Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute >>

XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 484 di giovedì 9 giugno 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 9,40.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati D'Amico, Mecacci e Rigoni sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in ordine alla realizzazione del centro di eccellenza oncologico presso l'azienda ospedaliera Papardo-Piemonte di Messina e all'utilizzo dei relativi finanziamenti statali - n. 2-01063)

PRESIDENTE. L'onorevole Stagno d'Alcontres ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01063, concernente chiarimenti in ordine alla realizzazione del centro di eccellenza oncologico presso l'azienda ospedaliera Papardo-Piemonte di Messina e all'utilizzo dei relativi finanziamenti statali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FRANCESCO STAGNO d'ALCONTRES. Signor Presidente, illustro brevemente perché mi sembra giusto. Signor Ministro, uno dei suoi predecessori, il Ministro Sirchia, nel lontano 2001, pensò di attivare in Sicilia tre centri di eccellenza: uno a Palermo, materno-infantile, uno a Catania, ortopedico e uno a Messina, oncologico. Per quest'ultimo di Messina sono state attivate e finanziate opere per 41 milioni di euro, 10 come cofinanziamento dal CIPE e 29.438.000 euro dai fondi dell'articolo 20 della legge n. 67 del 1988.
Il centro oncologico di Messina dal punto di vista fisico è stato realizzato in un grande padiglione presso l'ospedale Papardo-Piemonte di Messina, l'azienda ospedaliera Papardo-Piemonte, e devo dire che si è proceduto, fino al 2005, nella direzione della realizzazione del centro oncologico di eccellenza. Tra l'altro sono state costituite delle fondazioni per gestire questo centro oncologico, come anche quelli di Palermo e di Catania. Cosa succede? L'assessore Lagalla, allora assessore alla sanità della Regione Siciliana, propone il piano di rientro. Successivamente, per la caduta del Governo Cuffaro, si insedia il Governo Lombardo, con assessore il dottor Russo, che, valutando il piano di rientro, pensa bene di rimodulare questo piano di rientro e nella rimodulazione prevede anche una rimodulazione della rete ospedaliera messinese ed improvvisamente Pag. 2sparisce dalla pianta organica dell'ospedale Papardo-Piemonte l'oncologia, oncologia per cui sono stati spesi 41 milioni di euro, che sono stati finalizzati per la realizzazione del centro di eccellenza. Tuttavia, devo dire che nella legge regionale che sopprime le fondazioni stranamente viene ribadito che il centro di eccellenza debba essere realizzato a Messina. Desidero ribadire che l'oncologia a Messina è già presente nel Policlinico universitario con un numero di posti letto molto esiguo. Suscita particolari sospetti il fatto che ci si stia muovendo per realizzare un centro oncologico proprio a Catania, presso l'ospedale Cannizzaro, quando c'è già l'Humanitas, che svolge questo ruolo di centro oncologico con un numero di posti letto congruo.
Alla fine la città di Messina, 300 mila abitanti con un bacino di circa 750 mila per la provincia, si riduce ad avere 17 posti letto presso il Policlinico universitario, con dei posti letto che vengono detti di oncologia e di chirurgia, che già ci sono da sempre e da sempre funzionano anche per l'oncologia. Devo dire che il progetto iniziale era un progetto valido, però oggi suscita molti sospetti il fatto che, andando a parlare con il direttore generale dell'azienda ospedaliera Papardo-Piemonte, venga detto: «No, faremo il centro oncologico, vi saranno una serie di ambulatori oncologici di day hospital all'ottavo piano del vecchio padiglione e non del nuovo, per cui sarà soddisfatta l'utenza». Io penso che Messina meriti molto di più, signor Ministro.

PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Ferruccio Fazio, ha facoltà di rispondere.

FERRUCCIO FAZIO, Ministro della salute. Signor Presidente, nell'ambito del piano di rientro della Regione Siciliana, è stato presentato il Programma operativo regionale, nel quale si conferma che non risultano provvedimenti attinenti alla realizzazione del centro di eccellenza di oncologia presso l'azienda ospedaliera Papardo-Piemonte. A seguito della nuova rimodulazione ospedaliera, risultano previsti 17 posti letto per oncologia e terapia, integrata con l'oncologia presso il Policlinico universitario, di cui 10 in ricovero ordinario e 7 in day hospital o day surgery, e 26 posti letto presso la chirurgia generale oncologica.
Nell'ambito del programma straordinario di investimenti in sanità, avviato dall'articolo 20 della legge n. 67 del 1988, la regione ha sottoscritto, in data 30 aprile 2002, un accordo di programma che prevede l'intervento denominato «Realizzazione di un centro di eccellenza oncologico presso il presidio ospedaliero Papardo di Messina» per un importo a carico dello Stato di oltre 29 milioni di euro. Detto intervento è stato ammesso a finanziamento con decreto dirigenziale del 21 aprile 2005.
Con nota del 9 giugno 2010, l'assessorato alla salute della Regione Siciliana afferma che, con le disposizioni normative regionali intervenute, la legge di riordino in materia di rete ospedaliera regionale i posti letto per oncologia per la città di Messina sono stati previsti esclusivamente presso il Policlinico universitario.
Rispetto a queste nuove previsioni, che hanno previsto peraltro l'aggregazione delle due aziende Papardo e Piemonte di Messina, l'assessorato, con la stessa nota, ha comunicato che il finanziamento per la realizzazione del Polo oncologico presso il presidio ospedaliero Papardo non riveste più carattere di attualità e che, piuttosto, l'investimento debba concretizzarsi nei lavori di ristrutturazione degli spazi esistenti del presidio Papardo, da destinare ai servizi della nuova azienda ospedaliera Papardo-Piemonte di Messina, assegnando le risorse ancora disponibili all'esecuzione dei lavori necessari ad accogliere presso il presidio Papardo le unità operative ed i servizi che dovranno essere trasferiti dal presidio Piemonte.
La normativa in vigore consente la rimodulazione degli investimenti in conseguenza di specifiche modificazioni delle scelte di programmazione regionali. Al fine di acquisire gli elementi necessari, con nota Pag. 3del 23 luglio 2010, è stato richiesto all'assessore di fornire specifiche informazioni tecniche.
Tali informazioni sono indispensabili al fine di poter autorizzare la rimodulazione dell'intervento e la conseguente rifinalizzazione delle somme disponibili.
Tuttavia, a tutt'oggi, la Direzione generale della programmazione del Ministero della salute non ha autorizzato alcuna rimodulazione, poiché siamo ancora in attesa di acquisire il provvedimento da parte della Regione, in cui venga formalizzata la nuova destinazione delle risorse già assegnate all'azienda ospedaliera Papardo di Messina e ancora disponibili.

PRESIDENTE. L'onorevole Stagno d'Alcontres ha facoltà di replicare.

FRANCESCO STAGNO d'ALCONTRES. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio per la risposta, ma devo dire che non mi soddisfa granché. Capisco, infatti, che le regioni in tema sanitario sono autonome nella gestione e nell'organizzazione dei servizi, tuttavia il Ministero svolge un ruolo di vigilanza, specialmente quando vengono erogati dallo Stato 29 milioni e 438 mila euro, più un cofinanziamento del CIPE di altri 10 milioni di euro, per un totale di 41 milioni di euro compresa l'IVA.
Signor Ministro, devo dirle che, a questo punto, i 17 posti letto del Policlinico universitario già preesistenti vengono a costare una cifra spropositata: infatti, 17 posti letto costano 41 milioni di euro, dato che le risorse vengono riallocate al Policlinico e sono già state spese. Non so dove la regione vada a reperire le altre risorse, visto che le utilizza per realizzare, alla fine, soltanto un'unità di geriatria che prevede 10 posti letto.
Al posto dell'oncologico del Papardo si realizzerà, dunque, quanto segue: un'unità di geriatria con 10 posti letto, un'attivazione di posti letto tecnici di osservazione breve e intensiva - non so cosa voglia dire -, una rimodulazione delle funzioni ospedaliere verso l'attività diurna in regime di day hospital e, ancora, l'adozione di nuove soluzioni. In altri termini, in questo nuovo «blocco» devono sperimentare qualcosa.
Signor Ministro, ciò che mi preoccupa come rappresentante non solo della provincia, ma della Sicilia orientale, è il fatto che vi siano una distrazione e un danno erariale non indifferenti, perché quei fondi sono stati finalizzati per la realizzazione di un centro di eccellenza.
Tra l'altro, la legge del 2009 che stabilisce la riorganizzazione dei servizi sanitari, prevede la realizzazione del centro di eccellenza oncologico. La prevede e la conferma. Sopprime le fondazioni, però la prevede, perché è stata confermata dall'Assemblea regionale siciliana.
Pertanto, invito il Ministero, e lo invito in quanto «invitare» mi sembra il verbo giusto, perché sarebbe giusto dire «diffido» il Ministero dal dare l'approvazione e l'autorizzazione ad una rimodulazione in tal senso: sarebbe un danno erariale gravissimo, anche per la città di Messina. Infatti, non si può pensare di spendere 41 milioni di euro per realizzare diciassette posti letto, che erano già preesistenti alla realizzazione del centro oncologico.
Pertanto, la invito a rivolgersi - come è giusto che sia - all'assessorato regionale alla sanità, affinché si realizzi il centro di eccellenza oncologico, perché è giusto che anche i messinesi abbiano il loro riferimento per quanto riguarda l'oncologia e non debbano recarsi a Catania, dove se ne realizzeranno due, più quello ortopedico. Deve, infatti, sapere che, anche se non è stato più chiamato centro di eccellenza, il famoso polo ortopedico di cui si parlava nel 2002 con il Ministro Sirchia, resta in piedi e per esso sono stati previsti sessantotto posti letto.
La ringrazio, signor Ministro, e spero che questa sollecitazione possa concretizzarsi con dei fatti.

PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 9,55, è ripresa alle 10.

Pag. 4

(Iniziative per il rispetto degli impegni internazionali assunti dall'Italia in materia di cooperazione allo sviluppo - n. 2-01089)

PRESIDENTE. L'onorevole Tempestini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01089, concernente iniziative per il rispetto degli impegni internazionali assunti dall'Italia in materia di cooperazione allo sviluppo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, non ho ben chiaro il ruolo dei due sottosegretari qui presenti. Mi era stato detto che sarebbe stato presente il sottosegretario Casero, ma comunque va bene lo stesso. Mi rivolgo ai due sottosegretari presenti; credo che in questo momento il Ministero dell'economia e delle finanze con i suoi comportamenti e con i suoi atti, ha sostanzialmente ratificato la fine della cooperazione bilaterale italiana. Ho portato con me tante carte, ma non voglio farla lunga, mi riferisco a un testo di auditing internazionale che sostanzialmente considera ormai l'impegno italiano per la cooperazione, e quindi il rapporto APS/PIL, ormai allo 0,15 per cento. Abbiamo una condizione della cooperazione italiana, non più di morte annunciata, ma di morte constatata e c'è un funerale di prima classe che stimabilissimi e valentissimi funzionari diplomatici del Ministero degli affari esteri svolgono in queste settimane e stanno svolgendo ormai da diversi mesi, da quando cioè le risorse si sono esaurite, un funerale di prima classe per una delle componenti fondamentali della politica estera di un Paese moderno, civile e avanzato come il nostro.
Le cose che ho detto, e che, lo ripeto, quest'ultimo documento di Aidwatch del 2011 riconferma ulteriormente, ci hanno portato a interrogarci sulla follia che c'è dietro questo comportamento del Governo; follia e arroganza intellettuale del carissimo amico Giulio Tremonti, Ministro dell'economia e delle finanze, di questo però si tratta. Non voglio qui aprire il campo alla discussione sui tagli lineari o tagli non lineari, ma basta fare qualche banale raffronto - ve lo risparmio, perché credo sappiate tutti di cosa parliamo - per vedere le ragioni per le quali un Paese impegnato con un minimo di politica estera, non un massimo, non con una diplomazia smart, non con un sistema Paese fortemente coeso, tutte cose che ahimè, almeno in parte ci manca, ma un normale Paese occidentale riserva un'attenzione a queste politiche: per la elementare considerazione che sono politiche essenziali per la crescita economica anche di si sé stessi, del medesimo Paese in questione. Noi abbiamo smantellato e stiamo completando lo smantellamento di un patrimonio di presenze, di conoscenze, di attività nel mondo sulle quali poi i nostri imprenditori e le nostre attività economiche costruiscono un qualche cosa.
Qual è allora la ragione per la quale noi ci rivolgiamo volutamente al Ministero dell'economia e delle finanze e non al Ministero degli affari esteri, ben sapendo che le politiche sono gestite poi, non in termini finanziari ma in termini di quotidiana operatività, più dal Ministero degli affari esteri? Perché ovviamente lì si trova la ragione di questa operazione un po' folle, di strangolamento di una intera politica, di un intero comparto della politica italiana, ed io penso che in qualche modo una risposta non rituale, come penso che adesso mi daranno, andrebbe data. Faccio soltanto un riferimento che ho riportato, ovviamente, nell'interpellanza urgente.
Si è inaugurata in Europa, ormai, quella che si chiama cooperazione delegata, e cioè il fatto che una presenza, nel nostro caso del nostro Paese, in una sorta di scambio di responsabilità - uso questa espressione per essere più sintetico - tra Unione europea e Paese sulla base di ciò che si è messo in campo in termini di cooperazione bilaterale, può consentire il raddoppio del volume della cooperazione tramite fondi UE, che vengono messi a disposizione per il Paese che si è impegnato in questa attività. Pag. 5
Allo stato dei fatti, se potessimo impegnare tutti i nostri fondi nella cooperazione delegata, potremmo arrivare ad un centinaio di migliaia di euro. Se avessimo gli stanziamenti del 2008, potremmo impegnare e gestire quasi un miliardo di euro, 700 milioni di euro, per la cooperazione delegata. Dico ciò per dimostrare che si perdono anche consistenti opportunità economiche per il Paese, e quindi l'interpellanza rivolta al Ministro dell'economia e delle finanze nasce da questa considerazione.
Il Ministro Frattini non è stato, ovviamente, capace di difendere questo comparto: ha accettato, sostanzialmente, una logica di tagli che ha evirato questo settore della cooperazione, che invece sta trainando investimenti sempre maggiori. Ciò perché, naturalmente, tra gli aspetti che il Ministero dell'economia e delle finanze dimentica - non so cosa dica il Ministro Tremonti quando va a Pechino alla scuola di formazione quadri - c'è il seguente: nel mondo, a cominciare dai Paesi facenti parte del BRIC, che sono addirittura in parte ancora beneficiari delle attività di cooperazione, si sta puntando fortemente su questo settore, perché è uno di quelli decisivi per il riorientamento delle politiche, sia nel senso di politiche di solidarietà, ma anche come ritorno per i Paesi che in queste politiche hanno, senza alcun legame e senza alcuna conseguenzialità meccanica, impegnato il loro nome, le loro risorse e le loro energie umane e intellettuali.
La prossima volta che andrà a Pechino penso che il Ministro Tremonti potrà farsi carico di una domanda su cosa pensino i cinesi, ma anche su cosa pensino gli svedesi, i francesi, gli inglesi, lo stesso Cameron, che, un anno fa, nel pieno della crisi, alla Camera dei comuni ha detto che comunque avrebbe rilanciato il settore dell'aiuto allo sviluppo, perché è una questione decisiva nel loro sentirsi parte di questa comunità mondiale, nella quale vogliono essere presenti con un ruolo.
Noi invece smantelliamo tutto. Il Ministero degli affari esteri non ha ruolo, perché accetta supinamente, ma il Ministero dell'economia e delle finanze cosa ne ricava? Non mi si venga a dire che non ci sono alternative.
Abbiamo ripetutamente sottolineato il fatto che, in questo ambito delle politiche che riguardano gli esteri e, per altri versi, la difesa, vi sono delle possibilità (noi ci siamo limitati a queste poche considerazioni).
Basterebbe che un Governo come l'attuale, del tutto inefficiente ed incapace di articolare proposte con determinati tempi, avesse affrontato e messo in campo una discussione seria sul modello di difesa. Noi siamo persone serie, perché pensiamo che non si prende l'Eurofighter al di fuori di una riflessione seria sul modello di difesa e si cancella un investimento. Ovviamente, siamo un partito di Governo e pensiamo che qualche risparmio da un modello di difesa che va rinnovato, che va adeguato ai tempi, potrebbe, forse, comportare qualche risparmio tale da poter investire in questo settore.
Tuttavia, allo stato non abbiamo risposte; per ora, comunque, ascoltiamo la risposta del Governo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Bruno Cesario, ha facoltà di rispondere.

BRUNO CESARIO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente Tempestini n. 2-01089, l'onorevole Bersani ed altri, nel lamentare la riduzione degli stanziamenti a favore della legge n. 49 del 1987 in materia di cooperazione allo sviluppo, la riduzione degli impegni sul piano multilaterale per banche e fondi di sviluppo e il ritardo nel pagamento delle quote dovute al Fondo globale per l'AIDS, la tubercolosi e le altre pandemie, chiede con quali strumenti e tempi si intenda finanziare una cooperazione pubblica italiana e se si intenda finanziare una programmazione di riallineamento pluriennale (piano di rientro) che favorisca, anche gradualmente, il rispetto degli impegni internazionali.
Per quanto riguarda i fondi destinati dall'Italia alla cooperazione allo sviluppo, Pag. 6si fa presente che le cifre indicate nell'interpellanza si riferiscono solo alle risorse assegnate al Ministero degli affari esteri (cooperazione bilaterale). In realtà, l'obiettivo dello 0,7 per cento del PIL, che l'Italia si è impegnata a raggiungere, insieme agli altri Paesi dell'Unione europea, come target collettivo entro il 2015, fa riferimento alla totalità dell'aiuto pubblico allo sviluppo e all'insieme delle risorse impegnate a tal fine dal complesso delle amministrazioni pubbliche. Negli ultimi anni il livello di aiuto pubblico allo sviluppo del nostro Paese ha subito un calo, passando dallo 0,29 per cento del PIL nel 2005 allo 0,15 per cento nel 2010, essenzialmente a seguito della politica di rigore che il Governo ha adottato per i noti problemi di finanza pubblica, aggravati dalla crisi finanziaria internazionale. Infatti, gli stanziamenti sulla legge n. 49 del 1987, tabella «C» della legge finanziaria, sono stanziamenti in conto corrente, e, in quanto tali, concorrono alla formazione del deficit e alla quantificazione del fabbisogno.
Nonostante le ristrettezze di bilancio e della riduzione dell'aiuto pubblico allo sviluppo, tuttavia, va segnalato l'impegno italiano bipartisan nel campo dei meccanismi innovativi di finanziamento dello sviluppo, quali l'International finance facility for immunization e l'Advance market commitment, che consentono di moltiplicare le risorse pubbliche destinate allo sviluppo attraverso il contributo e il coinvolgimento dei privati. L'Italia contribuisce all'IFFIm con 473,5 milioni di euro e all'AMC con 450 milioni di euro.
Per quanto riguarda il riferimento contenuto nell'interpellanza, secondo il quale l'assenza di sufficienti fondi sulla legge n. 49 del 1987 ha determinato, proprio in alcuni paesi del Nord Africa, l'utilizzo da parte dell'Italia di strumenti inadeguati a finanziare progetti di sviluppo in senso proprio, quali il Fondo rotativo per i crediti di aiuto, si precisa che i crediti di aiuto sono strumenti finanziari previsti dall'articolo 6 della stessa legge n. 49 del 1987 e che la cooperazione bilaterale italiana ha sempre usato nei confronti dei Paesi del Nord Africa, in particolare Egitto e Tunisia, condizioni agevolatissime (tasso di concessionalità dell'80 per cento corrispondente in linea di massima ai seguenti termini: rimborso in 40 anni, periodo di grazia di 30 anni, tasso di interesse zero).
Riguardo al ritardo nei pagamenti di alcuni impegni a livello multilaterale, per quanto concerne le banche e i fondi multilaterali di sviluppo si fa presente che essi sono di due tipi: impegni relativi alla sottoscrizione degli aumenti di capitale nelle banche multilaterali di sviluppo e impegni relativi ai contributi dovuti per la ricostituzione delle risorse dei fondi multilaterali di sviluppo.
Nel primo caso, l'Italia è perfettamente in ordine con i tempi richiesti dalle relative istituzioni per effettuare i relativi pagamenti. Si tratta di impegni pari a circa 260 milioni di euro, da erogare secondo un calendario ben definito, che non incidono sulla formazione del deficit, perché si tratta di spese in conto capitale.
I contributi per la ricostituzione delle risorse dei fondi multilaterali di sviluppo sono impegni ancor più rilevanti. Essi però, in linea con le regole contabili dei fondi stessi, possono essere scaglionati in tempi di gran lunga superiori (fino a 10 anni) alla durata di ogni singola ricostituzione (3 o 4 anni). Tale flessibilità nell'erogazione ha determinato un addensamento di pagamenti pregressi che, però, non si configurano tecnicamente come arretrati.
Tuttavia, in particolare nell'attuale congiuntura internazionale, la credibilità internazionale dell'Italia si gioca soprattutto in termini di rispetto degli impegni di finanza pubblica, in particolare quelli assunti in seno all'Unione europea. Il miglioramento delle condizioni di finanza pubblica permetterà di risolvere progressivamente questa situazione.
Giova precisare, tuttavia, che la quantità dell'aiuto è solo un aspetto della complessa problematica, ma che altrettanta enfasi andrebbe data alla qualità/efficacia dell'aiuto, finalità perseguita con forza dall'Italia sia in sede multilaterale che Pag. 7in ambito bilaterale, dove negli ultimi due anni sono stati compiuti enormi sforzi.
In un contesto internazionale contrassegnato dai postumi delle durissime crisi economico-finanziarie, la problematica (donor fatigue) sussiste anche per gli altri Paesi.
Inoltre, è ormai da tempo superata l'idea che l'aiuto pubblico allo sviluppo debba essere la fonte principale di finanziamento dello sviluppo. Infatti, dal Monterrey Consensus del 2001 in poi, si è consolidato il principio di un approccio onnicomprensivo al finanziamento dello sviluppo, al quale devono contribuire le risorse nazionali degli stessi Paesi in via di sviluppo, il commercio, i flussi privati e i meccanismi innovativi di finanziamento, settore nel quale, l'Italia è all'avanguardia.
Pertanto, gli stanziamenti a favore della citata legge n. 49 del 1987, come definiti dalla tabella C allegata alla legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011), ammontano per ciascuno degli anni dal 2011 al 2013 rispettivamente a 176.332.017 euro, 178.491.703 euro e 179.491.528 euro, di cui circa il 90 per cento destinato al finanziamento di interventi.
Al fine di fornire un quadro esauriente sulle risorse in questione, deposito presso la Presidenza la tabella dove sono riportati i dati desunti dai rendiconti generali dello Stato relativi agli anni dal 2007 al 2009 e i dati non ancora consolidati relativi all'esercizio finanziario 2010.

