicurativo» (già articolo 7 della proposta di legge n. 2699, approvata, in un testo unificato, dal Senato della Repubblica il 16 settembre 2009, stralciato con deliberazione dell'Assemblea l'11 maggio 2010) (2699-ter);
BARBATO ed altri: «Istituzione del Comitato nazionale contro le frodi nel settore assicurativo» (1964);
PAGANO: «Istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore assicurativo» (3544); Pag. 65
BRAGANTINI ed altri: «Istituzione del Coordinamento nazionale per il contrasto delle frodi assicurative» (3589).
(La Commissione ha elaborato un testo unificato).

Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo e sull'ordine dei lavori (ore 19,06).

ANGELA NAPOLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, voglio sollecitare la risposta alle numerose interpellanze ed interrogazioni parlamentari, da ultima la n. 2-01091 del 25 maggio 2011, riguardanti la situazione del porto di Gioia Tauro. Dopodomani, presso il porto, è indetta una grande manifestazione, perché la società che ha il monopolio di quasi l'intera banchina del porto stesso, ha proposto la cassa integrazione di ben 500 lavoratori, in un territorio dove il porto, che è il più grande del Mediterraneo, rappresentava la realtà di possibile sviluppo per l'intera regione Calabria.
È assurdo che il Governo non senta il dovere di riferire in Aula sulla situazione nella quale si trova davvero il porto di Gioia Tauro. I numerosi lavoratori che stanno perdendo il posto non possono più accettare che ci si rimbalzi da un tavolo all'altro senza assumere, né il Governo nazionale né il Governo regionale, iniziative adeguate a superare la crisi.
È da anni che si va avanti così e, se chiude quella realtà nel territorio calabrese, davvero finisce l'unica possibilità di sviluppo dello stesso territorio. Ricordo, perché vi sia una sollecitazione da parte del Governo a trattare l'argomento, che la Calabria vive situazioni emergenziali e, nell'ambito di queste situazioni, non si può pensare di aggiungere anche l'emergenza occupazionale che deriverebbe da questa crisi del porto, se non ci sarà un intervento adeguato per sopperire alla stessa (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

CATERINA PES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CATERINA PES. Signor Presidente, richiamo la sua attenzione per chiederle di sollecitare una risposta del Governo a due interrogazioni importanti: la prima, n. 4-12061, presentata il 25 maggio 2011, e la seconda, n. 4-12021, presentata il 23 maggio scorso, riguardanti l'installazione di una serie di radar lungo le coste della Sardegna e contro la quale si stanno mobilitando, ormai da più di un mese, i cittadini delle zone dei territori coinvolti. Si teme, infatti, che l'installazione di questi radar comporti seri rischi per la salute dei cittadini stessi. Va accertata allora, con la massima urgenza, l'assenza di pericolo di inquinamento elettromagnetico per le popolazioni interessate.
Quello che vorrei sottolineare è che questo progetto rischia di costituire un precedente di occupazione di nuovi siti che diventerebbero nuove servitù militari dal punto di vista dell'occupazione del suolo. Si tratta di siti importanti dal punto di vista naturalistico e alcuni interventi potrebbero, addirittura, cambiare morfologicamente il carattere ambientale di questi territori.
Con la realizzazione di questa rete di radar, che andrebbe a sommarsi a tante costruzioni di tipo militare presenti sulle coste della Sardegna, si creerebbero, come dicevo prima, nuove servitù militari che si aggiungerebbero a quelle già esistenti e per le quali, devo dire, la regione Sardegna ha già pagato pegno.
Signor Presidente, per noi è quindi molto importante che lei solleciti una risposta alle interrogazioni citate e che questa venga data al più presto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Pes, anche per l'entusiasmo che ha suscitato tra i suoi colleghi, sarà compito della Presidenza sollecitare la risposta da lei richiesta.

MARCO ZACCHERA. Chiedo di parlare.