PRESIDENTE. L'onorevole Tempestini ha facoltà di replicare.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, insomma, questa risposta da ragioniere che ci ha fornito l'onorevole Cesario non solo la considero insufficiente, ma anche un po' offensiva, perché molte parti di essa sono per l'appunto dettate da quella caratteristica di cui ho detto all'inizio, ossia una sorta di arroganza con la quale chi ha in mano i conti di questo Paese si permette di dire e di fare ciò che vuole.
Prendo atto che, alla fine, coloro che hanno scritto il testo all'onorevole Cesario, lo usano anche come tramite per presentare qualche cifra. Vorrei far presente all'onorevole Cesario, così si documenterà, che non più di due giorni fa alcuni di noi o, meglio, tutta la Commissione esteri di questo ramo del Parlamento si è trovata riunita per discutere un documento della sua amministrazione, ossia dell'amministrazione dell'economia e delle finanze di questo Paese che ci ha fornito per discutere oggi, giugno 2011, gli impegni dell'amministrazione italiana con riferimento ai fondi ed alle banche internazionali del 2009. Ecco come siamo combinati e come sono gestite le cose.
Trovo che - credo si tratti di una denuncia persino troppo facile - questo sia uno di quei segni evidenti del disinteresse, del pressappochismo e del modo approssimato con il quale si gestisce questa materia e ciò che le hanno scritto conferma pienamente questo.
Parliamo di cento, ma non sono neanche cento, bensì molti meno quelli per questo triennio.
Sa cosa spende, onorevole, e cosa mette in campo la Germania o la Francia in questo stesso ambito? Tre, quattro, cinque miliardi di euro per sopperire ad esigenze e questioni che hanno una validità e una centralità formidabile per qualunque Paese. Chi le ha scritto in un modo imprudente quella sciocchezza, in base alla quale l'aiuto allo sviluppo si fa in un altro modo, oltre a dimostrare un'inutile arroganza intellettuale, ha detto anche un'ovvia banalità, perché è evidente che i grandi Paesi accompagnano le loro politiche industriali di natura internazionale e le loro politiche commerciali con forti politiche per la cooperazione allo sviluppo.
Sarebbe molto meglio e più accettabile se questo Governo, infarcito di prosopopea e di arroganza, dicesse le cose come stanno, non nascondendosi dietro la crisi internazionale, perché potremmo dimostrare come stanno le cose, come ho tentato di fare con un riferimento alle carenze inaudite del Ministero della difesa nel prendere di petto la questione del suo Pag. 8modo di spesa e del suo spendere. Sappiamo tutti che in quel settore vi sono delle sacche, come vi sono altrove, e - lo ripeto - ci siamo limitati ad affrontare il tema che riguarda gli ambienti viciniori alle politiche che riguardano l'estero. Dalla sua risposta e dal modo con il quale il Governo affronta queste questioni si evince che manca proprio una cultura politica.
Questa cultura politica manca - e vengo rapidamente alla conclusione - perché, purtroppo, questo Paese non ha più una politica estera. Diciamo tutta la verità: abbiamo avuto una politica estera improvvisata, personale, affidata al Presidente del Consiglio e poi eseguita in modo che, qualche volta, faceva quasi pena dal Ministro degli affari esteri, che rincorreva le follie di Berlusconi. Quel modo di fare politica estera è evaporato come un frappè al sole e noi oggi siamo a constatare l'assenza di una politica.
Penso che solo questa sia la ragione per la quale un Ministro degli affari esteri non è stato in grado, nel corso di questi due o tre anni, di chiamare il Ministro dell'economia e delle finanze e di porre la questione, di trovare forme che restituiscano una prospettiva, perché nessuno pensa che bisogna fare per forza le nozze con i fichi secchi, ma nessuno può pensare che il Governo si collochi su una prospettiva di disinteresse e di disimpegno, anzitutto culturale, prima ancora che politico e finanziario, rispetto a questa tematica. È questa la questione che emerge in tutta la sua gravità e che quindi ci fa essere sempre meno considerati anche sul piano internazionale, al di là della retorica, del nostro buon nome, delle nostre piccole e medie imprese che girano il mondo.
Ma parlate della multilateralità con il mondo internazionale, con il mondo onusiano! Parlate con i nostri operatori economici, che si trovano soli e si trovano dall'altra parte, sottoposti alla pressione e all'offensiva, giusta dal loro punto di vista, di Francia, Germania, Inghilterra e ora Cina, India, Brasile. Di fronte a tutto ciò noi stiamo sul ragionieristico, sulle risposte che nascondono un po' di arroganza intellettuale o poco altro; non riusciamo a dare un segnale in questo campo di una ripresa di iniziativa politica del Paese. Quello che significa e che dimostra questo vostro modo di fare è semplice: non vi è un sistema Italia! Voi non siete stati capaci e non siete capaci - lo vediamo giorno dopo giorno - di mettere in campo un sistema Italia in grado di corrispondere, con ciò che si può, alle difficoltà internazionali, che anche noi incontriamo e che forse incontriamo più di altri. Parliamo al deserto, parliamo vanamente ad un Governo che non capisce l'ABC essenziale, che si nasconde dietro queste cosiddette politiche di bilancio, senza aver mai tentato di entrare nel merito e di fare una qualche operazione.
Abbiamo, lo ripeto, chiesto al Ministro dell'economia e delle finanze di rispondere. Infatti, siamo convinti - e la prova ce la danno tutti quanti gli studi di settore - che questo è un settore che, da un punto di vista primario, naturalmente risponde ad un'esigenza di solidarietà internazionale e di dare priorità allo sviluppo prima ancora che alle politiche di solidarietà o di dono (quindi lo sviluppo dei paesi in difficoltà), ma che poi per vie indirette, ma assolutamente evidenti, dà forza e costruisce quel plafond necessario al Paese per reggere la competizione internazionale.
Invece, abbiamo la risposta di un ragioniere della Ragioneria dello Stato. Tutto ciò è profondamente deprimente e ci conferma nell'impressione e nelle convinzione che così voi il Paese lo portate davvero a fondo all'interno e nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative in relazione alla ripartizione e alla classificazione delle spese sostenute dall'Italia per l'immigrazione e l'emergenza profughi - n. 2-01053)

PRESIDENTE. L'onorevole Carlucci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01053, concernente iniziative in relazione alla ripartizione e alla classificazione delle spese sostenute dall'Italia per l'immigrazione e l'emergenza profughi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

Pag. 9

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, onorevoli sottosegretari e colleghi, questa interpellanza è stata presentata ad aprile. Era urgente allora come è urgente oggi, nel senso che è stata scritta da me e da 30 altri colleghi proprio dall'osservazione di quello che stava avvenendo in Italia in quei giorni. Eravamo ad aprile e oggi siamo a giugno. Purtroppo, le condizioni non sono affatto mutate. L'interpellanza parte dall'osservazione che l'Italia in tutti questi mesi è rimasta sola, nonostante i grandi richiami fatti all'Unione europea dal Ministro Maroni e in assoluto dal Governo italiano, affinché l'Unione europea stessa accetti di condividere con l'Italia l'onere non solo dal punto di vista economico, che pure è il motivo di questa interrogazione, ma anche organizzativo e di assorbimento di questa massa enorme di immigrati clandestini che allo stato attuale arrivano e sbarcano solo sulle coste italiane.
Di recente, possiamo tra l'altro osservare come, invece, altri paesi e segnatamente l'isola di Malta hanno un comportamento assolutamente difforme dalle regole imposte dalla comunità europea. Malta li lascia morire nei barconi e lascia che i barconi affondino e, quindi, tutto l'onere continua a rimanere solo sull'Italia. Voglio brevemente citare quanto è costata fino ad oggi all'Italia questa emergenza dell'ondata di immigrati clandestini. Ogni immigrato costa allo Stato italiano circa 45 euro al giorno comprensivi di vitto, alloggio e assistenza sanitaria. Ogni clandestino rimane nei centri di accoglienza e identificazione per centocinquanta giorni e costa all'Italia circa 7 mila euro. La gestione complessiva di un immigrato irregolare dal fermo fino all'estradizione effettiva è valutabile in 10 mila euro, tenendo conto delle spese per il volo di rientro e la scorta degli agenti impiegati nei rimpatri. La sola pratica legale si aggira intorno ai 650 euro. Ogni clandestino costa allo Stato italiano oltre il doppio della spesa per l'istruzione di un bambino. Questi sono piccoli dati, ma veramente significativi.
Per quanto riguarda la spesa sanitaria (che non è registrata a bilancio e, quindi, questi sono costi extra non ancora valutati), da una stima ricavata dai dati delle singole ASL, l'assistenza agli stranieri irregolari costerebbe al sistema sanitario nazionale circa 250 milioni di euro l'anno. Noi sappiamo che però il Trattato di amicizia, di partenariato e cooperazione tra l'Italia e la Libia, che era stato firmato e sottoscritto nel 2008, aveva dato dei grossi risultati. Infatti, fino all'emergenza che si è scatenata negli ultimi sei mesi, di fatto c'era stato un totale arresto dei viaggi di immigrati clandestini dalle coste del nord Africa fino all'Italia e a Lampedusa.
Invece, a febbraio di fronte ai primi segnali dalla Tunisia, che indicavano la fuga di migliaia di giovani verso Lampedusa, il Governo ha previsto una spesa straordinaria del Ministero dell'interno di circa 6 milioni di euro più un milione e mezzo di euro per il lavoro della Croce rossa e per l'invio in Sicilia di 200 militari, oltre un milione di euro affidato alla gestione del commissario straordinario naturalmente per l'emergenza dei profughi.
I dati erano relativi a due mesi fa, ma la situazione continua ad essere analoga in questi giorni. Il numero dei profughi è attualmente valutato in 50 mila unità, ma - ripeto - la cifra continua ad aumentare, con un costo di due milioni e mezzo di euro al giorno. È un costo insostenibile per il Governo italiano per un periodo troppo prolungato.
Ripeto, queste cifre erano valide due mesi fa. Tuttavia, questo stato di emergenza perdura e, quindi, perdura anche l'esborso, da parte dello Stato italiano, di queste cifre.
Il Ministro dell'interno, Roberto Maroni, continua a chiedere con insistenza all'Unione europea di distribuire tra tutti i Paesi dell'Unione i profughi che chiedono asilo e che vengono attualmente, invece, gestiti soltanto dall'Italia, ma i suoi lodevoli tentativi sono stati sinora senza costrutto. Ad oggi, i fondi offerti dall'Unione europea all'Italia per l'intero anno, per il capitolo rimpatrio dei profughi, ammontano a 12 milioni. Quindi, si tratta dello stanziamento Pag. 10minimo fatto dall'Italia all'inizio di questa emergenza, sei mesi fa. Questo è quello che l'Unione europea mette a disposizione dell'Italia per tutto l'anno.
Dunque, la sottoscritta e tutti gli altri deputati che insieme a me hanno firmato questa interpellanza urgente, chiedono innanzitutto di adottare con urgenza un'iniziativa, in sede di Unione europea, al fine di imputare le spese sostenute per l'emergenza profughi ed immigrazione clandestina, a decorrere dal gennaio 2011, come oneri spettanti all'Unione europea, prevedendo la possibilità di scomputare le somme necessarie, salvo la quota a carico dell'Italia, direttamente dalle risorse economiche che annualmente l'Italia trasferisce al bilancio comunitario. Noi partecipiamo al bilancio comunitario con ingenti somme e chiediamo, quindi, che le somme che l'Italia continua a versare a titolo personale - perché nessun altro Paese europeo ha aderito alla richiesta dell'Italia di compartecipare alle spese e di aiutare l'Italia a indirizzare coloro che chiedono asilo politico negli altri Paesi - siano scomputate da quanto l'Italia trasferisce all'Unione europea.
Chiediamo anche di individuare con precisione gli oneri sostenuti annualmente dal sistema Italia. Infatti, abbiamo detto che localmente ancora non si conosce esattamente, oltre alla cifra che l'Italia sta destinando quotidianamente per l'emergenza immigrazione, a quanto ammonta l'impegno economico italiano, attraverso le ASL, per supportare, dal punto di vista sanitario, ogni immigrato. Pertanto, chiediamo di individuare con precisione gli oneri sostenuti annualmente dal sistema Italia per il mantenimento, dal punto di vista sanitario, degli immigrati.
In considerazione poi delle polemiche, sia interne sia internazionali, sollevate con l'attuale Governo, in relazione al mancato sostegno delle etnie rom e sinti, chiediamo di adottare le iniziative di competenza per l'attuazione dell'ordine del giorno Marinello n. 9/1366/59, accolto il 16 luglio 2008, che impegnava il Governo ad introdurre in sede di contabilità pubblica nazionale, ma soprattutto locale, un'apposita voce di classificazione tramite la quale individuare i costi complessivi connessi alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno a favore delle suddette etnie.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Bruno Cesario, ha facoltà di rispondere.

BRUNO CESARIO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, in relazione all'atto di sindacato ispettivo presentato dall'onorevole Carlucci, concernente le politiche legate alla gestione dei flussi migratori e in conformità a quanto comunicato dai Ministeri dell'economia e delle finanze, degli affari esteri, dell'interno e della salute, si fa presente quanto segue.
Riguardo all'introduzione di specifiche voci nei bilanci degli enti territoriali e degli enti pubblici per individuare tutte le spese sostenute per l'immigrazione, suddivise tra le spese per immigrati regolari e irregolari, l'introduzione delle predette voci comporta una complessiva revisione del piano dei conti delle ASL e delle procedure informatiche sottostanti, con maggiori oneri amministrativi e finanziari a carico delle aziende medesime.
Il Ministero dell'interno ha rappresentato la sua disponibilità a raccogliere, limitatamente agli enti locali, i dati finanziari relativi alle spese sostenute per l'immigrazione legale e clandestina tramite le certificazioni di bilancio ex articolo 161 del Testo Unico degli enti locali sui dati di rendiconto 2011.
Ciò potrebbe essere realizzato nel secondo trimestre 2012, previa definizione dell'ambito di rilevazione e concertandone le modalità in un tavolo tecnico da istituire con la partecipazione anche di rappresentanti delle associazioni degli enti locali. In ogni caso, i costi per l'assistenza sanitaria per i soli immigrati irregolari sono stati individuati attraverso i modelli per la rilevazione dei costi sanitari per livelli di assistenza (denominati modelli LA - livelli di assistenza).
Le aziende sanitarie hanno evidenziato tali costi nell'allegato 6 del modello succitato, Pag. 11relativo all'assistenza agli stranieri irregolari (attività di prevenzione, assistenza distrettuale, assistenza specialistica).
In particolare, è stato rilevato il costo sostenuto per l'erogazione delle prestazioni di medicina preventiva (tutela sociale della gravidanza e della maternità, tutela della salute del minore, fino al compimento del diciottesimo anno di età, vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni, interventi di profilassi internazionale, profilassi, diagnosi e cura delle malattie infettive ed eventualmente bonifica dei relativi focolai a salvaguardia della salute individuale e collettiva) a favore dei soli cittadini extracomunitari irregolari privi del permesso di soggiorno e indigenti, temporaneamente presenti in Italia (codice STP - Straniero Temporaneamente Presente) che, a norma del decreto legislativo n. 286 del 1998 rimane a carico del Fondo sanitario nazionale dove sono stanziati circa 31 milioni di euro.
Gli oneri relativi alle prestazioni ospedaliere e di assistenza specialistica urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio erogate a favore dei predetti soggetti rimangono, invece, sempre a norma del decreto legislativo n. 280 del 1998, concernente la disciplina dell'immigrazione e le norme sulle condizioni dello stranieri, a carico del Ministero dell'Interno.
Riguardo all'introduzione, in sede di contabilità pubblica nazionale e locale, di una voce di classificazione, con la quale individuare i costi relativi agli interventi assistenziali e di sostegno alle etnie rom e sinti, è stata evidenziata l'inesistenza, nel bilancio dello Stato, di specifici stanziamenti destinati agli interventi assistenziali e di sostegno a favore delle suddette etnie e che, solo laddove fossero previste risorse appositamente destinate alla predetta finalità, le stesse sarebbero suscettibili di evidenziazione con un'apposita voce di classificazione.
Relativamente alle spese sostenute dall'Italia per l'emergenza profughi e alla richiesta di scomputare tali spese dalle risorse che l'Italia è tenuta a versare all'Unione Europea a titolo di finanziamento del bilancio comunitario, si evidenzia che ciò non è possibile in quanto l'obbligo per gli Stati membri di concorrere al finanziamento del bilancio dell'Unione europea è sancito direttamente dal Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea ed è fissato in uno specifico sistema, cosiddetto «meccanismo delle risorse proprie», rigorosamente disciplinato dalla normativa dell'Unione europea, che non contempla alcuna possibilità di compensazione.
Inoltre, sull'opportunità di coprire le spese sostenute per l'emergenza profughi e l'immigrazione clandestina con fondi comunitari, il Ministro dell'interno ha già avviato un'iniziativa in tal senso, inviando, il 14 febbraio ed il 16 marzo, due lettere al Commissario agli Affari Interni, Cecilia Malmströem, sollecitando lo stanziamento di fondi straordinari, per fronteggiare l'attuale crisi migratoria nel Mediterraneo.

PRESIDENTE. L'onorevole Carlucci ha facoltà di replicare.

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, mi reputo parzialmente soddisfatta perché è ovvio - e partiamo dall'ultima risposta - che c'è un trattato che regola i rapporti anche economici tra ciascun Paese dell'Unione europea proprio nell'ambito della partecipazione di ciascun Paese all'Unione europea, tuttavia questo è un problema grave: non credo che i trattati siano immodificabili quando le condizioni invece cambiano con emergenze non prevedibili al momento della loro stipulazione e parliamo di venti o addirittura di trent'anni fa.
L'iniziativa del Ministro Maroni è lodevole, ma fino ad oggi non ha portato ad alcun risultato. Reputo, pertanto, che una richiesta molto forte nei confronti delle autorità di Bruxelles volta al cambiamento delle regole di partecipazione economica di uno Stato all'Unione europea potrebbe essere fatta propria dalla rappresentanza dei parlamentari italiani all'Unione europea; ciò significherebbe Pag. 12intavolare una discussione, che invece non mi sembra che oggi venga posta tra i punti all'ordine del giorno delle sedute del Parlamento europeo.
Lo ripeto: il Ministro Maroni ha fatto la sua parte, sollecitando più volte Cecilia Malmströem o le altre autorità dell'Unione europea ad occuparsi di questo problema.
Quando sentiamo le risposte degli altri Paesi che dicono «Ognuno di noi nel tempo ha trattato l'immigrazione e li ha assorbiti» anche noi lo stiamo facendo e non vogliamo non integrare coloro che verranno in Italia e potranno restarvi, il problema è che oggi ci sono milioni di persone che premono alle nostre frontiere per le quali, ripeto, non c'è dal punto di vista dell'Unione europea nessuna intenzione e nessun interesse ad occuparsi del nostro problema. Ci hanno lasciati soli e questa interpellanza parla di cifre che riguardano mesi precedenti e che ora sono identiche se non aumentate, visto che siamo arrivati a giugno.
Questo per quanto riguarda la problematica economica, in merito alla problematica dei dati delle ASL, ai tempi di Internet non credo sia molto difficile creare una banca dati all'interno del Ministero della salute che li raccolga. Ogni singola ASL è tenuta a redigere un bilancio e all'interno delle voci di bilancio si comprende quanti dei soldi spesi da ciascuna ASL sono stati spesi a favore degli immigrati regolari o irregolari. Credo che sarebbe molto utile, proprio per avere un'idea complessiva di quanto costa allo Stato questa ondata di immigrati clandestini, creare questa banca dati all'interno del Ministero della salute per raccoglierli. Ripeto, attraverso Internet e dunque una rete che metta in collegamento tutta l'Italia, non c'è più bisogno di prendere le carte e portarle da una parte all'altra della penisola, si possono trasferire i dati in tempo reale, per cui ritengo sia utile perseguire l'idea di creare una banca dati, di avere un monitoraggio certo da parte delle ASL che sono parte dello Stato e devono comunque riferire all'ente locale cui appartengono le attività di cui si stanno occupando. Non credo che sia così difficile ottenere dei dati certi da ciascuna delle ASL in giro per l'Italia che possano confluire in una banca dati che certamente oggi non esiste e che potrebbe essere costituita, secondo me, anche con una piccola spesa.
Per quanto riguarda le due etnie, mi auguro invece che si possa accedere a realizzare completamente quanto scritto nell'ordine del giorno Marinello perché effettivamente ci sono state nel passato delle disparità di trattamento, delle disfunzioni nel trattamento sanitario degli appartenenti a queste due etnie e a «macchia di leopardo» invece sono stati accontentati, quindi sarebbe anche in questo senso auspicabile un comportamento uniforme in tutta Italia.

(Iniziative di competenza in ordine alla gestione contabile e finanziaria del comune di Parma - n. 2-01086)

PRESIDENTE. L'onorevole Misiani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01086, concernente iniziative di competenza in ordine alla gestione contabile e finanziaria del comune di Parma (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, i rendiconti dal 2003 in avanti del comune di Parma hanno evidenziato un crescente disavanzo di parte corrente che negli ultimi quattro anni è ammontato complessivamente a 97 milioni di euro, con un'incidenza sull'ammontare delle spese correnti e delle spese per rimborso prestiti sempre superiore al 10 per cento e, secondo un'indagine de Il Sole 24 Ore, al secondo non ambito posto a livello nazionale dopo il comune di Napoli rispetto a 102 capoluoghi italiani analizzati.
Per coprire questo enorme squilibrio di parte corrente il comune ha utilizzato in questi anni in modo, tanto sistematico quanto anomalo, entrate che hanno carattere straordinario: 51 milioni di entrate da permessi di costruire che sono stati utilizzati a copertura della parte corrente fino Pag. 13al limite previsto dalla legge e 39 milioni negli ultimi quattro anni di entrate da plusvalenza da alienazione di beni - con un inciso - gran parte di queste entrate da plusvalenza da alienazione utilizzate a copertura della parte corrente sono derivate da operazioni infragruppo, cioè cessione di patrimonio comunale a società controllate dal comune stesso le quali a loro volta si sono indebitate con il sistema bancario per poter pagare al comune questi beni patrimoniali alienati all'interno del sistema comunale.
La Corte dei conti, sezione regionale di controllo dell'Emilia-Romagna, con la delibera numero 17 del 7 aprile 2011, ha dichiarato che il bilancio di previsione 2010 del comune «non risulta redatto in conformità ai principi di sana gestione finanziaria e di veridicità ed attendibilità delle scritture contabili». La Corte ha segnalato gravi irregolarità contabili: l'utilizzazione sistematica e ripetuta di rilevanti plusvalenze da alienazione per riportare ad equilibrio la parte corrente, il rilascio di forme di garanzia atipica attraverso lettere di patronage deboli e forti, con le quali - mi riferisco in particolare alle lettere di patronage forti - il comune di fatto si è assunto nei confronti del sistema bancario la responsabilità di debiti formalmente in capo a società controllate dal comune stesso.
La Corte ha altresì evidenziato un'ulteriore serie di criticità e di irregolarità. Questa condizione critica della gestione del comune si è riflessa in un forte aumento dell'indebitamento diretto del comune stesso che, tra il 2007 e il 2010, è passato da 134 milioni di euro a 176 milioni di euro. A ciò si aggiunge la politica di esternalizzazione di servizi e progetti che il comune ha scelto in questi anni, creando società di servizi strumentali e società di scopo.
A dicembre 2010 il comune di Parma possedeva partecipazioni dirette e indirette in 33 società di capitali. Nell'agosto 2009 è stata costituita la STT Holding Spa, una holding controllata dal comune la quale, a sua volta, controlla le principali società legate a progetti di valorizzazione e di sviluppo del territorio. Ora, un'analisi svolta da KPMG ha evidenziato che il debito di questa galassia di società controllate direttamente e indirettamente dal comune è esploso passando, tra il 2007 e il 2009, da 169 milioni di euro a 320 milioni di euro. Se sommiamo questi 320 milioni di euro ai 167 milioni di euro di debito che il comune aveva sino al 2009 siamo ad un'esposizione di 487 milioni di euro del comune di Parma e delle sue società controllate e ad un indebitamento che è dato in forte crescita. Organi di informazione riportano una stima di 519 milioni di euro a fine 2011, una proiezione, rispetto ai 320 milioni di euro di debito delle sole società controllate a fine 2009. Quindi, questi circa 500 milioni di euro di debito tra comune e società riscontrati a fine 2009 rischiano di essere aumentati molto nel frattempo.
Nel febbraio 2011 il consiglio comunale ha approvato le linee di indirizzo relative ai rapporti con le società. La delibera fa un'analisi ed evidenzia elementi molto critici delle condizioni finanziarie delle società controllate, in particolare di Parma Infrastrutture Spa e STT Holding Spa. In particolare, la delibera del comune parla di condizioni congiunturali negative, di situazioni dei mercati finanziari e del settore immobiliare che hanno rallentato il programma di dismissioni da parte delle società operative provocando l'interruzione del normale ciclo finanziario, con la conseguente necessità di rafforzare, da parte dell'azionista unico, la patrimonializzazione del gruppo riequilibrando gli indici di liquidità erosi e così via. La delibera parla, altresì, di una crescente difficoltà di accesso al mercato finanziario da parte delle società controllate dal comune. La risposta contenuta nella delibera stessa è un'iniezione di asset da parte del comune nei confronti, in particolare, di STT Holding Spa e di Parma Infrastrutture Spa, con il conferimento, a titolo gratuito, di azioni IREN per un controvalore di circa cento milioni di euro e con l'intenzione, non presente nel testo dell'interpellanza perché resa nota negli ultimi giorni, di conferire ulteriori 17 milioni di Pag. 14euro cash di risorse comunali a STT Holding Spa. Tutti questi numeri e queste scelte evidenziano una situazione molto, molto, critica di questa galassia di società e mettono gravemente a rischio la condizione complessiva del comune di Parma.
Segnalo altresì, signor Presidente, che queste scelte che definirei, con un eufemismo, spregiudicate da parte dell'amministrazione, hanno portato a rapporti sempre più tesi con il collegio dei revisori dei conti, che sono culminati con le dimissioni, rassegnate l'11 febbraio 2011, dei revisori dei conti del comune di Parma. Essi sono stati sostituiti, peraltro, dal consiglio comunale con una votazione il cui esito però è stato sospeso dal Consiglio di Stato, V Sezione, il 3 maggio scorso.
Aggiungo che il 28 aprile 2011 il Tribunale di Parma ha pignorato beni per un credito di 2,2 milioni di euro vantato nei confronti di STU stazione Spa, controllata da STT Holding Spa. Gli organi di informazione locale, attenti alla vicenda, in particolare il settimanale Il Nuovo di Parma, hanno riportato una lettera di Franco Calzolari, ex presidente della SPIP Spa, controllata da STT Holding Spa, nella quale egli denuncia «le irregolarità delle procedure di spesa, l'assoluta inutilità ed incongruità delle stesse rispetto alle ragioni dell'ente», elencando consulenze per 7 milioni di euro, incentivi all'esodo sproporzionati, spese tecniche di progettazione elevatissime.
Quindi, c'è tanto da verificare e da controllare nella gestione delle società controllate dal comune di Parma in questi anni e - sempre secondo quanto riportato dagli organi di informazione - pochi giorni fa Standard & Poor's ha ulteriormente declassato il rating di STT Holding, portandolo ad un livello analogo a quello della Grecia e della Tepco che, per inciso, è la società elettrica giapponese coinvolta nel disastro di Fukushima.
Ora la situazione del comune di Parma è gravissima, signor Presidente: cronico disavanzo corrente, coperto in modo sistematicamente anomalo; una politica di progetti faraonici messi in campo in questi anni, alcuni di dubbia utilità, molti di dubbia realizzabilità, che hanno messo in ginocchio il sistema delle società comunali a cui è stato affidato il compito della realizzazione di questi progetti di valorizzazione territoriale e infrastrutturale; esplosione del debito del comune e soprattutto del debito scaricato sulla galassia di società controllate o partecipate dal comune, con il rischio di un depauperamento del patrimonio del comune per tentare di impedire il collasso delle società controllate dal comune stesso. Questo è un caso non dissimile dal dissesto dei comuni di Taranto, di Catania e di Palermo, è meno noto alle cronache nazionali, lo portiamo in questa sede per evidenziare che c'è un problema serio nel comune di Parma.
Con questa interpellanza noi chiediamo al Governo, in primo luogo, quali iniziative intende assumere per evitare che, la città di Parma, il comune di Parma, rimangano schiacciati dai debiti accumulati in questi anni dalle scelte dissennate dell'amministrazione, e quali iniziative il Governo intende assumere per evitare l'alternativa che si svenda il patrimonio comunale, accumulato da generazioni di amministratori e cittadini della città di Parma per impedire il collasso del comune e soprattutto della società.
In secondo luogo si domanda se risulta ai Ministri, anche in base alle ispezioni condotte dalla Guardia di finanza o da altri organismi preposti, la possibile sussistenza di elementi da segnalare ai fini delle responsabilità amministrativo-contabili e penali.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Bruno Cesario, ha facoltà di rispondere.

BRUNO CESARIO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente n. 2-01086 l'onorevole Misiani ed altri chiedono chiarimenti in ordine alle notizie riportate anche dalla stampa nazionale e locale in ordine a presunte irregolarità amministrative e contabili a carico delle società partecipate del comune di Parma, Pag. 15che determinerebbero condizioni di dissesto finanziario per il comune stesso.
Inoltre, sulla base della delibera della sezione regionale di controllo per l'Emilia-Romagna della Corte dei conti n. 17/2011, del 7 aprile 2011, che ha dichiarato il bilancio di previsione 2010 redatto in maniera non conforme ai principi di sana gestione finanziaria e di veridicità delle scritture contabili, si chiede se si intendano assumere iniziative di competenza e se risultino, sulla base delle attività ispettiva svolta a tutela del bilancio pubblico, elementi tali per procedere alla segnalazione di responsabilità amministrativo-contabili e penali.
Al riguardo, si premette che nel 2005 è stata effettuata da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica una verifica amministrativo-contabile presso il suddetto ente locale. A seguito della verifica sono state rilevate irregolarità, talune delle quali segnalate alla competente procura regionale della Corte dei conti. La verifica è stata definitivamente chiusa, per quanto di competenza, nel 2008, fatte salve le eventuali determinazioni della predetta magistratura contabile.
In merito alla richiesta di effettuare specifici accertamenti, si precisa che il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato-Servizi ispettivi di finanza pubblica, considerata la numerosità delle segnalazioni che pervengono su questioni riguardanti gli enti locali, in sede di programmazione annuale, seleziona quelle che presentano particolari criticità e, al fine di un eventuale inserimento nel programma ispettivo, valuta se le problematiche segnalate siano compatibili con gli obiettivi fissati dalla direttiva ministeriale sull'azione amministrativa, cui la programmazione annuale si ispira.
In proposito si fa presente che il programma ispettivo 2011 non prevede al momento accertamenti presso il citato comune di Parma. Tuttavia, il citato Dipartimento si riserva di valutare l'eventuale inserimento dell'ente in questione nelle future programmazioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Misiani ha facoltà di replicare.

ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, non mi posso certo definire appagato dalla risposta del Governo. Credo che le condizioni del comune di Parma e delle società da esso controllate che sono state illustrate nell'interpellanza richiedano non un possibile inserimento del comune stesso nel programma di ispezione dei Servizi della Ragioneria generale dello Stato, ma l'immediato inserimento in questo programma di ispezioni, tanto più che esiste un precedente, ovvero il ciclo di ispezioni condotte tra il 2005 e il 2008 testé ricordato dal sottosegretario, che ha evidenziato già all'epoca una serie di irregolarità palesi nella gestione amministrativa e contabile del comune di Parma.
Invito il Governo a non sottovalutare questa ed altre vicende che coinvolgono gli enti locali italiani. La nostra preoccupazione è duplice: la prima riguarda la comunità, ovvero i cittadini di Parma, il cui ente locale di riferimento rischia il collasso in virtù di scelte sbagliate, dissennate condotte e attuate dagli amministratori negli anni più recenti. Ci piacerebbe sapere di chi sono le responsabilità e chi pagherà per questi errori, per le centinaia di milioni di euro di debiti che rischiano di schiacciare questo ente locale e di depauperare il patrimonio su cui poteva contare in passato.
Non dobbiamo nascondere la polvere sotto il tappeto, non lo deve fare tanto meno il Governo nazionale, che ha un dovere di vigilanza di confronti della finanza territoriale. Non si può nascondere la polvere sotto il tappeto su questa vicenda della città di Parma, che è di un'eccezionale gravità, va portata fino in fondo alla ribalta nazionale e richiede tassativamente interventi e accertamenti di responsabilità, nonché l'adozione di misure per impedire le conseguenze nefaste che rischiano di verificarsi nella città di Parma per i problemi e le gravissime criticità che sono state evidenziate nell'interpellanza. Pag. 16
C'è poi un tema più generale di coordinamento della finanza pubblica. Siamo in fase attuativa della legge sul federalismo fiscale. La Commissione bicamerale verrà investita nella prossime settimane della discussione del decreto legislativo sui premi e le sanzioni agli enti territoriali. Evidenzio un elemento: la vicenda del comune di Parma fa scuola, guai se costruiamo il sistema di premi e sanzioni solamente su quanto è direttamente gestito dall'ente locale stesso. Molti enti locali - il comune di Parma da questo punto di vista è un caso di scuola - in questi anni hanno esternalizzato una serie di attività a numerose società di capitali partecipate o controllate dai comuni stessi. O noi ragioniamo in un'ottica consolidata, in cui teniamo conto del comune e delle società partecipate e controllate dallo stesso nel momento in cui costruiamo il coordinamento della finanza pubblica e il sistema di premi e sanzioni, cruciale per un buon funzionamento del nuovo sistema fiscale federale, oppure facciamo un buco nell'acqua perché non vediamo e non puniamo situazioni che invece richiedono un intervento stringente da parte degli organi preposti e soprattutto regole nuove, che tengano conto dell'evoluzione di questi anni.
Lo ripeto, la vicenda del comune di Parma da questo punto di vista deve essere istruttiva. Un comune un tempo ricco e florido, una delle realtà più importanti e interessanti della parte più avanzata del Paese, per effetto di scelte assolutamente discutibili nel merito, anche quando erano formalmente nell'ambito delle regole, una ricca comunità è stata condotta sull'orlo del collasso, con centinaia di milioni di euro di debiti che rischiano di produrre le conseguenze di cui abbiamo parlato.
Noi dobbiamo - e questo è il richiamo forte che facciamo al Governo - intervenire nel caso specifico, ma anche ridisegnare il sistema di regole che governano la finanza pubblica e la finanza territoriale, tenendo conto degli strumenti che molti enti locali hanno messo in campo - nel caso del comune di Parma, con finalità negative - per eludere i vincoli del Patto di stabilità interno e delle regole di coordinamento della finanza pubblica, portando i rispettivi enti locali in condizioni critiche, quali quelle che abbiamo evidenziato in questa sede per il comune di Parma (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Elementi in ordine allo scorporo del sito industriale della ThyssenKrupp di Terni - n. 2-01082)

PRESIDENTE. L'onorevole Trappolino ha facoltà di illustrare l'interpellanza Bersani n. 2-01082, concernente elementi in ordine allo scorporo del sito industriale della ThyssenKrupp di Terni (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

CARLO EMANUELE TRAPPOLINO. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente in esame intendiamo sollecitare il Governo ad un impegno diretto e responsabile dinanzi al progetto approvato dal comitato di sorveglianza di ThyssenKrupp AG il 13 maggio scorso, un progetto di scorporo della divisione Stainless Global, un progetto che riguarda 2.800 lavoratori nel nostro Paese e, in particolare, interessa il polo siderurgico di Terni, con i suoi 2.755 dipendenti. Il sito produttivo AST-ThyssenKrupp di Terni è, dal punto di vista industriale, un polo a ciclo integrale di assoluta eccellenza, sia per la qualità delle maestranze occupate sia per gli investimenti realizzati negli ultimi cinque anni dall'azienda (e parliamo di oltre 500 milioni di euro). ThyssenKrupp controlla quasi il 40 per cento del mercato dell'inox in Italia e il 13 per cento di quello europeo e fonde oltre un milione di tonnellate di acciaio ogni anno. Le previsioni di bilancio 2010-2011 dell'azienda in Italia sono di un attivo di 53 milioni di euro. Sebbene il progetto complessivo di spin off della ThyssenKrupp faccia riferimento allo spin off del settore inox ed automotive localizzato in diverse zone del pianeta e sul quale sono occupate complessivamente Pag. 17circa 35 mila persone, la decisione relativa all'impianto ternano interroga direttamente il Governo sulle politiche industriali e sul disegno politico più complessivo attraverso il quale vengono mantenute presenze industriali strategiche per il nostro Paese. Infatti, assistere imbelli alla lenta erosione dei poli industriali italiani prefigura, secondo noi, una cessione di sovranità ed una sconcertante inclinazione alla subalternità, che va contrastata con urgenti politiche di bilancio.
Le istituzioni umbre, la regione in prima istanza, hanno da subito messo la questione sul livello più opportuno, cioè quello nazionale. L'intervento del Governo è stato poi richiesto dalle organizzazioni sociali e di categoria. Quindi, il punto chiaro è che in questa fase di riorganizzazione produttiva il destino del polo siderurgico di Terni non può essere lasciato privo di una direzione e di un qualche Governo che affronti il tema ponendolo su una scala adeguata. In particolare, il Governo è chiamato in causa anche per altri motivi: intanto perché nel 2005, con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, onorevole Gianni Letta, il Governo sottoscrisse insieme alle istituzioni locali e a ThyssenKrupp un patto di territorio per il rilancio produttivo del settore siderurgico dell'area Terni-Narni, con l'impegno delle istituzioni e della stessa multinazionale. In quel patto vi era un'assunzione di responsabilità forte. La multinazionale in questi anni ha mantenuto ciò che aveva sottoscritto, effettuando gli investimenti prospettati dal piano industriale. Il Governo avrebbe dovuto realizzare infrastrutture convergenti sul porto di Civitavecchia, il completamento della superstrada Terni-Orte-Civitavecchia ed il raddoppio della linea ferroviaria sulla stessa tratta. Diciamo avrebbe dovuto, perché ad oggi non è stato realizzato granché e non servono studi specifici per comprendere quanto sia importante per un'industria pesante come quella dell'acciaio un accesso diretto al porto, che significa ovviamente per Terni un accesso diretto al Mediterraneo. Sempre su Terni, con l'urgenza dell'attualità che le cronache di oggi riportano, si sta giocando una partita che il Governo conosce bene, anche per il ruolo che in questi mesi in parte ha svolto.
Come dicevo, è una partita fondamentale anche per quel che riguarda il grande progetto di riconversione ecologica della chimica italiana. Ho detto in parte, perché, per quanto riguarda Porto Torres, vi è stato un impegno positivo ed ora aspettiamo l'azione del Governo anche sulla vicenda ternana.
Il rifiuto di Basell rispetto alla proposta di Novamont di acquisto degli impianti di Terni fa ripiombare la città, le istituzioni e i lavoratori in una drammatica sensazione di impotenza, che impone al Governo nazionale, oggi, un intervento urgentissimo. Insomma, questa città e il suo territorio sta diventando una sorta di cartina tornasole per quel che riguarda la volontà di affrontare con serietà e responsabilità il tema delle politiche industriali.
Diciamo questo non in ragione di un'astratta passione accademica, ma perché, all'interno delle questioni industriali ternane, vi è il lavoro delle persone, il benessere del territorio e della sua comunità, la possibilità di sviluppare filiere innovative e anche di fare innovazione e ricerca e, in definitiva - noi crediamo - la possibilità di restare tra i ranghi alti dei Paesi più industrializzati.
Con questa interpellanza urgente, il gruppo del Partito Democratico vuole chiedere al Governo di fare chiarezza anche sulle notizie che si sono succedute in queste ultime settimane rispetto alle decisioni assunte dalla multinazionale ThyssenKrupp AG.
Infine, chiediamo al Governo se intenda convocare le parti sociali e le istituzioni locali per riprendere quel «Patto di territorio», ormai scaduto a dicembre 2010, che prevedeva anche una sua riattualizzazione, per poter dare anche a questa vicenda una prospettiva positiva. Essa, infatti, si presenta come una grande vertenza non solo per il lavoro e per la produzione industriale, ma anche, più in generale, per il futuro della città di Terni e, complessivamente, del nostro Paese.

Pag. 18

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, ha facoltà di rispondere.

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, la ThyssenKrupp è leader europeo nel settore siderurgico. A livello globale, occupa 180 mila dipendenti, con un fatturato di 42,6 miliardi di euro e con un'esposizione debitoria di 6,5 miliardi di euro.
In Italia controlla la società Berco, che occupa 2.700 lavoratori, la ThissenKrupp Elevator, con circa 400 dipendenti, e la ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni.
Il sito di Terni opera nel campo della produzione e distribuzione degli acciai speciali (inossidabili, basso legati e al carbonio), destinati principalmente al settore alimentare, agli elettrodomestici, all'edilizia, ai casalinghi, alla produzione ed utilizzazione di energia, ai trasporti, all'industria di base, a quella meccanica e siderurgica. Gli occupati diretti sono 2.900, più altri 2 mila lavoratori che operano in aziende dell'indotto.
Il sito di Terni, viste le sue produzioni, è inserito nella business area «Stainless Global» della ThyssenKrupp. Il board del gruppo ha annunciato, lo scorso 12 maggio, lo scorporo della suddetta area. La divisione Stainless Global ha 11 mila dipendenti, per un fatturato di 5,9 miliardi di euro.
L'operazione è stata approvata dal consiglio di sorveglianza dell'azienda, in cui siedono anche i rappresentanti del sindacato tedesco. Il Ministero dello sviluppo economico sta monitorando la situazione in costante contatto con le parti datoriali e sindacali, in vista di una prossima convocazione del tavolo di confronto a cui verranno invitate anche le istituzioni locali. L'impianto di Terni rappresenta, infatti, un asset strategico per il Paese, vista l'importanza delle sue produzioni.
Non può esserci, quindi, né un'ipotesi di smantellamento, né tantomeno un'ipotesi che contempli la riduzione delle attività e degli organici del sito. Al riguardo, si fa presente che l'impianto di Terni è stato ristrutturato e riorganizzato soltanto alcuni anni fa. Ciò ne garantisce, quindi, l'efficienza e la produttività.

PRESIDENTE. L'onorevole Sereni, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

MARINA SERENI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, siamo preoccupati, anche alla luce della risposta insoddisfacente e abbastanza reticente da parte del sottosegretario Saglia, che ringrazio per lo sforzo. Questa risposta è abbastanza preoccupante e non ci dà alcun elemento informativo in più.
Sono trascorsi molti giorni dall'annuncio, da parte della ThyssenKrupp, dell'intenzione di scorporare la componente acciaio, la componente siderurgica. Sono passati molti giorni dal momento in cui abbiamo chiesto al Governo di approfondire il tema.
Se non vi fossero state le elezioni, questa interpellanza sarebbe stata discussa tre settimane fa; invece, abbiamo avuto tre settimane di tempo e, purtroppo, ascoltiamo dal sottosegretario informazioni generiche e anche impegni molto generici.
Vorrei che fosse chiaro - e il sottosegretario lo sa bene, perché ha seguito insieme a noi, parlamentari umbri, anche la vicenda del polo chimico, che è stata qui richiamata dal collega Trappolino - che stiamo parlando di un territorio e di una regione che, nello stesso momento, vede messi in discussione due punti assolutamente determinanti del proprio apparato produttivo: da un lato, la vicenda degli acciai speciali, su cui tornerò, e, dall'altro lato, il polo chimico. Ciò avviene nello stesso momento, nel contesto di una crisi economica che colpisce, ovviamente, anche altri segmenti meno rilevanti dell'economia umbra.
Pertanto, penso che l'allarme espresso in questi giorni dalle organizzazioni sindacali, dalle istituzioni locali e dai cittadini del nostro territorio sia del tutto giustificato. Si comincia a mettere in discussione l'architrave, il punto fondamentale dell'economia di Terni, del suo territorio e dell'intera regione. Pag. 19
Il sottosegretario ci ha detto che stiamo monitorando la vicenda: vorremmo capire che cosa vuole dire. Abbiamo assistito ad una conferenza stampa, ad un annuncio. A quell'annuncio non è seguito nulla, per ora. Stiamo parlando dello scorporo di una divisione, quella dell'acciaio, che non riguarda solo lo stabilimento italiano, ma anche altri stabilimenti.
Quindi, il ruolo del Governo italiano e delle istituzioni italiane può essere determinante. Non a caso il sottosegretario ha citato, peraltro, la presenza dei sindacati tedeschi all'interno del consiglio della ThyssenKrupp. È del tutto evidente che possiamo pagare il prezzo di essere l'Italia, se non vi è una politica dell'Italia, se non vi è un'iniziativa dell'Italia nei confronti, non tanto dell'azienda multinazionale che ha deciso lo scorporo, quanto dei possibili interlocutori di questa decisione.
Mi sembra evidente, infatti, che non siamo nelle condizioni di dire alla ThyssenKrupp che non può scorporare la divisione acciai. Mi sembra, invece, altrettanto evidente che il Governo, lo Stato italiano è nelle condizioni di dire che questo scorporo non si può fare a scapito, non solo della quantità dell'occupazione, ma anche della qualità del sito produttivo, e questo scorporo si può governare ricercando dei partner, degli interlocutori che siano all'altezza e che offrano garanzie, sia sul terreno dell'occupazione, sia su quello della qualità della produzione.
Accanto a questo - non voglio qui soffermarmi - siamo in attesa di conoscere meglio le ragioni del «no» della Basell alla proposta offerta da Novamont per quanto riguarda il polo chimico. Il sottosegretario Saglia ricorderà che avevamo posto, a proposito del polo chimico, il tema del «Patto di territorio». Mi dispiace che, anche in questa occasione, il Governo abbia ritenuto di non dover dare risposta alla nostra domanda.
Si può decidere che l'Italia non ha una politica industriale e che si disinteressa di quello che accade dei suoi pezzi più pregiati: non stiamo parlando di una produzione industriale - né per quanto riguarda il polo chimico, né per quanto riguarda il polo siderurgico - di livelli bassi, dei rami bassi, ma stiamo parlando dei rami alti.
Di fronte a questi rami alti, e di fronte alla richiesta della regione, della provincia, del comune, di ricostruire il patto di territorio cioè di riattualizzare un accordo che era già stato sottoscritto dai precedenti governi con le istituzioni locali per mettere in campo iniziative in termini di infrastrutture, di incentivi, di ambiente per lo sviluppo, il fatto che il Governo lo consideri un dato secondario, a noi comincia a preoccupare.
Voglio concludere con una osservazione: in questi tre anni di crisi abbiamo visto il Governo oscillare tra due atteggiamenti, rispetto al tema delle crisi industriali. Da un lato, ha fatto lo spettatore e lo abbiamo visto, in particolar modo ad un certo punto, in ordine alla vicenda della FIAT. In particolare, al riguardo, il Presidente del Consiglio ha detto: se si perde il referendum sull'accordo FIAT, Marchionne fa bene ad andarsene dall'Italia. Questo è un possibile modello: il Governo fa lo spettatore e magari nemmeno tanto neutrale, piuttosto lo spettatore che tifa perché qualcuno se ne vada dall'Italia. Mi pare un atteggiamento inaccettabile. L'altra possibilità che avevo visto in questa oscillazione è quella per cui il Governo si rimette a fare l'imprenditore; lo Stato, di fronte al fatto che i francesi vogliono comprare la Parmalat, si mette in campo per fare l'imprenditore, e magari comincia a pensare che la Cassa depositi e prestiti debba ricostituire una storia di intervento diretto dello Stato nell'industria.
Noi vi proponiamo un altro modello: né spettatori né imprenditori. Vi chiediamo, come Governo, di fare tre cose. In primo luogo, le regole, essere cioè protagonisti, in un'epoca di globalizzazione, per scrivere delle regole in grado di vincolare, di condizionare la presenza delle multinazionali in Italia; in secondo luogo, l'ambiente per lo sviluppo; vi chiediamo di avere delle idee e delle risorse dedicate a costruire condizioni profittevoli, vantaggiose per chi decida di investire in Italia. Una di queste condizioni profittevoli sarebbe Pag. 20far funzionare meglio la pubblica amministrazione ma l'altra, come ricordato a proposito dell'Umbria, è quella di avere delle infrastrutture. Il Governo ha sottoscritto un patto di territorio per porre in essere alcuni interventi infrastrutturali ma tali interventi sono sostanzialmente fermi. Terza cosa necessaria è avere delle politiche industriali. L'Italia non può svilupparsi senza l'industria; pensare che un Paese come il nostro possa crescere senza uno scheletro o una forte architettura industriale è improbabile ed impossibile. Vorremmo capire se nelle politiche del Governo vi sia un'idea di politica industriale e se fra queste politiche, chimica per un verso e siderurgia per l'altro, debbano, come noi pensiamo, esserci dei punti di priorità; all'interno di questo discorso c'è anche l'Umbria e c'è anche Terni, ovviamente.
Noi siamo preoccupatissimi per il nostro territorio e torneremo su questa materia alla luce delle pochissime informazioni che ci ha fornito ora il sottosegretario Saglia. Ci ritorneremo perché crediamo che le istituzioni, insieme, a prescindere dal loro colore politico, Governo nazionale, regione dell'Umbria, provincia di Terni, comune di Terni, debbano ritrovarsi presto intorno allo stesso tavolo, insieme ai sindacati e alle parti sociali per cominciare ad indicare ciò che ciascuno è in grado di fare per trovare una soluzione, per un verso, in ordine al polo chimico e, per l'altro, alla vicenda, che ha ancora molti punti interrogativi, dello scorporo della divisione acciai speciali per quanto riguarda la ThyssenKrupp.

(Misure a sostegno della cantieristica navale italiana, con particolare riferimento al nuovo piano industriale di Fincantieri - n. 2-01111)

PRESIDENTE. L'onorevole Tullo ha facoltà di illustrare l'interpellanza Bersani n. 2-01111 concernente misure a sostegno della cantieristica navale italiana, con particolare riferimento al nuovo piano industriale di Fincantieri (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

MARIO TULLO. Signor Presidente, intendo illustrare questa interpellanza urgente che abbiamo presentato il 7 giugno per l'allarme che si era determinato in seguito alla presentazione da parte di Fincantieri di un piano che prevedeva la chiusura del cantiere di Castellammare di Stabia, di Genova Sestri Ponente, la fortissima riduzione del cantiere di Riva Trigoso. Più complessivamente noi affermiamo nella nostra interpellanza urgente una forte ridimensionamento del gruppo Fincantieri; si parlava in quel piano di 2.550 esuberi, il 30 per cento della forza lavoro impegnata in Fincantieri. Tutto ciò senza contare poi che Fincantieri, oltre ai cantieri di cui sopra, anima diversi altri cantieri, uno è collocato a Genova in via Cipro, relativo alla progettazione: se non vi sono più navi da fare, non vi sono neanche più navi da progettare.
Vi è stata una reazione forte, non solo dei lavoratori, ma anche delle comunità locali di Castellammare di Stabia, di Genova e del resto delle sedi che ospitano Fincantieri. Infatti, da una parte non vogliamo nascondere - non lo facciamo e non lo abbiamo fatto in questi anni anche con altri atti di sindacato ispettivo da noi presentati, ad esempio con la risoluzione a prima firma dell'onorevole Vico - la crisi del settore, sapendo che quando vi è una crisi internazionale economica come quella che si è determinata nel 2008 le nostre realtà di mare, in particolar modo, sono degli strumenti straordinariamente sensibili per avvertire la crisi. Sono generalmente le prime città che la avvertono e le prime che riescono anche ad uscirne, perché vi è una crisi della portualità, dell'acciaio e, complessivamente, della cantieristica.
Vi è stata una restrizione fortissima degli ordini da parte dei privati e il grido d'allarme sulla cantieristica è stato da noi lanciato fin dal 2009 - ma non solo da noi: ne hanno parlato Confitarma, il Cetena, Rina e l'Istituto della Vasca navale - e l'Europa, o almeno alcuni Paesi dove si Pag. 21è registrata la crisi, hanno provveduto ad intervenire rapidamente. Voglio citare, ad esempio, la Francia e la Germania: come hanno affrontato la crisi? In primo luogo, rafforzando lo strumento di commesse pubbliche, che non è in contraddizione con la volontà di tenere in ordine i conti. Questi Paesi hanno scelto di affrontare la crisi per prepararsi alla ripresa: hanno continuato nelle agevolazioni fiscali ai costruttori di navi e hanno cercato di fare investimenti per rafforzare e migliorare le infrastrutture dei loro cantieri.
Una volta che si chiude, un cantiere non si riapre più; quindi, è una perdita non solo di posti di lavoro, ma anche di professionalità, di storia, di cultura, di tradizione ed economia complessiva del Paese. Il Governo aveva sottoscritto due accordi, anche su pressione ed iniziativa delle organizzazioni sindacali e del tavolo nazionale della cantieristica, che prevede la partecipazione di regioni e di molti comuni interessati, il 18 dicembre e il 16 luglio 2009, nei quali si affermava che si sarebbero mantenuti i cantieri ed il livello occupazionale di Fincantieri.
Non è accaduto nulla, anzi, ad un certo punto è stata messa in discussione la realizzazione di una «multiruolo» a disposizione di Marina e Protezione civile ed il Ministro della difesa ha parlato di uno stop al programma delle FREMM. Tuttavia, nel complesso - voglio dirlo citando anche un giornalista che si è occupato e si occupa molto di economia del mare, ossia il mio amico Giorgio Carozzi, ieri - diciamo che complessivamente è venuta meno una serie di politiche. Mi riferisco, ad esempio, al doppio registro svuotato di finanziamenti, alla scarsa o nulla attenzione al cabotaggio ed alle autostrade del mare, che sono anche un modo per concepire un'idea diversa di trasporto nel nostro Paese.
Nel 2010, di fronte a tale assenza, è stata presentata una risoluzione a prima firma dell'onorevole Vico, che ha trovato risposta e condivisione, fortunatamente all'unanimità, il 25 gennaio 2011, da parte della Commissione attività produttive della Camera.
Da allora trascorrono alcuni mesi senza che accada niente e poi arriva il piano Fincantieri, dove si prendono le distanze. Vi è il ritiro del piano: questo è un fatto positivo, dovuto soprattutto alla lotta dei lavoratori e delle comunità locali. È importante anche che si siano dati alcuni segnali: i primi ordini di lavoro, si continua un minimo con il programma FREMM, vi è un po' di attenzione, tuttavia tutto ciò non basta.
Abbiamo visto l'assalto al gruppo dirigente Fincantieri da parte del Governo: Fincantieri è un'azienda dello Stato a totale partecipazione pubblica. A noi non interessa, ci dica il Governo se ha ancora fiducia in questo gruppo dirigente: forse anch'esso avrebbe dovuto ascoltare un po' di più quanto noi affermavamo nei mesi passati.
Dicevo che quello che è stato fatto, ossia ritirare il piano, è positivo, ma non basta. Vi sono alcune norme europee che stanno per essere rafforzate nuovamente, anche grazie all'intervento del gruppo parlamentare del Partito Democratico, con una risposta positiva, ieri, del Vicepresidente Tajani.
Vi è la legge 9 gennaio 2006, n. 13, sulla rottamazione dei traghetti e l'attenzione alle tecnologie più compatibili da un punto di vista ambientale. Vi possono essere già risorse europee da utilizzare, se cofinanziate dallo Stato italiano, e molto probabilmente l'Europa sceglierà di stanziare nuove risorse a sostegno della cantieristica, in particolar modo di quella pubblica.
Noi chiediamo un'attenzione al programma delle FREMM, non solo alla ripresa della multiruolo, e poi, soprattutto, che il Governo dia una politica industriale forte ed un indirizzo forte a Fincantieri sulla diversificazione dei prodotti, a partire dal mettere in campo nuovi prodotti. Abbiamo la tecnologia e la capacità professionale per farlo: penso alle navi gasiere, ma non solo. La sospensione, attraverso la legge n. 80 del 2005, dei tentativi di iniziativa di delocalizzazione è una delle azioni possibili per un Governo attento. Pag. 22
Concludendo, complessivamente, nessuno nasconde le difficoltà. Siamo qui pronti a dare una mano, però bisogna recuperare molte delle cose che non si sono fatte. Sicuramente vi è una crisi, ma la si può superare se, complessivamente, si affronta diversamente una politica industriale del Paese. Per restare a Fincantieri e al settore della navalmeccanica, l'attenzione più complessiva deve essere rivolta all'economia del mare perché, se per tre anni non ci si occupa di autostrade del mare, di portualità e di tutto ciò che ha a che fare con l'economia del mare, è chiaro che, poi, la crisi si evidenzia di più in un'azienda come Fincantieri, la quale può rimanere sotto le macerie di una «non politica» da parte di un Governo.
Quando i Governi precedenti, di centrosinistra, talvolta anche di centrodestra, hanno creduto nell'economia del mare - che è un'economia straordinaria per il nostro Paese, considerata la posizione che ha nel Mediterraneo -, questi hanno avuto, poi, vantaggi. Hanno avuto vantaggi in tutti i termini: occupazionali, di fatturato e quindi in termini di IVA, e tutto ciò che si è investito direttamente dal pubblico per favorire la cantieristica ha riportato allo Stato e alle sue casse dei risultati.
Vi è bisogno di investire e di avere il coraggio di considerare questo settore come strategico per il nostro Paese.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, ha facoltà di rispondere.