Pag. 66

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, la settimana scorsa ricorderà che vi è stata una lunga polemica in Aula sul fatto che il Governo approvava centinaia di ordini del giorno. Ebbene, negli ultimi mesi sono stati approvati diversi ordini del giorno, che ho avuto la fortuna di presentare, concernenti la finanza locale.
Oggi è il 28 giugno. Molti comuni stanno attendendo il 30 giugno per chiudere i bilanci preventivi per l'anno 2011, in attesa di sapere come si articolerà la manovra finanziaria per quanto riguarda i comuni stessi.
Ci ha fatto molto piacere apprendere nei giorni scorsi, e anche nelle scorse ore, che il Ministro Tremonti avrebbe intenzione di premiare i cosiddetti comuni virtuosi, ossia quelli che hanno mantenuto gli indici di bilancio, ma che si trovano in difficoltà oggi nel non sapere che cosa si dovrà fare.
Il motivo della mia richiesta è che la Presidenza solleciti un chiarimento da parte del Governo poiché ha accettato diverse volte degli ordini del giorno inerenti questo tema. Non possiamo aspettare oltre.
I consigli comunali di mezza Italia sono convocati la sera di giovedì 30 giugno, termine ultimo per approvare alcune manovre finanziarie. Se, prima di questa data, non arriva un chiarimento su come ci si deve comportare, francamente le dichiarazioni di buona volontà e di accettazione lasciano il tempo che trovano.
Chiedo quindi che la Presidenza solleciti il Governo affinché dia concretezza agli ordini del giorno approvati. I sindaci in questi giorni non sono a prendere il sole al mare, ma sono in attesa di sapere quale sarà il destino della finanza locale per l'anno 2011.
Sono certo di un pronto intervento in questo senso da parte della Presidenza.

PRESIDENTE. Onorevole Zacchera, la Presidenza si attiverà anche per lei nella direzione richiesta.

GIANPIERO BOCCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANPIERO BOCCI. Signor Presidente, intervengo per sollecitare la risposta ad un'interrogazione che ritengo urgentissima dopo i fatti che si sono verificati la scorsa settimana in quest'Aula e le contraddizioni che, in poche ore, hanno caratterizzato l'orientamento del Governo.
Signor Presidente, mi riferisco alla vicenda dei pedaggi. Abbiamo visto che rispetto ad una serie di ordini del giorno, mi riferisco in particolare a quello relativo al raccordo autostradale Perugia-Bettolle, il Governo, attraverso il sottosegretario Giorgetti, ha espresso parere favorevole.
Quegli ordini del giorno, il mio come tanti altri di colleghi di diverse realtà, sollecitavano il Governo a soprassedere in ordine alla vicenda del pedaggio in alcuni tratti delle strade del nostro Paese. A fronte di un parere favorevole del Governo e del voto dell'Aula che sanciva ufficialmente la contrarietà della Camera dei deputati rispetto a questa vicenda, un'ora e mezzo dopo il viceministro Castelli smentiva il Governo stesso e addirittura sosteneva che il sottosegretario Giorgetti aveva avuto per un momento un vuoto, una svista che lo aveva portato ad esprimere un parere favorevole del Governo, quando invece il Governo era contrario agli ordini del giorno che poi sono stati approvati.
A questo punto per la serietà, l'autorevolezza e la credibilità del nostro Parlamento e della Camera dei deputati è necessario che il Governo venga in Aula o in Commissione - dove ho presentato la mia interrogazione - per chiarire una vicenda che sta diventando spiacevole e che mette a repentaglio la credibilità dei nostri lavori.