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il settore della cantieristica, come è noto, sta vivendo una fase di crisi internazionale.
La crisi ha avuto effetti molto negativi sui cantieri europei che hanno avviato una fase di profonda ristrutturazione, con azioni di razionalizzazione della base produttiva (chiusura di cantieri) e consistenti riduzioni degli organici, il tutto valutabile in circa 40 mila occupati in meno su un totale di circa 180 mila.
In questo contesto di grande difficoltà, il Governo italiano sta seguendo con attenzione l'evoluzione del settore, nella piena consapevolezza del ruolo fondamentale della cantieristica sull'industria nazionale sia in relazione al valore tecnologico del prodotto, sia in relazione alla rilevanza dell'indotto, in particolare in alcune aree del Paese.
Per affrontare tempestivamente gli effetti della crisi internazionale, il Governo sta operando sia con iniziative autonome, sia in raccordo con le iniziative della Commissione europea a difesa del settore. A livello nazionale è stato istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, fin dal 2008, un tavolo di confronto con tutte le parti interessate che ha portato alla sottoscrizione di un importante Protocollo d'intesa del dicembre 2009.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 11,30)

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Rispetto agli impegni assunti dal Governo, nonostante le note difficoltà finanziarie, in questi due anni sono stati fatti significavi passi in avanti. L'Accordo tra Cassa depositi e prestiti e SACE ha consentito a Fincantieri di acquisire importanti commesse nel segmento cruise. La scorsa settimana la Fincantieri ha perfezionato l'acquisizione della seconda nave Carnival, delle quattro previste dall'accordo quadro, per un valore di oltre 800 milioni di euro.
Coerentemente con quanto previsto dal Protocollo è stata assegnata dal Governo la commessa per due pattugliatori per le capitanerie di porto, per la quali è in fase di ultimazione la progettazione e che, da settembre, saranno realizzate presso il cantiere di Castellammare, consentendo un carico di lavoro per il cantiere per tutto il 2012. Per quel che riguarda, invece, l'avvio del progetto relativo alle navi multiruolo e logistiche per la Protezione civile e la Marina militare, il Governo ha confermato l'impegno a stanziare le risorse necessarie per la progettazione delle navi.
Sul fronte del sostegno alla ricerca, che rappresenta la principale leva per garantire Pag. 23la competitività del settore, il Ministero dello sviluppo economico ha finanziato, nell'ambito del Progetto industria 2015, due progetti presentati da Fincantieri, in collaborazione con le PMI e i centri di ricerca, per la realizzazione di sistemi e impianti di bordo innovativi e per un natante innovativo a trazione elettrica per il trasporto pubblico, per un importo complessivo di 36 milioni di euro, a fronte di un finanziamento pubblico di 14 milioni.
Inoltre, con la recente approvazione del Programma nazionale ricerca, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha inserito tra i 14 progetti prioritari l'iniziativa «Ritmare», con un finanziamento deliberato dal CIPE di 450 milioni di euro. Il progetto prevede, tra l'altro, la realizzazione di navi oceanografiche e lo sviluppo di altre tecnologie marittime. È infine già operativa la piattaforma tecnologica nazionale marittima che coinvolge i Ministeri interessati, i cantieri, gli armatori e i centri di ricerca del settore.
A livello europeo il Governo italiano sta sostenendo l'azione intrapresa dal vicepresidente Tajani, mirata a dare nuovo impulso alla strategia europea a sostegno del settore. In particolare, la Commissione si sta muovendo lungo tre direttrici: rilancio del ruolo della BEI nei finanziamenti alla cantieristica confermando il vincolo «UE built» e introducendo la possibilità di estendere il finanziamento anche ad armatori operanti fuori dall'Unione; estensione al 2020 del programma «LeaderSHIP 2015», che prevede la possibilità di concedere aiuti al settore per attività di ricerca e sviluppo e la costituzione di un fondo europeo di garanzia per gli investimenti pre-delivery; definizione di un quadro di riferimento europeo per la rottamazione dei traghetti finalizzata alla riduzione dell'impatto ambientale dell'attività marittima.
In esito al confronto che si sta sviluppando in Europa, il Governo adotterà misure coerenti con gli indirizzi che verranno assunti in sede comunitaria.
In relazione alla bozza di piano industriale presentato dalla Fincantieri ai sindacati nell'incontro del 23 maggio, che annunciava la chiusura di due cantieri e ampie riduzioni occupazionali, il Governo, dando immediata risposta alla richiesta delle organizzazioni sindacali, ha convocato il tavolo della cantieristica il 3 giugno scorso. In quell'occasione il Ministro Romani ha preso atto della decisione dell'azienda di ritirare la bozza di piano industriale e della necessità di affrontare le criticità presenti in alcune aree.
Conseguentemente, il Ministro ha invitato l'azienda a ricercare nuove soluzioni industriali e nuovi modelli organizzativi, prendendo anche in esame la possibilità di aggredire nuovi mercati. Il Ministero dello sviluppo economico ha, inoltre, assunto l'impegno di istituire immediatamente tavoli di confronto con le Regioni interessate ai più importanti interventi infrastrutturali che riguardano i cantieri di Castellammare di Stabia in Campania e di Sestri Ponente in Liguria.
In particolare, per quel che riguarda la Liguria, è già in fase di avanzata predisposizione l'accordo di programma per il progetto «ribaltamento a mare» che prevede investimenti per circa 230 milioni di euro a valere su risorse nazionali, 70 milioni di euro nell'ambito dei finanziamenti del Ministero delle infrastrutture e trasporti, 100 milioni a valere sulla valorizzazione delle aree appartenenti alla stessa Fincantieri e 50 milioni su risorse dell'ENI.
Nell'ambito del citato accordo di programma, il Governo e le istituzioni locali chiederanno a Fincantieri impegni sul mantenimento dell'attività navalmeccanica e sulla massima salvaguardia dell'occupazione. Per quel che riguarda la Campania, il Ministero ha avviato, con la stessa Regione, un confronto per la definizione di un piano di riorganizzazione dell'area che tenga anche conto di un'attenta valutazione delle opportunità di mercato che si sono affacciate.
In ogni caso questi interventi, onerosi per il Paese, dovranno garantire l'occupazione e la salvaguardia delle professionalità. Infine, per affrontare la questione degli ammortizzatori sociali, il Governo si Pag. 24è impegnato ad attivare un tavolo, presso il Ministero del Lavoro, per la definizione delle necessarie proroghe della cassa integrazione cantiere per cantiere.
In data 27 ottobre 2010 è stato approvato il programma di crisi aziendale per evento improvviso e imprevisto relativamente al periodo dal 21 giugno 2010 al 20 giugno 2011 della Fincantieri per l'unità produttiva di Castellammare di Stabia. A seguito dell'approvazione è stata autorizzata la corresponsione del trattamento straordinario d'integrazione salariale in favore dei lavoratori dipendenti per un massimo di 600 unità.
Il 21 marzo è stato approvato il programma di crisi aziendale per evento improvviso e imprevisto e quindi per l'unità produttiva di Ancona sono stati concessi dal 15 novembre 2010 al 14 novembre 2011 gli ammortizzatori sociali per 550 unità.
L'11 aprile è stato approvato il programma di crisi aziendale per evento improvviso e imprevisto per Palermo per il periodo dal 4 ottobre 2010 al 3 ottobre 2011. Il programma riguarda 480 persone. Nel mese di maggio la società ha presentato istanza di accesso al trattamento straordinario d'integrazione salariale per crisi aziendale per il periodo dal 4 aprile 2011 al 31 dicembre 2011 per l'unità produttiva di Genova per un massimo di 390 lavoratori.
Infine ieri, 8 giugno, la società ha inserito, in via telematica, ulteriore istanza di accesso al trattamento straordinario d'integrazione salariale per crisi per il periodo dal 16 maggio 2011 al 15 maggio 2012 per Monfalcone per un numero massimo di 250 lavoratori.
In conclusione, il Governo è pienamente consapevole della necessità di avviare un processo di rafforzamento e di riorientamento della cantieristica italiana, al fine di garantire una stabile competitività sui mercati internazionali.

PRESIDENTE. L'onorevole Vico, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, abbiamo ascoltato con la solita attenzione la risposta del sottosegretario e del suo Dicastero. Ovviamente le nostre riflessioni continuano ad essere abbastanza semplici, ma anche rigorose. Onorevole sottosegretario, siamo, si potrebbe dire, alle solite: senza strategia industriale (in questo caso navalmeccanica, ahimé non riguarda solo questo settore), si affonda e più che mai questo verbo ha una affinità con la navalmeccanica. I tedeschi e i francesi, che ormai siamo abituati a richiamare, gli uni per la ripresa economica, e gli altri per l'attività intensa di scalare le nostre imprese made in Italy difendono le loro aziende strategiche.
Noi invece, onorevole Saglia, continuiamo ad essere un Paese dove si decide che nulla è strategico, che tutto si può cambiare, continuando a dimenticare che i Paesi europei confinanti con il nostro hanno invece deciso, proprio in questa fase della crisi, le produzioni strategiche su cui puntare. Allora anche qui, sulla vicenda Fincantieri in maniera esplicita, qual è la prospettiva? Onorevole Saglia, lei ci ha riferito il programma dell'azienda in verità dal 2009, poi reiterato nella risoluzione che con ella abbiamo concordato in X Commissione.
La nostra domanda in questa interpellanza urgente è se la cantieristica italiana, se il settore navalmeccanico italiano è per il Governo italiano e per il Parlamento italiano una delle questioni strategiche di politica industriale da assumere su questo noi siamo ovviamente d'accordo. Questa è la domanda. Vi chiediamo cioè la prospettiva, qual è la costruzione della prospettiva per fare in modo che il Governo scelga il Paese, riceva le indicazioni, che poi sono indispensabili nella congiuntura data, da rendere ai lavoratori, alle loro famiglie, alle imprese del settore, alle imprese fornitrici. Insomma, il Governo, il Parlamento, le classi dirigenti di questo Paese cosa diranno a tutti costoro? Rischiamo di dire, in nome e per conto del Governo, che non vi è che una scelta, ossia quella di non investire sulle loro potenzialità. Pag. 25
Abbiamo chiesto cose precise, in parte lei ce le ha annunciate, ma solo in parte. Nell'agenda del Governo, in ordine alla questione della navalmeccanica e della cantieristica italiana, vi è la facilitazione per il ricorso al credito? È questo che vi abbiamo chiesto oggi. Vi è l'agevolazione alla rottamazione delle vecchie navi per stimolare una nuova domanda? Perché se questo c'è e poi ci viene riferito - come abbiamo letto, tra l'altro - che la Banca europea potrebbe prendere delle decisioni sui finanziamenti destinati alla cantieristica, e quindi anche per Fincantieri, il punto diventa come moduliamo il nostro comportamento in ordine alla disponibilità della BEI, se non il suo contrario.
Chiediamo ancora se il Governo in agenda, in ordine alla politica industriale e a quella navalmeccanica per il settore della cantieristica, ha in testa nuove regole e, direi meglio, l'adozione di nuove regole per finanziamenti destinati all'acquisto di navi e un fondo di garanzia? Dirò così, onorevole Saglia: è previsto il credito all'esportazione e gli incentivi sui tassi di interesse per essere competitivi? Dal momento che le navi si acquistano sempre a debito e che in Italia contrarre un debito è più costoso che all'estero. È questo ciò che stiamo chiedendo, qual è la politica industriale.
Sono previsti gli incentivi al rinnovamento sostenibile delle flotte, ovviamente occorre anche l'orientamento verso produzioni come le piattaforme energetiche off shore, che sono le leve fondamentali sulle quali agire per restituire una prospettiva alla cantieristica italiana. Su questo il quadro va composto tra orientamento del Governo e delle regioni, cui si è fatto riferimento.
L'innovazione del settore deve continuare a significare puntare sui motori a basso regime di consumo e a nuove tecnologie, al cosiddetto design italiano, i programmi forti che debbono permetterci di resistere non ai confinanti europei, ma alla spietata concorrenza dei cinesi e dei coreani. Noi vi abbiamo chiesto questo e ve lo chiediamo nella discussione che continuerà. Infatti, se poi non pensiamo a come dare subito lavoro a questi cantieri di Castellammare, di Sestri, di Riva Trigoso, persino la decisione di ritirare il piano industriale di Fincantieri rischia di apparire ormai - come si dice con un luogo comune - la vittoria di Pirro.

PRESIDENTE. Onorevole Vico, la prego di concludere.

LUDOVICO VICO. Avviandomi alle conclusioni, noi pensiamo che sia utile, verificando quello che non abbiamo riscontrato nella risposta del Governo, conoscere per esempio - cosa che non c'è stata resa nota oggi - le date dei tavoli regionali da convocarsi a Roma per Castellammare e per Sestri. Noi pensiamo che anche questa sia una delle questioni non secondarie per tenere insieme gli interessi della questione sociale che si è aperta nei giorni scorsi, ma che viene da lontano, e la questione industriale della cantieristica e della navalmeccanica italiana.
Insomma, la nostra insoddisfazione per la risposta è perché noi continuiamo a pensare - e vorremmo modificare questa opinione - che il Governo in carica non ha in testa alcuna politica industriale per il Paese, le scelte, le priorità e la decisione. Si dice così: decidere significa scegliere e il peso complessivo, onorevole Saglia, signor rappresentante del Governo, effettivo del manifatturiero sull'economia italiana è il doppio di quello indicato dalla quota diretta sul valore aggiunto totale.

PRESIDENTE. Onorevole Vico, deve concludere.

LUDOVICO VICO. Quando in un Paese come il nostro questa valutazione continua a sfuggire alle ragioni della crescita e del futuro del Paese questo ci induce a dire che la nostra risposta è di non soddisfazione.

Pag. 26

(Iniziative di competenza per garantire la corretta erogazione dei servizi all'utenza da parte di Poste italiane Spa, con particolare riguardo agli uffici postali del Friuli Venezia Giulia - n. 2-01114)

PRESIDENTE. L'onorevole Compagnon ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01114, concernente iniziative di competenza per garantire la corretta erogazione dei servizi all'utenza da parte di Poste italiane Spa, con particolare riguardo agli uffici postali del Friuli Venezia Giulia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, questa interpellanza urgente, che riguarda le Poste italiane, si articola su due punti: uno nuovo negativo e uno purtroppo datato e ricorrente. Il primo riguarda i disservizi avuti e verificati in questi giorni - dal 1o giugno in particolare - nella stragrande maggioranza degli uffici postali e soprattutto del Friuli Venezia Giulia, della Toscana, delle Marche, del Lazio e della Campania, che hanno creato un disservizio veramente inaccettabile nei confronti soprattutto dell'utenza ovviamente più debole, quella che i primi giorni di ogni mese va a riscuotere la pensione, oppure anche nei confronti dell'utenza attiva e produttiva che doveva fare dei versamenti.
I danni sicuramente sono molti e, quindi, vorrei capire come mai sia potuto accadere un fatto così grave, continuato e allargato alla stragrande maggioranza del Paese. Infatti, è comprensibile che possa succedere qualche guasto e che possa esserci qualche intoppo, ma solitamente succede ed è circoscritto a questioni molto limitate.
Invece, in questo caso indubbiamente le cose non hanno funzionato complessivamente ed è ovvio che è importante conoscere quali sono le motivazioni, non solo per capire come mai è potuto accadere, ma per fare in modo che questo non avvenga più.
Il secondo punto, invece, riguarda più specificatamente la ventilata chiusura di un numero elevato di uffici postali sul territorio del Friuli Venezia-Giulia. Si tratta di 50 uffici postali che dal 15 giugno al 15 settembre rischiano di essere chiusi, momentaneamente o anche definitivamente. Questo è preoccupante perché già l'anno scorso, esattamente il 22 gennaio prima e il 1o giugno poi, il sottoscritto ha presentato, sempre al Governo, degli strumenti di sindacato ispettivo per sapere, a fronte di una ventilata chiusura come quella di quest'anno, cosa stava accadendo, ritenendo che la chiusura di uffici postali sui territori più penalizzati, quali le periferie e i paesi di montagna, non dovesse essere fatta passare così sott'ordine. Infatti, il servizio postale prima di tutto rimane, per le persone più in difficoltà e più deboli, un servizio sociale.
Quella volta, cioè l'anno scorso, la risposta, sempre del sottosegretario Saglia, consistette in un impegno. Egli garantiva l'impegno a monitorare il territorio della regione per assicurarsi che gli utenti potessero usufruire della completa funzionalità degli uffici postali e dei servizi di corrispondenza. Ad oggi, invece, siamo di nuovo al punto di partenza. Evidentemente, vi saranno delle motivazioni che mi farebbe piacere conoscere. Spero che le motivazioni abbiano un'argomentazione credibile. Rimane il fatto, però, che riteniamo che questo tipo di decisione o di scelta, assunta da Poste italiane Spa, se dovesse essere mantenuta sarebbe ancora più penalizzante rispetto a un territorio che, invece, va guardato con molta più attenzione, in termini di servizi ai cittadini.
Dunque, mi limito a questa semplice esposizione sui due punti indicati di cui il primo, come dicevo, è di attualità e di questi giorni ed è molto grave e il secondo, purtroppo, sta diventando non più un'eccezione, ma una regola che per quanto mi riguarda - e spero che il sottosegretario in questo senso mi soddisfi - deve essere assolutamente fermata.

Pag. 27

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, ha facoltà di rispondere.

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, i disservizi postali dei giorni scorsi sono stati causati da un guasto per problemi di software sui sistemi che gestiscono l'operatività della rete postale. Ciò ha causato rallentamenti e blocchi nell'operatività di sportello, tanto che circa 4 mila dei 13 mila uffici abilitati all'erogazione dei servizi non hanno completato le normali procedure di chiusura delle attività, pur avendo previsto il prolungamento dell'orario di apertura al pubblico.
Poste italiane è intervenuta con i tecnici delle società in questione per ripristinare la regolare fruibilità dei servizi da parte della clientela. Gli esperti sono tuttora al lavoro per la piena funzionalità del software da loro sviluppato e necessario per il funzionamento dei 60 mila sportelli postali.
Il Ministero è pienamente consapevole che i disservizi denunciati dall'onorevole interpellante - e dei quali ha parlato ampiamente il Ministro Romani ieri, nel corso del question time - hanno creato un gran numero di gravi disagi e difficoltà. Per questo, il Governo è immediatamente intervenuto, sollecitando Poste italiane a porre tempestivo rimedio alla grave situazione, ripristinando la regolarità dei servizi e tutelando l'utenza, tenuto anche conto del disagio e dei problemi derivati dai tempi di attesa. Tali disservizi incidono, infatti, su aspetti fondamentali della vita di tutti i giorni, come il pagamento delle pensioni o dei bollettini delle utenze, e il guasto sulla rete postale ha avuto ripercussioni sicuramente molto pesanti per gli utenti, che sono stati, in moltissimi casi, costretti a lunghe attese o, addirittura, non hanno potuto fruire dei servizi necessari e spesso connessi a termini di adempimento obbligatori. Il Governo, con gli strumenti che ha a disposizione, si sta adoperando per pervenire quanto prima a una regolare ripresa della funzionalità del servizio. A seguito di tali richieste Poste italiane ha comunque garantito alla clientela una dichiarazione di mancata fruizione del servizio, nel caso in cui il cliente sia stato impossibilitato ad attendere per l'espletamento del servizio stesso.
Quanto agli strumenti di intervento di cui dispone il Ministero, nell'ambito della sua attività di vigilanza, oltre all'applicazione delle sanzioni pecuniarie fino a 1,5 milioni di euro, previste dal contratto di programma in caso di violazione degli obblighi, ha immediatamente predisposto un'attività straordinaria di verifica ispettiva tramite gli organi territoriali per accertare la precisa entità dei disservizi verificatisi sull'intero territorio.
Nel caso in cui la società non dovesse raggiungere gli obiettivi fissati dal programma, sarà chiamata a rispondere. Per quanto riguarda il problema più generale della fornitura dei servizi su tutto il territorio, il decreto ministeriale del 7 ottobre 2008 fissa i criteri di distribuzione dei punti di accesso alla rete postale pubblica con riferimento sia agli uffici postali che alle cassette d'impostazione. Gli uffici postali che sono unico presidio di comune non possono essere mai chiusi e devono comunque sempre garantire un orario di apertura minimo di tre giorni e diciotto ore settimanali.
Il Governo è comunque consapevole della rilevanza del problema dal punto di vista della coesione sociale, soprattutto nei confronti di fasce deboli della popolazione. Per questo motivo, il Ministero ha instaurato e sta oltremodo sviluppando un costruttivo rapporto di collaborazione con l'ANCI, per intervenire sulle aperture giornaliere e orarie degli uffici postali situati nelle zone montane riferite a particolari situazioni di criticità.
In merito alla situazione specifica del Friuli Venezia Giulia, il piano di rimodulazione delle aperture estive per l'anno 2011, presentato da Poste Italiane, ne includerebbe, dei 367 uffici postali presenti sul territorio regionale, circa il 13 per cento in 42 comuni, ma nessuna chiusura totale è prevista in quanto non contemplata dal predetto decreto. Per ciò che attiene al piano di rimodulazione giornaliera Pag. 28ed oraria estiva, sul territorio friulano, proprio a seguito dei disservizi di questi giorni, è previsto uno slittamento dell'avvio del medesimo. Il Ministero è particolarmente attento - anche su sollecitazione dell'onorevole Compagnon - a svolgere attività ispettiva, attraverso l'Ispettorato territoriale, intervenendo concretamente sullo stesso piano di rimodulazione presentato dal fornitore del servizio. Infatti, solo nel 2010 nella regione Friuli Venezia Giulia sono state effettuate sul territorio ottantasette visite, di cui ventinove su uffici postali per verificare la corretta rimodulazione delle aperture estive.
A seguito dell'attività ispettiva sono state predisposte sanzioni nei confronti di Poste Italiane, per gli uffici di Valeriano, Pielungo, Strassoldo, Perteole, Lavariano e Nespoledo, per i quali i periodi di apertura sono risultati inferiori alle 18 ore settimanali.
Infine, ritornando alla questione specifica dei disservizi di questi giorni, ritengo meriti sottolineare che il Ministero ha assicurato la piena collaborazione alle associazioni dei consumatori e degli utenti, rendendosi disponibile a fornire ogni informazione utile acquisita nella propria attività di vigilanza per agevolare la risoluzione delle controversie con l'utenza in caso di rimborso di danni o indennizzi.

PRESIDENTE. L'onorevole Compagnon ha facoltà di replicare.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, ringrazio comunque il sottosegretario Saglia, rappresentante del Governo, per la risposta.
Parto dal secondo punto, che riguarda gli uffici distribuiti sul territorio: prendo atto con piacere che le sollecitazioni fatte più volte - l'anno scorso e quest'anno - dal sottoscritto hanno contribuito ad un'azione più efficace di controllo da parte del Governo rispetto al servizio di Poste italiane e prendo atto con piacere - anche se le sanzioni non fanno mai piacere - del fatto che siano state prese delle decisioni nei confronti di quegli uffici che non hanno rispettato il minimo di apertura. Devo dire che effettivamente questo vale per la stragrande maggioranza del nostro Paese. Il Friuli Venezia Giulia è uno spaccato del nostro Paese: ha tre o quattro città, ma per il resto è fatto di tanti piccoli comuni, che a loro volta sono fatti da tante piccole frazioni, che quindi hanno negli uffici postali uno dei riferimenti più importanti ai fini delle necessità. Teniamo anche conto del fatto che la stragrande maggioranza delle persone che hanno più difficoltà e cioè quelle che si trovano in montagna - come dicevo prima - o le persone anziane o quelle che non hanno a disposizione mezzi trovano in questi riferimenti un sollievo non da poco, non solo per quanto riguarda le pensioni e così via, ma per tutti i servizi dei quali hanno bisogno.
Per cui, credo che questo tipo di iniziativa portata avanti attraverso il Ministero e l'ANCI sia positiva e, in questo senso, sono soddisfatto della risposta del sottosegretario. Rimane tuttavia il fatto che, nei confronti di Poste italiane spa, nella fattispecie della rimodulazione dei servizi, bisogna essere incisivi perché devono capire che non possono soltanto pensare ai profitti in quanto tali che sono - per l'amor di Dio - comprensibilissimi.
Devono sapere che la capillare distribuzione degli uffici postali è anche un problema di risposta sociale ad un Paese che è fatto, come dicevo prima, in questo modo e che ha bisogno di riferimenti soprattutto per le fasce più deboli. Ovviamente, possiamo capire che la ristrutturazione di un'azienda possa essere realizzata anche tagliando dei rami secchi, ma il taglio dei rami secchi deve essere funzionale ad un migliore servizio e a delle risposte migliori nei confronti dell'utenza. Se il tutto viene fatto solo per un mero quadro economico che poi magari distribuisce gli utili soltanto a una fascia privilegiata del contesto degli uffici postali, evidentemente non siamo assolutamente d'accordo, per cui mi auguro che questo 13 per cento rispetto ai 367 sportelli del Friuli Venezia Giulia che subiranno un minimo ridimensionamento per la questione del periodo estivo si riduca ulteriormente e prendo per buono, signor Pag. 29sottosegretario, lo slittamento rispetto al 15 giugno, che ritengo sia una buona iniziativa.
Concludo con la vicenda che riguarda i disservizi di questi giorni, credo che forse non sia stata colta la vera essenza della gravità di quanto accaduto, perché è successo un disguido su un nuovo servizio che è appena stato appaltato dalle Poste e che è partito come rinnovo il 1o giugno, quindi una scelta a monte sbagliata da parte della dirigenza, che ha individuato nel primo giorno del mese l'avvio di una modifica per un miglioramento, secondo loro, dei servizi offerti, considerato che è il giorno in cui arrivano tutti i pensionati.
Credo che in questo caso il Governo debba essere più incisivo e non debba assolutamente nemmeno pensare di difendere Poste italiane, deve mettersi dalla parte dei cittadini per quanto accaduto. Faccio solo una considerazione, quante pensioni non sono state pagate e chi ha percepito degli interessi da questo guasto? Le pensioni non pagate sono fondi che producono interessi, a chi vengono ridistribuiti? Alle Poste o vengono dati a chi dovrebbero essere dati? Chi paga per questo? Chi ha interesse? Oppure, i mancati pagamenti che qualcuno non ha potuto fare e che corrisponderanno a delle penali: chi paga queste penali?
Ci sono alcune situazioni poco chiare, se poi pensiamo che questo appalto è costato 150 milioni di euro e che nel momento in cui non funziona hanno bisogno, o meglio, loro hanno bisogno di chiamare cinque persone dal Canada perché vengano quindi in Italia a far funzionare questo software. Credo che ci sia qualcosa che non va, c'è qualcosa che non è stato previsto, c'è una leggerezza. Dunque, è ovvio che se dobbiamo dare delle pagelle, darei un voto positivo ai dipendenti e all'associazione dei consumatori che sta difendendo i clienti, ma un voto negativissimo al management che gestisce e che ha fatto tutte queste operazioni. Leggendo i giornali di oggi mi sono reso conto che persino la procura di Roma ha aperto un'indagine, questo non ci interessa ma indubbiamente se l'ha aperta c'è qualcosa che non è molto chiaro.
Quindi, signor sottosegretario, credo - e mi avvio alla conclusione - che per quanto riguarda gli uffici postali sul territorio sia un dovere da parte del Governo e del Parlamento tutelare al massimo le zone più deboli e soprattutto gli utenti che rappresentano le fasce deboli della nostra popolazione, potrà anche costare qualcosa di più ma le Poste italiane, che usufruiscono di fondi dello Stato e quindi degli italiani, devono anche capire che non si può soltanto realizzare dei profitti e poi magari distribuirli a pochi. Per quanto attiene invece all'inconveniente spiacevole che in questi giorni sta colpendo tutto il Paese, credo che le responsabilità ci siano, e non solo rispetto a un software che non ha funzionato o a dei tecnici che magari hanno commesso qualche errore.
Credo che complessivamente questa situazione vada rivista, si ripercorra quella strada che parte dall'appalto, che parte dal costo, che parte dal fatto che l'IBM, per potere intervenire su una situazione anomala o di disservizio da parte del cervellone o del software, deve chiamare delle persone addirittura dal Canada. Vi è tutto un insieme di elementi che, messi vicino, fanno scrivere le parole: «Così non va bene».
Mi auguro, come dicevo prima, che il Governo si metta, come ci mettiamo e ci siamo messi noi, con le nostre interrogazioni, interpellanze e anche con il question time, dalla parte dei cittadini e dalla parte di chi, in questo momento, ha bisogno che qualcuno lo difenda perché, altrimenti, in questo mondo di globalizzazione e di corsa sfrenata al profitto a rimetterci saranno sempre i più deboli. Credo che questo sia, e possa essere anche in futuro, l'errore più grave che un Governo, una maggioranza, un Parlamento possano fare.

(Elementi e iniziative in merito all'entrata in vigore del Sistema di tracciabilità dei rifiuti speciali e pericolosi (Sistri) - n. 2-01092)

PRESIDENTE. L'onorevole Rubinato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza Pag. 30n. 2-01092, concernente elementi e iniziative in merito all'entrata in vigore del sistema di tracciabilità dei rifiuti speciali e pericolosi (Sistri) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, l'interpellanza, appunto, in materia di Sistri è stata presentata prima di apprendere dell'accordo raggiunto tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le associazioni di categoria in merito alla proroga del suo avvio. Abbiamo appreso con favore la proroga, che era esattamente quello che chiedevamo anche noi, anche se la nostra istanza è stata solo parzialmente accolta, perché riteniamo che sarebbe stato più opportuno accordare una sospensione per tutti e non scaglionata, come è stata poi praticata, sino al 31 dicembre prossimo, piuttosto che avviare step successivi a seconda della dimensione dell'impresa o dell'ente iscritto al sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti. Questo perché il sistema o funziona o non funziona, non è che funziona per i più grandi e non funziona per i più piccoli. Da questo punto di vista le preoccupazioni permangono, perché l'esperienza fallimentare del clic day dell'11 maggio scorso ha messo in evidenza gravissime lacune del sistema. Ecco perché, a nostro parere, rimane confermato il fatto che sarebbe necessario un periodo di tempo maggiore per fare le opportune verifiche e risolvere i grossi problemi tecnici riscontrati prima di creare nuovi disagi alle imprese, e non sto qui a ripetere nel merito quali sono.
Le associazioni di categoria hanno preparato dei veri e propri dossier per il Ministero. Stiamo parlando di questioni veramente capitali. Non so, faccio solo l'esempio delle chiavette USB consegnate: so di un caso in cui tutte le tre chiavette USB avevano dei virus. Stiamo quindi parlando di un'assoluta inoperabilità del sistema. La proroga, quindi, non ci tranquillizza, non tranquillizza, soprattutto, le tantissime imprese e non risolve molti problemi che il Sistri ha evidenziato.
Allora, innanzitutto, teniamo a precisare che non mettiamo in discussione le finalità di questo sistema. La tracciabilità dei rifiuti è una priorità importante, tanto più in un Paese dove la criminalità organizzata esercita un forte controllo sul ciclo dei rifiuti; è di ieri la pubblicazione del rapporto ecomafia, di Legambiente. Naturalmente, il traffico dei rifiuti continua ad essere un settore in espansione e i numeri ci dicono, appunto, che il solo business dei rifiuti illeciti è quantificabile nel nostro Paese in 82 mila camion, con 2 milioni di tonnellate di spazzatura.
Quindi, è ancora più grave che non sia stato approntato in modo efficiente il sistema Sistri, però, certo, l'inefficienza non può essere fatta pagare alle imprese. La velocità e la tracciabilità dei rifiuti sono obiettivi assolutamente condivisibili, ma non è condivisibile il modo in cui si è operato sino ad oggi, creando pesanti aggravi alle imprese e agli enti locali, anch'essi tenuti ad iscriversi al Sistri e a versare il contributo, a causa del malfunzionamento del sistema, che ha richiesto più proroghe, qui siamo all'ennesima. Tra l'altro, adesso le proroghe non competono al Parlamento, ma allo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Di questo riteniamo sia responsabile questo Governo che, ancora una volta, fa pagare ai cittadini, agli imprenditori e agli enti locali le proprie inefficienze. Va ricordato, infatti, che già dal 2010 le imprese e gli enti locali versano la quota di iscrizione al Sistri e altrettanto hanno fatto già per il 2011.
In un momento in cui la crisi economica sta mettendo a dura prova il nostro sistema economico-produttivo, è inaccettabile che il Governo riscuota un'ulteriore tariffa per un servizio che a tutt'oggi non funziona.
Per questo abbiamo chiesto nella nostra interpellanza urgente che sia fatta chiarezza sull'ammontare dei contributi già versati allo Stato per gli anni precedenti e per l'anno in corso. A nostro avviso, si tratta di contributi che i soggetti che sono tenuti all'iscrizione avrebbero dovuto versare solo a far data dall'efficiente Pag. 31funzionamento del sistema. Non solo. Riteniamo giusto che il Governo - e lo chiediamo nella nostra interpellanza - preveda, se non la restituzione, almeno la compensazione futura a favore di imprese ed enti locali degli importi già versati in questi anni in assenza del servizio con quelli che matureranno a far data dalla sua piena operatività, in aggiunta alla già prospettata riduzione dei livelli contributivi in caso di eccedenza delle entrate rispetto ai costi del sistema stesso, che è stata annunciata dal Governo in una precedente interpellanza del collega Mario Pepe (PD).
Vorrei, anche da questo punto di vista, solo accennare al fatto che la funzionalità del sistema fa carico come onere al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che ha assunto tutte le decisioni relative alla sua gestione, compresa anche quella di affidare senza gara l'appalto del progetto Sistri alla società Selex management. Ci sarebbe tutta una questione qui da ricordare in ordine a una serie di ricorsi promossi da altre ditte, le quali hanno poi rinunciato al ricorso a seguito di un accordo segreto con il Governo, ma questo ci porterebbe lontano. È chiaro che chi sceglie di realizzare il sistema e di farlo funzionare in un certo modo, se poi non funziona, non può pensare di pagare con i contributi di enti locali ed imprese, che ancora la funzionalità e il sistema non vedono.
Il tempo che l'ulteriore proroga ha concesso, a nostro parere, deve essere utilizzato, da una parte, per mettere a punto l'apparato centrale, che presenta lacune di software e di sistema, dall'altra, per capire e sviluppare - è un tema molto importante - quali semplificazioni sono possibili, per esempio favorendo il servizio pubblico organizzato nella raccolta dei rifiuti speciali, in modo da trasferire tutti gli adempimenti burocratici al gestore incaricato.
Questo vale soprattutto per le aree del nostro Paese, da cui provengo anch'io - sto pensando al Veneto -, in cui vi è una realtà di tante piccole e piccolissime imprese. Cito appunto il caso della provincia di Treviso, dove è attivo un circuito organizzato di gestione dei rifiuti speciali per tanti piccoli produttori, che oggi ammontano a circa 7.500 convenzionati, i quali accedono ai servizi offerti dal servizio o dal gestore pubblico, esonerandosi dagli obblighi cartacei preesistenti.
È vero che la norma consentirà loro di accedere in futuro alla semplificazione informatica, ma ancora nessuno sa come funziona in pratica né il manuale Sistri riporta indicazioni su come operare. Inoltre, vi è la necessità tuttora di validare l'interoperabilità tra i sistemi gestionali software di chi svolge il servizio e il sistema Sistri. Si tratta di strumenti naturalmente necessari nel caso di numerosi movimenti di piccole quantità di rifiuti:, tipico, appunto, il caso delle nostre piccole aziende. Da questo punto di vista, la nostra proposta vuole andare nella direzione di portare un contributo a quello che il Governo e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ci auguriamo stiano facendo. Riteniamo che si possa fare molto sul fronte della semplificazione per dare risposta alle preoccupazioni di tante piccole e medie imprese, pur garantendo la massima tutela ambientale, la sostenibilità, l'economicità della gestione, la tracciabilità, e tutto questo pur semplificando il sistema.
Teniamo anche presente - ho letto una nota dell'ANCI al riguardo - la preoccupazione degli enti locali che la complicazione sia la causa di un aumento dell'abbandono di rifiuti, soprattutto di chi produce pochi rifiuti speciali. Allora, la semplificazione amministrativa nei confronti delle piccole imprese, non attrezzate, scarsamente informatizzate e che rischiano perciò di sfuggire a una corretta gestione, utilizzando pratiche di smaltimento scorrette o illegali, diventa indispensabile perché davvero poi il sistema raggiunga gli obiettivi che si è prefissato.
Propongo anche un altro esempio, che attiene al tema dei contadini, dei produttori agricoli. In questo caso vi è la delicata questione che il trasporto alle piattaforme mobili e fisse di piccole quantità non è più Pag. 32agevolato dopo la revisione del Testo unico ambientale con il decreto legislativo n. 205 del 2010.
I contadini devono avere il mezzo iscritto all'albo gestione rifiuti e con l'entrata in vigore del Sistri vi è la prospettiva di cessazione del servizio, che oggi stanno offrendo, anche con piattaforme mobili, i gestori pubblici. Quindi, vi sono soluzioni di semplificazione praticabili, che vanno nella direzione di consentire al servizio pubblico di agire per conto dei produttori convenzionati, che vanno assolutamente messe in campo prima dell'avvio del sistema. Concludo dicendo che ci attendiamo che, prima di rendere definitivamente operativo il Sistri secondo il nuovo calendario accordato con le associazioni imprenditoriali, il Ministero sviluppi questi contenuti normativi e renda operative e concrete, anche tecnicamente, le procedure semplificate, pena il differimento - questo noi chiediamo - del termine di decorrenza del Sistri. Quindi, prima occorre realizzare le semplificazioni e poi si può avere la partenza del sistema. Sarebbe davvero inaccettabile che, dopo questa ulteriore proroga, le imprese e gli enti locali dovessero subire nuovi aggravi dovuti ad altre inefficienze del sistema di cui si è già oggi a conoscenza e che sono state ampiamente segnalate dalle stesse organizzazioni imprenditoriali e dagli operatori del settore.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, ha facoltà di rispondere.

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, accogliendo le sollecitazioni provenienti da più parti ed in accordo con le principali organizzazioni imprenditoriali, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha adottato lo scorso 26 maggio un nuovo decreto, pubblicato il 30 maggio, con il quale sono stati rimodulati i termini dell'entrata in funzione del Sistri. Sono state, quindi, recepite le indicazioni provenienti dal sistema produttivo per un rinvio graduale della partenza del sistema, in modo da consentire il superamento delle difficoltà riscontrate e mettere in condizione tutti di poter operare con maggiore tranquillità.
In tal senso, il Governo si è anche impegnato ad alleggerire il regime sanzionatorio nel periodo di avvio del nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti. L'ulteriore periodo di tempo a disposizione dovrà consentire, da un lato, alle imprese di collaudare e familiarizzare con i dispositivi elettronici e, dall'altro, di introdurre tutti quei miglioramenti sul piano procedurale e sul piano tecnologico ritenuti necessari per il superamento delle criticità manifestate dagli operatori.
Si è così condiviso un percorso che dovrà portare a breve alla realizzazione di un sistema veramente capace di coniugare trasparenza, tutela della legalità e semplificazione del lavoro delle imprese. Al riguardo, è opportuno evidenziare che, nell'ambito degli incontri che si sono susseguiti in questi giorni, le rappresentanze imprenditoriali hanno riconfermato la validità e l'importanza del Sistri quale strumento di trasparenza indispensabile per ridurre le sacche di opacità in un settore sensibile, quale quello dei rifiuti, e per combattere la criminalità. L'obiettivo deve essere quindi mantenuto e salvaguardato. L'impegno è che il nuovo sistema parta con il superamento delle difficoltà riscontrate, ma è altresì importante che vengano superate anche le forti resistenze al cambiamento che tuttora permangono da parte di molti operatori presenti sul territorio. Le responsabilità non sono soltanto da parte dell'Amministrazione.
Per quanto riguarda la richiesta di informazioni sul costo del Sistri, non si dispone ancora di dati definitivi. L'ammontare dei contributi versati dai soggetti obbligati nel 2010 è dell'ordine dei 65-68 milioni di euro, mentre i costi relativi alla tecnologia ed al funzionamento del sistema si situano intorno al 90 per cento di detta cifra. La residua somma disponibile dovrà servire per coprire gli eventuali oneri imprevisti nel corrente anno e gli eventuali aggiornamenti tecnologici. Pag. 33
È da tener presente che le entrate nel 2011 saranno di molto inferiori rispetto a quelle registrate nell'anno precedente, in ragione dell'avvenuta riduzione di oltre la metà dell'entità dei contributi disposta a favore delle piccole e medie imprese. Con la procedura automatica di conguaglio avviata, molte imprese che avevano pagato nel 2010 un contributo maggiore sono state esentate dal versamento dei contributi per il 2011. Le prime stime indicano, così, un ammontare delle entrate dell'ordine del 25-30 per cento di quello registrato nel 2010.
Per quanto riguarda la richiesta che l'obbligatorietà del versamento dei contributi sia prevista soltanto a far data dall'efficiente funzionamento del sistema, è opportuno ricordare che il Sistri non ha finalità di lucro e che l'ammontare delle entrate derivanti dal versamento dei contributi da parte degli operatori è finalizzato, come sopra rilevato, alla copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del sistema, e dunque dei costi della tecnologia e di funzionamento del sistema. Il legislatore ha infatti stabilito che il costo del Sistri, salvo lo stanziamento iniziale di 5 milioni di euro, non gravi sulla finanza pubblica, ma sia posto a carico degli utenti.
Si tenga presente che, sin dalla fase di avvio del sistema, sono stati sopportati costi che comunque andavano coperti a prescindere dall'operatività del sistema. Inoltre, a partire dal 1o ottobre 2010, gli operatori sono stati messi in condizioni di utilizzare i dispositivi elettronici, anche se in fase sperimentale, in sovrapposizione al vigente sistema cartaceo. Se, poi, l'effettiva operatività del SISTRI è stata prorogata, anche per tener conto delle esigenze manifestate dalle imprese, ciò non può far venir meno l'obbligo del versamento dei contributi da parte degli operatori in quanto non è stato previsto alcuno stanziamento sui capitoli di spesa del bilancio pubblico da destinare allo scopo. L'eventuale annullamento del versamento del contributo in un anno significherebbe perciò, di fatto, il raddoppio del contributo da versare nell'anno successivo, non esistendo altre alternative possibili, se non quella di approvare uno specifico stanziamento sul bilancio dello Stato.

PRESIDENTE. L'onorevole Lulli, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

ANDREA LULLI. Signor Presidente, la soddisfazione da uno a dieci non raggiunge la sufficienza. Io do atto naturalmente dell'accordo raggiunto con le categorie e credo sia stato doveroso, perché l'inizio è stato disastroso, per di più in una congiuntura economica in cui non vi era bisogno non dico di un aggravio di costi economici, ma non vi era bisogno nemmeno di un aggravio di costi legati alla difficoltà dell'adempimento ad un dovere, perché poi il rispetto della legalità, che è un obiettivo assolutamente indiscutibile, si raggiunge anche evitando di complicare la vita a chi lavora. Purtroppo, questo non è avvenuto e non è un buon segnale.
Ora per carità, siamo assolutamente favorevoli alla tracciabilità dei rifiuti, non abbiamo dubbi che, per combattere l'illegalità e la penetrazione della criminalità nella gestione del business dei rifiuti, dobbiamo raggiungere livelli di trasparenza e quindi di tracciabilità dei rifiuti, non vi è alcun dubbio su questo. Tuttavia, vorrei ricordare al sottosegretario, onorevole Saglia, che la trasparenza e la tracciabilità sono un obiettivo che bisogna raggiungere con la semplicità e la semplificazione delle norme, perché si conquistano le aziende alla causa della tracciabilità e della trasparenza se i provvedimenti e le procedure che si adottano sono comprensibili e soprattutto non aggravano in termini di burocrazia gli adempimenti. Questo è un punto decisivo, che non è stato assolutamente tenuto in considerazione.
Ora si dice che abbiamo un periodo di tempo che è legato all'accordo raggiunto, però in questo periodo di tempo - mi perdoni sottosegretario Saglia - credo che, anche nell'interesse della funzione che ha il Ministero per lo sviluppo economico, si debba provare a capire quali semplificazioni devono essere introdotte in questa direzione. Pag. 34L'onorevole Rubinato alcune cose le ha dette: per esempio, per le piccole imprese sarebbe importante il sistema delle filiere produttive, sarebbe importante ragionare con riferimento alla possibilità di svolgere questa funzione in termini di aggregazione, con piattaforme mobili. In altre parole, credo che bisogna governare questo fenomeno, perché, altrimenti, il rischio è che nel Paese si produca un'illegalità dovuta alla difficoltà di adempiere a norme sulle quali non abbiamo dubbi per quanto riguarda la finalità, ma che rischiano di essere un elemento di ostacolo enorme rispetto all'applicazione.
Su questo aspetto vorrei che si aprisse un confronto di merito: noi abbiamo qualche idea e qualche suggerimento da dare. Credo che si debba lavorare, cercando di convincere circa la bontà della necessità di andare verso la tracciabilità e, quindi, anche di lavorare attorno a protocolli, anche nelle varie regioni, che possano in qualche modo aiutare questo percorso.
Lo ripeto: è una finalità non solo condivisibile, ma assolutamente necessaria anche per cercare di mettere il sistema economico del Paese in condizione di svolgere al meglio il proprio lavoro e di scappare dalle trappole dell'illegalità che si annida e dalle tentazioni che sappiamo, purtroppo, essere molto presenti nel nostro Paese. Nella vulgata generale si pensa al sud, ma mi permetto di dire che esse sono presenti non solo al sud, ma, ahimè, nell'intero territorio nazionale.
Per quanto riguarda la risposta fornita sulle risorse, noi condividiamo, in linea teorica, il fatto che il sistema debba autofinanziarsi; peraltro, le imprese, proprio per una crescita anche di cultura d'impresa, devono capire che questo problema non può essere addossato alla fiscalità generale. Su questo, non vi sono problemi. Tuttavia, signor sottosegretario, avremmo preferito, per esempio, un appalto pubblico per la scelta del gestore del sistema informativo e del sistema operativo.
Il fatto che questo sistema, alla fine, abbia creato a chi ha tentato, difficoltà rilevanti, non è una questione che può riferirsi soltanto ad una difficoltà normale e così si lascia perdere, ma vi è un danno. Capisco che quando si avvia un sistema, vi può essere un momento di rodaggio, tuttavia, esso non può essere caricato soltanto sulle spalle delle imprese che, in qualche modo, hanno dovuto subire questi intralci.
Per di più, non ho chiaro - spero che potremmo avere in seguito maggiori chiarimenti - cosa significa che, nel 2011, alcune imprese avranno la possibilità di compensare. Con quali criteri verranno definite queste compensazioni? Verso quali imprese si faranno le compensazioni? E soprattutto, il sistema operativo sarà davvero funzionale alla possibilità di avere un approccio semplificato che consenta davvero di andare nella direzione di un efficace ed efficiente sistema di tracciabilità del rifiuto? Credo che ciò aiuterà una crescita, se vogliamo, anche di cultura delle imprese e degli imprenditori nell'approccio di questo tema. Si faciliterà il lavoro degli enti locali in questa direzione? Si darà spazio, cioè, anche a possibili momenti in cui si tenteranno degli approcci territoriali che possano aiutare quel sistema di piccole e piccolissime imprese?
Credo che questo sia un aspetto che rimane ancora non chiaro nella risposta che, cortesemente, il sottosegretario Saglia ci ha già dato. Mi auguro che vi possano essere occasioni nelle quali si faranno tali approfondimenti e si apporteranno anche delle correzioni in corsa. Infatti, se dovessimo arrivare al 2012 e si dovesse replicare ciò che è accaduto nelle scorse settimane, credo che davvero si sarebbe creato un danno enorme: non solo un danno rilevante alle imprese, ma anche un danno nell'avanzamento di una cultura più evoluta in termini di compatibilità ambientale e di trasparenza.
Infatti, quando si falliscono questi obiettivi, il rischio è di un ritorno indietro della stessa cultura del Paese, rispetto un tema sul quale, invece, dobbiamo fare un passo avanti, non solo perché ce lo chiede l'Europa, ma perché credo sia un obiettivo che noi tutti condividiamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 35

(Iniziative nei confronti del Governo cinese per la tutela dei monaci e civili tibetani, con particolare riferimento al monastero di Kirti - n. 2-01085)

PRESIDENTE. L'onorevole Mecacci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01085, concernente iniziative nei confronti del Governo cinese per la tutela dei monaci e civili tibetani, con particolare riferimento al monastero di Kirti (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, ringrazio, uno ad uno, i trentotto colleghi dei vari gruppi politici, insieme ai quali ho presentato questa interpellanza urgente al Governo, per aver voluto testimoniare l'attenzione del Parlamento in una iniziativa nei confronti del Governo, volta a fare luce su quanto sta avvenendo in Tibet, in particolare in questa contea dove, purtroppo, da alcune settimane, da alcuni mesi, è in corso una grave crisi umanitaria.
Abbiamo cercato di risvegliare l'attenzione del nostro Parlamento su una situazione, rispetto alla quale, sicuramente, da parte dell'opinione pubblica italiana ma anche europea, vi è una grande attenzione, ma sulla quale - non possiamo nascondercelo - vi è una grande timidezza, una grande riluttanza, da parte dei governi occidentali, incluso naturalmente il nostro, a fare sì che ci si possa occupare della sorte di decine di migliaia di persone - le quali sono oggetto di una durissima repressione che dura da molto tempo e che si sta, purtroppo, intensificando nel corso degli ultimi anni - affinché ciò possa diventare oggetto di riflessione politica.
Purtroppo, conosciamo bene quali sono le regole della cosiddetta realpolitik. C'è grande attenzione, in questi mesi e in queste settimane, giustamente, su quanto sta avvenendo nella zona del nord Africa, dove vi sono state e sono in corso rivoluzioni popolari per porre fine a regimi autoritari non molto diversi, per come trattano i loro cittadini, da quello che sta facendo da tempo il Governo cinese, ma sappiamo che anche il peso politico, economico e strategico della Cina è, evidentemente, ancora molto, molto influente nei confronti dei nostri Governi.
Pertanto, non mi faccio illusioni sulla risposta che avrò dal Governo, in particolare dal sottosegretario Saglia, che è stato delegato a fare questo. Mi rammarico che il Ministero degli affari esteri non abbia avuto l'opportunità e il tempo di poter interloquire con il Parlamento su questo, ma, purtroppo, anche su questa vicenda non è un elemento di novità.
Ma veniamo ai fatti, brevemente, per poi replicare alla risposta che ci sarà da parte del Governo. Questa vicenda risale ad alcune settimane fa ed ha inizio con l'autoimmolazione di un giovane monaco tibetano nel monastero di Kirti, in una regione del Tibet in cui vi è tensione da circa tre anni. In Tibet, infatti, vi sono state grandi manifestazioni per chiedere il rispetto di alcuni diritti fondamentali della popolazione tibetana, a partire dal diritto alla libertà religiosa, che viene costantemente negato dalle autorità cinesi, attraverso forme di controllo sull'attività dei monasteri e addirittura con proibizioni di avere immagini e di poter fare riferimento alla figura del Dalai Lama.
Quest'ultimo è il leader spirituale, oltre che politico, anche se adesso non più costituzionale, in quanto il Parlamento tibetano in esilio ha deciso, proprio pochi giorni fa, di mutare il ruolo istituzionale che il Dalai Lama ha all'interno della società tibetana, modernizzando anche un sistema che è stato oggetto, da parte del Governo cinese, di critiche, poiché si riteneva che la società tibetana fosse guidata da un'impostazione ancora di stampo medievale, con un'identificazione tra autorità religiosa e autorità politica. Questo non è più il caso.
Per venire al caso concreto, questo giovane monaco tibetano ha deciso di autoimmolarsi, è morto e, successivamente, migliaia di monaci di questo monastero e migliaia di cittadini delle zone circostanti hanno cercato di fare manifestazioni per chiedere che questo tipo di repressioni, Pag. 36che portano poi anche alla disperazione e a questi tipi di atti, avessero fine.
Purtroppo la risposta del Governo cinese è stata molto dura, si è trattato sostanzialmente di un assedio di questo monastero che è durato e dura ancora e che causa l'impossibilità sostanziale dei monaci che si trovano al suo interno di uscire e l'impossibilità di accedervi per i cittadini, per i fedeli che dalle zone circostanti si sono recati lì per esprimere la loro solidarietà e portare anche sostegno concreto, cibo, bevande a questi monaci assediati. In aggiunta a ciò, circa trecento tra monaci e cittadini tibetani sono stati arrestati e sottoposti a corsi di rieducazione religiosa patriottica da parte delle autorità cinesi. Dire queste cose nel 2011 sembra un po' anacronistico, sembra di ricordare alcuni elementi del libro nero del comunismo che i cittadini italiani hanno conosciuto perché è stato distribuito anche nel nostro Paese e in cui si delinea ancora un modo di controllare la società che si fonda su questi tipi di repressione e di impostazione ideologica. Tutto questo oggettivamente, da parte di un Paese come la Cina che comunque fa parte della comunità internazionale ed ha un ruolo sempre maggiore nella gestione delle crisi internazionali, giustamente anche, perché il peso e l'influenza che questo Paese ha acquisito, in seguito alla sua crescita economica, è sicuramente aumentato, ma al tempo stesso è un Paese che continua ad applicare dei sistemi di repressione che non fanno ben sperare per il futuro. Quando un Governo si rafforza dal punto di vista economico, dal punto di vista militare e acquisisce maggiore peso a livello internazionale ma continua ad essere guidato da questi metodi di governo, che riguardano non solo i tibetani ma anche le minoranze degli uiguri e dei mongoli che si trovano all'interno della Cina, non fa ben sperare per il futuro.
Spero, anche se confesso di non avere grande fiducia, che ci possa essere, da parte del Governo italiano, un'iniziativa che tenga conto di questo elemento: l'avere buoni rapporti con la Cina dal punto di vista economico e politico non significa dover stare in silenzio davanti a episodi di questa gravità, che testimoniano un sistema di governo in cui vi è una completa assenza dello stato di diritto e del rispetto delle regole. Non è questo un comportamento che va incoraggiato perché mette a rischio gli interessi che il nostro Paese e i Paesi europei vogliono intraprendere con la Cina: quando questi metodi sono applicati all'interno non è detto che questo non si riverberi anche nelle politiche esterne di un Governo importante come quello cinese.
Con questa iniziativa abbiamo voluto dare un segnale e registro che comunque nel Parlamento - il numero dei firmatari e la sottoscrizione da parte di quasi tutti i gruppi di questa interpellanza urgente ne è testimonianza - esiste una sensibilità sull'argomento che è stata anche dimostrata nel 2009 quando abbiamo ospitato, proprio al Parlamento italiano, il Dalai Lama e il V congresso mondiale dei parlamentari che sono vicini alla causa tibetana. Mi auguro che anche nell'attività di Governo, l'impostazione e l'attenzione che il Parlamento ha dimostrato esserci in questa legislatura, possa avere un riscontro che non sia solo di tipo formale ma che possa portare a dei risultati concreti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, ha facoltà di rispondere.