FABIO GARAGNANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, intervengo semplicemente per segnalare un fatto grave accaduto ieri sera a Bologna. Pag. 67
Tre consiglieri comunali di minoranza, all'uscita del consiglio comunale, sono stati aggrediti da minoranze faziose, che provenivano da manifestazioni svoltesi in Piemonte per il «NO TAV», in modo gratuito ed insolente, con lancio di lattine e di monetine. I tre consiglieri di minoranza sono stati costretti a ripararsi dentro un bar, che ha chiuso le saracinesche, fino all'intervento della forza pubblica.
Il fatto in sé può accadere in altre realtà, però è emblematico di un clima di violenza e di intolleranza che sta caratterizzando da troppo tempo la città di Bologna. Volevo denunciare questo fatto perché la sottovalutazione di episodi di violenza, che fanno riferimento a frange eversive presenti nella città di Bologna e che hanno anche forse copertura a livello della maggioranza che attualmente governa la città, non può essere passato sotto silenzio. Si tratta di aggressioni senza nessuna motivazione politica.
Credo sia mio dovere di cittadino e di parlamentare segnalare questo episodio anche al Governo affinché adotti i provvedimenti di sua competenza (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 29 giugno 2011, alle 10,30:

(ore 10,30 e ore 16)

1. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa delle proposte di legge C. 2699-ter, C. 1964, C. 3544 e C. 3589 (vedi allegato).

2. - Seguito della discussione del disegno di legge e del documento:
S. 2322 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2010 (Approvato dal Senato) (C. 4059-A/R).
- Relatore: Pini.
Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2009 (Doc. LXXXVII, n. 3-A/R).
- Relatore: Fucci.

3. - Seguito della discussione del testo unificato dei progetti di legge:
MUSSOLINI; BINDI ed altri; PALOMBA e BORGHESI; CAPANO e FERRANTI; d'iniziativa del GOVERNO; BINETTI ed altri; BRUGGER e ZELLER: Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali (C. 2519-3184-3247-3516-3915-4007-4054-A).
- Relatore: Mussolini.

4. - Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 10-51-136-281-285-483-800-972-994-1095-1188-1323-1363-1368 - d'iniziativa dei senatori: IGNAZIO ROBERTO MARINO ed altri; TOMASSINI ed altri; PORETTI e PERDUCA; CARLONI e CHIAROMONTE; BAIO ed altri; MASSIDDA; MUSI ed altri; VERONESI; BAIO ed altri; RIZZI; BIANCONI ed altri; D'ALIA e FOSSON; CASELLI ed altri; D'ALIA e FOSSON: Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (C. 2350-A).

e delle abbinate proposte di legge: BINETTI ed altri; ROSSA ed altri; FARINA COSCIONI ed altri; BINETTI ed altri; POLLASTRINI ed altri; COTA ed altri; DELLA VEDOVA ed altri; ANIELLO FORMISANO ed altri; SALTAMARTINI ed altri; BUTTIGLIONE ed altri; DI VIRGILIO ed altri; PALAGIANO ed altri (C. 625-784-1280-1597-1606-1764-bis-1840-1876-1968-bis-2038-2124-2595). Pag. 68
- Relatori: Di Virgilio, per la maggioranza; Palagiano, di minoranza.

(ore 15)

5. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

alla VI Commissione (Finanze):
Senatore COSTA; senatore BARBOLINI: «Istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore assicurativo» (già articolo 7 della proposta di legge n. 2699, approvata, in un testo unificato, dal Senato della Repubblica il 16 settembre 2009, stralciato con deliberazione dell'Assemblea l'11 maggio 2010) (2699-ter).
BARBATO ed altri: «Istituzione del Comitato nazionale contro le frodi nel settore assicurativo» (1964).
PAGANO: «Istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore assicurativo» (3544).
BRAGANTINI ed altri: «Istituzione del Coordinamento nazionale per il contrasto delle frodi assicurative» (3589).

(La Commissione ha elaborato un testo unificato).