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, in concomitanza con il terzo anniversario delle violenze di Lhasa del marzo 2008, la questione tibetana è tornata recentemente a vivere una fase delicata. Il 16 marzo scorso un giovane bonzo del monastero lamaista di Kirti, nella provincia del Sichuan, si è dato fuoco, decedendo il giorno successivo a seguito delle ustioni riportate.
Secondo fonti legate al movimento tibetano in esilio, anche due anziani di etnia tibetana, provenienti dal villaggio prospiciente il monastero, sarebbero morti dopo aver subito percosse dalla polizia locale, mentre, Pag. 37assieme ad altre duecento persone, stavano dando vita ad un sit-in per proteggere i monaci di Kirti dalla deportazione nei campi di lavoro.
Le tensioni intorno al monastero non sembrano sopite. Le autorità di sicurezza del Sichuan mantengono un dispositivo di stretta vigilanza e non permettono l'accesso di giornalisti e osservatori esterni. Sulla questione permane il riserbo delle autorità cinesi, salvo la condanna espressa dal «Quotidiano del Popolo», che ha stigmatizzato il comportamento dei monaci di Kirti, istigati - così asseriva un editoriale - dalla «cricca del Dalai Lama», a sua volta sostenuta dall'Occidente.
Il nervosismo delle autorità cinesi appare, peraltro, legato all'estrema fluidità che caratterizza le relazioni tra Pechino ed il cosiddetto governo tibetano in esilio. L'abbandono da parte del Dalai Lama delle sue funzioni politiche (non anche di quelle religiose) e l'elezione di un nuovo Primo Ministro, Lobsang Sanuay, personalità laica e di estrazione «non confessionale», già professore ad Harvard, potrebbero comportare mutamenti rispetto alla posizione finora di equilibrio assicurata dal Dalai Lama nella conduzione dei negoziati con Pechino.
Il Governo italiano, nel rispetto dell'integrità e della sovranità territoriale della Cina, non manca di sostenere la posizione comune in sede europea a favore di un dialogo costante e costruttivo tra Pechino e i rappresentanti tibetani. Questi ultimi sono naturalmente interlocutori indispensabili per dare una soluzione condivisa alla questione tibetana, una soluzione che, nella cornice della Costituzione cinese, assicuri il grado di tutela e di autonomia utile a preservare la cultura, le secolari tradizioni e la religione tibetana.
La specifica crisi del Monastero di Kirti è stata oggetto di concertazione all'interno dell'Unione Europea. Su temi così importanti e delicati è, infatti, ancor più necessario che l'Europa si muova in modo coordinato. Si è dunque deciso di promuovere un'azione comune per rappresentare in maniera unitaria e coerente il disagio della UE a fronte delle notizie provenienti dal Sichuan. Il Servizio Esterno ha convocato l'Ambasciatore di Cina presso la UE per esprimere la profonda preoccupazione dell'Unione per le notizie di violenze da parte delle Autorità del Sichuan ai danni dei monaci tibetani. La UE ha inoltre lamentato il rifiuto da parte delle Autorità cinesi di consentire l'accesso all'area di Kirti, circostanza che non ha permesso una valutazione accurata ed indipendente di quanto accaduto.
Va anche sottolineato che, in occasione della sua visita in Cina lo scorso maggio, il Presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy ha espresso un forte richiamo al rispetto dei diritti umani, inclusi quelli religiosi, quale parametro per giudicare il ruolo ed il contributo della Cina come «attore responsabile globale». Il Presidente ha ricordato agli interlocutori cinesi che i diritti umani costituiscono uno dei valori fondanti della costruzione europea.
La situazione del monastero di Kirti sarà nuovamente sollevata da parte dell'Unione Europea in occasione della prossima sessione semestrale del dialogo UE-Cina sui diritti umani, prevista per il 16 giugno.
L'Italia continuerà a seguire con la massima attenzione questa delicata vicenda. Intendiamo naturalmente mantenere il nostro costante impegno nel monitorare, in generale, la situazione dei diritti umani in Cina. Sosteniamo attivamente le istanze che, in seno all'Unione Europea e in altri consessi internazionali, si rivolgano alle autorità cinesi per chiedere loro maggiori aperture verso la tutela della libertà religiosa e di pensiero.
È nota l'azione che il nostro Paese esercita in ambito multilaterale a tutela della libertà religiosa. Dal 2009, voglio qui ricordarlo, l'Italia ha promosso l'adozione da parte del Consiglio dell'Unione Europea di conclusioni ad hoc sulla libertà di religione. In ambito comunitario, grazie al lavoro della task force sulla libertà religiosa che si riunisce periodicamente, è stato lanciato nel luglio 2010 un «Piano d'Azione» con l'obiettivo di promuovere misure a tutela della libertà religiosa in Pag. 38quattro settori d'intervento: azione bilaterale, iniziative multilaterali, sostegno finanziario, formazione.
Con il contributo dell'Italia, l'esercizio ha permesso di ribadire i punti essenziali caratterizzanti la posizione europea in materia, anche nel dialogo con la Cina.

PRESIDENTE. L'onorevole Mecacci ha facoltà di replicare.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, come avevo premesso non mi sono fatto illusioni sulla risposta del Governo e ne ho avuto conferma. Infatti, la risposta del sottosegretario fa emergere quella che potrebbe essere una piccola notizia, ossia che nei confronti della Cina sostanzialmente il Governo ha abdicato la nostra politica estera all'Unione europea. Quindi nei confronti della Cina finalmente abbiamo o avremo una politica estera comune dell'Unione europea. Questo purtroppo riguarda solo le questioni scomode ossia quando si parla di diritti umani si invoca l'Unione europea e si delega ad essa di occuparsene, mentre quando si tratta invece di altre questioni politicamente più importanti anche da un punto di vista economico i rapporti bilaterali sono coltivati spesso anche con iniziative alquanto discutibili nel merito.
Ciò proprio per il sostegno politico che si esprime nei confronti di un Governo con il quale - lo ripeto - nessuno vuol mettere in discussione la necessità di avere buoni rapporti, sotto tutti i punti di vista: economico, della cooperazione militare e da quello che può derivare da rapporti tra Paesi a livello internazionale. Tuttavia, il fatto che si espunga da questo tipo di rapporto qualsiasi riferimento alla necessità che un Paese di questa importanza debba necessariamente andare verso delle riforme di tipo democratico, a partire dal rispetto di alcuni diritti umani fondamentali come quelli di cui stiamo parlando, rappresenta un grave errore. Errore che abbiamo commesso anche rispetto ad altri Paesi, nella storia recente della politica estera italiana, basti pensare alla questione libica, a quella tunisina e alla questione egiziana, dove vi era un'esposizione politica del nostro Paese a sostegno di questi Governi ultronea rispetto a quello che era necessario fare per avere buoni rapporti dal punto di vista economico.
Quindi, non posso che dichiararmi insoddisfatto, non perché - e credo sia un'opinione condivisa da tanti colleghi in Parlamento - parla un esponente dell'opposizione rispetto al Governo, ma perché l'impostazione scelta, di non occuparsi e non sollevare questioni che sono ritenute politicamente scomode e che attengono alla governance di un Paese come la Cina, nel momento in cui si decide di avere rapporti politici privilegiati, come è stato testimoniato anche dalla recente visita del Presidente del Parlamento cinese in Italia, si commette un errore di valutazione che, ritengo, non porterà vantaggi al nostro Paese, perché la Cina è un grande Paese che ha la concezione dell'importanza dei rapporti di forza a livello internazionale e sa benissimo che la questione della sua legittimazione democratica a livello internazionale è un elemento importante anche per le prospettive della sua crescita.
Quando un Paese come l'Italia, che è membro del G8 ed un Paese fondatore dell'Unione europea, smette di sollevare questo tipo di questioni, ecco che ci si indebolisce, e quando ciò accade di fronte a Governi di questo tipo, si offre anche l'opportunità perché vengano prese, in realtà, delle iniziative più aggressive, anche all'interno di altri dossier, che sono importanti e considerati più strategici per il nostro Paese.
Considerata la risposta mi riservo, insieme ad altri colleghi, di valutare l'opportunità di presentare altri atti parlamentari, come mozioni o altro, che possano, in qualche modo, correggere l'impostazione che il Governo oggi ci ha espresso e che riteniamo profondamente sbagliata.

(Orientamenti del Governo in merito all'introduzione del pedaggio in alcuni tratti autostradali della regione Sicilia - n. 2-01083)

PRESIDENTE. L'onorevole Gianni ha facoltà di illustrare la sua interpellanza Pag. 39n. 2-01083, concernente orientamenti del Governo in merito all'introduzione del pedaggio in alcuni tratti autostradali della regione Sicilia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

PIPPO GIANNI. Signor Presidente, sarò brevissimo, considerata l'ora tarda. La decisione di introdurre il pedaggio autostradale in moltissimi tratti della Sicilia ha creato una buona mobilitazione generale, non perché non si voglia pagare il pedaggio, ma perché non ci sono le autostrade.
Se non fosse che vi è una serie di trazzere chiamate autostrade, che necessitano di tutta una serie di interventi, il presidente Ciucci, in maniera sfacciata e in maniera fuorviante, da un lato ci dice che deve introdurre il pedaggio e, dall'altro, che lo farà quando sarà pronto il sistema di pedaggiamento, e quindi lo sospende. Nel frattempo ci dice anche che adotterà una serie di interventi e di investimenti per modernizzare la rete stradale e autostradale della Sicilia.
La cosa è anche abbastanza grave, Presidente, perché si vorrebbe introdurre, su 425 chilometri, pari al 45 per cento dell'intera rete, il pedaggio nelle autostrade siciliane. Ciò è ancora più grave sapendo che non vi è nessuna rete ferroviaria in Sicilia e che da decenni aspettiamo che vi sia una serie di interventi, pur essendo presenti in Sicilia molte zone industriali (Priolo, Milazzo, Gela e così via) dove il prelievo fiscale è di oltre 30 miliardi di euro l'anno, da almeno 50 anni, senza che si senta il bisogno di restituirne un bel po'.
Lo sconcerto diventa ancora più forte e più evidente quando si viene a sapere che le risorse che saranno prese da questo pedaggio devono servire come equivalente del contributo annuo che lo Stato dà all'ANAS, cioè danno e beffa che insieme camminano contro la Sicilia ed i siciliani, dimenticando che siamo costretti ad usare l'autostrada perché non ci sono le reti ferroviarie ed altro, colpendo ancora una volta la massa dei pendolari, che sono coloro che più di altri hanno la necessità di utilizzare le autostrade.
La domanda è se non si ritenga opportuno sostenere, così come previsto oltretutto nel programma dell'attuale maggioranza, un processo accelerato di ammodernamento infrastrutturale nella regione siciliana che ne favorisca il rilancio economico e consenta ai cittadini di potere usufruire, finalmente, di un sistema di mobilità idoneo alle loro esigenze, e magari dopo tornare a parlare di pedaggio (Applausi dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luca Bellotti, ha facoltà di rispondere.

LUCA BELLOTTI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, ritengo opportuno evidenziare che l'introduzione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di ANAS è stato previsto dalla manovra di stabilizzazione finanziaria varata dal Governo con il decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
La ratio di tale disposizione risiede nell'esigenza di consentire il contenimento della spesa pubblica attraverso la riduzione dei contributi statali all'ANAS e, quindi, non si traduce in alcun trasferimento di risorse aggiuntive per la società stessa. Tali entrate, derivanti dall'attuazione del comma 1 dell'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 2010, saranno destinate per costi di investimento, per la manutenzione straordinaria e gestione delle tratte da pedaggiare.
Ai sensi del suddetto articolo 15, comma 1, è in corso di emanazione il DPCM che, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, dovrà individuare le autostrade e i raccordi autostradali in diretta gestione ANAS da sottoporre al pagamento di un pedaggio.
Ritengo opportuno rimarcare che la classificazione della rete stradale ed autostradale Pag. 40di interesse nazionale è stata realizzata ad opera del decreto legislativo n. 461 del 1999, ai sensi dell'articolo 98, comma 2, del decreto legislativo n. 112 del 31 marzo 1998 e che, pertanto, le tratte da pedaggiare sono già riportate in detto decreto.
Appare evidente che, come peraltro affermato dallo stesso Ministro Matteoli nella seduta del question time del 16 marzo 2011, qualora le tratte stradali assumessero caratteristiche funzionali di tipo autostradale, non potranno essere escluse dal pedaggiamento ovunque siano esse collocate. In merito al richiesto processo di ammodernamento delle infrastrutture viarie nella regione, deposito presso la Presidenza un prospetto, di sintesi degli interventi in corso, che ammontano a circa 800 milioni di euro.
In Sicilia, quindi, a conferma del costante interesse del Governo per la regione, faccio rilevare che tra lavori in corso e quelli previsti, sono preventivati lavori pari a circa 2 miliardi di euro. Precisato quanto sopra e, al fine di una maggiore conoscenza delle problematiche che hanno contribuito al rallentamento del processo di ammodernamento, pongo l'attenzione sul fatto che la Regione Siciliana è percorsa da 600 chilometri di autostrade, delle quali poco più di 300 gestite direttamente dall'ANAS. La restante parte sono in concessione al Consorzio per le Autostrade Siciliane (CAS). Il consorzio è stato più volte sollecitato, così come stabilito dalla vigente convenzione, affinché provvedesse ad effettuare gli investimenti previsti sulle tratte di competenza ma, nonostante ciò, il CAS ha provveduto soltanto a trasmettere i programmi annuali d'intervento senza procedere alla realizzazione dei lavori di manutenzione previsti nei piani. In particolare, il programma degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria per l'anno 2011 prevede una spesa, per l'anno in corso, di oltre 41 milioni di euro.
Tuttavia, come sostenuto dallo stesso consorzio, per gran parte degli interventi le progettazioni sono ancora in fase di redazione e, quindi, non è possibile predisporre il relativo cronoprogramma. Inoltre, il CAS ha allegato al programma di manutenzione ordinaria anche un piano di manutenzione straordinaria, costituito da 23 interventi, con una stima di costi per l'anno corrente pari a oltre 58 milioni di euro che, pur essendo già stati previsti, in gran parte non sono stati ancora avviati.
Il perdurare degli inadempimenti convenzionali da parte del CAS ha originato il provvedimento di dichiarazione della decadenza dalla concessione disposta il 5 luglio 2010 con decreto interministeriale dei Ministri delle infrastrutture e trasporti e dell'economia e delle finanze, registrato alla Corte dei Conti il 4 novembre 2010. In seguito l'ANAS ha avviato un contenzioso con il Consorzio per le Autostrade Siciliane, che ha impugnato al TAR il provvedimento di decadenza ottenendone la sospensione.

PRESIDENTE. L'onorevole Gianni ha facoltà di replicare.

PIPPO GIANNI. Signor Presidente, ringrazio il collega sottosegretario Bellotti, perché ho visto lo sforzo che ha fatto nel cercare di coprire il ritardo che vi è in effetti nell'utilizzo delle risorse pubbliche e del programma dei progetti che il Ministro Altero Matteoli, per tutti, ha fatto. Non mi sento però molto soddisfatto perché, al di là delle enunciazioni e dei numeri che sento ormai da tempo citati, non vi è un intervento vero e non vi è una data certa. Sappiamo che ci sono contenziosi con il CAS e bisognerebbe aprirne qualcuno anche con l'impresa Pizzarotti che magari utilizza le aziende siciliane e poi non le paga e continua ad avere appalti dall'ANAS. Bisognerebbe vedere perché non si eliminano i caselli autostradali che sono in costruzione da anni, ma fermi là, con grave pericolo per l'autista o chi deve attraversare questi posti e non ha nemmeno la possibilità di poterli evitare con i gravi incidenti che ci sono stati.
Allora, anziché parlare oggi di pedaggi, sarebbe opportuno parlare dell'impostazione generale, di ritornare a dare ai siciliani quello che spetta loro. Non è un Pag. 41atteggiamento da piagnisteo tipico del meridionale. Qui vogliamo quello che ci spetta, sottosegretario. Abbiamo dato nel tempo miliardi di euro allo Stato a volontà, continuiamo a farlo ogni anno, e di questo non vi è un ritorno. Altro che palla al piede! Altro che risorse bruciate! Altro che tentativi di far passare attraverso giornali, che magari hanno interessi diversi, il Meridione come un posto dove si bruciano le risorse! Le risorse non ci sono, vengono prese, vengono impegnate nel Nord Est e nel Nord Ovest, centro dell'economia trainante, e qui non riusciamo nemmeno a fare le autostrade e a costruirle in modo che possano essere percorribili, senza incidenti, per consentire a chi va a lavorare di poterci andare quando c'è il lavoro da fare perché manca anche quello.
Conosco il sottosegretario e so quanto sia persona sensibile. So che egli ricopre da poco quest'incarico e sono convinto e certo che sarà da stimolo e da pungolo al Ministro magari attenzionando una serie di problematiche che hanno la necessità di una risposta certa. Grazie comunque al sottosegretario per ciò che ha fatto (Applausi dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile).

(Orientamenti del Governo in merito alla nomina del presidente dell'autorità portuale di Bari e alla revoca dell'attuale incarico commissariale - n. 2-01088)

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01088, concernente orientamenti del Governo in merito alla nomina del presidente dell'autorità portuale di Bari e alla revoca dell'attuale incarico commissariale (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARIO TASSONE. Signor Presidente, illustro quest'atto di sindacato ispettivo che è un po' datato, perché per alcune vicende che hanno riguardato i lavori di Aula non siamo riusciti ad affrontare questo argomento e quindi la discussione di questo atto di sindacato ispettivo si svolge soltanto adesso.
Signor Presidente, ci troviamo di fronte ad una situazione estremamente grave, che riguarda la designazione del presidente dell'autorità portuale di Bari. Era soltanto una designazione quando ho prodotto questa interpellanza, adesso credo che l'atto si sia completato dopo il parere delle Commissioni parlamentari di merito.
Ho affrontato questo tema anche nella stessa Commissione trasporti di questa Camera, in sede di parere. Non è soltanto una vicenda che riguarda un atto politico e amministrativo, ma credo che riguardi più un fatto più grave sul piano penale e dell'opportunità politica. Ho molta considerazione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per pensare minimamente che lui - a fronte di una conoscenza dei fatti e dei dati - si sia ovviamente determinato alla nomina di questo presidente dell'autorità portuale, che è un prodotto trasversale.
Signor Presidente, signor sottosegretario, quando ci sono interessi da una parte e dall'altra e c'è un fatto di illegalità e di illegittimità non c'è dubbio che il prodotto della nomina del presidente dell'autorità portuale è un fatto trasversale da parte del PDL e del PD. Queste cose vengono ad essere contenute nella nostra interpellanza e mi auguro che il Governo e soprattutto poi l'ufficio che ha prodotto il documento che ci evidenzierà e ci esporrà il sottosegretario abbiano colto il ragionamento fatto.
Peraltro, signor sottosegretario, la vicenda del porto di Bari non finisce qui. Infatti, io faccio riferimento con l'interpellanza ad una Commissione di indagine nominata da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti presieduta da un presidente di sezione del Consiglio di Stato, il quale fa riferimento chiaramente a situazioni certamente malavitose e di rapporti certamente dubbi da parte dell'autorità portuale e del presidente dell'autorità portuale nella gestione di alcuni rapporti ovviamente con strutture Pag. 42e con società con le quali si è intrattenuto un rapporto di interesse. Si parla di cinque milioni di affidamento senza nessuna licitazione e senza nessun incanto. Si parla ovviamente di business milionari. Si parla ovviamente di affidamento di aree demaniali a parcheggio in trattativa privata. Quindi, vi sono dei beni demaniali sui quali certamente si paga qualche migliaio di euro perché oramai qualcuno ha pensato che queste aree fossero di proprietà.
C'è ovviamente l'affidamento di servizi di viabilità e sicurezza anche in trattativa privata a personaggi che certamente hanno dei precedenti penali. Tutto questo ovviamente è stato provato e comprovato abbondantemente. C'è ovviamente anche una nota del direttore generale per i porti, Caliendo, per quanto riguarda alcune assunzioni fatte privatisticamente, senza nessun incanto. Il direttore generale dice che l'espletamento delle procedure concorsuali selettive di evidenza pubblica rispetta i principi di trasparenza ed efficienza di nomina in materia. Tutto questo non è avvenuto, perciò si evidenzia questo aspetto.
L'interpellanza nasce dalla vicenda per cui il Ministro Matteoli ha nominato Mariani col concorso del presidente della regione Nichi Vendola, che, per carità di Dio, è un ex collega. Però quando parliamo di etica e di moralità dovremmo stare tutti quanti attenti. Questo si configura, per i dati che abbiamo, come una associazione a delinquere.
Mi auguro che le risposte che le hanno dato facciano allontanare i dubbi dal Ministero - o dal Ministro - di essere consapevole e corresponsabile di un'associazione a delinquere.
Questi fatti li ho resi pubblici in Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari, con tutti gli articoli che hanno accompagnato questi fatti in questi giorni, articoli che posso anche produrre e consegnare alla Presidenza. «Appalti sospetti, indaga l'Antimafia», «Vigilanza e traffico auto: al porto hanno assunto molti pregiudicati», questo viene scritto. Ma cosa è successo, signor Presidente? Quando la commissione d'indagine del Ministero ha accertato le illegalità di questo signor Mariani, l'autorità portuale viene ad essere commissariata. Con chi? Con lo stesso Mariani.
La Commissione d'indagine afferma che vi erano rapporti illegali e atti illeciti, atti sospettati di illiceità e di illegittimità e, tuttavia, nomina lo stesso Mariani? Ma qui bisogna fare riferimento all'Assoporti, alla gestione dell'Assoporti, a un collegamento dell'Assoporti ad una gestione che alcuni dicono - non ho le prove provate - criminosa, di interessi privati, con una società a lunga gittata sul piano criminale.
Ma vi è una violazione della legge. Perché si nomina Mariani? Perché c'è il «sì» del Ministro e del presidente della regione? Dovrebbero parlare il capogruppo alla regione e il coordinatore regionale del Popolo della Libertà, perché ci sono parenti interessati in questo traffico. E poi, in Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari ci occupiamo dei codici deontologici! A chi facciamo i codici deontologici, quando si consuma un fatto così, d'inganno e di violazione della norma?
La legge n. 84 del 1994 è stata violata nel suo articolo 7, comma 3, perché dice chiaramente che chi produce un deficit di bilancio deve essere rimosso e, quindi, non può essere nominato. Poi si inventa un'altra cosa e si dice che si tratta di una questione amministrativa e, perciò, si deve vedere quali sono stati i finanziamenti in conto capitale, sebbene i finanziamenti che ci sono stati non sono neanche stati messi in atto, cosa che ho evidenziato con una nota lasciata in Commissione trasporti.
Signor sottosegretario, credo che lei sia venuto qui con questo «raccontino» che è una violazione incredibile e, soprattutto, con il richiamo al decreto del Presidente della Repubblica sulla contabilità degli enti locali, che è un'altra cosa e certamente non è il riferimento all'articolo 7, Pag. 43comma 3, della legge n. 84 del 1994. Questa legge, in fondo, è sorta per privatizzare i porti e per creare dei manager. Vi è un deficit di bilancio per quanto riguarda i conti consuntivi, la gestione e il personale. Non si tratta di una promessa del finanziamento, perché se così fosse un Ministro con la promessa del finanziamento, eliminando il finanziamento o il carico dei pedaggi, potrebbe ovviamente gestire il commissariamento in entrata e in uscita a suo piacimento. Ma non è così! Non è questo lo spirito della legge. È la prima volta che vi è un'invocazione di questo genere. Chi ha varato questa legge non aveva questo intendimento. Così vi è una violazione di quello che è lo spirito della legge e la volontà espressa da parte del legislatore.
Si è andato avanti lo stesso, con l'arroganza del potere e con la copertura di alcune forze di sinistra. L'estrema sinistra «rivoluzionaria» si ritrova sul piano del potere della gestione degli appalti e degli affidamenti. Ci si trova d'accordo, con le promesse e anche con tutto il discorso della vessazione perpetrata da questo signore per quanto riguarda la Bari Porto Mediterraneo. Ci sono state vessazioni incredibili, violazioni di norme, di buon gusto e di opportunità.
E il Ministro che fa? Va avanti tranquillamente! Alcuni di noi, compresi esponenti del Popolo della Libertà, sono intervenuti in Commissione trasporti, ma si va avanti lo stesso. Ho avuto qualche sentore di alcuni comportamenti tenuti per determinati porti quando ero al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ma pensavo che si trattasse di una devianza in un particolare momento, tuttavia forse c'è una mentalità che mi sfugge. Ovviamente, ognuno deve assumersi le proprie responsabilità e, a tal proposito, esiste anche un Tribunale dei ministri.
Abbiamo presentato questa interpellanza urgente - e mi avvio alla conclusione, signor Presidente - perché vogliamo conoscere la risposta, forse sacrificando anche i principi e soprattutto i lavori parlamentari.
Se il sottosegretario vuole rispondere con un documento confezionato può anche leggerlo, ma se è confezionato - e glielo dico con molta tranquillità, signor sottosegretario - con le baggianate, con le violazioni e con gli insulti...
Infatti, gli argomenti esposti sono provocatori: conosciamo anche le violenze perpetrate nei confronti dei direttori generali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per abbracciare alcune tesi illegali e immorali - e lo ripeto - illegali e immorali!
Se lei è venuto, signor sottosegretario, di buon accordo rinuncio anche alla replica, ma non rinuncio alla sua esposizione: riprendiamo un discorso molto più serio perché si tratterà di un discorso serio. Ciò che lei dirà in quest' Aula, nella fase di risposta alla mia interpellanza urgente, certamente sarà grave e avrà una ricaduta sul piano politico. Ciò avverrà in questo momento: vi saranno delle conseguenze certamente sul piano morale, ma anche su quello politico, nei confronti della sua persona, che certamente rispetto, ma anche del titolare del suo Dicastero.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luca Bellotti, ha facoltà di rispondere.