La seduta termina alle 19,15.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO NICOLA MOLTENI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL TESTO UNIFICATO DEI PROGETTI DI LEGGE N. 2519-A ED ABBINATI

NICOLA MOLTENI. Il progetto di legge oggi in discussione elimina antinomie presenti nella nostra legislazione così da equiparare, finalmente, tutti i figli, senza ulteriori qualificazioni. Insomma si parifica ogni forma di filiazione, nel rispetto dell'articolo 30, terzo comma, della Costituzione.
Il valore «persona umana» costituisce la parte caratterizzante l'ordinamento giuridico, tanto da garantirne la famiglia nel suo aspetto sociale e nel suo riflesso giuridico che si lega inscindibilmente all'esistenza, alla dignità e alla personalità di ciascuno dei suoi componenti.
Com'è noto, anche nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955, sono previste due disposizioni delle quali la famiglia costituisce l'oggetto di tutela: l'articolo 8, che riconosce il diritto al rispetto della vita familiare e, l'esiziale articolo 12, a norma del quale «Uomini e donne in età adatta hanno diritto di sposarsi e di formare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l'esercizio di tale diritto», ripercorrendo «il solco» dell'articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948.
Nel nostro ordinamento, l'articolo 2 della Costituzione è «l'architrave» che consente di coniugare i diritti sanciti della famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio, attraverso gli articoli 29, 30 e 31. Gli interessi della famiglia che l'ordinamento garantisce si coniugano con i valori della persona, sia sotto il profilo dell'integrità e della dignità, sia sotto quello dello sviluppo armonico della personalità.
La parificazione di tutte le forme di filiazione, quale che sia la fonte di costituzione del legame giuridico, è conseguenza diretta dell'impianto costituzionale. Del resto, l'articolo 30 della Costituzione, quando discorre di diritti e di doveri dei genitori, non pone alcuna forma di discriminazione. È pur vero, però, che l'articolo 30, terzo comma, della Costituzione assicura ogni tutela ai figli nati fuori del matrimonio, purché compatibile con la garanzia della famiglia legittima. Il conflitto può sorgere tra coloro che fanno parte della famiglia «ristretta», coniuge e figli, Pag. 69poiché questi sono titolari di interessi proporzionali. E il conflitto può riguardare situazioni paritarie, cioè che ricevono eguale protezione dall'ordinamento costituzionale. Il criterio della compatibilità non può tuttavia comportare il sacrificio dei diritti inviolabili della persona: se c'è conflitto, occorre trovare il punto di equilibrio.
La stessa Corte costituzionale, intervenendo a margine della parziale incostituzionalità dell'articolo 565 del codice civile, ha avuto modo, con la sentenza n. 184 del 1990, di affermare i principi portanti della nostra Costituzione in tema di filiazione naturale, e, infatti, ha rilevato, in relazione all'articolo 30, comma 3, Costituzione «... i due aspetti del significato normativo dell'articolo 30, terzo comma, della Costituzione.
Il primo significato si esprime in una regola di equiparazione dello status di figlio naturale (riconosciuto o dichiarato) allo status di figlio legittimo nei limiti di compatibilità con i diritti dei membri della famiglia legittima costituita dal matrimonio del genitore con persona diversa dall'altro. In questo senso «l'articolo 30 si riferisce ai rapporti tra genitori e figli, e non a quelli dei figli tra loro» (sent. n 76 del 1977): il suo ambito normativo è commisurato alla regola dell'articolo 258, primo comma, cod. civ., che delimita l'efficacia del riconoscimento.
Nel secondo significato, concernente i rapporti della prole naturale con i parenti del genitore (ossia con la famiglia di origine del genitore e con altri suoi figli, legittimi o naturali riconosciuti), l'articolo 30, terzo comma, non impartisce un comando immediato di parificazione giuridica alla prole legittima anche in questi rapporti, ma si pone come «norma ispiratrice di un orientamento legislativo a, favore dei figli naturali» (sent. n. 55 del 1979)»
in buona sostanza la Corte ha ribadito che « ... il limite può essere così formulato: nei detti rapporti le disparità di trattamento delle due specie di filiazione non possono essere conservate più di quanto richiedano un ragionevole bilanciamento degli interessi in gioco e il contemperamento con o la sottordinazione ad altri principi di pari o maggior peso».
L'attuale progetto nel testo unificato, frutto di un «sapiente» lavoro svolto in Commissione, riesce a coniugare i diritti dei figli nati in costanza di matrimonio da quelli nati fuori dal matrimonio. Diritti e doveri che verranno puntualmente individuati nel rispetto dei principi e criteri direttivi stabiliti con la «Delega al Governo per la revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione», stabilita dall'articolo 2 del progetto di legge. I successivi decreti legislativi, emanati ai sensi della delega, dovranno poi passare al vaglio delle competenti Commissioni parlamentari, al fine di ottenere il necessario parere.
Inoltre crediamo che un notevole pregio dell'attuale testo del presente progetto di legge sia quello di limitare o comunque attenuare il potere dell'autorità giudiziaria in materie che afferiscono al diritto di famiglia. Infatti, appare del tutto condivisibile «... che il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti. Il figlio minore, che ha compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano ... - articolo 315-bis, commi 2 e 3 (diritti e doveri del figlio) introdotto con il progetto di legge -». Di più. Il Governo nell'esercizio della delega, per la revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, dovrà attenersi al principio e criterio direttivo, il quale stabilisce che vi sia una «... segnalazione ai comuni, da parte dei tribunali per i minorenni, delle situazioni di indigenza di nuclei familiari che, ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, richiedano interventi di sostegno per consentire al minore di essere educato nell'ambito della propria famiglia - lettera p) articolo 2 del progetto di legge».
Da ultimo, occorre evidenziare come ove si volesse risolvere il dilemma dell'attribuzione della competenza per l'affidamento dei figli di genitori non coniugati, in dubbio tra il Tribunale Ordinario e il Tribunale per i minorenni, l'indicazione è chiaramente Pag. 70a favore del primo, ossia al Tribunale Ordinario, in quanto è preferibile «che il dibattito» si svolga in una sede ove sono più ampie le garanzie per le parti: una precauzione che appare necessaria, atteso il principio del rispetto dell'interesse del minore che informa tutti i provvedimenti in materia (in questo senso la proposta di legge n. 2360, di iniziativa, tra gli altri, dell'onorevole Lussana, «Nuove disposizioni in materia di affidamento condiviso dei figli», XV Legislatura).