LUCA BELLOTTI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, onorevole Tassone, la risposta è abbastanza lunga e spero che possa, in qualche maniera, venire incontro a quelle che sono le sue aspettative.
In merito alle questioni evidenziate nell'interpellanza in esame, preliminarmente, ritengo opportuno precisare che le considerazioni riguardanti presunti favoritismi in favore di una cooperativa nell'affidamento di alcune attività a servizio dei traffici portuali, sono state già affrontate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in occasione del sopralluogo eseguito da propri dirigenti e funzionari Pag. 44presso la stessa autorità portuale di Bari in data 24 ottobre 2008.
Infatti, nella relazione di verifica, gli stessi funzionari, affermano che: «Alla luce delle considerazioni sopra esposte e della documentazione esaminata non sembrerebbero potersi individuare irregolarità nella gestione dell'affidamento in questione».
Dalla stessa relazione emergeva, peraltro, che gli affidamenti diretti alla cooperativa Multiservizi portuali risalivano agli anni 2001 e 2004, epoca nella quale la presidenza dell'autorità portuale era affidata ad altro soggetto.
A tale proposito è doveroso rilevare che, al fine di uniformarsi alla normativa in materia di affidamento di servizi mediante procedure di evidenza pubblica, ponendo fine al regime di affidamento diretto, il comitato portuale, sotto la presidenza Mariani, con delibera n. 9 del 6 giugno 2008, ha indetto una gara pubblica per l'affidamento in concessione del servizio di regolazione, anche motorizzata, del traffico veicolare all'interno delle aree portuali di Bari, servizio bus navetta e monitoraggio delle banchine pubbliche e delle aree comuni, anche ai fini dell'applicazione del «Programma nazionale di sicurezza marittima contro eventuali azioni illecite internazionali», approvato dal Comitato interministeriale sicurezza marittima in data 26 aprile 2007.
Nell'ambito della procedura di detta gara è sorto un contenzioso con un'impresa esclusa, nel corso del quale, su conforme parere dell'avvocatura distrettuale, l'autorità portuale decideva di prorogare, a far data dal 1o febbraio 2009, l'affidamento alla Multiservizi Portuali Scarl, il servizio di presidio alle port facility per la security portuale e per le attività ad essa connesse e per la viabilità.
Nel frattempo, a seguito dell'ultimazione dei lavori di realizzazione della darsena di ponente, si sono determinate modificazioni sostanziali relative agli aspetti infrastrutturali delle banchine e dei piazzali della darsena stessa che hanno determinato una nuova configurazione dell'impianto portuale del molo di ridosso e darsena di ponente per l'ormeggio di navi passeggeri da crociera e navi traghetto passeggeri. A ciò è seguito un diverso assetto della recinzione perimetrale a delimitazione delle aree ristrette della Port Facility, rendendo opportuno riesaminare la valutazione dei rischi delle Port Facilities in questione. La capitaneria di porto quindi provvedeva: con decreto n. 8, in data 10 febbraio 2009, ad approvare la valutazione di sicurezza del porto di Bari relativa all'accosto di navi da passeggeri presso le Port Facilities molo San Vito, molo di ridosso e banchina deposito franco esistenti nel porto di Bari; con successivo decreto n. 44, in data 4 maggio 2009, all'approvazione del nuovo piano di sicurezza del porto di Bari con riguardo alle predette Port Facilities.
Il riassetto del porto, il riesame dei rischi relativi agli impianti portuali e le conseguenti variazioni occorse ai piani di security hanno determinato un mutamento della situazione di fatto, rendendo obbligatoria una nuova valutazione dell'originario interesse pubblico da soddisfare con l'evidenza che la gara precedentemente indetta con deliberazione del Comitato portuale n. 9 del 6 giugno 2008 si è rivelata non più rispondente alle reali esigenze operative; pertanto, il Comitato portuale, con delibera n. 6 del 1o luglio 2009, ne ha disposto la revoca.
Circa le osservazioni formulate sul rendiconto generale dell'esercizio 2010, si ritiene necessario far rilevare che le autorità portuali predispongono i propri documenti contabili sulla base di uno specifico regolamento di amministrazione e contabilità approvato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge 28 gennaio 1994, n. 84. Non è pertanto applicabile a tali enti il decreto del Presidente della Repubblica 27 febbraio 2003, n. 97, essendo questo riferito agli enti pubblici di cui alla legge 20 marzo 1975, Pag. 45n. 70, la cui applicazione alle autorità portuali è espressamente esclusa dal comma 2 dello stesso articolo 6.
Occorre inoltre chiarire che la previsione di revoca del presidente e scioglimento del comitato portuale previsti dall'articolo 7, comma 3, della stessa legge 28 gennaio 1994, n. 84 è riferita alla presenza di un disavanzo nel conto consuntivo. Al riguardo, si precisa che tale dizione nella legge in questione fa riferimento a quello che, nella nuova terminologia introdotta con i regolamenti di contabilità in vigore dal 2008, è oggi definito rendiconto generale; tale circostanza appare evidente dalla lettura dell'articolo 12 della stessa legge.
Fatta tale doverosa precisazione, è agevole accertare che il rendiconto 2010 dell'Autorità portuale di Bari, pur presentando un disavanzo economico di 622.665,73 euro e un disavanzo finanziario di competenza di 1.777.981,69 euro, evidenzia un avanzo di amministrazione tale da coprire ampiamente le perdite dell'esercizio. Esso ammonta, infatti, ad oltre 26 milioni di euro ed è costituito da un fondo di cassa effettivo di 25,9 milioni di euro, oltre che dalla presenza di residui sia passivi che attivi sostanzialmente a pareggio e pari rispettivamente a 6,13 e 6,54 milioni di euro.
Per quanto detto è evidente che, anche se eventuali vicende impreviste, quali la sentenza della magistratura citata dall'interpellante, riducessero o azzerassero i crediti, cioè i residui attivi, il risultato di bilancio sarebbe comunque ampiamente in positivo.
Il documento contabile in questione, sul quale il collegio dei revisori dei conti ha espresso il suo parere favorevole, è stato approvato dal Comitato portuale dell'Autorità nella seduta del 29 aprile 2011 con voto unanime dei presenti e la relativa delibera è attualmente all'esame dei Ministeri vigilanti.
Per quanto riguarda la vicenda della nomina di un commissario presso l'autorità portuale barese, disposta dal signor Ministro nel giugno del 2009, a seguito dell'esito dei lavori di un'apposita Commissione ministeriale, si rappresenta che il relativo decreto ebbe vita molto breve. Già all'indomani della sua emanazione, il provvedimento venne sospeso dal TAR Puglia con decreto monocratico del Presidente e, successivamente, lo stesso TAR, ne sentenziò l'annullamento per eccesso di potere ricavabile dalla specificità degli addebiti mossi al presidente, quasi interamente riferibile al rapporto tra l'autorità portuale e la società Bari porto mediterraneo che, a parere del giudice, assumono una rilevanza assai ridotta nel contesto della complessiva attività dell'ente. Inoltre, sempre secondo il TAR Puglia, il decreto ministeriale scaturito dalle risultanze della Commissione non evidenziava indizi di grave e comprovata cattiva gestione da parte del presidente.
Quindi, per quanto detto, appare evidente che l'assetto di bilancio dell'autorità portuale di Bari, che mai ha presentato situazioni di disavanzo, appare perfettamente in grado di sopportare un'eventuale incidenza negativa delle sentenze sui crediti contestati.
Infine, come peraltro già noto agli interroganti, ritengo opportuno rammentare che la proposta di nomina del signor Mariani quale presidente dell'autorità portuale di Bari è stata approvata dalla IX Commissione della Camera dei deputati nella seduta del 31 maggio 2011.

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di replicare.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, non voglio fare un appunto particolare al sottosegretario, anche perché l'unica cosa che posso dire è che il Ministero, in tutto questo, ha lavorato poco visto che la risposta l'ha costruita Mariani. Egli è, per quanto mi riguarda, il massimo sospettato di un'operazione illegale, illecita, che lo vede destinatario e, allo stesso tempo, propulsore. Non ho altre argomentazioni, altri temi, da portare, anche dopo la sua risposta.
Signor sottosegretario, la sua risposta è inquietante perché cerca di deviare tutto il mio argomentare in presenza di una Pag. 46Commissione ministeriale che ha operato successivamente e indipendentemente da quelli che erano i tecnici del Ministero. Questa Commissione ministeriale è presieduta da un Presidente di sezione del Consiglio di Stato. Pare che l'autorità portuale confonda l'interesse pubblico con il proprio interesse patrimoniale. Tutto questo non ha lasciato nessuna traccia e nessuna valutazione in tutta la problematica che riguarda il funzionamento.
Inoltre, alla Cooperativa multiservizi portuale è stata, tra l'altro, offerta la stessa autorità portuale con una procedura, come dice la stessa Commissione ministeriale, che desta forti perplessità; un appalto di svariati milioni di euro per lo svolgimento di servizi perfettamente sovrapposti a quelli gestiti dalla società Bari porto mediterraneo. Da più parti è stata denunciata la presenza di soggetti discutibili con riferimento a trascorsi penali certificati per molti componenti nell'ambito della stessa Cooperativa che, con sprezzo di ogni dovere d'ufficio, sono stati dal presidente dell'autorità portuale utilizzati addirittura come addetti alla security, per la sicurezza e la prevenzione nei confronti di eventuali attacchi terroristici internazionali. Lei, signor sottosegretario, che ringrazio manifestando tutto il rispetto che ho per lei sul piano personale, che cosa mi ha raccontato? Cosa le hanno fatto raccontare? Dopo la sua risposta mi sono convinto che ci troviamo, è una mia impressione, viste le notizie che abbiamo letto, di fronte ad un'associazione a delinquere. Qui il problema non riguarda il presidente dell'autorità portuale. Questa è un'associazione a delinquere!
Ho chiesto anche alla Commissione trasporti che si promuovesse quanto meno un'indagine conoscitiva. Non so che cosa hanno fatto, sia per quanto riguarda l'Assoporti, che cambia lo statuto in termini incivili e antidemocratici, sia per quanto riguarda il presidente dell'Autorità portuale di Bari.
Il fatto del conto consuntivo generale, signor sottosegretario, non è - si convinca - nello spirito della legge n. 84 del 1994. Le hanno fatto dire una stupidità! Anche su tutto il discorso del bilancio che lei ha fatto, certamente i risultati sono negativi: le hanno fatto dire una stupidità. Questa è la cricca genovese, che ha fatto, a suo tempo, a Genova tanti trasporti, sia il presidente dell'Autorità portuale sia l'attuale segretario generale. Ci troviamo di fronte a cricche! Lei lo ha capito, signor sottosegretario, o no? Lei è stato nominato da poco in quel Ministero: capisce che cosa significa il termine «cricche»? Ci troviamo di fronte a cricche! Le hanno fatto dire un falso.
È una violazione di legge ciò che è stato fatto. Non si possono accampare finanziamenti in conto capitale per dire che la situazione è tutta florida e che poi c'è anche il fondo. Vi è il problema della gestione, del modo con cui si è gestito il personale, delle spese e delle «donazioni», lo dico tra virgolette, che sono state erogate.
È questo il fatto negativo, che certamente sconfigge il principio contenuto nella legge n. 84 del 1994. Ho fatto riferimento prima al management, alla buona e corretta amministrazione. I risultati di gestione sono negativi e i risultati che si accampano sono quelli sulla carta delle promesse di finanziamento. Stanno perdendo anche 90 milioni di euro perché non hanno iniziato con questi finanziamenti gli investimenti; in particolare, con riferimento ad alcuni investimenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, non sono iniziati nemmeno i primi lavori, non è stato insediato niente, neanche il primo cantiere. Nulla! Si stanno perdendo, si vanificano, e sono risorse di finanziamento anche comunitarie.
Io ritengo che la vicenda, come ho detto anche all'inizio, signor Presidente, non si chiuda qui. Conosco molto bene la situazione dei porti e la delicatezza della materia. Chi ha pensato di fare affari e di realizzare rendite parassitarie si è sbagliato di grosso. Mi auguro che la Commissione antimafia indagherà e mi auguro - l'ho chiesto - che il Ministro Pag. 47delle infrastrutture e dei trasporti venga anche in Commissione antimafia, e che venga anche il presidente della regione. Sì, mi auguro che venga anche il presidente della regione, perché voglio capire perché questo accordo trasversale, guarda caso, si risolve e si ritrova di fronte ad un atto certamente di illegalità ed illiceità.
Credo che questo sia un bel dibattito, molto bello, molto succoso, molto «gustoso». Non l'ho limitato ad un atto di sindacato ispettivo. Visto e considerato che si sta parlando di politica e di progetti - che poi non si vedono da nessuna parte - e vedo commozioni varie, rivendicazioni di vittorie e di successi infiniti, ci troviamo di fronte a questa vicenda miserevole e miseranda di Bari, dove vi è stato un giro di favoritismi da una parte e da un'altra, ed ecco, si è fatto il grande accordo: si è prodotto veramente un fatto inquietante. Ma noi andremo avanti.
Grazie, signor Presidente, ho raccolto il suo invito per un fatto tragico. Lei mi aveva invitato, signor Presidente, ad essere più stringato, poco fa. Volevo esserlo, anche per corrispondere alla sua cortesia e, soprattutto, in nome anche di una vecchia amicizia. Ma non potevo fare altro: non era un fatto tecnico e amministrativo, ma era un fatto politico, di costume e un problema etico. Certamente, il Ministero avrebbe potuto avere qualche guizzo e, soprattutto, qualche atto di maggiore umiltà, ma soprattutto di maggiore sensibilità, e non lo ha avuto. Ovviamente, si vive così, è andata così, ma noi certamente non faremo così. Chi pensa di avere risolto alcuni problemi, li ha aggravati, anzi, li ha evidenziati.

(Elementi circa l'erogazione da parte dell'Istituto nazionale di previdenza sociale di una misura economica in favore dei lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa n. 2-01106)

PRESIDENTE. L'onorevole Madia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01106, concernente elementi circa l'erogazione da parte dell'Istituto nazionale di previdenza sociale di una misura economica in favore dei lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARIA ANNA MADIA. Signor Presidente, tra le tante anomalie italiane una è tra le altre molto grave, che non ci fa stare con onore nell'Europa avanzata, che è quella di non avere uno strumento universale di sostegno al reddito, cioè uno strumento che nel momento in cui si perde il lavoro, qualunque tipo di contratto si abbia e in qualunque situazione ci si trovi, garantisca un reddito dignitoso, prima che si ritrovi un impiego e ci si immetta di nuovo nel mercato del lavoro.
Si tratta quindi di un problema grave di uguaglianza che noi abbiamo perché, probabilmente, in questi ultimi quindici anni di evoluzione anche giuslavoristica del mercato del lavoro, non c'è stato un welfare che è andato al passo con i tempi ed è un problema che altri Paesi europei hanno affrontato - penso alla Francia di Sarkozy che ha approvato il reddito di solidarietà attiva aumentando la tassazione sulle rendite finanziarie - e che noi ancora oggi ci troviamo a non aver affrontato.
La crisi che viviamo, tra l'altro, fa in modo che la mancanza di uno strumento universale di sostegno al reddito colpisca le fasce più deboli cioè tutte quelle persone, soprattutto giovani, donne e abitanti del Mezzogiorno che, da un giorno all'altro, senza un euro di indennità e un giorno di preavviso, hanno perso il lavoro. Si tratta di un problema antico che ci portiamo avanti da anni.
Poi un bellissimo giorno, ormai più di un anno fa, il Presidente Berlusconi è andato a reti unificate a dire che ci sarebbe stata una riforma epocale - di solito quando il Presidente annuncia riforme si tratta sempre di riforme epocali - ovvero che non ci sarebbe stato più nessun lavoratore precario che sarebbe rimasto, Pag. 48perdendo il lavoro, senza ammortizzatore sociale e cioè senza un reddito. Siamo stati tutti contenti anche noi dell'opposizione perché, se ciò fosse avvenuto, sarebbe stata una gran bella cosa. All'annuncio del Presidente sono seguiti anche annunci di diversi rappresentanti autorevoli del Governo.
Poi che cosa è successo? È stato approvato questo bonus precari, una riforma «epocale» per sostenere tutti coloro che perdevano il lavoro. Quali sono i numeri del bonus precari? Questo è l'oggetto della nostra interpellanza urgente. Già nel rapporto dell'INPS dello scorso anno, ovvero quel rapporto sulla coesione sociale che ci venne a esporre il presidente Mastrapasqua nel 2010 relativo all'anno 2009, Mastrapasqua ci disse che, a fronte di 10 mila domande presentate, soltanto 1499 erano state raccolte. Ciò significa che, nel 2009, 1499 persone in tutta Italia hanno potuto beneficiare del bonus in oggetto che si aggira intorno ai 200 o 300 euro.
Già l'anno scorso, quindi nel 2010 e relativamente all'anno 2009, come Partito Democratico avevamo sottolineato che erano numeri che ci facevano davvero vergognare del tipo di provvedimenti che erano stati adottati in un periodo di crisi grave come questa, perché la sola regione Lazio - è questo il primo punto che avevamo richiamato per sottolineare quanto tali numeri fossero vergognosi - aveva approvato, con la giunta Marrazzo-Montino, un reddito minimo di inserimento che aveva erogato circa 500 euro a 10 mila persone. Dunque una sola regione, nello stesso arco temporale e con meno risorse stanziate, dà 500 euro a 10 mila persone, mentre un Governo nazionale annuncia una riforma epocale e finisce per dare, nel 2009, a 1500 persone circa 200 euro.
Tra l'altro i numeri delle interruzioni delle collaborazioni, sempre in base ai dati INPS nel 2009, erano purtroppo molto più drammatici dei 1499 individui che avevano potuto beneficiare del bonus precari, perché nel corso del solo anno 2009, quasi 150 mila lavoratori che avevano rapporti di collaborazione e, quindi, versavano contributi alla gestione separata dell'INPS hanno smesso di farlo, probabilmente perché avevano interrotto il rapporto di lavoro.
L'onorevole Miglioli, del gruppo del Partito Democratico, depositò proprio su questo aspetto un atto di sindacato ispettivo ormai più di un anno fa, che non ha mai avuto risposta, dove diceva che, se a fronte di 147.000 collaborazioni che erano state interrotte in un anno e a fronte di 10.000 domande che erano state presentate per il bonus precari, solo 1499 avevano potuto avere accesso a questo sostegno, probabilmente vi era un problema nei criteri, vi erano delle pratiche troppo burocratiche, troppo farraginose e già un anno fa il Partito Democratico aveva detto che probabilmente addirittura l'interpretazione che dava l'INPS dei criteri era ancora più restrittiva dei già restrittivi criteri che la legge aveva imposto.
Abbiamo votato qui in Assemblea alla Camera, dopo averla approvata all'unanimità in Commissione lavoro, quindi anche con gli esponenti di maggioranza, una misura che prevedeva appunto un monitoraggio, cioè si voleva capire chi aveva accesso a questo bonus, come si aveva accesso, perché tante richieste non venivano accolte. Quel monitoraggio approvato all'unanimità in Commissione e poi qui in Assemblea alla Camera si è perso, credo, nei meandri del percorso Camera-Senato e non se n'è più saputo nulla.
Noi ci troviamo a distanza di un anno con un altro rapporto dell'INPS che il presidente Mastrapasqua è venuto ad esporre qualche settimana fa qui alla Camera, dove addirittura questo bonus precari viene solo citato, ma di numeri non se ne danno più, forse - temiamo - perché sono ancora più inquietanti e vergognosi di quelli che lo stesso presidente Mastrapasqua ci aveva dato l'anno scorso.
Allora noi con l'interpellanza urgente in esame vogliamo chiedere al Governo di farci capire quante sono le domande che Pag. 49sono state presentate per accedere a questo bonus precari, quante sono state quelle accolte, quante sono state quelle respinte, perché sono state respinte quelle che sono state respinte e in particolare se si tratta più di donne, più di giovani, se c'è stato un maggiore accesso al nord o sud del nostro Paese. Insomma, vogliamo capire come sono state erogate le poche risorse stanziate per questo bonus precari e se quelle poche risorse almeno sono state tutte erogate o addirittura già erano poche e nemmeno sono state tutte spese.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luca Bellotti, ha facoltà di rispondere.

LUCA BELLOTTI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, l'interrogazione che passo ad illustrare verte sull'erogazione del beneficio a sostegno del reddito, denominato una tantum, in favore dei titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto, cosiddetti Cocopro, iscritti in via esclusiva alla gestione separata presso l'INPS.
Su richiesta del Ministero che rappresento l'INPS ha comunicato i seguenti dati relativi al monitoraggio effettuato il 23 maggio scorso. In particolare le domande pervenute/acquisite nella procedura sono: 16767 per l'anno 2009; 17418 per il biennio 2010-2011, di cui respinte 13468 nel 2009 e 10904 nel 2010-2011. Le domande accolte/beneficiari e gli importi erogati sono:. 3138 nell'anno 2009 per un totale di 5.170.902,72 euro e 6107 nel 2010-2011 per un totale di 18.022.799,11 euro.
Le risorse stanziate per tale prestazione ammontano a 200 milioni di euro di cui 100 milioni, disposti dal decreto interministeriale 19 maggio 2009 n. 46441, a gravare sul Fondo per l'occupazione e altri 100 milioni, previsti dall'articolo 7 ter, comma 8, decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, imputati al Fondo di rotazione.
Preciso, inoltre, che, alla data del 23 maggio scorso, le risorse disponibili ammontano a 176.806.298,17 euro.
Per quanto riguarda gli aspetti relativi alla pubblicizzazione, si precisa che l'INPS ha diramato diversi comunicati stampa al momento dell'entrata in vigore della disposizione normativa e che le relative schede informative sono facilmente reperibili sul sito Internet dell'Istituto, digitando la locuzione generica: una tantum, Cocopro. Sono inoltre disponibili sul sito web, nella sezione news le circolari e le notizie che richiamano l'istituto in questione.
Comunque, il breve termine a disposizione non ha consentito di elaborare i dati a disposizione dell'INPS per rispondere alla richiesta di specifiche informazioni in merito alle aree geografiche, l'età e il genere dei beneficiari, nonché in merito alle eventuali motivazioni dei dinieghi. Eventualmente, in un'occasione successiva, vedremo di disporre meglio e con più completezza sull'argomento in questione.

PRESIDENTE. L'onorevole Madia ha facoltà di replicare.

MARIA ANNA MADIA. Signor Presidente, non sono soddisfatta perché, a fronte di questi numeri, mi sarei aspettata anche da un esponente del Governo che dicesse al Parlamento come pensa di far fronte al fallimento di una legge fatta male. Qui non è più neanche solo un problema di risorse, si può tranquillizzare Tremonti: la legge è fatta talmente male, che non si riescono neanche a spendere le poche risorse che sono state stanziate. E stiamo parlando, in piena crisi, del problema, forse, maggiore che sta toccando le persone colpite dalla crisi, cioè la disoccupazione, quando non si hanno strumenti di cassa integrazione o, comunque, di sostegno al reddito.
Credo che questo sia un aspetto gravissimo. Mi auguro che adesso il sottosegretario ne prenda atto, anche dopo la lettura dei dati che, purtroppo, confermano i sospetti del Partito Democratico, Pag. 50che ci erano venuti anche dalla relazione del presidente Mastrapasqua, qualche settimana fa. Mi auguro che il rappresentante del Governo si prenda in carico la responsabilità di rivedere i criteri che sono stati adottati per l'erogazione del cosiddetto bonus precari.
Concludo, ricordando i dati che lo stesso sottosegretario ha citato: nel 2010-2011, biennio di picco della grave crisi che stiamo vivendo, a fronte di quasi 18 mila domande presentate per il bonus precari, quasi 11 mila sono state respinte. C'è forse un problema nei criteri che sono stati adottati nella legge e nell'interpretazione che l'INPS dà di essa.