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO LELLA GOLFO SULLE PROPOSTE DI LEGGE N. 2426-2956-B

LELLA GOLFO. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, stiamo per votare una Proposta di Legge che mi onoro di aver pensato, voluto e presentato come prima firmataria il 7 Maggio 2009. Per me è un gran giorno e lo è ancora di più per tutte le donne. Oggi abbiamo una grande responsabilità di fronte al Paese e saremo chiamati a votare una legge di civiltà, a mostrare l'immagine di una democrazia matura e non dimezzata, di un Parlamento che sulle questioni di principio riesce a trovare unità. È una grande occasione che sono certa questo Parlamento saprà cogliere.
Come ha egregiamente e dettagliatamente illustrato la relatrice Silvana Comaroli, che ringrazio, l'iter di questa legge è stato ricco di contributi, apporti e pareri. Sia alla Camera, che al Senato un'attenta analisi costruttiva e un confronto serio e scrupoloso ci hanno consegnato un testo equilibrato e ponderato. Un testo che ha recepito le osservazioni e la richiesta di gradualità avanzate dai rappresentati del mondo industriale, bancario, finanziario.
Prima di entrare nel dettaglio della legge, consentitemi di dire che essa ha avuto due grandi meriti sin dall'inizio del suo iter. In primo luogo ha dato vita a un dibattito franco e sereno e ha visto la collaborazione di maggioranza e opposizione. La bontà di questo provvedimento è già nel fatto che ha dato l'immagine di un Parlamento che lavora per la crescita del Paese, che riesce a dialogare su materie importanti e, spero, a legiferare per rendere l'Italia una Nazione moderna. Il secondo merito è di aver animato un dibattito prezioso ormai spento all'indomani delle grandi battaglie femministe. Io stessa ho avuto modo di girare l'Italia e partecipare a una miriade di convegni che hanno coinvolto uomini e donne, esponenti della società civile, del mondo istituzionale ed economico. Io stessa ho assistito al risveglio di una nuova consapevolezza.
Dal mio osservatorio privilegiato della Fondazione Bellisario, mi occupo da tantissimi anni delle carriere delle donne e conosco bene i numeri della loro esigua presenza anche e soprattutto nei ruoli di vertice. Grazie al confronto suscitato da questo provvedimento, questi dati oggi sono patrimonio condiviso e testimoniano prima di tutto il crescente contributo delle donne alla vita produttiva del Paese.
Oggi le donne sono oltre il 60 per cento dei laureati, più del 40 per cento dei magistrati e oltre il 30 per cento degli imprenditori o dei medici. Sono, insomma, presenti in ogni ambito e, come ha ricordato il Presidente della Repubblica lo scorso 8 Marzo, «hanno conquistato spazi e diritti, con una forte accelerazione negli ultimi cinquant'anni». Un cammino che ha un preciso significato. A ricordarcelo è ancora Giorgio Napolitano, quando afferma: «il grado d'impegno delle donne per la parità, l'affermazione del loro ruolo nei vari ambiti sociali, il livello di uguaglianza, di dignità e di considerazione di cui esse godono sono tra i principali indicatori della maturità e dello stato di salute dei sistemi democratici».
Il nostro ordinamento ha il merito di riconoscere formalmente a tutti i cittadini pari opportunità.
A partire dall'articolo 3 della Costituzione, fino alla modifica nel 2003 dell'articolo 51 in base al quale «Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive Pag. 71in condizione di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.
Accanto a questi principi fondanti, negli ultimi 30 anni il Parlamento ha ben operato con una serie di azioni positive che rendono la nostra tradizione giuridica particolarmente attenta alla promozione e tutela della condizione femminile. Penso prima di tutto alla legislazione a protezione della maternità del 1971, tuttora una delle più avanzate del mondo, alla legge 125 del '91 per la realizzazione della parità professionale tra uomo e donna, alla legge 215 del '92 sull'imprenditorialità femminile, a cui andrebbe dato nuovo impulso.
Queste misure a favore delle donne hanno segnato il nostro progresso democratico e civile e rappresentano i momenti di maggiore maturità e concordia del nostro sistema parlamentare. Le donne della nostra Repubblica hanno recepito il mandato di quelle coraggiose figure risorgimentali, meritatamente ricordate nel corso dell'anniversario dei 150 anni dell'Unità d'Italia.
Con le elezioni del 2008 si è raggiunto il miglior risultato di rappresentanza femminile: 110 donne elette alla Camera e 46 al Senato e forse è stata questa condizione di perenne minoranza a renderle più consapevoli e partecipi. Al di là della diversità di idee e opinioni, visioni e prospettive, nell'unità d'intenti hanno trovato la forza necessaria per portare a compimento battaglie che ci rendono un Paese migliore. Oggi ci apprestiamo a scrivere un'altra pagina di quella storia di donne determinate e leali che hanno cercato e trovato il consenso di colleghi lungimiranti e coraggiosi. Uomini e donne che hanno giurato fedeltà alla Costituzione e che hanno il preciso dovere di garantirne la piena attuazione. Perché, nonostante i grandi passi compiuti dalla nostra società e accelerati dalla nostra legislazione, le donne italiane sono ancora lontane dall'aver conquistato la parità. Basti ricordare il divario di genere nella rappresentanza politica, nei media, nelle carriere pubbliche, nella conduzione delle imprese o le strozzature che pesano nell'accesso al mercato del lavoro. Provvedimenti come quello che stiamo per votare non rappresentano un segnale di buona volontà o un'alterazione dei meccanismi di mercato. Sono, piuttosto, un preciso dovere di questo Parlamento in rispetto di quel dettato costituzionale che all'articolo 41 prescrive che la libertà d'iniziativa economica «non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana».
E sono comunque un dovere a cui ci richiama la situazione attuale. Conosciamo bene il misero dato del 6,4 per cento di donne nei CdA delle società quotate, che ci pone al ventinovesimo posto su 33 Paesi europei censiti. Secondo l'ultima rilevazione Cerved, all'inizio del 2011 erano donne solo il 9,3 per cento degli amministratori delegati o figure di vertice e il 26,9 per cento dei dirigenti delle imprese italiane con un fatturato oltre 10 milioni di euro. Nell'ultimo anno nelle circa 4 mila aziende che hanno visto un cambio al vertice, la scelta è nel 90 per cento dei casi ricaduta su un uomo, mentre le dirigenti sono addirittura diminuite da 128 mila del 2009 a 115 mila del 2010. Sono numeri che parlano da soli e negano ogni sano principio meritocratico.
Ma al dovere dell'azione immediata ci richiama anche la nostra appartenenza alla Comunità Europea. A marzo, infatti, il Vicepresidente della Commissione Europea Viviane Reding ha avviato una campagna a favore delle quote di genere in tutti i Paesi dell'Unione. In Italia, per sua espressa volontà, sono stata io a firmare con la Commissaria una lettera pubblica sul Sole 24 Ore in cui si richiamano i Paesi dell'Unione a raggiungere entro il 2015 il 30 per cento di membri donne nei CdA delle aziende per salire fino al 40 per cento nel 2020. Questa proposta di Legge, dunque, non solo è in linea con le politiche di Paesi come Norvegia, Spagna e Francia che hanno già legiferato in questo senso arrivando a stabilire quote graduali Pag. 72del 40 per cento, ma consentirà di non incorrere nei prossimi anni in pesanti sanzioni comunitarie.
È indubbio che questo provvedimento, che ribadisco essere transitorio, è solo un primo ma significativo passo e che tanti altri dovranno essere compiuti. Dobbiamo in primo luogo risolvere il grave problema della disoccupazione femminile: una piaga che si acuisce, con effetti devastanti, in quel Mezzogiorno dove il tasso d'inattività femminile arriva a superare il 50 per cento e dove invece il contributo delle donne rappresenta la carta vincente per lo sviluppo. Ma dobbiamo anche consentire di conciliare la maternità con la carriera, impedendo, come accade oggi, che una donna su quattro si veda costretta a scegliere tra figli e lavoro. È in gioco non solo la crescita ma il futuro dell'Italia, appesa a un tasso di natalità non più sostenibile. Tanto ha fatto questo Governo per le donne ma tanto resta da fare e mi auguro che su temi così importanti si possa trovare lo stesso spirito di collaborazione.