(Iniziative di competenza in merito all'adeguamento stipendiale di ricercatori e docenti universitari - n. 2-01113)

PRESIDENTE. L'onorevole Vassallo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01113, concernente iniziative di competenza in merito all'adeguamento stipendiale di ricercatori e docenti universitari (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, come lei diceva, l'interpellanza urgente in oggetto riguarda la situazione di diverse figure accademiche - ricercatori, professori associati e professori straordinari - che, nell'arco dei prossimi tre anni, dovrebbero acquisire a pieno titolo la fascia stipendiale che gli compete.
Il problema nasce dalla formulazione ambigua a questo riguardo del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito in legge nel luglio dello stesso anno, il quale prevede per molte categorie di impiegati alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, com'è noto, il cosiddetto blocco stipendiale, il quale è previsto sotto tre distinti profili o attraverso tre proposizioni normative.
La prima è quella secondo la quale il trattamento economico complessivo di una grande fascia di dipendenti delle amministrazioni pubbliche non può essere superiore, nei tre anni citati, a quello riconosciuto nel 2010, tranne i casi - si dice nella legge -, quindi fatti salvi i casi, nei quali vi siano effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva. Dovrò tornare su questa proposizione.
Una seconda proposizione che il decreto-legge n. 78 contiene a questo riguardo è che, in questi tre anni, sono congelate le progressioni automatiche degli stipendi.
In terzo luogo, esso stabilisce che le progressioni di carriera, eventualmente disposte durante questi anni, hanno effetto a fini esclusivamente giuridici.
Pertanto, sotto tre profili il decreto-legge chiarisce in cosa deve consistere il blocco stipendiale: il trattamento economico complessivo, salvo alcuni casi, deve rimanere immutato; sono congelate le progressioni automatiche degli stipendi; le progressioni di carriera non hanno effetti dal punto di vista stipendiale.
Il caso di cui si tratta - cioè dei ricercatori che vengono confermati nel corso di questi tre anni, o dei professori associati che passano da non confermati a confermati, o dei professori straordinari che diventano ordinari - è molto peculiare e non sembra rientrare in nessuna delle categorie previste dal decreto-legge.
Infatti, nel caso in questione, non si tratta di progressione di carriera - il terzo profilo di cui ho parlato - in quanto si tratta della conferma di ricercatori o professori nella medesima qualifica, nella medesima fascia. Dopo un periodo di prova di tre anni, i ricercatori vengono confermati nel ruolo di ricercatori, mentre i professori di prima e di seconda fascia vengono confermati nella prima o nella seconda fascia.
Non si tratta nemmeno di una progressione automatica degli stipendi, poiché il passaggio da non confermati a confermati avviene attraverso una valutazione che può anche dare esito negativo e, nel caso in cui ciò avvenga, comporta la dispensa dal servizio, cioè, in pratica, la rescissione del contratto. Pag. 51
Pertanto, questo caso non rientra di sicuro nelle due fattispecie citate per ultime, contenute nel decreto-legge, ma, se si guarda alla sostanza, si chiarisce ancora meglio che esso non può rientrare nel blocco stipendiale, perché la questione, nella sostanza, è ancora più chiara.
Cosa succede? Quando un ricercatore, o un professore, viene reclutato attraverso concorso, gli si dice: il tuo stipendio è pari a cento, ma nei primi tre anni di prova guadagni sessanta o settanta. Se superi la prova, vieni confermato nel ruolo e, dunque, ti viene riconosciuto tutto lo stipendio che ordinariamente viene riconosciuto per quel tipo di qualifica. Quindi, non vi è né progressione automatica, né progressione di carriera, per non considerare il fatto che, notoriamente, gli stipendi dei ricercatori italiani, già miseramente bassi a regime, lo sono in misura imbarazzante nel triennio di prova.
Si consideri, inoltre, che il triennio di prova è stato abolito dalla cosiddetta riforma Gelmini. Pertanto, se l'interpretazione che il Ministero dovesse dare fosse quella che il blocco si applica anche ai confermati, ci troveremmo di fronte ad un paradosso: il professore associato, assunto nel 2012 sulla base della riforma Gelmini, che quindi non è sottoposto al triennio di prova, guadagnerebbe di più di quello che guadagnano un professore associato o un professore straordinario assunti tre anni prima e che rimangono, per così dire, ingabbiati nel blocco degli stipendi del regime economico del triennio di prova.
Se poi si dovesse dire che è vero, non sono praticabili i due princìpi di cui dicevo prima - cioè la progressione economica automatica o la progressione in carriera - ma vale il principio generale per cui, comunque, il livello complessivo di retribuzione non può essere superiore a quello del 2010, ci troveremmo di fronte ad un altro paradosso: per esempio, nel caso dei ricercatori che vengono confermati, quelli che optano per il regime di part-time, potrebbero veder crescere il loro stipendio (naturalmente riferito al part-time per cui optano, perché comunque in questo modo non supererebbero il trattamento economico complessivo del 2010), mentre, invece, quelli che optano per il tempo pieno, non avrebbero più capienza per ottenere l'aumento stipendiale dovuto loro.
Sembrerebbe, dunque, che tutti gli elementi - sia di diritto, che di sostanza - concorrano a fare interpretare la norma del citato decreto-legge come non influente ai fini del riconoscimento del livello stipendiale dovuto, nel caso dei ricercatori e dei professori associati confermati o dei professori straordinari che diventano ordinari.
Tuttavia, siccome la norma è ambigua, molti atenei, anche per il timore giusto e comprensibile degli amministratori di incappare in una censura che eventualmente potrebbe portare persino ad una penalizzazione per danno erariale, si attengono alla interpretazione più cauta, e quindi sono incerti. Ad esempio ho potuto verificare che questa interpretazione è stata assunta dall'ateneo di Bologna, quello che conosco meglio e nel quale sono incardinato, per mia fortuna, in un ruolo di professore ordinario già confermato; non si tratta in questo caso di conflitto di interesse.
Mi pare quindi doveroso che il Ministero chiarisca questo dubbio, confido che lo possa fare già oggi, impegnandosi poi a dare una adeguata formalizzazione a questo indirizzo. Il rischio peraltro, se questo non avvenisse, è che il caso produca, come già avvenuto per altre circostanze simili, un'infinita sequenza di ricorsi per via amministrativa, i quali avrebbero un esito prevedibilmente favorevole per i ricorrenti, con danni aggiuntivi per gli interessati, per il Ministero e per gli atenei.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luca Bellotti, ha facoltà di rispondere.

LUCA BELLOTTI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Pag. 52Signor Presidente, onorevole Vassallo, vorrei cercare di riassumere l'argomento in riferimento all'interpellanza urgente in esame. L'onorevole interpellante chiede se il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ritenga opportuno emanare una circolare interpretativa dell'articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, al fine di consentire l'adeguamento stipendiale a favore dei ricercatori universitari e dei professori associati che ottengano la conferma nel corso degli anni 2011, 2012 e 2013 nonché a favore dei professori straordinari che divengono ordinari nel corso dello stesso periodo, con ciò escludendo l'applicazione, nei confronti dei suddetti soggetti, della citata disposizione secondo la quale le progressioni di carriera disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto ai fini esclusivamente giuridici.
In via preliminare si evidenzia che l'applicabilità per le università di disposizioni emanate con circolare è espressamente esclusa dall'articolo 6, comma 2, della legge 9 maggio 1989, n. 168, secondo la quale, a garanzia dei principi di autonomia universitaria di cui all'articolo 33 della Costituzione, le università sono disciplinate, oltre che dai rispettivi statuti e regolamenti, esclusivamente da norme legislative che vi operino espresso riferimento; pertanto, l'adozione da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di una circolare di tipo interpretativo, volta a dettare una determinata applicazione delle disposizioni di legge, si esporrebbe a possibili censure, anche sul piano della legittimità.
Ciò premesso, questo Ministero ritiene che i passaggi dei ricercatori e professori associati da non confermati a confermati e dei professori straordinari a ordinari devono essere intesi non come avanzamento di carriera ma, più correttamente, come atti di conferma del suddetto personale nel ruolo già acquisito. Non trattandosi, pertanto, di progressioni di carriera, non trova applicazione, alle suddette conferme in ruolo, la disposizione di cui all'articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010 con conseguente efficacia delle stesse sia ai fini giuridici sia ai fini economici con attribuzione del relativo adeguamento stipendiale.
Esclusa l'applicabilità della disposizione di cui all'articolo 9, comma 21, del citato decreto-legge, non osta all'adeguamento stipendiale neanche la disposizione di cui al comma 1 del medesimo articolo che, pur dettando un principio di carattere generale di contenimento delle spese in materia di pubblico impiego, non trova applicazione al rapporto di impiego dei professori e ricercatori universitari in ragione del diverso regime giuridico a cui è soggetto il suddetto personale e giusta la disposizione speciale di cui al comma 21.
Si evidenzia, infine, che anche, qualora i passaggi da ricercatore o professore associato non confermati a confermati, e da professore straordinario ad ordinario, venissero intesi come progressioni di carriera ai sensi e per gli effetti del citato articolo 9, comma 21, le asserite differenze di trattamento economico, in relazione all'entrata in vigore della legge n. 240 del 2010, sarebbero comunque il risultato non di un difetto di coordinamento tra la vecchia e la nuova disciplina in materia universitaria, ma dell'applicazione di disposizioni di contenimento della spesa pubblica.

PRESIDENTE. L'onorevole Vassallo ha facoltà di replicare.

SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, mi sembra di capire che il Governo dica che non può emanare una circolare, per ragioni che potrò approfondire, ma che, nella sostanza, riconosca la correttezza dell'interpretazione secondo cui non vale il vincolo stabilito dal decreto-legge e che, dunque, l'adeguamento stipendiale è legittimo pure in vigenza del decreto, trattandosi di una modifica dello status degli accademici - nel caso, ricercatori, professori associati o straordinari - che non implica una progressione di carriera e, se non capisco male, anche qualora Pag. 53la si interpretasse in questo modo, in ogni caso, per altra ragione che è stata fornita dal sottosegretario, sarebbe ugualmente legittimo procedere ad adeguamento stipendiale.
Naturalmente, dopo averla riletta con attenzione, se dovessi verificare che è esattamente questo il senso - e mi pare che sia così - non posso che dirmi soddisfatto del chiarimento, e mi riservo solo di verificare se effettivamente il Ministero non abbia altre forme a disposizione, più incisive delle dichiarazioni che, in ogni caso, sono state fornite in Parlamento, per rendere evidente questa interpretazione e consentire all'amministrazione di comportarsi di conseguenza.

(Orientamenti del Governo sulla costituzione di un'articolazione operativa della direzione investigativa antimafia in Emilia-Romagna - n. 2-01108)

PRESIDENTE. L'onorevole Marchi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01108 concernente orientamenti del Governo sulla costituzione di un'agenzia operativa della direzione investigativa antimafia in Emilia-Romagna (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MAINO MARCHI. Signor Presidente, l'interpellanza urgente presentata ha un oggetto molto specifico: la richiesta di istituire un'agenzia della direzione investigativa antimafia in Emilia-Romagna. Si tratta di una richiesta che è stata avanzata con una risoluzione approvata all'unanimità dall'assemblea legislativa della regione Emilia-Romagna il 30 marzo, e poi formalmente avanzata al Ministro dell'interno dal presidente della regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, il 5 maggio.
Vorrei però preliminarmente sviluppare alcune valutazioni di contesto. La mafia, lo abbiamo visto in tanti momenti - ed è stato sottolineato anche recentemente nella relazione che ha presentato il presidente Pisanu alla Commissione antimafia sull'attività svolta nella prima metà della legislatura -, non è solo un problema di ordine pubblico che si risolve solo con la cattura dei boss mafiosi.
Questo è certamente un aspetto fondamentale, rilevantissimo. Vi sono stati risultati significativi in questi anni, il cui merito va innanzitutto attribuito all'azione della magistratura e delle forze dell'ordine. Magistratura e forze dell'ordine vanno sostenute sia sul piano politico-istituzionale - valorizzandone il ruolo, certamente non denigrandolo -, sia sul piano economico, con adeguate risorse, cercando, in questo senso, di non operare tagli, come invece è spesso avvenuto in questo settore sia per quanto riguarda il personale che i mezzi.
Vanno sostenute anche sul piano normativo, quanto meno non peggiorando il quadro degli strumenti a disposizione. Penso, in modo particolare, agli effetti che potrebbero avere in questo senso, anche per le indagini, provvedimenti sulle intercettazioni o sulla prescrizione breve che sono già stati esaminati almeno da un ramo del Parlamento.
Soprattutto credo vada assunta la considerazione che le organizzazioni criminali mafiose sono un problema non di quattro regioni del Mezzogiorno, ma un problema che ha una dimensione sempre più mondiale e internazionale. Parliamo, anche per quel che riguarda il nostro territorio, di mafie cinesi, mafie russe, mafie albanesi, mafie di diversi Paesi africani, mafie americane. La 'ndrangheta è un'organizzazione criminale mafiosa che ha presenze in tutti i cinque continenti, anche in Oceania, poiché sono state accertate presenze anche in Australia.
È un problema senz'altro europeo e la strage di Duisburg del ferragosto del 2007 lo ha pienamente evidenziato, anche se certamente era presente già da diverso tempo. Quindi, è un problema che riguarda tutto il nostro Paese, Nord compreso, e questo in modo particolare perché le organizzazioni mafiose operano per sviluppare il riciclaggio delle enormi ricchezze che accumulano con le attività Pag. 54illegali e criminali (a partire dal traffico degli stupefacenti, ma col complesso delle loro attività criminali).
Sono attività rilevanti: si valuta che, non tanto il fatturato, ma il valore di esse sia pari al 10 per cento del prodotto interno lordo e, quando parliamo di riciclaggio, una recente indagine della Banca d'Italia ha evidenziato come, anche in questo caso, si parli di un valore del 10 per cento del prodotto interno lordo del nostro Paese, quando nella media mondiale invece è del 5 per cento e quindi si evidenzia un problema rilevante per quanto riguarda l'Italia.
Il riciclaggio avviene ovviamente dove c'è più ricchezza e dove ci sono attività produttive più sviluppate, quindi nelle regioni più ricche come la Lombardia e il Piemonte - si è evidenziato anche da vicende di questi giorni - e le altre regioni del Nord, tra cui senz'altro anche l'Emilia-Romagna. Questi anni di crisi economica hanno determinato anche un indebolimento delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese sul piano della liquidità, perché hanno più difficoltà ad essere pagate per le loro attività sia dai clienti privati, ma anche dalla pubblica amministrazione, considerando i tempi di pagamento e il fatti che certamente il Patto di stabilità interno, anche per quanto riguarda comuni e province, ha determinato un allungamento dei tempi.
C'è un indebolimento sociale complessivo determinato dalla crisi e noi abbiamo questa contraddizione: da una parte sono aumentate le catture di boss mafiosi, ma contemporaneamente è cresciuta la penetrazione delle mafie, in particolare nel nord del Paese. Pensiamo, ad esempio, al fenomeno dell'usura che, proprio in relazione alla vicenda e alle questioni che prima citavo relativamente allo stato delle imprese, ha avuto uno sviluppo rilevante.
Quindi, occorre agire su vari piani, in primo luogo sul piano della cooperazione internazionale, perché se la criminalità si globalizza servono una cooperazione e una collaborazione tra i vari Stati sempre più ampie. A tal proposito, è importante una legge che è stata approvata al Senato, che spero presto arrivi all'esame anche della nostra Camera, sulle squadre investigative comuni, recependo una direttiva europea ormai del 2002.
Sono importanti strumenti per il contrasto sul piano economico e patrimoniale.
Ovviamente penso che non debbano esserci altre vicende come quella che abbiamo vissuto sullo «scudo fiscale» perché operatori impegnati in prima linea nella lotta alle mafie ci hanno segnalato che anche questo poteva favorire il riciclaggio. È importante la lotta all'evasione fiscale, all'evasione contributiva, al lavoro nero, al caporalato, perché sostanzialmente in tutto il settore dell'illegalità e del sommerso hanno più facilità di operare le organizzazioni mafiose. È importante arrivare a definire il reato di autoriciclaggio che invece non c'è nel nostro codice penale e che limita l'azione contro il riciclaggio, attuare interventi contro l'usura e stanziare maggiori risorse per la valorizzazione sociale dei beni confiscati. È importante incentivare l'attività di tutti i soggetti istituzionali perché ci sia una rete di collaborazione tra tutte le istituzioni.
Nella mia realtà, Reggio Emilia e l'Emilia-Romagna, ci sono diversi patti di legalità che sono sottoscritti con le prefetture e da questo punto di vista voglio segnalare che rischiamo di avere un contrasto tra maggiori accertamenti, ad esempio, per quanto riguarda gli appalti in funzione preventiva che si stanno definendo con questi patti di legalità, rispetto a quanto è contenuto invece sul versante della semplificazione nell'articolo 4 del recente decreto-legge sullo sviluppo, che tende ad andare in direzione opposta.
In sostanza, però, credo che sia importante sviluppare una cultura della legalità. La regione Emilia-Romagna si è data due recenti leggi regionali proprio all'inizio di questa legislatura, una che riguarda l'edilizia e i lavori pubblici e un'altra per sviluppare la cultura della Pag. 55legalità, la prevenzione, il recupero dei beni confiscati, il sostegno alle vittime per darsi un centro di documentazione.
Oltre a questo, l'assemblea legislativa ha evidenziato nella risoluzione del 30 marzo, approvata all'unanimità, una serie di aspetti relativi all'Emilia-Romagna che intendo richiamare e che sono richiamati nell'interpellanza, cioè che si tratta di una regione che si caratterizza per la posizione geografica strategica di snodo tra nord e centro del Paese, per la conseguente ricca dotazione di infrastrutture di collegamento ferroviario, stradale ed autostradale, per un'economia florida che ha garantito un'equilibrata e diffusa distribuzione del benessere sul territorio, come attestato dall'indice di povertà più basso a livello nazionale.
Si è rilevato che proprio per le sue peculiarità economiche e per la felice collocazione geografica questa ragione costituisse stimolante polo di attrazione per interessi lavorativi, economici ed anche potenzialmente criminali, soprattutto come terreno di elezione per tentativi di riciclaggio di capitali da parte della criminalità organizzata.
In sostanza, sono state evidenziate nella risoluzione dell'assemblea legislativa una serie di dati che riguardano questa regione, per cui si ritiene che occorre sviluppare l'azione di prevenzione e di indagine e quindi potenziare tutti gli strumenti di indagine, soprattutto quelli relativi alla penetrazione nelle attività economiche e per quanto riguarda le attività finanziarie.
Da qui, quindi, la richiesta che è stata avanzata di dotare la regione Emilia-Romagna, il territorio regionale, di un'agenzia della direzione investigativa antimafia. Pertanto, con l'interpellanza si vuole chiedere al Ministro cosa intende fare rispetto a questa richiesta, innanzitutto se la condivide come necessità, se pensa sia opportuno corrispondervi e, in questo caso, con quali modalità e con quali tempi per dare una risposta - lo ripeto - ad una richiesta che è stata avanzata da tutte le forze politiche e da tutti i gruppi consiliari dell'Emilia-Romagna.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luca Bellotti, ha facoltà di rispondere.

LUCA BELLOTTI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, spero che la risposta all'interpellanza urgente possa raccogliere la soddisfazione dell'onorevole Marchi e degli altri sottoscrittori. Vi si chiede di conoscere le iniziative che il Ministero dell'interno intende adottare per istituire una struttura operativa della direzione investigativa antimafia in Emilia-Romagna.
Voglio subito dare assicurazioni agli onorevoli interpellanti che la richiesta della regione Emilia-Romagna è già all'attenzione degli uffici responsabili del Ministero dell'interno e, in particolare, della stessa direzione investigativa antimafia. Questo perché la situazione della regione è una prova eloquente della necessità di un intervento immediato della DIA per prevenire fenomeni che, se non affrontati e non aggrediti da subito, possono assumere aspetti patologici difficilmente controllabili. L'istituzione di un centro operativo DIA, infatti, in un contesto socio-economico quale quello dell'Emilia-Romagna può contribuire anche a prevenire possibili situazioni di criticità sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica, tenendo conto che la florida economia caratterizzata da una elevata propensione imprenditoriale può attirare gli interessi della criminalità organizzata soprattutto nel settore degli appalti pubblici.
Aggiungo, inoltre, che gli studi di fattibilità hanno dimostrato la necessità di un potenziamento generale della DIA in considerazione delle accresciute competenze che le sono state progressivamente attribuite dal legislatore, nonché di un conseguente incremento degli organici.
Al momento, un proficuo intervento nello specifico settore viene esercitato dai Pag. 56gruppi interforze istituiti presso le prefetture e, in particolare, le attività ispettive svolte da tali organismi nelle province di Piacenza e di Reggio Emilia hanno reso possibile, in alcuni casi, l'adozione di provvedimenti interdittivi nei confronti di imprese esposte a rischi di possibili inquinamenti della criminalità organizzata. Ciò grazie allo strumento ispettivo dell'accesso ai cantieri che consente di acquisire informazioni e documentazioni delle ditte sospette.
Anche le forze di polizia sono costantemente impegnate a contrastare i tentativi di infiltrazione delle organizzazioni criminali nel tessuto economico regionale. Testimonianze di questi impegno sono le trentadue operazioni di polizia giudiziaria condotte dal 2009 ad oggi. Elenco le più significative. Il 20 gennaio 2010 a Modena e in altre città del territorio nazionale la Guardia di Finanza e l'Arma dei carabinieri hanno dato esecuzione a ottantasei ordinanze di custodia cautelare anche nei confronti di elementi di vertice del clan Gallo, procedendo al sequestro di beni per oltre 65 milioni di euro.
Il successivo 22 giugno l'Arma dei carabinieri, nell'ambito della operazione Meta, ha eseguito in alcune regioni d'Italia, tra cui l'Emilia-Romagna, quarantadue ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti affiliati a pericolose consorterie criminali responsabili di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione e turbata libertà degli incanti. Nell'ambito dell'operazione sono stati sequestrati beni mobili ed immobili per un valore complessivo di 100 milioni di euro.
Il 2 dicembre 2010 l'Arma dei carabinieri e la Guardia di finanza, su disposizione della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di settantasette soggetti accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico di stupefacenti, di armi ed alle estorsioni. L'operazione è stata condotta anche in altre regioni.
Il 24 febbraio scorso a Bologna l'Arma dei carabinieri ha arrestato dieci persone per estorsione aggravata dal metodo mafioso. La direzione investigativa antimafia svolge un costante monitoraggio mediante il proprio osservatorio centrale sugli appalti, per prevenire e contrastare i tentativi delle organizzazioni criminali di inserirsi nella gestione degli appalti pubblici. Tale attività si sviluppa attraverso approfondite verifiche sugli aspetti gestionali delle ditte interessate agli appalti, nonché nell'ambito dei gruppi interforze che operano a livello provinciale presso gli uffici territoriali del Governo.
In definitiva, il Ministero dell'interno valuta favorevolmente, appoggia e sostiene la richiesta della regione Emilia-Romagna di istituire una articolazione della direzione investigativa antimafia.
È una richiesta di cui si sono fatti interpreti anche il consiglio provinciale di Modena, oltre che il procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello.
La realizzazione di tale obiettivo presenta delle difficoltà non solo di natura logistica, per la nota situazione di contenimento della spesa e della finanza pubblica, ma anche per il necessario incremento degli organici indispensabili per il potenziamento della DIA a fronte di accresciuti compiti ad essa attribuiti.
L'iniziativa, tuttavia, resta un obiettivo importante nel quadro dell'attuazione del «federalismo della sicurezza». Basti pensare che la realizzazione dei servizi, riconducibili alla DIA, renderà possibile, per le prefetture che attualmente fanno capo ai centri operativi di altre regioni, di avere una struttura di più immediato riferimento sul territorio.
Pur in presenza di tali difficoltà, ribadisco l'impegno del Ministero dell'interno di dare un concreto seguito alla richiesta della regione Emilia-Romagna cui hanno fatto riferimento gli onorevoli interpellanti, che ringrazio per aver posto all'attenzione di questa Assemblea il problema della sicurezza nella regione, problema che non conosce pause di attenzione da parte dell'amministrazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Marchi ha facoltà di replicare.

Pag. 57

MAINO MARCHI. Signor Presidente, esprimo la soddisfazione rispetto alla risposta del sottosegretario, perché ponevo alla fine tre questioni e chiedevo se venivano condivise come necessità. Questa condivisione è stata pienamente espressa e, quindi, anche sull'opportunità di corrispondere a questa richiesta vi è stato un impegno del Ministero in questo senso.
Comprendo che vi possano essere delle difficoltà dal punto di vista della realizzazione, perché è stato anche poco il tempo che è trascorso da quando la richiesta è stata formalizzata. Tuttavia, proprio per l'impegno che è stato assunto da parte del Ministero e per la dichiarazione di piena disponibilità alla collaborazione da parte del presidente della regione Emilia-Romagna, per un terreno credo positivo di collaborazione che si sta instaurando in tutta la regione tra i vari comparti della pubblica amministrazione - quella statale e quella delle amministrazioni regionali e locali -, penso che vi possano essere le condizioni perché in tempi brevi si possa passare anche alla parte realizzativa rispetto agli intendimenti comuni che sono stati manifestati.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea (ore 14,12).

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito che i lavori dell'Assemblea nella prossima settimana (14-17 giugno) si svolgeranno secondo le seguenti modalità:

Martedì 14 giugno (ore 16, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 1524-B - Modifica all'articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, concernente la misura del contributo previdenziale integrativo dovuto dagli esercenti attività libero-professionale iscritti in albi ed elenchi (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato).

Mercoledì 15 giugno (ore 10, con votazioni a partire dalle ore 10,30):

Esame del Doc. IV, n. 11 - Domanda di autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni di conversazioni nei confronti del deputato Landolfi.

Seguito dell'esame della proposta di legge costituzionale n. 1990-A/R ed abbinate - Modifica agli articoli 114, 117, 118, 119, 120, 132 e 133 della Costituzione, in materia di soppressione delle province.

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 1524-B - Modifica all'articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, concernente la misura del contributo previdenziale integrativo dovuto dagli esercenti attività libero-professionale iscritti in albi ed elenchi (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato).

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 2802 - Norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobia (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità e della questione sospensiva presentate).

Mercoledì 15 giugno (ore 15, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 4357 - Conversione in legge del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia (da inviare al Senato - scadenza: 12 luglio 2011).

Lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata (question time) non avrà luogo.

Pag. 58

Giovedì 16 giugno (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna, nella giornata di venerdì 17 giugno e nei giorni successivi) (con votazioni):

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 4357 - Conversione in legge del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia (da inviare al Senato - scadenza: 12 luglio 2011).

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali il deputato Americo Porfidia, in sostituzione della deputata Paola Binetti, dimissionaria.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 14 giugno 2011, alle 16:
Discussione della proposta di legge (per la discussione sulle linee generali):
LO PRESTI ed altri: Modifica all'articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, concernente la misura del contributo previdenziale integrativo dovuto dagli esercenti attività libero-professionale iscritti in albi ed elenchi (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato) (C. 1524-B).
- Relatore: Cazzola.

La seduta termina alle 14,15.