Ma, consentitemi di dire, il passo che stiamo per compiere ha un'enorme valenza pratica e simbolica. Prima di tutto, con il voto favorevole di oggi apriremo un vero e proprio varco: entro il 2015 dovranno entrare quasi 700 consiglieri e 200 sindaci donne nei board delle società quotate e quasi 6500 consiglieri e oltre 3500 sindaci nelle controllate. Pochi mesi fa la Fondazione Bellisario ha promosso la campagna 1000 Curricula Eccellenti. A oggi sono stati raccolti più di 1800 profili di donne con le carte in regola per entrare nei CdA delle società quotate e controllate: un'enorme risorsa di competenze e talenti che potrà essere immessa nel circuito produttivo sin da subito senza aspettare che entri in vigore questa legge. Nei Paesi dove è stata introdotto, il meccanismo delle quote di genere ha innescato un circolo virtuoso in tutto il sistema produttivo e accelerato il naturale processo di affermazione delle donne nell'economia, con risultati sempre positivi. Non solo in termini di maggiore uguaglianza, inclusione e coesione sociale. Ma in termini di migliori performance economiche e aumento della competitività, come dimostrano accreditati studi internazionali.
Per questo, il voto positivo a questa legge, che mi auguro vivamente il più ampio possibile, porrà il nostro Paese all'avanguardia in Europa e sarà il voto di civiltà di una classe dirigente matura e responsabile. Una classe dirigente moderna, che crede nel merito e nel talento individuale.
Una classe dirigente che lavora per un Paese in cui sviluppo sostenibile, equità, opportunità non restino parole morte ma ambizioni realizzate.
Il gruppo PdL, a iniziare dal suo capogruppo Cicchitto, ha sostenuto questo provvedimento e il dialogo sereno e costruttivo con l'opposizione ne ha accelerato l'iter. L'approvazione in Senato con larghissima maggioranza ha rappresentato una tappa importante e quest'Aula oggi è chiamata a dare uguale prova di saggezza, consapevolezza ed equilibrio. E forse non è un caso che una legge epocale come questa abbia l'occasione di entrare nel nostro ordinamento durante le celebrazioni del 150o dell'Unità d'Italia.
Pertanto, dichiaro voto favorevole del mio Gruppo alla Proposta di Legge e ringrazio quanti hanno consentito di giungere fin qui. Il Governo, i Ministri e le Commissioni chiamate a esprimere i loro pareri; il Sottosegretario Sonia Viale che ne ha seguito il lungo iter fino al voto del Senato; i Sottosegretari Cesario e Casero; il Presidente della Camera Fini; il Capogruppo Fabrizio Chicchitto, il Presidente della Commissione Finanze Gianfranco Conte che sin da subito ha creduto e sostenuto questa mia proposta con forza, equilibrio e determinazione; la relatrice Silvana Comaroli che ha svolto un encomiabile lavoro; tutti i componenti Commissione Finanze, i funzionari, i Gruppi parlamentari, i colleghi e le colleghe che con il loro lavoro hanno contribuito all'ottimo risultato finale.
E consentitemi di ringraziare le centinaia di donne che hanno creduto in me, che mi hanno sostenuta e incoraggiata anche in momenti umanamente e politicamente molto difficili. Era il 1932 quando Pag. 73Maria Magnetti a Torino è la prima donna a entrare in un CdA; il 1948 quando Lina Merlin varca, prima e ancora unica donna, i portoni del Senato; il 1976 quando Tina Anselmi occupa il dicastero del Lavoro, prima donna ministro in Italia; il 1979 quando Nilde Iotti diventa la prima Presidente della Camera dei deputati donna; l'84 quando la Senatrice Elena Marinucci viene chiamata a presiedere la prima Commissione delle Pari opportunità fortemente voluta dal Governo di Bettino Craxi.
Anche a loro e a tutte le donne che ieri e oggi, a destra e a sinistra, in Parlamento e nella società civile, nelle imprese e nelle professioni, si sono impegnate perché il Paese garantisse i loro diritti elementari d'inclusione e partecipazione va il mio ringraziamento.
Con questo voto, riconosciamo anche il merito del loro lavoro, la forza dei loro sacrifici, la lungimiranza e modernità del loro pensiero e delle loro idee.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 4)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Pdl 2426-2956-B - articolo 1 428 406 22 204 395 11 56 Appr.
2 Nom. articolo 2 445 419 26 210 406 13 53 Appr.
3 Nom. articolo 3 455 423 32 212 411 12 53 Appr.
4 Nom. Pdl 2426-2956-B - voto finale 529 465 64 233 438 27 37 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.